Sei sulla pagina 1di 37

« IL MONDO ERRANTE »

Dante fra letteratura, eresia e storia

Atti del Convegno internazionale di studio

Bertinoro, 13-16 settembre 2010

a cura di
MARCO VEGLIA, LORENZO PAOLINI e RICCARDO PARMEGGIANI

FONDAZIONE
C ENTR O ITALIANO DI STUDI
S ULL’ALTO MEDIOE VO
SPOLETO
2013
INDICE

MARCO VEGLIA - LORENZO PAOLINI, Prefazione ............. pag. IX


EMILIO PASQUINI, Dalla specola del X dell’Inferno: Dante
e Guido .............................................................. » 1
UMBERTO CARPI, Da Federico II a Manfredi .................. » 19
MASSIMO GIANSANTE, Col favore di Saturno. Dante e Cecco:
astrologie a confronto .............................................. » 45
RICCARDO PARMEGGIANI, Consiliatores dell’Inquisizione
fiorentina al tempo di Dante: cultura giuridico-letteraria
nell’orbita di una oligarchia politico-finanziaria ............. » 57
ROBERTA BERTUZZI, Il dibattito sul libero arbitrio fra XIII e
XIV secolo: la “nobile virtù” tra prescienza divina e pro-
blema del male ...................................................... » 81
CATERINA BRUSCHI, Falsembiante-inquisitor? Images and
stereotypes of franciscan inquisitors between literature and
juridical texts ........................................................ » 99
SONIA MAURA BARILLARI, Le visioni dei laici: (auto)biografi-
smo, oralità, scrittura .............................................. » 137
LUIGI CANETTI, « Le divinazioni de’ nostri sogni » (Conv.
II, VIII, 13). Forme di oniromantica nelle culture del Me-
dioevo ................................................................. » 189
VI INDICE

GRADO GIOVANNI MERLO, L’eresia all’epoca di Bonifacio


VIII, ovvero l’illusione della fine ............................... pag. 229
ANGELO M. MANGINI, Guido, Averroè e il « granchio » di
Platone. Considerazioni sull’averroismo in Cavalcanti e
in Bruno Nardi ..................................................... » 243
MARCELLO CICCUTO, Maometto ‘eretico’: fra immagini e
storie dantesche ...................................................... » 257
LAURA PASQUINI, La rappresentazione di Lucifero in Dante
e nell’iconografia medievale ...................................... » 267
ROSSEND ARQUES, Tolosa in Cavalcanti tra pellegrinaggi,
pastorelle e sbigottimenti .......................................... » 289
ALBERTO FORNI, Aristotele e l’ecclesia spiritualis. La nuo-
va cittadinanza « di quella Roma onde Cristo è roma-
no » .................................................................... » 313
ROBERTO LAMBERTINI, Guido Vernani contro Dante: la
questione dell’universalismo politico ............................ » 359
FRANCO CARDINI, Acri, Palestrina, Cielo di Marte. Dante e
la crociata “tradita” ................................................ » 371
SERGIO CRISTALDI, Territori d’oltremondo ....................... » 385
MARIA ROSARIA SPANÒ, Dove si parla di angeli e di errori:
il riso di Gregorio Magno nella Commedia (Par.
XXVIII 130-135) .................................................. » 471
DANIELA BOCCASSINI, Dante, la via del cuore e il destino di
Guido da Montefeltro ............................................. » 487
JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA, L’eresia dell’Io ......... » 523
TEODOLINDA BAROLINI, La poesia della teologia e la teologia
della poesia dalle Rime di Dante al Paradiso ............. » 537
LAURA PASQUINI

LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE


E NELL’ICONOGRAFIA MEDIEVALE

L’immagine di Lucifero, così come Dante la delinea nel canto


XXXIV dell’Inferno 1, va analizzata tenendo conto di tutta una se-
rie di elementi di natura dottrinale e dogmatica, desunti in primo
luogo dalla teologia scolastica 2, senza tuttavia sottovalutare il peso
che nell’ideazione dell’immagine dantesca poterono avere alcuni

1. Aggiungeremo qui solo alcuni spunti rispetto al saggio dettagliato e pregevole di


L. BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione: tra immaginario visivo e invenzione letteraria, in Dante
da Firenze all’aldilà, Atti del terzo Seminario dantesco internazionale, Firenze, 9-11 giu-
gno 2000, a cura di M. PICONE, Firenze, 2001, pp. 15-73, cui si rimanda senz’altro anche
per il ricco repertorio bibliografico e illustrativo. Molti suggerimenti sul tema sono già
presenti in: A. GRAF, Miti, leggende e superstizioni del Medioevo, II, rist. anast. dell’ed. To-
rino, 1893, Bologna, 1965, nel capitolo dedicato alla Demonologia di Dante, pp. 79-139.
Cfr. inoltre: L. ULRICH, Luzifer und Christus (1953), in Sehen und Wircklichkeit bei Dante
mit einem Nachtrag über das Problem der Literaturgeschichte, Frankfurt a. M., 1957 (Analecta
Romanica, 4), pp. 121-31; J. FRECCERO, Infernal Inversion and Christian Conversion (Inferno
XXXIV), in Italica, XLII (1965), pp. 33-41; ID., The Sign of Satan, in Modern Language
Notes, LXXX (1965), pp. 11-26; R. PALGEN, Dantes Luzifer. Grundzuge einer Entstehun-
gsgeschichte der Komödie Dantes, München, 1969, in specie le pp. 71-79; A. CIOTTI, s.v.
Lucifero, in Enciclopedia Dantesca, III, Roma, 1971, pp. 718-722; A.K. CASSEL, The Tomb,
the Tower and the Pit: Dante’s Satan, in Italica, LVI (1979), pp. 331-351; J.B. FRIEDMAN,
Medieval Cartography and ‘Inferno’ XXXIV. Lucifer’s Three Faces Reconsidered, in Traditio,
XXXIX (1983), pp. 447-456; A. MORGAN, Dante and the medieval other world, Cambrid-
ge, 1990, in specie le pp. 21-23; E.P. NASSAR, The Iconography of Hell: From the Baptistery
Mosaic to the Michelangelo Fresco, in Dante Studies, CXI (1993), pp. 53-105.
2. Si veda in particolare il capitolo intitolato Il diavolo e la scolastica in J.B. RUSSELL,
Il diavolo nel Medioevo, Bari, 1987, pp. 115-151 e pp. 159-174.
268 LAURA PASQUINI

rilevanti precedenti letterari e, per altro verso, talune rappresenta-


zioni di carattere figurativo 3.
Prima di soffermarci sulle fattezze del « vermo reo che ’l mon-
do fóra » (Inf. XXXIV 108) è bene ripercorrere i precedenti scrit-
turali e iconografici del cruciale antefatto riassunto nel v. 16 del
XXXIV canto (« la creatura ch’ebbe il bel sembiante »), ma richia-
mato con significativi ritorni tematici in più luoghi nelle tre
cantiche.
Il mito della caduta di Lucifero con la sua schiera di angeli ri-
belli, che trova solo labili riscontri nei testi canonici, deriva in
realtà dalla letteratura ebraica apocrifa e in particolare dal libro di
Enoch (testo redatto intorno al I secolo a. C.) che, presupponendo
come già avvenuta la creazione del genere umano, riconduceva la
caduta degli angeli al desiderio che essi nutrirono per le figlie de-
gli uomini alle quali si unirono carnalmente 4. Il peccato di lussu-
ria dedotto da Genesi 6, 1-2 (« i figli di Dio videro che le figlie
degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne volle-
ro ») veniva amplificato nel testo apocrifo attraverso l’illustrazione
delle nefaste conseguenze di quell’unione, individuabili nella na-
scita dei giganti, nell’introduzione di incantesimi e magie, nella

