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Università degli Studi di Spalato

Facoltà di Lettera e Filosofia

Corso di laurea in lingua e letteratura italiana

CESARE BECCARIA

LA TESINA

Mentore: doc.dr.sc. Srećko Jurišić Studenti: Izabela Birkić e Sara Bulić

Spalato, 2020.
L'INDICE

1. L'INTRODUZIONE............................................................................................................1
2. BIOGRAFIA.......................................................................................................................2
3. LE SUE OPERE E IL SUO PENSIERO.............................................................................5
3.1. DEI DELITTI E DELLE PENE...................................................................................6
4. CONCLUSIONE.................................................................................................................9
5. BIBLIOGRAFIA...............................................................................................................10
5.1. SITOGRAFIA............................................................................................................10
1.

2. L'INTRODUZIONE

In questa tesina presentiamo Cesare Beccaria, fondatore della criminologia di scuola liberale e
della teoria classica del diritto penale. Beccari è, veramente, uno dei massimi esponenti
dell'illuminismo italiano. Parleremo della sua opera più famosa, cioè Dei delitti e delle pene,
ma neanche ci toccheremo del suo pensiero economico. Menzioneremo anche la sua vita e
l'educazione di Cesare Beccaria ed in fine daremo la nostra conclusione su questo seminario.
3. BIOGRAFIA

Cesare Beccaria Bonesana è stato un giurista, filosofo, economista e letterato italiano


considerato tra i massimi esponenti dell'illuminismo italiano, figura di spicco della scuola
illuministica milanese. Nacque a Milano il 15 marzo 1738 dal marchese Giovanni Saverio e
da Maria Visconti di Saliceto. Nel 1759 Giovanni Saverio ottenne di far parte del patriziato
milanese. Il marchesino Cesare Beccaria Bonesana era il primogenito d'una nobile famiglia,
non ricca, ma pur sempre "benestante", larga di parentado clericale e laico. Dopo di lui
nasceranno due fratelli, Francesco e Annibale, ed una sorella, Maddalena.

Lui chiamerà la sua educazione “fanatica” Gli anni di scuola lo richiuderanno su se stesso,
cominciando a porlo in quella situazione di puntigliosa e passiva difesa della propria
personalità dalla quale non riuscirà ad emergere se non di rado, anche negli anni successivi. A
Parma aveva cominciato a dimostrare la sua lucida e precoce intelligenza, sia nelle
matematiche, sia nelle lingue (il francese gli divenne allora famigliare). Passato all'università
di Pavia, dove si laureò il 13 sett. 1758, entrò in contatto con il mondo del diritto. Tornato a
Milano, pur partecipando alla vita mondana e letteraria (entrò a far parte della Accademia dei
Trasformati e scrisse qualche verso), lui fu soprattutto impegnato in una profonda crisi
sentimentale e intellettuale che lo portò ad una rottura con la famiglia e con le idee del suo
ambiente.

Nell'autunno del 1760 si era innamorato di Teresa Blasco. Le minacce famigliari diedero a
questo amore il significato d'una conquistata fermezza e indipendenza. La maldicenza che si
diffuse intorno a questa mésalliance finì per rafforzare Beccaria nella sua volontà di non
lasciare "violentare la sua volontà e la sua coscienza". Nel 1762 il ventenne marchese si
convertiva alla filosofia e si abbandonava tutto alle idee degli illuministi. Sapeva di non avere
la fermezza sufficiente per poter essere "ambizioso", per compiere cioè una rapida e fruttuosa
carriera. Ben conosceva quanto angosciose fossero le "Erinni della sua fantasia", i fantasmi
della sua "disperazione", i tormenti della sua "letargia". Solo l'amore e l'amicizia sembravano
poterlo trarre da questa sua abulia. Solo una grande passione intellettuale poteva trasformarlo
profondamente. Lui stesso parlerà poi d'una "conversione". Dirà, qualche anno più tardi, nel
1766, che la sua "conversione alla filosofia" datava dal 1761
ed era stata, inizialmente suscitata dalle Lettres persanes di Montesquieu.

