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Sbob Campanozzi

1° lezione

INTRODUZIONE
Molte delle patologie dell’adulto sono diverse nel bambino, tipo il reflusso, nel bambino c’è
rigurgito che è un tipo reflusso ma può essere fisiologico nel bambino mentre non nell’adulto, in
quanto nel bambino alcuni meccanismi fisiologici si devono ancora sviluppare per bene per limiti
anatomici, infatti nel bambino questo fenomeno di rigurgito tende ad arrestarsi intorno al primo
anno di età.

Un’ altro esempio di natura nutrizionale è che il bambino più è piccolo e più assume calorie in più
rispetto all’adulto, mentre l’adulto mediamente mangia circa 30/40 kcal pro kilo al giorno il
bambino durante il primo anno di vita assume 100 kcal al giorno che equivalgono all’incirca a
120cc di latte in quanto 1 litro di latte in media sono 700 kcal quindi un bambino che pesa
all’incirca 10kg dovrebbe assumere 1000 kcal e quindi dovrebbe assumere 1200ml di latte
considerando che fa circa 5/6 poppate al giorno e ogni poppata sono circa 200ml di latte.

Se utilizzassimo lo stesso criterio nell’adulto e quindi in una ragazza che pesa 50 kg e se essa
dovesse assumere 100kcal pro kilo dovrebbe assumere nella giornata circa 5000kcal.

Quindi questo dimostra quanto è diverso il metabolismo del bambino rispetto quello dell’adulto,
infatti il bambino ha un modo di manipolare l’apporto calorico azotato totalmete differente rispetto
a quello dell’adulto, l’adulto non deve perdere peso per stare bene il bambino se non perde peso
ma continua a mantenere sempre lo stesso peso vuol dire che sta male, vuol dire che si è
arrestata la sua crescita ponderale.

(Specializzazioni trasversali: pediatra 0-16, internista 16-65, geriatra oltre 65)

(Specializzazioni d’organo o verticali tutte le altre branche mediche internistiche)

Facendo un esempio sul sistema immunitario vediamo che è molto poco sviluppato nel bambino
piccolo e quindi molto più esposto a patologie di natura infettiva, poi c’è una fase di maturazione
del sistema immunitario legata alla capacità dei linfociti di disporre anticorpi diretti verso ciascun
determinante antigenico virale o batterico e quindi poi l’ adulto risponde subito dal punto di vista
immunologico nei confronti di un’infezione e non sviluppa la malattia. Ma poi in età geriatrica c’è
un declinio del sistema immunitario e quindi l’anziano è più esposto a malattie di natura infettiva.

La pediatria è la specializzazione che si occupa di bambini patologici ma è anche la branca


medica che si occupa di ricerca nel bambino.

Per quanto riguarda la somministrazione farmacologica alcuni farmaci soprattutto quelli nuovi non
sono somministrabili ai bambini da bugiardino, questo non perché fanno male ad esso ma perché
non essendo mai stati testati sui bambini potrebbero avere degli effetti collaterali importanti.

Per quanto riguarda la specializzazione pediatrica ad oggi esistono una serie di sotto
specializzazioni come la neuropsichiatria infantile, la gastroenterologia pediatrica, la nutrizione
pediatrica ect. anche se non esistono dei veri e propri titoli delle sotto specializzazioni da un
punto di vista legislativo.

Un bambino che non cresce è un bambino con qualche problema


Per qualunque problema il bambino venga portato dal pediatra, esso la prima cosa che andrà a
valutare è la crescita.

Valutazione della crescita:

La crescita è l’elemento che caratterizza l’età evolutiva ed è inscindibile da essa quindi la prima
cosa che si vede nel bambino è se cresce.

Secondo OMS la crescita è un indicatore di salute sia nel singolo che nelle popolazioni, per
vedere se una popolazione e quindi un paese ha maturato negli anni degli standard assistenziali
migliori rispetto al passato si è visto come la popolazione è cresciuta in statura.

Per esempio considerando l’Italia si è visto come dagli inizi del 900 fino al 2000 c’è stato un trend
di crescita della popolazione in centimetri questo non dovuto solo per un’alimentazione migliore
ma anche per un differente modo di trattare le malattie esempio le terapie antibiotiche che si sono
sviluppate attorno alla seconda guerra mondiale.


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Inoltre altra causa che ha portato i nostri predecessori ad avere una statura più bassa era legato
al fatto che c’erano delle patologie che riducevano il processo di crescita degli individui e le
persone erano mediamente più basse, questo oggi non succede sempre per il fatto che sono
migliorati i trattamenti medici per diversi tipi di patologie.

Un bambino fino ai 3 anni viene misurato in lunghezza disteso sul lettino, dai 3 anni in poi viene
misurato in altezza.

Nella vita fetale quindi durante i 9 mesi di gestazione in particolare nell’ultima fase abbiamo che il
bambino prende il 30% della sua statura definitiva da adulto quindi se un individuo è alto 170cm il
30% di questa altezza viene raggiunto in età fetale.

Durante la vita fetale incide su questa crescita l’ambiente uterino quindi per esempio se una
donna durante la gravidanza ha un distacco di placenta o ha problemi di nutrizione fetale il feto
non crescerà.

Alla nascita (età infantile) quindi si ha circa già il 30% della statura e per circa 1 anno e mezzo /
2 si acquisisce un altro 15% quindi intorno al secondo anno di vita il bambino ha già il 45% della
sua crescita inoltre durante questo anno e mezzo / 3 di vita extrauterina è importante la nutrizione
del bambino (latte materno), è importante non ammalarsi (la malattia porta a mangiare di meno e
quindi crescere meno) e sono importanti gli ormoni tiroidei quindi durante i primi due anni l’
ormone della crescita non è importante quanto quelli tiroidei.

Dai 2 ai 12 anni inizia la fase della fanciullezza in cui il bambino acquisisce un altro 40% della sua
crescita staturale ed arriva intorno all’85%, in questa fase è molto importante invece l’ormone
della crescita GH, continuano ad essere importanti gli ormoni tiroidei, e sono da considerare
anche i fattori ereditari.

Dai 12 anni in poi il bambino viene considerato un soggetto pubere, acquisisce grazie agli ormoni
sessuali (testosterone nei maschi ed estrogeni nella femmina) un altro 15% della sua statura e
continua ad essere importante l’ormone della crescita.

Se un bambino ha pubertà precoce avrà una crescita in altezza spiccatissima perché avrà prima
del tempo la crescita legata agli ormoni sessuali, quindi la caratteristica principale del bambino
con pubertà precoce, oltre ad avere la peluria sui genitali, sarà il fatto che è il più alto della classe.

Ovviamente questa condizione non è normale, avvolte questa produzione anticipata di ormoni
sessuali può essere prodotta da tessuti neoplastici.

Quindi la valutazione della crescita serve a constatare se uno cresce poco ma anche quando
cresce troppo.

In pediatria è molto importante dividere l’età del bambino in tre grossi periodi:

Prima infanzia (nascita 0-3 anni)

Seconda infanzia o età pre scolare (3-6 anni)

Terza infanzia o età scolare (6-eta puberale nel maschio e nella femmina

Nell’ambito della prima infanzia dobbiamo distinguere il lattante e il neonato.

Il lattante è il bambino al primo anno di vita 0 -12 mesi.

Il neonato è il bambino alle prime 4 settimane di vita 0-28 giorni.