3. Sulla rilevanza delle arti figurative nella Commedia dantesca cfr. innanzi tutto: G.
PETROCCHI, s.v. Dante Alighieri, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, V, Roma, 1994, pp.
623-627, cui si rimanda anche per la bibliografia pregressa; C. KLEINHENZ, Dante and the
Tradition of Visual Arts in the Middle Ages, in Thought, CCLVI (1990), pp. 17-26; ID., Mi-
to e verità biblica in Dante, in Dante: mito e poesia, Atti del secondo Seminario dantesco
internazionale, Monte Verità, Ascona, 23-27 giugno 1997, a cura di M. PICONE e T.
CRIVELLI, Firenze, 1999, pp. 367-389, in specie il paragrafo intitolato Dante e l’arte della
Bibbia alle pp. 385-389; L. BATTAGLIA RICCI, Ragionare nel giardino. Boccaccio e i cicli pittorici
del Trionfo della morte, Roma, 20002, in particolare il capitolo dedicato a Dante e l’arte fi-
gurativa, pp. 65-71; EAD., Immaginario visivo e tradizione letteraria nell’invenzione dantesca
della scena dell’eterno, in Letture classensi, XXIX (2000), pp. 67-103; EAD., Viaggio e Visione
cit. (nota 1), pp. 15-73. Sempre fondamentale rimane inoltre il volume di G. FALLANI,
Dante e la cultura figurativa medievale, Bergamo, 19762, nonostante le perplessità espresse
dall’autore (alle pp. 78-81) riguardo all’effettivo rapporto esistente tra alcune delle rap-
presentazioni figurative di cui si tratterà in questo contributo e la costruzione dell’im-
magine infernale operata da Dante nella prima cantica della Commedia.
4. In generale sul Libro di Enoch si veda l’introduzione al testo in P. SACCHI (a cura
di), Apocrifi dell’Antico Testamento, I, Milano, 1990, pp. 1-54. Più in generale: G. MINOIS,
Piccola storia del diavolo, Bologna, 1999, pp. 22-23. Sul tema della caduta di Lucifero in
relazione al testo dantesco cfr. GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1), pp. 80-82.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 269
costruzione delle armi. Secondo il Libro dei Vigilanti – prima se-
zione di Enoch –, l’origine del male non andrebbe poi totalmente
attribuita a un puro e semplice peccato di lussuria, quanto semmai
alla commistione di ordini che avrebbero dovuto rimanere distin-
ti. Il congiungimento sessuale fra gli angeli e le figlie degli uomini
infranse in sostanza una divisione voluta da Dio, che aveva con-
cesso la riproduzione agli uomini, poiché li aveva creati mortali, e
non agli angeli già immortali. La commistione di due nature di-
verse, l’angelica e l’umana, comportò una contaminazione che in-
vestì l’intero mondo creato 5.
Una seconda interpretazione del mito, che, sulla scorta del
passo della Sapienza 2,24 6, attribuisce la caduta del diavolo all’in-
vidia è attestata in alcuni apocrifi del ciclo di Adamo – che ri-
prendono il tema del Genesi – ed è specificatamente connessa alla
creazione dell’uomo. Secondo uno dei testi più antichi, la Vita di
Adamo ed Eva (I secolo a. C. - I secolo d. C.) 7, Satana si sarebbe
rifiutato di onorare Adamo, che Dio aveva creato a sua immagine.
Alle insistenze di Michele, che minacciava l’ira del Signore, Sata-
na avrebbe risposto parafrasando il passo di Is. 14, 13-14: « Se si
adira con me, vuol dire che stabilirò la mia dimora al di sopra
delle stelle del cielo, e che sarò simile all’Altissimo ». Espulso dal
cielo insieme ai suoi seguaci e spogliato della sua gloria, Satana
maturò una profonda invidia nei confronti dell’uomo e decise di
vendicarsi su di lui inducendo Eva alla trasgressione (Vita di Ada-
mo ed Eva, 13-16) 8.
La versione secondo cui la caduta di Lucifero e dei suoi seguaci
sarebbe dovuta al peccato di superbia si impose invece a partire dal
IV-V secolo, soppiantando del tutto le due lezioni dominanti nei pri-
mi tre secoli dell’era cristiana (che attribuivano, come si è visto, la
caduta degli angeli rispettivamente alla lussuria o all’invidia nei con-
fronti del genere umano). Essa si basa sostanzialmente sulla reinter-
pretazione che sulla base del racconto apocrifo del passo di Isaia

5. Cfr. ancora: SACCHI, Apocrifi dell’Antico Testamento cit. (nota 4), Libro dei Vigilanti,
pp. 60-62.
6. Cfr. Sap. 2, 24: « Per l’invidia del diavolo la morte entrò nel mondo ».
7. P. SACCHI (a cura di), Apocrifi dell’Antico Testamento, II, Milano, 1997, pp.
548-561.
8. Ibid., pp. 614-616.
270 LAURA PASQUINI

14,12-14 fornirono la Vulgata e i Padri: « Come sei caduto dal cielo,


o Lucifero che sorgevi al mattino? Sei rovinato sulla terra, tu che fe-
rivi le genti? Tu che dicevi nel tuo cuore: darò la scalata al cielo,
porrò alto il mio trono sopra gli astri di Dio... Salirò sull’alto delle
nubi, sarò simile all’Altissimo ». In particolare in S. Agostino (De civi-
tate Dei, XI, 19-20) 9 il peccato d’orgoglio e il desiderio di eguagliare
Dio, che ebbero come conseguenza la condanna di Lucifero e dei
suoi sostenitori e la loro cacciata dal mondo celeste, si situano all’ori-
gine del mondo, associati alla separazione della luce dalle tenebre,
quando il male fece il suo ingresso nell’universo.
Nella tradizione teologica medievale il tema della caduta di Luci-
fero come conseguenza del peccato di superbia viene richiamato da
S. Bernardo nei Sermones de tempore 10, descritto con sintetica efficacia
nei Sermones in Cantica canticorum 11 e ancora deplorato per le misera-
bili conseguenze del medesimo nel De Gradibus humilitatis et super-
biae 12. Sant’Anselmo, monaco, priore, abate di Bec in Normandia e
dal 1093 arcivescovo di Canterbury, dedica al tema il trattato De casu
Diaboli 13, mentre Pietro Lombardo, individuando ancora – sulla scia
di Isaia 14 – nella superbia e nel desiderio di uguagliarsi a Dio il pec-
cato di Lucifero 14, si sofferma inoltre a descrivere la collocazione
dell’angelo ribelle dopo la caduta 15. Il primato di Lucifero tra gli an-
geli creati, la natura e le conseguenze del suo peccato sono messi in
rilievo da S. Bonaventura nel Breviloquium e ulteriormente indagati
nell’opera di Tommaso d’Aquino il quale sottolineò lo stato di grazia
cui Lucifero per orgoglio volle rinunciare meritando il castigo supre-
mo che è allontanamento definitivo da Dio e condanna al male tota-
le, al nulla eterno 16.

9. AGOSTINO, La citta di Dio, Testo latino dell’edizione maurina confrontato con il


Corpus Christianorum, 2, Libri 11-18, Roma, 1988, pp. 100-103. Cfr. inoltre MINOIS, Pic-
cola storia del diavolo cit. (nota 22), pp. 36-37.
10. Cfr.: Sermones de tempore I, 3, in PL 183, col. 36.
11. Sermones in Cantica cantico rum, LXIX, in PL 183, col. 1113.
12. De Gradibus humilitatis et superbiae, II, in PL 182, col. 961.
13. Le conclusioni di Anselmo in RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp.
117-125.
14. Cfr.: Sententiae II, VI, 1, in PL 192, col. 662.
15. Sententiae II, VI 6-7, in PL 192, col. 664. Sul tema della caduta in Pietro Lom-
bardo cfr. inoltre: RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 125-126
16. Cfr.: Summa Theologica, I, 63. Per un commento alla teoria dell’Aquinate si veda
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 271
Naturalmente il mito della caduta degli angeli ribelli ebbe pre-
cisi riscontri nella tradizione figurativa medievale 17. Le prime rap-
presentazioni apparvero intorno all’anno Mille in specie nella mi-
niatura anglosassone (Genesi di Caedmon, Salterio di Harley) e
conobbero una sempre maggiore diffusione in rapporto con il ci-
clo del Genesi 18. Il tema ebbe inoltre notevole sviluppo nell’arte
monumentale (si possono citare le pitture murali del secolo XIII
nella cappella di S. Michele in Saint-Julien a Brioude, il rilievo
scultoreo degli inizi del XIII nella navata del Duomo di Fidenza,
il portale settentrionale della cattedrale di Friburgo): in tale ambi-
to il combattimento fra gli angeli fedeli e quelli ribelli venne tal-
volta inserito in un contesto propriamente apocalittico (come ne-
gli affreschi di S. Pietro al Monte a Civate) associando la Caduta
degli angeli ad Ap.,12 come accade pure nell’affresco di Cimabue
nella basilica superiore di Assisi o in quello di Spinello Aretino
nella chiesa di S. Francesco ad Arezzo.
In alcuni casi Lucifero viene rappresentato sotto forma di an-
gelo della luce nel momento che precede l’atto di superbia verso
il Creatore e la conseguente Caduta. Ciò accade ad esempio nella
Genesi di Caedmon 19 (fig.1) e in maniera davvero dettagliata nel-
l’Hortus Deliciarum di Herrade von Landsberg (sec. XII). Nel ma-
noscritto della badessa alsaziana, Lucifero viene dapprima raffigura-
to in abiti regali, con scettro e globo, mentre distende le ali tra gli
angeli che lo accompagnano i quali sostengono il cartiglio con il
testo di Ezechiele (28,12); poi nel momento in cui, già privo dei
segni del potere, trama la ribellione, sostenuto dai compagni i

ancora: RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 139-151. Cfr. inoltre, sugli auto-
ri citati in relazione al peccato di superbia di Lucifero, il recentissimo contributo di R.
CESERANI, Un felice incontro, in Nel cuore della meraviglia: omaggio a Jurgis Baltrušaitis, a cura
di I. MALLEZ e R. MILANI, in Quaderni di PsicoArt, 1 (2010), rivista on line di Arte e Psi-
cologia del Dipartimento delle Arti Visive dell’Alma Mater Studiorum, Università di
Bologna a cura di S. FERRARI, pp. 1-14 e in specie p. 10.
17. Sul tema della caduta degli angeli nell’arte del Medioevo cfr.: RUSSELL, Il diavolo
nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 95-96 e soprattutto J. BASCHET, s.v. Diavolo, in Enciclopedia
dell’Arte Medievale, V, Roma, 1994, pp. 644-650, ma in specie per il tema della caduta le
pp. 645-646.
18. Si veda in primo luogo: J. BASCHET, Les justices de l’au-delà . Les représentations de
l’enfer en France et en Italie, 12.-15. siècle, Rome, 1993, pp. 255-260.
19. Oxford, Bodleian Library, Ms. Junius 11, p. 3.
272 LAURA PASQUINI

quali ora dispiegano un rotolo con il testo di Isaia (14, 13-14); da


ultimo nel momento della Caduta, colpito assieme agli altri ribelli
dall’arcangelo Michele e dalle sue fedeli milizie (fig. 2) 20.
Nella Caduta gli angeli malvagi conservano in genere il loro
aspetto celestiale; talvolta appaiono invece già mutati in demoni
bestiali o colti nel momento della nefasta metamorfosi. Nella rap-
presentazione della Caduta possono talora comparire Dio e Luci-
fero contrapposti, ciascuno in trono al centro della propria sfera
come nel Salterio Queen Mary del 1310 21 (fig. 3). Accanto a Dio
che domina la sfera celeste possono allora individuarsi i troni la-
sciati vacanti dai ribelli, come nella tavola del 1340 del Maestro de-
gli Angeli ribelli (Parigi, Louvre – fig. 4) secondo un modello cui si
ispirarono in seguito i Fratelli Limbourg nelle Tres Riches Heures
del duca di Berry (1413-1416).
In linea con la tradizione teologica e figurativa di epoca me-
dievale Dante, che già nel Convivio definiva i demoni quali « in-
telligenzie che sono in esilio della superna patria » (III, 13), richia-
ma il mito della caduta nel VII canto dell’Inferno (v. 12) quando
allude alla cacciata dei ribelli vinti dall’arcangelo Michele che « fé
la vendetta del superbo strupo » e nel IX dove si ribadisce che essi
furono « cacciati dal ciel, gente dispetta » (v. 91). La ribellione si
colloca inoltre immediatamente dopo la creazione, come si dedu-
ce da Par. XXIX 49-51: « Né giugneriesi, numerando, al venti/sì
tosto, come de li angeli parte/turbò il suggetto d’i vostri alimen-
ti ». Il contrasto tra bellezza primitiva, il « bel sembiante » di Inf.
XXXIV 16, e la conseguenza mortificante della colpa si coglie ancora
in Purg. XII 25-27 « Vedea colui che fu nobil creato/ più ch’altra
creatura, giù dal cielo/folgoreggiando scender, da l’un lato ». Se il te-
ma della superbia intesa come causa prima della caduta viene richia-
mato in Par. XXIX 55-57 (« Principio del cader fu il maladetto/su-
perbir di colui che tu vedesti/da tutti i pesi del mondo costretto »),
in Par. XIX 46-48 la colpa di Lucifero sembra configurarsi anche co-
me negligenza rispetto alla luce rivelatrice della grazia, ovvero come
imprudente e intempestiva ribellione dell’intelligenza angelica all’in-

20. Per gli esempi citati cfr. ancora: BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), pp. 645-646
e relative immagini.
21. Londra, British Library, Ms. Royal 2B VII, c. 1v.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 273
telligenza somma e infinita di Dio: « E ciò fa certo che ’l primo su-
perbo,/che fu la somma d’ogne creatura,/per non aspettar lume, cad-
de acerbo ». Da qui deriva pure per contrasto l’inerme degradazione
dell’angelo più bello, punito dalla giustizia divina per quel peccato di
superbia che, sprofondandolo nelle viscere della terra « da tutti i pesi
del mondo costretto » (Par. XXIX 57), lo condanna a simbolo e in-
carnazione dell’abiezione generata dal peccato nel luogo più lontano
da Dio, che rappresenta la privazione dell’essere e la totale negazione
della grazia.
Nel canto XXXIV dell’Inferno gli esiti dell’eterna condanna
del « primo superbo » si concretizzano nella rappresentazione della
smisurata e mostruosa figura di Lucifero 22, corpo grave e denso,
sprofondato sino al centro della terra, ovvero al punto « al qual si
traggono d’ogne parte i pesi » (v. 111), stretto nella ghiaccia di
Cocito, soverchiato dal peso di tutte le malvagità del mondo.
L’apparizione di Dite, antitesi suprema e irriducibile della Divini-
tà, è annunziata con uno squillo di tromba e con un verso « Ve-
xilla regis prodeunt inferni » che si configura come evidente paro-
dia 23 dell’inno di Venanzio Fortunato (il vescovo di Poitiers vis-

22. Cfr. in primo luogo: B. NARDI, L’ultimo canto dell’Inferno, in Convivium, XXV
(1957), pp. 141-148; J. FRECCERO, Satan’s Fall and the “Quaestio de acqua et terra”, in Itali-
ca, XXXVIII (1961), pp. 99-115; G. PETROCCHI, Il canto XXXIV dell’Inferno, in Lectura
Dantis Scaligera, Firenze, 1963; B. NARDI, La caduta di Lucifero e l’autenticita della “Quaestio
de aqua et terra” (Lectura Dantis Romana, n. s.), Torino, 1959; A. PEZARD, Le dernier chant
de l’Enfer, in Letture dell’“Inferno”, a cura di V. VETTORI, Milano, 1963, pp. 397-427; A.
VALLONE, Il canto XXXIV dell’Inferno e l’estremo intellettualismo di Dante, in Nuove letture
dantesche, III, Firenze, 1969, pp. 191-208; G. STABILE, Cosmologia e teologia nella Comme-
dia: la caduta di Lucifero e il rovesciamento del mondo, in Letture classensi, XII (1983), pp.
139-173; S. PASQUAZI, Canto XXXIV, in Lectura Dantis Neapolitana. Inferno, a cura di P.
GIANNANTONIO, Napoli, 1986, pp. 623-641; R. CESERANI, Canto XXXIV. Lucifer, in Lectu-
ra Dantis. Inferno, a Canto-by-Canto Commentary, a cura di A. MANDELBAUM, Berkeley,
Los Angeles-London, 1998, pp. 432-439 e ID., Un felice incontro cit. (nota 16), pp. 1-14.
23. Sull’immagine del demonio intesa quale parodia del Cristo trionfante nel reper-
torio iconografico medievale, con particolare riguardo alle rappresentazioni del Giudizio
Universale, cfr.: E.H. KANTOROWICZ, The King’s two bodies. A study in mediaeval political
theology, Princeton, 1957, in particolare le pp. 61-78 e 88-93; A. LADIS, The Legend of
Giotto’s Wit and the Arena Chapel, in The Art Bulletin, LXVIII (1986), pp. 581-596, in
specie p. 586; D. ALEXANDRE BIDON, La mort au Moyen-age, 13.-14. siècle, Parigi, 1998, in
specie le pp. 273-289; J. RUDA, Satan’s Body: Religion and Gender Parody in Late Medieval
Italy, in Viator, 37 (2006), pp. 319-350. Sul medesimo concetto applicato al testo dante-
sco e in specie all’immagine di Lucifero nel canto XXXIV si vedano inoltre: FRECCERO,
274 LAURA PASQUINI

suto nel VI secolo), riferito alle braccia del Crocifisso donato da


Giustino II a Santa Radegonda ed entrato nella liturgia cristiana 24.
La significativa aggiunta della specificazione inferni appare già co-
me un segnale di allarme per l’apparizione del mostro immane, di
cui si individuano dall’incipit, nell’atto che sembrerebbe celebrarne
il tripudio, l’effettiva meschinità e impotenza. Il re dell’inferno si
presenta nelle forme di un enorme ordigno bellico (dificio), sugge-
rendo l’idea di uno smisurato mulino le cui pale siano mosse dal
vento. Alle approssimazioni con cui si apre il canto, ingannevoli e
terrificanti, si oppone la descrizione successiva, essenziale e incisi-
va dello « ’mperador del doloroso regno », che sembra placare l’i-
niziale tensione nella constatazione quasi ‘penosa’ del suo stato. Il
mostruoso angelo ribelle (che « contra’l suo fattore alzò le ciglia »)
si configura come una massa enorme, dalle incommensurabili pro-
porzioni, cui non si può trovare elemento alcuno di comparazio-
ne. Il contrasto tra la bellezza passata e la bruttura presente, richia-
mato dal verso 34 (« S’el fu sì bel com’elli è ora brutto »), ribadi-
sce il tema della ribellione alla volontà divina e rimarca, nella
contrapposizione perentoria tra bene e male, il vuoto spirituale
della condizione attuale, la non essenza, cioè l’assenza di Essere
che S. Tommaso individuava come connotazione ultima del
Male 25.
Lucifero emerge a mezzo busto dalla ghiaccia (fig. 5) mostran-
do tre volti su una sola faccia, in analogica antitesi rispetto alle tre
persone della Trinità e in linea con una tradizione iconografica,
come si vedrà, ben nota all’arte del Medioevo. Le sei ali di pipi-
strello, che nel loro battito meccanico gelano il Cocito, simboleg-
giano la forza bruta priva di intelligenza e ormai di volontà. Il
pianto che fuoriesce dai sei occhi, gelido e disperato, misto alla

