Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
«Io sì!», continuò Giovanni. «Lo mio nome è Benforte e tutti lo sanno! Puro
li lupi lo sanno! Non hai sentito come fuìrono pe la paura? È perché mi
videro! Tutte le bestie de lo bosco sanno che sono Benforte de nome e de
fatto!»
«Io non t’ho sentito mai. Dentro lo bosco ce vivo ma non t’ho sentito mai!»
«Io sò l’Orco».
Una caverna
L’Orco aveva fatto strada nel buio del bosco, finché erano arrivati nella sua
dimora.
Una caverna.
C’era stato un tempo in cui era stato giovane, belloccio, svelto di mano,
furbo, con la risposta sempre pronta.
E allora si era messo a parlare alla creatura nel buio come a un suo pari,
come se lui stesso fosse un essere del bosco, mezzo uomo mezzo belva.
L’Orco rispose:
«È tutta la vita che vago dentro a sto bosco ma una caverna co le galline
non l’ho veduta mai», rispondeva sospettoso l’Orco.
Giovanni aveva intuito subito che il mostro era di mente tarda. Poteva
dargli a bere molte sciocchezze, se stava attento e si mostrava sicuro a
sufficienza.
E Giovanni lo vide.
Era alto molto più di lui. La testa era incassata tra le enormi spalle, coperte
da una pelliccia scura.
Alle mani aveva lunghi artigli scuri. Il naso era grosso e schiacciato, con
narici larghe che ricordavano quelle di un animale. Il mento e tutta la
mascella erano deformi e incassati all’indietro e grosse zanne sporgevano
fuori dalla bocca.
La faccia era coperta da una barba rada e lunghi capelli sudici scendevano
sulle spalle.
«Mai ho veduto un essere grosso e forte come te! Tu sei lo primo che vedo
che potrebbe avere bracci forti quanti li miei! Colla forza mia e tua
possiamo diventare li signori de lo bosco e di tutta la contrada!»
L’Orco sbuffò dalle narici e si voltò verso il fondo della caverna. Disse solo: