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Naso Schiacciato era arrivato a sera, era pallido e tossiva. Senza salutarli
aveva gracchiato ordini di sgomberare il magazzino dai morti e dai
moribondi, di scaricarli in strada e poi di rimettersi subito al lavoro.
Dopodiché, era crollato a sedere dietro la sua scrivania.
«Vòi i soldi, vòi? Beato a te! I tuoi colleghi se sò presi tutto e sò scappati.
Nun ciò niente, nun ciò!»
«Stamme lontano, nun t’azzardà!», gli aveva detto. E quello, che aveva a
malapena la forza di stare seduto, non si era alzato.
Dopo aver lasciato il magazzino, Antonio aveva girato alcune ore in cerca
di un vicolo o un portone aperto dove mettersi a dormire. Poi aveva visto gli
Spettri Neri aggirarsi silenziosi in una piazza. Così, aveva deciso che il
modo più sicuro di arrivare sani e salvi al sorgere del sole era continuare a
spostarsi attraverso i vicoli meno battuti.
Antonio era andato alla stazione da solo, ma aveva trovato tutto sprangato
e c’erano due guardie armate che presidiavano l’ingresso. Una delle due
tossiva rumorosamente e l’altra si teneva a distanza.
L’unica cosa che aveva mangiato era un grosso tocco di pane raffermo, nel
pomeriggio: aveva forzato la porta di un panificio chiuso.
Vagava guardingo e affamato, col cuore che gli saltava in gola a ogni
rumore. Più di una volta gli era capitato di paralizzarsi per lo spavento
sentendo un gemito nel buio, per poi accorgersi che proveniva da qualche
moribondo sbattuto in terra. I lati delle strade erano infestati di cadaveri.
Durante il giorno i pochi beccamorti in attività ne caricavano a dozzine sui
carretti, ma non ne raccoglievano mai abbastanza.
Giunto all’incrocio tra due stradine, s’infilò in quello che nel buio pareva un
vicolo. Faceva una gran fatica a riconoscere le strade senza illuminazione.
Il vicolo si rivelò essere una lunga strada dritta che incrociava molte
traverse: davvero pericolosa, perché da ogni angolo poteva sbucare uno
Spettro. Antonio camminava rasente al muro, acquattato il più possibile
nell’ombra.
«Guarda che ti vedono lo stesso! Vedono nel buio meglio dei gatti!»
«In verità non si può dire che vedano in senso stretto: loro più che altro ti
sentono. Sentono la paura che emani e che diffondi attraverso il buio. Lo
sapevi che quando ti muovi nel buio è come se ci strusciassi attraverso? La
paura ci rimane appiccicata. E loro la sentono. Ma non col naso, è più una
cosa di pelle, potremmo dire. O meglio, lo potremmo dire se avessero una
pelle».