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problemi della modernità o postmodernità; sono i problemi legati al progresso


tecnologico-scientifico.

due tipologie di pericoli attualmente incombenti:

Pericoli attuali; 

Pericoli potenziali. 

Per il primo punto non possiamo fare a meno di ricordare il terrorismo,
dapprima volto a colpire singoli individui per ragioni di tipo politico (ad
esempio), il quale oggi ha assunto un target di vittime ben più ampio (vedi
l’attentato alle Twin Towers di New York dell’11 settembre 2001).

Per il secondo punto, dice Rees, possiamo immaginare le conseguenze che


potrebbero portare, ad esempio, la manipolazione genetica e la farmacologia;
due branche, queste ultime, in grado di mutare il carattere dell’intera specie
umana. Dice Rees: Ognuno di questi scenari, preso da solo, può essere altamente
improbabile, ma l’accumularsi di tanti rischi statisticamente “piccoli”, alla fine
forma una massa critica che definisce il nostro destino.

Ciò che più colpisce, al di là dell’analisi dei pericoli di cui sopra, è che questi non
possono essere

eliminati e che sono destinati a mettere in discussione il tradizionale rapporto


libertà-sicurezza;La domanda cruciale che il medesimo autore si pone, è la
seguente: La limitazione delle nostre libertà più preziose, può arrivare fino al
punto di sacrificare degli innocenti in nome della sicurezza?

Dershowitz. Egli spiega: Se non vogliamo perdere la guerra con il terrorismo,


dobbiamo essere aperti a nuovi modi di pensare; dovremmo sforzarci di
raggiungere il giusto equilibrio tra il mantenimento della nostra sicurezza e la
difesa della nostra libertà, perché di sicuro questi importanti valori prima o poi
verranno in conflitto. Secondo Dershowitz, a realizzare il giusto equilibrio
dovrebbero concorrere, oltre alle macromisure (trasformare il terrorismo in una
proposta perdente, usare la deterrenza delle sanzioni economiche o delle
sanzioni non letali), le micromisure tra le quali spiccano l’irrigidimento dei
controlli alle frontiere, l’infiltrazione di agenti nei gruppi interni al paese e
soprattutto l’autorizzazione all’impiego dei Tribunali militari.Ogni bambino
americano, impara a scuola una massima fondamentale del sistema giudiziario
penale: “E’ meglio che dieci criminali colpevoli finiscano liberi, piuttosto che
condannare anche una sola persona innocente”. I libri di diritto dei nostri
giorni, attribuiscono la paternità della massima a William Blackstone .
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Il primo filo conduttore dell’indagine, sarà l’unità del sapere giuridico. La
domanda, è quali siano i passi che le scienze giuridiche possono e debbono
compiere di fronte ai danni ed ai pericoli creati dalla recente rivoluzione
tecnologica dell’attività produttiva; la responsabilità dell’attuale stato di cose va
ascritta alla inveterata abitudine accademica di considerare le singole discipline
giuridiche come isole autonome.

Il secondo filo conduttore dell’indagine, è costituito dalla ricerca della verità;


infatti, è proprio da una dilagante incomprensione del problema della verità nel
processo penale e negli altri tipi di processo che minaccia la rigorosità della
prassi giudiziaria sugli illeciti.Terzo filo conduttore, sarà la riflessione sugli
effetti nefasti del principio del libero convincimento del giudice, inteso come
convinzione intima e soggettiva del giudice; il libero convincimento, non può più
intendersi come un convincimento privo di barriere previste dalla legge. Quarto
ed ultimo filo conduttore, sarà la riflessione sulla sostanziale impotenza del
diritto penale di fronte ai grandi rischi che incombono sulle generazioni future e
sulla necessità di sostituire il ricorso al relitto storico dell’arresto di un singolo
reo con un’autoregolamentazione sociale che approdi ad un radicale
cambiamento degli stili di vita.La nostra indagine si dividerà in due parti. La
prima, si occuperà dei problemi suscitati dal ricorso al modello classico del
diritto penale; la seconda, invece, sarà dedicata ai danni ed alle vittime del
futuro, ed ai complessi problemi legati alla progettazione del nuovo modello di
diritto penale che prende oramai il nome di diritto penale del comportamento.
La domanda ultima, alla quale sarà necessario rispondere è la seguente: Le
vittime di ogni tempo, possono vedere assicurata effettivamente una tutela
adeguata dal diritto penale, classico o moderno che sia, oppure sarà necessario
sfruttare il potenziale inutilizzato degli altri settori dell’ordinamento, primi fra
tutti il diritto civile ed amministrativo?

Per trovare una risposta a tale interrogativo, sarebbe necessario riproporre


l’esperimento di invenzione di Luderssen. Questo consiste nel tentare di
immaginare un mondo senza il diritto penale, e cercare di capire che cosa
farebbero, o potrebbero fare, sul terreno della tutela delle vittime, il diritto civile
ed il diritto amministrativo.

Al centro del rapporto tra libertà e sicurezza, si situa la separazione tra


innocenti e colpevoli; l’ingiusta punizione di innocenti, può avvenire a diversi
livelli: con le indiscriminate punizioni collettive o con le punizioni individuali,
attraverso i processi penali.
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Le ragioni che, in tutti i paesi democratici, inducono a sostenere la preferibilità
di un colpevole libero piuttosto che di un innocente condannato, sono delle
ragioni innanzitutto di carattere morale; esse, le ragioni morali, segnano lo
spartiacque tra le società aperte, in cui è fiorita la democrazia, e le società
chiuse, senza morale, che hanno dato vita ai totalitarismi. dall’inizio della
Repubblica, ammonta a circa 4 milioni il numero delle persone coinvolte per
errore nel vortice della giustizia.

Occorre azzerare rischio di errore, con adozione di uno standard di prova


rigoroso qual è la regola dell’oltre il ragionevole dubbio. In proc penale ci sono
valori in gioco più elevati risp proc civ. Es caso OJ Simpson, condannato in civ,
ma non in Pen.

Punto di partenza delle indagini è analisi prove, uno studioso fece notare la
difficolta nel capire testimonianza vera e falsa.

Un caso particolare è la prova del DNa che pero risulta non infallibile,
dichiarato nel 1967.

E per la prova documentale? E’ il caso di ricordare il Caso Dreyfus, nel quale


l’accusa al fine di dimostrare che l’autore di un documento, che si pretendeva
fosse caduto nelle mani dei tedeschi, era proprio il capitano Dreyfus, segnalò la
frequenza con cui certe lettere nel documento fossero sovrapponibili alle
medesime che si trovavano nella corrispondenza del capitano; la matematica su
cui si basava tale dimostrazione era un assoluto non senso.

L’esperienza americana, ha dimostrato quanto sia essenziale il bisogno del


disporre di una regola non scientifica di valutazione e decisione; ciò che davvero
conta, è che la decisione del giudice non lasci spazio a dubbi e che le ipotesi
scientifiche enunciate siano controllabili .

Sono queste le premesse per lo sviluppo dei principi enunciati in America dalla
celebre sentenza del Daubert del 1993: I giudici, debbono pronunciare le loro
decisioni sull’affidabilità delle ipotesi scientifiche basandole sul doppio criterio,
induttivistico e falsificazionista, dell’alto grado di conferma e della provvisoria
corroborazione, ottenuta attraverso il superamento dei tentativi di falsificazione.

La domanda che sorge è: Cosa c’entrano le massime di esperienza con questo


mondo di grandi pericoli connessi allo sviluppo scientifico e tecnologico degli
ultimi trent’anni? Tutti comprendono che siamo in presenza del mondo della
cultura scientifica: un mondo fatto dall’uomo che, a sua volta, ha fatto lo
scienziato moderno, il c.d. mondo dei tre. Popper ha distinto tre diversi mondi:
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Mondo degli stati od oggetti fisici; 

Mondo degli stati o contenuti mentali; Mondo dei contenuti oggettivi di
pensiero.

Hart e Honoré :se dietro alla massima utilizzata non si celano dei precisi
enunciati scientifici o se il giudice non interpella il magazzino della scienza per
capire se ci sono dei controesempi verranno a mancare le condizioni per una
selezione giuridica delle massime di esperienza da utilizzare.

sentenza dell’ottobre 2002 relativa alla causalità: Per distinguere le massime di


esperienza attendibili da quelle inattendibili, l’unico criterio razionale è quello di
utilizzare le generalizzazioni del senso comune, solo quando dietro ad esse possa
essere individuato un ben definito sapere scientifico. Come farà, quindi, il
giudice a distinguere le massime di esperienza erronee da quelle non erronee?
La selezione delle massime, il cui linguaggio svela un notevole grado di
indeterminatezza, dipende in larghissima misura dal colpo d’occhio,
dall’intuizione del giudice . Massime di esperienza possono essere introdotte nel
processo penale, a patto però che vengano sottoposte al vaglio del sapere
scientifico e della regola di giudizio dell’oltre il ragionevole dubbio, dunque
quando il giudice sia ragionevolmente certo della loro attendibilità.

Le massime di esperienza, sono opinabili perché difettano del requisito del


controllo critico.

Come risolvere il problema della verità del processo? Secondo l’insegnamento di


Agazzi: La nozione di verità relativa, implica il riconoscimento della necessità di
sostituire alla pretesa dell’assolutamente certo, l’aspirazione al ragionevolmente
e praticamente certo.

Secondo una prima versione, il problema della verità nel processo, va risolto
ricorrendo ad un calcolo quantitativo delle probabilità, che consenta di
prospettare l’ipotesi sul fatto come ipotesi probabilmente vera.

Come si riuscirà ad individuare il criterio razionale di valutazione e di giudizio?

Definiamo innanzitutto la soglia che da un punto di vista logico, individua il


limite al di sotto del quale una certa ipotesi sul fatto è logicamente inattendibile;
un grado di conferma dell’ipotesi che sia pari a 0.50 si può considerare come il
limite minimo sotto il quale non è ragionevole considerarla attendibile; Decisive,
invece, sono le valutazioni complessive del giudice compiute sulla base di regole
giuridiche fissate dall’ordinamento.

Qual’è regola che deve orientare il giudice nella decisione?


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Nel processo civile, il criterio è quello del grado prevalente di probabilità logica,
nel penale lo standard reg probatoria e di giudizio è più stringente : serve un
grado di conferma dell’ipotesi accusatoria che superi il filtro dell’oltre il
ragionevole dubbio .

Lex Afferma che l’imputato deve essere assolto se l’accusa non ha dato la prova
oltre ogni ragionevole dubbio; in questa regola risiede il potente criterio
probatorio e di giudizio che consente di dar vita concreta alla massima per cui è
molto meglio lasciar libero un colpevole che condannare un innocente.

Sent 2002 sez unite penali corte suprema : l’incertezza del riscontro probatorio
sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio sulla reale
efficacia condizionante della condotta omissiva del medico, comportano la
neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del
giudizio.

Italia anni 20-40 caratterizzata da asservimento giuristi ad ideologia stato


autoritario, un giurista suggerì idea indubbio pro stato, anziché indubbio pro
reo.

In ambito totalitarismo russo Krylenko comminava pene capita a proprio


arbitrio. In Cina anni 50 La presunzione di innocenza, è una freccia velenosa
usata dagli elementi di destra per danneggiare la dittatura democratica del
popolo e liberare i controrivoluzionari, 1980 cod Pen e cpp in cina.

Nato nella prassi giudiziaria in concomitanza con l’abolizione della tortura,


introdotto in Europa dalla legislazione francese del 1789-1791, il principio del
libero convincimento, fu trapiantato in un ordinamento basato su giudici
funzionari. Nel corso dell’800, assunse consistenza un nuovo ideale
dichiaratamente inquisitorio ed autoritario del processo penale. Lo strettissimo
legame tra concezione autoritaria dello Stato e modo di intendere il binomio
protezione dell’innocente-libero convincimento, risulta definitivamente
confermata dalle esperienze autoritarie e totalitarie del Novecento. E’ così che
in Italia la scuola penalistica, mentre manifestava rabbiosamente la propria
opposizione alla presunzione di innocenza, si batteva perché il giudice fosse
dotato di un potere illimitato.

Poiché la legalità non è automatica garanzia di giustizia, il giudice deve


giudicare non soltanto la parte, ma anche il legislatore. Il come giudicare, può
oggi essere risolto solo riconoscendo l’assenza di criteri di valutazione delle
prove che si cela dietro il modo in cui viene abitualmente inteso il libero
convincimento: solo questa consapevolezza, consentirà di colmare il vuoto con
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l’individuazione di solidi criteri di riferimento ai quali deve essere legata la
decisione giudiziale.

Calamandrei, dice: Il pericolo maggiore che in una democrazia minaccia i


giudici, è il pericolo della indifferenza burocratica.

Es: Sulla piazza c’è un impiccato, condannato a morte dal giudice. Solo dopo
l’esecuzione della pena, si scopre che l’impiccato era innocente; dunque la
sentenza era ingiusta. Chi, si chiede Calamandrei, è responsabile di aver
assassinato quell’innocente? Esaminiamo le posizioni di legislatore e giudice. Il
primo sostiene di aver la coscienza tranquilla, poiché la sentenza è un sillogismo
di cui ha soltanto costruito la premessa maggiore, un’innocua formula ipotetica
generale ed astratta; chi l’ha assassinato è stato il giudice, perché è colui il quale
dalle premesse innocue ha tratto la conclusione sbagliata. Il secondo, invece,
sostiene di non aver colpa poiché la sentenza è un sillogismo dal quale non ha
fatto altro, il giudice, che estrapolare la conclusione dalla premessa imposta dal
legislatore; chi l’ha assassinato, dice il giudice, è stato il legislatore con la sua
legge, la quale era già una sententia generalis, in cui anche la condanna di
quell’innocente era racchiusa. CONCLUSIONE (di Calamandrei): Questa non
può essere la giustizia di una democrazia: questo non può essere il giudice degno
della Città degli uomini liberi.

Tut vittime di oggi e di ieri nella prospettiva del modello del danno e della
causalità e subito dopo il problema della tutela delle vittime del
“futuro” .Rispetto al primo problema, gli studiosi del mondo intero sono
unanimi nel riconoscere che le questioni dei danni provocati dal moderno assetto
industriale presentano un ampio grado di incertezza scientifica . poiché anche la
regola del più probabile che no incontra degli ostacoli insormontabili nella prova
della responsabilità individuale, il modello tradizionale dell’illecito civile viene
piegato alle esigenze della modernità e trasformato in un nuovo modello in cui a
quella regola ed al relativo onere a carico dell’attore, vengono affiancate altre
regole, quali quella dell’inversione dell’onere probatorio, della quota di mercato,
della proporzionalità, ecc.

