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Coordinamento editoriale:
Giuseppe Epinati - Dirigente del Settore Urbanistica e Agricoltura
Coordinamento
Coordinamentotecnico:
editoriale:
Giuliano
Giuseppe Oldrati
Epinati - Dirigente del Settore Urbanistica e Agricoltura
Autori testi:
Coordinamento tecnico:
Giovanni
Giuliano Albrici
Oldrati- Asl Bergamo
Andrea Besana - Provincia di Bergamo
Antonio Vitali - Asl Bergamo
Autore testi:
Stefania Savardi
Realizzato in collaborazione con:
Asl
Un Bergamo
particolare- ringraziamento
Dipartimento Prevenzione Veterinario
ai tecnici del Settore Urbanistica e Agricoltura:
Federica Crespi, Carla Ravasio, Diego Compagnoni, Angela Bosio
Un particolare ringraziamento ai tecnici del Settore Urbanistica e Agricoltura:
Federica
Foto: Crespi, Giuseppe Benaglio, Giulio Campana, Graziano Cancelli
Stefania Savardi, Giorgio Lottici
Progetto grafico:
Si ringrazia l’Azienda
Giovanzana Agricola
F.lli - Cisano In Collina di Esmate di Solto Collina (BG).
Bergamasco
Realizzatocon
Realizzato conililcontributo
contributodel:
del:
Premessa
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piante officinali
1. Le piante officinali
1.1 Introduzione
Secondo quanto stabilito dalla normativa
in materia (L. 99/1931), le piante officinali
sono un grande ed eterogeneo gruppo di spe-
cie vegetali inserite negli elenchi specifici e
nelle Farmacopee dei singoli paesi. Compren-
dono tre sottogruppi, i cui elementi possono
intersecarsi fra loro: le piante medicinali, le
aromatiche e quelle denominate da profumo.
Nel linguaggio comune gli aggettivi offi-
cinale e medicinale vengono spesso consi-
derati sinonimi, ma in realtà si tratta di ter-
Coltivazione di piante officinali mini sostanzialmente differenti. Mentre il pri-
mo identifica un’accezione legale, il secon-
do definisce una specie in base alle sue proprietà medicamentose. Secondo l’Orga-
nizzazione Mondiale della Sanità, è una pianta medicinale qualunque organismo ve-
getale che contiene, in uno dei suoi organi, sostanze che possono essere utilizzate a
fini terapeutici o che sono precursori di emisintesi di specie farmaceutiche. Le piante
aromatiche, invece, sono specie contenenti sostanze di odore gradevole e ricche di
oli essenziali. Infine, le piante da profumo, sono specie ricche di essenze odorose,
selezionate ed estratte in laboratorio per un loro utilizzo cosmetico.
Attualmente solo il 30% del fabbisogno nazionale di erbe officinali viene prodotto
in Italia. La maggior parte del mercato è coperta da prodotto importato da paesi terzi,
principalmente Est Europeo, Estremo Oriente e America Latina. In questi paesi, tutta-
via, si privilegia la raccolta spontanea a discapito della coltivazione. Questo apre la
strada a numerose problematiche relative alla qualità delle erbe quali la contaminazio-
ne ad opera di metalli pesanti, micotossine o radiazioni.
All’interno dell’Unione Europea, il paese che ha meglio sviluppato nell’economia
agricola il comparto officinale è sicuramente la Francia. Anche in questo caso la col-
tura delle erbe non è diffusa in tutto il paese, ma principalmente nel dipartimento del-
la Provenza, che ha fatto della coltivazione della lavanda e del lavandino un simbolo
culturale e un’attrazione turistica, oltre che una ricchezza agricola.