Quindi la valutazione dello stato nutrizionale non può che iniziare con la valutazione della crescita
e un altro fattore da considerare è la circonferenza del cranio.

La testa del bambino ha una serie di meccanismi facilitatori che non sono altro che cartilagini che
si trovano al livello delle fontanelle, per esempio la fontanella anteriore chiamata bragmatica che
massimo si chiude intorno ai 18 mesi di vita e poi c’è la fontanella posteriore detta lambdoidea
che in genere si chiude subito. Poi esistono delle suture tra le ossa piatte del cranio le quali hanno
una fondamentale importanza durante il parto in quanto sono in grado di sovrapporsi durante il
parto in modo di ridurre quella che è la circonferenza cranica del bambino per facilitare l’uscita del
neonato per poi tornare in posizione normale dopo la nascita.

La fontanella bregmatica anteriore ha la funzione di garantire la crescita circonferenziale del cranio


del bambino man mano che il cervello cresce e quindi spinge. Immaginando un bambino con
sinostosi delle ossa craniche ovvero esse si presentano completamente “saldate” è facile intuire 

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3come all’interno della cavità cranica dell’individuo si viene a creare una grande pressione
endocranica e quindi bisognerà intervenire con un intervento neuro-chirurgico.

Al contrario ci può essere il bambino che ha una crescita importante del cranio ed ha un
idrocefalo ovvero che si accumula del liquido in cavità cranica ma in questo caso non si presenta
un aumento di pressione endocranica perché il cranio ha ancora la capacità di allargarsi quindi la
circonferenza cranica crescerà fino ad arrivare ad una condizione patologica degna di attenzioni.

Qual’è il fine di una valutazione nutrizionale:

- Prima di tutto valutare se l’accrescimento è normale.

- Sospettare una patologia ancora non diagnosticata (altro esempio celiachia che si manifesta
senza diarrea e mal di pancia ma soltanto con una riduzione della crescita).

- Decisione terapeutica, timing chirurgia. (esempio ragazzo fortemente magro almeno che non si
tratti di un urgenza in genere un chirurgo non lo opera se non torna ad un peso ideale).

- Diagnosi precoce di malnutrizione;

Diagnosi di malnutrizione:

Identificare carenze selettive (ridotto apporto di ferro, anemia microcitica sideropenica oppure
ridotta quantità di vitamina D fondamentale per la linearizzazione delle ossa)

(OSSA: lunghe e corte, considerando le lunghe


come femore tibia etc, le due estremità delle ossa
lunghe si chiamano epifisi mentre la parte centrale
diafasi e tra esse c’è una porzione intermedia dove
avviene la crescita dell’osso che prende il nome di
metafasi detta anche cartilagine di accrescimento.
esempio (se ho un bambino corto e voglio
somministrare GH per vedere se può essere di
giovamento bisogna valutare se il bambino ha
ancora le metafasi perché qualora essa si fosse già
completamente consumata e le epifisi sono saldate
sulla diafasi l’ormone GH non avrà alcun effetto).

L’Obesità è una forma di malnutrizione per eccesso che espone l’individuo ad una serie di
malattie quali l’ipertensione, cardiopatie, ictus.

La malnutrizione ber difetto invece nei bambini come nell’adulto viene curata con un integrazione
alimentare comune o tramite nutrizione artificiale enterale o parenterale a seconda dei casi.

La stragrande maggioranza di bambini in questa condizione di malnutrizione soprattutto nel


mondo occidentale è dovuta alla paralisi cerebrale infantile (nascita pre termine, emorragie
endocraniche alla nascita, caratterizzati da deficit mentali e problemi articolari che spesso non
riescono a mangiare tanto meno di ingoiare).

Da cosa nasce una valutazione nutrizionale

Prima di tutto da un’anamnesi quindi una raccolta di dati mediante colloquio con i genitori e si
valuta se:

- il bambino ha avuto malattie, in quanto come abbiamo visto incidono sullo stato nutrizionale;

- se ha fatto delle terapie che hanno portato alla riduzione dell’assorbimento di alcuni nutrienti
(esempio colestiramina che si usa per ridurre l’irritazione dei sali biliari sul colon sequestrando i
sali biliari e quindi non favorendo l’assorbimento dei grassi e quindi anche l’assorbimento delle
vitamine liposolubili A,D,E,K. Atro esempio, Steroidi quindi cortisone che fa aumentare la
glicemia oppure altro esempio utilizzo di sulfosalazina utilizzata per le M.I.C.I. che riduce
l’assorbimento di folati causando anemia megaloblastica);

- Importante fare una valutazione della crescita precedente e di conseguenza vedere come il
bambino sta crescendo

- Vedere lo sviluppo sessuale in quanto fa parte della valutazione nutrizionale anche se dipende
da gli ormoni è possibile vedere come un soggetto denutrito possa avere anche uno sviluppo
sessuale ritardato oppure un soggetto on una malattia cronica non adeguatamente trattata può
avere uno sviluppo sessuale ritardato

- Se il bambino ha avuto vomito, diarrea o Malattia da reflusso gastroesofageo (GERD).

- Valutare anche il modo di alimentarsi del bambino ( che tipo di allattamento, latte materno, latte
adattato, latte vaccino non adattato, lo svezzamento come e quando è stato fatto, cosa mangia
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il bambino attualmente, se mastica, se non mastica e mangia tutto tritato o omogenizzato, se
deglutisce bene, se ha tosse durante la deglutizione, la posizione (dritto), e la quantità di
rapporto calorico azotato).
Quando si parla di nutrizione dei bambini bisogna parlare di rapporto calorico azotato. Il
bambino deve costruire massa grassa e massa magra (muscolare) per mettere la massa
muscolare le calorie che derivano dalle proteine non devono essere bruciate ma
immagazzinate.1g di azoto è presente in 6,25g di aminoacidi (16% delle proteine è costituito
da azoto). Se noi diciamo che per 1 grammo di azoto vogliamo dare 200 kcal diamo 6,25g di
aminoacidi e 200 kcal divise 70% carboidrati e 30% lipidi. C’è un altro problema legato alle
proteine, quando esse vengono bruciate vengono prodotti radicali, si va in acidosi ma
soprattutto lavorano di più i reni che devono smaltire le scorie azotate.

- l’ispezione della cute, valutare se la cute è secca, poco idratata in quanto il bambino non beve
spesso acqua, oppure si potrebbe trovare una cute edematosa legata a problemi renali con
l’albumina molto bassa.

Come si misura la crescita in altezza nel bambino

Fino a tre anni viene misurato in lunghezza attraverso il paidometro costituito da un lettino
longitudinale dove il bambino viene fatto sdraiare, poi c’è una tavoletta al livello dellatesta che è
fissa dove si adagia il cranio del bambino, per prendere la misura si mette la mano sul ginocchio
in modo che la gamba sia stesa e si avvicina questa tavoletta che scorre lungo il lettino fino a
raggiungere la pianta dei piedi, sotto c’è la misurazione dei centimetri.

La misura della lunghezza del bambino è differente da quella dell’altezza perché in lunghezza la
misura sarà sempre superiore in quanto lo spazio intervertebrale viene adagiato e non subisce
l’effetto della forza di gravità. Questo è fondamentale in quanto le curve di crescita del bambino
fino a tre anni sono appunto misurate in lunghezza.

Dai tre anni in poi in posizione eretta, con talloni uniti e natiche che toccano posteriormente l’asse
dello statimetro e con la tavoletta superiore che poggia sull’apice della testa con mento retratto.

I dati misurati non hanno alcuna valenza se non sappiamo dire ai genitori se il figlio sta crescendo
o no rispetto alla popolazione media di riferimento (bambini stesso sesso e stessa età).

L’unico modo per avere questo genere di risposta è confrontare peso e statura di quel bambino
con degli standard espressi come percentili (https://www.bimbisaniebelli.it/neonato/curve-di-
crescita).

Nelle curve percentili in ascisse abbiamo l’età mentre nello ordinate abbiamo il peso o la statura in
base al tipo di curva che andiamo a valutare.

Bisogna sempre rapportare la crescita alla popolazione di riferimento (sesso ed età), per questo si
usano i grafici percentili in cui si ha un minimo (5° percentile) ed un massimo (95° percentitile), ad
es. se un bambino cresce secondo il 5° percentile su 100 bambini 95 cresceranno più di lui e 5
meno di lui, ma tutti sono bambini normali, ci sarà da preoccuparsi quando un bambino cresce al
di sotto del 5° percentile.

Immaginiamo una scolaresca di tutte femmine nate tutte lo stesso giorno, nonostante ciò
troveremo bambine più alte e bambine meno alte, tutte in stato di salute buono quindi nella
norma, questo ci fa capire quindi che c’è una certa variablilità, quindi cerchiamo di mettere
insieme queste bambine sulla base della loro altezza e vedremo che ci sono bambine più basse
che metteremo al 5° percentile e delle bambine molto più alte che metteremo al 95° perentile, poi
ci sono delle bambine che sono esattamente nella mediana al 50°.

Cosa significa stare al 50° percentile? Significa che su 100 bambini 49 cresceranno di meno e 49
cresceranno di più. (percentili di riferimento 5°, 25°, 50° ,75°, 95°).

I percentili esprimono curve gaussiane

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l’ unico modo per il quale io posso avere tutte le curve percentuili su un solo foglio ed andare a
ricercare l’adeguatezza della crescita del paziente bisogna mettere le curve gaussiane
verticalmente e creare quelli che sono i percentili:

97° percentile e 3° percentile rappresentano le deviazioni standard.

Abbiamo detto quindi che un bambino per crescere bene deve crescere secondo il proprio
sviluppo ormonale e genetico ma deve crescere in maniera sana quindi se un bambino a distanza
di sei mesi non ha messo un cm ci sarà un problema, è evidente che per fare questa valutazione
non ho bisogno di valutare il percentile però se il bambino cresce lungo il 75° percentile e me lo
ritrovo dopo 6 mesi al 50° percentile vuol dire che è cresciuto, ma non ha messo i centimetri che
avrebbe dovuto mettere normalmente sennò sarebbe rimasto al 75° percentile, quindi bisogna
seguire i percentili in maniera longitudinale cioè fare un follow-up della crescita.

Quindi l’importanza dei percentili oltre ad esprimere se un bambino cresce nella norma esprime se
il bambino continua a crescere con una velocità di crescita che aveva prima.

Oltre ai percentili per la crescita in peso e quelli per la statura ci sono anche quelli per la
circonferenza cranica.

Un bambino che ha la circonferenza cranica al 50° e dopo un po’ di mesi me lo ritrovo al 75° e
poi ancora me lo ritrovo al 90° è. Un bambino che deve essere valutato attentamente da un
neurologo perchè probabilmente sta maturando un idrocefalo in quanto la testa sta allargando più
di quando dovrebbe in quanto se inizialmente il bambino cresceva al 50° doveva continuare a
crescere al 50°, ognuno ha la velocità e il percentile di crescita propria, quando tale valore cambia
in modo vistoso bisogna quindi valutare se ci sono dei problemi.

PUBERA’ E ADOLESCENZA
L’adolescente è il soggetto pubere, ma il termine adolescenza e fa riferimento più sullo sviluppo
psichico della persona e le varie difficolta che si riscontrano durante quella fase dell’età tipo
difficile accettazione di se stessi e accettazione degli verso altri, mentre quando parliamo di
soggetto pubere invece intendiamo il soggetto durante lo sviluppo puberale quindi sviluppo dei
caratteri secondari maschili e femminili.

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La pubertà si può misurare studiando lo sviluppo appunto dei caratteri secondari che nel maschio
sono i testicoli e nella femmina sono il seno e la peluria pubica.

FEMMINE

Seno: ci sono 5 gradi partendo dall 1° (mammella infantile) fino al 5° (mammella adulta) e la lettera
che si utilizza per indicare lo sviluppo mammario è la B da Breast (seno).

Quindi dire che una bambina ha un “B3” significa che è a metà dello sviluppo della mammella.

Peluria pubica: si indica con la lettera PH da Pubic Hair e anche in questo grado abbiamo 5
gradi.

MASCHI

Volume testicolare: si indica con la lettera G e anche qui 5 gradi.

La pubertà nella femmina non comincia mai prima degli 8 anni mentre nei maschi non comincia
mai prima dei 9.

Quindi se abbiamo che una bambina ha un B3 o un B2 a 7 anni e quindi ha uno sviluppo della
mammella anticipato è da considerare una manifestazione di pubertà precoce.

Velocità di crescita in statura:

Ci sono due periodi in cui il numero di centimetri per anno è più alto rispetto tutto il resto della
vita.

Il primo periodo è il primo anno di vita in cui il bambino mette fino a 24 cm il secondo periodo più
prolifico per centimetri in altezza in un anno è quello della pubertà che raggiunge 10cm nella
femmina e 12cm nei maschi (nella femmina avviene prima).

Nel primo anno quindi 24cm a 2 anni 8cm a 5 anni 6cm e scende fino all’inizio della pubertà
quindi man mano che ci si avvicina alla pubertà c’è una riduzione della velocità di crescita che
riprende ad aumentare proprio con la pubertà e grazie allo sviluppo degli ormoni sessuali.

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Immaginiamoci una ragazzina che intorno ai 9 anni e mezzo / 10 anni comincia la sua pubertà
deve crescere circa 10 cm all’anno fino e va pian piano riducendo fino alla saldatura tra epfisi e
diafisi a livello osseo.

Immaginiamo che questa bambina sviluppi una celiachia intorno ai 12 anni e questa celiachia non
ha nessun riscontro clinico perché la bambina non ha diarrea non ha mal di pancia non ha vomito
ma sta crescendo di meno in quanto la celiachia determina un malassorbimento.

Se io non utilizzo le curve di crescita per il follow-up non mi renderò mai conto che la fase sua
della pubertà sta scendendo la curva di crescita dal 50° per esempio al 25° al 10°.

C’è il rischio quindi che io trovo questo problema a 14 anni e quindi questa bambina avrà perso
centimetri di crescita importanti che non recupererà mai nel corso della vita.

Quando si segue un soggetto in età evolutiva quindi bisogna sempre tracciare la curva
dell’individuo e confrontarla nel tempo.

OBESITA’ MALNUTRIZIONE PER ECCESSO.

La diagnosi di obesità in età pediatrica non bisogna farla ad occhio ma bisogna sempre valutare
l’indice di massa corporeo. (adulto è kg/(h)^2 in m)

Nel bambino la formula dell’indice di massa corporea non è utilizzabile allo stesso modo
dell’adulto, nel bambino si usano le curve percentili del BMI che funzionano esattamente come
quelli per l’altezza e per il peso.

Hanno la stessa quantità di centili dal 5° al 95°, l’unica differenza che dall’85° al 95° il bambino è
sovrappeso e oltre il 95° è obeso.

