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1 dicembre 2020 - 08:29 > Versione online

Covid, la quercetina potrebbe funzionare


Studio esamina l’efficacia di medicinali già in commercio Keywords |,,, Uno studio dell’
Università di Urbino, realizzato in collaborazione con ENEA e Università di Singapore, ha
permesso di individuare in alcuni farmaci già in uso nella pratica clinica, proprietà che
contrastano i meccanismi cellulari e molecolari dell’infezione da virus SARS-CoV-2 e la
progressione della malattia COVID-19.
La ricerca, realizzata con il Big Data approach, ovvero utilizzando piattaforme computazionali
che raccolgono una grande mole di informazioni, è stata pubblicata sulla piattaforma
internazionale “Research Square” e accettata dalla rivista internazionale peer-reviewed “Frontiers
in Pharmacology”.
Il lavoro è stato ispirato al “repurposing”, ossia riqualificazione - tra le linee guida raccomandate
dalla Commissione Europea – e prende in considerazione farmaci già in uso, approvati sia
dall’European Medicines Agency (EMA) che dalla Food and Drug Adminstration (FDA). Lo
studio in silico propone che questi farmaci, già noti per l’azione come antitumorali,
chemiopreventivi, broncodilatatori, antipertensivi, possano essere in grado di colpire anche i
bersagli molecolari di COVID-19, bloccandone o limitandone la progressione. La ricerca apre la
strada non solo alla ricollocazione di farmaci già esistenti per il trattamento di COVID-19, ma
anche allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di interferire coi meccanismi molecolari alla base
dell’infezione da SARS-CoV-2.
“Lo studio è stato il primo in assoluto ad aver identificato la proteina HDAC (istone deacetilasi)
una tra le più importanti molecole che regola l’espressione dei nostri geni, come utile bersaglio
terapeutico per contrastare il virus” spiega la prof Maria Cristina Albertini dell’ Università di
Urbino.” I risultati validati dal confronto con i dati clinici di uno studio cinese su 1096 pazienti di
COVID-19, aprono la strada a nuovi studi nel settore del drug repurposing e drug-discovery.
Successivamente, altri gruppi hanno evidenziato l’HDAC come utile bersaglio per contrastare il
virus SARS-CoV-2. Si tratta di un risultato di notevole impatto clinico, in quanto esiste già un
discreto numero di farmaci e anche composti bioattivi di origine naturale come la quercetina, un
flavonoide presente in alcuni alimenti, con comprovata attività HDAC inibitrice, attualmente
utilizzati per altre patologie che potrebbero essere integrati per contrastare la malattia
COVID-19”.
A questa ricerca hanno collaborato non solo i docenti e ricercatori dell’ Università di Urbino
Maria Cristina Albertini, Piero Sestili, Daniele Fraternale, Marco Bruno Luigi Rocchi e Sofia
Coppari, ma anche Laura Teodori (ENEA - Laboratorio Diagnostiche e Metrologia) e Seeram
Ramakrishna (National University of Singapore, uno tra i più quotati ricercatori a livello
mondiale, secondo la recente classifica Google “World ranking of scientists”).
Anche uno studio condotto da Bruno Rizzuti dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio
nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Cosenza con un gruppo di ricercatori di Zaragoza e
Madrid ha evidenziato la possibile efficacia della quercetina.
“Le simulazioni al calcolatore hanno dimostrato che la quercetina si lega esattamente nel sito
attivo della proteina 3CLpro, impedendole di svolgere correttamente la sua funzione”, afferma
Rizzuti, autore della parte computazionale dello studio pubblicato sull’International Journal of
Biological Macromolecules. “Già al momento questa molecola è alla pari dei migliori antivirali a
disposizione contro il coronavirus, nessuno dei quali è tuttavia approvato come farmaco. La
quercetina ha una serie di proprietà originali e interessanti dal punto di vista farmacologico: è
presente in abbondanza in vegetali comuni come capperi, cipolla rossa e radicchio ed è nota per le
sue proprietà anti-ossidanti, anti-infiammatorie, anti-allergiche, anti-proliferative. Sono note
anche le sue proprietà farmacocinetiche ed è ottimamente tollerata dall’uomo”.
Inoltre, la quercetina può essere facilmente modificata per sviluppare una molecola di sintesi
ancora più potente, grazie alle piccole dimensioni e ai particolari gruppi funzionali presenti nella
sua struttura chimica. Poiché non può essere brevettata, chiunque può usarla come punto di

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partenza per nuove ricerche.


“Lo studio parte da una caratterizzazione sperimentale di 3CLpro, la proteasi principale di
SARS-CoV-2”, precisa Olga Abian, dell’ Università di Zaragoza e prima autrice della
pubblicazione: “Questa proteina ha una struttura dimerica, formata da due sub-unità identiche,
dotate ciascuna di un sito attivo fondamentale per la sua attività biologica. In una prima fase del
lavoro è stata studiata, con varie tecniche sperimentali, la sensibilità a varie condizioni di
temperatura e pH: un risultato importante perché molti gruppi stanno lavorando su 3CLpro come
possibile bersaglio farmacologico, in virtù del fatto che è fortemente conservata in tutti i tipi di
coronavirus. Per questa proteina sono già segnalate in letteratura molecole che fungono da
inibitori, ma non utilizzabili come farmaci a causa dei loro effetti collaterali”.
“La parte più interessante di questo lavoro è lo screening sperimentale eseguito su 150 composti,
grazie a cui la quercetina è stata individuata come molecola attiva su 3CLpro”, conclude Adrian
Velazquez-Campoy dell’ Università di Zaragoza, che ha diretto il gruppo di ricerca e ha già
lavorato alla ricerca di farmaci inibitori della proteina per il virus SARS originario che causò
l’epidemia del 2003. “La quercetina riduce l’attività enzimatica di 3CLpro grazie al suo effetto
destabilizzante sulla proteina. Ovviamente contiamo si trovi un vaccino, ma i farmaci saranno
comunque necessari per le persone già infette e per chi non può essere sottoposto a vaccinazione.
La ricerca di nuove molecole mira quindi a somministrare una combinazione di differenti
composti, per minimizzare la resistenza ai farmaci e lo sviluppo di nuovi ceppi virali”. Lo studio è
stato supportato dalla Fundación hna.

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