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In provincia di Bergamo è partito nel 2006 un progetto pilota relativo alla coltiva-
zione di piante officinali, con il sostegno del Settore Agricoltura della Comunità Monta-
na Alto Sebino (ora inglobata nella Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi). Lo sco-
po è stato quello di raccogliere dati e informazioni per fornire consulenza tecnica ai pro-
duttori di piante officinali, finalizzata al miglioramento quantitativo e qualitativo delle
produzioni erbacee e dei prodotti trasformati, lungo tutta la filiera produttiva, dalla scel-
ta delle cultivar più adatte alle condizioni ambientali locali, fino alla raccolta e alla tra-
sformazione. Il fondo individuato per la sperimentazione era localizzato presso un’azien-
da agricola in comune di Solto Collina. Lo studio ha dimostrato che, come atteso, le
specie presenti spontaneamente nelle aree circostanti ben si adattano alla coltivazio-
ne. Tuttavia, anche erbe non autoctone (al-
loctone), ma originarie di zone con caratteri-
stiche pedo-climatiche simili, si sviluppano
bene: è il caso, ad esempio, della menta co-
reana o delle echinacee. Lo studio del mi-
croclima è molto importante, in particolar
modo per una provincia, come quella berga-
masca, caratterizzata da ambienti molto va-
riegati: una valletta laterale particolarmente
fredda, o un avvallamento fra le colline estre-
mamente umido, devono essere valutati con
attenzione, perché possono modificare so- Fiore di monarda
stanzialmente le caratteristiche di un sito.
Dalle prove è emerso che alcune specie alloctone come la monarda, originaria del Nord
America, mal sopporta un suolo pacciamato, e come alcune cultivar, tra cui la lippia,
vegetano meglio se ricoverate in serra per la stagione fredda. Si è visto inoltre come la
melissa, pur essendo una specie perenne, è meglio che venga sostituita dopo due o
tre anni, per evitare importanti attacchi fungini, e come la malva della Mauritania, in un
clima poco piovoso, resista bene alla ruggine, che in genere è un grave problema per
questa specie.
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piante officinali
te officinali è notevole, soprattutto nei pe-
riodi di maggiore raccolta, e la meccaniz-
zazione non è di semplice attuazione, sia
per la delicatezza delle erbe, sia per la dif-
ficoltà di accedere ai fondi adibiti a tale col-
tura. Inoltre, è necessario che l’azienda sia
dotata di un essiccatoio di dimensioni ade-
guate per evitare possibili contaminazioni
fungine e preservare il più possibile i prin-
cipi attivi, che sono molecole estremamen-
te sensibili agli effetti di luce e sole nel ve-
Box essiccatoio getale tagliato. Infine, l’agricoltore deve te-
nere presente che le piante officinali non ri-
entrano nelle Organizzazioni Comuni di Mercato, e di conseguenza non beneficiano
di premi comunitari.
Il prodotto locale non può competere sullo stesso piano con quello importato
dall’estero, il cui prezzo è inferiore sia a causa dei volumi prodotti che dei minori costi
sostenuti per la produzione: l’agricoltore italiano non deve puntare sulle quantità, ma
sulla qualità, e investire in tal senso. Tutte le specie citate sono coltivabili in provincia
di Bergamo con buoni risultati.
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1.5 La scelta della specie
Quando si decide di iniziare la coltivazio-
ne di piante officinali è importante scegliere
attentamente la specie. Coltivare lamiacee
tipo menta o lavanda nel territorio bergama-
sco significa avere piante meno ricche di olio
essenziale rispetto a quelle coltivate nell’Ita-
lia meridionale: la loro destinazione non sa-
rà quindi quella dell’industria profumiera, ma
quella alimentare, dove la quantità di olio è
meno importante ma sufficiente a rendere il
gusto gradevole. Camomilla in fiore
Aziende agricole di montagna, dove le primavere sono fredde, preferiranno la col-
tivazione della camomilla, i cui principi attivi vengono stimolati da questo clima, men-
tre le aziende di pianura, dove i mesi primaverili registrano temperature più elevate, si
orienteranno verso la lavanda, che ama queste condizioni. E ancora, fondi situati in al-
ta montagna valuteranno la coltivazione dell’assenzio, scartato a priori da quelle di col-
lina, perché in quota la sintesi di tujoni, sostanze altamente neurotossiche, diminuisce
notevolmente. Anche il tipo di suolo è fondamentale: aziende situate in quota che han-
no a disposizione terreni acidi potranno scegliere l’arnica, mentre quelle di pianura e
collina con suoli alcalini potranno orientarsi su camomilla, lavanda o salvia. Infine,
aziende situate in aree caratterizzate da climi molto piovosi, soprattutto in primavera-
estate, escluderanno dalla rosa delle specie coltivabili tutte quelle cultivar che accu-
mulano gli oli essenziali nei loro organi esterni, quali i peli ghiandolari: in questi fondi
non si dovranno coltivare menta o melissa.
