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La Rappresentazione Di Lucifero in Dante PDF
La Rappresentazione Di Lucifero in Dante PDF
a cura di
MARCO VEGLIA, LORENZO PAOLINI e RICCARDO PARMEGGIANI
FONDAZIONE
C ENTR O ITALIANO DI STUDI
S ULL’ALTO MEDIOE VO
SPOLETO
2013
INDICE
3. Sulla rilevanza delle arti figurative nella Commedia dantesca cfr. innanzi tutto: G.
PETROCCHI, s.v. Dante Alighieri, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, V, Roma, 1994, pp.
623-627, cui si rimanda anche per la bibliografia pregressa; C. KLEINHENZ, Dante and the
Tradition of Visual Arts in the Middle Ages, in Thought, CCLVI (1990), pp. 17-26; ID., Mi-
to e verità biblica in Dante, in Dante: mito e poesia, Atti del secondo Seminario dantesco
internazionale, Monte Verità, Ascona, 23-27 giugno 1997, a cura di M. PICONE e T.
CRIVELLI, Firenze, 1999, pp. 367-389, in specie il paragrafo intitolato Dante e l’arte della
Bibbia alle pp. 385-389; L. BATTAGLIA RICCI, Ragionare nel giardino. Boccaccio e i cicli pittorici
del Trionfo della morte, Roma, 20002, in particolare il capitolo dedicato a Dante e l’arte fi-
gurativa, pp. 65-71; EAD., Immaginario visivo e tradizione letteraria nell’invenzione dantesca
della scena dell’eterno, in Letture classensi, XXIX (2000), pp. 67-103; EAD., Viaggio e Visione
cit. (nota 1), pp. 15-73. Sempre fondamentale rimane inoltre il volume di G. FALLANI,
Dante e la cultura figurativa medievale, Bergamo, 19762, nonostante le perplessità espresse
dall’autore (alle pp. 78-81) riguardo all’effettivo rapporto esistente tra alcune delle rap-
presentazioni figurative di cui si tratterà in questo contributo e la costruzione dell’im-
magine infernale operata da Dante nella prima cantica della Commedia.
4. In generale sul Libro di Enoch si veda l’introduzione al testo in P. SACCHI (a cura
di), Apocrifi dell’Antico Testamento, I, Milano, 1990, pp. 1-54. Più in generale: G. MINOIS,
Piccola storia del diavolo, Bologna, 1999, pp. 22-23. Sul tema della caduta di Lucifero in
relazione al testo dantesco cfr. GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1), pp. 80-82.
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costruzione delle armi. Secondo il Libro dei Vigilanti – prima se-
zione di Enoch –, l’origine del male non andrebbe poi totalmente
attribuita a un puro e semplice peccato di lussuria, quanto semmai
alla commistione di ordini che avrebbero dovuto rimanere distin-
ti. Il congiungimento sessuale fra gli angeli e le figlie degli uomini
infranse in sostanza una divisione voluta da Dio, che aveva con-
cesso la riproduzione agli uomini, poiché li aveva creati mortali, e
non agli angeli già immortali. La commistione di due nature di-
verse, l’angelica e l’umana, comportò una contaminazione che in-
vestì l’intero mondo creato 5.
Una seconda interpretazione del mito, che, sulla scorta del
passo della Sapienza 2,24 6, attribuisce la caduta del diavolo all’in-
vidia è attestata in alcuni apocrifi del ciclo di Adamo – che ri-
prendono il tema del Genesi – ed è specificatamente connessa alla
creazione dell’uomo. Secondo uno dei testi più antichi, la Vita di
Adamo ed Eva (I secolo a. C. - I secolo d. C.) 7, Satana si sarebbe
rifiutato di onorare Adamo, che Dio aveva creato a sua immagine.
Alle insistenze di Michele, che minacciava l’ira del Signore, Sata-
na avrebbe risposto parafrasando il passo di Is. 14, 13-14: « Se si
adira con me, vuol dire che stabilirò la mia dimora al di sopra
delle stelle del cielo, e che sarò simile all’Altissimo ». Espulso dal
cielo insieme ai suoi seguaci e spogliato della sua gloria, Satana
maturò una profonda invidia nei confronti dell’uomo e decise di
vendicarsi su di lui inducendo Eva alla trasgressione (Vita di Ada-
mo ed Eva, 13-16) 8.
La versione secondo cui la caduta di Lucifero e dei suoi seguaci
sarebbe dovuta al peccato di superbia si impose invece a partire dal
IV-V secolo, soppiantando del tutto le due lezioni dominanti nei pri-
mi tre secoli dell’era cristiana (che attribuivano, come si è visto, la
caduta degli angeli rispettivamente alla lussuria o all’invidia nei con-
fronti del genere umano). Essa si basa sostanzialmente sulla reinter-
pretazione che sulla base del racconto apocrifo del passo di Isaia
5. Cfr. ancora: SACCHI, Apocrifi dell’Antico Testamento cit. (nota 4), Libro dei Vigilanti,
pp. 60-62.