Esenmpio: se a 2 anni il bambino è al 95° percentile sarà all’inizio dell’obesità e quindi sarà obeso
già ad un BMI di 19,3.

A 4 anni sarà del 17.8, a 13 anni sempre al 95° percentile avrà un BMI di 25.1.

Tutto questo è dovuto alla costante variazione dell’altezza del soggetto quindi del bambino,
mentre nell’adulto dove l’altezza rimane invariata non c’è bisogno di usare delle curve percentili.

Quindi nella diagnosi di obesità del bambino occorre valutare le curve percentili del BMI valutando
quindi 3 variabili (peso, altezza ed età).

Chiaramente il normopeso è compreso tra il 5° e l’85° percentile e al di sotto del 5° il bambino è


sottopeso.

Non bisogna affidarsi della valutazione ad occhio, il primo problema che si presenta facendo una
valutazione ad occhio è che non siamo in grado di misurare il peso di una persona, il secondo
problema è che noi siamo di solito abituati a vedere bambini grassottelli come normali e bambini
ancora più grassottelli li vediamo come in sovrappeso mentre sono obesi.

Gli americani questo problema lo hanno in misura molto più elevata di noi, per il semplice motivo
che in America l’obesità è molto maggiore che da noi.

VALUTAZIONE ETA’ OSSEA:


Le ossa lunghe di un bambino si allungano grazie alla cartilagine di accrescimento che si trova a
ponte tra l’epifisi e la diafasi. Ovviamente facendo un RX ad un osso di un bambino in crescita la
parte cartilaginea non si vede nei raggi.

Mediante la valutazione di questa zona che non appare ai raggi e quindi fatta di cartilagine si può
definire a che età corrisponde l’osso preso in considerazione.

Quindi se un bambino ha 10 anni ma ha le ossa che secondo la valutazione hanno 11 anni vorrà
dire che il bambino ha un’ età ossea avanzata, mentre se le ossa hanno 9 anni vuol dire che il
bambino ha un’età ossea ritardata.

E’ chiaro che qualora un bambino ha un’età ossea ritardata avrà un maggiore cartilagine di
accrescimento rispetto un bambino con un’età ossea avanzata che invece avrà minore cartilagine
di accrescimento e quindi crescerà di meno.

Siccome per valutare la cartilagine di accrescimento occorre studiare un grosso numero di ossa
lunghe in quanto non si può studiare un osso solo, il modo migliore per stabilire l’età ossea è
fotografare la mano perché è la parte anatomica con più ossa lunghe, quindi esponi solo la mano
ad un unica radiografia con minor quantità di raggi.

La radiografia si fa sempre alla mano sinistra perché ci sono degli atlanti fatti con fotografie di
mano sinistra, a diverse età, con le quali si possono confrontare le radiografie del bambino da
valutare.

Con questo metodo di comparazione quindi si può dire se una radiografia corrisponde a 7 anni o
a 10 anni.

Quando si valuta l’età ossea?

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Quando il bambino ha un ritardo di crescita
e quindi quando scende la SUA curva
percentile della velocità di crescita, Oppure
quando si ha un innalzamento molto
accentuato della velocità di crescita.

Esempio: Ragazzino di 6 anni che cresce al


50° percentile come statura e a 7 anni arriva
a 75° vuol dire che sta crescendo molto più
rispetto a prima, magari si va a vedere
anche se sta sviluppando peluria publica e
grandezza testicoli per prendere in
considerazione un caso di pubertà precoce
e quindi quella crescita maggiore in altezza
è legata a ormoni sessuali però devo
andare a vedere anche l’età ossea perché in
tal caso l’età ossea è avanzata (il bambino
ha 6 anni ma ha un’età ossea di 8, quindi
cresce come un bambino di 8 anni ma ne
ha 6).

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Con queste conoscenze quindi si può descrivere lo stato nutrizionale di un bambino:

Esempio: Il bambino ha 6 anni, crescita staturale al 25° percentile, crescita ponderale al 50°
percentile, MBI al 10° percentile, stadio puberale G1.

Non devo ricordarmi quanto pesa o quanto è alto ma mi basta sapere come sta crescendo.

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ALIMENTAZIONE DEL LATTANTE:
Fabbisogno alimentare e fabbisogno energetico non sono la stessa cosa, nel fabbisogno
alimentare per esempio c’è anche l’acqua, elettroliti, vitamine.

Fabbisogno alimentare intendiamo la somma dei singoli nutrienti necessari a garantire lo stato di
salute e la crescita, le due cose vanno di pari passo in quanto se il bambino non si trova in salute
non cresce bene.

Il fabbisogno energetico è parte del fabbisogno alimentare, viene dato dai macronutrienti
(proteine, carboidrati e lipidi) e si esprime in termini di kcal pro kg al giorno che nel bambino
ricordiamo sono maggiori che nell’adulto.

Il bambino ha una serie di capitoli di spesa energetica, che sono quelli dell’adulto più uno della
crescita. Quelli dell’adulto sono il metabolismo basale, la termogenesi, attività motoria.
Quindi nel bambino oltre a questi citati si aggiunge la spesa energetica legata alla crescita che
raggiunge anche il 12% dell’apporto calorico.

Nel bambino obeso nel ridurre l’apporto calorico, andremo si ridurre il peso, ma andremmo a
ridurre anche quella che è la crescita in altezza del bambino, quindi non bisogna mai fare una
dieta drastica ad un bambino, bisogna garantirgli le calorie per farlo crescere. E siccome non
esiste nessuna formula perché ciò possa succedere, l’unica cosa che bisogna fare è garantire
un’alimentazione normale togliendo gli extra, non possiamo e non dobbiamo fare diversamente.

A maggior ragione se ci troviamo in età puberale quindi al picco di crescita dovuto a gli ormoni
sessuali. Se noi diamo un apporto calorico insufficiente tanto da non garantirgli quel picco di
crescita, quei centimetri persi non saranno più recuperabili in quanto alla fine l’epifisi si saldano
alle diafasi.

Apporto energetico e kcal pro kg al giorno per il bambino compreso apporto proteico:

Nel primo anno di vita la media è 100 kcal pro kg al giorno;

Man mano che il bambino cresce le kcal pro kg al giorno si riducono questo è ovvio ma
aumentando i kg le calorie totali da dare ad un soggetto vanno aumentando man mano che il
soggetto cresce.

L’alimento migliore da dare al lattante quindi durante il primo anno di vita è il latte materno e da
una serie di vantaggi:

- non da la possibilità di sviluppare allergie non introducendo proteine da un’ altra specie
animale, però se la madre assume degli alimenti allergizzanti eventuali allergeni potranno
arrivare nel latte provocando una possibile allergia nel bambino;

- Favorisce il rapporto fisico mamma figlio;

- Non costa nulla;

- Il latte della mamma è in grado di trasferire al bambino una serie di sostanze non soltanto
nutritive che servono per difendere l’apparato gastroenterico del bambino dalle infezioni (igA
secretorie che vengono prodotte dalla ghiandola mammaria finiscono nel latte e tramite il latte
vengono assunte e finiscono nell’intestino del bambino.

Normalmente gli adulti hanno queste immunoglobuline a livello intestinale e siamo in grado di
1 produrle mentre il bambino no

Insieme alle immunoglobuline di tipo A secretorie esiste anche il Lisozima che è una sostanza
antibatterica che funge da battericida nel latte quindi è come se il bambino assumesse ogni volta
una sorta di antibiotico fisiologico.