Una volta individuate le specie che meglio si adattano al sito che si ha a disposi-
zione, la filiera che porta alla vendita del prodotto finito si compone di tre momenti
principali: la coltivazione della pianta, la raccolta della droga, la trasformazione del ve-
getale o l’estrazione del suo principio attivo.
2. La tecnica colturale
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piante officinali
Le caratteristiche che una corretta analisi deve indagare sono sia di tipo fisico che
chimico-microbiologico. Nella prima categoria rientrano la tessitura, la struttura, la
porosità, la tenacità, l’adesività e la plasticità del suolo. Alla seconda appartengono il
pH, il potere adsorbente, l’umificazione, la quantità di sostanza organica e il rapporto
carbonio/azoto. Infine, per apportare al terreno una corretta concimazione, è indispen-
sabile conoscere gli elementi chimici di fertilità: azoto, fosforo e potassio innanzitutto,
oltre ai principali microelementi quali calcio, magnesio e sodio, e la capacità del suo-
lo di cederli agli organismi vegetali.
In base a questi dati si procede con i lavori di preparazione del fondo.
Vantaggi:
- no malerbe
Fresatura
- meno manodopera
- limita l’escursione termica
Estirpatura malerbe Rullatura
- mantiene alto il grado di
o residui colturali Erpicatura
umidità
Concimazione
Aratura minerale Sarchiatura
Svantaggi:
- eccessivo riscaldamento in
Letamazione di fondo Scelta suolo nudo
periodi molto caldi
o pacciamatura
- possibile eccessiva
limitazione della traspirazione
- costo d’impianto
2.2 L’impianto
In funzione delle caratteristiche del sito e della singola specie, si rende necessario
scegliere quale tipologia di semina o d’impianto fare: pieno campo, semenzaio, oppu-
re stoloni o talee di rami. Qualunque sia la modalità scelta, le sementi devono essere
di varietà certificata, privi di terra, sabbia, semi di altre specie o contaminanti di diver-
so genere, e di germinabilità elevata.
Le cultivar meno delicate, che fin dai primi stadi di sviluppo sono in grado di af-
frontare con successo la competizione con le altre erbe che popolano il campo, pos-
sono essere seminate direttamente nel terreno. Per la maggior parte delle specie la
semina si effettua tra la fine di aprile e la prima metà di maggio, con le dovute ecce-
zioni, come nel caso dell’iperico che preferisce la semina autunnale. Il procedimento
richiede tempo e manualità, poiché il rispetto dei sesti d’impianto corretti è fondamen-
tale per il buon sviluppo della pianta. Dopo la semina è utile rullare il suolo per interra-
re i semi, mettendoli nelle condizioni migliori per una buona germinazione. Alcune del-
le specie che meglio si adattano alla semina diretta in pieno campo sono la camomil-
la, l’anice e la calendula.
Nel caso la specie che si intende seminare sia più delicata, poco competitiva con
le malerbe, soprattutto nei primi stadi di sviluppo, oppure sia particolarmente costo-
sa, si preferisce ricorrere a un semenzaio. Il semenzaio può essere anche piuttosto
rustico, ad esempio si possono utilizzare delle cassette di polistirolo suddivise in pic-
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cole celle, riempite con terriccio smosso e
ben umido poste in un luogo riparato dal
vento e dal freddo, luminoso ma non in pie-
no sole, dove le temperature siano sufficien-
temente miti rispetto all’esterno. In questo
modo le piantine possono svilupparsi per
le prime settimane nelle condizioni pedo-
climatiche migliori, senza dover competere
con le erbe più rustiche per l’approvvigio-
namento dell’acqua e degli elementi nutri-
tivi. In tal caso la semina va anticipata a
Piantine in semenzaio “casalingo”
marzo-aprile. Fra aprile, maggio e giugno,
in base alla specie, quando le piantine in semenzaio hanno raggiunto un buon grado
di sviluppo, si può procedere al trapianto in campo. Le cultivar che necessitano del
semenzaio sono, tra le altre, l’achillea, l’arnica, l’iperico e l’elicriso.