Taruffo: E’ credibile la prova, osserva lo studioso, che abbia almeno un valore di


0.50; dunque si può ritenere ragionevolmente attendibile l’ipotesi sul fatto che
abbia un grado di probabilità logica di almeno 0.50. scelta compiuta su base cric
probabilità prevalente.Secondo lo studioso, la teoria della decisione giusta, deve
fondarsi sui tre criteri, tra i quali primeggia quello dell’accertamento attendibile
dei fatti rilevanti; gli altri due criteri sono quello della correttezza
dell’interpretazione della regola giuridica e dell’impiego di un criterio valido e
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giusto per giungere alla decisione. L’attendibilità di un giudizio sui fatti, dipende
dal grado di conferma (probabilità logica) che le prove disponibili sono in grado
di attribuire all’ipotesi formulata; il grado di conferma necessario dipende da
criteri di riferimento ritenuti giusti per il processo civile ed il processo penale,
cioè rispettivamente dal criterio della preponderanza dell’evidenza e dal criterio
dell’oltre il ragionevole dubbio.

In usa ce dibattito su una questione:Le norme di common law di diritto civile


relative alla determinazione della responsabilità, si sono sviluppate senza che si
avessero in mente le complicazioni dell’azione per sostanze tossiche. Per questo,
bisogna rinunciare al modello di ricorso civile tradizionale proposto dal common
law, ed a sostituirlo con uno schema di risarcimento di tipo amministrativo.
Quest’ultimo, infatti, sarebbe in grado non soltanto di ridurre i tempi del
processo, ma con costi nettamente inferiori ed un livello ragionevole di
risarcimento per la vittima dell’esposizione. In italia prospettive no rassicuranti.

Cause arretratezza ns ordinam: Una prima causa, è costituita dalla circostanza


che il potenziale del diritto civile ed amministrativo è rimasto largamente
inutilizzato. E’ la mancata elaborazione di regole nuove, da parte del diritto
civile e del diritto amministrativo italiano, a spingere i giudici penali a ritenere
l’obbiettivo generale di punire sui potenti principi della legalità e ad indurli ad
emanare delle sentenze di condanna in cui la regola dell’oltre ragionevole dubbio
viene del tutto ignorata e con le quali vengono calpestate le stesse norme del
diritto penale sostanziale. Ma il quadro delle ragioni di arretratezza del nostro
ordinamento, va completato con una riflessione su un difetto metodologico della
scienza penalistica e di quella penalprocessualistica. Esse, infatti, sono rimaste
vittime del “mito delle discipline”, ovverosia dell’idea che ogni disciplina sia
come un’isola separata dalle altre. Resta così irrisolto il problema della regola
probatoria e della regola di giudizio. Bisogna quindi tratteggiare la proposta di
un nuovo diritto penale che sia in grado di saldare in un tutto armonico la
disciplina sostanziale (elementi costitutivi del reato, cause di giustificazione, ecc.)
e disciplina delle regole probatorie e di giudizio.

Guardando alle generazioni future ,nel diritto penale classico ed odierno, il


colpevole costituisce una figura centrale dell’evento criminale, questa rischia di
andare perduta in un diritto penale orientato su illeciti riferiti al futuro.
Partendo dalla comprensione della colpevolezza, bisogna dire che essa è uno
strumento irrinunciabile dell’imputazione individualizzante di responsabilità;
d’altra parte, se ci si vuole distaccare da questa forma di imputazione, una
sanzione che non sia più ad essa connessa, deve perdere obbligatoriamente il
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carattere di pena: non può esserci pena senza colpa, nel senso di
rimproverabilità individuale.

Cap 2 ROORD

Carrara nell’800 :obiettivo del codice di procedura penale è quello di proteggere


i galantuomini contro gli abusi e gli arbitrii dei pubblici ufficiali; egli ben
comprende come quello della protezione dell’innocente sia un vero e proprio
principio metafisico. Individua un principio :Io proteggo quest’uomo perché
innocente, e tale io lo proclamo fino a quando non abbiate provato la sua
colpevolezza.

Per Lucchini, coevo,’oltre il ragionevole dubbio deve diventare regola di giudizio


e regola sull’onere probatorio: la sapienza romana ci ammonisce a dirimere il
conflitto in dubio pro reo.

Carnelutti scrive: La legge, considera la condanna ingiusta come un danno


sociale più grave dello ingiusto proscioglimento e perciò esige dal giudice
maggior cautela per condannare che non per prosciogliere.

La fallibilità della decisione giudiziale è il problema: come risolverlo? Carnelutti


prova a rispondere: La conoscenza del processo, anzi del diritto penale, non può
prescindere dall’errore giudiziario; il giudice che “non sbaglia mai” è uno dei
tanti fantocci che finiamo per confondere con gli uomini vivi. Proprio perché il
processo è una pena, come negare che per quel tanto di pena che così l’innocente
ha sofferto, egli sia stato ingiustamente punito? L’accertamento negativo del
reato, è la constatazione ufficiale della fallibilità del processo penale e perciò
dello scarto tra il suo risultato ed il suo scopo.

Montesquieu, dal canto suo, fonda proprio sulla protezione dell’innocente il


nesso tra libertà e sicurezza dei cittadini: la libertà politica consiste nella
sicurezza, o quantomeno nella convinzione che si ha della propria sicurezza e
questa sicurezza non è mai posta in pericolo maggiore che nelle accuse pubbliche
o private; il che significa che quando l’innocenza dei cittadini non è garantita,
non lo è neppure la libertà.

Costituzione italiana di cui all’art.27 co.2; possiamo affermare che la


presunzione di innocenza induce ad impedire che l’imputato sia assoggettato,
durante lo svolgimento del processo, a misure repressive che implichino la sua
identificazione col colpevole, ed induce ad escludere qualsiasi onere probatorio
in capo all’imputato circa la propria innocenza.
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Nel 1965, Pisani, addita con forza la presunzione di non colpevolezza come un
principio fondamentale di civiltà e giustizia; nella presunzione di non
colpevolezza lo studioso ravvisa un principio guida per la metodologia
dell’accertamento penale.

Illuminati, nell’opera La presunzione d’innocenza dell’imputato del 1979,


osserva come l’oltre ragionevole dubbio, costituisce una regola sia probatoria
che di giudizio .

l principio della presunzione di innocenza, ha assunto in passato ed assume


tuttora due significati ben distinti, a seconda che sia riferito alla regola
probatoria e di giudizio, ovvero a quella del trattamento dell’imputato nel corso
del processo. Nel primo significato, la presunzione induce ad escludere qualsiasi
onere probatorio a carico dell’imputato circa la propria innocenza, e si risolve
nella regola in dubio pro reo; nel secondo senso, vale ad impedire che egli sia
assoggettato, durante lo svolgimento del processo, a misure soggettive che
implichino la sua identificazione col colpevole.

Nel 1985 sulla presunzione di innocenza: Mentre il pubblico ministero deve


provare la responsabilità dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio,
all’imputato, per ottenere l’assoluzione od il proscioglimento, basta addurre
elementi idonei a far sorgere il dubbio sull’esistenza dei fatti impeditivi o
estintivi della punibilità.

La codificazione del 1988 ha ricondotto il sistema dentro le coordinate del


principio della presunzione di innocenza operando sulla struttura del processo .

Le prove sono insufficienti allorquando l’accusa non abbia dimostrato la


colpevolezza dell’imputato al di là del ragionevole dubbio.

In Germania grazie a Stree nel 1962, il quale con la sua opera pone le basi per
una riflessione la quale farà approdare la dottrina tedesca a conclusioni
sostanzialmente identiche a quelle della dottrina liberale italiana dell’Ottocento
e del periodo anteguerra del Novecento. Anche per Stree: E’ meglio lasciare
impunito il delitto di un colpevole, piuttosto che condannare un innocente,
attraverso l’applicazione della regola di giudizio “nel dubbio a favore
dell’imputato”.

valori messi in gioco dal processo penale medesimo: la dignità umana, il diritto
di ogni individuo al rispetto della comunità, l’attenzione sociale. Questi valori,
sono annientati dal processo penale, in virtù del biasimo morale che ogni
sentenza di condanna reca con sé. Il potere punitivo, deriva dal diritto dello
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Stato di garantire l’ordine giuridico, di infondere la sua forza, di garantire
l’ordine morale fondamentale e di proteggere la collettività. Conclusioni di
Stree: Le leggi penali stabiliscono in sostanza che chi ha fatto questo e questo,
viene punito così e così; non dicono “chi ha presumibilmente fatto questo e
questo, viene punito così e così” .

Nell’Unione Sovietica, a differenza che in Italia ed in Germania, quel dibattito


inizia subito dopo la seconda guerra mondiale. Fra i primi sostenitori della
presunzione di innocenza, vi è Strogovich, una delle guide teoretiche del diritto
penale sovietico . nel ’65 la presunzione aveva riguadagnato sufficiente validità
da ottenere il riconoscimento in una Nuova Enciclopedia dei concetti legali
sovietici .

La regola dell’oltre ragionevole dubbio, costituisce oggi patrimonio comune dei


paesi del continente europeo e dei paesi di common law. in quelli del continente
europeo la regola, probatoria e di giudizio, dell’oltre il ragionevole dubbio è
sostanzialmente priva di effettività. Tutti i testi di procedura penale, non solo
italiani, ripetono che il processo penale è dominato dal libero convincimento del
giudice.

Il libero convincimento, quindi, deve cedere il passo alla legge, cioè alla regola
dell’oltre il ragionevole dubbio. Qui sta la distanza tra i due tipi di ordinamento;
mentre nei sistemi di diritto continentale la protezione dell’innocente tende a
restare confinata nel limbo della enunciazione dei principi, dottrinali e
costituzionali, nei paesi di common law è diventata “diritto vissuto”
nell’esperienza giudiziaria di tutti i giorni.

Ogni società di uomini liberi, deve avere al centro delle sue preoccupazioni la
protezione dell’innocente, anche per un’altra ragione potente: è importante che
ogni cittadino nell’occuparsi dei suoi affari ordinari abbia fiducia che la società
cui appartiene non promuoverà nei suoi confronti processi penali per condotte
legali.

Condannare un innocente è disfunzionale.

Sono centinaia le sentenze della Corte Suprema successive a Winship, sull’oltre


il ragionevole dubbio; le divideremo in tre gruppi distinti. Il primo gruppo è
costituito dalle sentenze con cui la Corte Suprema riafferma e precisa il proprio
pensiero sui valori di immensa portata posti in gioco dal processo penale.

1994 sent OLBRIGHT, poi sent NEBRASKA e 1972 sent LOUISIANA.


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Segnalazione particolare meritano le sentenze riguardanti i minorenni, malati di
mente e ritardati mentali. Prendiamo come riferimento la sentenza del 1984 sul
caso Schall v. Martin. In essa si osserva come l’esperienza del carcere risulti
molto più dannosa per i minorenni ancora più dannosa che per gli adulti.

E il valore della vita? La regola dell’oltre il ragionevole dubbio, protegge anche


questo valore assoluto. sentenza su caso Boyde v. California del 1990. Tollerare
una possibilità di errore nei processi capitali, significa affrettare il ritorno ad
una amministrazione capricciosa e folle della giustizia penale.

la pena di morte costituisce un grande buco nero nell’amministrazione della


giustizia. Su questa esigenza si è pronunciata la Corte Suprema con la celebre
sentenza Furman v. Georgia (giudice Brennan estensore) del 1972. La pena di
morte, è irriducibilmente in contrasto con la dignità umana e, in quanto crudele
ed inusuale, con la Costituzione. Alcuni riferimenti testuali della sentenza: Lo
stato, anche quando punisce, deve trattare i suoi membri con rispetto, per il loro
valore intrinseco come essere umani. Una punizione, quindi, è crudele ed
inusuale quando non tiene conto della dignità umana. L’uccisione premeditata di
un essere umano da parte dello Stato, implica per sua natura la negazione
dell’umanità della persona giustiziata; la pena può anche essere stata inflitta in
modo incostituzionale, eppure la definitività della medesima preclude la
riparazione del danno.

Il secondo gruppo di sentenze, successive a Winship, sulle quali è opportuno


spendere qualche riflessione è costituito da pronunzie della Corte Suprema
relative al rischio di errore. Sent KENNEDY “Tanto più grande è il grado di
privazione che può scaturire da una decisione, tanto più piccolo è il rischio di
errore che possiamo tollerare.

Sent Mckinny “Sempre, nell’accertamento dei fatti, c’è un margine di errore e


che, il margine di errore deve essere ridotto, applicando la regola dell’oltre il
ragionevole dubbio”.

Il terzo gruppo di sentenze, successive a Winship, riguarda l’oggetto della prova


al di là del ragionevole dubbio. Sono sentenze importanti in quanto abbracciano
nell’oggetto della prova tutti gli elementi costitutivi del reato, nonché le
circostanze che incidono sulla pena.

Sent Montana :Ritenuto che le presunzioni conclusive (ovvero le direttive


incontestabili della corte dirette a stabilire il dolo, dopo aver accertato i fatti che
portano alla presunzione) sono in conflitto con la più fondamentale presunzione
di innocenza che la legge accorda all’accusato e che si estende ad ogni elemento
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del reato e violano la funzione di accertamento dei fatti che la legge assegna alla
giuria, la presunzione annunciata della giuria può benissimo aver avuto queste
conseguenze.

Gli effetti dell’errata condanna di un individuo sono schiaccianti, giacché le sue


conseguenze includono il danno alla reputazione e la privazione costituita
dall’incarcerazione; 

Le restrizioni che sono imposte ai giudici penali si ispirano a criteri sia di
razionalità che di libertà; 

La giustificazione di quelle restrizioni dev’essere individuata non solo nella
presunzione di innocenza, ma anche nel principio di legalità. 

è un errore più grave assolvere un colpevole o condannare un innocente?

La risposta è la seguente: la legge chiede che la giuria, nel caso di un delitto, sia
certa oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza dell’accusato, prima di
condannarlo; in questo senso, le prove richieste nelle cause penali dimostrano
una preferenza per l’errore di tipo 2, vale a dire l’accettare l’ipotesi nulla –
l’innocenza – quindi la preferenza per il rischio di assolvere un colpevole.

Dubbio ragionevole sign più probabile che no. Tentativi di qualificare


matematicamente il ragionevole dubbio, sono stati compiuti proponendo di
identificare la soglia dell’oltre il ragionevole dubbio con la probabilità
convenzionale del 95% o più, o del 99% o più. Tuttavia, un numero sempre
crescente di pronunzie, respinge queste proposte sulla base dei rilievi , in
particolare del rilievo secondo il quale un rischio di condanna id innocente, in
qualunque modo quantificato, non può essere consapevolmente accettato .

Nella sent Louisiana del 1990 La portata dell’interesse individuale in gioco in


una sentenza capitale, richiede uno standard di prova “scelto per escludere il più
possibile la probabilità di una sentenza errata”.

Dalla sentenza Texas si evince :Il dubbio ragionevole, non è suscettibile di


quantificazione, e non può essere fatto coincidere con il dubbio grave, dubbio
serio ; Il ragionevole dubbio non può neppure essere fatto coincidere con
un’ombra di dubbio, con una possibilità remota.

