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ete Olivo prese il coltello e si avvicinò all’alberello. Colse un fico.

Ma poi gettò la lama in mezzo al fuoco di foglie secche e rami che ardeva
in mezzo al campo, a pochi passi da loro.

La Morte restò immobile.

«Mia Signora, me devi scusare», disse Prete Olivo, «ma sto dolce sapore
de succhero m’ha ricordato de quante amarezze hanno da patire quelli
disgraziati che ospito. Se trapasso, chi ce pensa?

«Ce sta una ragazzina che ha da sgravare stanotte e no soldato co na


gamba in cancrena. Abbi pazienza, ciò troppe brighe, per crepare proprio
oggi. Facciamo la prossima volta»

Mentre diceva questa parole, Prete Olivo s’era chinato sopra il falò e ne
aveva estratto un ramo che ardeva come una fiaccola.

«Giuro, che me se possa pijare lo Diavolo! La prossima è la volta bona che


mi lascio trapassare», disse lanciando la fiaccola sulla tonaca di Sorella
Morte.

S’incamminò con un’andatura sghemba, lasciando per la seconda volta


che la Grande Mietitrice ardesse come un tizzone.

Sor Diavolo, na mano a Tresette?


Molti anni dopo, Prete Olivo era del tutto decrepito, ingobbito, la bocca
senza denti e radi capelli bianchi che spuntavano dritti e desolati sulla testa
semicalva.

Si reggeva ancora in piedi e spesso lo si vedeva zappare ostinatamente


l’orto. Ma non diceva più messa da tempo.

Dispensava consigli e benedizioni agli straccioni, ai banditi e alle prostitute


che accoglieva nella sua parrocchia.

Ma il lavoro lo facevano ormai i suoi seguaci.


Il chierichetto Giovannino era ormai un vecchio mezzo cieco e contorto
dall’artrosi. Una sera stava aiutando Prete Olivo a coricarsi.

La porta fu aperta da una folata di vento.

«Perdona, Padre mio, se vede che nun l’ho chiusa bene.»

«No, nun è colpa tua», rispose Prete Olivo. «È na vecchia amica ch’è
venuta a riscuote no vecchio debito.

«Abbi pazienza, Giovannì, pìjame lo mazzo de carte e mettimelo qua nella


mano», aggiunse mentre la Morte incedeva a passi lenti verso di lui.

Giovannino assecondava da tutta la vita le stranezze del Prete e non


obiettò. Appena gli ebbe messo il mazzo di carte nella mano destra, vide la
luce spegnersi nei suoi occhi, con un sorriso raggelato.

Si fece il segno della croce e versò delle lacrime.

Prete Olivo seguì Sorella Morte fuori dalla canonica, nel freddo della notte.

Attraversarono l’orto, fino al vecchio albero di fico. Gli girarono attorno.

«Da quanto tempo c’è questa fossa dietro sto albero?», chiese.

Ma non ebbe risposta.

Una profonda voragine si apriva nel terreno. Degli scalini entravano nel
buio.

Scesero per un tempo infinito, fino a una grande sala illuminata da torce
sulle pareti.

Sul lato sinistro c’era un’apertura ad arco dalla quale venivano una luce
rossastra, fumo e puzza di zolfo.

Prete Olivo lasciò la Morte e vi entrò.


Camminò tra i gemiti e il puzzo di sangue e urina. Camminò tra il rumore
delle viscere aperte e le imprecazioni furiose. Tra gli sguardi imploranti e i
corpi martoriati. Camminò tra l’angoscia e l’orrore senza speranza.

Fino a che non fu davanti al Demonio in persona.

«Non è posto per te, questo, prete». Era la voce più profonda e terrificante
che si possa immaginare.

«E quale sarebbe lo posto de no prete, se no tra i disperati?», rispose


Olivo.

Occhi di fuoco bruciarono la sua pelle, artigli d’acciaio ghermirono la sua


gola, suoni agghiaccianti perforarono il suo cuore.

«Vattene ora», disse il Demonio.