Alcune specie preferiscono la riproduzione tramite stolone o talea, fra queste la
menta è l’esempio più diffuso, ma anche lavanda, monarda e molte altre. Per queste
specie si prelevano gli stoloni in autunno, verso ottobre, oppure all’inizio della prima-
vera, a marzo, e si interrano nella nuova area destinata alla coltivazione.
Qualunque sia la tipologia di impianto scelta, è fondamentale adottare i giusti se-
sti d’impianto. Distanze troppo strette possono favorire il disseccamento delle foglie
basali, troppo larghe una scarsa concentrazione di principio attivo. Piante che resta-
no di dimensioni ridotte, come ad esempio la camomilla, hanno bisogno di poco spa-
zio, e distanze di 20 cm sono sufficienti. Erbacee di medio accrescimento, come la ca-
lendula o la melissa, necessitano di spazi maggiori, ed è meglio non affollare il suolo
con più di 6-7 piante/m2. Specie che si sviluppano notevolmente, come la malva sil-
vestre della Mauritania, esigono ampie superfici, ed è meglio non superare le 2-3 pian-
te/m2. Inoltre, è fondamentale prevedere anche gli spazi vuoti necessari per muoversi
sul campo per controllare le singole file, individuare
precocemente eventuali piantine malate, effettuare i
trattamenti contro i parassiti e le concimazioni, e so-
prattutto raccogliere il prodotto che ha raggiunto il mo-
mento balsamico. È bene considerare una fila vuota
di 50 cm ogni due metri di piantine.
Ogni volta che si procede a una nuova semina o a
un nuovo impianto, bisogna tenere in considerazione
quali essenze vi erano coltivate prima. Infatti, per evi-
tare problemi legati all’allelopatia, è fondamentale non
porre a dimora piante della stessa specie, o della stes-
sa famiglia, nel medesimo luogo e per almeno 2 - 3
anni prevedere una rotazione all’interno del campo.
Achillea millefoglie
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piante officinali
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I nematodi sono estremamente pericolosi per le radici. Tuttavia, le lavorazioni del
terreno e l’assenza di ristagni idrici ne riducono notevolmente la presenza.
Per quanto riguarda i molluschi, chiocciole e limacce rappresentano sicuramente
gli organismi più dannosi. Il loro passaggio in campo si traduce nella distruzione dell’ap-
parato fogliare, di cui si nutrono voracemente. La stessa tipologia di danno può esse-
re causato da centopiedi e millepiedi.
Infine, non devono essere trascurati i mammiferi. Sia gli erbivori domestici che
quelli selvatici possono causare gravi danni alle colture in poche ore: i bovini, gli ovi-
caprini e gli equini allevati in azienda e gli ungulati e i cinghiali che popolano i boschi,
rappresentano seri problemi. Se la coltivazione si trova in territori a rischio, è bene pro-
teggere l’area in maniera adeguata, mediante steccati di legno o recinzioni elettrifica-
te a basso voltaggio.
Le patologie più difficili da prevenire prima e da combattere poi, sono quelle cau-
sate dagli agenti fungini, in primo luogo ruggini e oidio. Lo sviluppo dei funghi dipen-
de perlopiù dalle condizioni atmosferiche e dalle tecniche di coltivazione. L’unico mo-
do per prevenire un attacco è evitare i ristagni idrici, e limitare l’umidità preferendo la
coltivazione su suolo nudo anziché su pacciamato per le cultivar più delicate. Inoltre,
è buona norma rinnovare con maggior frequenza le piante più soggette a sviluppare
funghi, come la malva o la melissa. Distanze sulla e tra le fila non troppo ridotte, irri-
gazione a goccia e non a pioggia nelle ore più fresche e solo se necessario, sono ul-
teriori accorgimenti che possono essere adottati per limitare la comparsa della malat-
tia. Infine, se una o poche piante iniziano a manifestare i segni dell’attacco, è neces-
sario rimuovere immediatamente le foglie colpite, o nel caso di attacco più serio l’in-
tera piantina, bruciandole a distanza dal campo in modo da distruggere il fungo ed evi-
tare il contagio.
