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1.

“Se non capisci le parole, puoi sentire il funk”


2. Date subito un aumento al sassofonista!
3. Uè man! You really enjoi!
4. La vita gioiosa e devastante, come la musica pop
5. Casa dolce casa
6. Muovi il culo e dacci dentro!
7. Non tutte le ciambelle riescono col buco
8. Non sparate sul pianista
9. Titoli di coda – con tanto di archi hollywoodiani
10. ‘Na bella cafonata!

Da qualche parte ho letto che negli ultimi sette anni più di mezzo milione di italiani sono emigrati
all’estero. Io non sono molto bravo con i numeri - non so neanche quanti abitanti fa Roma.
Però credo che mezzo milione sia abbastanza. E credo che dentro quel mezzo milione ci
potrebbero pure essere i 2.600 ricercatori italiani che lavorano al CERN di Ginevra. Roberto
Giacconi, genovese vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 2002, no, non credo ci sia nella lista
– ma solo perché lui l’Italia l’ha lasciata nel 1956.
Adesso. Non è che voglio dire che tutti e 500mila fossero dei geni, eh. Perché è capace pure che
qualcuno è partito solo per il gusto di viaggiare, qualcuno perché voleva lasciarsi alle spalle la
ragazza che lo aveva lasciato, qualcun altro magari perché la ragazza l’ha raggiunta.
Eppure mi sono sempre chiesto perché, sui giornali, parlano sempre e solo degli astrofisici emigrati
e non spendono mai una parola di più per i musicisti in fuga.
Tommaso Vittorini, per esempio, qualcuno lo conosce? E Lucio Aquilina? Massimo Di Lena?
Oppure Marco Sica. Tutti italiani, tutti trapiantati altrove.
In mezzo a quel mezzo milione, comunque, c’è sicuramente Nikko Ielasi.
Nikko viene da Ischia. Ha iniziato a studiare pianoforte a sette anni. Nel 2011 ha lasciato l’Italia e si
è trasferito a Boston, per studiare al Berklee College, il più importante istituto universitario
dedicato alla musica. Aveva diciannove anni e a quei tempi si chiamava ancora Niccolò.
Dopo sette anni, un diploma in piano e una specializzazione in arrangiamento, Niccolò (ora Nikko)
ha pubblicato il suo primo disco, NikKollective Vol. 1.
È un disco sfolgorante, da mettere in macchina mentre stai viaggiando a 130 km/h sull’autostrada
del Sole e nello specchietto retrovisore vedi l’asfalto che viene mangiato dal cielo azzurro.
Nelle dieci tracce c’è il jazz, il funk, il soul, l’R’nB, la fusion. Ed è un album che, pur ammiccando ad
un universo ormai noto di riferimenti contemporanei (The Motet, Snarky Puppy e compagnia
bella), riesce a divertire ma più di tutto a suonare in maniera prorompente (merito degli splendidi
musicisti ma anche del mastering di Martina Albano, altra italiana emigrata negli States).
Sia chiaro, non è un disco rivoluzionario. Assomiglia più a un bagaglio. Di quelli grandi, che
imbarchi nella stiva dell’aereo perché il viaggio sarà lungo. Dentro ci sono suggestioni, incontri,
studi, imitazioni. C’è la strada, quella percorsa ma soprattutto quella ancora da percorrere. C’è la
vitalità, di chi ha qualcosa da dire ed è in cerca della parola giusta per farlo. E c’è quel velo
tristefelice che porta dietro di sé chi parte e non sa che cosa cerca.
E allora, mentre continua a suonare NikKollective Vol. 1 nelle casse, mi accendo una sigaretta
spaziale e mi affaccio dall’astronave in orbita guardando la terra. E sbirciando in quello spettacolo
di mari e continenti, mi ritrovo a fare la conta nel registro di chi è partito. Claudia a Firenze,
Giancarlo a Milano, Federica ad Atene, Niccolò a Boston, Lucio a Berlino, Marco a Parigi, Simona a
Dakar, Peppe a Tokyo, Martina ad Atlanta, Lorenzo a Melbourne, Luca a Utrecht, Antonio a
Londra. E Carlo…Dov’è che stava Carlo?

The Godfather: R.D.T.M.


Pizza con l’ananas: Necessary
VOTO FINALE: 3/5

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