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I contratti conclusi in rete e la tutela del consumatore digitale

Da Roberta Cantone Ranno


23 settembre 2017
 
Come è ben noto, la rete è, ormai, il luogo privilegiato per la realizzazione di molteplici
fattispecie negoziali, diverse non solo per la qualifica dei soggetti operanti, ma anche per le
tipologie di contratti conclusi.

La stessa Commissione Europea, da sempre molto attenta a cogliere le nuove dinamiche


negoziali e le diverse esigenze di coloro che sono coinvolti in esse, ha tentato di dare una
definizione al fenomeno del commercio elettronico, affermando che lo stesso consista
“nello svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica; nella
distribuzione on line di contenuti digitali; nell’effettuazione per via elettronica di
operazioni finanziarie e di borsa; negli appalti pubblici per via elettronica ed altre
procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni”[1].

In parole semplici, il commercio elettronico (cd. electronic commerce o, semplicemente, e-


commerce) consiste nella conclusione di transazioni commerciali tramite quel sistema
informatico internazionale che, attraverso la rete Internet, è in grado di collegare tra loro
milioni di computers. L’e-commerce ha, senza dubbio, rivoluzionato il classico concetto di
commercio e, quindi, anche di fare impresa, in quanto tutte le operazioni ad esso legate si
svolgono in uno spazio non fisico, ma virtuale.

Il commercio è necessariamente transnazionale, in quanto durante la navigazione si


superano le frontiere del proprio Stato senza neanche rendersene conto.

Questo nuovo modo di concludere transazioni commerciali ha, d’altro canto, messo in
rilievo l’insufficienza del diritto internazionale privato e processuale ad affrontare e
risolvere in maniera adeguata le problematiche da esso scaturenti.

Non sempre, infatti, i classici istituti pensati per il contratto “tradizionalmente inteso”
riescono ad adeguarsi alla veste “virtuale” del cd. contratto informatico (si pensi agli istituti
che disciplinano il luogo di esecuzione dell’obbligazione, il luogo in cui si verifica l’evento
dannoso, la responsabilità per danni da prodotti difettosi, etc.).

Le criticità più evidenti dei contratti informatici, probabilmente, restano la definizione del
luogo di formazione del consenso contrattuale, come anche la fase dell’esecuzione o
dello stesso pagamento del prezzo (spesso effettuato con carta di credito, i cui estremi
vengono comunicati dall’acquirente sempre mediante comunicazione informatica).
Il luogo di conclusione del contratto

Proprio per quanto riguarda il luogo di conclusione del contratto, si è osservato che l’offerta
contrattuale in rete viene, in genere, diffusa in due modi:

 viene presentata in una pagina Web (quindi proposta tramite un apposito sito),
 oppure viene inviata tramite posta elettronica (via e-mail).

L’offerta contrattuale tramite sito web è stata qualificata come “offerta al pubblico”, in
quanto rivolta ad un numero indefinito di potenziali acquirenti, e, quindi, potrà ritenersi
applicabile la disciplina di cui all’art. 1336 c.c..

Nel secondo caso (proposta commerciale via e-mail), invece, si ritiene possa applicarsi l’art.
1335 c.c., il quale presume pervenuta la proposta quando essa giunge all’indirizzo del
destinatario tranne che questo provi di non esserne venuto a conoscenza per causa non
imputabile a sua colpa.

Viene in rilievo anche l’art. 1326 c.c. che, in merito alla conclusione del contratto, stabilisce
che esso si considera concluso nel momento e nel luogo in cui il proponente viene a
conoscenza dell’accettazione della controparte, ma che deve essere “adattato” alla
particolare natura del contratto elettronico.

La tesi più diffusa ha, in proposito, ritenuto che il momento e il luogo di conclusione del
contratto devono individuarsi in quello in cui ha sede il server del provider presso cui
l’accettazione perviene (si è ritenuto, infatti, un luogo più certo rispetto a quello in cui la
persona fisica provvede a scaricare la posta elettronica).

Per quanto riguarda il diritto applicabile, si ritiene che anche per l’e-commerce valgano i
criteri di collegamento fissati dall’art. 57 L. 218/95, il quale richiama la Convenzione di
Roma del 19 giugno del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (tale
Convenzione, come più volte detto, è stata sostituita, dal 17 dicembre 2009, tra gli Stati
membri, dal reg. 593/2008, cd. Roma I)[2].

L’art. 3 della Convenzione stabilisce, come primo criterio di collegamento, quello


della scelta delle parti (che, come è facile intuire, nei contratti commerciali via internet, è
ormai una regola consuetudinaria, che, insieme alle condizioni economiche dell’offerta,
viene presa in esame all’atto di accettazione della proposta).

Nell’ipotesi in cui tale scelta manchi, si applicheranno gli altri criteri stabiliti dalla
Convenzione. Solitamente, peraltro, il contratto commerciale viene concluso tra il
consumatore (l’acquirente che naviga in internet) e il professionista del settore
(l’imprenditore commerciale titolare della pagina web).

Il contratto concluso in rete dal consumatore

L’art. 5 della Convenzione (Contratto concluso dai consumatori), proprio per tutelare il
consumatore, parte economicamente più debole, sancisce che, in tale ipotesi, troverà
applicazione la legge del paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale, in
deroga alle regole generali.