2.5 La raccolta
La raccolta delle erbe rappresenta una
fase molto delicata: insieme alla successi-
va essiccazione, è lo stadio più sensibile
dell’intera filiera. È sufficiente tagliare la col-
tura con qualche giorno di ritardo o di anti-
cipo, o nel momento della giornata sbaglia-
to, per compromettere sensibilmente e sen-
za alcuna possibilità di correzione la quali-
tà del lavoro di un intero anno.
Ogni specie immagazzina i principi atti-
vi in maniera differente nei suoi organi. Al-
cune piante, come la melissa e la menta, li Melissa al momento balsamico
accumulano in maggior quantità nelle fo-
glie, altri, come la camomilla o la calendula, soprattutto nel fiore. Altri ancora, come
l’echinacea, li immagazzinano nella radice, oppure nella bacca, come nel caso della
rosa canina, o ancora nella corteccia, come avviene nel castagno. L’organo della pian-
ta in cui è massimo l’accumulo di principio attivo in ogni determinata specie prende il
nome di droga, termine scientifico che non ha quindi nessuna accezione negativa.
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piante officinali
Per massimizzare quantità e qualità dei principi attivi, ogni pianta officinale ha un
suo particolare momento di raccolta, detto periodo balsamico, che varia in base al-
la specie e alla parte della pianta da raccogliere:
Fiori Foglie Parti aeree Gemme
Completamente
Non completamente Prima o durante la Inizio primavera, prima
sviluppate, in genere
sbocciati fioritura che si schiudano
prima della fioritura
Cortecce Frutti Semi Radici, rizomi e tuberi
Primavera, quando i Piena maturazione, Tardo autunno o inizio
rami sono ricchi di Piena maturazione prima della caduta primavera, durante il
linfa spontanea riposo vegetativo
Anche il tipo e il momento della giornata in cui si effettua la raccolta sono importan-
ti per un’ottima raccolta. I giorni più adatti sono quelli asciutti e poco ventosi, e general-
mente le ore più indicate sono quelle del mattino, dopo l’evaporazione della rugiada.
La meccanizzazione delle operazioni di raccolta non è sempre fattibile. Molte spe-
cie, come la melissa, sono estremamente delicate, e il semplice contatto con una lama
metallica può essere causa di danni importanti che compromettono la qualità del pro-
dotto finale. La defogliazione manuale limita anche il trauma subito dalla pianta, favo-
rendone il ricaccio precoce, che al contrario viene inibito dal taglio netto del fusto. La
raccolta manuale permette inoltre di selezionare le erbe migliori, evitando le specie di-
verse da quella mirata e tralasciando altre parti vegetative della stessa pianta che ven-
gono escluse dalle norme della Farmacopea Ufficiale per le loro caratteristiche meno
buone, come fusti troppo sviluppati o foglie troppo piccole. Nel caso si scelga invece di
meccanizzare le operazioni di taglio, lo stesso lavoro di selezione deve essere fatto in
laboratorio. Ovviamente la raccolta manuale può essere valutata esclusivamente nel ca-
so di piccoli appezzamenti, dove le produzioni sono quantitativamente ridotte.
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interviene spesso nella competizione intraspecifica e in-
terspecifica, per cui una specie secerne nel terreno sul
quale è coltivato delle sostanze che inibiscono la crescita
e lo sviluppo di piante concorrenti, spesso anche quelle
della stessa specie se reimpiantate in successione. Inol-
tre, consente un corretto utilizzo dei principi nutritivi del
suolo. A questo si aggiungono i vantaggi della consocia-
zione favorevole, un’altra pratica di grande importanza nel
biologico, cioè la coltivazione sullo stesso terreno di spe-
cie differenti, che stimolano vicendevolmente lo sviluppo
reciproco. Ad esempio, il coriandolo coltivato vicino all’ani-
ce ne rende più intenso l’aroma.
