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DIRETTORE:
PROFESSORE ROTUNDO EMMANUELE
ROMA 2018
INTRODUZIONE
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in
eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
2
Le Beatitudini sono le grandi sconosciute dei cristiani. Come mai quello che è il
tema centrale dei vangeli è sconosciuto alle persone? Voi sapete che una delle critiche
che è stata fatta alla religione è quella di essere “oppio dei popoli”, cioè una sostanza che
addormenta la gente ed il cristianesimo fu tra i principali imputati di essere come "oppio
dei popoli", ed in particolare proprio il contenuto delle beatitudini. In effetti, se uno legge
il vangelo, almeno nella traduzione o nell’interpretazione del passato, legge “beati i
poveri, beati gli afflitti, beati gli affamati...” ed uno dice: ma dove siamo! Chi ha scritto
queste cose, e che ha detto queste cose, non ha mai conosciuto i poveri, non sa che cosa è
l’afflizione, non sa che cosa è la fame. E poi beati, perché? La risposta, pronta, almeno
per la tradizione del passato: perché di essi è il regno dei cieli! Cioè vanno in paradiso!
Come aperture del discorso in Luca si leggono Quattro beatitudini (Luca 6, 20-23),
in Matteo, invece, nove. Sono cosi chiamate preche ogni frase inizia con la parola beati.
Anche nella nostra lingua esiste l’espressione “beato te!” e cio significa che l’interessato
si trova in una situazione di gioia, di successo o di armonia con tutto cio che lo circonda.
Nel evangelista Luca ciò che viene proclamato è un mistero di grazia e di bontà
che va al di là di tutto il vecchio equilibrio religioso egli uomini. I piccoli, gli affamati e i
poveri, quelli che piangono posseggono già il regno di Dio, hanno la vita. Hanno la vita e
sono felici, non in se stessi, perchè sono poveri o piccoli. Sono felici perchè Dio si
avvicina, perchè egli viene ed è venuto in Gesù Cristo. Il povero non è «ricco»
semplicemente nella sua povertà; è ricco in quella nuova e decisiva trasparenza della
propria vita che è riflesso di Dio, sazietà, gioia e ricompensa. Per questo, colui che cerca
solamente la ricchezza della terra, l riuscita apparente e il godimento esterno, non può
comprendere la forza di Gesù e la sua parola: «La vostra ricompensa è grande nei cieli»
(6,23). Non si riferisce qui a un futuro in cui avrà il premio chi soffre nel mondo. Si parla
di un presente; di un presente di ricchezza vera dei poveri, degli affamati, di quelli che
soffrono. Ma è un presente che non esprime ciò che esiste di epr sè e per sempre. Quel
presente è la verità del regno che Gesù offre e che ci attrae. Questo ci pone al centro
dell’opera di Luca. La povertà non e qui semplice miseria. È, anzitutto, l’apertura degli
uomini ala grazia. La legge della povertà del regno si concretizza nel amore al nemico
che Luca ci riepte in forma nobile e solenne (6,27; 6, 35) e ci chiarisce con
esemplificazioni (6, 29-34).3
«Beati i poveri...» Cosi si legge in Luca (6,20). Il testo di Matteo dice: Beati i
poveri di fronte a Dio, o come la maggioranza traduce: Beati i poveri nello spirito.
Matteo invece percepisce tutta la carica religiosa, che gli viene dall’Antico Testamento,
dell’unico termine usato da Gesu: anawim (poveri).
2
Cf. M. GALIZZI, Oltre ogni frontiera, Torino, Editrice Elle Di Ci, 1980, 72-76.
3
Cf. J. PIKAZA, Leggere Luca, Salamanca, Ediciones Sigueme, 1975, 41-43.
4
Dio cosi chiara quando nell’Antico Testamento si parla di anawim. Esatta sarebbe
pure la traduzione: volontariamente poveri, un’esigenza che troveremo altrove nel
vangelo de Matteo e che puo benissimo rendere il termine spirito, inteso biblicamento
come sede delle funzioni psichiche. Matteo non esclude una simile interpretazione, ma
qui egli indente rilevare l’aspetto materiale della poverta e la sua relazione a Dio per cui
la traduzione: Beati i poveri de fronte a Dio, risulta ancora la migliore.4
«Beati voi», la parola beato vuol dire «hai vinto», «tu sei fortunato», perchè il
Regno è tuo. Occore tenere presente che c’e un altro codice, oltre a quello di Matteo e di
Luca, e che contiene un altro tipo di beatitudini: beati i ricchi, i potenti, i prepotenti,
quelli che dominano tutti; e un codice che abbiamo tutti dentro e si chiama «peccato
originale».7
«Beati gli afflitti»: Matteo riprende qui una frase di Isaia, per il quale i piangenti
sono coloro che piangono sulla sorte di Gerusalemme, sulla rovina del popolo di Dio. Il
discepolo fa suoi i problemi del Regno e li soffre. Soffre perchè la Chiesa non è unita.