Nel caso Simpson affermato che: il ragionevole dubbio non è un mero dubbio
possibile, perché qualsiasi cosa si riferisca agli affari umani è aperta a qualche
dubbio possibile o immaginario. E’ quella situazione che, dopo tutte le
considerazioni, lascia la mente dei giurati nella condizione in cui non possono
dire di provare una convinzione incrollabile sulla verità dell’accusa.
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L’importanza del processo Simpson, dimostra che tutto il processo penale ruota
attorno all’oltre ragionevole dubbio. O.J. Simpson, accusato di aver ucciso la
moglie Nicole ed il suo nuovo compagno, tutti e due bianchi, è stato assolto in
sede penale e condannato al risarcimento in sede civile. Trovato guanto, ma
messo sul posto dalla pula magari x motivi raziali. Guanto no sue dimensioni.

Il giudice, davanti alla regola dell’oltre il ragionevole dubbio non può concepire
la sentenza alla stregua di un sentimento, come manifestazione della sua
intuizione. Egli, deve rinunciare alle convinzioni che si formano nel crogiuolo del
suo spirito, alle sue intuizioni, emozioni, sentimenti: ciò che la legge gli impone, è
di stabilire se le prove presentate dall’accusa, oggettivamente considerate,
lasciano spazio a dei dubbi, anche se questi non sono sostanziali, gravi.

L’accusa deve provare al di là del ragionevole dubbio, significa dire che l’accusa
ha l’onere di persuadere il giudice che la ricostruzione dei fatti prospettata non
lascia spazio a dubbi ragionevoli.

Nel X Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine ed il


trattamento dei trasgressori, tenutosi a Vienna nel 2000, si è riconosciuto che nel
mondo intero, i sistemi di giustizia penale variano, ma la gran parte di essi
prevede la presunzione di innocenza e lo standard di prova oltre il ragionevole
dubbio.

il comma 3 dell’art.27 della Costituzione riempie di contenuto la presunzione di


non colpevolezza. Il comma 3 dell’art.27 della Costituzione, consente di
orientare l’interpretazione anche del primo comma, relativo alla personalità
della responsabilità penale, il quale contribuisce a precisare il contenuto della
presunzione di non colpevolezza. Responsabilità penale significa responsabilità
per fatto proprio personale, cioè per la realizzazione degli elementi soggettivi,
ma ancor prima degli elementi oggettivi della fattispecie; la responsabilità non
sarebbe più personale se il giudice non fosse sicuro che l’imputato ha commesso
il fatto, cagionando l’evento lesivo.

PARTE II Capitolo I

Tutela delle vittime, può solo significare risposta vendicativa oppure una
risposta con finalità di deterrenza o rieducative; come tale, riferibile non
soltanto alle vittime che hanno già subito il danno, ma a possibili vittime future.
14
La prova della causalità e della colpevolezza oltre il ragionevole dubbio, non
trova neppure ai nostri giorni cittadinanza nei processi penali che si svolgono
nell’Europa continentale, perché il giudice continua a decidere secondo il
proprio personale convincimento. I giudici europei, insomma, non vogliono
barriere al proprio libero convincimento, perché si considerano autorità alla
quale i cittadini debbono soggiacere; diciamo, quindi, che la giurisdizione penale
viene esercitata nell’ambito della c.d. pretesa punitiva statuale, e che
quest’ultima non è mai stata separata dalla ragion di Stato come esigerebbe una
concezione democratica di comunità sociale.

La tensione tra le aspettative alla tutela della salute individuale e le aspettative


alla protezione dei diritti individuali alla libertà, al buon nome e alla
reputazione, si sono risolte in un vistoso attacco al principio della responsabilità
individuale; compiuto in Europa.

La sentenza del processo sul talidomide; l’archiviazione come strumento di


chiusura del processo penale di fronte all’intervenuto risarcimento delle vittime.

Il Tribunale di Aquisgrana, per bloccare il processo prima della trattazione della


causalità concreta e della responsabilità individuale, ha fatto ricorso ad una
disposizione ad hoc del codice di procedura tedesco e – di fronte all’intervenuto
risarcimento delle vittime – ha emanato una sentenza di archiviazione per
“colpevolezza minima e carenza dell’interesse pubblico alla prosecuzione
dell’azione penale”. quando il rischio della condanna di innocenti diventa
intollerabilmente elevato, l’intervento punitivo viene a perdere ogni parvenza di
legittimità .

Quando l’assunzione delle prove giunge ad un esito incerto sulla questione della
causalità, la letteratura prevalente rimanda al principio in dubio pro reo.
Purtroppo, il principio del dubbio viene inteso dalla giurisprudenza nel senso
che debbono essere valutati a favore dell’imputato soltanto i dubbi che il giudice
ha sulla prova della causalità; se il giudice si è formato il convincimento che la
causalità sia provata, allora il principio del dubbio non viene neanche preso in
considerazione.

Il primato dei principi della responsabilità per fatto proprio e della


responsabilità personale, testimonia il primato che, nel diritto penale
dell’evento, compete alla causalità come criterio di imputazione individuale dei
singoli eventi dannosi; ma la sua vanificazione può essere scongiurata solo dalla
effettività della regola processuale che accolla all’accusa l’onere di provare, al di
là del ragionevole dubbio, il requisito causale.
15
Hassemer, ancora una volta, individua il cuore del problema. Il BGH, introduce,
nel campo della responsabilità da prodotto, un concetto di causalità del tutto
nuovo: il concetto di idoneità di una sostanza a provocare un certo tipi di eventi
dannosi sui gruppi o popolazioni indagati (c.d. causalità generale); questo è un
concetto in contrasto con il concetto di causalità. E’ stata considerata causa ogni
condizione dell’evento che non può essere eliminata senza che venga meno anche
l’evento nella sua forma concreta. La verità, è che l’accertamento della causalità
generale non può portare a nulla più che ad una semplice ipotesi di causalità: è
un accertamento cieco della causalità .La tesi di Kaufmann, è stata poi
contestata da Ingeborg Puppe: le leggi della scienza non sono un requisito di
fattispecie, e la valutazione della loro affidabilità non dipende dalla accettazione
generale della comunità scientifica. Secondo la studiosa, l’accettazione di una
legge causale, da parte del giudice penale, non può essere certo intesa come
l’esito di una libera valutazione della prova, giacché quest’ultima può avere per
oggetto solo elementi di fatto singolari, e non gli accadimenti di fatto generali.
Anche nel diritto penale, deve sussistere la possibilità di applicare una legge
generale che non sia incontestata, nell’ambito di una determinata scienza
empirica, ma sia confermata e riconosciuta da un gruppo rappresentativo di
esponenti di tale scienza.

Per Paredes: è possibile affermare l’esistenza di una relazione di causalità tra


un’azione ed un risultato, solo quando può affermarsi una connessione tra gli
stessi, in virtù di una legge scientificamente provata.

E’ inevitabile concludere che, la causalità, reca in sé il richiamo alla esigenza di


una spiegazione oggettiva del perché dell’evento: spiegazione che non può da
null’altro essere offerta che dalla scienza e dalle sue leggi. Solo l’uso di leggi
causali universali o di leggi statistiche quasi universali può soddisfare l’esigenza
di una risposta alla domanda sul perché dell’evento lesivo.

A dare forza al tentativo di flessibilizzazione è intervenuta la Corte Suprema di


Cassazione con una sentenza del 1999. Tramite tale sentenza, il supremo organo
ci informa che in tema di malattie professionali, affinché sussista il rapporto
eziologico è sufficiente che si realizzi una condizione di lavoro idonea a produrre
la malattia, da cui consegue l’evento, e che non vi sia prova che tale malattia si
ricolleghi al sopraggiungere di fattori eccezionali e/o atipici. Il via è stato dato da
una sentenza del Pretore di Torino del 1995, relativa alla responsabilità penale
per esposizione ad asbesto.

Il nostro ordinamento, il comportamento dell’uomo deve essere condizione sine


qua non dell’evento e non dell’aumento del rischio.
16
La Cassazione osserva che: le leggi di copertura, sono sia le leggi universali, che
sono in grado di affermare che la verificazione di un evento è invariabilmente
accompagnata dalla verificazione di un altro evento, sia le leggi statistiche, che si
limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal
verificarsi di un altro evento, soltanto in una certa percentuale di casi. Ma se il
coefficiente percentualistico è basso o molto basso, come si può parlare di
numero sufficientemente elevato di casi? Tale numero, deve essere inteso come
percentuale vicinissima a 100, precisa la corte; solo se si ha a disposizione una
legge scientifica di forma universale, o una legge statistica che enunci una
regolarità nella successione di eventi in un’alta percentuale di casi, in una
percentuale, cioè, vicinissima a cento, si può pervenire ad un giudizio di elevata
credibilità razionale sull’esistenza del nesso di condizionamento. Il giudice dovrà
accertare che, senza il comportamento dell’agente, l’evento con alto grado di
probabilità non si sarebbe verificato. Cosa si intende per alto grado di
probabilità?

Per la scienza, non vi è alcun dubbio che tale termine voglia indicare che il
giudice potrà affermare che un’azione od omissione sono state causa di un
evento in quanto possa effettuare il giudizio controfattuale avvalendosi di una
legge, o proposizione scientifica che enunci una connessione tra eventi, in una
percentuale vicina a 100. Osserva la corte che: si può dire che una spiegazione
statistica adeguata del singolo evento lesivo presuppone una legge statistica, con
un coefficiente percentualistico vicino a 100 e deve sfociare in un giudizio sul
nesso di condizionamento di alta probabilità logica.

Il tema della responsabilità penale per esposizione a sostanze tossiche, ha


attirato l’attenzione anche della dottrina penalistica italiana che, con
Guariniello, ha cercato di far uscire dalle sabbie mobili il concetto di causalità
generale. Egli si copre le spalle enunciando una premessa inconfutabile: lo studio
epidemiologico non basta; suggerisce inferenze eziologiche senza dimostrarle
compiutamente. Dunque, la causalità generale, l’idoneità, sono troppo poco per
il diritto penale d’evento.

Per la sussistenza del rapporto di causalità è dunque sufficiente che l’agente


abbia posto in essere una condizione qualsiasi dell’evento.

Affinché sussista il rapporto eziologico, occorre e basta che il datore di lavoro


realizzi una condotta idonea a produrre la malattia.

Cazzaniga rivendica l’autonomia del concetto di causa della medicina legale;


dichiarando che la medicina legale non può e non deve utilizzare la concezione
condizionalistica. Precisa che, per la medicina legale, causa è ciò che modifica;
17
intendendo questa capacità modificatrice come idoneità ad apportare variazioni
quantitative o qualitative. Primo peccato capitale della medicina legale, è l’aver
ripudiato ed il continuare a ripudiare il concetto di condizione necessaria.
Secondo peccato capitale: aver elaborato dei criteri di accertamento del
rapporto causale, la c.d. criteriologia, che nulla hanno a che vedere con
l’accertamento del nesso di condizionamento. Il fatto è che il diritto, quando
interagisce con la scienza medica, non può essere pensato come un corpus di
norme che recepisca acriticamente conoscenze accertate altrove.

il sistema giuridico, quando utilizza la scienza medica, deve definire in via


normativa il sapere che essa esprime. La medicina legale è, appunto, legale ed il
suo compito è quello di una costruzione giuridica della scienza medica.

CAPITOLO 2 pg58

Le potenti ragioni che ispirano la scelta dell’oltre il ragionevole dubbio come


regola probatoria e di giudizio, ispirano la scelta della condizione sine qua non o
causa but for come criterio-base dell’imputazione dell’evento dannoso.

Se per stato è disfunzionale incriminazione innocente, allora obbligo ricorso a


teoria sinequanon e reg OORD. La condizione sine qua non, costituisce il
criterio-base di imputazione oggettiva dei singoli eventi lesivi. Il nesso causale,
dunque, inteso come nesso di condizionamento, continua ad essere un elemento
fondamentale della tipicità proprio perché tanto i delitti di pericolo quanto
quelli di danno esigono la dimostrazione che il comportamento dell'agente ha
condizionato nel mondo esteriore il risultato tipico. In Italia, il criterio della
conditio sine qua non, è stato codificato dagli artt. 40 e 41 c.p.

Il nostro ordinamento - attraverso il principio dell'equivalenza delle condizioni,


consacrato dall'art.41 co.1 c.p., e attraverso il principio enunciato dall'art.40
c.p., secondo il quale l'evento può essere imputato all'agente solo se è
conseguenza della sua azione od omissione – riconosce che la base
dell'imputazione penale è costituita dalla condizione sine qua non.

l'evento deve essere conseguenza della condotta (art.40 c.p.); 



il comportamento dell'uomo non può che essere una fra le tante condizioni
necessarie dell'evento .

la condotta umana non è mai una condizione necessaria in assoluto, ma lo è


contingentemente, cioè in uno specifico contesto di condizioni concrete. 

18
Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se la sua
azione od omissione non è condizione necessaria dell'evento da cui dipende
l'esistenza del reato (art.13). Non impedire un evento che si ha l'obbligo
giuridico di impedire equivale a cagionarlo, se il compimento dell'attività omessa
avrebbe impedito con certezza l'evento (art.14).

La Commissione, in conclusione: ponendosi in continuità con la tradizione,


intende a contrastare le tendenze a forzare il criterio della condizione necessaria
e ad eludere le esigenze di rigoroso accertamento del nesso causale relativamente
all'evento in concreto verificatosi. 


Non ovunque presente conditio sine qua non , nel Regno Unito Hart e Honoré
hanno proposto di sostituire la causa but for con una nozione causale che
sarebbe ricavabile dal linguaggio comune, e coinciderebbe con il concetto di
antecedente che determina una variazione nel corso normale degli eventi. 

Le difese della condizione necessaria, funzionano in modo invincibile: il nesso di
condizionamento tra condotta ed evento resta così il minimo assoluto per
l'imputazione penale, in coerenza con le scelte operate dalla Costituzione. Il
modello classico di diritto penale non può che funzionare in questo modo, e
questa pare l'unica ragione della sua incapacità di flessibilizzazione: i valori
altissimi di cui il criterio della condizione sine qua non o causa but for è
espressione, spiegano la sua perenne vitalità e fanno capire che nessuna esigenza
può avere un'efficacia plasmatrice tale da fargli perdere i suoi connotati tipici.

Il primo comma dell'art.40 c.p., infatti, per l'esistenza del nesso causale esige
soltanto che l'evento dannoso o pericoloso sia conseguenza dell'azione od
omissione, e cioè sia effetto del comportamento umano. Il criterio del nostro
codice implica un giudizio a posteriori.

Due punti fermi che nessuno mette in discussione: la teoria della causalità
adeguata è sorta e si è sviluppata per ridurre l'ambito della responsabilità, in
ipotesi in cui il ricorso al mero concetto di condizione necessaria sembra
condurre a conclusioni assurde ; il criterio della causalità adeguata opera in
aggiunta, non in sostituzione del nesso di condizionamento; è necessario, infatti,
che l'uomo col suo comportamento abbia posto in essere una condizione del
risultato, per cui il nesso condizionale è sempre indispensabile per l'imputazione
soggettiva. 

