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La porta si aprì con uno schianto, mentre Prete Olivo stava davanti ai suoi

adepti. Tutti si voltarono a guardare, ma solo lui vide il cadavere in piedi


sulla soglia.

Una delle beghine si alzò per andare a richiudere il portoncino della


canonica. La pioggia era così forte che entrava a secchiate. Prete Olivo
vide la donna passare accanto alla salma senza guardarla. Lei richiuse il
temporale fuori della porta di legno e tornò a sedersi tra gli altri.

I seguaci erano in attesa, ma Prete Olivo continuava a guardare il cadavere


in piedi davanti all’entrata. Era quella la fine?

La sua storia era iniziata in una sera di metà autunno, tanti anni prima.

Tredici fantasmi
A quel tempo era un giovane prete con una piccola chiesa in mezzo alla
campagna. Ed era solo.

Era una sera di fine ottobre e la nebbia copriva ogni cosa. Solo il verso
delle cornacchie rompeva il silenzio.

Qualcuno aveva bussato. Chi poteva girare con quel tempo infausto, se
non spettri e assassini?

Prete Olivo s’era affacciato tenendo in mano l’unica lanterna che aveva.

C’era un gruppo di uomini, spuntati da chissà dove.

Erano male in arnese, stanchi, affamati.

Erano tredici.

Prete Olivo li fece entrare, diede loro da mangiare e portò delle coperte. Li
fece dormire dentro la Chiesa, l’unica stanza abbastanza grande per
contenerli tutti.

La mattina successiva diede loro del pane per il viaggio.


Uno di quelli, che gli altri chiamavano Maestro, si avvicinò, lo baciò sulla
fronte e gli disse:

«Sei coraggioso e generoso. Per questo sarai ricompensato».

Aveva una ferita nel costato e due grossi buchi nelle mani.

Si voltò e sparì insieme ai suoi discepoli nelle nebbia.

Prete Olivo non seppe mai se era stato solo un sogno.

Lo Grande Sonno
Prete Olivo non era più giovane.

I suoi seguaci lo guardavano, in attesa di una parola.

Le ombre ballavano sui muri spogli, alla luce delle candele sparse. Gli
spifferi d’aria scuotevano le fiammelle.

Il cadavere aveva attraversato la stanza trascinando i passi. Si avvicinò.


Indossava una lunga tunica scura, con un cappuccio. Passò in mezzo alle
persone sedute a terra, senza che nessuno lo notasse. E andò a mettersi
accanto al Prete.

«Cari frati e sorelle, è giunta per me l’ora de lo grande riposo», disse Prete
Olivo facendo finta di non vedere il morto che lo fissava, dritto accanto a
lui.

C’erano una quindicina di persone ad ascoltarlo. Ladri, donne di malaffare,


un disertore alcolizzato, due assassini, uno storpio bestemmiatore. Tutti
convertiti a una nuova vita dalle prediche dello strano prete, mezzo frate,
mezzo stregone.

Alle sue parole erano tutti trasaliti:

«Frate Olivo, nun stai bene? Quale Grande Riposo? Tieni quarche male?»,
chiedevano.
«No», rispose il vecchio. «Tengo sonno. È giunto lo momento che me
faccio ‘n grande sonno. E puro voi. Ite a dormire, che domani ciattèndeno
la vanga e la zappa.»

Signora Morte, l’ultima preghiera


Prete Olivo attese che tutti i suoi fedeli fossero usciti. Poi si voltò verso il
cadavere che stava in piedi in mezzo alla stanza e lo fissava. Si accarezzò
la lunga barba grigia che scendeva sulla tonaca sporca e rattoppata e gli
parlò:

«È dunque giunta la mia ora, Triste Mietitrice?».

La Morte si mise il dito indice davanti alla bocca putrefatta, in segno di


silenzio, e poggiò l’altra mano sul cuore di Prete Olivo.

Una fitta rapidissima gli passò dentro, piegandogli le ginocchia.

«Quanta fretta de trapassamme!» riuscì a balbettare, ansimando in preda


all’infarto. «Concedime qualche istante per dire le ultime preghiere!»

E la Morte ebbe pietà del vecchio prete. Scostò la mano per lasciarlo vivere
ancora qualche minuto.