L’uso di concimi e ammendanti è concesso solo se
questi rientrano nella lista di quelli consentiti, in generale
è possibile utilizzare concimi naturali di origine animale,
mentre è vietato l’uso di fertilizzanti di sintesi. Verga d’oro in fiore
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piante officinali
3. La trasformazione e l’utilizzo
3.1 Essiccazione
Per assicurare una corretta condizione igienica dei vegetali anche a distanza dal
momento della raccolta, è necessario ricorrere a pratiche che ne impediscano l’alte-
razione ad opera di microrganismi.
Sebbene esistano diversi modi per conservare il prodotto, quali la liofilizzazione, il
congelamento, l’aggiunta di eventuali sostanze chimiche e la sterilizzazione, il meto-
do di conservazione in assoluto più diffuso e di più semplice attuazione anche in azien-
da agricola è l’essiccazione. Questa pratica è di origine antica, e consiste nell’elimina-
re l’acqua libera presente nei tessuti vegetali, in modo tale che l’attività enzimatica sia
ridotta al minimo, almeno per quanto riguarda il breve periodo. In base alle modalità
di essiccazione, il prodotto finale ha un’umidità residua che può variare fra il 5% e il
25%, con una conseguente durata di conservazione che può andare da pochi mesi a
due anni. Per essiccare nel modo migliore possibile, è necessario preservare il rac-
colto dalle alte temperature e dalla luce. Temperature alte, intorno ai 60°C, favorisco-
no una rapida essiccazione e limitano l’azione di enzimi e microrganismi, ma distrug-
gono molti principi attivi. A temperature più basse, di circa 25 - 30°C, le erbe neces-
sitano di tempi più lunghi per seccare, con il rischio che eventuali microrganismi pre-
senti si moltiplichino esponenzialmente peggiorando la qualità del prodotto. Per co-
niugare gli aspetti positivi delle due tecniche, limitando quelli negativi, bisogna inter-
venire modificando l’umidità dell’aria, cercando di raggiungere il giusto equilibrio fra
velocità di essiccazione e conservazione dei principi attivi. Bisognerà utilizzare mac-
chinari realizzati a tal scopo, oppure inserire un deumidificatore apposito in un box.
È utile anche inserire un termometro e un igrometro da parete per monitorare costan-
temente lo stato dei parametri.
Il processo di essicazione ha una durata che varia da 6 -7 giorni per i petali più leg-
geri, a circa 20 giorni per le bacche.
All’interno di un’azienda agricola che coltiva piante officinali, si rende necessario
disporre di un essiccatoio aziendale di dimensioni adeguate alle richieste produttive.
Alcune specie, infatti, sono talmente delicate e di facile ossidazione, che anche le po-
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che ore di stoccaggio del prodotto fresco che intercorrono fra la raccolta in campo e
la consegna all’essiccatoio più vicino possono far avviare alcune reazioni chimiche e
microbiologiche, che peggiorano notevolmente la qualità delle erbe fino a renderle, nei
casi peggiori, completamente inutilizzabili.
Un facile indice della qualità del processo di essiccazione, valutabile anche da un
occhio poco esperto, è il mantenimento nel secco dello stesso colore del prodotto fre-
sco: un vegetale essiccato correttamente perde la lucentezza data dall’acqua, ma pre-
serva il colore, mentre il calore eccessivo di un procedimento mal svolto disintegra, ol-
tre al principio attivo, anche le molecole cromatiche.
Radici,
Fiori Foglie Gemme Cortecce Rami
rizomi e bulbi
15
piante officinali
nocchio o di anice trasformano un tradizio-
nale dolce alle spezie, quelli di cumino pro-
fumano torte e biscotti.
Anche le bevande possono trarre gran-
de giovamento dall’utilizzo delle erbe aro-
matiche: le foglie di melissa esaltano la li-
monata, quelle di menta aromatizzano il the
freddo, i fiori di monarda impreziosiscono
un anonimo aperitivo.
Alcune piante, invece, sono molto uti-
lizzate nell’industria liquoristica. La radi-
Coriandolo
ce di genziana è la base di molti amari dif-
fusi sull’arco alpino, mentre l’achillea moscata e un particolare tipo di artemisia sono
fra i principali ingredienti del noto Genepi. Anche i più comuni aperitivi alcolici e anal-
colici sono a base di erbe aromatiche, il cui effetto è di stimolare l’appetito.