Dice bene Romano, quando osserva che: ci si occupa dapprima del nesso causale
propriamente detto, ovvero del nesso di condizionamento tra azione ed evento,
poi della c.d. Imputazione oggettiva. In un primo tempo si risponde
19
all'interrogativo: quando e a quali condizioni un evento è conseguenza
dell'azione del soggetto? In un secondo momento la domanda suona: sul
presupposto che l'agente ha causato l'evento, che tale evento sia riconducibile
alla sua condotta da un nesso condizionalistico, vi sono criteri, e quali, di
delimitazione della rilevanza di tale nesso condizionalistico? Secondo la teoria
dell'imputazione oggettiva dell'evento, sarebbe necessario che l'agente abbia
creato un pericolo riprovato dall'ordinamento e che tale pericolo si sia poi
realizzato nel concreto prodursi dell'evento.

CAPITOLO 3 PG65

Proseguendo l'indagine sulla causalità generale, scopriremo che la


contrapposizione tra causalità scientifica (le prove delle scienze naturali) e
causalità giuridica ( le prove del processo penale), non esiste giacché è la stessa
scienza a riconoscere che la causalità generale non consente di collegare i singoli
eventi lesivi all'uso di o all'esposizione a sostanze tossiche.

Perché i giudici penali, che in Europa si sono occupati della responsabilità da


prodotto e della esposizione a sostanze tossiche hanno utilizzato la causalità
generale come criterio di accertamento della responsabilità individuale?
Risposta è semplice. E' iniziato da alcuni decenni l'impatto dei temi della
modernità sul diritto penale. La percezione dei rischi legati alla tecnologia, ha
determinato una sorta di shock da modernità: gli effetti di questo shock sono
stati, per un verso, la creazione legislativa di un nuovo modello di diritto penale,
il c.d. Diritto penale del comportamento e, per l'altro verso, la creazione
giurisprudenziale di un modello altrettanto nuovo le cui radici vanno ricercate
non più nello schema classico del diritto penale d'evento, ma nella spinta esogena
esercitata da concetti elaborati da scienze giovani come l'epidemiologia, la
tossicologia, la medicina del lavoro. L'epidemiologia, non è altro che quella
scienza detta di popolazioni, ed ha lo scopo di prevenire, nelle popolazioni, le
malattie. L'epidemiologo, dunque, ha il compito di individuare gli eccessi di
rischio in una popolazione, rispetto alla popolazione di riferimento; il linguaggio
causale utilizzato riflette questo punto di vista. Il singolo caso concreto non può
essere spiegato con l’epidemiologia. L'ipotesi epidemiologica non costituisce un
genere a cui possa essere riconducibile la specie del caso concreto. Il concetto di
individuo non è sussumibile sotto quello di popolazione, le singole malattie non
sono sussumibili sotto il concetto di eccesso di rischio di una popolazione.

Nel preambolo del 1998, l'agenzia sulla valutazione dei rischi di cancro
nell'uomo, si ribadisce che: la parola cancerogeno viene usata in questa
monografia per indicare un'esposizione in grado di aumentare l'incidenza di
20
neoplasie negli esposti ad una certa sostanza. L'EPA si limita a dire: una
sostanza è definita cancerogena quando essa risulta in grado, cioè idonea a
produrre un aumento del rischio nella popolazione degli esposti.

Tutte le sentenze civili riconoscono l'incapacità della causalità generale di


individuare il responsabile dell'accaduto, tenuto al risarcimento; la grande
maggioranza di esse, quelle che seguono la versione forte del più probabile che
no, esigono sempre la prova particolaristica della causalità individuale; un
orientamento minoritario, quello che segue la versione debole del più probabile
che no, pur riconoscendo l'impossibilità di provare la causalità individuale
usando la nozione scientifica di causalità individuale, è indotto da considerazioni
di politica generale del diritto civile.

La versione “forte” del più probabile che no è stata seguita dalla corte d’appello
con la sent 1987, nel 1998 con sent barnes vs American tabacco : siamo sul
terreno della causalità generale e, per dare la prova particolaristica, bisogna
passare sul terreno della causalità specifica.

Brennan dice: le Corti, vogliono delle cause del tipo “se non fosse stato per”
dalla scienza, cause che portino direttamente al singolo. Negli ultimi dieci anni
(scrive nel 1984), i ricorrenti hanno intentato un numero crescente di cause,
basate sulle prove probabilistiche di causalità, e tuttavia la maggior parte delle
corti ha continuato ad insistere sulla causa but for o sulla causa sufficiente e si è
rifiutata di accettare le prove probabilistiche su cui si basano da tempo medici e
scienziati per curare le malattie e curare i pazienti. Nei processi civili, va
dimostrato che la causalità individuale è più probabile che no. Le corti, talora,
ritengono che l'attore abbia soddisfatto il suo onere probatorio quando abbia
dimostrato che vi è una “ragionevole certezza medica” sulla causalità
individuata.

La versione “debole” del più probabile che no. Questa versione, è quella
adottata da un orientamento giurisprudenziale minoritario. In sintonia con il
pensiero di una scuola civilistica “progressista”, ritiene che la prova della
causalità individuale nel diritto civile sia un autentico rebus, e che dunque
devono farsi strada nuovi modelli di responsabilità, disancorati dalla prova della
causalità individuale. Alcune corti, ritengono che sia sufficiente, ma anche
necessaria, la dimostrazione di un raddoppio del rischio, a seguito
dell'esposizione; altre corti, invece, ritengono sufficiente anche un aumento del
rischio inferiore a 2.

La “stella guida” di tale orientamento, è costituita da una sentenza del 1997,


della Corte Suprema del Texas, nel caso Merrell Pharmaceuticals v. Havner
21
(altro caso di presunte malformazioni da Benedectin). E' una stella guida poiché
fa il punto sulle conclusioni cui approda l'orientamento giurisprudenziale della
versione debole del più probabile che no. La sentenza si divide in quattro parti.

Prima parte. Si sottolinea la distinzione tra causalità generale e causalità


individuale. La causalità è generale quando una sostanza è in grado di causare
un danno o una condizione particolare in una intera popolazione, mentre la
causalità è specifica quando una sostanza ha causato il danno del singolo
individuo.

Se il rischio dovuto all'esposizione è più elevato nella popolazione generale,


allora il danno dell'attore è stato più probabilmente che no causato dalla
sostanza.

Seconda parte riguarda la distinzione tra la versione “forte” e la versione


“debole” del più probabile che no e affronta il tema del raddoppio del rischio,
individuando le sentenze che richiedono un rischio relativo superiore a 2 e le
sentenze che si accontentano di un rischio relativo inferiore: la versione forte
richiede che l'attore offra sia l'evidenza epidemiologica sul fatto che la
probabilità di causazione è superiore al 50% nella popolazione esposta, sia la
prova particolaristica che la sostanza ha arrecato danno all'individuo. La
versione debole, permette di giungere a sentenze basate solo su studi
epidemiologici.

Parte terza. E' dedicata all'esposizione delle ragioni politiche che inducono ad
aprire la strada a nuovi modelli di responsabilità civile, più aperti al
riconoscimento della rilevanza civilistica della nozione di causalità propria
dell'epidemiologia e meno legati alla nozione giuridica di prova particolaristica e
di causalità individuale: corrispondenza tra la scienza e l'onere giuridico della
prova, siamo persuasi che studi epidemiologici ben disegnati ed eseguiti possono
entrare a far parte della prova che supporta la causalità nei casi da sostanze
tossiche.

Quarta parte. La sentenza illustra le ragioni per le quali deve essere negato il
risarcimento agli attori, ragioni che vanno ravvisate nella inaffidabilità degli
studi epidemiologici, delle prove sugli animali.

La constatazione che la causalità generale è muta rispetto alla causalità


individuale non è sufficiente a risolvere, sul piano civilistico, il problema del
risarcimento del danno: ragioni di politica generale, inducono a ritenere che sia
necessario trovare un punto di equilibrio tra le ragioni delle vittime ed i concetti,
22
profondamente radicati nella giurisprudenza, in tema di responsabilità civile da
atto illecito. PAGINA75

Dalle sentenze appena esaminate, emerge il quadro dei principi in tema di


causalità sui quali deve fondarsi la responsabilità civile per il risarcimento.
Fondamentale è il riferimento alle leggi propriamente causali. Nessun problema
sarebbe destinato a sorgere se fossero disponibili leggi della scienza che
asseriscono una invariabilità nella successione di eventi e se di queste leggi fosse
dimostrata l'avvenuta concretizzazione nel caso singolo.

Ad esempio: nessun problema per la dipendenza da fumo di sigaretta se si


potesse asserire che “sempre il fumo di sigaretta è seguito dal fenomeno di
dipendenza da fumo”. Questo principio, costituisce spesso il presupposto
esplicito della dichiarazione di insufficienza della causalità generale a spiegare la
causalità individuale. Un secondo presupposto è costituito dalla indiscussa
esigenza che la causalità individuale venga dimostrata attraverso la prova
particolaristica; così la causalità generale dell'Agent Orange, della diossina, non
costituirebbe prova della causalità perché la questione rilevante non è se
abbiano, questi elementi, la capacità di provare un danno, ma se lo abbiano
prodotto ed a chi.

A questo punto è pienamente visibile l'abisso che separa l'orientamento


generalizzato delle corti americane dall'orientamento dei giudici europei, in
tema di responsabilità da prodotto ed esposizione a sostanze tossiche. I giudici
americani escludono la possibilità di provare la causalità individuale sulla base
della causalità generale; i giudici europei seguono l'opinione opposta: i primi
sono giudici civili, e debbono decidere alla stregua della regola del “più
probabile che no”; i secondi sono giudici penali che ovviamente ignorano sia la
prova particolaristica che la regola dell'oltre il ragionevole dubbio.

Anche la dottrina civilistica, negli stati uniti, ha le idee ben chiare sui temi della
causalità generale e della causalità individuale. All'orientamento dei giudici che
seguono la versione “debole” del più probabile che no, si oppone la scuola dei
giuristi c.d. Libertari; secondo Epstein, il caposcuola, l'incertezza sulla causalità
individuale costituirebbe il cuore della teoria della causalità nell'ambito
dell'illecito civile, perché lo spostamento dell'individuo al gruppo
rappresenterebbe una lacerazione degli aspetti morali, tipici dei giudizi di
responsabilità per risarcimento.

Se il concetto di “causalità generale” è muto sulla causalità individuale, sulla


causa but for, e se la ricerca incessante della causalità individuale costituisce
spesso un ostacolo insormontabile al riconoscimento delle ragioni delle vittime,
23
quando si applichi la regola di decisione del processo civile del “più probabile
che no” allora il problema della tutela delle possibili vittime da uso di prodotti
tossici o da esposizione a sostanze tossiche va ripensato da cima a fondo.

Ci si chiede: possono forse gli oggetti di uso quotidiano, essere veramente una
minaccia più seria per la salute di quanto non sia l'inquinamento industriale?
Per la scienza, oggi, la risposta è SI.

CAPITOLO 4 pg78

suggellata dall'intervento delle Sezioni Unite penali della Corte Suprema del
luglio-settembre 2002 è l'idea che un comportamento possa essere considerato
causale quando costituisce una condizione necessaria dell'evento (non
dell'aumento del rischio). Da un punto di vista logico, la causa non può che
essere intesa come l'insieme delle condizioni necessarie, cioè come condizione
sufficiente; la condotta umana non è mai una condizione necessaria in assoluto,
ma lo è contingentemente, cioè nel contesto delle altre condizioni necessarie che,
assieme, costituiscono la contingente condizione sufficiente. Poiché non è
possibile graduare la “caratura” di ogni singola condizione, tutte le condizioni
contingentemente indispensabili per il verificarsi dell'evento sono equivalenti tra
loro ed egualmente causali (art.41 co.1); principio dell'equivalenza delle
condizioni.

La formula positiva, dice: la condotta è causale se, senza di essa, l'evento non si
sarebbe verificato; per la formula negativa: la condotta non è causale se, senza
di essa, l'evento si sarebbe verificato egualmente.

I giudici possono considerare oggettivo solo il sapere scientifico che sia frutto
dell'applicazione del metodo scientifico ,Tutto il restante sapere non potrà essere
considerato oggettivo ed affidabile: la regola dell'oltre il ragionevole dubbio, non
consente che il giudice lo ponga a base delle sue decisioni.

Il modello della sussunzione sotto leggi, è primariamente di carattere


nomologico- deduttivo: la spiegazione causale deve soddisfare i requisiti di una
spiegazione in cui l'explanans contiene immancabilmente una o più leggi causali
universali ed alcune asserzioni singolari (c.d. Condizioni iniziali) che sono vere
per l'evento considerato; l'explanans così costruito consente una spiegazione
certa.

Aggiunge, a quanto detto, Federspil: è noto a tutti che le scienze tendono a


generalizzare, cioè a passare dalla generalità dei fatti empirici registrabili a
proposizioni sempre più vaste, costituite dalle leggi e dalle teorie. Le leggi sono
24
asserzioni di forma universale che indicano relazioni costanti e necessarie tra i
fenomeni osservati, ed assumono spesso la forma di un'equazione matematica:
nelle discipline biomediche troviamo esempi numerosi di questo tipo.

Le spiegazioni di eventi singoli, sono state suddivise in spiegazioni autentiche e


spiegazioni inadeguate, a seconda del grado di frequenza della successione di
eventi, enunciato dalla legge statistica: così, si avrà una spiegazione autentica
degli eventi singoli se il sostegno induttivo, rappresentato dalle premesse
nomologiche, è molto forte; in caso contrario non si riuscirà ad ottenere una
spiegazione autentica adeguata. Quando si impiega una legge statistica con una
frequenza fra tipi di eventi assai prossima a 100, la spiegazione ottenuta non
sarà certa, ma quasi certa o praticamente certa; se il sostegno induttivo,
rappresentato dalla legge statistica, è meno forte, perché la regolarità enunciata
non è vicina a 100, la spiegazione ottenuta non sarà certa, ma quasi certa o
praticamente certa; se il sostegno induttivo, rappresentato dalla legge statistica,
è meno forte, perché la regolarità enunciata non è vicina a 100, non si riuscirà ad
ottenere una spiegazione autentica.

Che cosa guida la scelta delle leggi statistiche da inserire nell'explanans? Una
questione di questo tipo, può essere risolta solo se si guarda al contesto in cui si
svolge l'azione pratica: per l'azione pratica, se le ipotesi probabilistiche devono
essere accettate o respinte, si pone l'esigenza di opportuni criteri. Il rigore di
questi, dipenderà dall'importanza attribuita alla preclusione di due generi di
errori che potrebbero venir commessi: respingere l'ipotesi in esame sebbene sia
vera; accettarla sebbene sia falsa.

La falsa causa

Dobbiamo registrare un fenomeno inerente il tentativo, non riuscito, di


snaturare nella sua essenza il modello della sussunzione sotto leggi: esso viene
compiuto dalla citata sentenza emanata dalle Sezioni Unite penali della Corte
Suprema, nel 2002, attraverso la prospettazione di inserire nell'explanans anche
le leggi statistiche che enunciano delle frequenze medio-basse nella successione
di eventi. Le Sezioni hanno asserito che: è indubbio che coefficienti medio-bassi
di probabilità c.d. Frequentista per tipi di evento, rilevate dalla legge statistica (e
ancor più da generalizzazioni empiriche del senso comune, impongano verifiche
attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilità
nella fattispecie concreta. Ma nulla esclude che anch'essi, corroborati dal
positivo riscontro probatorio, possono essere utilizzati per il riconoscimento
giudiziale del necessario nesso di condizionamento.
25
Esaminiamo le fonti delle frequenze medio-basse. Tra le fonti si dovrebbero
annoverare soprattutto le massime di esperienza e le rilevazioni
epidemiologiche; nel pensiero della Corte Suprema, le massime di esperienza
sono utilizzabili solo se, dietro ad esse, si celano degli enunciati scientifici.

Cosa dire invece delle frequenze medio-basse ricavabili dalle rilevazioni


epidemiologiche? Sappiamo che essendo scienza di popolazioni, l'epidemiologia
non fornisce mai i dati sulla frequenza che si potrebbe osservare nella
successione tra tipi di eventi singoli od individuali. E' dunque difficile non
pensare ad un obiter dictum, oppure ad una frase dovuta alla non conoscenza
degli obiettivi delle ricerche epidemiologiche. Anche l'epidemiologia conosce il
linguaggio causale: ma è questo un linguaggio che si riferisce alla causalità
generale, e talora implica il riferimento al rischio attribuibile ad una singola
persona, sulla base di un calcolo delle probabilità. In quest'ultima prospettiva,
l'epidemiologia ha copiato l'espressione “probabilità di causazione”: è una
probabilità legata al calcolo del rischio individuale relativo, compiuto sulla base
dell'età dei fattori di rischio professionale. Non è certo un caso che gli studiosi di
epidemiologia, che si sono avventurati sul terreno della “probabilità di
causazione”, abbiano ritenuto operante questa nozione esclusivamente nel
processo civile, dominato dalla regola di giudizio del più probabile che no. La
verità, è che l'epidemiologia non è in grado di dirci nulla su ciò che è accaduto
realmente; ciò viene ben compreso dai giudici di merito che scandagliano in
profondità il rapporto tra epidemiologia ed imputazione causale di eventi
singoli.

La vicenda del Petrolchimico. Leggiamo testualmente: la causalità, essendo


necessaria una spiegazione oggettiva dell'accadimento dell'evento, non può che
essere affidata, oltre che a leggi universali, a leggi scientifiche di copertura anche
statistiche, ma in grado di spiegare un rapporto di regolarità tra determinati
eventi con un elevato grado di frequenza e comunque sempre corroborati da
elementi circostanziali oppure da ulteriori dati desumibili da apporti di altre
scienze che siano tra loro coerenti nel contesto considerato.

Sotto il profilo della capacità esplicativa del singolo evento lesivo, la sussunzione
sotto leggi dovrebbe avvenire attraverso la dimostrazione della loro pertinenza e
applicabilità al caso singolo. Le obiezioni cui va incontro questo modo di
ragionare, sono insuperabili e sono due: la prima, riguarda il carattere non
esplicativo o non sufficientemente esplicativo delle frequenze medio-basse ; la
seconda, concerne la loro applicabilità a cause concrete, attraverso il riscontro
probatorio costituito dalla criteriologia medico legale, cioè dall'opera di
sussunzione del caso particolare sotto la legge statistica.
26
La verità, in considerazione, è che quelle evocate dalla sentenza delle sezioni
unite, sono probabilità causali ex ante, associate a nude statistiche; esse sono
probabilità astratte basate su classi di tipi di eventi. Queste probabilità sono
irrilevanti per la spiegazione di cosa sarebbe realmente accaduto; per far ciò,
dobbiamo fornire una spiegazione causale del caso particolare e fornire una
spiegazione causale richiede la prova della concretizzazione della
generalizzazione causale che si sostiene sia applicabile e della legge causale
sottostante.

Veniamo alla seconda obiezione contro la pretesa utilizzabilità delle frequenze


medio- basse. Ciò su cui è necessario riflettere è l'esigenza, sottolineata dalle
sezioni unite, della sicura esclusione di altre cause. PENSIERO DI STELLA:
l'accusa, utilizzando frequenze medio-basse, non riuscirà mai a dimostrare che
l'evento non dipende da altre cause, sia perché la gran parte di queste altre cause
non è conosciuta né conoscibile, sia perché appaiono insuperabili gli ostacoli
relativi alla prova: non per niente, ad esempio, gli studiosi che si sono occupati
del tema della trasmissione della malattia dell'AIDS dal partner malato al
partner sano, non hanno esitato a definire diabolica la prova dell'esclusione
dell'intervento di cause diverse dal rapporto sessuale con il partner considerato.
Il peso della pluralità di cause diverse dal rapporto sessuale, può essere quasi
azzerato se vengono ricostruiti gli anelli, anche solo parzialmente, delle catene
causali che legano eventi continui nel tempo e contigui nello spazio.

Lo scopo del processo penale: accertamento della verità. Quando si parla di


verità di una proposizione giurisdizionale, ci si riferisce sia alla corrispondenza
sia con gli accadimenti del mondo reale, sia alla corrispondenza con la
costruzione sociale del mondo, della quale fanno parte la scienza e la teoria della
conoscenza.

L'espressione “legge di copertura” è stata coniata per dire che l'explanandum,


cioè l'evento da spiegare, deve essere coperto dalla legge scientifica inclusa
nell'explanans. Ma ciò può avvenire solo con leggi del tipo “sempre o quasi
sempre A è seguito da B”; la copertura manca, invece, se la legge inserita
nell'explanans è un'ipotesi statistica a bassa, media o anche elevata frequenza.

La richiesta che fra le premesse figurino leggi universali si fonda proprio sul
presupposto che tale universalità sia l'espressione di una qualche necessità; e le
leggi statistiche? La risposta di Agazzi è molto chiara: si vede subito come
l'applicazione della spiegazione statistica alla ricerca delle cause dell'evento
singolo sia molto problematica. Se effettuassimo un numero adeguato di prove,
l'evento dovrebbe presentarsi con frequenza Q; il fatto è che quando siamo di
27
fronte l'evento E che si è prodotto, ossia quando non possiamo immergerlo in
una serie di prove perché è appunto singolo, non siamo in grado di attribuirgli,
come causa, quella che la lege statistica prevederebbe, se non con un grado di
fiducia proporzionale alla probabilità insita nella legge di copertura. Ecco
perché gli autori che trattano questo tema sono concordi nell'esigere che la
probabilità frequentista, sia molto prossima ad 1, ossia alla certezza.

Nell'opera “Le prove statistiche nel processo civile e nel processo penale” di B.
Frosin ecco il suo pensiero: la mancanza di leggi universali, utilizzabili per le
spiegazioni causali, si può ricorrere a leggi statistiche. Perché la decisione finale
sia ampiamente affidabile, è ovviamente necessario che tutte le sue componenti
siano dotate di una probabilità assai elevata; viene usualmente indicata la
necessità di arrivare in campo penale alla pratica certezza in contrapposizione a
probabilità non particolarmente elevate, ma normalmente accettabili in campo
previdenziale. Sembra da escludere che si possa parlare di pratica certezza se la
probabilità in questione è minore di 0.99. Deve essere considerata corretta
l'impostazione seguita dalla Corte Suprema in tre recenti sentenze le quali
stabiliscono che una spiegazione statistica adeguata del singolo evento lesivo
presuppone una legge statistica con un coefficiente percentualistico vicino a 110
e deve sfociare in un giudizio sul nesso di condizionamento di alta probabilità
logica o di elevata credibilità razionale, dove alta ed elevata stanno ad indicare
un giudizio che si avvicina al massimo della certezza. Ultima annotazione.
L'errore che vizia la pronunzia delle Sezioni Unite è sorprendente. La corte si
era trovata a fare i conti anche con la presunzione di non colpevolezza e con la
sostanza concreta di questo principio costituzionale, visibile nella massima
secondo la quale è molto peggio condannare un innocente che assolvere un
colpevole; a sua volta fonte, tale massima, della regola probatoria dell'oltre il
ragionevole dubbio.

Probabilità logica e OORD

Le spiegazioni giudiziali di eventi singoli, non potranno mai caratterizzarsi come


spiegazioni provviste della certezza garantita dal ragionamento deduttivo. Una
spiegazione vera provvista del requisito della certezza, dovrebbe far riferimento
al sistema completo delle leggi della scienza (cioè anche a quelle leggi che
conosceremo fra mille anni) e dovrebbe far riferimento a tute le c.d. Condizioni
iniziali, a tutti gli asserti singolari, cioè a tutte le situazioni di fatto sussumibili
sotto quel sistema di leggi e condizioni oggi non conosciute e non conoscibili. La
seconda ragione dell'impiego di assunzioni tacite va ricercata nel fatto che spesso
una relazione causale viene asserita tra eventi spazialmente lontani o fra eventi
separati da un intervallo temporale. Nel pensiero scientifico contemporaneo, è
28
pacifico che una spiegazione causale vera, è raggiungibile solo se le leggi causali
impiegate vertono su fatti spazialmente contigui e temporalmente continui; ecco
perché una relazione causale è spesso asserita in relazione ad eventi tra i quali
esiste uno iatus temporale o spaziale: quando ciò avviene, si suppone tacitamente
che gli eventi considerati siano collegati da una serie di altri eventi,
temporalmente adiacenti, oppure che essi non siano altro che termini di una
catena di cause e di effetti, dove gli eventi che costituiscono gli anelli intermedi
sono spazialmente contigui.

La verità è che, quando un giudice impiega leggi di forma universale, o quasi


universale, assume spesso tacitamente che sussista il requisito della continuità
temporale e della contiguità nello spazio, anche quando non può esibire le prove
di tale requisito. Questi rilievi consentono di capire il significato che deve essere
attribuito alle spiegazioni raggiunte con l'impiego del modello nomologico-
deduttivo, in cui l'explanans è costituito da leggi di forma universale, o dal
modello nomologico-induttivo in cui l'explanans è costituito da leggi di forma
quasi universale, perché provviste di un coefficiente percentualistico prossimo a
100. Tutto questo può indurre a sostenere che le spiegazioni causali, che stanno
alla base della decisione giudiziale, sono sempre a struttura probabilistica. Ma
questo, è un modo banale di intendere la probabilità.

Per renderlo meno banale, occorre aver chiara la distinzione tra probabilità
statistica e probabilità logica: la prima sta ad indicare la frequenza osservata tra
tipi di evento (modello nomologico-induttivo); la seconda, sta a designare una
relazione (non fra classi di eventi, ma) fra proposizioni, ed assume il significato
di grado di conferma di una proposizione rispetto ad un'altra.

Lo dice, per il processo penale, la regola dell'oltre il ragionevole dubbio. Solo


l'impiego di leggi universali o di leggi statistiche quasi universali è in grado di
sorreggere una spiegazione causale che sia rilevante nel processo penale, perché
solo quell'impiego garantisce una certezza pratica esente da dubbi ragionevoli.
Gli enunciati processuali che asseriscono, invece, ad una corrispondenza con ciò
che è realmente accaduto sulla base di basse, medie o anche elevate frequenze,
sono enunciati irrimediabilmente falsi: la riconducibilità del caso singolo
all'ambito della percentuale (bassa, media o elevata) di casi indicati dalla legge
di forma statistica, può essere asserita solo in virtù della copertura del sapere
scientifico.

E' la regola dell'oltre il ragionevole dubbio il criterio di riferimento


indispensabile per capire a quali leggi scientifiche il giudice debba fare
riferimento nella spiegazione causale. E' ancora la regola dell'oltre il ragionevole
29
dubbio il criterio di riferimento per individuare la probabilità logica, il grado di
conferma delle proposizioni giurisdizionali sulla affidabilità della legge
scientifica utilizzata.

Il grado di probabilità logica della proposizione con cui il giudice afferma


l'esistenza del nesso di condizionamento nel caso singolo deve essere talmente
elevato da non consentire alcun dubbio ragionevole. Una volta raggiunta la
prova particolaristica, attraverso la concretizzazione della legge di copertura, lo
spazio residuo per ipotizzare l'intervento di altre possibili cause è quasi
praticamente inesistente.

La causalità si situa nel cuore della teoria delle decisioni giudiziarie. Poiché
l'essenza del delitto sta nella causa, si può dire che quando il giudice dichiara
possibile o probabile la causa, ammette che possa ancora non esservi stato delitto
nessuno: la sentenza di condanna basata su frequenze medio-basse, o sulle serie
ed apprezzabili probabilità di successo è una sentenza che dice: l'imputato è
colpevole, perché è possibile che abbia commesso il reato. Nel caso di frequenze
vicinissime a 100 il risultato non cambia; perché non accade mai che i giudici
penali enuncino formule così assurde nelle loro sentenze di condanna? Finché si
dice possibile o probabile una conseguenza, si ammette che possa anche non
essere vera; e la sentenza che implicitamente dichiara poter essere ancora che io
sia innocente, se mi condanna, accoppia con mostruosa congiunzione l'innocenza
alla pena. Se queste sentenze di condanna non contengono mai l'enunciato “è
possibile o è probabile che il reato sia stato commesso, ciò dipende dalla
circostanza che tale enunciato viene tenuto nascosto nelle pieghe delle
motivazioni in tutte le ipotesi in cui l'imputato venga dichiarato colpevole,
benché la causalità sia soltanto possibile o probabile. Ciò che causa un evento è
sempre un altro evento o un processo, e nel termine processo debbono essere
incluse anche processi che sono statici. Il nocciolo della questione sta qui. Poiché
le entità che entrano nella relazione di causa ed effetto sono processi o eventi,
non c'è alcun dubbio che in quella relazione entri anche l'omissione, anche il non
fare. Si potrà dire: nel momento in cui doveva agire, un soggetto è rimasto
completamente inerte; dicendo ciò, si riconoscerà che si è realizzato uno stato od
una sequenza di stati, un processo, che può entrare in relazione causale con
l'evento lesivo . Per compiere un'analisi completa delle cause, dobbiamo
considerare tutte le condizioni pertinenti, siano esse costanti o variabili. Quando
si afferma che una persona ha omesso di fare qualcosa, non si fa altro che
descrivere uno stato della persona. Il processo esplicativo, è identico per la
causalità attiva e per la causalità omissiva . Identico è l'explanandum: un
avvenimento del passato; identico il procedimento di inferenza: da leggi
universali o statistiche e da un insieme di condizioni empiriche antecedenti;
30
identica è la struttura della spiegazione offerta. Mentre nella causalità
commissiva siamo di fronte ad un giudizio ipotetico, perché ci si deve chiedere
se, senza l'azione, l'evento si sarebbe, o non si sarebbe verificato ugualmente,
nella causalità omissiva dobbiamo formulare due giudizi ipotetici: il primo,
legato all'eliminazione della condizione statica; il secondo, teso ad appurare se il
compimento dell'azione dovuta avrebbe scongiurato il verificarsi dell'evento
lesivo.