6. Cfr. Sap. 2, 24: « Per l’invidia del diavolo la morte entrò nel mondo ».
7. P. SACCHI (a cura di), Apocrifi dell’Antico Testamento, II, Milano, 1997, pp.
548-561.
8. Ibid., pp. 614-616.
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ancora: RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 139-151. Cfr. inoltre, sugli auto-
ri citati in relazione al peccato di superbia di Lucifero, il recentissimo contributo di R.
CESERANI, Un felice incontro, in Nel cuore della meraviglia: omaggio a Jurgis Baltrušaitis, a cura
di I. MALLEZ e R. MILANI, in Quaderni di PsicoArt, 1 (2010), rivista on line di Arte e Psi-
cologia del Dipartimento delle Arti Visive dell’Alma Mater Studiorum, Università di
Bologna a cura di S. FERRARI, pp. 1-14 e in specie p. 10.
17. Sul tema della caduta degli angeli nell’arte del Medioevo cfr.: RUSSELL, Il diavolo
nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 95-96 e soprattutto J. BASCHET, s.v. Diavolo, in Enciclopedia
dell’Arte Medievale, V, Roma, 1994, pp. 644-650, ma in specie per il tema della caduta le
pp. 645-646.
18. Si veda in primo luogo: J. BASCHET, Les justices de l’au-delà . Les représentations de
l’enfer en France et en Italie, 12.-15. siècle, Rome, 1993, pp. 255-260.
19. Oxford, Bodleian Library, Ms. Junius 11, p. 3.
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20. Per gli esempi citati cfr. ancora: BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), pp. 645-646
e relative immagini.
21. Londra, British Library, Ms. Royal 2B VII, c. 1v.
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telligenza somma e infinita di Dio: « E ciò fa certo che ’l primo su-
perbo,/che fu la somma d’ogne creatura,/per non aspettar lume, cad-
de acerbo ». Da qui deriva pure per contrasto l’inerme degradazione
dell’angelo più bello, punito dalla giustizia divina per quel peccato di
superbia che, sprofondandolo nelle viscere della terra « da tutti i pesi
del mondo costretto » (Par. XXIX 57), lo condanna a simbolo e in-
carnazione dell’abiezione generata dal peccato nel luogo più lontano
da Dio, che rappresenta la privazione dell’essere e la totale negazione
della grazia.
Nel canto XXXIV dell’Inferno gli esiti dell’eterna condanna
del « primo superbo » si concretizzano nella rappresentazione della
smisurata e mostruosa figura di Lucifero 22, corpo grave e denso,
sprofondato sino al centro della terra, ovvero al punto « al qual si
traggono d’ogne parte i pesi » (v. 111), stretto nella ghiaccia di
Cocito, soverchiato dal peso di tutte le malvagità del mondo.
L’apparizione di Dite, antitesi suprema e irriducibile della Divini-
tà, è annunziata con uno squillo di tromba e con un verso « Ve-
xilla regis prodeunt inferni » che si configura come evidente paro-
dia 23 dell’inno di Venanzio Fortunato (il vescovo di Poitiers vis-
22. Cfr. in primo luogo: B. NARDI, L’ultimo canto dell’Inferno, in Convivium, XXV
(1957), pp. 141-148; J. FRECCERO, Satan’s Fall and the “Quaestio de acqua et terra”, in Itali-
ca, XXXVIII (1961), pp. 99-115; G. PETROCCHI, Il canto XXXIV dell’Inferno, in Lectura
Dantis Scaligera, Firenze, 1963; B. NARDI, La caduta di Lucifero e l’autenticita della “Quaestio
de aqua et terra” (Lectura Dantis Romana, n. s.), Torino, 1959; A. PEZARD, Le dernier chant
de l’Enfer, in Letture dell’“Inferno”, a cura di V. VETTORI, Milano, 1963, pp. 397-427; A.
VALLONE, Il canto XXXIV dell’Inferno e l’estremo intellettualismo di Dante, in Nuove letture
dantesche, III, Firenze, 1969, pp. 191-208; G. STABILE, Cosmologia e teologia nella Comme-
dia: la caduta di Lucifero e il rovesciamento del mondo, in Letture classensi, XII (1983), pp.
139-173; S. PASQUAZI, Canto XXXIV, in Lectura Dantis Neapolitana. Inferno, a cura di P.
GIANNANTONIO, Napoli, 1986, pp. 623-641; R. CESERANI, Canto XXXIV. Lucifer, in Lectu-
ra Dantis. Inferno, a Canto-by-Canto Commentary, a cura di A. MANDELBAUM, Berkeley,
Los Angeles-London, 1998, pp. 432-439 e ID., Un felice incontro cit. (nota 16), pp. 1-14.