Soffre perchè la Chiesa non è sempre come dovrebbe essere: segno della presenza di Dio.
Soffre per i propri peccati.8 Fa lo stesso discorso che aveva condotto sulla natura dei
poveri; cioè beati coloro o che si sforzano di cancellare con lacrime abbondanti i peccati
di cui si sono macchiati, oppure coloro che non si stancano di espiare l’iniquità del
proprio tempo e i delitti di quelli che errano; e fanno ciò perchè mossi dallo zelo per la
legge di Dio. La consolazione e l’esultanza del regno eterno vengono promesse dal
Signore a ragione a coloro che piangono in modo tanto meritorio.9
6
Cf. C. DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo, vol I, Roma, Città Nuova Editrice,
1984, 161-163.
7
Cf. S. FAUSTI, Lo stile di Gesù, Milano, Ancora Editrice, 2014, 45.
8
Cf. B. MAGGIONI, Il Racconto Di Matteo, 81.
9
Cf. C. DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo, vol I, 163.
10
Cf. B. MAGGIONI, Il Racconto Di Matteo, 81-82.
6
beati quei miti che, sulle orme della sua dolce mansuetudine, avranno in sorte perenne
l’eredità di quella beata terra terra promessa. Ma l’interpretazione della beatitudine di cui
discorriamo, deve venir intesa soprattutto in riferimento a quella terra che costituisce il
nostro corpo, con il quale i santi verranno trasfigurati per la gloriae, se stiamo
all’attestazione dell’apostolo, regneranno per una felicità senza fine.
Il quarta beatitudine ci insegna che non si deve desiderare la giustizia comune, per
una gratificazione o per un’ingiutizia bramosia. Poichè intende proclamare beati coloro
che ambiscono la giustizia al modo con cui si ha fame e sete ed anelano ad essa con
bramosia di interni affetti. A ragione percciò a coloro che hanno fame o sete nel modo
spiegato, viene promesso il soddisfacimento che si consegue con tale desiderio; a
prometterlo difatti è colui che è pane celeste e sorgente di aqua viva. 11
11
Cf. C. DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo, vol I, 165-166.
12
Cf. B. MAGGIONI, Il Racconto Di Matteo, 83-84.
7
di peccato della carne. Poi, attraverso l’esercizio delle opere della fede e della giustizia,
saranno accetti a Dio. Così il Signore ha dimostrato che i puri di cuore sono beati: essi
che vivono sotto il segno della fede, davanti al Signore, con mente pura e con coscienza
monda.13
«Beati gli operatori di pace»: come sempre, il modello è il Cristo, il re pacifico.
Ma Gesù, il re pacifico, non ha esitato a portare una parola che divide. Non ha esitato a
diventare impopolare e a restare solo. Soprattutto non ha esitato a perdere la sua pace e la
sua tranquillità.
«Beati i perseguitati per la giustizia»: il discepolo si trova ad affrontare delle
sofferenze in più, dei disagi che gli vengono dalla sua decisione per il Regno. E al fondo
di queste sofferenze trova una consolazione: la persecuzione è il segno che si è dalla parte
del Signore. È in linea con tutti i profeti. Gioite ed esultate, ha concluso Gesù. Un
possibile peccato del discepolo è quello di avere abbandonato tutto per il Regno. E di
essere per questo triste.14 Chi sono i pacifici? Sono coloro che, lontani dallo scandalo che
nasce dal dissenso e dalla discordia, conservano, nell’unita della fede cattolica, l’amore di
predilezione nella carità fraterna, e la pace della Chiesa. Non a caso il Signore ha appena
parlato della necessità d avere fame e sete della sua giustizia; egli ordina di avere tanta
sete della sua giustizia al punto che non abbiamo a temere di affrontare per suo amore
non solo le persecuzioni del mondo e le pene che il nostro corpo può incontrare, ma
anche di non temere di affrontare la stessa morte. Vine fatta una promessa magnifica: si
promette loro il regno dei cieli! I primi nella serie dei martiri furono di certo gli apostoli;
non solo essi furono beati, ma pure tutti i giusti che, proprio per la difesa della giustizia
della legge, subirono le più svariate persecuzioni: e così meritarono di pervenire, in
premio della loro fede, ai regni celesti.
