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HEIDEGGER A CELAN: una lettera senza risposta

Author(s): Martin Heidegger and Giuseppe Bevilacqua


Source: Belfagor, Vol. 53, No. 3 (31 maggio 1998), pp. 355-358
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.
Stable URL: https://www.jstor.org/stable/26147464
Accessed: 15-01-2020 23:35 UTC

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HEIDEGGER A CELAN

una lettera senza risposta

Egregio e caro Paul Celan,


Come debbo ringraziarla per questo inatteso e grande regalo?
La parola del poeta, che dice «Todtnauberg», e nomina luogo e paesaggio
un pensare ha tentato di ritrarsi di un passo nella dimensione del 'piccol
parola del poeta, la quale è incoraggiamento e ammonimento a un tempo
serva il ricordo di una giornata di cangianti umori (vielfàltig gestimmt) n
resta Nera.
Ma accadde già fin dal primo saluto in albergo, la sera della Sua indim
cabile lettura.
Da quel momento ci siamo reciprocamente sottaciuti parecchie cose.
Penso che un giorno, colloquiando, qualcosa ancora di ciò che non fu de
chiarirà.
Mi farò fare dal mio legatore un'apposita copertina, in cui resti custodito il
Suo dono in modo confacente.
L'immagine della malga, fotografata dal nostro figlio maggiore, vorrebbe essere
non una illustrazione, ma soltanto un piccolo aiuto per l'occhio poetante che guar
da la solitudine invernale.
Ancora debbo ringraziarLa per la copia della traduzione francese da Stifter. E
un segno che qui una traduzione è impossibile e che i testi allora furono scelti se
condo concezioni correnti.
Riceverà a parte Wegmarken [«Segnavia», la raccolta di saggi uscita qualche
mese prima]. Accludo un foglio con la dedica, che Lei potrà incollare.
Una forte influenza, dalla quale mi sto lentamente riprendendo, mi ha impe
dito di dirLe prima di adesso la mia cordiale riconoscenza.
E i miei auspici (Wiinsche) ?
Che Lei all'ora data presti ascolto al Linguaggio, nel quale Le si imporrà ciò
che deve essere tradotto in Poesia (das zu Dichtende).
Ricordandola amichevolmente
C ir T T

ouu Martin Heidegger

Friburgo, 30 gennaio 1968

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356 GIUSEPPE BEVILACQUA

A trent'anni dalla sua stesura è stata resa di pubblico dominio (v. «Neue
Ziircher Zeitung» del 3/4 gennaio 1998) questa lettera di Martin Heidegger
a Paul Celan, due protagonisti di primo piano - un pensatore e un poeta -
della cultura del nostro tempo. Essa getta una luce non più equivoca su un
rapporto tanto significativo quanto problematico, un rapporto sul cui reale con
tenuto e significato si sono impegnati numerosi qualificati commentatori. Me
rita dunque di procedere ad un esame di questo documento riemerso ora piut
tosto inopinatamente. Ma prima converrà richiamare alcuni precedenti.
La reciproca attenzione è certa. Heidegger non poteva non essere attratto
da chi, più e meglio di ogni altro poeta contemporaneo, rinnovava la tradizio
ne romantico-orfica di altissima densità da lui stesso già indagata lungo la linea
Holderlin-Trakl-Rilke; e Celan a sua volta non poteva non essere attratto dal
pensatore che affermava la funzione fondante, il primato schellinghiano, della
Poesia. Era naturale che codesta attenzione tendesse a manifestarsi con un re
ciproco scambio di scritti ritenuti significativi per l'ideale interlocutore: cosi il
filosofo raccomandò al suo editore Neske di far avere al poeta tutte le opere
che egli veniva pubblicando; e questi, dal canto suo, espresse molto presto
quanto meno l'intenzione di far pervenire direttamente al filosofo qualche si
gnificativa prova dell'opera poetica che veniva componendo. Nel 1957, secondo
una testimonianza di Otto Pòggeler, Celan si riprometteva di mandare a Hei
degger il testo manoscritto di Schliere {Maculò), una poesia di venti versi allora
inedita.
Non so se abbia realizzato il proposito. Non risulta. Ma questo titolo rac
chiude un'indicazione importante. Schliere è un punto opaco nel cristallino che
impedisce all'occhio di vedere distintamente. Vedere che cosa? «Ciò che è per
duto», dice Celan, quel passato che è un mai, ma pure ritorna «tramato di real
tà». Insomma il testo che Celan voleva trasmettere al filosofo era un toccante
testimone di quella personale svolta che Celan proprio in quello scorcio degli
anni cinquanta aveva deciso di compiere verso il mondo dei 'sommersi', total
mente dissolto, eppure tremendamente incombente. L'ebreo orientale Paul Ant
schel (anagrammato in Celan), i cui genitori erano stati massacrati dai tedeschi,
aveva tentato di rifarsi un'esistenza a Parigi, dove era approdato nel 1948. Ma
l'ombra del genocidio e la 'colpa' di essere un 'salvato', con il passare degli an
ni, anziché attenuarsi, si era cupamente addensata. Tutto questo rese difficilis
simo il rapporto di Celan con chiunque avesse avuto a che fare, anche solo
lontanamente, con il nazismo. E Heidegger sappiamo quanto si fosse compro
messo. L'invio di Schliere sarebbe stato un sottinteso invito a rinnegare final
mente quel passato, che stava come un masso sulla strada di un possibile dia
logo.
Trascorsero dieci anni, fra ritrosie dell'uno (Celan) e cauti allettamenti del
l'altro, prima che si giungesse a un incontro personale. L'occasione, nell'estate
del 1967, fu una lettura di propri versi tenuta da Celan all'università di Fri
burgo. Il giorno dopo - era una piovosa e grigia giornata di fine luglio - i
due salirono alla solitaria malga di Heidegger nella Foresta Nera. E il 1° ago

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HEIDEGGER A CELAN 357

sto, a Francoforte, sulla via del ritorno a Parigi, Celan scrisse la poesia che reca
come titolo il nome della località montana in cui quel famoso buen retiro si
trova: Todtnauberg. I suoi ventisei versi danno voce alla speranza che il poeta
reca in cuore di udire dal "pensatore" quella "parola" che forse permetterà loro
d'incontrarsi veramente al di là della catastrofe epocale che li ha contrapposti.
Ma la poesia descrive poi anche un frigido viaggio di ritorno, sintomo di de
lusione e reciproco straniamento; e descrive la visita a una torbiera, che nella
poesia di Celan è simbolo di vita soffocata. Di questo testo capitale Celan fece
fare un'edizione fuori commercio e subito, alla metà di gennaio del 1968, ne
mandò un esemplare a Heidegger. E siamo cosi alla nostra lettera.
Lo 'staccato' della sintassi già segnala che i dodici capoversi sono affiora
menti di una trama di pensiero seminascosta. Dopo l'attacco convenzionale,
Heidegger rievoca il luogo dell'incontro. E rarissimo che Celan includa un to
ponimo nella sua lirica. Se lo fa è per una specifica e profonda ragione. E qui
già troviamo il primo equivoco, o incomprensione, non si sa quanto involon
taria. Todtnauberg è indicato dal filosofo come il luogo familiare ove il pen
siero salutarmente si ridimensiona ritirandosi a contatto con una realtà 'picco
la', intima e raccolta; Celan per contro dobbiamo supporre fosse stato toccato
dal significato funereo implicito nell'etimo del nome ('prato dei morti'). Poi
Heidegger fa capire di aver ben inteso la richiesta e l'ammonimento sotteso
ai versi di Celan, ma subito fa presente che la giornata trascorsa insieme era
stata variamente contrassegnata (vielfàltig gestimmt), ossia contrastata nell'umore
dei due protagonisti.
La frase successiva può essere capita solo alla luce di quanto ha raccontato
l'organizzatore di quelle giornate, il germanista di Friburgo Gerhart Baumann.
Questi, la sera prima, si era recato per tempo, assieme a Heidegger, a prendere
Celan in albergo. Mentre stavano seduti nell'atrio si era fatto avanti un foto
grafo, al che Celan si era alzato di scatto dicendo che non voleva essere foto
grafato assieme a Heidegger. Era inequivocabilmente un grave affronto, specie
se il fotografo era stato comandato da Heidegger stesso, come io suppongo. Ma
il filosofo aveva reagito seraficamente: «'Non vuole - beh, allora si fa a meno',
e aveva ripreso il tema della conversazione senza cambiare tono» (EHnnerungen an
Celan, 63). Ora però nella lettera la sequenza appare abbastanza chiara: mi hai
ammonito a prendere posizione, ma quella giornata nella Foresta Nera è stata
turbata dal contrastante, anche offensivo, atteggiamento della sera prima; da
quel momento si è prodotto il silenzio reciproco che solo in un futuro collo
quio potrà eventualmente in qualche misura essere ovviato. L'allusivo ragiona
mento è capzioso, perché sembra sottintendere una responsabilità di Celan ri
spetto alla reticenza dell'altro; inoltre il silenzio non era affatto reciproco. I ver
si di Todtnauberg erano sufficientemente chiari.

Il resto della lettera, a parte la chiusa, è una serie di disparate e in parte


banali divagazioni: la scolastica copertina in cui riporre quel testo bruciante
di Todtnauberg rimasto senza risposta, l'acclusa fotografia della malga amena,

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358 GIUSEPPE BEVILACQUA

ripresa dal familiare, la dedica scritta su un foglio a parte, da incollare diligen


temente, infine la scusa per aver dato riscontro all'invio della poesia con due
settimane di ritardo a causa di una semplice influenza. E qui un lettore mali
zioso potrebbe appuntarsi sulla data della lettera: anniversario dell'ascesa al po
tere di Hider. Dobbiamo ritenere che sia una coincidenza. Ma il 'pensatore'
avrebbe potuto ricordare che Celan era ossessionato dalle date, come più tardi
ben rileverà Jacques Derrida; e anche ricordare che la neve e la 'solitudine in
vernale' ricorrono altrettanto ossessivamente nella poesia di Celan come teatro
della illacrimata sepoltura dei suoi genitori. Altro che immacolato idillio dello
Schwarzwald.
La chiusa. Con Todtnauberg Celan aveva detto che cosa desiderava da Hei
degger. Ora questi gli contrappone i suoi desideri: che un bel giorno il poeta
presti ascolto a quanto il 'linguaggio' (nel senso assegnatogli dal pensiero hei
deggeriano) gli impone di considerare degno di essere detto come Poesia. Que
sta frase in cauda si presta ad una grave interpretazione. Celan aveva assegnato
alla propria vita il compito di riscattare il nostro tempo dal suo massimo abo
minio, non con compassionevoli o letterarie meditazioni a posteriori, bensì ria
tualizzando esistenzialmente quell'inferno e calandovisi a voce spiegata fino al
completo e inevitabile soffocamento. Questo era, per lui, das zu Dichtende; e
non altro. E questo è il motivo dell'urgente presenza della sua poesia, per
noi, oggi. Heidegger lo esorta a prendere altra strada. Vuole Celan 'in cammi
no verso il linguaggio' (unterwegs zur Sprache), un linguaggio del tutto desto
ricizzato che non poteva essere il suo.
Secondo la testimonianza di Robert Altmann, editore di Todtnauberg, quel
la lettera del 30 gennaio suscitò in Celan amarezza e fastidio; era, disse, un
brutto evento, e tirava per sempre un frego sotto il pur auspicato rapporto
con Heidegger. Celan, per quanto ne sappiamo, non rispose: sicché si può dire
che la lettera rimase in doppio senso senza risposta: non la diede e perciò nep
pure l'ottenne.
Vi furono ancora a Friburgo un paio di incontri, formalmente corretti.
Nell'ultimo - durante il quale peraltro Celan redarguì Heidegger per aver ri
detto alcuni suoi versi falsandone il tono - il filosofo si rese conto che
1' 'ora data' non sarebbe mai giunta, e disse: «Celan è malato - inguaribilmen
te». Cosi un'alta vocazione tragica venne degradata a patologia.

Giuseppe Bevilacqua

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