23. Sull’immagine del demonio intesa quale parodia del Cristo trionfante nel reper-
torio iconografico medievale, con particolare riguardo alle rappresentazioni del Giudizio
Universale, cfr.: E.H. KANTOROWICZ, The King’s two bodies. A study in mediaeval political
theology, Princeton, 1957, in particolare le pp. 61-78 e 88-93; A. LADIS, The Legend of
Giotto’s Wit and the Arena Chapel, in The Art Bulletin, LXVIII (1986), pp. 581-596, in
specie p. 586; D. ALEXANDRE BIDON, La mort au Moyen-age, 13.-14. siècle, Parigi, 1998, in
specie le pp. 273-289; J. RUDA, Satan’s Body: Religion and Gender Parody in Late Medieval
Italy, in Viator, 37 (2006), pp. 319-350. Sul medesimo concetto applicato al testo dante-
sco e in specie all’immagine di Lucifero nel canto XXXIV si vedano inoltre: FRECCERO,
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Infernal Inversion cit. (nota 1), pp. 33-41; ID., The Sign of Satan cit (nota 1), pp. 11-26; G.
GORNI, S. LONGHI, La parodia, in Letteratura italiana, V, Le questioni, a cura di A. ASOR
ROSA, Torino, 1986, pp. 459-487; ID., Parodia e scrittura in Dante, in Dante e la Bibbia.
Atti del convegno internazionale promosso da “Biblia”, a cura di G. BARBLAN, Firenze,
1988, pp. 323-340; MORGAN, Dante and the medieval other world cit. (nota 1), p. 22; CESE-
RANI, Un felice incontro cit. (nota 16), pp. 1-14.
24. Per cui si veda anche: G. BRUGNOLI, s.v. Venanzio Fortunato, in Enciclopedia Dan-
tesca, V, Roma, 1971, p. 913.
25. Sul Male inteso come negazione dell’Essere in Dante come pure in Tommaso
d’Aquino cfr. RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 168-169.
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bava e al sangue di Giuda, Bruto e Cassio, dilaniati in eterno dalle
tre bocche del demonio, rimane indelebile testimonianza di una
rabbia immensa quanto impotente. Satana, avvolto e ripiegato su
di sé, è nulla, odio, tenebra e disperazione.
Nel concepire l’immagine estrema del Male, Dante poté in
realtà usufruire di un nutrito repertorio di rappresentazioni lette-
rarie e figurative. Un rilevante precedente testuale si riconosce
nella Visione di Tnugdalo, testo visionario riferibile al secolo XI 26
dove già si descrivevano, con ricchezza di dettagli, anche cruenti,
i tormenti subiti dai dannati nell’abisso infuocato dell’Inferno.
L’autore della visione riferiva di una bestia di incredibile grandez-
za e ineffabile orrore che superava per mole tutte le montagne
che egli aveva mai visto. I suoi occhi brillavano come carboni ac-
cesi, la sua bocca si spalancava enorme e dal volto sfavillava una
fiamma inestinguibile. Tnugdalo vide anche un altro demone con
due piedi e due code, naso lungo, becco e artigli di ferro; questa
bestia sedeva su uno stagno ghiacciato e divorava tutte le anime
che riusciva ad afferrare; le anime macerate nel ventre del mostro
venivano poi espulse sul ghiaccio, rivivevano e andavano incontro
a nuovi tormenti. È alla fine del racconto che Tnugdalo vede il
principe delle tenebre, il nemico del genere umano, più grande di
qualsiasi altra bestia che egli avesse visto prima nell’Inferno. Nero
come un corvo, aveva la forma di un corpo umano dalla testa ai
piedi, ma aveva la coda e molte mani. Con le membra e le arti-
colazioni legate da grosse catene ardenti di ferro e di bronzo,
l’immane mostro scagliava e disperdeva col respiro le anime dei
dannati per tutte le contrade dell’inferno. Questa bestia era deno-
minata Lucifero, la prima creatura di Dio. La mole immensa e in-
26. Per cui si veda in primo luogo: A. WAGNER, Visio Tnugdali. Lateinisch und Al-
tdeutsch, Erlangen, 1882, in specie le pp. 16, 27 e 35; R. PALGEN, La “Visione di Tundalo”
nella “Commedia” di Dante, in Convivium, XXXVII (1969), pp. 129-147; ID., Dantes Lu-
zifer cit. (nota 1), pp. 58-70; N.F. PALMER, Visio Tnugdali. The German and Dutch transla-
tions and their circulation in the later Middle Ages, München - Zurich, 1982; B. PFEIL, Die
‘Vision des Tnugdalus’ Albers von Windberg. Literatur- und Frömmigkeitsgeschichte im au-
sgehenden 12. Jahrhundert. Mit einer Edition der lateinischen ‘Visio Tnugdali’ aus Clm 22254,
Frankfurt am Main-Berlin, 1999. Cfr. inoltre RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota
2), pp. 158-159 e la nota 14 con precisi rimandi bibliografici; MORGAN, Dante and the
medieval other world cit. (nota 1), pp. 3 e 22; BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota
18), pp. 103-104; CESERANI, Un felice incontro cit. (nota 16), p. 10.