Infernal Inversion cit. (nota 1), pp. 33-41; ID., The Sign of Satan cit (nota 1), pp. 11-26; G.
GORNI, S. LONGHI, La parodia, in Letteratura italiana, V, Le questioni, a cura di A. ASOR
ROSA, Torino, 1986, pp. 459-487; ID., Parodia e scrittura in Dante, in Dante e la Bibbia.
Atti del convegno internazionale promosso da “Biblia”, a cura di G. BARBLAN, Firenze,
1988, pp. 323-340; MORGAN, Dante and the medieval other world cit. (nota 1), p. 22; CESE-
RANI, Un felice incontro cit. (nota 16), pp. 1-14.
24. Per cui si veda anche: G. BRUGNOLI, s.v. Venanzio Fortunato, in Enciclopedia Dan-
tesca, V, Roma, 1971, p. 913.
25. Sul Male inteso come negazione dell’Essere in Dante come pure in Tommaso
d’Aquino cfr. RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2), pp. 168-169.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 275
bava e al sangue di Giuda, Bruto e Cassio, dilaniati in eterno dalle
tre bocche del demonio, rimane indelebile testimonianza di una
rabbia immensa quanto impotente. Satana, avvolto e ripiegato su
di sé, è nulla, odio, tenebra e disperazione.
Nel concepire l’immagine estrema del Male, Dante poté in
realtà usufruire di un nutrito repertorio di rappresentazioni lette-
rarie e figurative. Un rilevante precedente testuale si riconosce
nella Visione di Tnugdalo, testo visionario riferibile al secolo XI 26
dove già si descrivevano, con ricchezza di dettagli, anche cruenti,
i tormenti subiti dai dannati nell’abisso infuocato dell’Inferno.
L’autore della visione riferiva di una bestia di incredibile grandez-
za e ineffabile orrore che superava per mole tutte le montagne
che egli aveva mai visto. I suoi occhi brillavano come carboni ac-
cesi, la sua bocca si spalancava enorme e dal volto sfavillava una
fiamma inestinguibile. Tnugdalo vide anche un altro demone con
due piedi e due code, naso lungo, becco e artigli di ferro; questa
bestia sedeva su uno stagno ghiacciato e divorava tutte le anime
che riusciva ad afferrare; le anime macerate nel ventre del mostro
venivano poi espulse sul ghiaccio, rivivevano e andavano incontro
a nuovi tormenti. È alla fine del racconto che Tnugdalo vede il
principe delle tenebre, il nemico del genere umano, più grande di
qualsiasi altra bestia che egli avesse visto prima nell’Inferno. Nero
come un corvo, aveva la forma di un corpo umano dalla testa ai
piedi, ma aveva la coda e molte mani. Con le membra e le arti-
colazioni legate da grosse catene ardenti di ferro e di bronzo,
l’immane mostro scagliava e disperdeva col respiro le anime dei
dannati per tutte le contrade dell’inferno. Questa bestia era deno-
minata Lucifero, la prima creatura di Dio. La mole immensa e in-

26. Per cui si veda in primo luogo: A. WAGNER, Visio Tnugdali. Lateinisch und Al-
tdeutsch, Erlangen, 1882, in specie le pp. 16, 27 e 35; R. PALGEN, La “Visione di Tundalo”
nella “Commedia” di Dante, in Convivium, XXXVII (1969), pp. 129-147; ID., Dantes Lu-
zifer cit. (nota 1), pp. 58-70; N.F. PALMER, Visio Tnugdali. The German and Dutch transla-
tions and their circulation in the later Middle Ages, München - Zurich, 1982; B. PFEIL, Die
‘Vision des Tnugdalus’ Albers von Windberg. Literatur- und Frömmigkeitsgeschichte im au-
sgehenden 12. Jahrhundert. Mit einer Edition der lateinischen ‘Visio Tnugdali’ aus Clm 22254,
Frankfurt am Main-Berlin, 1999. Cfr. inoltre RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota
2), pp. 158-159 e la nota 14 con precisi rimandi bibliografici; MORGAN, Dante and the
medieval other world cit. (nota 1), pp. 3 e 22; BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota
18), pp. 103-104; CESERANI, Un felice incontro cit. (nota 16), p. 10.
276 LAURA PASQUINI

comparabile del demonio dantesco insieme all’idea della ghiaccia


di Cocito, oltre ad altri dettagli attribuiti da Dante ad altri demoni
del suo poema, potrebbero già trovare legittimo riscontro nella
Visione di Tnugdalo.
Sempre in relazione alle dimensioni del demonio dantesco,
dobbiamo considerare l’evoluzione che la figura di Lucifero subì
nell’iconografia del Medioevo 27, specie nelle rappresentazioni del
Giudizio Universale, dove il ruolo del signore dell’Inferno divenne
sempre più rilevante 28. Se si eccettua il pannello musivo con la
separazione del gregge nella basilica di S. Apollinare Nuovo a Ra-
venna (VI secolo – fig. 6) dove, in forma ancora del tutto allusiva
e simbolica, l’angelo malvagio si distingueva unicamente per il co-
lore azzurro-blu della tunica e delle ali 29, le prime rappresentazio-
ni del Giudizio, ascrivibili all’età carolingia e non più antiche –
un esempio si individua nell’avorio datato intorno all’800 e con-
servato presso il Victoria and Albert Museum di Londra 30 –, attri-
buiscono al demonio un ruolo assolutamente di secondo piano ri-

27. Fondamentale in proposito il volume di A. GRAF, Il Diavolo, Bologna, 1974.


28. Si vedano ancora per la rilevanza del tema anche in relazione alla Commedia:
MORGAN, Dante and the medieval other world cit. (nota 1), pp. 4-5, 21-23; J. BASCHET, Sa-
tan, prince de l’Enfer: le développement de sa puissance dans l’iconographie italienne (XIIIe-XVe
siècle), in L’autunno del diavolo: Diabolos, dialogos, daimon, Convegno di Torino, 17-21 ot-
tobre 1988, I, a cura di E. CORSINI e E. COSTA, Milano, 1990, pp. 383-396; l’ampio ca-
pitolo dedicato a L’Enfer à la fin des temps: l’image du Jugement dernier in ID., Les justices
de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 135-232; ID., s.v. Diavolo cit. (nota 18), pp. 646-647; G.
MINOIS, Piccola storia dell’Inferno, trad. it., Bologna, 1995, in specie le pp. 76-81; Y. CHRI-
STE, s.v. Giudizio universale, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, VI, Roma, 1995, pp. 791-
805; J. BASCHET, s.v. Inferno, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, VII, Roma, 1996, pp.
351-357; ID., I peccati capitali e le loro punizioni nell’iconografia medievale, in C. CASAGRANDE
- S. VECCHIO, I sette vizi capitali. Storia dei peccati nel Medioevo, Torino, 2000, pp. 225-
258, in specie le pp. 236-241. Fondamentali inoltre sul tema i volumi di Y. CHRISTE, Il
Giudizio universale nell’arte del Medioevo, edizione italiana a cura di M.G. BALZARINI, Mi-
lano, 2000 e di V. PACE (a cura di), Alfa e Omega. Il Giudizio universale tra Oriente e Occi-
dente, Castel Bolognese, 2006.
29. CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), p. 16, fig. 3; PACE (a cura di), Alfa e
Omega cit. (nota 28), p. 20 e relativa immagine.
30. Sulle prime manifestazioni del tema iconografico e sulla tavoletta in avorio del
Victoria and Albert Museum si veda: BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp.
137-138 e nota 10 per i riferimenti bibliografici relativi all’avorio londinese. Cfr. inoltre:
CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), in specie le pp. 28-29, 45-47 e fig.10; PACE
(a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), p. 53.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 277
spetto alla Maestà di Cristo che costituisce il fulcro della rappre-
sentazione. Benché il giudizio divino presupponesse l’esistenza di
un luogo atto all’espiazione e di un sovrano infernale, questi ele-
menti venivano per lo più evocati dalla raffigurazione di una boc-
ca smisurata e spalancata pronta ad accogliere i dannati, remini-
scenza delle fauci del Leviatano e simbolo degli abissi infernali
(fig. 1) 31.
Nei portali romanici francesi da rappresentazioni estremamen-
te semplificate e concise – come nel Saint-Trophine di Arles (fine
del XII sec.), dove dannati e beati vengono semplicemente distin-
ti in due schiere, differenziate solo dalle fiamme disposte ai piedi
dei primi 32 – si passò a composizioni sempre più articolate e
complesse, come nel timpano di Saint-Lazare ad Autun (1130-
1135) – in cui lo spazio dedicato alla dannazione appare più defi-
nito e più ricchi i dettagli relativi ai supplizi 33 –, sino al Giudizio
Universale rappresentato sul portale occidentale dell’abbazia di
Conques (fig. 7), dove la rappresentazione dell’Inferno, che si di-
spiega su due registri sovrapposti, acquisisce un rilievo considere-
vole e dove l’immagine di Satana, che primeggia terribile e grot-
tesca, sfida nelle proporzioni quelle della Maestà divina 34.
Nel Giudizio Universale rappresentato a mosaico nella contro-
facciata della basilica di Santa Maria Assunta a Torcello (fine del

31. Cfr. ancora: BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 232-236 e 260-
264; ID., I peccati capitali cit. (nota 28), pp. 225-258, ma in particolare p. 234. Vedi anche
MORGAN, Dante and the medieval other world cit. (nota 1), pp. 13-21; BATTAGLIA RICCI, Im-
maginario visivo cit. (nota 3), pp. 72-75; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp.
146-174, fig. 74; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 56, tav. 22.
32. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 141-142, figg. 6-7; CHRISTE, Il
Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 200-201, fig. 98.
33. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 143-146, figg. 9-11; CHRISTE, Il
Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 197-198, figg. 94-96; PACE (a cura di), Alfa e Omega
cit. (nota 28), p. 70 e relativa immagine; X. MURATOVA, Il timpano della cattedrale di
Saint-Lazare a Autun, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 102-105 e re-
lative immagini.
34. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 146-163, figg. 12-16; CHRISTE,
Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 182-183, figg. 84-89; PACE (a cura di), Alfa e
Omega cit. (nota 28), pp. 69-71, fig. a p. 71; M. ANGHEBEN, Il portale dell’abbazia di Santa
Fede a Conques, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 106-109 e relative
immagini.
278 LAURA PASQUINI

secolo XI – fig. 8) 35 l’immagine di Satana che, con l’Anticristo in


grembo domina il settore infernale, è di colore scuro, come la
maggior parte dei demoni medievali (bluastro com’era l’angelo
malvagio di S. Apollinare a Ravenna) 36: la sua rilevanza nella
composizione è sottolineata in primo luogo dalla mole comparabi-
le, se non con il Cristo dell’Anastasis, quanto meno con quello
della sottostante Deesis, con il quale il demonio condivide inoltre,
come sottolinea Baschet, il « diritto al trono » 37. Nel Giudizio
Universale affrescato nella controfacciata della basilica di S. Angelo
in Formis presso Capua (fig. 9), attribuibile anch’esso alla fine del
secolo XI 38, le proporzioni di Lucifero appaiono ridimensionate e
la posa di profilo segna una netta distinzione rispetto alla rappre-
sentazione frontale della Maestà divina soprastante. Può essere per
noi tuttavia rilevante il fatto che in tal caso il sovrano infernale,
che divora alcuni dannati condotti alle sue fauci da altri demoni
minori, sostenga tra le braccia il corpo di Giuda, identificato con
certezza dall’iscrizione che lo sovrasta. Altro esempio significativo
per dimensioni e orribili fattezze è lo spaventoso Lucifero affre-
scato nel Giudizio Universale collocato nell’arco trionfale della basi-
lica di S. Maria Maggiore a Tuscania (fig. 10), attribuibile all’ulti-

