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Prezzi in variazione e determinazione del valore a forfait: profili import ed

export.

Di

Benedetto Santacroce

Con la circolare 5/D/17, l’Agenzia delle Dogane introduce nuove regole


applicative per la determinazione a forfait del valore dichiarato per le operazioni
di importazione; nei casi in cui intervengano elementi o variazioni di costi
successivi alle operazioni di sdoganamento, infatti, con il ricorso alla nuova
procedura di ruling, l’autorità doganale può concordare con gli operatori una
tassazione a forfait, senza necessità di rettifiche di valore e revisioni a posteriori.

Non può non rilevarsi come spesso, sia il valore di transazione, sia gli elementi ad
esso accessori, non siano noti agli operatori al momento dell’effettuazione delle
operazioni doganali o, se noti, possono comunque non essere attendibili in
quanto soggetti a sicure variazioni successive (anche di molto) al momento
doganale. È il caso, ad esempio, dell’ormai noto, difficile rapporto tra la disciplina
in materia di transfer pricing e quella doganale, da anni dibattuta tra gli operatori
ed i gruppi multinazionali, che genera criticità non solo nella accettabilità del
prezzo di trasferimento in sé, ma anche nell’accettabilità e nella gestione degli
eventuali aggiustamenti periodici post transazione.

Come già previsto dal WTO, il sistema doganale è basato sul c.d. valore di
transazione, per cui, come da art. 71 del CDU, “la base primaria per il valore in
dogana delle merci è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato
o da pagare per le merci quando sono vendute per l'esportazione verso il
territorio doganale dell'Unione, eventualmente adeguato”; per l’effetto, dunque,
una adjustment del prezzo a posteriori (ai fini TP) è un aggiustamento del valore
di transazione (ai fini doganali) che deve necessariamente trovare soddisfazione
anche con riferimento alla fiscalità di confine.

Se il valore di transazione (o gli elementi ad esso accessori) non possono essere


determinati, oppure sono destinati a variare, in momenti successivi
all’importazione, l’opzione di tipo gestionale migliore, da percorrere con
particolarissima cautela, sta nella richiesta all’autorità doganale per
l’autorizzazione al loro calcolo semplificato ai sensi dell’art. 73 CDU, come
declinato dal processo di ruling della circolare 5/D/2017.

A mente della predetta disposizione del CDU, le autorità doganali possono infatti
autorizzare, su richiesta, la determinazione sulla base di criteri specifici, se non
sono quantificabili alla data di accettazione della dichiarazione in dogana:

a) degli importi che formano il valore di transazione (e che possono comunque


non essere quantificati all’atto dell’espletamento delle formalità doganali),
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b) degli gli importi che devono essere inclusi o non devono essere considerati
quali elementi del valore in dogana (quali le spese per commissioni, trasporti,
assicurazioni, ecc..).

In questi casi di dubbia operatività, la possibilità offerta dal rinnovato strumento


tecnico dell’art. 73 CDU appare di portata estremamente rilevante, permettendo
una quantificazione forfettaria di importi altrimenti difficilmente gestibili a livello
pratico ordinario. La formalizzazione di un accordo in materia di corrispettivi e
diritti di licenza e valore in dogana delle merci dichiarate per l’importazione
relative a marchi di proprietà delle società licenzianti, valido su tutto il territorio
nazionale, può consentire ai player del mercato internazionale di operare in
ossequio alla regolazione doganale relativa alla corretta valorizzazione delle
merci in dogana.

Così operando, è permesso quantificare gli esatti importi dovuti a titolo di diritti
di confine fin dal momento dell’importazione, evitando complesse procedure di
revisione dell’accertamento o di differimento della determinazione del valore
secondo la procedura dello sdoganamento semplificato, di difficile gestione
anche per l’Amministrazione.

Si rileva dunque l’importanza di poter addivenire ad un agreement che possa


consentire una gestione operativamente efficiente delle operazioni di
sdoganamento, fornendo un criterio di calcolo da applicarsi all’atto
dell’importazione che sia unico ed immodificabile, convenzionalmente fissato tra
operatori ed autorità, con valenza su tutto il territorio dell’UE.

Con la circ. 5/D/17, si è detto, la Dogana interviene e rinnova la precedente


prassi (circ. 16/D/16) per disciplinare il processo di dichiarazione del valore in
dogana, tenendo debitamente conto del nuovo quadro normativo unionale
recato dal CDU.

Quando il valore doganale delle merci non può essere determinato, in tutto o in
parte, in quanto la base primaria del valore di transazione, ovvero alcuni dei costi
comunque rilevanti in dogana, si formano in momenti successivi alle operazioni
doganali, si pone dunque il problema della dichiarazione doganale delle merci,
per la Dogana risolvibile secondo due modalità operative.

Anzitutto, la dichiarazione incompleta, che permette di “chiudere” le operazioni


in momenti successivi, determinando periodicamente, e tuttavia bolletta per
bolletta, la fissazione degli elementi della dichiarazione.

In secondo luogo, anche per ovviare alle difficoltà operative delle dichiarazione
incompleta, solo per il regime dell’importazione, è utilizzabile lo strumento di cui
all’art. 73 CDU, attraverso il quale, come sopra illustrato, “nel riconoscimento
dell’“arm’s length principle” e dell’analisi di comparabilità ad esso sottesa”, è
possibile operare una forfettizzazione non più solo di alcuni elementi del valore,
ma anche la sua stessa base primaria costituita dal valore di transazione.

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Per espresso richiamo effettuato dall’Agenzia, la dichiarazione incompleta
rimane, invece, strumento utilizzabile per gli aggiustamenti all’export, che
rilevano anche ai fini della corretta costituzione del plafond IVA, sebbene in
questi casi sarebbe opportuno prevedere strumenti di rettifica cumulativi.

Ad ogni modo, la circolare presenta i requisiti oggettivi e soggettivi fissati dalla


normativa unionale sopra in rassegna e necessari per l’accesso alle procedure di
valore a forfait, standardizzando i moduli per l’istanza: si tratta di un iter
autorizzativo articolato, ma accessibile e assolutamente necessario, soprattutto
in quei casi dove, in assenza di ruling, il valore all’importazione non è
materialmente dichiarabile in maniera corretta, con tutti i rischi del caso in
ipotesi di controllo e accertamento.

Se l’ipotesi di forfettizzazione segna la strada maestra per l’import, resta il tema


export, per il quale la determinazione convenzionale del valore non è ammessa,
in coerenza con il quadro normativo unionale. Si rileva dunque l’impossibilità di
procedere con una qualsiasi forma di forfettizzazione all’export, per il quale
l’Agenzia riserva di fatto la sola ipotesi della dichiarazione incompleta. Con tale
modalità operativa, è possibile sospendere l’accertamento doganale fino a
quando l’elemento mancante (il valore) non sia determinabile.

Dal punto di vista normativo la posizione delle Dogane è ineccepibile (il sistema
del valore è, ex lege, il sistema dell’import), ma occorre ora interrogarsi su come
gestire i flussi di rettifica per le ipotesi di esportazione. In questi casi, sarebbe
opportuno prevedere espressamente, in maniera uniforme, strumenti di rettifica
cumulativi, ricorrendo alla revisione dell’accertamento o a modalità tecniche di
gestione della dichiarazione incompleta. A parte il tecnicismo, insomma, si
ritiene utile ragionare su un sistema condiviso che assicuri sicurezza e speditezza
non solo agli operatori, ma alle stesse autorità di controllo.

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