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31. Cfr. ancora: BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 232-236 e 260-
264; ID., I peccati capitali cit. (nota 28), pp. 225-258, ma in particolare p. 234. Vedi anche
MORGAN, Dante and the medieval other world cit. (nota 1), pp. 13-21; BATTAGLIA RICCI, Im-
maginario visivo cit. (nota 3), pp. 72-75; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp.
146-174, fig. 74; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 56, tav. 22.
32. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 141-142, figg. 6-7; CHRISTE, Il
Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 200-201, fig. 98.
33. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 143-146, figg. 9-11; CHRISTE, Il
Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 197-198, figg. 94-96; PACE (a cura di), Alfa e Omega
cit. (nota 28), p. 70 e relativa immagine; X. MURATOVA, Il timpano della cattedrale di
Saint-Lazare a Autun, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 102-105 e re-
lative immagini.
34. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 146-163, figg. 12-16; CHRISTE,
Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 182-183, figg. 84-89; PACE (a cura di), Alfa e
Omega cit. (nota 28), pp. 69-71, fig. a p. 71; M. ANGHEBEN, Il portale dell’abbazia di Santa
Fede a Conques, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 106-109 e relative
immagini.
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35. Per le analogie esistenti tra il mosaico del Giudizio Universale di S. Maria As-
sunta e alcuni passi della prima cantica dantesca si veda in primo luogo: C. A. LEVI,
Dante a Torcello e il Musaico del Giudizio Universale, comunicazione all’Ateneo di Venezia
letta la sera del 12 dicembre 1905, Treviso, 1906. Un riferimento al Satana di Torcello,
inteso come « precedente importante del “tipo” attestato in area fiorentina e che da par-
te sua è una sorta di sintesi di moduli diffusi nella cultura italo-bizantina » è in BATTA-
GLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 25, nota 22, tav. 6. Cfr. Inoltre: BASCHET,
Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 191-194, figg. 34-35; CHRISTE, Il Giudizio uni-
versale cit. (nota 28), pp. 28-29, 45-47, 279, figg. 9 e 11; PACE (a cura di), Alfa e Omega
cit. (nota 28), pp. 54, 56, 58, 62-63, e fig. a p. 57.
36. Sul colore scuro dei demoni medievali, sovente bluastro, cfr.: RUSSELL, Il diavolo
nel Medioevo cit. (nota 2), p. 98 e BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), p. 649; MINOIS, Pic-
cola storia del diavolo cit. (nota 4), p. 42; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), p. 16.
37. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 191-198 e figg. 34-35, ma in
specie per il concetto sopra enunciato p. 193.
38. Ibid., pp. 198-202 e figg. 38-39. Cfr. anche CHRISTE, Il Giudizio universale cit.,
(nota 28) pp. 44 e 279-280, figg. 169-171; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28),
pp. 62-63, fig. a p. 61.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 279
mo decennio del XIII secolo 39. L’orrendo e insieme grottesco
demonio, cui demoni ausiliari porgono le due prossime vittime, è
raffigurato mentre si accinge a dilaniarne una terza, con la bocca
spalancata da cui sporgono le fauci rade e aguzze. Considerevoli
sono infine le proporzioni del Lucifero che, con corpo ancora
umano e testa ferina, campeggia con l’Anticristo in grembo nel
settore inferiore destro dell’affresco, riferibile ai primi decenni del
XIV secolo, firmato da Rinaldo da Taranto e sito nella controfac-
ciata della chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi 40 (fig. 11) in
cui appaiono inoltre evidenti i richiami all’iconografia bizantina.
Nessuno degli esempi descritti, alcuni dei quali probabilmente
noti all’autore della Commedia, mostra peraltro la significativa tri-
formità del Lucifero dantesco che tuttavia, come già affermava
Arturo Graf, « non balza fuori per la prima volta dall’accesa fanta-
sia di Dante; già innanzi la coscienza religiosa l’aveva immaginato
e scorto, già le arti l’avevano raffigurato. Esso è come l’antitesi
della Trinità, o come il suo rovescio [...]. Senza dubbio Dante
volle con le tre facce attribuite al suo Lucifero rappresentare gli
attributi diabolici opposti ai divini; e poiché, per lo stesso Dante,
come per S. Tommaso, il Padre è potestà, il Figliuolo è sapienza,
lo Spirito Santo è amore, le tre facce non possono simboleggiare
se non impotenza, ignoranza e odio » 41. Tanto può bastarci per
l’interpretazione dei tre volti su una sola testa, la cui derivazione
figurativa può essere invece approfondita. Le origini pagane dell’i-
conografia del vultus trifrons sono in realtà molto antiche 42: rap-
39. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 211 e 227-228, nota 205, fig.