35. Per le analogie esistenti tra il mosaico del Giudizio Universale di S. Maria As-
sunta e alcuni passi della prima cantica dantesca si veda in primo luogo: C. A. LEVI,
Dante a Torcello e il Musaico del Giudizio Universale, comunicazione all’Ateneo di Venezia
letta la sera del 12 dicembre 1905, Treviso, 1906. Un riferimento al Satana di Torcello,
inteso come « precedente importante del “tipo” attestato in area fiorentina e che da par-
te sua è una sorta di sintesi di moduli diffusi nella cultura italo-bizantina » è in BATTA-
GLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 25, nota 22, tav. 6. Cfr. Inoltre: BASCHET,
Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 191-194, figg. 34-35; CHRISTE, Il Giudizio uni-
versale cit. (nota 28), pp. 28-29, 45-47, 279, figg. 9 e 11; PACE (a cura di), Alfa e Omega
cit. (nota 28), pp. 54, 56, 58, 62-63, e fig. a p. 57.
36. Sul colore scuro dei demoni medievali, sovente bluastro, cfr.: RUSSELL, Il diavolo
nel Medioevo cit. (nota 2), p. 98 e BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), p. 649; MINOIS, Pic-
cola storia del diavolo cit. (nota 4), p. 42; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), p. 16.
37. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 191-198 e figg. 34-35, ma in
specie per il concetto sopra enunciato p. 193.
38. Ibid., pp. 198-202 e figg. 38-39. Cfr. anche CHRISTE, Il Giudizio universale cit.,
(nota 28) pp. 44 e 279-280, figg. 169-171; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28),
pp. 62-63, fig. a p. 61.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 279
mo decennio del XIII secolo 39. L’orrendo e insieme grottesco
demonio, cui demoni ausiliari porgono le due prossime vittime, è
raffigurato mentre si accinge a dilaniarne una terza, con la bocca
spalancata da cui sporgono le fauci rade e aguzze. Considerevoli
sono infine le proporzioni del Lucifero che, con corpo ancora
umano e testa ferina, campeggia con l’Anticristo in grembo nel
settore inferiore destro dell’affresco, riferibile ai primi decenni del
XIV secolo, firmato da Rinaldo da Taranto e sito nella controfac-
ciata della chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi 40 (fig. 11) in
cui appaiono inoltre evidenti i richiami all’iconografia bizantina.
Nessuno degli esempi descritti, alcuni dei quali probabilmente
noti all’autore della Commedia, mostra peraltro la significativa tri-
formità del Lucifero dantesco che tuttavia, come già affermava
Arturo Graf, « non balza fuori per la prima volta dall’accesa fanta-
sia di Dante; già innanzi la coscienza religiosa l’aveva immaginato
e scorto, già le arti l’avevano raffigurato. Esso è come l’antitesi
della Trinità, o come il suo rovescio [...]. Senza dubbio Dante
volle con le tre facce attribuite al suo Lucifero rappresentare gli
attributi diabolici opposti ai divini; e poiché, per lo stesso Dante,
come per S. Tommaso, il Padre è potestà, il Figliuolo è sapienza,
lo Spirito Santo è amore, le tre facce non possono simboleggiare
se non impotenza, ignoranza e odio » 41. Tanto può bastarci per
l’interpretazione dei tre volti su una sola testa, la cui derivazione
figurativa può essere invece approfondita. Le origini pagane dell’i-
conografia del vultus trifrons sono in realtà molto antiche 42: rap-

39. BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 211 e 227-228, nota 205, fig.
51; Y. CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), p. 317; Da vedere anche il volume
pionieristico di A. BASSERMANN, Dantes Spuren in Italien (1898), consultato nella traduzio-
ne di E. Gorra, Orme di Dante in Italia, (Bologna, Zanichelli, 1902), ristampa anastatica a
cura di F. BENOZZO, Bologna 2006, che dedica a S. Angelo in Formis e al giudizio di
Tuscania (Toscanella nel testo) le pp. 487-489.
40. Per cui vedi oltre a BASCHET, s.v. Inferno cit. (nota 28), pp. 351-357 anche P.
BELLI D’ELIA, s.v. Brindisi, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, III, Roma, 1992, pp. 755-
758, ma in particolare pp. 757-758.
41. Cfr.: GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1) pp. 93-94 e ID., Il Diavolo cit. (nota 27),
pp. 47-48.
42. Sul vultus trifrons nell’iconografia del Medioevo e sulle origini pagane del tema
cfr.: G.J. HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons ». Emblema diabolico, immagine improba della San-
tissima Trinità, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana de Archeologia, s. III, XIX
280 LAURA PASQUINI

presentazioni di divinità solari a tre teste o con tre volti su una te-
sta sola erano diffuse tra i Celti e nelle regioni della Gallia roma-
na; il dio supremo dei Galli, Lug o Lugus, e il dio Visutius dei
Celti erano immaginati con tre teste e in tal modo rappresentati
in numerosi monumenti rinvenuti in tutta la Gallia, dal Belgio al-
l’Aquitania (esemplare l’altare frammentario rinvenuto alla fine del
XIX secolo vicino a Reims – fig. 12) 43. Divinità tricefale erano
note anche nelle regioni balcaniche. Il dio cavaliere degli antichi
Traci, onniveggente signore dell’Oriente e dell’Occidente, ripro-
dotto in circa un centinaio di stele del II-III secolo d. C., viene
rappresentato come tricefalo soprattutto in Bulgaria (fig. 13); nu-
merose sono inoltre le divinità dei popoli slavi che vengono rap-
presentate con tale triformità, come l’idolo a tre teste, simulacro
del dio Triglav, adorato tra gli slavi del Baltico 44. La presenza di
un gran numero di divinità solari tricefale, attestate anche nelle
fonti letterarie, nel paganesimo slavo, potrebbe aver favorito da
un lato la nascita della controversa iconografia triforme della Tri-
nità – sulla quale avremo modo di tornare –; così, per altro verso,
l’idea di una trinità malvagia triforme tra i Bogomili dell’Asia Mi-
nore e dei Balcani le cui credenze, richiamate dalle fonti che nar-
rano i miti catari linguadocani e degli Albanenses 45, furono intro-

(1942-1943), pp. 205-245; R. PETTAZZONI, The Pagan Origins of the Three-Headed Repre-
sentation of the Christian Trinity, in Journal of Warburg and Courtauld Institutes, IX (1946),
pp. 135–151; L. PIOLA CASELLI-R. AMERIO, « Perché un Vultus Trifrons? », in Conoscenza
Religiosa, IV (1975), pp. 345-372; J. BALTRUSAITIS, Il Medioevo fantastico: antichità ed esoti-
smi nell’arte gotica, Milano, 1973, pp. 58-62; P. IACOBONE, Mysterium Trinitatis. Dogma e
iconografia nell’Italia medievale, Roma, 1997, in particolare il paragrafo 3 del terzo capitolo
intitolato Tentativi di fusione degli schemi alle pp. 218-227. Vedi anche nello specifico in
relazione al Lucifero dantesco: BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp.
25-38.
43. Nello specifico sull’argomento: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp.
231-233, figg. 19-20; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 135, tav. 13.
44. Cfr. ancora: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 234-235, fig. 21;
PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 135-138, 144, 146, tav. 14c.
45. Si può citare il Liber antiheresis di DURANDO D’OSCA nel quale si allude al fatto
che i catari predicavano l’esistenza di due divinità, una buona e una malvagia, per cui
cfr.: K.V. SELGE, Der Liber antiheresis des Durandus von Osca, Berlin, 1967. A una trinità
malvagia fa riferimento anche il Liber supra stella di Salvo Burci (1235) per il quale si ve-
dano: S. BURCI, Liber supra Stella, in Eresie medievali. Scritti minori, a cura di ILARINO DA
MILANO, Rimini, 1983, pp. 331-367. in specie pp. 335-336 e SALVO BURCI, Liber Supra-
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 281
dotte nella nostra penisola a partire dal secolo XII da missionari
provenienti proprio dalla Bulgaria 46. La persistenza del culto e
dell’iconografia del vultus trifrons nei Balcani vengono peraltro te-
stimoniate dal fatto che in alcune chiese bulgare l’effigie del cava-
liere solare a tre teste viene venerata ancora ai nostri giorni e in-
terpretata in alcuni casi come immagine di San Giorgio, liberatore
della Vergine e uccisore del vorace mostro infernale.
Il culto della divinità solare dalla triplice testa ebbe una diffu-
sione vastissima dal mar Nero al Mare del Nord; questo culto del-
l’invictus deus triforme non fu estraneo alla Grecia ellenistica e nel
terzo secolo lo stesso Mitra, simbolo del sole sempre trionfante,
onniveggente e invincibile, venne talora rappresentato con tre te-
ste o tre facce su una testa soltanto. Una venerazione particolare
per l’essere supremo, rappresentato con testa triplice, si riscontra
nell’Asia centrale. In India il dio Brahma ed anche Vishnu e Shiva
possono essere figurati come idoli policefali, Shiva, soprattutto,
trifronte. Il dio creatore delle popolazioni preistoriche dell’India
settentrionale aveva testa cornuta e tre facce. Il dio tibetano Sang-
dui, venerato ancora oggi col rango di Buddha, viene rappresenta-
to seduto con tre teste sul collo e lo stesso vale per lo spirito mi-
sericordioso Avalokit-eshvara, capace di cacciare il male e pronto
a proteggere i fedeli che lo invocano. Il culto del dio tricefalo si
estendeva verso il Nord sino al lago Baikal e nel Caucaso verso
Est, fino al Giappone 47.
Di fronte a questo proliferare di divinità tricefale, solari e on-
niveggenti, nei culti pagani, fu in qualche maniera naturale per gli
antichi cristiani, che intendevano sradicare tali credenze pericolose