C’e infine l’ultima beatitudine, la più impegnativa. In tempo di persecuzione la
perfidia più sofisticata riesce ad escogitare i tormenti più raffinati contro i giusti per la
fedeltà al nome di Cristo; essa infierisce contro la carne; ma noi dobbiamo sopportare non
solo pazientemente e ricevere gli obbrobri finanche con gioia ed esultanza, sapendoli
premessa di gloria per la vita futura.15
«Beati voi che ora avete fame,perché sarete saziati. Beati voi che ora
piangete,perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi
metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a
causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra
13
Cf. C. DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo, vol I, 167-169.
14
Cf. B. MAGGIONI, Il Racconto Di Matteo, 84-85.
15
Cf. C. DI AQUILEIA, Commento al Vangelo di Matteo, vol I, 169-172.
8
ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i
profeti.» (Lc 6)
«Beati i poveri» (Lc 6,20) egli dice. Non tutti i poveri sono beati; effettivamente,
la povertà sta in mezzo. I poveri possono essere buoni e cattivi, a meno che qui si debba
intendere beato quel povero che il profeta ha descritto con queste parola: «è migliore un
povero giusto che un ricco bugiardo» (Prv 19,22 – LXX). Beato è quel povero il quale
«ha invocato e il Signore l’ha esaudito» (Sal 34,6): cioè il povero di ogni colpa, il povero
di vizi, il povero nel quale il principe del mondo non trova nulla (cfr. Gv 14,30), il povero
che emula quel Povero, il quale essendo ricco si è fatto povero per noi. Quindi Matteo ne
ha dato l’interpretazione completa dicendo: «Beati i poveri nello spirito» (Mt 5,3). Infatti,
colui che è povero nello spirito, non si gonfia, non si monta la testa nei suoi disegni
carnali. Si ha pertanto questa prima beatitudine, quando io lascerò ogni peccato, deporrò
ogni malizia, e vivrò contento della semplicità, povero di tutti i mali. Rimane poi da
regolare bene la mia vita morale.16
Lo spirito non indica la Spirito Santo poiché Matteo lo definisce sempre o «Spirito
Santo o Spirito del Padre». L’espressione indica lo spirito dell’uomo, un’energia interiore
dell’uomo stesso Poveri per lo spirito, può significare quindi una scelta esistenziale; cioè
non persone che la società ha reso povere, ma persone che per lo spirito, cioè per la forza
interiore, scelgono loro volontariamente di entrare nella condizione della povertà. Non
per aggiungersi ai tanti, troppi poveri che la società produce ma proprio per eliminare le
cause della povertà. Ed è questo quello che Gesù ci chiede. Gesù proclama
immensamente beati, felici, quelli che volontariamente, liberamente e per amore
decidono di entrare nella condizione di povertà. Che significa? Non certo andare ad
aggiungerci ai tanti altri poveri. Gesù non ci chiede di spogliarci ma chiede di vestire gli
altri. Credo che tutti noi possiamo vestire qualcuno senza bisogno di doverci spogliare.
Gesù chiede di abbassare un po’ il nostro livello di vita per permettere a quelli che lo
hanno troppo basso di innalzarlo un po’. Gesù chiede non l’elemosina ma la
condivisione. Mentre l’elemosina presuppone un benefattore e un beneficato, per cui
rimane sempre una differenza, la condivisione che Gesù propone, crea dei fratelli. Allora
Gesù dice: «quelli che liberamente, volontariamente e per amore, si sentono responsabili
della felicità e del benessere degli altri sono felici, immensamente felici, perché di essi è
16
http://www.natidallospirito.com/2012/02/05/le-beatitudini-2-beati-i-poveri-in-spirito-
perche-di-essi-e-il-regno-dei-cieli-mt-53-lc-620/
9
il regno dei cieli». E qui siamo da capo perché il regno è stato interpretato in passato
come un regno nei cieli. Nulla di tutto questo. Sappiamo che Matteo scrive a una
comunità di giudei ed è attento a non urtare la suscettibilità dei suoi interlocutori. Sa
infatti che, nel mondo giudaico, il nome di Dio non si pronuncia né tanto meno si scrive.