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melissa o salvia, i legni di rosmarino. Nelle aree montane, ipotizzando di avere fondi
sufficientemente estesi, la scelta si orienterà più sui fiori di achillea o di iperico, le fo-
glie di menta, di ortica o di alchemilla, le radici di genziana maggiore e i frutti di rosa
canina.
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piante officinali
3.6 Etichettatura
The di Oswego
Su ogni confezione messa in Ingredienti: Monarda didyma
commercio è necessario apporre Prodotto e confezionato da: Az. Agr. xxxxx
un’etichetta che evidenzi le specifi- nella sede di xxxxx
che del prodotto e del produttore. Peso all’origine: 20 g
Nell’etichetta possono compa- Confezionato: Luglio 2010
rire altre indicazioni facoltative, co- Da consumarsi preferibilmente entro: Luglio 2011
me ad esempio la natura spontanea
o coltivata della pianta e la moda-
lità di utilizzo, spesso molto utili. Non devono in alcun modo essere presenti riferi-
menti di tipo terapeutico: questo dettaglio trasformerebbe il prodotto alimentare in una
specialità erboristica, la cui vendita non può essere fatta dall’agricoltore.
18
3.7 Norme sanitarie
La corretta raccolta, trasformazione e conservazione delle erbe, previene la con-
taminazione da parte di microrganismi patogeni. Così come nel caso degli altri alimen-
ti, anche per quanto riguarda le piante officinali, i microrganismi che rappresentano la
più diffusa causa di inquinamento sono lo Staphylococcus aureus, lo Streptococcus
spp, il Clostridium perfringens, l’Escherichia coli, i batteri coliformi, la Salmonella spp
e la Pseudomonas aeruginosa. È evidente quanto sia fondamentale il rispetto delle ba-
silari norme igieniche.
Gli alimenti devono essere trasformati
in ambienti che rispettino le norme imposte
dalle ASL. I locali dove le piante officinali
vengono lavorate e conservate devono es-
sere puliti, asciutti, sufficientemente areati,
correttamente illuminati dove si lavora e al
riparo dalla luce dove si conserva.
Le pulizie ordinarie e straordinarie de-
vono essere effettuate con attenzione, in
modo da non contaminare gli alimenti con
residui, terra o polveri. In caso di inquina-
menti animali o di presenza di residui orga- Fiore di calendula
nici, dopo la pulizia è necessario disinfetta-
re attrezzature e macchinari, strutture di lavoro e immagazzinaggio, mezzi di traspor-
to e macchine operatrici. Bisogna fare attenzione a non depositare, anche solo tem-
poraneamente, i contenitori con le erbe raccolte vicino ai macchinari o alle taniche di
carburante, per evitare contaminazioni accidentali. Per quanto riguarda i mezzi di tra-
sporto aziendali, è necessario ricorrere alla disinfezione dopo il trasporto di letame o
pollina, mentre in caso di spostamento di fertilizzanti chimici, granella o pietre è op-
portuno lavare con acqua in pressione, ed è sufficiente rimuovere la polvere dopo la
movimentazione di prodotti confezionati.
Il personale che lavora a contatto con gli alimenti deve essere in buona salute, uti-
lizzare indumenti di lavoro puliti e differenti da quelli indossati al di fuori del centro pro-
duttivo, lavarsi le mani spesso e con detergenti adeguati. Nei locali di lavorazione non
è possibile fumare o mangiare. Gli operatori devono essere formati anche frequentan-
do, se è il caso, dei corsi di formazione e aggiornamento sui rischi sanitari.