stella, edizione critica e commento storico a cura di C. BRUSCHI, Roma, 2002. Vedi
inoltre: MINOIS, Piccola storia del diavolo cit. (nota 4), p. 47.
46. Si veda in primo luogo sull’argomento: A. GRECO, Mitologia catara. Il favoloso
mondo delle origini, Spoleto, 2000, in specie le pagine 79-85 dedicate al Dualismo monar-
chiano dei Bogomili: Dio, il demonio e la Trinità. Cfr. inoltre per una visione generale del
problema trinitario: Le traité contre les Bogomiles de Cosmas le prêtre, traduction et étude
par H.-CH. PUECH, A. VAILLANT, Paris, 1945, pp. 179-180; RUSSELL, Il diavolo nel Medioe-
vo cit. (nota 2), pp. 23-24.
47. Sulle numerose attestazioni di divinità tricefale, dall’Egitto all’India, sino alla Per-
sia antica e medievale, all’Asia centrale, al Tibeth, al Giappone, cfr. sempre: HOOGE-
WERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 239-242 con relative immagini e PETTAZZO-
NI, The Pagan Origins cit. (nota 42), pp. 146-147.
282 LAURA PASQUINI

quanto diffuse, attribuire ad esse valenze fortemente negative,


identificando quegli idoli non più quali simboli plurimi del sole
invincibile, quanto piuttosto delle tenebre, personificazioni cioè di
ogni intenzione più abominevole e vile 48. Così accadde che il
vultus trifrons finì per divenire nell’arte medievale emblema della
potenza empia del demonio cui ogni buon cristiano aveva l’obbli-
go di resistere col vigore della propria fede. Raffigurare il volto
triforme del demonio sulla facciata di una basilica, in un portale o
tra i fregi del chiostro vicino, significava in parte esorcizzarlo met-
tendo in guardia il buon cristiano sulla pericolosità di quell’entità
subdola e malvagia che, manifestandosi attraverso una triformità
sacrilega, opposta a quella celeste, voleva ingannare l’animo uma-
no. Questo è il senso dei volti trifronti scolpiti dai Vassalletto nei
chiostri di S. Paolo fuori le mura (1220) e di S. Giovanni in Late-
rano (1230 – fig. 14) 49 nei primi decenni del secolo XIII, durante
il pontificato di Innocenzo III e dunque di una fase di intensa op-
posizione nei confronti di quell’eresia catara – condannata dal IV
Concilio Lateranense nel 1215 – il cui dualismo, talora esasperato,
lasciava presupporre persino l’esistenza di una trinità negativa op-
posta a quella santa 50: teste con tre volti, uno di faccia, gli altri
due di profilo, in modo tale che si vedano due occhi, tre nasi e
tre bocche, uniti da corone di foglie appuntite « al loco della cre-
sta » come in Inf. XXXIV 42. Questa immagine triforme diffusa
anche nella miniatura toscana del Trecento, nella scultura francese
(Notre-Dame a Châlons-sur-Marne), inglese (Cattedrale di Sali-
sbury – 1260) 51 e tedesca, trova nella facciata del S. Pietro di Tu-
scania (1250 – fig. 15) 52, monumento che presumibilmente Dante

48. Si vedano in generale sulla reinterpretazione in chiave negativa di alcuni culti


provenienti dalle regioni nordiche: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp.
236-237; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 150; RUSSELL, Il diavolo nel Me-
dioevo cit. (nota 2), pp. 42-44.
49. Sui volti trifronti dei due chiostri romani si vedano: HOOGEWERFF, « Vultus Tri-
frons » cit. (nota 42), pp. 208-209, figg. 1-3; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42),
p. 221 e inoltre il più recente saggio di F. BIFERALI, Ridicula Montruositas? Spunti iconogra-
fici sul chiostro dei Vassalletto in San Paolo fuori le mura, in Arte medievale, n.s., IV (2005/2),
pp. 45-57, ma in specie le pp. 48-51 e relative immagini.
50. Si vedano sull’argomento: GRECO, Mitologia catara cit. (nota 46), pp. 81-82.
51. Cfr. HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), p. 210, fig. 4.
52. Ibid., p. 211, fig. 5; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota 42), p. 150, tav.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 283
ebbe occasione di visitare 53, la sua più esplicita espressione. Nella
porzione più alta della facciata un grande rosone separa due bifore
dedicate l’una, quella di sinistra, al regno dei cieli, l’altra evidente-
mente a quello di Satana. Una maschera a tre volti, coronata e
munita di corna si colloca al di sopra della bifora di destra; dalle
due bocche laterali escono racemi entro le cui volute si dispongo-
no infiorescenze bizzarre e demoni dal volto umano con artigli di
rapace e code sinuose. Le volute terminano nelle bocche spalan-
cate di un secondo mostro triforme situato al di sotto della bifora,
munito di corona, il quale preme sul proprio petto le spire di un
grosso serpente. All’inizio del secolo XIII il diavolo in persona si
palesa con quella forma triplice del volto adottata quasi un secolo
dopo da Dante nel canto XXXIV dell’Inferno.
La triformità del demonio scolpito a Tuscania verrà riproposta
anche nel mosaico raffigurante il Giudizio Universale realizzato da
Coppo di Marcovaldo alla fine del XIII secolo nella cupola del
Battistero fiorentino, il « bel San Giovanni » di Inf. XIX 17 (fig.
16). Da quest’opera, cui collaborarono i maestri più innovativi nel
panorama artistico italiano tra Due e Trecento, Dante poté in
realtà trarre numerosi spunti a cominciare dalle « ali di vispistrel-
lo » del suo Lucifero (Inf. XXXIV 49): spiegate nel mosaico fio-
rentino da un grosso demone collocato sulla sinistra della rappre-
sentazione, esse solo di recente, ovvero intorno alla metà del XII
secolo, erano state sostituite nelle raffigurazioni medievali degli es-
seri infernali a quelle pennute, rimaste peculiari delle entità ange-
liche 54. Mentre poi le tombe scoperchiate, poste ai piedi della
mandorla con il Cristo trionfante, poterono suggerire al poeta

15a; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), p. 221, fig. 40; BATTAGLIA RICCI, Viag-
gio e Visione cit. (nota 1), pp. 30-31, tavv. 8-9.
53. Già in C. RICCI (a cura di), La Divina commedia di Dante Alighieri illustrata nei luo-
ghi e nelle persone, Milano, 1898, l’immagine dei due diavoli triformi di Tuscania (Tosca-
nella) viene associata alla descrizione dantesca di Lucifero. L’idea che immagini del ge-
nere potessero costituire un precedente per il demonio dantesco è già, come si è detto,
in GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1), pp. 93-94; ID., Il Diavolo cit. (nota 27), pp. 47-48, e
in HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), p. 211.
54. Basilare sull’argomento il capitolo intitolato Ali di pipistrello e demoni cinesi in BAL-
TRUSAITIS, Il Medioevo fantastico cit. (nota 42), in particolare le pp. 159-163 (Ali di pipistrel-
lo e creste di drago nel Medioevo). Cfr. inoltre: RUSSELL, Il diavolo nel Medioevo cit. (nota 2),
pp. 97 e 155; BASCHET, s.v. Diavolo cit. (nota 17), pp. 646-647.
284 LAURA PASQUINI

quelle analoghe degli eretici di Inf. X 8-9, è in primo luogo l’im-


magine del demonio fiorentino a rivelare elementi conformi alla
descrizione dantesca 55. La grottesca figura di Satana mostra in ef-
fetti tre bocche, due delle quali appaiono in realtà costituite dalle
teste protese di due serpenti, sorta di protomi che fuoriescono
dalle orecchie del mostro (fig. 17). Ognuna delle tre bocche divo-
ra un dannato: quello dilaniato dalla bocca centrale, come si legge
pure nel testo dantesco (Inf. XXXIV 63-64), « il capo ha dentro e
fuor le gambe mena », mentre gli altri due « hanno il capo di sot-
to ». Si tratta, è ben vero, a Firenze, di comuni dannati senza no-
me, ma Giuda è pur presente nel mosaico, impiccato e con il no-
me inscritto a fianco, nella porzione destra della scena. Pur consi-
derando il fatto che Dante poteva aver notato i volti triplici nei
due chiostri romani e che poteva aver visitato la città di Tuscania
e visto la rappresentazione dell’inferno sulla facciata di S. Pietro, il
triforme demonio fiorentino deve essere comunque considerato
come una delle fonti principali, forse la più rilevante, per il Luci-
fero dantesco. Esso ne ricorda le orrende fattezze, le dimensioni
notevoli, ma soprattutto la triformità orribile del capo, che il de-
monio rappresentato da Giotto intorno al 1305 nel Giudizio Uni-

