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"Il Vangelo" 2
"Il Vangelo" 2
5Beati i sottomessi,
perché erediteranno la terra.
13Voi siete il sale della terra. Se il sale diventa insipido con cosa si
salerà? Non serve più che ad essere gettato per strada e pestato
dalla gente.
14Voi siete la luce del mondo. Non si può nascondere una città posta
sull’alto della montagna, 15 né si accende una lampada per metterla
sotto una pignatta, ma per collocarla sul candeliere, in modo che
brilli per tutti quelli che sono in casa. 16 Prenda così a splendere la
vostra luce davanti agli uomini; vedano le vostre opere buone e
rendano gloria al vostro Padre del cielo.
suo invito, e ha rotto col suo passato, entra con lui nella sfera divina.
Non avviene come nell'antica alleanza, in cui soltanto i mediatori
avevano accesso a Dio. Qui i ruoli si invertono: Gesù sale sul monte
come Mosè, mostrando così il suo essere di uomo, ma è egli stesso a
parlare sul monte, mostrando la propria condizione divina: egli non
è semplicemente un secondo Mosè venuto come Messia; è il Messia,
l'Uomo-Figlio di Dio, il Dio fra noi (1, 23), che assume la funzione
di un nuovo Mosè. Il sermone del monte, che allude alla
promulgazione della Legge sinaitica, è la parola del Messia, la Torà
messianica. È l'UomoDio a stabilire l'alleanza (cfr. 26, 28: «La mia
alleanza»). La salita dei discepoli mostra che non vi è più distanza
fra Dio e l’uomo; con l’adesione a Gesù essi hanno colmato la
distanza che li separava dal regno di Dio (4, 17: il regno di Dio è
vicino).
Gesù comincia a insegnare rivolgendosi ai discepoli. È un
insegnamento solenne; la frase introduttiva «prese la parola» (lett.
«aprendo la Sua bocca», semitismo) indica l’importanza di quanto
egli sta per dire.
Ciascuna delle beatitudini è costituita da due membri: il primo
enuncia una scelta, stato o attività; il secondo una promessa.
Ciascuna è preceduta dalla promessa di felicità («beati»).
Il codice della nuova alleanza non impone precetti imperativi; si
enuncia come promessa e invito.
Delle otto beatitudini vanno messe in risalto la prima e l’ultima, che
hanno il secondo membro e la promessa, al presente, identici:
«perché essi hanno Dio per re». Ciascuna delle altre sei ha un
secondo membro diverso e la promessa vale per il futuro prossimo
(«saranno, erediteranno, ecc.»). Di queste sei, le prime tre (vv. 4.5.6)
menzionano nel primo membro uno stato doloroso per l'uomo, da
cui si promette la liberazione. La quarta, quinta e sesta (vv. 7.8.9)
enunciano invece una attività, stato o disposizione dell’uomo
luogo nell'ambito corporale (cfr. 25, 35s). Dio riverserà il suo aiuto
su chi si comporta cosi.
8. L'espressione «i puri di cuore» è tratta dal Sal 24, 4, dove «il puro
di cuore» è in parallelo con «chi ha le mani innocenti». «Puro di
cuore» è chi non cova cattive intenzioni contro il suo prossimo; «le
mani innocenti» indicano la condotta irreprensibile. Nel Salmo
entrambe le frasi si spiegano con «chi non si attacca a un idolo, né
giura il falso al suo prossimo» (LXX). Nella prima beatitudine Gesù
ha identificato l'idolo con la ricchezza (5, 3; cfr. 6, 24); è l'uomo
avaro a tenere una condotta malvagia.
Ciò che esce dal cuore e macchia l'uomo viene descritto in Mt 16,
19: i cattivi disegni, che sfociano nelle cattive azioni. La purezza di
cuore, disposizione permanente, si traduce in trasparenza e sincerità
di condotta, e crea una società in cui regna la mutua fiducia.
Ai «puri di cuore» Gesù promette che «vedranno Dio», che avranno
cioè una profonda e costante esperienza di Dio nella loro vita.
Questa beatitudine contrasta col concetto di purezza secondo la
Legge; la purezza davanti a Dio non si ottiene con riti e osservanza,
ma con la buona disposizione verso gli altri e la sincerità di
condotta. La coscienza della propria impurità faceva ritrarre dalla
presenza divina (cfr. Is 6, 5), e il cuore puro era una aspirazione
dell’uomo (Sal 51, 12). Per Gesù il
cuore puro non è soltanto una possibilità ma la realtà corrispondente
ai suoi. Nell’AT il luogo della presenza di Dio era il tempio (Sal 24,
3; 42, 3.5; 43, 3); la sua funzione ha cessato di esistere: Dio si
manifesta all'uomo direttamente e personalmente.
discepoli, Mt allude alla qualità di figli di cui essi godono per la loro
attività, che prosegue quella del Padre (5, 9).
Così «gli uomini» glorificheranno il Padre, conosceranno cioè
l'unico vero Dio.
Questi due detti di Gesù confermano la creazione dell’Israele
messianico: i discepoli sono i garanti dell’alleanza e nella comunità
risplende la gloria di Dio. È la comunità di quelli che
hanno scelto di essere poveri (5, 1), si mantengono fedeli a questo
impegno (5, 10), esercitano le opere, proprie dei figli di Dio (5, 7-9)
e rendono così possibile la liberazione dell'umanità (5, 4-6). È la
presenza del regno di Dio sulla terra (5, 3.10).