Tutte queste sostanze sono presenti anche nel latte vaccino solo che viene pastorizzato e quindi
con tale processo vengono distrutte alcune strutture proteiche come il Lisozima o l’igA.

Quindi non avremo mai la capacità di riprodurre perfettamente in laboratorio il latte materno,
questo non dal punto di vista calorico azotato ma proprio dal punto di vista funzionale.

Il latte materno quindi può essere considerato non solo un alimento ma un vero e proprio sistema
biologico.

Il latte vaccino invece così com’è non può essere dato perché ha una composizione differente
rispetto al latte materno.

Il latte vaccino ha un elevato apporto proteico e di Sali minerali (in quanto deve garantire lo
sviluppo del vitello che è differente da quello del bambino, il vitello appena nato si regge già in
piedi).

Il bambino per sviluppare il cervello, per sviluppare la conduzione nervosa (di tipo saltatorio per
essere veloce quindi avere la necessità di avere le cellule di schwann che vanno a circondare e

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creare la mielina sugli assoni nervosi), abbiamo bisogno di grassi perché le cellule nervose per
moltiplicarsi hanno bisogno di grassi che costituiscono le membrane.

Quindi è facile comprendere che il latte di donna è più ricco di grassi rispetto al latte di mucca.

Il latte di donna quindi serve per sviluppare meglio rispetto al latte di mucca il cervello.

Il latte vaccino inoltre è troppo pesante, a causa del maggiore contenuto proteico, per l’emuntorio
renale solo parzialmente funzionante del lattante (circa 1/3 della funzionalità normale).

Quando parliamo di latte adattato ( o in formula) non facciamo altro che parlare di latte di mucca
adattato appunto alle esigenze del bambino quindi è un latte dove viene aumentato il contenuto
lipidico e ridotto il contenuto proteico. Inoltre siccome il bambino necessita anche di vitamine
vengono aggiunte, anche perché non c’è la possibilità di aggiungere sostanza protettive come
lisozima e IgA presenti naturalmente nel latte materno.

Latte in formula si divide in tipo 1 (primi 4 mesi di vita) e latte in formula di tipo 2 (dal 5° mese in
poi). Quello di tipo 2 ha più proteine oltre ad avere un maggior carico di ferro all’interno.

Altra cosa importante è sottolineare che il latte di donna durante l’ allattamento matura
aumentando il contenuto proteico dal 4° al 5° mese in poi.

In genere l’allattamento dura fino a 6 mesi e poi inizia lo svezzamento, quindi introdurrà proteine
da altre fonti.

Per quale motivo si da più ferro dal 5° mese in poi?

Per la produzione dei globuli rossi (emoglobina) in quanto prima del 5° mese, il bambino ha
ancora il ferro fornito dalla mamma.

Svezzamento:
Lo svezzamento è una parte estremamente difficile per il bambino, incomincia a staccarsi dal
seno e a mangiare utilizzando un cucchiaino quindi attraverso uno strumento, e non deve più
succhiare ma ingoiare senza succhiare.

Lo svezzamento viene fatto tra i 4 e i 6 mesi di vita, non prima dei 4 e non dopo i 6 e ci sono delle
regole da seguire:

1) se il bambino prende latte materno e cresce bene è meglio svezzare il più tardi possibile
quindi intorno al 6 mese

2) Se il bambino prende latte artificiale perché la mamma non ha potuto allattare è inutile
continuare ad allattarlo fino a 6 mesi e fare lo svezzamento tardivo, tanto vale iniziare lo
svezzamento dal 4° mese.

3) Se il bambino prende latte materno e a 4 mesi cresce bene e a 5 mesi non cresce più bene ho
due possibilità: svezzarlo a 5 mesi oppure dargli l’aggiunta di latte artificiale e aspettare i 6
mesi anche se quest’ultima possibilità non è molto sensata in quanto il latte adattato ha senso
usarlo quando il bambino non può ancora essere svezzato, ma se si ha la possibilità di
svezzarlo il bambino dopo il 4° mese è meglio.

Come si fa lo svezzamento:

Si sostituisce il secondo pasto di latte che è quello di mezzogiorno con una pappa che in genere
è un brodino vegetale (acqua e sali minerali) costituito da carboidrati (crema di riso e più avanti
pastina), proteine attraverso un liofilizzato di carne e poi l’omogenizzato che va messo dentro il
brodino, grassi trigliceridi in particolare olio extravergine di oliva, e calcio attraverso il parmigiano
reggiano (2 cucchiaini).

In genere la prima pappa viene seguita da una seconda pappa a distanza di un mese che è quella
della cena, quindi se noi al 6° mese introduciamo la prima pappa a pranzo, al 7° mese
introdurremo la seconda pappa a cena.

La frutta è bene che venga sempre utilizzata fresca, da preferire all’omogenizzato in quanto è più
dolce, quindi se il bambino si abitua con l’omogenizzato è più difficile poi farlo abituare al gusto
meno dolce della frutta fresca.

Frutta fresca dopo ogni pasto grattugiata (pera per esempio).

Ad un anno di età il bambino può mangiare di tutto, una buona condotta è quella di inserire ogni
due o tre giorni un nuovo alimento, in modo tale che se ha qualche reazione cutanea o altro
sappiamo a che cosa l’ha avuta.

Alcune regole:

- evitare di dare zuccheri semplici;

- evitare sale aggiunto;

- Incoraggiare il consumo di frutta e verdura fresca;

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- Scoraggiare gli alimenti extra pasto, il bambino deve mangiare a colazione, a merenda a
pranzo, lo spuntino pomeridiano e la cena.

2° lezione

PATOLOGIE LEGATE ALL’OBEISTA’:


- Alterazioni ossee: gambe ad x piedipiattismo (riduzione o assenza dell’arco plantare a causa
del peso)

- Malattie al fegato: steatosi epatica (di per se non è legata solo a mangiare troppi grassi ma
soprattutto al mangiare troppi zuccheri in quanto una volta terminata la formazione del
glicogeno, quelli in eccesso vanno incontro a lipogenesi. Mmmmmmmmmmmmmmmmmmmm
La steatosi epatica regredisce quando si abbassa il BMI, ma può aprire le porte alla
steatoepatite e in seguito alla cirrosi, quindi avere una cirrosi epatica ed essere in lista per
trapianto di fegato per un’alimentazione sbagliata soprattutto nel bambino è qualcosa di
inaccettabile.

- Aterosclerosi: non legata esclusivamente al colesterolo, (mancanza di capacità elastica delle


arterie) che porta ad ipertensione. (Attività motoria nel bambino obeso è consigliabile fare
passeggiate senza fermarsi, all’ iniziano si ossidano zuccheri, poi i grassi, la maggior parte delle
attività che si svolgono da bambini sono brevi e non di lunga durata quindi in genere durante
queste attività il bambino è portato a consumare zuccheri.)

- Patologie dell’apparato respiratorio: bambini particolarmente obesi soprattutto a livello


toracico che hanno difficoltà respiratorie con riduzioni di ossigenazione, questi bambini
dormono male, russano e quindi possono avere delle vere e proprie OSAS (sindrome delle
apnee notturne).

- Dislipidemie e diabete: spesso sono legate a familiarità, importante la prevenzione per chi è
predisposto. Per il diabete c’è la possibilità che alcuni bambini obesi vanno in contro ad
un’insulinoresistenza che porta a una forma di diabete di tipo 2 che è molto più frequente da
adulto.