51; Y. CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), p. 317; Da vedere anche il volume
pionieristico di A. BASSERMANN, Dantes Spuren in Italien (1898), consultato nella traduzio-
ne di E. Gorra, Orme di Dante in Italia, (Bologna, Zanichelli, 1902), ristampa anastatica a
cura di F. BENOZZO, Bologna 2006, che dedica a S. Angelo in Formis e al giudizio di
Tuscania (Toscanella nel testo) le pp. 487-489.
40. Per cui vedi oltre a BASCHET, s.v. Inferno cit. (nota 28), pp. 351-357 anche P.
BELLI D’ELIA, s.v. Brindisi, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, III, Roma, 1992, pp. 755-
758, ma in particolare pp. 757-758.
41. Cfr.: GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1) pp. 93-94 e ID., Il Diavolo cit. (nota 27),
pp. 47-48.
42. Sul vultus trifrons nell’iconografia del Medioevo e sulle origini pagane del tema
cfr.: G.J. HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons ». Emblema diabolico, immagine improba della San-
tissima Trinità, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana de Archeologia, s. III, XIX
280 LAURA PASQUINI
presentazioni di divinità solari a tre teste o con tre volti su una te-
sta sola erano diffuse tra i Celti e nelle regioni della Gallia roma-
na; il dio supremo dei Galli, Lug o Lugus, e il dio Visutius dei
Celti erano immaginati con tre teste e in tal modo rappresentati
in numerosi monumenti rinvenuti in tutta la Gallia, dal Belgio al-
l’Aquitania (esemplare l’altare frammentario rinvenuto alla fine del
XIX secolo vicino a Reims – fig. 12) 43. Divinità tricefale erano
note anche nelle regioni balcaniche. Il dio cavaliere degli antichi
Traci, onniveggente signore dell’Oriente e dell’Occidente, ripro-
dotto in circa un centinaio di stele del II-III secolo d. C., viene
rappresentato come tricefalo soprattutto in Bulgaria (fig. 13); nu-
merose sono inoltre le divinità dei popoli slavi che vengono rap-
presentate con tale triformità, come l’idolo a tre teste, simulacro
del dio Triglav, adorato tra gli slavi del Baltico 44. La presenza di
un gran numero di divinità solari tricefale, attestate anche nelle
fonti letterarie, nel paganesimo slavo, potrebbe aver favorito da
un lato la nascita della controversa iconografia triforme della Tri-
nità – sulla quale avremo modo di tornare –; così, per altro verso,
l’idea di una trinità malvagia triforme tra i Bogomili dell’Asia Mi-
nore e dei Balcani le cui credenze, richiamate dalle fonti che nar-
rano i miti catari linguadocani e degli Albanenses 45, furono intro-
(1942-1943), pp. 205-245; R. PETTAZZONI, The Pagan Origins of the Three-Headed Repre-
sentation of the Christian Trinity, in Journal of Warburg and Courtauld Institutes, IX (1946),
pp. 135–151; L. PIOLA CASELLI-R. AMERIO, « Perché un Vultus Trifrons? », in Conoscenza
Religiosa, IV (1975), pp. 345-372; J. BALTRUSAITIS, Il Medioevo fantastico: antichità ed esoti-
smi nell’arte gotica, Milano, 1973, pp. 58-62; P. IACOBONE, Mysterium Trinitatis. Dogma e
iconografia nell’Italia medievale, Roma, 1997, in particolare il paragrafo 3 del terzo capitolo
intitolato Tentativi di fusione degli schemi alle pp. 218-227. Vedi anche nello specifico in
relazione al Lucifero dantesco: BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp.
25-38.
43. Nello specifico sull’argomento: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp.
231-233, figg. 19-20; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 135, tav. 13.
44. Cfr. ancora: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 234-235, fig. 21;
PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 135-138, 144, 146, tav. 14c.
45. Si può citare il Liber antiheresis di DURANDO D’OSCA nel quale si allude al fatto
che i catari predicavano l’esistenza di due divinità, una buona e una malvagia, per cui
cfr.: K.V. SELGE, Der Liber antiheresis des Durandus von Osca, Berlin, 1967. A una trinità
malvagia fa riferimento anche il Liber supra stella di Salvo Burci (1235) per il quale si ve-
dano: S. BURCI, Liber supra Stella, in Eresie medievali. Scritti minori, a cura di ILARINO DA
MILANO, Rimini, 1983, pp. 331-367. in specie pp. 335-336 e SALVO BURCI, Liber Supra-
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 281
dotte nella nostra penisola a partire dal secolo XII da missionari
provenienti proprio dalla Bulgaria 46. La persistenza del culto e
dell’iconografia del vultus trifrons nei Balcani vengono peraltro te-
stimoniate dal fatto che in alcune chiese bulgare l’effigie del cava-
liere solare a tre teste viene venerata ancora ai nostri giorni e in-
terpretata in alcuni casi come immagine di San Giorgio, liberatore
della Vergine e uccisore del vorace mostro infernale.
