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«È uno sacrifizio che si deve compiere per uno bene più alto. Qualche
pastorello invece che cento donne e cento bambini e cento vecchi. E cento
òmini ammazzati che ponno lavorare, strappare frutti alla terra. E pigliare le
armi, quando serve.
Trovò il Brutto nei pressi di una casetta alla fine del paese.
Era ormai pomeriggio e gli uomini si stavano già radunando nella piazza.
Poi, quando le urla si furono calmate, disse quello che doveva dire e tutti lo
ascoltarono.
Belve
Intanto, nel bosco, Giovanni Benforte parlava.
E notti.
Di giorno sudava per il caldo, di notte dormiva sulla nuda terra. I capelli si
univano in grossi ciuffi impastati di polvere e sudore. Non sentiva neanche
più l’odore dell’Orco.
Durante il giorno cacciavano qualche animale, andavano al ruscello a bere,
sonnecchiavano sotto qualche albero.
«Ho sentito due paesani che parlavano al fiume, qualche giorno addietro»,
disse mentre stavano raccogliendo legna.
«Dicevano di voler dare la caccia a una creatura del bosco che si piglia i
bambini».
«Se sradico questa ciabbiamo legna per tutto l’anno», disse ansimando.
«Non puoi sradicare una quercia», grugnì l’Orco. «Li alberi devono stare
allo posto loro. Sennò lo bosco muore. E poi n’ho già presa abbastanza, de
legna».
«Non è la bestia che piglia i bambini. Sono i bambini che ci vanno, dalla
bestia».
«Perché?», chiese.
C’era stato un tempo in cui Giovanni Benforte era stato abile a dire parole
che potessero avere due significati.
Una moneta
Era l’ora in cui i pastori tornavano con le greggi.
L’ora in cui gli uomini del paese s’erano incamminati verso il bosco.
In cui il tramonto arrossa il cielo. Per questo nessuno aveva ancora notato
il fiammeggiare lontano.
Una moneta d’oro per recapitarla a un Signore, uno che stava nella
residenza del Governatore.
Avrebbe dovuto fare un profondo inchino e dargli la lettera. E poi aspettare
che il Signore le desse il permesso di andarsene.
Lui l’avrebbe aspettata lì, a qualsiasi ora fosse tornata, anche di notte.
Alle loro spalle, il cielo era più rosso del solito. Più rosso di un normale
tramonto.
Al fuoco!
All’inizio erano volate male parole.
«Andatevene!».
L’odore di bruciato arrivò alle narici dell’Orco mentre tornava verso la sua
grotta.
Poi cominciò a sentire anche lui. Vide la luce rossastra diffondersi tra gli
alberi. Il fumo iniziò a bruciare gli occhi.
Prima di scappare per non essere divorati anche loro dalle fiamme, fecero
in tempo a vedere la casa che bruciava.
Era furia.