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HEIDEGGER A CELAN
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356 GIUSEPPE BEVILACQUA
A trent'anni dalla sua stesura è stata resa di pubblico dominio (v. «Neue
Ziircher Zeitung» del 3/4 gennaio 1998) questa lettera di Martin Heidegger
a Paul Celan, due protagonisti di primo piano - un pensatore e un poeta -
della cultura del nostro tempo. Essa getta una luce non più equivoca su un
rapporto tanto significativo quanto problematico, un rapporto sul cui reale con
tenuto e significato si sono impegnati numerosi qualificati commentatori. Me
rita dunque di procedere ad un esame di questo documento riemerso ora piut
tosto inopinatamente. Ma prima converrà richiamare alcuni precedenti.
La reciproca attenzione è certa. Heidegger non poteva non essere attratto
da chi, più e meglio di ogni altro poeta contemporaneo, rinnovava la tradizio
ne romantico-orfica di altissima densità da lui stesso già indagata lungo la linea
Holderlin-Trakl-Rilke; e Celan a sua volta non poteva non essere attratto dal
pensatore che affermava la funzione fondante, il primato schellinghiano, della
Poesia. Era naturale che codesta attenzione tendesse a manifestarsi con un re
ciproco scambio di scritti ritenuti significativi per l'ideale interlocutore: cosi il
filosofo raccomandò al suo editore Neske di far avere al poeta tutte le opere
che egli veniva pubblicando; e questi, dal canto suo, espresse molto presto
quanto meno l'intenzione di far pervenire direttamente al filosofo qualche si
gnificativa prova dell'opera poetica che veniva componendo. Nel 1957, secondo
una testimonianza di Otto Pòggeler, Celan si riprometteva di mandare a Hei
degger il testo manoscritto di Schliere {Maculò), una poesia di venti versi allora
inedita.
Non so se abbia realizzato il proposito. Non risulta. Ma questo titolo rac
chiude un'indicazione importante. Schliere è un punto opaco nel cristallino che
impedisce all'occhio di vedere distintamente. Vedere che cosa? «Ciò che è per
duto», dice Celan, quel passato che è un mai, ma pure ritorna «tramato di real
tà». Insomma il testo che Celan voleva trasmettere al filosofo era un toccante
testimone di quella personale svolta che Celan proprio in quello scorcio degli
anni cinquanta aveva deciso di compiere verso il mondo dei 'sommersi', total
mente dissolto, eppure tremendamente incombente. L'ebreo orientale Paul Ant
schel (anagrammato in Celan), i cui genitori erano stati massacrati dai tedeschi,
aveva tentato di rifarsi un'esistenza a Parigi, dove era approdato nel 1948. Ma
l'ombra del genocidio e la 'colpa' di essere un 'salvato', con il passare degli an
ni, anziché attenuarsi, si era cupamente addensata. Tutto questo rese difficilis
simo il rapporto di Celan con chiunque avesse avuto a che fare, anche solo
lontanamente, con il nazismo. E Heidegger sappiamo quanto si fosse compro
messo. L'invio di Schliere sarebbe stato un sottinteso invito a rinnegare final
mente quel passato, che stava come un masso sulla strada di un possibile dia
logo.
Trascorsero dieci anni, fra ritrosie dell'uno (Celan) e cauti allettamenti del
l'altro, prima che si giungesse a un incontro personale. L'occasione, nell'estate
del 1967, fu una lettura di propri versi tenuta da Celan all'università di Fri
burgo. Il giorno dopo - era una piovosa e grigia giornata di fine luglio - i
due salirono alla solitaria malga di Heidegger nella Foresta Nera. E il 1° ago
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HEIDEGGER A CELAN 357
sto, a Francoforte, sulla via del ritorno a Parigi, Celan scrisse la poesia che reca
come titolo il nome della località montana in cui quel famoso buen retiro si
trova: Todtnauberg. I suoi ventisei versi danno voce alla speranza che il poeta
reca in cuore di udire dal "pensatore" quella "parola" che forse permetterà loro
d'incontrarsi veramente al di là della catastrofe epocale che li ha contrapposti.
Ma la poesia descrive poi anche un frigido viaggio di ritorno, sintomo di de
lusione e reciproco straniamento; e descrive la visita a una torbiera, che nella
poesia di Celan è simbolo di vita soffocata. Di questo testo capitale Celan fece
fare un'edizione fuori commercio e subito, alla metà di gennaio del 1968, ne
mandò un esemplare a Heidegger. E siamo cosi alla nostra lettera.
Lo 'staccato' della sintassi già segnala che i dodici capoversi sono affiora
menti di una trama di pensiero seminascosta. Dopo l'attacco convenzionale,
Heidegger rievoca il luogo dell'incontro. E rarissimo che Celan includa un to
ponimo nella sua lirica. Se lo fa è per una specifica e profonda ragione. E qui
già troviamo il primo equivoco, o incomprensione, non si sa quanto involon
taria. Todtnauberg è indicato dal filosofo come il luogo familiare ove il pen
siero salutarmente si ridimensiona ritirandosi a contatto con una realtà 'picco
la', intima e raccolta; Celan per contro dobbiamo supporre fosse stato toccato
dal significato funereo implicito nell'etimo del nome ('prato dei morti'). Poi
Heidegger fa capire di aver ben inteso la richiesta e l'ammonimento sotteso
ai versi di Celan, ma subito fa presente che la giornata trascorsa insieme era
stata variamente contrassegnata (vielfàltig gestimmt), ossia contrastata nell'umore
dei due protagonisti.
La frase successiva può essere capita solo alla luce di quanto ha raccontato
l'organizzatore di quelle giornate, il germanista di Friburgo Gerhart Baumann.
Questi, la sera prima, si era recato per tempo, assieme a Heidegger, a prendere
Celan in albergo. Mentre stavano seduti nell'atrio si era fatto avanti un foto
grafo, al che Celan si era alzato di scatto dicendo che non voleva essere foto
grafato assieme a Heidegger. Era inequivocabilmente un grave affronto, specie
se il fotografo era stato comandato da Heidegger stesso, come io suppongo. Ma
il filosofo aveva reagito seraficamente: «'Non vuole - beh, allora si fa a meno',
e aveva ripreso il tema della conversazione senza cambiare tono» (EHnnerungen an
Celan, 63). Ora però nella lettera la sequenza appare abbastanza chiara: mi hai
ammonito a prendere posizione, ma quella giornata nella Foresta Nera è stata
turbata dal contrastante, anche offensivo, atteggiamento della sera prima; da
quel momento si è prodotto il silenzio reciproco che solo in un futuro collo
quio potrà eventualmente in qualche misura essere ovviato. L'allusivo ragiona
mento è capzioso, perché sembra sottintendere una responsabilità di Celan ri
spetto alla reticenza dell'altro; inoltre il silenzio non era affatto reciproco. I ver
si di Todtnauberg erano sufficientemente chiari.
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358 GIUSEPPE BEVILACQUA
Giuseppe Bevilacqua
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