Prete Olivo rispose con un filo di voce:

«Me ne vado, ma prima voglio sapere se è vero quello che se dice de le


carte… È lo vero che le ha inventate Satanasso?»

I suoni si fermarono, la fiamme si acquietarono.

Il Demonio rise, così forte da far tremare la terra.

«Cosa vuoi giocarti?», chiese.

«L’anima mia», rispose sorridente Prete Olivo, tirando fuori il suo mazzo di
carte. «Ma se vinco me piglio l’anima de chi dico io. Se gioca a Tressette
spizzichino».

Il Demonio rise ancor più forte.

E giocarono.

E Prete Olivo vinse la prima mano.

«Chi è quello disgraziato che viene smembrato da li cavalli?», chiese.


«Un assassino», rispose il Demonio.

«Me lo piglio», rispose Prete Olivo.

Giocarono ancora e Prete Olivo vinse un’altra mano.

«Chi è quella sciagurata mangiata viva da li corvi?»

«Una fedifraga e assassina del marito».

«La voglio»

E giocarono ancora. E Prete Olivo vinse ogni volta.

E si prese l’anima di rapinatori, lussuriosi, alcolizzati, bagasce,


avvelenatrici e furfanti d’ogni specie.

«La tua fama di stregone è meritata», disse il Demonio.

«Vattene, prima che ci ripensi. Ma prima devi dirmi che ci devi fare con
tutte queste anime lorde».

«Je do no poco de pace. Hanno già vissuto lo inferno de la miseria quanno


che erano in vita. E poi un volta ho incontrato uno tale che diceva che gli
ultimi hanno da essere primi».

Così rispose Prete Olivo, incamminandosi fuori.

La Morte lo attendeva per accompagnarlo. Dove, nessuno lo sa.

S’incamminarono nella lunga galleria oscura. Una processione di anime li


seguiva. E mormorava.

Tutte dicevano che se esiste un paradiso, è per chi è disposto a scendere


all’inferno, per stare con le anime dei più disperati.

Approfondimenti
La leggenda di Prete Olivo viene dalla tradizione romanesca, ma ha origini
misteriose.

Per questo racconto mi sono basato sulla narrazione che ne fa Cecilia


Gatto Trocchi nel suo Leggende e Racconti Popolari di Roma

Personalmente ho il sospetto che possa essere nata dalla figura storica di


un frate francescano di nome Pèire de Joan-Oliu, italianizzato in Pietro di
Giovanni Olivi.

Joan Oliu fu attivo nella regione di lingua occitana (Francia meridionale) e


fu capostipite del movimento degli Spirituali o almeno di una delle varie
correnti.

Gli Spirituali sostenevano la necessità della povertà assoluta dei frati.

Oliu era un uomo molto colto e le sue tesi furono ovviamente combattute
dalla Chiesa: almeno un paio di volte dovette sottomettersi ad alcuni
esami, ma riuscì a cavarsela.

Ebbe molti discepoli (beghine e beghini) e le sue opere circolarono anche


tradotte in lingua volgare.

Che sia riuscito a evitare di essere condannato per eresia potrebbe essere
all’origine della leggenda del frate capace di farsi beffe della morte.

Tanto più che gli Spirituali, anni dopo la sua scomparsa, furono invece
perseguitati

Il fatto poi che predicasse la povertà e che fosse in contrasto con la


Chiesa, potrebbe aver dato vita all’idea del frate umile, vicino ai poveri e ai
disgraziati.

La fantasia popolare va spesso in cerca di eroi capaci di schierarsi contro il


potere costituito, ma poi li trasforma, cerca di farli propri: un colto
francescano che scriveva testi di teologia potrebbe facilmente trasformarsi
in un prete di campagna mezzo stregone e molto astuto.

Ma ci tengo a precisare che è un’ipotesi tutta da dimostrare, un’intuizione


che potrebbe essere del tutto sbagliata.
Se mai qualche storico che passa da queste parti avesse voglia di darmi
la sua opinione, gliene sarei massimamente riconoscente.

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