Il culto della divinità solare dalla triplice testa ebbe una diffu-
sione vastissima dal mar Nero al Mare del Nord; questo culto del-
l’invictus deus triforme non fu estraneo alla Grecia ellenistica e nel
terzo secolo lo stesso Mitra, simbolo del sole sempre trionfante,
onniveggente e invincibile, venne talora rappresentato con tre te-
ste o tre facce su una testa soltanto. Una venerazione particolare
per l’essere supremo, rappresentato con testa triplice, si riscontra
nell’Asia centrale. In India il dio Brahma ed anche Vishnu e Shiva
possono essere figurati come idoli policefali, Shiva, soprattutto,
trifronte. Il dio creatore delle popolazioni preistoriche dell’India
settentrionale aveva testa cornuta e tre facce. Il dio tibetano Sang-
dui, venerato ancora oggi col rango di Buddha, viene rappresenta-
to seduto con tre teste sul collo e lo stesso vale per lo spirito mi-
sericordioso Avalokit-eshvara, capace di cacciare il male e pronto
a proteggere i fedeli che lo invocano. Il culto del dio tricefalo si
estendeva verso il Nord sino al lago Baikal e nel Caucaso verso
Est, fino al Giappone 47.
Di fronte a questo proliferare di divinità tricefale, solari e on-
niveggenti, nei culti pagani, fu in qualche maniera naturale per gli
antichi cristiani, che intendevano sradicare tali credenze pericolose
stella, edizione critica e commento storico a cura di C. BRUSCHI, Roma, 2002. Vedi
inoltre: MINOIS, Piccola storia del diavolo cit. (nota 4), p. 47.
46. Si veda in primo luogo sull’argomento: A. GRECO, Mitologia catara. Il favoloso
mondo delle origini, Spoleto, 2000, in specie le pagine 79-85 dedicate al Dualismo monar-
chiano dei Bogomili: Dio, il demonio e la Trinità. Cfr. inoltre per una visione generale del
problema trinitario: Le traité contre les Bogomiles de Cosmas le prêtre, traduction et étude
par H.-CH. PUECH, A. VAILLANT, Paris, 1945, pp. 179-180; RUSSELL, Il diavolo nel Medioe-
vo cit. (nota 2), pp. 23-24.
47. Sulle numerose attestazioni di divinità tricefale, dall’Egitto all’India, sino alla Per-
sia antica e medievale, all’Asia centrale, al Tibeth, al Giappone, cfr. sempre: HOOGE-
WERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 239-242 con relative immagini e PETTAZZO-
NI, The Pagan Origins cit. (nota 42), pp. 146-147.
282 LAURA PASQUINI
15a; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), p. 221, fig. 40; BATTAGLIA RICCI, Viag-
gio e Visione cit. (nota 1), pp. 30-31, tavv. 8-9.
53. Già in C. RICCI (a cura di), La Divina commedia di Dante Alighieri illustrata nei luo-
ghi e nelle persone, Milano, 1898, l’immagine dei due diavoli triformi di Tuscania (Tosca-
nella) viene associata alla descrizione dantesca di Lucifero. L’idea che immagini del ge-
nere potessero costituire un precedente per il demonio dantesco è già, come si è detto,
in GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1), pp. 93-94; ID., Il Diavolo cit. (nota 27), pp. 47-48, e
in HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), p. 211.
54. Basilare sull’argomento il capitolo intitolato Ali di pipistrello e demoni cinesi in BAL-
TRUSAITIS, Il Medioevo fantastico cit. (nota 42), in particolare le pp. 159-163 (Ali di pipistrel-
lo e creste di drago nel Medioevo). Cfr. inoltre: RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2),
pp. 97 e 155; BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), pp. 646-647.
284 LAURA PASQUINI
56. Cfr. ancora: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 213-214, fig. 7;
ROTSCHILD - WILKINS, Hell in the Florentine Baptistery cit. (nota 55), pp. 31-35; CONSOLI,
Il Giudizio Finale cit. (nota 45), in particolare le pp. 68-70; BASCHET, Les justices de l’au-
delà cit. (nota 18), pp. 211, 220, 224-228, figg. 48-50; E.P. NASSAR, The Iconography of
Hell cit. (nota 1), pp. 56-61 e immagini; BASCHET, I peccati capitali cit. (nota 28), pp. 237-
238; BATTAGLIA RICCI, Ragionare nel giardino cit. (nota 3), pp. 65-71; CHRISTE, Il Giudizio
universale cit. (nota 28), pp. 47, 143; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp.