Quando si fu ripreso, disse alla Morte con tono gentile:

«Ti prego, Mia Signora, attendi lo disbrigo delle mie orazioni riposando la
tua carcassa puzzolente su sta umile panca de pietra». Mostrò alla Morte il
sedile interno dell’ampio camino. Poi chiamò il suo giovane chierichetto
urlando:

«Giovannino! Giovannino! Scenni giù!»

Mentre Giovannino scendeva le scalette di legno della Canonica, Prete


Olivo insistette a far accomodare la Morte sul sedile interno del camino. E
quella si sedette.

«Padre mio, che te succede? Che te strilli, a st’ora de notte?», chiese


preoccupato il chierichetto.
«Succede che ciò freddo, ma ciò da dì le preghiere mie, prima da
coricamme. Attizza lo cammino, che devo scallare sti ossi miei. Alza sta
fiamma co tutti li sterpi e le pigne secche che ciài.»

«Ma nun dicevi che dovevi fatte uno grande sonno?»

«Fatte l’affaracci tui e attizza sto foco!»

Giovannino entrò nel camino. Si inginocchiò accanto alla Morte senza


vederla. E attizzò il fuoco.

E in un attimo la fiamma, nutrita da zeppi rinsecchiti e pigne, divenne


altissima e divampò all’esterno, risalendo la panca di pietra.

Il chierichetto fece un balzo all’indietro per lo spavento. Non poteva vedere


il fantasma della Morte prendere fuoco, accendendosi come una foglia
secca.

«Ma ch’è successo?», chiese spaventato. «Perché le fiamme escono dar


cammino e bruciano la panca?»

«È l’ojo che t’è cascato ieri e che nun hai pulito come t’avevo detto da
fare!», rispose Prete Olivo tirando una sberla dietro la nuca del chierichetto.
«A momenti arimani abbruciato!»

«Me pento, Frate mio! Perdona sto debbosciato che sò! Me merito na
punizzione!»

«Dio vede e provvede pe chi se n’avvede», rispose Prete Olivo, guardando


il cadavere della Morte che bruciava come un unico grande tizzone.
«Chissà che stasera nun hai fatto quarcheccosa de bono, na volta tanto».

Signora Morte, l’ultimo fico


Erano trascorsi molti anni.

Prete Olivo era ormai un vecchio piegato nella schiena. Ma si dedicava


ancora ad accogliere gli straccioni e i delinquenti nella sua chiesetta
diroccata. E sfamava i mendicanti e i malati con gli ortaggi che coltivava
dietro la canonica.
Un pomeriggio d’autunno, il vecchio frate stava bruciando foglie secche e
rami in mezzo al campo, approfittando dell’ultimo sole.

La notte già incombeva sulla metà orientale del cielo, mentre da occidente
la palla arancione del sole gettava ombre lunghe e deboli.

Il falò tremò all’improvviso.

Un’aria gelida scosse la tonaca del prete e un mulinello di foglie gli si


avvolse attorno ai piedi.

Un’ombra si proiettò lunga davanti a lui. Prete Olivo alzò lo sguardo:

«Bentornata sorella Morte!»

Quella aprì la tunica che copriva la sua carcassa putrefatta e ne tirò fuori
una lunga lama.

«Mia Signora, prima da trapassamme, vorrei solo esprimere un ultimo


desiderio… »

La morte avanzò verso di lui con la lama in pugno.

Prete Olivo non mostrava alcuno spavento. Indicò un alberello alle spalle
della Mietitrice.

«Vedi questa bella pianta de fichi? Non sai quanto me piacerebbe de ire
all’altro monno con lo dolce sapore de uno de quei frutti su sta mia
linguaccia rinsecchita.»

La Morte non sembrava ascoltarlo. Si avvicinò e puntò il suo lungo coltello


contro la gola del prete.

«Solo uno!», insisteva lui. «Lasciame usare sta lama pe cojere uno fico. E
mentre che lo magno, mi trapassi!»

Avvolse le mani attorno a quella della Morte, che teneva il pugnale.


Un’orribile sensazione di gelo si diffuse rapida nelle sue braccia, così
intensa da farlo gemere.
«Che te costa?»

La Morte, anche stavolta, ebbe pietà di lui e allentò la presa.

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