Allora tutte le volte che l’evangelista ne ha la possibilità sostituisce il termine Dio
con termini che lo raffigurano. Uno di questi è «cielo». Lo facciamo anche noi nella
lingua italiana. Quante volte, nel parlare comune, diciamo: “grazie al cielo” e sicuramente
non ringraziamo l’atmosfera, ma Dio. Oppure, in un italiano un po’ più antico, diciamo:
«il ciel non voglia» intendendo dire «Dio non voglia». «Regno dei cieli» quindi, nel
Vangelo di Matteo è il regno di Dio. Ma cosa significa questo? Israele, dopo l’esperienza
della monarchia –che era stata un totale fallimento- aveva proiettato in Dio l’immagine
ideale del re e, secondo la Bibbia, re ideale è colui che si prende cura del povero,
dell’orfano, della vedova, cioè delle persone che non hanno nessuno che pensi a loro. Ora
possiamo capire che la beatitudine non è una promessa per il futuro ma è una proposta
per l’immediato. Lo abbiamo visto nell’uso del verbo «è, non sarà». Gesù si rivolge a una
comunità: il messaggio è per individui ma individui che formano una comunità. Gesù non
è venuto a formare dei santi ma a dare un messaggio che cambi le strutture stesse della
società. Le società si basano su tre verbi che portano rivalità e inimicizia. Questi verbi
sono: Avere, Salire, Comandare. Possedere sempre di più per salire al di sopra degli altri
e poterli comandare. Ebbene il Regno che propone Gesù è una società dove al posto
dell’accumulo dei beni c’è la gioia della Condivisione; dove alla bramosia di salire sopra
gli altri c’è la gioia di scendere e al desiderio di comandare c’è l’esperienza gioiosa del
servire gli altri. Questo è il Regno di Dio. Un cambio radicale nei valori che reggono la
società.
Gesù proclama beati, felici coloro che liberamente, volontariamente e per amore
fanno la scelta di sentirsi responsabili della felicità e del benessere degli altri. Felici
perché? Perché di questi Dio si prende cura. È un cambio meraviglioso! Se noi ci
occupiamo degli altri, permettiamo a Dio di prendersi cura di noi. Allora cambia
completamente il rapporto con il Signore. Lo si sente presente nella propria esistenza.
L’unica nostra preoccupazione è prenderci cura degli altri. Ai nostri bisogni, alle nostre
necessità ci pensa Dio stesso: ecco la beatitudine! È una proposta tutta a vantaggio degli
uomini perché Gesù non si lascia vincere in generosità. Ogni volta che trasformiamo
l’amore ricevuto da Dio in amore comunicato agli altri attiriamo da parte di Dio una
risposta ancora più grande e questo è il fattore di crescita delle persone. La prima
beatitudine è dunque la scelta di essere responsabili della felicità delle persone. Chi fa
questo, sperimenta un cambio straordinario nella sua esistenza, si rende conto che Dio si
prende cura come un padre della sua persona, del suo benessere. Ebbene Gesù assicura
10
questo: se c’è un gruppo di persone che oggi, immediatamente sceglie liberamente,
volontariamente, per amore, di essere responsabile della felicità e del benessere degli
altri, da quel momento succede qualcosa di straordinario, Dio si prende cura di loro; è un
cambio meraviglioso. Se noi ci prendiamo cura degli altri, finalmente permettiamo a Dio
di prendersi cura di noi. Quando si chiede alla gente, ai cristiani, se credono che Dio è
Padre normalmente tutti dicono si. È un po’ più difficile quando si chiede loro: «ma lo
hai sperimentato come Padre?» e qui nascono i problemi. È la tragedia di noi cristiani: ci
hanno imbottito di ideologie, ma non ci hanno trasmesso esperienze vitali; ci hanno fatto
credere che Dio è Padre - ed è giusto - ma non ce lo hanno fatto sperimentare. Ecco come
si può sperimentare, se ci prendiamo cura e diventiamo responsabili della felicità e del
benessere degli altri, da quel momento esatto permettiamo a Dio di prendersi cura Lui
della nostra felicità, e la vita cambia perché si sperimenta quotidianamente, anche negli
aspetti minimi insignificanti dell’esistenza, la presenza tenera di un Padre che in
qualunque situazione lo senti che ti sussurra: «non ti preoccupare, fidati di me». Questo
non significa che vengono tolte le difficoltà, le avversità che la vita fa incontrare, ma c’è
una forza nuova, una capacità nuova per viverle. Gesù è molto chiaro. Cambia
completamente il rapporto con il Signore. Lo si sente presente nella propria esistenza.
Solo così si può sperimentare l’amore di Dio L’unica nostra preoccupazione è prenderci
cura degli altri.17
CONCLUSIONE
17
http://www.rebaoratorio.org/spazio_genitori/Download/Testo_4o_incontro.pdf
11
Nella formulazione di ciascuna beatitudine è visibile implicitamente o esplicitamente una
tensione fra la prima e la seconda parte, la situazione presente e il futuro. La prima parte è
caratterizzata da situazioni negative (povertà, sofferenza, persecuzione), la seconda da
situazioni positive (possesso del Regno, consolazione, visione di Dio). Questa tensione
fra la prima e la seconda parte mostra che le beatitudini non sono la promessa di
interventi miracolosi che hanno lo scopo di cambiare le situazioni. Le situazioni restano
quelle che sono. Le beatitudini offrono piutosto un segnificato nuovo, suggeriscono
criteri diversi di valutazione e di lettura. Le situazioni sono quelle che sono, ma la
reazione di fronte ad essse è radicalmente diversa. Il discepolo sa che praticando le
beatitudini «getta le basi» del suo avvenire escatologico. E la certezza di un futuro
positivo già trasforma il presente: nuovo e diverso è il modo di affrontare la povertà, la
sofferenza e la persecuzione. Ma questa tensione verso il futuro non deve essere
unilateralmente esagerata. L’evangelista Marco dice: «Non c’è nessuno che abbia lasciato
casa o fratelli o sorelle o madre o apdre o figli o campi a causa del Vangelo, che non
riceva già al presente cento volte in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi,
insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (10, 28-29). Dunque la ricompensa
che rende felici e trasforma la situazione non è solo nel futuro, ma anche nel presente.
Nel futuro la pienezza, nel presente l’anticipo.18
Vorrei concludere rispondendo brevemente ad un’obiezione che talora si sente: ma
insistere sulla bontà e sulla misericordia di Dio non potrebbe indurre ad un certo
rilassamento, ad una vita che fa spazio al peccato, dal momento che… tanto, Dio
perdona! Qualche minaccia di castighi non è forse più salutare? In effetti, anche Gesù nel
vangelo usa la categoria della minaccia e prospetta, soprattutto un alcune parabole, la
possibilità del castigo: l’inferno, il pianto e lo stridore di denti… Osserviamo, del resto,
che anche nelle relazioni umane improntate a bontà a volte si ricorre alle minacce; ma lo
si fa solitamente per aiutare ad evitare il male, non certo perché si vuole far soffrire, e
meno ancora per praticare l’odio o la vendetta. Anche la mamma minaccia di castigo il
bimbo che rischia di mettersi nel pericolo. Di fatto poi la sua è solo minaccia e si rivela
strumento di amore, non è volontà di punire, e men che meno gusto di punire. Insomma,
qualche volta anche la minaccia (del castigo, dell’inferno, ecc.) può avere una sua – per
così dire - momentanea utilità. Ma se il rapporto del cristiano con Dio non supera questo
livello, questa sorta di momento di passaggio, per giungere alla consapevolezza, anzi allo
stupore, all’incanto della scoperta dell’amore misericordioso, tenerissimo, dolcissimo,
sconfinato di Dio, non avviene l’incontro con il Dio che Gesù è venuto a farci conoscere
18
Cf. B. MAGGIONI, Il Racconto Di Matteo, 86-87.
12
e a farci amare. E se il cristiano non scorgerà questo volto misericordioso e amorevole di
Dio, difficilmente nella sua vita, nelle sue relazioni, vi sarà quella misericordia che ci
spalanca le porte del paradiso. La forza della bontà, delle due bontà – la grande bontà di
Dio e la nostra piccola bontà, fatta di mitezza e di misericordia – è l’anima del mondo
presente e la porta di accesso al mondo futuro, quello in cui, come dice Paolo, Dio sarà
tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28).
BIBLIOGRAFIA
13
STUDI E COMMENTARI
CROMAZIO, Di A., Commento al Vangelo di Matteo, vol I, Roma, Città Nuova Editrice,
1984.
FAUSTI, S., Lo stile di Gesù, Milano, Ancora Editrice, 2014.
GALIZZI, M., Oltre ogni frontiera, Torino, Editrice Elle Di Ci, 1980.
MAGGI, A., Padre dei poveri. Traduzione e commento delle beatitudini e del Padre
nostro di Matteo. Vol I: Le beatitudini, Cittadella, 2004.
MAGGIONI, B., Il Racconto Di Matteo, Assisi, Cittadella Editrice, 2009.
PIKAZA, J., Leggere Luca, Salamanca, Ediciones Sigueme, 1975.
Articoli da Internet
http://www.natidallospirito.com/2012/02/05/le-beatitudini-2-beati-i-poveri-in-spirito-
perche-di-essi-e-il-regno-dei-cieli-mt-53-lc-620/ù
http://www.rebaoratorio.org/spazio_genitori/Download/Testo_4o_incontro.pdf
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