L'amore per Teresa Blasco impallidì ben presto. L'esaltazione della scoperta illuminista venne
rapidamente convogliandosi in un'attiva ed originale partecipazione alla vita del gruppo dei
giovani che. Entrò nelle discussioni economiche e finanziarie che appassionavano Milano
negli ultimi tempi della guerra dei Sette Anni. Nel 1762 usciva a Lucca (in Lombardia la
censura aveva frapposto delle difficoltà), presso Vincenzo Giuntini, la prima opera sua: Del
disordine e de' rimedi delle monete nello Stato di Milano nell'anno 1762.

Il problema monetario era molto dibattuto anche in Italia. Beccaria giungeva alla conclusione
che "nello stabilire il valor delle monete non si deve considerare che la pura quantità di
metallo fino, nessun conto facendo né della lega, né delle spese del monetaggio, né della
maggiore raffinazione di alcune monete". Proponeva una tabella da lui calcolata della "Tariffa
di Milano col prezzo e metallo fino di ciascheduna moneta". Fu facile agli avversari, far
notare, che errata era questa "tabella", non avendo Beccaria tenuto il dovuto conto della
diversità nelle unità di misura, in uso nei diversi paesi. Beccaria aveva affermato di voler "far
passare le nozioni di questa parte dell'economia politica dal silenzio de' gabinetti de' filosofi
alle mani del popolo", aveva polemizzato duramente contro ogni "commercio di errori
fondato sulla docilità de' molti e sull'impostura di alcuni". Aveva cercato di inquadrare
storicamente la situazione monetaria del Milanese nelle vicende della crisi italiana del
Cinquecento del prevalere delle nazioni commercianti del Nord e della ormai sensibile ripresa
settecentesca d'ogni vita economica.

La sintesi geniale venne con l'opera di Beccaria, il quale, in un anno circa, tra il marzo del
1763 e l'inizio del 1764, portò a termine Dei delitti e delle pene.

Nel 1766 Beccaria viaggiò poi controvoglia fino a Parigi, e solo dietro l'insistenza dei fratelli
Verri e dei filosofi francesi desiderosi di conoscerlo. Beccaria era a tratti paranoico e aveva
spesso sbalzi d'umore, la sua personalità era abbastanza indolente e il carattere debole, poco
brillante e non portato alla vita sociale; ciò non gli impediva però di esprimere molto bene i
concetti che aveva in mente, soprattutto nei suoi scritti.

Tornato a Milano nel 1768 ottenne la cattedra di Scienze Camerali (economia politica), creata
per lui nelle scuole palatine di Milano e cominciò a progettare una grande opera sulla
convivenza umana, mai completata.

Beccaria morì a Milano il 28 novembre 1794, a causa di un ictus, all'età di 56 anni, e trovò
sepoltura nel Cimitero della Mojazza, fuori Porta Comasina, in una sepoltura popolare (dove
fu sepolto anche Giuseppe Parini) anziché nella tomba di famiglia. Quando tutti i resti
vennero traslati nel cimitero monumentale di Milano, un secolo dopo, si perse traccia della
tomba del grande giurista. Ai funerali di Beccaria era presente anche il giovane nipote
Alessandro Manzoni (che riprenderà molte delle riflessioni del nonno nella Storia della
colonna infame e nel suo capolavoro, I promessi sposi), nonché il figlio superstite ed erede,
Giulio.

(L’immagine numero 1 – L’illustrazione di Cesare Beccaria)


4. LE SUE OPERE E IL SUO PENSIERO

Il pensiero di Beccaria fu influenzato da John Locke, Helvetius, Rousseau e, come gran parte
degli illuministi milanesi, dal sensismo di Condillac. Fu influenzato anche dagli
enciclopedisti, in particolare da Voltaire e Diderot. Partendo dalla teoria contrattualistica del
diritto, Beccaria definì in pratica il delitto in maniera laica come una violazione del contratto,
e non come offesa alla legge divina, che appartiene alla coscienza della persona e non alla
sfera pubblica. La società nel suo complesso godeva pertanto di un diritto di autodifesa, da
esercitare in misura proporzionata al delitto commesso, il cosiddetto principio del
proporzionalismo della pena, e secondo il principio contrattualistico per cui nessun uomo può
disporre della vita di un altro.

Cesare Beccaria ha scritto: Dei delitti e delle pene; Del disordine e de' rimedi delle monete
nello stato di Milano nel 1762; Ricerche intorno alla natura dello stile ed Elementi di
economia pubblica.