E' stato visto che bambini che bevono latte artificiale (con un contenuto in proteine maggiore
rispetto a quello materno) più facilmente vanno incontro ad obesità rispetto ai bambini che
bevono latte materno. Questo è dovuto al fatto che l'apporto proteico maggiore stimola
maggiormente la produzione di IGF 1 (Il fattore di crescita simile all'insulina 1).

l' IGF 1 ha la capacità di stimolare la proliferazione degli adipociti. Ed è stato visto che più il
bambino prende latte artificiale più l'obesità aumenta, meno ne beve meno obesità è presente.

A proposito di cause di obesità, massimo il 2% di bambini obesi hanno un obesità secondaria o


di tipo sindromico ormonale, in questi bambini bisogna guardare l’altezza, se uno è alto e obeso
sicuramente non ha nessun problema ormonale e sindromico.

Il 98% dei bambini obesi invece sono tali perché mangiano male e si muovono poco, (obesità
primitiva o essenziale o nutrizionale).

Secondo uno studio fatto nelle scuole di foggia tra bambini della seconda infanzia (fino ai 5 anni),
il 15% dei bambini valutati sono obesi e 15% sovrappeso.

Le percentuali sono più elevate invece tra i bambini che iniziano le elementari 23% obesi e
sovrappeso quasi il 20%.

La maggior parte dei bambini sovrappeso o obesi fanno parte di una condizione economica
medio - bassa

Classificazione dell’obesità attraverso deviazioni standard, 2 deviazioni standard è leggermente


oltre il 95° percentile, 3 deviazioni standard è obesità grave mentre 4 deviazioni standard è
obesità molto grave (tipo quella che si trova comunemente negli stati uniti).

(BMI Z SCORE).

Nel trattamento dell’obesità nel bambino coma abbiamo accennato non bisogna mai fare una
dieta ipocalorica ma basta togliere il cibo spazzatura, gli extra, che mediamente secondo degli
studi condotti sempre tra i bambini di foggia, è circa il 20% dell’introito totale dei bambini obesi.

Negli 800 bambini valutati 98 avevano una lieve steatosi, 67 una moderata e 7 una severa (170).

Il tessuto adiposo è in grado di produrre delle citochine infiammatorie dette adipochine che
portano ad un’infiammazione e produzione di fibrina e quindi firbosi e quindi cirrosi epatica.

11
Inoltre su 156 di questi bambini è stata fatta anche un’ ecografia alle carotidi per valutare o meno
l’ispessimento.

Sulla base dello spessore delle carotidi si sono creati due gruppi, un gruppo di 76 bambini che
avevano uno spessore aumentato (di 0,6/0,7 mm) e un gruppo di 80 che avevano uno spessore
normale (0,4/0,5 mm).

Chi aveva uno spessore aumentato aveva un numero di anni di obesità maggiore rispetto a quelli
che non avevano l’ispessimento, quindi è possibile che il fattore tempo che l’organismo passa in
uno stato metabolico alterato, possa determinare questa comparsa.

Questo predispone a danno vascolare in quanto l’inizio di un danno vascolare è caratterizzato da


un ispessimento della carotide. (Lo si fa alla carotide perché è misurabile rispetto alle coronarie).

Ovvio che in questi bambini non c’è la placca ateromasica, ma la probabilità che si formi con il
tempo è più alta rispetto ai bambini senza ispessimento della carotide.

Ricordiamo che la genetica è molto importante in questo tipo di problema.

Più un bambino è piccolo più è facile convincerlo fino ad un massimo di 12 anni perché poi inizia
l’adolescenza, per questo è fondamentale fare una buona educazione alimentare fin da piccoli,
per prevenire quindi un iperalimentazione che porta ad obesità.

CELIACHIA
Condizione permanente, nei bambini piccoli può avere un quadro clinico molto grave, diarree con
disidratazione, a volte l’iter diagnostico è complesso.

Quando il celiaco mangia il glutine crea degli auto anticorpi detti anticorpi anti endomisio e
anticorpi anti-transglutaminasi.

Però se il celiaco non mangia glutine, questi si riducono, avvolte alcune mamme per cercare di
evitare il problema sottopongono al proprio figlio diete prive di glutine quindi dagli esami
sanguigni in questi bambini anche se celiaci non dimostrano positività ai suddetti anticorpi.

Il trattamento della celiachia è molto semplice (dieta priva di glutine) ma è difficile metterlo in
pratica, soprattutto quando si è piccoli.

Segni della celiachia nei bambini sono diversi:

- le pieghe cutanee distrofiche questo dovuto appunto all’introduzione del glutine che porta a
malassorbimento e quindi il bambino utilizza il grassi corporeo sottocutaneo per svolgere le
funzioni metaboliche formando questo tipo di pieghe cutanee;

- pancia gonfia legata al malassorbimento, nel celiaco con infiammazione in atto c’è riduzione e
scomparsa dei villi intestinali che portano gli alimenti a stazionare e fermentare nel lume
intestinale producendo gas e gonfiando la pancia del bambino;

Manifestazioni classiche della celiachia nel bambino:

- perdita di peso ( come abbiamo visto nella prima lezione riduzione della velocità di crescita
nelle curve percentili, ATTENZIONE: non solo perdita di peso, ma anche nel caso che il peso
resta lo stesso e il bambino non cresce potrebbe essere celiachia);

- Diarrea e malassorbimento;

- Mancato incremento staturale (e questo anche è visibile dalla riduzione della velocità di crescita
tramite la valutazione delle curve percentili);

La celiachia si può manifestare in modi differenti nel bambino in rapporto all’età:

Nel bambino piccolo (prima dei 2 anni) oltre allo stentato accrescimento, ci può essere il vomito,
che invece non avviene nel bambino più grande ne nell’adulto.

Prima dei 2 anni di vita il vomito è l’unico segno di celiachia presente in 1/3 dei casi. Oltre al
vomito però ci può essere diarrea, anoressia ed irritabilità.

Ma il vomito è il sintomo più utile per pensare una sindrome da malassorbimnto sotto i 2 anni.

Oltre i due anni si ha mal di pancia, aumento transaminasi, dolori articolari, anemia sideropenica,
ritardo puberale.

Gli esami fondamentali del sangue per arrivare a diagnosi di celiachia sono gli anticorpi anti-
transglutaminasi, e gli anticorpi anti-endomisio (sono anticorpi di tipo igA) in caso di positività si
va in contro a biopsia.

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Da un punto di vista istologico la mucosa intestinale presenta l’appiattimento dei villi, incremento
dei linfociti  intraepiteliali e quindi stato infiammatorio, allungamento e iperplasia delle cripte
intestinali.

Aspetto genetico:

In Italia 1 persona su 100 è celiaca, ed ad oggi non si sa perché si manifesta questa malattia, ma
si sa però che avviene solo a chi ha una sorta di predisposizione mediante il complesso maggiore
di istocompatibilità che nell’uomo è l’HLA (Human leukocyte antigen) con polimorfismo DQ2 o
DQ8.

Quindi gli individui che hanno HLA DQ2 o DQ8 possono sviluppare celiachia, questa è una
condizione necessaria ma non sufficiente perché non tutti quelli che presentano tale polimorfismo
vanno incontro a celiachia, infatti esso è presente per esempio in Italia nel 30% della popolazione
e di questi solo l’1% sviluppa celiachia.