55. Fondamentale in proposito il vecchio ma sempre valido contributo di E.H. WIL-


KINS, Dante and the Mosaics of his Bel San Giovanni, in Speculum, II (1927), pp. 1-10 ripre-
so in E.F. ROTSCHILD-E.H. WILKINS, Hell in the Florentine Baptistery mosaic and Giotto’s pa-
duan fresco, in Art Studies, VI (1928), pp. 31-35. Vedi inoltre: HOOGEWERFF, « Vultus Tri-
frons » cit. (nota 42), p. 214, fig. 8; C. CONSOLI, Il Giudizio Finale del Battistero di Firenze
e il suo pubblico, in Quaderni Medievali, IX (1980), pp. 55-83, in specie le pp. 67-68 (alla
nota 44, p. 68, l’autrice menziona una tavola del 1280 della scuola di Guido da Siena
raffigurante il giudizio finale in cui un Lucifero enorme, seduto sopra un drago, mostre-
rebbe come a Firenze due serpenti che fuoriescono dalle orecchie ghermendo altrettanti
peccatori; la riproduzione in M. VALSECCHI, Capolavori sconosciuti d’Italia, Milano, 1968);
BASCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), pp. 206-207, 220 (in relazione alla trifor-
mità del capo), 222-223 figg. 42-43; NASSAR, The Iconography of Hell cit. (nota 1), pp. 54-
55; BATTAGLIA RICCI, Ragionare nel giardino cit. (nota 3), pp. 65-71; CHRISTE, Il Giudizio
universale cit. (nota 28), p. 319; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp. 24-30
e 50-52, con relative immagini; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 165-
166, fig. a p. 167; I. HUECK, Il Giudizio Universale nella cupola del Battistero di San Giovan-
ni a Firenze, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 184-189 con relative
immagini. Si può vedere in inoltre, pur tenendo conto delle numerose forzature e im-
precisioni, il volume di E.D. KARAMPETSOS, Dante and Byzantium, Boston, 2009, in spe-
cie il capitolo dedicato a The Presence of Byzantium in Florence, pp. 33-75.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 285
versale degli Scrovegni a Padova (fig. 18) 56, per quanto parimenti
mostruoso, sembra invece voler attenuare. Pur rivelandosi credito-
re rispetto al mosaico fiorentino per l’evidente richiamo al motivo
dei due serpenti che spuntano dalle orecchie del mostro, il diavo-
lo giottesco lascia che le due creature, scaturite dal suo capo, ac-
quisiscano vita propria e autonoma, come entità a sé stanti, sgor-
gate dall’origine del Male ma non più parti integranti di quello,
eliminando sostanzialmente il motivo della triformità. Che Dante
abbia potuto vedere questo Lucifero padovano 57, come testimo-
nierebbe Benvenuto da Imola nel suo commento a Purg. XI, o
meno, di certo l’influenza sul testo dantesco esercitata dal mosaico
di Coppo – subita di fatto anche da Giotto – dovette essere, oltre
che certa, preponderante.
Non ci è dato di sapere con certezza se Dante poté avere tra
le mani uno di quegli esemplari manoscritti della Bibbia moraliz-
zata, riprodotti in numerose copie tra la fine del XII e l’inizio del
XIII secolo (fig. 19), dove l’Anticristo viene più volte raffigurato
con vultus trifrons e corona 58; mentre presumibilmente l’affresco,

56. Cfr. ancora: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), pp. 213-214, fig. 7;
ROTSCHILD - WILKINS, Hell in the Florentine Baptistery cit. (nota 55), pp. 31-35; CONSOLI,
Il Giudizio Finale cit. (nota 45), in particolare le pp. 68-70; BASCHET, Les justices de l’au-
delà cit. (nota 18), pp. 211, 220, 224-228, figg. 48-50; E.P. NASSAR, The Iconography of
Hell cit. (nota 1), pp. 56-61 e immagini; BASCHET, I peccati capitali cit. (nota 28), pp. 237-
238; BATTAGLIA RICCI, Ragionare nel giardino cit. (nota 3), pp. 65-71; CHRISTE, Il Giudizio
universale cit. (nota 28), pp. 47, 143; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp.
24-30 e 49-50, con relative immagini; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp. 192-193;
J. ELLIOT, La cappella degli Scrovegni a Padova, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp.
217-220 e immagini. Si veda poi sulla presenza di Dante a Padova nel periodo in cui
Giotto affrescava la cappella degli Scrovegni e sull’ipotetica frequentazione e “personale
amicizia” tra i due artisti: BASSERMAN, Orme di Dante in Italia cit. (nota 39), pp. 478 e
491.
57. E allora da quello, e in specie dalla posa a testa ingiù di numerosi dannati, po-
trebbe semmai aver tratto l’immagine del supplizio inflitto ai simoniaci. Per questa e al-
tre eventuali suggestioni desunte dall’affresco giottesco cfr. ancora: BATTAGLIA RICCI,
Viaggio e Visione cit. (nota 1), pp. 49-50, con relative immagini.
58. Si vedano in particolare sull’iconografia triforme dell’Anticristo: R. HUGHES, Hea-
ven and Hell in Western Art, London, 1968, pp. 274-277; BALTRUSAITIS, Il Medioevo fanta-
stico cit. (nota 42), pp. 58-62; RICHARD KENNETH EMMERSON, Antichrist in the Middle Ages:
a study of Medieval apocalypticism, art, and literature, Seattle, 1981, in particolare il capitolo
intitolato Antichrist in Medieval Art, pp. 108-145, ma in specie p. 116. Per le varie rap-
presentazioni dell’Anticristo nell’iconografia del Medioevo cfr. inoltre: G. SCHÜSSLER,
286 LAURA PASQUINI

oggi distrutto, raffigurante un Satana a più bocche nella facciata


della Chiesa di S. Gallo a Firenze, citato da Boccaccio nella nona
novella dell’ottava giornata, dovette essere eseguito negli anni su-
bito seguenti l’esilio dantesco 59. Di certo posteriori rispetto alla
stesura della prima cantica della Commedia – e anzi influenzati no-
tevolmente da quella – sono gli affreschi raffiguranti Lucifero ese-
guiti da Buonamico Buffalmacco – Trionfo della Morte – verso il
1336 per il Camposanto senese, da Nardo di Cione tra 1351 e
1357 – Giudizio Universale, Inferno, Purgatorio e Paradiso – per la
Cappella Strozzi della basilica di S. Maria Novella a Firenze, da
Taddeo di Bartolo per la Collegiata di S. Giminiano 1396 e da
Giovanni da Modena intorno al 1410 per la cappella Bolognini di
S. Petronio 60.
Rimane da proporre un’ultima suggestione che consentirà di
chiarire meglio la rilevanza della parodia dantesca e di quelle im-
magini sopra richiamate in cui si enfatizzava attraverso il vultus tri-
frons del demonio il suo essere contrapposizione subdola e malva-

Studien zur Ikonographie des Antichrist, Dissertation, Università di Hedelberg, 1975; ID.,
s.v. Anticristo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, II, Roma, 1991, pp. 117-122; P.K.
KLEIN, The Apocalypse in Medieval Art, in The Apocalypse in the Middle Ages, a cura di R.
K. EMMERSON and B. MCGINN, Ithaca, London, 1992, pp. 159-199; R. MUIR WRIGHT,
Art and antichrist in medieval Europe, Manchester, 1995; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione
cit. (nota 1), p. 31. Per riferimenti precisi ai manoscritti in cui ricorre la raffigurazione
tricefala dell’Anticristo, cfr. infine: BIFERALI, Ridicula Montruositas? cit. (nota 49), pp. 45-
57, in particolare p. 48 e relativi riferimenti bibliografici alle note 61-68, ma soprattutto
CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), pp. 81-90 con relative illustrazioni.
59. Cfr.: GRAF, Miti, leggende cit. (nota 1) p. 94; C. E. GILBERT, La devozione di Gio-
vanni Boccaccio per l’arte, in Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e per immagini fra Me-
dioevo e Rinascimento, I, a cura di V. BRANCA, Torino, 1999, pp. 145-153, in specie le pp.
147-148; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 31.
60. Per i quali oltre a BASSERMANN, Orme di Dante cit. (nota 39) pp. 478-496 cfr.: BA-
SCHET, Les justices de l’au-delà cit. (nota 18), cap. V, pp. 293-349 e pp. 358-369; M.
OPITZ, Monumentale Höllendarstellungen im Trecento in der Toskana, Frankfurt am Main,
1998. Cfr. anche: NASSAR, The Iconography of Hell cit. (nota 1), pp. 61-87; BASCHET, I pec-
cati capitali cit. (nota 28), pp. 238-244; CHRISTE, Il Giudizio universale cit. (nota 28), in
specie le pp. 47 e 324-325 con relative figure; BATTAGLIA RICCI, Viaggio e Visione cit.
(nota 1), pp. 31-32; PACE (a cura di), Alfa e Omega cit. (nota 28), pp. 194-199 e immagi-
ni; I. KLOTEN, La cappella Bolognini in S. Petronio a Bologna: il mondo terreno nell’Aldilà, in
PACE (a cura di), Alfa e Omega cit., pp. 225-227 e illustrazioni relative; J. POLZER, Il Giu-
dizio universale e l’Inferno nel Camposanto di Pisa, in PACE (a cura di), Alfa e Omega cit.
(nota 28), pp. 221-224 con immagini.
LA RAPPRESENTAZIONE DI LUCIFERO IN DANTE 287
gia della Santissima Trinità. A partire dalla metà del secolo XIII,
in concomitanza quindi con la diffusione dell’iconografia demo-
niaca del volto triplice, cominciò a farsi strada una lettura del tut-
to positiva della medesima triformità, scaturita dagli stessi prototipi
pagani – dei quali in tal caso si recuperavano le antiche valenze
solari e sapienziali – e intesa come possibile manifestazione visiva
della Trinità. Tale iconografia, attestata in generale in epoca leg-
germente più tarda rispetto a quella demoniaca, ebbe un notevole
successo e massima diffusione in specie nei secoli XIV e XV, ma
vita breve e tormentata a causa delle possibili valenze sacrileghe
che le costarono la condanna definitiva durante il pontificato di
papa Urbano VIII, nel 1628, e un’ulteriore censura sotto il ponti-
ficato di Benedetto XIV 61.
Molte immagini della Trinità a tre teste o a tre volti furono
allora distrutte, camuffate o ricoperte, se ad affresco, da successivi
strati di intonaco dipinto. Molte ne rimangono tuttavia a testimo-
niare la rilevanza che tale motivo iconico acquisì nel repertorio fi-
gurativo del Medioevo anche grazie alla diffusione di alcuni leg-
gendari racconti agiografici, il più noto dei quali vede come pro-
tagonista il monaco Pietro di Alessandria d’Egitto, vissuto tra la fi-
ne del III e l’inizio del IV secolo, cui durante la reclusione appar-
ve un giovane luminoso e alato con tre teste, percepito dal santo
monaco come rivelazione del Dio uno e trino 62. I numerosi ri-
scontri iconografici risultano nella maggior parte dei casi successivi