24-30 e 49-50, con relative immagini; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp. 192-193;
J. ELLIOT, La cappella degli Scrovegni a Padova, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp.
217-220 e immagini. Si veda poi sulla presenza di Dante a Padova nel periodo in cui
Giotto affrescava la cappella degli Scrovegni e sull’ipotetica frequentazione e “personale
amicizia” tra i due artisti: BASSERMAN, Orme di Dante in Italia cit. (nota 39), pp. 478 e
491.
57. E allora da quello, e in specie dalla posa a testa ingiù di numerosi dannati, po-
trebbe semmai aver tratto l’immagine del supplizio inflitto ai simoniaci. Per questa e al-
tre eventuali suggestioni desunte dall’affresco giottesco cfr. ancora: BATTAGLIA RICCI,
Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp. 49-50, con relative immagini.
58. Si vedano in particolare sull’iconografia triforme dell’Anticristo: R. HUGHES, Hea-
ven and Hell in Western Art, London, 1968, pp. 274-277; BALTRUSAITIS, Il Medioevo fanta-
stico cit. (nota 42), pp. 58-62; RICHARD KENNETH EMMERSON, Antichrist in the Middle Ages:
a study of Medieval apocalypticism, art, and literature, Seattle, 1981, in particolare il capitolo
intitolato Antichrist in Medieval Art, pp. 108-145, ma in specie p. 116. Per le varie rap-
presentazioni dell’Anticristo nell’iconografia del Medioevo cfr. inoltre: G. SCHÜSSLER,
286 LAURA PASQUINI
Studien zur Ikonographie des Antichrist, Dissertation, Università di Hedelberg, 1975; ID.,
s.v. Anticristo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, II, Roma, 1991, pp. 117-122; P.K.
KLEIN, The Apocalypse in Medieval Art, in The Apocalypse in the Middle Ages, a cura di R.
K. EMMERSON and B. MCGINN, Ithaca, London, 1992, pp. 159-199; R. MUIR WRIGHT,
Art and antichrist in medieval Europe, Manchester, 1995; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione
cit. (nota 1), p. 31. Per riferimenti precisi ai manoscritti in cui ricorre la raffigurazione
tricefala dell’Anticristo, cfr. infine: BIFERALI, Ridicula Montruositas? cit. (nota 49), pp. 45-
57, in particolare p. 48 e relativi riferimenti bibliografici alle note 61-68, ma soprattutto
CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 81-90 con relative illustrazioni.
59. Cfr.: GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1) p. 94; C. E. GILBERT, La devozione di Gio-
vanni Boccaccio per l’arte, in Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e per immagini fra Me-
dioevo e Rinascimento, I, a cura di V. BRANCA, Torino, 1999, pp. 145-153, in specie le pp.
147-148; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 31.
60. Per i quali oltre a BASSERMANN, Orme di Dante cit. (nota 39) pp. 478-496 cfr.: BA-
SCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), cap. V, pp. 293-349 e pp. 358-369; M.
OPITZ, Monumentale Höllendarstellungen im Trecento in der Toskana, Frankfurt am Main,
1998. Cfr. anche: NASSAR, The Iconography of Hell cit. (nota 1), pp. 61-87; BASCHET, I pec-
cati capitali cit. (nota 28), pp. 238-244; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), in
specie le pp. 47 e 324-325 con relative figure; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit.
(nota 1), pp. 31-32; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 194-199 e immagi-
ni; I. KLOTEN, La cappella Bolognini in S. Petronio a Bologna: il mondo terreno nell’Aldilà, in
PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp. 225-227 e illustrazioni relative; J. POLZER, Il Giu-
dizio universale e l’Inferno nel Camposanto di Pisa, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit.
(nota 28), pp. 221-224 con immagini.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 287
gia della Santissima Trinità. A partire dalla metà del secolo XIII,
in concomitanza quindi con la diffusione dell’iconografia demo-
niaca del volto triplice, cominciò a farsi strada una lettura del tut-
to positiva della medesima triformità, scaturita dagli stessi prototipi
pagani – dei quali in tal caso si recuperavano le antiche valenze
solari e sapienziali – e intesa come possibile manifestazione visiva
della Trinità. Tale iconografia, attestata in generale in epoca leg-
germente più tarda rispetto a quella demoniaca, ebbe un notevole
successo e massima diffusione in specie nei secoli XIV e XV, ma
vita breve e tormentata a causa delle possibili valenze sacrileghe
che le costarono la condanna definitiva durante il pontificato di
papa Urbano VIII, nel 1628, e un’ulteriore censura sotto il ponti-
ficato di Benedetto XIV 61.