Rimane comunque importante valutare l’HLA DQ2/DQ8 e si può utilizzare per il valore predittivo
negativo ovvero se io non ce l’ho sicuramente non posso avere la celiachia.

In età pediatrica c’è la possibilità di fare diagnosi di celiachia senza andare in contro a biopsia fino
ai 18 anni ma ci devono essere le seguenti caratteristiche:

- Il bambino deve avere una sintomatologia clinica ( diarrea, malassorbimento, non cresce,
anemia sideropenica etc.;

- Presenza HLA DQ2/DQ8;

- Presenza EMA (anticorpi anti-endomisio) e anti-transglutaminasi (10 volte superiori alla norma
esempio valore anti-transglutaminasi è 8 per fare diagnosi deve essere 80, se è 70 invece
bisogna fare biopsia);

Anche un bambino obeso può essere celiaco

Celiachia patchy: dove solo alcune aree della mucosa sono appiattite, quindi l’assorbimento
avviene comunque sopratutto in casi di sovralimentazione come nel bambino obeso.

Anche se questa è una forma iniziale perché a piano a piano poi l’atrofismo della mucosa si
diffonde fino a colpire tutta la parte assorbitiva dell’intestino.

La celiachia non è solo un problema intestinale, è una malattia autoimmune, in cui si sviluppano
anticorpi che vanno a danneggiare la mucosa intestinale, ma che da manifestazioni anche
sistemiche:

- Può essere di ostacolo ad una gravidanza;

- Può avere manifestazioni cutanee: dermatite erpetiforme, tipo di dermatite comune nella
celiachia, si tratta di dermatiti pruriginose simmetriche e colpiscono le superfici estensorie degli
arti quindi gomiti ginocchia e natiche e regredisce con una dieta priva di glutine;

- Lesioni smalto dentale: linee che vanno a scalfire lo smalto dentale, una volta viste queste
impongono la ricerca degli anticorpi anti-endomisio e anti-transglutaminasi perchè potrebbero
essere l’unica manifestazione di celiachia;

- Afte nel cavo orale: se sono spesso presenti è bene escludere che si tratti di celiachia;

- Calcificazioni occipitali: casi di celiachia scoperti in pazienti che soffrono di epilessia, questo si
scopre attraverso una TAC, in questo caso la dieta senza glutine non fa regredire le
calcificazioni che si sono formate ma per lo meno non ne fa formare altre.

Il glutine si trova nel segale nel frumento nell’orzo e come contaminante anche nell’avena anche
se normalmente quest’ultimo cereale non dovrebbe contenerlo.

13
3° lezione

DIARREE ACUTE E CRONICHE

Il 20% delle visite del bambino dal pediatra prima dei 2 anni è costituito da problematiche di tipo
diarroico mentre oltre i 2 anni le visite dal pediatra sono meno frequenti per questo fenomeno.

Più il bambino è piccolo più è a rischio di disidratazione, il vero e unico problema della diarrea
quindi è il fatto che il bambino va in contro a disidratazione.

Quindi nelle diarree la cosa principale da fare è la prevenzione della disidratazione e se avviene,
l’unica terapia è l’idratazione in quanto non esiste una terapia specifica per fermare la diarrea.

La diarrea è un meccanismo di difesa per esempio se il bambino ha una diarrea virale, utilizzerà le
scariche diarroiche per liberarsi dall’agente patogeno, o qualora avesse un intossicazione la
diarrea serve per liberare l’intestino dall’agente tossico, per questo non bisogna dare farmaci che
boccano le scariche diarroiche perché causerei un danno in quanto il problema potrebbe
traslocare e passare ad altri organi.

Nei paesi in via di sviluppo la diarrea nei bambini causa morte per disidratazione in media in 3
milioni di soggetti.

Nei paesi occidentali come l’Italia i decessi per disidratazione sono abbastanza rari ma
rappresentano un costo per la sanità molto elevato in quanto i ricoveri per questa problematica
sono molto frequenti.

Nel bambino che ha un’età inferiore ai tre per mesi ogni episodio di diarrea , che in genere dura
4/6 giorni, il costo è di 106 euro mentre il bambino più grande (3 anni in su) fa spendere meno,
intorno ai 70 euro.

Normalmente con le feci si elimina acqua, il volume delle feci nella prima infanzia e quindi nei
primi 3 anni di vita è meno di 10g pro kg di feci al giorno (se un bambino pesa 10 kg fa massimo
100g di feci al giorno).

In seguito il volume delle feci è al massimo di 200g, se non vi è un corretto assorbimento di acqua
a livello intestinale di conseguenza aumenta il volume fecale, le feci diventano più liquide e
aumenta la frequenza di evacuazione.

La definizione di diarrea è: aumento del contenuto idrico delle feci, aumento del volume fecale,
riduzione della consistenza delle stesse e aumento della frequenza di evacuazione.

Si definisce acuta se dura meno di 14 giorni (nella norma è comunque 4/5 giorni), dopo di che si
parla di diarrea cronica.

La parte superiore dell’intestino ha una funzione secretoria del contenuto liquido rispetto a la
parte medio-terminale, nella normalità prevale l’assorbimento di liquidi mentre in casi di diarrea
prevale la secrezione sull’assorbimento.

L’acqua non viene riassorbita nel lume intestinale quando in esso è presente una forte forza
osmotica da richiamare acqua.

Per esempio quando somministriamo lattulosio, esso fa aumentare l’osmolarità del lume
intestinale richiamando acqua e favorendo la fuoriuscita di feci più liquide (questo può favorire gli
stitici).

Diarrea da forza osmotica. Chiaramente con la diarrea l’assorbimento è ridotto, quindi nel caso
di un intossicazione l’agente tossico non verrà assorbito rimanendo nel lume e aumentando
l’osmolarità del lume intestinale e quindi richiama acqua e provoca diarrea così potrà essere
eliminato.

Ci può essere anche una diarrea da ipersecrezione, è il caso del colera, la differenza fra il tipo di
diarrea descritta in seguito è che nella diarrea del colera il soggetto può anche non mangiare nulla
ma continuerà a perdere liquidi con le feci in quanto vi è un ipersecrezione di acqua al livello
intestinale favorita dal vibrione del colera mentre nella diarrea da aumentata forza osmotica se
non si assumono alimenti anche i fenomeno diarroici si arrestano.

Quindi riassumento la diarrea può essere o legata ad una forza osmotica che è il caso delle
intossicazioni alimentari o può essere dovuta ad un’attività di tipo secretorio come nel caso del
colera.

La vera differenza clinica tra la diarrea osmotica e quella secretiva è tenere il paziente a digiuno e
vedere se questa diarrea si arresta o meno, come abbiamo detto se si arresta si tratta di una
diarrea osmotica mentre se non si arresta ci troviamo di fronte ad un caso di diarrea secretiva.

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Cause più frequenti di diarree acute:

- quelle infettive (non solo infettive al livello intestinale ma in generale: a livello urinario,
respiratorio etc che poi successivamente hanno determinato una localizzazione secondaria del
germe a livello intestinale) o (pazienti con terapia antibiotica che altera la flora batterica
provocando una disbiosi e favorendo un cattivo assorbimento e quindi una diarrea, è sempre
consigliabile l’uso di fermenti lattici durante terapie antibiotiche, sopratutto se si manifestano
episodi diarroici). Tra quelle infettive sicuramente le più frequenti sono quelle virali, spesso si
trova il rotavirus, norovirus, adenovirus, poi ci sono quelle batteriche tra i quali
campilobacter, salmonella, E. coli, ed infine quelle parassitarie come la Giardia e
Criptosporidio.

