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e radiche e rametti li conosco tutti quanti.

Chi gli viene lo starnuto colla flemma scura e lenta

io gli cuocio malva e timo, salvia, rosmarino e menta.

La corteccia dello salice e le foglie di carciofo

glieli do se cià la febbre che gli leva orgni riposo.

Se una fìmmina il marito di mazzate la fracassa

dei capelli del balordo io ci abbrucio una matassa

e se il malocchio non lo ammala ci sta il succo di Caino

io le do questo veleno e lei lo mette dentro al vino… »

Doni e terrori
Il nipotino corse a prendere la calza appesa a lato del camino, mentre
Nonna Rosa apriva le finestre per far entrare la la luce del mattino. Dalle
fessure si insinuavano spifferi freddi.

«Uffa Nonna – disse il bambino – io volevo stare sveglio per vederla, la


Befana!»

«Non lo dire manco per scherzo! – lo ammonì – che nessun bambino l’ha
da vedere mai! Che sennò quella ti trasforma in un pezzo di carbone! E mò
guarda che ci sta nella calza.»

«E a te ti è mai successo?», chiese il bambino.

«Che cosa?»

«Che la Befana ti trasformava in un pezzo di carbone.»


«Ancora no. Ma tra un po’ succederà. Ma non fa niente, ca io so vecchia.
Tu invece devi diventare grande e grosso e devi fare figli e nipoti. Ficca la
mano dentro alla calza e pigliati quello che c’è di buono.»

«Nonna?»

«Che c’è?»

«Ma ci sta pure no pezzo di carbone!»

«Eccerto ca ci sta! Qualche marachella l’hai fatta di sicuro, no pezzo di


carbone te lo meriti per forza.

No pezzo di carbone ce lo meritiamo sempre tutti. Arricòrdatelo».

Approfondimenti
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L’elenco completo dei miei racconti lo trovi qui: Racconti

Questo racconto è basato su leggende e simbolismi legati alle origini delle


festività natalizie.

Se ti interessa l’argomento devi leggere questo articolo: Origini del Natale:


le radici della festa del Solstizio d’Inverno.

Le fonti di ispirazione di questo racconto sono molte. Ovviamente cinema e


letteratura dell’orrore, ma non solo.

L’immagine di Luigina che affonda la mano nel pelo di suo fratello


licantropo per tenerlo quieto l’ho presa da un film che ha segnato
l’immaginario della mia generazione, Ladyhawke. E che a sua volta è una
rielaborazione del tema de la Bella e la Bestia.

I nomi dei due ragazzi che si lasciano ammaliare dalla strega Berta
trasformata in maliziosa fanciulla (Mario e Gino), li ho presi da Berta filava
di Rino Gaetano (E Berta filava, filava con Mario, filava con Gino e
nasceva il bambino, che non era di Mario e non era di Gino).
Faccio notare che in questa famosissima e amatissima canzone, c’è una
Berta che fila la lana per fare un vestito a uno che va a morire su un rogo.

Nella filastrocca che la Berta del mio racconto recita a Luigina, parlo di un
qualche tipo di veleno che si chiamerebbe Succo di Caino: me lo sono
inventato, mi pareva molto suggestivo.

Ma l’idea che una strega fornisse alle donne malmenate dai mariti un
veleno per liberarsi dei consorti violenti, mi è venuta dalla figura storica
(reale) di Giulia Tofana.

La sua storia è raccontata nel romanzo di Adriana Assini dal titolo Giulia
Tofana, gli amori, i veleni.

L’idea poi di sbarazzarsi di un marito mettendogli il veleno nel vino l’ho


presa dalla canzone tradizionale Donna lombarda, che eseguo spesso nei
miei spettacoli e che sta anche nel mio album Fumo al vento.

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