Molte immagini della Trinità a tre teste o a tre volti furono
allora distrutte, camuffate o ricoperte, se ad affresco, da successivi
strati di intonaco dipinto. Molte ne rimangono tuttavia a testimo-
niare la rilevanza che tale motivo iconico acquisì nel repertorio fi-
gurativo del Medioevo anche grazie alla diffusione di alcuni leg-
gendari racconti agiografici, il più noto dei quali vede come pro-
tagonista il monaco Pietro di Alessandria d’Egitto, vissuto tra la fi-
ne del III e l’inizio del IV secolo, cui durante la reclusione appar-
ve un giovane luminoso e alato con tre teste, percepito dal santo
monaco come rivelazione del Dio uno e trino 62. I numerosi ri-
scontri iconografici risultano nella maggior parte dei casi successivi
61. Vedi in primo luogo sull’argomento: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota
42), pp. 205-245, ma in specie le pp. 215-230; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota
42), pp. 135-151; BALTRUSAITIS, Il Medioevo fantastico cit. (nota 42), pp. 58-62. Si vedano
inoltre: L. REAU, Iconographie de l’art chrétien, II/1, Paris, 1956, pp. 21-22; M.S. CALÒ
MARIANI, Rappresentare il Mistero. Immagini della trinità in Puglia fra Medioevo e Rinascimen-
to, in Tolleranza e convivenza tra cristianità e Islam. L’Ordine dei Trinitari (1198-1998), Atti
del convegno di studi per gli ottocento anni di fondazione, Lecce, 30-31 gennaio 1998,
a cura di M. FORCINA e P.N. ROCCA, Galatina 1999, pp. 9-27 con relative immagini e
bibliografia; R. TROLLO, Il candelabro per il cero pasquale nel duomo di Sant’Erasmo a Gaeta:
cronologia e committenza fra modelli ideologici e modelli stilistici, in Medioevo: i modelli, Atti del
Convegno internazionale di studi, Parma, 27 settembre-1 ottobre 1999, a cura di A.C.
QUINTAVALLE, Milano, 2002, pp. 392-404, in specie per il volto triforme della Trinità p.
393, fig. 14; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), pp. 218-227. Un riferimento
preciso al tema iconografico in questione è reperibile anche in G. FALLANI, s.v. Trinità
(Trinitade), in Enciclopedia dantesca, V, Roma, 1976, pp. 718-721, ma in specie p. 719.
62. Su questo e altri racconti agiografici riguardanti immagini tricefale della Trinità
288 LAURA PASQUINI
cfr.: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), p. 233; FALLANI, s.v. Trinità (Trinitade)
cit. (nota 61), p. 719; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), p. 220.
63. IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42); si veda in particolare il paragrafo 3
del terzo capitolo intitolato Tentativi di fusione degli schemi alle pp. 218-227, con relative
schede bibliografiche e immagini di riferimento.
64. Si possono citare quali esempi il f. 113r del Ms. B.25 della Biblioteca Comunale
di Perugia (sec. XIV) e il f. 147 del Ms. Holkham misc. 48, della Bodleian Library di
Oxford per cui cfr. in primo luogo: P. BRIEGER MILLARD MEISS, C. S. SINGLETON, Illumi-
nated manuscripts of the Divine Comedy, Princeton, 1969, t. II, pp. 28 e 520, tavv. b e
320b. Vedi anche: IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), schede a p. 436; BATTA-
GLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 38, nota 32 per ulteriori rimandi bibliografi-
ci, e tav. 13.
L. PASQUINI TAV. I
Fig. 2 - La caduta di Lucifero nell’Hortus Deliciarum di Herrade von Landsberg (sec. XII).
L. PASQUINI TAV. III
Fig. 3 - Salterio Queen Mary (1310): Londra, British Library, Ms. Royal 2B VII, c. 1v.
TAV. IV
L. PASQUINI
Fig. 4 – Parigi, Louvre, tavola del Maestro degli Angeli ribelli (1340). Fig. 5 – Oxford, Bodleian Library, Ms. Holkham misc. 48, p. 53: Lucifero.
L. PASQUINI TAV. V
Fig. 6 – Ravenna, S. Apollinare Nuovo, mosaico del VI secolo: la separazione delle pecore dai capri.
Fig. 10 – Tuscania, S. Maria Maggiore, Giudizio Universale: Lucifero (fine secolo XIII).
Fig. 11 – Brindisi, chiesa di Santa Maria del Casale, Giudizio Universale firmato da Rinaldo
da Taranto (primi decenni del XIV secolo): Lucifero.
TAV. VIII L. PASQUINI
Fig. 19 – L’anticristo tricefalo nella Bibbia Moralizzata: British Library, Ms. Harley 1527, f. 136v.
TAV. XII L. PASQUINI
Fig. 20 – Beatrice indica a Dante l’immagine di Dio uno e trino nel Ms B. 25 (c. 113bis) della
Biblioteca Augusta Perugia.