Nella sua opera Elementi di economia pubblica lui ha descritto costituzione della società in
modo che le nazioni sono una moltitudine d’uomini mossi a vivere in società per difendersi
reciprocamente da ogni forza esteriore, e contribuire nell’interno al bene comune procurando
il ben proprio. Il pensiero economico di Beccaria si trova espresso al meglio negli Elementi di
economia pubblica. Come giustamente mette in rilievo Schumpeter, gli Elementi di economia
pubblica, pubblicati postumi, sono solo lezioni dettate dall’autore, che le rivide ma, sebbene
sollecitato, non volle mai procedere alla loro pubblicazione. Esse inoltre riguardano una sola
parte delle materie che Beccaria intendeva sviluppare, mancando le sezioni sui tributi e sulla
polizia, che non vennero trattate nel corso delle lezioni. La maggiore opera del Beccaria
conserva quindi un carattere non completo e non definitivo.

Le riflessioni in tema di economia di Beccaria sono ovviamente il risultato dell’intreccio di


idee e teorie che si erano formate e venivano formandosi in quel periodo, molto fecondo per
l’elaborazione del pensiero economico, il quale si stava affrancando dalle altre branche di
quelle che si definiscono scienze morali.
4.1. DEI DELITTI E DELLE PENE

Dei delitti e delle pene è un saggio scritto da Cesare Beccaria e pubblicato nel 1764. L’opera è
considerata il testo più letto e più noto dell’Illuminismo italiano. In Francia, l’opera di Cesare
Beccaria incontrò l’apprezzamento entusiastico di filosofi del calibro di Voltaire e dei
“philosophes” più conosciuti di quel periodo.Voltaire ne esprime giudizio su questa opera e
disse : «Quand’anche non ci fosse che una sola nazione su tutta la terra che abbia abolito l’uso
della tortura [...] il suo esempio dovrebbe essere sufficientemente persuasivo per il resto del
mondo. [...] Ho vergogna di intrattenermi ancora su questo argomento, dopo quello che ha
scritto in proposito l’autore del Trattato dei delitti e delle pene. Mi limiterò ad auspicare che si
rilegga spesso l’opera di questo grande amatore dell’umanità». Inoltre riscosse anche molto
successo alla corte di Caterina II di Russia. Dei delitti e delle pene inizialmente fu redatta in
lingua francese a sottolineare la forte egemonia della Francia in quel periodo, in Europa.

Il libro tratta della riforma della legislazione penale dell’epoca e ancora oggi è considerato un
documento assolutamente attuale, da rileggere per ricordarci come la legislatura, da quel
tempo in poi, si sia purtroppo persa nei meandri della burocrazia e dell’incertezza della pena.
Nella sua opera, l’autore afferma come bisogna prevenire i delitti prima di punirli e propone,
come primo testo della letteratura filosofica-giurisprudenziale, l’abolizione della tortura e
della pena di morte.

Si tratta di un’opera scritta con grande vigore e con spirito umanitario che contribuì
efficacemente alla riforma della procedura penale. Ma non mancarono, naturalmente, le
polemiche e le frizioni da parte dei sommi dotti del periodo; difatti nel 1766, il saggio venne
inserito nell’indice dei libri proibiti a causa della netta distinzione evidenziata tra il reato ed il
peccato.

Per Beccaria, il reato è considerato un danno fatto nei riguardi della società e quindi contro
l’utilità pubblica e comune. A differenza del primo, invece, il peccato è considerato come un
reato che l’uomo compie nei confronti di Dio, che quindi può essere giudicabile e
condannabile solo ed esclusivamente dallo stesso. Secondo l’autore, la gravità del peccato
dipende dall’imperscrutabile malizia del cuore.

Come precedentemente citato, Beccaria nella sua opera si batte contro la pratica della tortura e
per l’abolizione della pena di morte basando la sua tesi sulla “regola generale” che le passioni
violente sorprendono gli uomini, ma fortunatamente non per lungo tempo; introduce così il
concetto di giusta proporzione fra reato e pena e di giusta e pronta applicazione di
quest’ultima, concetto che si dovrebbe seguire anche oggi ma che non sempre viene applicato
nel nostro sistema giudiziario.