61. Vedi in primo luogo sull’argomento: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota
42), pp. 205-245, ma in specie le pp. 215-230; PETTAZZONI, The Pagan Origins cit. (nota
42), pp. 135-151; BALTRUSAITIS, Il Medioevo fantastico cit. (nota 42), pp. 58-62. Si vedano
inoltre: L. REAU, Iconographie de l’art chrétien, II/1, Paris, 1956, pp. 21-22; M.S. CALÒ
MARIANI, Rappresentare il Mistero. Immagini della trinità in Puglia fra Medioevo e Rinascimen-
to, in Tolleranza e convivenza tra cristianità e Islam. L’Ordine dei Trinitari (1198-1998), Atti
del convegno di studi per gli ottocento anni di fondazione, Lecce, 30-31 gennaio 1998,
a cura di M. FORCINA e P.N. ROCCA, Galatina 1999, pp. 9-27 con relative immagini e
bibliografia; R. TROLLO, Il candelabro per il cero pasquale nel duomo di Sant’Erasmo a Gaeta:
cronologia e committenza fra modelli ideologici e modelli stilistici, in Medioevo: i modelli, Atti del
Convegno internazionale di studi, Parma, 27 settembre-1 ottobre 1999, a cura di A.C.
QUINTAVALLE, Milano, 2002, pp. 392-404, in specie per il volto triforme della Trinità p.
393, fig. 14; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), pp. 218-227. Un riferimento
preciso al tema iconografico in questione è reperibile anche in G. FALLANI, s.v. Trinità
(Trinitade), in Enciclopedia dantesca, V, Roma, 1976, pp. 718-721, ma in specie p. 719.
62. Su questo e altri racconti agiografici riguardanti immagini tricefale della Trinità
288 LAURA PASQUINI

rispetto alla stesura della Commedia, in qualche caso coevi o pros-


simi a quella: tanto basta per ipotizzare che Dante, uomo del Me-
dioevo, profondamente immerso in quel complesso mondo di se-
gni, ne avesse in qualche maniera conoscenza.
Numerosi sono gli esempi riportati nell’appendice iconografica
del fondamentale volume di Pasquale Iacobone sul Mysterium Tri-
nitatis 63: Dante, che di certo conosceva questa, come pure altre
modalità adottate tra la Tarda Antichità e il Medioevo per descri-
vere figurativamente il dogma trinitario, di fatto non se ne servì
quando nel XXXIII del Paradiso seguì tutt’altra tradizione (basata
principalmente sulla teoria dei tre cerchi di S. Agostino) per rap-
presentare poeticamente la sua esperienza mistica del Dogma.
Quell’immagine triplice del Dio uno e trino, diffusa nei mano-
scritti e in genere nelle arti figurative del suo tempo, poté co-
munque rafforzare, per opposizione, l’idea di trinità in negativo
espressa vigorosamente dal suo Lucifero triforme. La contrapposi-
zione, ben nota alla cultura medievale, tra le due immagini tripli-
ci, sortite da un comune antico prototipo pagano, riaffiora peral-
tro, e non casualmente, nei manoscritti miniati della Commedia, i
quali in alcuni casi al Lucifero trifronte di Inf. XXXIV (fig. 5) op-
pongono il volto triplice di Cristo nel XXXIII del Paradiso (fig.
20) 64. Ciò a conferma del fatto che le origini e le motivazioni an-
che iconografiche dei tre volti del demonio dantesco, erano state
perfettamente recepite dai miniatori medievali e naturalmente
espresse.

cfr.: HOOGEWERFF, « Vultus Trifrons » cit. (nota 42), p. 233; FALLANI, s.v. Trinità (Trinitade)
cit. (nota 61), p. 719; IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), p. 220.
63. IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42); si veda in particolare il paragrafo 3
del terzo capitolo intitolato Tentativi di fusione degli schemi alle pp. 218-227, con relative
schede bibliografiche e immagini di riferimento.
64. Si possono citare quali esempi il f. 113r del Ms. B.25 della Biblioteca Comunale
di Perugia (sec. XIV) e il f. 147 del Ms. Holkham misc. 48, della Bodleian Library di
Oxford per cui cfr. in primo luogo: P. BRIEGER MILLARD MEISS, C. S. SINGLETON, Illumi-
nated manuscripts of the Divine Comedy, Princeton, 1969, t. II, pp. 28 e 520, tavv. b e
320b. Vedi anche: IACOBONE, Mysterium Trinitatis cit. (nota 42), schede a p. 436; BATTA-
GLIA RICCI, Viaggio e Visione cit. (nota 1), p. 38, nota 32 per ulteriori rimandi bibliografi-
ci, e tav. 13.
L. PASQUINI TAV. I

Fig. 1 - Genesi di Caedmon: Oxford, Bodleian Library, Ms. Junius 11, p. 3.


TAV. II L. PASQUINI

Fig. 2 - La caduta di Lucifero nell’Hortus Deliciarum di Herrade von Landsberg (sec. XII).
L. PASQUINI TAV. III

Fig. 3 - Salterio Queen Mary (1310): Londra, British Library, Ms. Royal 2B VII, c. 1v.
TAV. IV
L. PASQUINI

Fig. 4 – Parigi, Louvre, tavola del Maestro degli Angeli ribelli (1340). Fig. 5 – Oxford, Bodleian Library, Ms. Holkham misc. 48, p. 53: Lucifero.
L. PASQUINI TAV. V

Fig. 6 – Ravenna, S. Apollinare Nuovo, mosaico del VI secolo: la separazione delle pecore dai capri.

Fig. 7 – Conques, portale occidentale dell’abbazia con la rappresentazione dell’Inferno.


TAV. VI L. PASQUINI

Fig. 8 – Torcello, basilica di S. Maria Assunta: la rappresentazione dell’Inferno nel mosaico


della controfacciata (fine secolo XI).

Fig. 9 – Basilica di S. Angelo in Formis (Capua), affresco della controfacciata:


Lucifero (fine secolo XI).
L. PASQUINI TAV. VII

Fig. 10 – Tuscania, S. Maria Maggiore, Giudizio Universale: Lucifero (fine secolo XIII).

Fig. 11 – Brindisi, chiesa di Santa Maria del Casale, Giudizio Universale firmato da Rinaldo
da Taranto (primi decenni del XIV secolo): Lucifero.
TAV. VIII L. PASQUINI

Fig. 12 – Il vultus trifrons nell’altare frammentario di Reims.

Fig. 13 – Il “cavaliere trace”.


L. PASQUINI TAV. IX

Fig. 14 – Roma S. Giovanni in Laterano, chiostro: il vultus trifrons.

Fig. 15 – Tuscania, basilica di S. Pietro, facciata: Paradiso e Inferno.


TAV. X L. PASQUINI

Fig. 16 – Firenze, battistero di S. Giovanni, cupola: il Giudizio Universale (1260-1270).

Fig. 17 - Firenze, battistero di S. Giovanni, cupola: Lucifero.


L. PASQUINI TAV. XI

Fig. 18 – Padova, Cappella degli Scrovegni, Giudizio Universale: Lucifero.

Fig. 19 – L’anticristo tricefalo nella Bibbia Moralizzata: British Library, Ms. Harley 1527, f. 136v.
TAV. XII L. PASQUINI

Fig. 20 – Beatrice indica a Dante l’immagine di Dio uno e trino nel Ms B. 25 (c. 113bis) della
Biblioteca Augusta Perugia.

Potrebbero piacerti anche