L'omogeneizzazione delle culture nei loro valori di fondo, non è stata raggiunta
nell'altro grande settore, cioè l'attività medico-chirurgica. Negli USA e negli altri
paesi di common law, infatti, i processi per responsabilità del medico-chirurgo
sono processi civili e sempre per la stessa ragione: nel processo penale è
estremamente difficile, se non impossibile, che l'accusa riesca a dare prova oltre
il ragionevole dubbio che il comportamento doveroso omesso avrebbe
scongiurato il verificarsi dell'evento lesivo. La giurisprudenza delle corti
americane si rivela particolarmente rigorosa anche nell'applicazione del più
probabile che no.

Es:Corte della Virginia del 1966 nel caso Hicks v. United States: gli standard
tradizionali della causa prossima richiedono che, al minimo, siano disponibili
prove che un certo risultato sia stato più probabilmente che no causato da un
certo comportamento.

Il giudice deve applicare la regola dell'oltre il ragionevole dubbio, come hanno


statuito le Sezioni Unite, e dubbi ragionevoli sono destinati a sorgere quando sia
soltanto probabile che l'omissione sia stata causa dell'evento. Carrara, fa un
rilievo, della cui importanza solo oggi ci rendiamo conto: dire che è probabile
che l'omissione sia all'origine dell'evento lesivo, significa riconoscere che è
possibile che non lo sia. Ma poiché la causalità costituisce l'essenza del delitto,
riconoscere la possibilità che l'omissione non sia stata causale, significa
ammettere che è possibile che non vi sia stato delitto nessuno. La verità è che al
di fuori certi settori come la biochimica e la microbiologia, la medicina è una
scienza dominata dalla probabilità; non esistono diagnosi cliniche che siano vere
al di là di ogni ragionevole dubbio. Questa è la ragione che spiega perché il
processo penale sia il territorio meno adatto per affrontare i problemi legati ai
comportamenti omissivi e negligenti del medico-chirurgo. Nella prassi
giurisprudenziale, pullulano i casi in cui l'accusa si fa forte delle mensogne
scientifiche dei propri esperti. Qualche esempio. In un recentissimo processo,
alcuni medici sono stati accusati di aver diagnosticato in ritardo un infarto
intestinale, realizzando così un comportamento omissivo, che sarebbe stato la
causa della morte del paziente durante l'intervento chirurgico, effettuato con
31
ritardo. Che cos'era accaduto? Fra le omissioni dell'esperto, la più rilevante e
decisiva era stata la mancata lettura del diario operatorio. In questo risultava la
reale condizione del paziente. Se fosse stata vera l'accusa della diagnosi
ritardata, la conclusione avrebbe dovuto essere che i medici avevano prolungato
la vita del paziente, il quale sarebbe sicuramente deceduto prima se l'intervento,
stando al diario operatorio, fosse stato anticipato, a seguito di una diagnosi
tempestiva. Possiamo ben comprendere come il giudice si comporti da custode
del metodo scientifico. Il dibattito ruota sempre attorno alla domanda:
induzione o deduzione? La questione non è oziosa, ma raggiunge il cuore
dell'attività del medico: descrive ciò che fa e ciò che egli deve fare.

Un ulteriore tema, ovvero: la sicurezza sul lavoro. Il nucleo centrale della


politica della sicurezza sul lavoro, cioè la valutazione del rischio, è certamente
imposto dal d.lgs. 626/94, modificato nel 1996, al datore di lavoro privato. Se si
verifica un incidente in ambiente lavorativo, che avrebbe potuto essere evitato se
la valutazione del rischio fosse stata compiuta secondo le regole dell'arte, chi ha
compiuto la valutazione del rischio, e lo stesso datore di lavoro, potranno essere
ritenuti penalmente responsabili, ai sensi dell'art.40 cpv. c.p. La previsione del
d.lgs. 626, si presta a due ordini di considerazioni: il primo tipo concerne
l'individuazione delle ipotesi in cui si può asserire l'esistenza di un'omissione
penalmente rilevante sotto il profilo causale; il secondo tipo, invece, riguarda i
sicuri profili di incostituzionalità delle prescrizioni sulla valutazione del rischio,
contenute nel citato d.lgs.

Primo profilo. Come farà il giudice a capire se l'incompleta o insufficiente


valutazione del rischio è la causa dell'incidente che si è verificato? Egli dovrebbe
verificare se il compimento di tale valutazione avrebbe impedito il verificarsi
dell'evento; per fare ciò, però, il giudice dovrebbe registrare ciò che è realmente
accaduto.La valutazione del rischio, costituisce una procedura nella quale sono
distinguibili tre fasi: identificazione del rischio, stima del rischio, decisione. Chi
valuta il rischio deve formulare dei giudizi di valore su quali dati raccogliere;
tuttavia è un'operazione molto complessa: una ragione, è che le probabilità che il
rischio si verifichi non riflettono la sequenza reale degli eventi. Il secondo motivo
è che le stime di rischio reale sono sempre molto approssimate e quindi
imprecise. Prende corpo il fantasma di una responsabilità soggettiva.

Se ci interroghiamo su come dovrebbe essere disciplinata la valutazione del


rischio, è fuori discussione che la soluzione vada ricercata in modelli
sperimentati nei Paesi che sono all'avanguardia nel settore di una valutazione
dei rischi degli ambienti di lavoro e dei rischi per la salute. RIFLESSIONE DI
STELLA: è comunque impensabile che in un paese democratico, retto da una
32
Costituzione come la nostra, beni importanti quali l'integrità fisica e la salute dei
lavoratori siano affidati alle valutazioni e programmi elaborati dalla singola
impresa (come previsto dal d.lgs. 626). Il quadro si completa se si considerano i
principi enunciati dalla Costituzione italiana: da questi, infatti, emerge come sia
incostituzionale ogni norma che attribuisca funzioni pubbliche come la
valutazione del rischio per la sicurezza sul lavoro, ad un privato. E' dunque la
legge, cioè il Parlamento che deve provvedere alla tutela di quei beni che hanno
un rilievo costituzionale assoluto. Veniamo ora al tema della causalità omissiva
relativa alle alterazioni ambientali. Sono proprio le alterazioni su scala mondiale
a costituire una delle più gravi minacce per la sopravvivenza dell'umanità.

Con l'art.114 della legge 2000 n.388 (c.d. Legge finanziaria del 2001) viene
prevista una causa di non punibilità per i reati commessi nel passato
“direttamente connessi all'inquinamento del sito”, accertati su notifica
dell'interessato e concessa a chiunque abbia adottato o adotti le procedure di
bonifica. Pertanto, la pena prevista per chiunque cagiona l'inquinamento o un
pericolo concreto di inquinamento, scatta solo se l'agente non provvede alla
bonifica secondo il procedimento di cui all'art.17. La causa di non punibilità, è
prevista per i reati realizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del
d.lgs. 22/1997. Poiché lo scopo dell'art.114 è quello di eliminare gli ostacoli alla
bonifica, rappresentati dai rischi legati all'autodenuncia, e poiché d'altra parte
senza autodenuncia diventa impensabile l'idea stessa di bonifica, la fissazione di
un criterio temporale si rivela priva di senso ed è viziata da gravi sospetti di
incostituzionalità.

La prova particolaristica e le nude statistiche

La confusione spesso presente, sia in dottrina che giurisprudenza,


nell'impostazione del problema causale, è dovuta in larga misura alla
circostanza che piano della causalità e piano della prova nono sono tenuti
separati: molto frequentemente, il problema della prova della causalità è
completamente ignorato dai giudici. In che cosa consiste la prova della causalità
individuale, della condizione sine qua non, della causa but for, cioè la prova
particolaristica? Cominciamo col precisare cosa non è e non può essere prova
particolaristica del legame causale.

Es: caso Summers v. Tice. Summers, Tice e Simonson vanno a caccia di quaglie;
una quaglia prende il volo e Tice e Simonson sparano contemporaneamente tutte
le pallottole del loro fucile, e Summers, che si trova nel luogo dove la quaglia
prende il volo, viene ucciso: il fucile di Simonson aveva 99 pallottole, quello di
33
Tice una sola; nel corpo di Summers viene trovata una sola pallottola. Chi ha
ucciso Summers?

Di primo acchito, si potrebbe pensare che vi siano 99 probabilità su 100 che lo


abbia ucciso Simonson. Tuttavia, per dire che egli ha ucciso Summers c'è
bisogno, come in tutti i casi, di una generalizzazione causale; ma la circostanza
che Simonson abbia sparato 99 proiettili non è la concretizzazione di alcuna
generalizzazione causale, è una nuda statistica. Molto eloquente la prova
balistica sulle scanalature del proiettile che ha colpito Summers: se queste
scanalature sono quelle del proiettile sparato da Tice, questa sarà la prova
particolaristica che inchioda il responsabile dell’accaduto.

Precisa Wright: le nude statistiche, non contano per niente come prova di cosa
sia realmente accaduto, in una particolare occasione. Per determinare cosa sia
realmente accaduto, è necessario dare una dimostrazione particolaristica della
concretizzazione della legge causale di fondo. Si tratta di formulare un giudizio
ex post legato alla prova particolare di concretizzazione e non un giudizio ex post
su nude statistiche.

Concludendo, possiamo osservare che solo dimostrazioni particolaristiche


riescono a provare la concretizzazione. Ecco perché le probabilità derivanti dai
test balistici sono basate su dimostrazioni particolari che hanno elevato valore
probatorio; i segni sui proiettili sono prova particolare che il proiettile che ha
ucciso Summers era stato sparato dal fucile di Tice e non da quello si Simonson.
Anche accettando il rilievo che assegna ai test balistici un'accuratezza dell'80%,
quei test balistici in entrambi i fucili, nell'ipotesi considerata portano ad una
probabilità ex post del 94% che il proiettile che ha ucciso Summers sia venuto
dal fucile di Tice. Ciò sarebbe sufficiente a giustificare l'applicazione della
regola, propria del processo civile, della preponderanza dell’evidenza.

Le nude statistiche non possono offrire la prova particolaristica della causalità


individuale. Non possono farlo neppure nella prospettiva dell'applicazione del
teorema di Bayes, enunciato alla fine del 1700. Secondo il teorema, l'affidabilità
di un'ipotesi può essere dimostrata matematicamente, attraverso l'attribuzione
iniziale “a priori” di un valore matematico, ad esempio 50%, che riflette il
convincimento di chi formula l'ipotesi; la probabilità “a priori” deve essere poi
modificata, sulla base delle nuove evidenze che si rendono disponibili nel corso
della ricerca, ed il risultato finale sarà una probabilità oggettiva, affidabile
proprio perché oggettiva.
34
studiosi di diritto civile Wright: pensiamo, dice, al caso in cui su 1000 spettatori
ad una partita di calcio, 999 non abbiamo pagato il biglietto, siano cioè degli
scrocconi, che solo A abbia pagato, e che l'addetto alla biglietteria lo identifichi
come il solo che ha pagato, con una probabilità del 2% che egli si sbagli. Usando
le nude statistiche che il 99,9% degli spettatori era senza biglietto, come
probabilità iniziale del teorema di Bayes, la probabilità corretta che A sia uno
scroccone, anche dopo l'identificazione da parte dell'addetto alla biglietteria,
sarebbe ancora superiore al 95%. I bayesiani concluderebbero testardamente
che A è stato di sicuro uno spettatore senza biglietto, malgrado la testimonianza
dell'addetto alla biglietteria. Secondo Wright: il fatto che i giudici, giurati e
studiosi di diritto ignorino i tassi di base e si concentrino sulla prova
particolaristica, è altamente razionale (contrariamente a quanto sostenuto,
ovviamente, dai bayesiani.

Il sistema della prova legale, rispecchiava un tipo di giudizio dipendente, in


maniera assoluta, dai numeri; questo durante il medioevo sostituì il giudizio
delle armi: la legge specificava quante testimonianze non contraddittorie fossero
richieste per il giudizio, e definiva precisamente quante testimonianze di una
classe fossero necessarie per verificare la deposizione di un singolo testimone di
una classe più elevata.

L'attenzione dello studioso, si focalizza sui valori che l'imputato vede mettere in
gioco nel processo penale. Ecco perché egli sente il bisogno di dimostrare come
l'unione sponsale tra matematica e processo penale è molto pericolosa.

La presunzione di innocenza, esprime l'impegno della società a difendere la


convinzione che “un uomo accusato di un crimine non ha meno diritto del suo
accusatore alla libertà e ad essere rispettato come membro innocente della
comunità”.

L'uso del teorema di Bayes, comporterebbe un costo più drammatico nel


momento della decisione. Il risultato finale del calcolo, non sarà mai proprio
uguale a1, ma sarà una quantità che comprende marcatamente un misurabile
margine di dubbio, cioè un margine di 0.05 e quindi di uno su venti.

Qualsiasi metodo che aspiri a usare prove matematiche per quantificare la forza
probatoria degli argomenti dell'accusa, finisce per fornire al giudice del fatto un
numero che ha la pretesa di rappresentare la sua valutazione della probabilità
che l'imputato sia colpevole; esprimere un rischio accettabile di errore,
pregiudicherebbe il ruolo della pretesa di certezza.
35
Sentenze di condanna errata possono essere emesse da giudici che si dichiarano
“assolutamente certi o sufficientemente certi”; la circostanza che una sentenza di
condanna possa rivelarsi errata, non deve sminuire lo sforzo di esprimere il
fondamentale impegno della società, volto alla protezione dei diritti dell'accusato
come persona.

La prova particolaristica e l'evidenza personalizzata: l'esigenza di una


“garanzia”.

Thomson, dedica un lungo saggio alla dimostrazione dell'idea che, per decidere
della causalità, è necessaria una evidenza personalizzata, cioè quella prova che è
stata finora definita prova particolaristica. Premessa della Thomson: ciò che sta
dietro l'esigenza di provare la causalità , è il valore altissimo che noi
riconosciamo alla garanzia della libertà di azione, giacché le nostre inclinazioni a
pensare nel modo indicato sono molto forti. Senonché la dimostrazione della
causalità non si può ottenere con la mera evidenza numerica o statistica; ciò che
occorre è un'evidenza personalizzata. Riprendendo l'esempio dei proiettili, la
studiosa sostiene che una probabilità numerica del 95% sarebbe certamente una
buona ragione per indurre la giuria a considerare A colpevole (95 sparati da A e
5 da B).

Ciò che preoccupa i sostenitori dell'evidenza personalizzata è precisamente la


convinzione che una imposizione di responsabilità giusta richiede che venga
rispettato questo requisito più forte. Essi pensano, che se una giuria dichiara che
un convenuto è colpevole sulla base soltanto di un'evidenza non personalizzata,
allora è pura fortuna per la giuria se ciò che dichiara è vero; e perché pensano,
non senza ragione, che è ingiusto imporre la responsabilità puntando sulla
fortuna. E che cosa farebbe sì che non sia solo fortuna, o un caso, per la giuria,
se ciò che dichiara vero è vero? La risposta della Thomson: una garanzia. Ho
affermato che l'evidenza personalizzata è correlata, sotto il profilo causale, con
la responsabilità; perciò richiedere una evidenza personalizzata è lo stesso che
richiedere una garanzia.