A norma di legge, ogni coltivatore deve tenere traccia della registrazione delle ca-
ratteristiche degli acquisti, dei fornitori e delle vendite, oltre che dell’eventuale ritiro di
prodotti. La normativa dispone che gli agricoltori conservino la registrazione delle mi-
sure adottate per la prevenzione dei pericoli igienico-sanitari. La documentazione è
costituita essenzialmente da moduli predisposti dallo stesso imprenditore dove regi-
strare le informazioni relative ai movimenti dei prodotti e l’eventuale utilizzo di fitofar-
maci, le fatture o i documenti che accompagnano il trasporto dei prodotti in entrata e
in uscita dall’azienda, i rapporti di analisi, i patentini per l’uso di fitofarmaci, le schede
tecniche delle attrezzature e dei macchinari aziendali, e l’eventuale uso di OGM. Infi-
ne, è necessario predisporre anche un registro delle non conformità, ove segnare epi-
sodi straordinari che si discostano dalla filiera abituale, sia a causa di problemi inter-
ni che di modifiche normative.
19
Glossario
20
Indice
Premessa 3
1. Le piante officinali 4
1.1 Introduzione 4
1.2 Le piante officinali nella bergamasca 4
1.3 Perché coltivare piante officinali 5
1.4 I principi attivi 6
1.5 La scelta della specie 7
2. La tecnica colturale 7
2.1 I lavori preparatori 7
2.2 L’impianto 8
2.3 Le cure colturali 10
2.4 Fisiopatologie e danni alle colture 10
2.5 La raccolta 11
2.6 Coltivazione con metodo biologico 12
3. La trasformazione e l’utilizzo 14
3.1 Essiccazione 14
3.2 Utilizzo in ambito alimentare 15
3.3 Utilizzo in ambito cosmetico 16
3.4 Utilizzo in ambito medicinale ed erboristico 17
3.5 Confezionamento e conservazione 18
3.6 Etichettatura 18
3.7 Norme sanitarie 19
Glossario 20
Schede tecniche 22
21
* http://www.pianteofficinali.org
Schede tecniche* Sito a cura del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura
Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione forestale, Ottobre 2010
riguardanti le maggiori piante coltivate in provincia di Bergamo
nome Caratteri botanici Mercato di Area Suolo Concimazione (per 100 m2) Droga Momento Produzioni
destinazione balsamico (per 100 m2 )
Altezza 30-70 cm. Alimentare Pianura Ben drenato 300 kg letame maturo prima Foglie Fioritura 1° anno: 50 kg
Ramificata all’apice. Liquoristico Collina Leggero dell’aratura Sommità
Foglie pelose e molto frastagliate. Erboristico Montagna Da fresco a secco fiorite Anni successivi:
Fiori piccoli riuniti in infiorescenze compatte Farmaceutico 0,8-1 kg N 150-170 kg
terminali, compaiono da giugno a settembre. 0,8–1 kg P2O5
Achillea (Achillea millefolium) 1-1,2 kg K2O
Altezza variabile 20-50 cm. Farmaceutico Montagna Acido – subacido Letame all’occorrenza per Fiori Inizio 1° anno: trascurabile
Fusto eretto. Ricco di sostanza apportare sostanza organica fioritura 2° anno: 5-10 kg
Foglie lanceolate. organica 3° anno: 30-70 kg
Capolini di 6-8 cm portati all’apice degli steli 4° anno: 09-15 kg
o di ogni ramo, di colore giallo-aranciato, che
Arnica (Arnica montana)
compaiono fra giugno e agosto.
Altezza fino a 60 cm. Portamento ramificato Alimentare Pianura Ricco di sostanza 300 kg letame maturo prima Fiori Inizio 60-100 kg
e fusti striati. Erboristico Collina organica dell’aratura fioritura
Foglie alterne, le superiori più lanceolate Farmaceutico Ben areato 0,5 kg N
delle inferiori. Ben drenato ma mai 1 kg P2O5
Fiori gialli o giallo-arancio, con diametro secco 0,5-1 kg K2O
di 3-5 cm, ogni pianta ne può produrre da Eventuale apporto di B, Mo, Z, Mn,
Calendula (Calendula officinalis) 20 a 50. Co che stimolano la fioritura
Altezza circa 50 cm. Alimentare Collina Preferisce terreni 0,4-0,6 kg N Fiori Inizio Fiori: 70-80 kg
Fusti eretti e ramificati in alto. Erboristico Montagna neutri-alcalini 0,6-0,7 kg P2O5 fioritura
Foglie alterne e filamentose. Cosmetico Tollera terreni salini 0,5-0,7 kg K2O
Fiori piccoli e bianchi.