Il Regolamento n. 44/2001, invero, prevede una disciplina particolarmente protettiva. In


particolare, nella sezione 4, introduce un apposito sistema di competenze di carattere
c.d. imperativo, sulla base del presupposto che in tale tipologia contrattuale “è opportuno
tutelare la parte più debole con norme in materia di competenza più favorevoli ai suoi
interessi rispetto alle regole generali” (considerando n. 13 del Regolamento).

Il Regolamento, nel suo ambito di applicazione, tutela il consumatore on-line dando a costui
la possibilità di scegliere se convenire la controparte avanti il giudice dello Stato di proprio
domicilio, evitando un giudizio all’estero, o avanti il giudice dello Stato di domicilio
dell’altra parte, qualora ritenuto conveniente.

Infine, nel caso di convenuto non domiciliato in uno Stato membro, troveranno invece
applicazione per l’Italia i criteri di cui agli artt. 3 e 4 della L. n. 218/1995.

La tutela del consumatore “digitale” nel codice del consumo

La tutela del consumatore “digitale” è particolarmente approfondita nelle disposizioni


contenute nel Codice del consumo (D.Lgs. n. 206/2005), le quali, oltre ad coordinarsi ed
integrarsi con la normativa comunitaria,  disciplinano dettagliatamente alcuni temi di
notevole rilevanza, come, ad esempio:

 a) le clausole vessatorie;
 b) la promozione pubblicitaria (pratiche scorrette);
 c) gli obblighi informativi, il recesso e la consegna nella “nuova” versione di cui al
D.Lgs. n. 21/2014 (di attuazione della dir. n. 2011/83/UE);
 d) le garanzie nella vendita dei beni di consumo.

La direttiva 2011/83/UE è stata recepita nel nostro ordinamento attraverso il D.Lgs. 21


febbraio 2014, n. 21 con il quale sono state apportate delle significative modifiche al Codice
del consumo, con riferimento alle sezioni da I a IV contenute nel Capo I (ora rubricato «Dei
diritti dei consumatori nei contratti»), Titolo III, Parte III (artt. 45-67).
Le principali novità sono le seguenti:

 a) la previsione di maggiori obblighi, in capo al professionista, di informazione


precontrattuale da fornire ai consumatori nei contratti negoziati fisicamente fuori dai
locali commerciali e nelle vendite a distanza;
 b) il diritto di recesso riconosciuto al consumatore, è reso possibile entro un termine
più ampio (da 10 a 14 giorni). In caso di omessa comunicazione al consumatore
dell’informazione sull’esistenza del diritto di recesso si passa dai previgenti 60 giorni
dalla conclusione del contratto (e dai 90 giorni dalla consegna del bene) al termine di
dodici mesi;
 c) in caso di esercizio del diritto “di ripensamento”, il consumatore potrà restituire il
bene, anche se in parte deteriorato, perché sarà responsabile solo della “diminuzione
del valore del bene custodito”. Dal recesso del contratto deriverà il diritto del
consumatore ad ottenere il rimborso di tutti i pagamenti effettuati, compresi quelli
relativi alle spese di consegna, proporzionalmente diminuito nel caso in cui il
consumatore abbia utilizzato i beni per quanto necessario per stabilirne natura,
caratteristiche e funzionamento;
 d) l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, e la riduzione dei costi
del professionista per le vendite transfrontaliere, mediante l’utilizzo di un modello
tipo di recesso, valido per tutti i Paesi comunitari;
 e) per gli acquisti attraverso telefono non sarà più sufficiente il solo consenso
(ancorché registrato come spesso accade con gli operatori dei call center) ma
occorrerà che ci sia la conferma scritta, sia essa in forma cartacea o per e-mail;
 f) nel caso di acquisti on lineè richiesta una maggiore trasparenza delle spese: il
venditore è tenuto a dichiarare i costi che il consumatore dovrà sostenere in caso di
restituzione dei prodotti. In caso di mancata comunicazione tali costi di restituzione
graveranno sul venditore;
 g) l’esclusione della possibilità di imporre al consumatore, qualora non utilizzi
contante (ad es. in caso di pagamenti con carte di credito o bancomat), tariffe
superiori; analogo limite riguarda la tariffa telefonica su linee dedicate messe a
disposizione del consumatore dal venditore, nelle vendite dirette e nelle vendite a
distanza;
 h) le nuove disposizioni non impediscono ai professionisti di offrire ai consumatori
condizioni contrattuali più favorevoli rispetto ai profili tutelari previsti;
 i) un ruolo determinante sarà rivestito dall’Autorità garante della concorrenza e del
mercato, chiamata a vigilare e a sanzionare eventuali violazioni delle norme
introdotte con le modifiche al Codice del consumo.

In conclusione, può ben dirsi che tanto il diritto internazionale quanto il diritto interno
hanno cercato di approntare una disciplina ampia ed adeguata a tutela del consumatore,
parte debole del contratto, ma vero “motore” del mercato.
[1] Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio, al
Comitato delle Regioni COM (97) 157.

[2] Si ritiene, invece, che trovi applicazione l’art. 56 L. 218/95 in caso di donazioni via
internet. Si fa riferimento, in particolare, al fenomeno del freeware, ovvero la cessione di
materiale software a titolo gratuito (anzi, spesso il creatore del programma permette non
solo la libera utilizzazione di questo ma anche la modifica dello stesso e l’ulteriore
utilizzazione). Ai sensi dell’art. 56, quindi, la donazione è regolata dalla legge nazionale del
donante. Quest’ultimo può, però, disporre, con dichiarazione espressa, che l’atto di liberalità
sia sottoposto alla legge dello Stato in cui egli risiede.

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