Numerose sono le sentenze che esprimono l'irriducibile avversione delle Corti


nordamericane contro l'uso della matematica e delle prove statistiche nel
processo penale. Nel 1940 viene emanata la sentenza relativa al caso Sargent v.
Massachussets Co., la quale ha giudicato “insufficiente l'idea che
matematicamente le probabilità forniscano in qualche modo la proposizione che
deve essere provata”.
36
Volendo citare una sentenza più recente, ci si può riferire alla sentenza emanata
nel 1993 dalla Corte Suprema del New Jersey nel caso State v. Spann.
L'imputato era un ufficiale delle guardie carcerarie al Salem County Jail, dove
una donna era stata detenuta; l'accusa era di aver intrattenuto un rapporto
sessuale con una donna, che aveva avuto un figlio il cui concepimento era
chiaramente avvenuto mentre la donna era in prigione. Venne chiamato a
testimoniare un esperto che muovendo dall'assegnazione di una probabilità a
priori della paternità del 50% approdò alla conclusione che la probabilità di
paternità dell'imputato era del 96,55%. Tale assunzione di probabilità era stata
descritta come neutrale; anche se fosse stato provato che l'imputato era fuori dal
paese al momento del concepimento, l'esperto avrebbe egualmente concluso che
la probabilità che l'imputato fosse il padre sarebbe rimasta della medesima
percentuale .

Vi sono, sottolinea la Corte, due obbiezioni fondamentali contro l'applicazione


del teorema di Bayes; matematiche e giurisprudenziali. Le obbiezioni
matematiche concernono la probabilità a priori: i giurati sono sempre convinti
che l'imputato è o non è colpevole ed hanno vari gradi di fiducia nella loro
convinzione; se provati a farlo, esprimeranno il loro grado di fiducia come
probabilità a priori di colpevolezza dell'imputato pari all'80%, 50% o 10%. Ma
questa è una forzatura che può minare alla base il giudizio conclusivo. Circa le
obbiezioni giurisprudenziali, diciamo che esse vanno al cuore della funzione
della giuria e cioè al cuore del giudizio di colpevolezza oltre ogni ragionevole
dubbio.

La prova particolaristica, consiste nella ricostruzione parziale degli anelli


causali che legano l'evento iniziale con l'evento finale o, se si preferisce, nella
ricostruzione parziale del meccanismo di produzione dell'evento lesivo.

L'individuazione degli eventi (anelli causali) che si succedono l'un l'altro, non
potrà mai essere completa; è però possibile che il giudice ricostruisca uno o più
anelli causali intermedi: se questi anelli sono rilevanti per l'imputazione causale,
si potrà dire raggiunta la prova particolaristica. Quest'ultima consiste nella
dimostrazione che gli antecedenti astratti, elencati dalla generalizzazione causale
si sono concretamente verificati. La dimostrazione particolaristica collega una
generalizzazione causale al caso particolare, concretizzando gli elementi astratti
della generalizzazione, e con ciò controvertendo la generalizzazione stratta in
una generalizzazione concretizzata.

Cosa dicono Popper ed Hempel? Il primo illustra il concetto di spiegazione


causale, come ricordato, con l'esempio della rottura di un filo a cui sia stato
37
attaccato un peso: poiché questo filo di rame ha un limite di rottura di un
chilogrammo, e poiché il peso che gli era stato attaccato era di due chilogrammi,
il filo si è spezzato. Questa è la concretizzazione delle legge scientifica di
copertura. Hempel, dice: supponiamo di dover spiegare il perché della rottura di
un radiatore di un'automobile durante la notte; si dimostra la concretizzazione
della legge di copertura (dilatazione cubica dell'acqua una volta congelata).
Come notiamo, lo schema argomentativo è sempre lo stesso: la spiegazione del
perché di un evento concreto si ottiene dimostrando l'avvenuta concretizzazione
della legge scientifica pertinente.

Prove particolaristiche e OORD

Alle riflessioni sulla distinzione tra causalità generale e causalità individuale si


sono aggiunte le riflessioni sui punti fermi della discussione sulla causalità e sulla
prova particolaristica. Ne esce un quadro da cui risulta che: a) le prove
probabilistiche che stanno alla base della causalità generale non ci danno alcuna
informazione sul caso singolo e la regola dell'oltre ragionevole dubbio esige una
garanzia personalizzata. Quanto a b), nessun raggruppamento numerico può
provare, al di là del ragionevole dubbio, la causalità individuale . Quanto a c),
nessuno ha convincentemente equiparato la prova dell'oltre il ragionevole
dubbio ad una probabilità numerica e che quantificare la forza probatoria degli
argomenti che dovrebbero dimostrare la causalità individuale equivarrebbe a
dire all'accusato che i giudici preferiscono accettare il rischio di una sua ingiusta
condanna, piuttosto che ridurlo, pretendendo ulteriori prove. Qualsiasi
ragionevole dubbio a favore dell'imputato, dovrà risolversi a suo favore.

Per le leggi dello stato, è impossibile approntare schemi di responsabilità penale


individuale per l'evento, che rinuncino alla prova particolaristica del legame
causale. I giudici estensori delle sentenze di cui prima, sono stati colpiti da una
sorta di shock da modernità: di fronte ai grandi pericoli legati allo sviluppo
produttivo, si sono lasciati prendere la mano da preoccupazioni ideologiche ed
hanno cercato di vestire i panni del legislatore.

Capitolo 5 pg 107. Mancanza di certezze della scienza

L'incertezza scientifica costituisce il paradigma con il quale i giudici devono


costantemente misurarsi per risolvere le controversie giudiziarie. Ritorna
all'ordine del giorno un tema che ha da sempre attirato l'attenzione della scienza
giuridica: la decisione in condizioni di incertezza. Fino a vent'anni fa, gli
scienziati ritenevano che la maggior parte dei tumori fosse dovuta alle
contaminazioni ambientali.
38
Il riferimento alle generalizzazioni della scienza, richiama l'attenzione su una
questione cruciale: poiché “nella scienza non v'è alcuna certezza” essendo “le
leggi della scienza null'altro che delle ipotesi, e poiché l'ipotesi scientifica che ieri
poteva sembrare confermata, oggi può risultare falsificata; c'è da chiedersi se,
ed entro quali limiti, l'ordinamento penale possa accettare il rischio di condanne
che si rivelino prima o poi infondate.

sentenza del 1990 della Corte Suprema italiana: per la celebre sentenza sul
disastro di Stava, le leggi della scienza devono “ricevere conferma mediante il
ricorso a metodi di prova razionali e controllabili”.

Sentenza Daubert 1993, su un caso civile, dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Alla Corte fu sottoposto il problema degli effetti teratogeni di un farmaco, il
Benedectin: i ricorrenti minori nati con gravi malformazioni, avevano iniziato
un processo nella Corte dello Stato della California contro la società Merrell
Dow Pharmaceuticals, Inc., sostenendo che le malformazioni erano state causate
dall'ingestione, da parte della madre, di Benedectin. Corte suprema ha stabilito
dei principi rig alla scienza: 1) x essere qualificata come conoscenza scientifica,
1 inferenza deve essere tratta dal metodo scientifico; una teoria e
scientificamente affidabile, quando può essere testata; giudice effettua controllo
maggiore su esperti risp normali testimoni. Il rischio di condanne sbagliate
deve essere ridotto il più possibile: basta un solo controesempio perché l'ipotesi
debba essere considerata non confermata, e basta che l'ipotesi non sia stata
sottoposta a tentativi di falsificazione perché il giudice debba respingerla come
ipotesi inidonea a giustificare una condanna.

Di fronte all'incertezza scientifica, la base più comune per il processo di


decisione è il più probabile che no. Sostiene Carnap: malgrado non esista alcun
modo di verificare una legge, ne esiste uno molto semplice di falsificarla: tutto
ciò che occorre è di trovare anche un solo contro-esempio. Secondo Popper, non
c'è alcun metodo per accertare la verità di un'ipotesi scientifica, se per
verificazione di una teoria intendiamo un procedimento che accerti la sua verità;
una teoria che fino ad oggi ha ottenuto conferma può venire smentita dal
prossimo controllo. La verità è che la scienza è fallibile; questo perché è umana.

La concezione della scienza e del suo sviluppo proposta da Kuhn: “Paradigma”.


Con questo termine, voglio indicare conquiste scientifiche universalmente
riconosciute le quali forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili.
La ricerca scientifica mettere in evidenza fenomeni nuovi. All'interno di un
paradigma, cioè di un periodo di scienza normale, il fallimento di un ricercatore
cui fa riferimento Kuhn, non è nulla di diverso dalla falsificazione di un'ipotesi.
39
Non possiamo mai essere sicuri di alcuna generalizzazione, di alcuna legge o
teoria.

Ciò che è decisivo per valutare l'adeguatezza di una teoria è, secondo Laudan, la
tradizione di ricerca in cui essa si inserisce: ciò che occorre valutare è il successo
della tradizione di ricerca, giacché una tradizione di ricerca che ottiene successo
è una tradizione di ricerca che, porta alla soluzione adeguata di un numero
sempre maggiore di problemi empirici e concettuali.

Il dibattito sulla teoria della conoscenza, non sarebbe completo se non si tenesse
conto delle conclusioni raggiunte dagli studiosi del fondamento delle conoscenze
mediche; queste, dice Federspil, fanno parte di un sistema comunemente
accettato. Costituisce perciò una rappresentazione del mondo che per una
convenzione accettata comunemente, in un certo momento storico, viene
considerata vera.

Uno sguardo d'insieme delle diverse concezioni del metodo scientifico consente
di individuare un sistema di prescrizioni-descrizioni o, se si preferisce, di
“consigli pratici” agli scienziati. Ma quali sono le prescrizioni, i consigli pratici
che il giudice dovrà seguire?

La lezione del Daubert è che le opinioni degli esperti, nei processi civili, non sono
più ammissibili sulla base esclusiva delle loro credenziali; poiché nella scienza
non vi sono certezze, ciò che conta è il rispetto del metodo scientifico. Poiché le
concezioni sul metodo scientifico che consentono al giudice di ridurre il più
possibile il margine di errore, secondo Daubert, sono due – la concezione
induttivistica di Hempel e quella anti- induttivistica di Popper - , le Corti
essendo custodi del metodo scientifico, devono seguire l'una e l'altra.

Altra importante applicazione dei principi del Daubert è stata fatta dalla già
richiamata sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1997 in re Joiner,
relativa al tema della somiglianza di effetti di una sostanza tossica nell'animale e
nell'uomo e della estrapolazione, dalle alte dosi dei test sugli animali alle basse
dosi ambientali.

Dopo Daubert, la valutazione sulla capacità dimostrata dall'ipotesi di resistere


alla falsificazione, cioè la valutazione sulla corroborazione dell'ipotesi, deve
essere possibile già nel momento della decisione giudiziale. La situazione è
fortemente asimmetrica, è facile refutare una legge, è estremamente difficile
trovare una forte conferma.
40
La via d'uscita sarebbe una sola, quella proposta dagli studiosi dei Toxic Tort:
impiegare organi amministrativi per trattare le questioni scientifiche complesse.

Intratteniamoci ancora un attimo sui principi del Daubert, al fine di rendere


chiaro il significato di un'affermazione molto importante della Corte Suprema
degli USA: la validità scientifica per uno scopo non è necessariamente validità
per altri scopi. In questo modo la corte risolve un problema da tempo dibattuto
nel mondo giuridico nordamericano: la nozione di “catene causali” si baserebbe
su degli assunti che assomigliano molto a quelli della fisica newtoniana.

L'ultimo problema affrontato dal Daubert è quello del tasso di errore, proprio di
“indagini particolari”. Nessun test scientifico è perfetto; l'analisi di una tecnica
deve racchiudere informazioni circa il suo tasso di errore. Se non è
adeguatamente testata, una testimonianza scientifica non deve essere ammessa,
perché senza il test di controllo e senza esperimenti rigorosi non si può parlare di
scienza. Il problema dell'errore diagnostico è di grande rilievo sia per il processo
civile che per quello penale: basti pensare al ruolo crescente assegnato dai
giudici ai medici legali, chiamati a testimoniare in qualità di esperti.

Hanno dunque ragione i giudici del Daubert, nel richiedere che gli esperti,
chiamati a testimoniare, dichiarino il tasso di errore delle tecniche da loro
utilizzate(test dna ha pro di errore 1 su 1 mld, ma deve essere dichiarato).

Il tema affrontato da Daubert si situa al centro della teoria delle decisioni


giudiziali sui grandi temi della modernità, connessi con lo sviluppo della scienza
e della tecnica. L'oltre il ragionevole dubbio è il criterio di riferimento, la regola
di giudizio, che consente di individuare le ipotesi della scienza fornite di un
grado di conferma o di probabilità logica sufficiente per orientare la decisione
giudiziale. E' quella regola che consente di ritenere prive di dubbi ragionevoli le
ipotesi della scienza che godano di un alto grado di conferma empirica
(concezione induttivistica), siano provviste di corroborazione per aver superato i
tentativi di falsificazione (concezione falsificazionista di Popper) e, in via
sussidiaria, trovino il consenso generale della comunità scientifica.

La sentenza inerente il caso Kuhmo del 1999, statuisce che i principi enunciati
da Daubert si applicano sia nei settori di competenza degli scienziati, sia nei
settori dominati dalla tecnica. Si evince che i fattori di Daubert possono venir
applicati nella testimonianza di tecnici o altri esperti che non siano scienziati.

Nell'ambito delle malattie professionali connesse al rischio chimico e tecnologico,


la causalità generale, e con essa i tentativi di flessibilizzazione del diritto penale
d'evento hanno ricevuto il colpo di grazia ad opera delle Sezioni Unite della
41
Corte Suprema: l'aumento del rischio e la condizione idonea sono criteri di
imputazione ripudiati dal nostro ordinamento. Lo schema classico del diritto
penale non funziona perché sono incompatibili con i suoi principi costitutivi
proprio le scienze che sono nate per dominare l'incertezza della moderna società
del rischio: esse esprimono valutazioni probabilistiche che sfuggono al giudizio
di affidabilità richiesto dal diritto e dal processo penale.

Se nella scienza non vi sono certezze, anche le leggi causali utilizzabili


nell'ambito del tradizionale impiego dello schema deduttivo possono risultare
non confermate o falsificate. Per l'individuazione delle leggi causali valide ed
affidabili, il giudice penale dispone il criterio del dubbio ragionevole. Il giudice
civile ha uno spazio decisionale più ampio.

Capitolo 6 pg119

Dalle considerazioni svolte, è emersa la constatazione che alle vittime dell'uso di


sostanze tossiche o dell'esposizione a sostanze tossiche il diritto penale d'evento
non può accordare nessuna tutela ;non si tratta di introdurre delle deroghe al
principio della parità di trattamento ma, più semplicemente, di riconoscere che –
nel settore delle sostanze chimiche e tossiche – il diritto penale non funziona per
la impossibilità di provare la causalità individuale.