Un altro tema trattato dall’autore nell’opera è sicuramente quello della proporzione della
pena, dove ogni pena deve essere proporzionale e rapportata al delitto commesso, non si
possono punire l’omicidio ed un reato minore con pene simili. Questo comporterebbe solo la
perdita del raziocinio della coscienza che non riuscirebbe più ad individuare quale fra i due
reati sia il peggiore e soprattutto, esorterebbe il malvagio a macchiarsi del più grave delitto,
certo della parità della pena.

Nel saggio, il tema dell’utilità della pena è sempre evidenziato, ricordando che la stessa deve
essere essenzialmente: pubblica, pronta, necessaria, minima, giusta date le circostanze,
proporzionata al delitto e dettata dalle leggi. Nell’opera, Beccaria interviene anche sul tema
della prescrizione dei reati e sulla brevità dei processi. Sia la durata dei processi che la
possibilità che un reato cada in prescrizione, debbono essere rapportati alla gravità del reato
stesso.

L’autore nel suo trattato affronta anche il tema delle leggi:“E’ compito del Legislatore
(depositario della volontà popolare e nazionale) redigerle in forma chiara, mentre è compito
del Magistrato solamente verificare il rispetto e l’attuazione della stessa”. L’autore distingue
tra processo offensivo, dove l’indagato deve discolparsi dal reato commesso, ed il processo
informativo, dove si cerca il colpevole dei misfatti attraverso una ricerca minuziosa delle
prove.

Arriviamo ora alla pena di morte che per Beccaria diventa per alcuni uno spettacolo e per altri
uno strumento di compassione e di sdegno, che mette chiaramente in luce l’inefficienza e
l’inadeguatezza di questo tipo di pena. Altresì viene condannato anche lo strumento della
tortura, in quanto si ricorre ad essa sempre prima di dimostrare la colpevolezza dell’individuo.
Il motivo principale per cui tale pena è espressa come inefficace, è quello che le persone più
deboli e non capaci di sopportare il dolore, spesso sono inclini a confessare anche reati non
commessi per sfuggire alla pena, mentre le persone meno sensibili e più forti, potrebbero
essere considerate oneste solo perché riescono a sopportare la punizione.
In sintesi, il fine delle pene non deve essere solo afflittivo o vendicativo, ma rieducativo e di
tipo “politico”. Secondo l’autore, l’unico pensiero è quello d’impedire al malvagio di far
nuovi danni alla società e ai suoi cittadini e vuole esprimere questo concetto di fondo:“Uno
dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse e di
conseguenza la vigilanza dei magistrati e quella severità di un giudice inesorabile che per

essere un’utile virtù, dev’essere accompagnata da una dolce legislazione. La certezza di un


castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un
altro più terribile, unito alla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando
son certi, spaventano sempre gli animi umani”.

La penologia moderna risale alla pubblicazione dell'opuscolo di Cesare Beccaria sui Delitti e
le pene nel 1764. Questa rappresentava una scuola di dottrina, nata dal nuovo impulso
umanitario del XVIII secolo, con cui Jean-Jacques Rousseau, Voltaire e Montesquieu in
Francia e Jeremy Bentham in Inghilterra erano associati. Questa, che in seguito divenne nota
come la scuola classica, presupponeva che ogni atto criminale fosse una scelta deliberata
determinata da un calcolo dei futuri piaceri e dolori dell'atto contemplato. Tutto ciò che era
necessario per superare lo scopo criminale era prevedere per ogni crimine una pena adeguata
a sbilanciare i suoi presunti vantaggi. Pene eccessive, come la morte, non erano necessarie e
quindi ingiuste.
5. CONCLUSIONE

Beccaria è uno dei massimi rappresentati dell'Illuminismo italiano. Ha influenzato molti


filosofi con la sua opera Dei delliti e delle pene, che è il suo capolavoro. Il saggio ne descrive
nuovi pensieri su crimini e punzioni che prima non esistevano. Ha lasciato un segno molto
importante nella storia della letteratura italiana e ancora oggi ne rimane ricordato.
6. BIBLIOGRAFIA

Alberto Casadei, Marco Santagata: ebook Laterza, Manuale di letteratura italiana medievale
e moderna, Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari, 2007, pp. 399-400

6.1. SITOGRAFIA

www.britannica.com

www.cultura.biografieonline.it

www.enciklopedija.hr

www.skuola.net

www.studenti.it

www.treccani.it

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