La constatazione della incapacità di tutela del diritto penale d'evento induce a


volgere lo sguardo verso gli altri settori dell'ordinamento, e ad interrogarsi sugli
spazi di tutela accordati alle vittime del rischio chimico dal diritto civile.

L'evoluzione della responsabilità civile appare caratterizzata dal susseguirsi di


tre fasi: dal principio “risarcire tendenzialmente il meno possibile”, si è passati
al principio “risarcire di più” e si stanno ponendo le basi per l'attuazione del
principio “risarcire sempre e in ogni caso”. Su questo terreno, le speranze
suscitate dallo sguardo d'insieme si rivelano illusorie. Innanzitutto, illusorie, per
l'Italia: nel nostro Paese, la prassi giurisprudenziale non conosce le azioni di
responsabilità civile per danni legati all'uso di sostanze tossiche, e la dottrina
civilistica non dedica a questo tema neppure un rigo. Il risultato è quello
segnalato da Luderssen: nei fatti, il diritto civile ha passato la patata bollente al
diritto penale e lo ha fatto proprio nell'ambito dei mass tort cases.

Di fronte ai limiti della scienza, la stessa regola del più probabile che no finisce
per funzionare come una barriera insuperabile per un risarcimento delle vittime
allargato: se l'attore deve dimostrare, sulla base della preponderanza
dell'evidenza, che c'è una probabilità superiore al 50% che, senza la condotta del
42
convenuto, il danno non si sarebbe verificato, egli avrà un compito difficile, se
non impossibile.

Lo studioso cerca di rispondere chiarendo che quando si parla di causalità,


bisogna utilizzare accanto alla causa but for e alla causa prossima, la nozione
nuova di collegamento causale, nozione che esprime l'aumento del rischio legato
al compimento di una determinata attività. Ecco le argomentazioni di Calabresi
inerenti le funzioni di risarcimento: 1) poiché l'onere del pagamento di una gran
somma di denaro è più gravoso quando è sostenuto da una persona sola, la
prima funzione del diritto che prevede il risarcimento per i fatti illeciti sarebbe
quella di garantire che gli oneri dei danni siano ripartiti; Seconda funzione del
diritto al risarcimento, sarebbe quella di assegnare gli oneri del danno alle
categorie più abbienti. Risultato raggiunto da Calabresi: il risarcimento viene
del tutto svincolato dalla causalità, il che consente di superare senza difficoltà gli
ostacoli insormontabili che la teoria tradizionale dell'illecito civile ha incontrato
e sta incontrando sulla sua strada. Se si fa a meno del requisito della causalità,
come si fa a stabilire quando e da chi un danno deve essere risarcito?

B)Calabresi cerca di rispondere a questa domanda, descrivendo le funzioni di


deterrenza della responsabilità civile. Queste funzioni, vengono definite come gli
obiettivi con i quali si cerca di minimizzare la somma del costo del danno e dei
costi di sicurezza. Il tentativo di ampliare gli spazi di tutela delle vittime è stato
ripetuto sul terreno delle regole probatorie del processo civile, attraverso
l'invenzione di una serie di deroghe ed eccezioni alla regola del “più probabile
che no”; neppure tale tentativo è riuscito ma val la pena lumeggiarlo
brevemente, per meglio comprendere quanto siano importanti e vitali le esigenze
di tutela che l'applicazione delle regole tradizionali lascia insoddisfatte. La
prima eccezione è costituita dal principio della responsabilità alternativa, cioè
della responsabilità basata sull'inversione dell'onere della prova, che consente di
“mettere al convenuto le scarpe calzate solitamente dall’attore”( principio ha
origine in sent 1948 Summer vs tice, la corte aver trasferito onere prova sui
convenuti, che dovevano dimostrare di non aver fatto nulla per ledere l’attore).

La Corte Suprema ha emanato un principio secondo cui: la probabilità che la


vittima dell'esposizione sia risarcita da un convenuto colpevole aumenta
notevolmente quando è il convenuto a sostenere l'onere della prova.

In Europa, i massimi organi giurisprudenziali, sono riusciti con il plauso di una


parte della dottrina, a minare alla base l'intero edificio del diritto penale,
spazzando via dalla scena in un colpo solo la condizione sine qua non, la
causalità individuale, la prova particolaristica e la regola dell'oltre il ragionevole
43
dubbio. Negli USA, l'opera di flessibilizzazione non è riuscita neppure sul
terreno della responsabilità civile: ci ha provato senza successo la dottrina, e ci
ha provato anche la giurisprudenza ma, ancora una volta, senza successo. la
storia delle litigations americane sull'asbesto. Tutto comincia con il caso Borel
del 1973, che sancisce il principio per il quale i produttori di asbesto possono
essere ritenuti responsabili dei danni risultanti dall'esposizione attorno al 1992,
si potevano contare 200000 azioni per danni pendenti negli Stati Uniti. A
cominciare dai primi anni '80, un certo numero di produttori di asbesto per
trovare scampo dalle azioni a cascata delle vittime, fece ricorso alle procedure
fallimentari; insomma una soluzione rapida che definisse con un solo processo
tutte le responsabilità per asbesto. Come osserva John Coffee, il principale
insegnamento che si può trarre da questa vicenda, è che senza un'azione di
contenimento gli attori del presente svuoteranno qualunque fondo di
risarcimento in poco tempo lasciando a mani vuote i ricorrenti del futuro.
L'azione congiunta, portò a nuovi sviluppi: nel 1991 l'Ad hoc committee on
Asbestos Litigation, pubblicò un rapporto che concludeva così: questa impasse
giudiziaria non può essere superata se non con procedimenti accorpati o di classe.
Parte 3 pg128 le vittime del futuro nella società del rischio.

Un nuovo ruolo di primo piano dovrebbe essere svolto dalla scienza penalistica,
la quale dovrebbe suggerire l'elaborazione di un nuovo diritto penale, costituito
da norme comportamentali riferite al futuro, sganciate dal danno e anche dal
pericolo di danno. Primo passo da compiere sarebbe quello di superare la
distinzione tra norma e natura, che ha connotato il pensiero dei tempi moderni,
a cominciare da Cartesio e Locke.Il secondo passo sarebbe la comprensione del
perché nei reati riferiti al futuro si faccia fatica ad indicare i beni giuridici
protetti. Un efficace tutela delle potenziali vittime del futuro, dovrebbe essere
assicurata anche dal diritto penale attraverso norme che assicurino il controllo
del comportamento come le norme relative ai valori-limite.

il progetto di diritto penale del pericolo astratto, è stato elaborato in Europa,


negli ultimi decenni. Il salto di qualità si ha nel 1985 con l'opera di Kratsch;
affrontando il tema delle grandi turbative in un sistema di controllo penale della
condotta, lo studioso elabora un progetto dal quale emerge che alle norme penali
spetterebbe il compito preventivo di diffondere una forma ottimale di lotta
all'illegalità. In questa prospettiva i reati di pericolo astratto assumerebbero un
ruolo centrale: I reati di pericolo astratto servono al mantenimento dell'ordine
generale, concepito in modo che in ogni singolo caso, nonostante una immensità
di combinazioni pensabili dell'evento, sia assicurata una protezione efficace del
bene giuridico. Il pericolo astratto non può essere confuso con il pericolo
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immaginario, e deve essere inteso come pericolo reale;il pericolo astratto non sia
un pericolo immaginario o opinabile, ma sia invece basato su un patrimonio di
conoscenze scientifiche. Sent imp sul tema del pericolo astratto e
dell'avvelenamento di sostanze alimentari: la sentenza del Tribunale di Venezia
del 2002 che ha ritenuto insussistente il contestato delitto di avvelenamento di
pesci e molluschi pescati nei canali industriali della laguna veneziana. E'
possibile rendersi conto della grande distanza che separa il diritto penale del
pericolo astratto dal diritto penale del comportamento. Mentre i primi fanno
parte dello schema classico del diritto penale d'evento e, nell'ambito di tale
schema svolgono il loro ruolo di figliastri della dogmatica penale, il nuovo diritto
penale del comportamento si distacca e nettamente dall'idea di bene giuridico e
dall'idea di interessi concreti dei singoli individui: esso dovrebbe svilupparsi in
funzione del controllo del comportamento attraverso la tecnica precauzionale
dei limiti soglia. Che cosa sono i limiti soglia? Le agenzie regolamentatrici
fissano i valori massimi consentiti per la presenza di sostanze tossiche nell'acqua,
nell'aria e negli alimenti: sono questi i limiti soglia. L'idea che il pericolo reale
non coincide con il superamento dei limiti – soglia, è ribadita dalla sentenza del
tribunale veneziano, nella parte in cui esclude la sussistenza del disastro
ambientale.

L'impiego del diritto penale al fine di minimizzare i grandi pericoli tecnologico-


scientifici avrebbe carattere simbolico, e ciò si trasformerebbe in un boomerang
per la collettività, perché quest'ultima finirebbe per cullarsi in un falso senso di
sicurezza e per astenersi dall'opera di autoregolamentazione, l'unico vero
grande rimedio contro il potenziale di autodistruzione.

Le minacce ecologiche sono globali, dunque mettono in discussione gli schemi di


sicurezza tradizionali, e possono sempre meno essere attribuiti a responsabilità
determinate. Secondo Beck, la società del rischio ha bisogno di nuovi attori
soprattutto transnazionali, in grado di dare vita all'autoregolamentazione
sociale attraverso la mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale.

Uno dei più grandi studiosi contemporanei della filosofia della natura, il tedesco
Jonas, interpreta la situazione attuale in modo talmente pessimistico da
ravvisare nell'euristica della paura il vero grande rimedio per le vittime del
futuro. Dice Jonas: chi non è minacciato personalmente, in modo diretto, non si
sforza di fare una revisione del proprio modo di vivere. C'è da augurarsi che una
serie di piccole catastrofi naturali ci porti alla ragione, in modo da essere
preservati dalla grande catastrofe. Due sono i criteri impiegati per definire i
limiti soglia: l'individuazione del livello di “nessun effetto dannoso osservato o
previsto”, e la applicazione di un fattore di sicurezza che consente di stabilire il
45
limite soglia. Definito in questo modo il limite, risulta individuata la soglia,
superata la quale dovrebbe scattare la sanzione penale. Si intuiscono
immediatamente le ragioni per le quali il nuovo modello di diritto penale non
può funzionare. La prima ragione, concerne la fissazione del livello del “nessun
effetto dannoso conosciuto o previsto”. Negli USA, la definizione dei limiti soglia
compiuta prescindendo dal riferimento agli effetti di danno osservati sull'uomo
in sede scientifica, ha suscitato dure prese di posizione delle corti che non hanno
esitato a definire arbitraria, la politica regolamentatoria delle agenzie.

Corte Suprema degli Stati Uniti, sentenza del 1980, relativa al caso Industrial
Union Department v. American Petroleum Institute. Con questa sentenza la Corte
Suprema prende posizione, sul tema delle alte e basse dosi di esposizione,
censurando l'abbassamento, compiuto dall'OSHA, del limite-soglia per il
benzene da 10 ppm a 1 ppm. Corte Suprema degli Stati Uniti, sentenza del 1987,
relativa al caso N.R.D.C. v. U.S. EPA. In questa sentenza viene ribadita la
necessità che i livelli di emissione siano determinate sulla base della valutazione
di esperti sulla significatività del rischio per la salute. Sentenza del marzo 2000,
nel caso Chlorine Chemistry Council et al. v. U.S. EPA. Questa sentenza coglie
l'EPA con le mani nel sacco: a) nella fissazione dei limiti soglia, l'agenzia, compie
delle scelte arbitrarie e capricciose, che si trasformano inevitabilmente in un
diritto penale del comportamento arbitrario e capriccioso; b) la sua scelta si
basa su valutazioni politiche che ignorano i risultati della ricerca e dalla
metodologia scientifica; c) individua dei limiti-soglia che si collocano su un
gradino più basso .La verità, è che il diritto penale del comportamento è privo di
effetti di deterrenza; è irrazionale rispetto allo scopo perché non serve al
progetto di tutela delle generazioni del futuro.

Chi vede nel rischio una realtà fattuale, e assegna alla scienza il compito di
decifrarla in modo neutrale, si imbatte subito in una serie di ostacoli
difficilmente superabili. Il primo ostacolo: nel suo progredire, la prassi
scientifica ha perduto le ambizioni di verità ed ha seguito l'epistemiologia sulla
via della congettura e del dubbio su sé stessa. E' un paradosso che, di fronte a
questo processo gli esperti della scienza del rischio rivendichino la capacità di
individuare i rischi reali, di effettuarne la stima in modo obbiettivo e di adottare
le decisioni relative alle gestione del rischio.

Vi sono molte ragioni che rendono impossibile la distinzione tra rischio reale e
percezione del rischio: una ragione è che la probabilità che il rischio si verifichi
non riflettono la frequenza reale degli eventi.
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La vicenda del fumo passivo è un esempio che consente di apprezzare
l'importanza del ruolo svolto dai giudizi di valore. Che cos'è il rischio?

Il rischio si rivela come una entità soggettiva nella stessa prassi scientifica: la
soggettività permea la percezione del rischio e fa dipendere l'individuazione di
quest'ultimo, la stima dell'esposizione, la scelta delle relazioni dose/risposta. Il
concetto tecnico-scientifico di rischio è troppo ristretto e ambiguo per servire
come parametro cruciale per la creazione di politiche del rischio.

Cap 3 società risk e il dir amm.

La gamma di strumenti a disposizione dell'ordinamento amministrativo, dai


piani di sviluppo, ai piani per ridurre l'inquinamento, alla contrattazione con le
imprese, sia così flessibile e variegata da consentire quei margini di manovra,
rispetto alla prassi scientifica di valutazione del rischio, che il diritto penale non
ha. Sembra cje si sia dato per vinto il legislatore italiano il quale, anche nei
provvedimenti più recenti, non ha saputo distaccarsi dall'idea che lo strumento
da adottare sia la sanzione penale, da irrogare a chi superi i limiti soglia
consentiti fissati dagli organi regolamentatori, prescindendo da ogni riferimento
a pericoli reali “scientificamente osservati”.

Cap 4 etica e azione politica

A conclusione emerge la conferma che il diritto dei singoli Stati-nazione non è in


grado di compiere passi radicali e risolutivi. Il riferimento ai valori morali,
svolge un ruolo decisivo nella ricerca dei rimedi giuridici. I pericoli incombenti
sull'umanità, derivanti dall'apparato produttivo e dal progresso tecnologico-
scientifico, e i pericoli quali il terrorismo su vasta scala e la crisi globale dei
mercati, possono essere fronteggiati, sia pure in misura assai limitata, anche sul
piano giuridico. La politica si trova a dover fare i conti con la sua propria
storia: la visione dello Stato moderno, nata con la ragion di Stato senza morale
di Richelieu nel 1600, esaltata da Bismarck nell'800 e via via propugnata dagli
uomini di Stato fino alla catastrofe finale verificatasi ad opera di Hitler è entrata
in una crisi irreversibile.

FINE

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