La gastroenterite è la patologia, l’infezione più frequentemente riscontrabile in un bambino che ha


diarrea acuta, si chiama così perché c’è un’infiammazione della mucosa gastrica ed
un’infiammazione enterica cioè del piccolo intestino e si distingue dalla colite invece che fa
riferimento ad un’infiammazione del colon.

Più frequentemente nel caso di un’infiammazione della mucosa gastrica il bambino vomita mentre
nel caso di un’infiammazione a carico della mucosa enterica si ha la diarrea (la storia è sempre la
stessa, l’agente scatenante l’infiammazione deve essere espulso per la via più breve per questo
nel caso dell’intestino è tramite la diarrea mentre nel caso dello stomaco invece è il vomito).
Ovviamente nelle gastroenteriti infiammazione gastrica precede quella enterica quindi inizialmente
si ha il vomito ed in una seconda fase ci potrà stare la diarrea. Durante un’infezione di
gastroenterite il vomito è presente in circa il 60% dei casi e precede la diarrea e può essere
accompagnato da febbre, quindi nel 60% dei casi di gastroenterite si tratta di gastroenterite
febbrile.

Purtroppo non esistono modi clinici per stabilire se la causa della gastroenterite è di natura virale
o batterica ma dobbiamo affidarci a test di laboratorio, il trattamento è molto diverso in quanto in
quelle batteriche si possono somministrare degli antibiotici mentre in quelle virali no. Ma ci sono
alcune caratteristiche che possono aiutarci ad inquadrare meglio se si tratta di gastroenteriti virali
o no:

- la disidratazione e quindi la perdita acquosa è molto più frequente in quelle virali che in quelle
batteriche;

- La febbre invece è più frequente in un’infiammazione batteriche che in una virale;

- La presenza di sangue è più frequente in chi ha un’infezione batterica;

Ma ricordiamo che queste sono solo delle possibilità che possono essere valutate in una
popolazione, non si può fare diagnosi solo valutando questi criteri.

La diagnosi è di laboratori attraverso una coprocoltura e attraverso un esame parassitoogico ( per


giardia e criptosporidio.

Sangue:

- ematemesi: sangue presente nel vomito;

- Sangue nero a fondo di caffè: sangue che ha stazionato nello stomaco che ha subito razioni di
ossidazione;

- melena: presenza di sangue digerito di colore nero nelle feci, questo in genere è legato ad un
sanguinamento alto (colon prossimale o comunque piccolo intestino.

- ematochezia: presenza di sangue rosso vivo nelle feci, in genere legato ad infiammazioni del
retto o per piccole lesioni emorroidali;

- Rettoraggia: emissione di grosse quantità di sangue vivo con le feci e in genere si


accompagna a muco che è un chiaro segno di colite.

Un sanguinamento può essere acuto con presenza quindi di ematemsi o rettoraggia o cronico
se si ripete nel tempo in piccole quantità e può essere anche occulto, quando c’è presenza di
emazie nelle feci ma non si vedono ad occhio nudo.
Esame sangue occulto nelle feci: si raccolgono 3 campioni in 3 giorni e almeno uno di questi
deve contenere sangue occulto, normalmente il sangue non deve essere in alcun modo presente
nel contento fecale.

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Malassorbimento:

L’unità morfofunzionale dell’intestino è il villo intestinale il quale ha lungo il suo asse una miriade
di cellule che lo rivestono chiamati enterociti che originano dalla cripta, man mano che gli
enterociti salgono all’apice del villo presentano sempre più specializzazioni, tant’è vero che per
esempio soltanto gli enterociti dell’apice del villo presentano la lattasi.

È buona norma nei bambini in cui la diarrea è presente nei primi mesi di vita dare latte delattosato
per permettere agli enterociti apicali specializzati di non essere danneggiati in quanto sono le
prime cellule ad essere colpite durante le enteriti. Questo solo se si prende latte vaccino perché i
bambini che si nutrono con il latte materno non ne hanno bisogno in quanto nel latte materno
come abbiamo detto esistono delle sostanze che proteggono la mucosa intestinale
(immunoglobuline secretorie IgA e lattoferrina).

Il villo quindi è formato come abbiamo detto


dagli enterociti che sono costituiti dall’orletto a
spazzola dei microvilli verso il lume intestinale,
nel’ambito di questi microvilli esistono delle
pompe che hanno la funzione di prendere
sostanze dal lume intestinale, portarle nella
cellula e attraverso altre pompe le sostanze
passano nello spazio interstiziale fino a
raggiungere i vasi.

L’acqua è l’unica sostanza che non ha bisogno


di pompe ma si sposta semplicemente secondo
gradiente osmolare ovvero dove l’osmolarità è
più elevata.

Mentre i nutrienti come aminoacidi glucidi e lipidi


vengono i assorbiti dalla cellula mediante
meccanismo che richiedono energia (pompe
ATP/GPT dipendenti, chilomicroni etc.).

Per esempio esistono alcune proteine Carrier


che hanno doppio sito di legame, uno per gli
aminoacidi e l’altro per il sodio, in questi casi
quando entrambi i siti di legame sono legati il
nutriente passa all’interno e anche il sodio,
conseguenza sarà l’assorbimento di acqua in
quanto il sodio farà aumentare l’osmolarità
all’interno della cellula, questo cosa significa:
che se diamo da bere ad un bambino a digiuno
dell’acqua, la quota assorbita sarà minore
perché entrerà meno sodio all’interno delle
cellule. L’ unico modo per far assorbire l’acqua
nel bambino con la diarrea è dare acqua con
zuccheri e sali in quanto glucosio e sodio, che saranno introdotti nella cellula attraverso la
proteina carrier, fanno aumentare l’osmolarità intracellulare e quindi verrà assorbita anche l’acqua.

Alcune mamme hanno riferito in visita che dando il the (che non va mai dato in quanto eccitante)
la diarrea non aumenta rispetto a dare semplicemente l’acqua dove la diarrea aumenta, questo
appunto perché nel the è presente il sodio e poi c’è di solito aggiunta di zucchero.

Per questo nel trattamento della disidratazione sono fondamentali le soluzioni reidratanti orali
costituite da acqua, sali (sodio), potassio cloro e zucchero .

Quindi con il bambino nella diarrea acuta la prima cosa che bisogna fare è la somministrazione di
questo soluzioni, il bambino non deve essere tenuto a digiuno, e se è sotto allattamento non deve
assolutamente sospendere l’allattamento.

L’intestino è in grado di assorbire liquidi che non abbiano osmolarità superiore ai 350 mmol/L,

se diamo un liquido con oltre 350 mmol/L l’intestino non l’assorbe, perché non è in grado di
creare con gradiente al proprio interno più alto.

Per questo le soluzioni idratanti hanno un’osmolarità compresa tra 225/260 mmol/L.

La cocacola per esempio ha un’osmolarità di 400 mmol/L, la pepsi 560 mmol/L, circa e il succo di
mela circa 700 mmol/L, quindi tutte queste bevande non sono idonee per l’idratazione in quanto
aumenterebbero la diarrea in quanto sono tutti liquidi iperosmolari.

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Abbiamo detto che il bambino non deve essere a digiuno, è vero che se si interrompe
l’alimentazione si interrompono le scariche diarroiche, (nella diarrea osmolare), ma è anche vero
che appena si reintroduce il cibo le scariche diarroiche riprendono perché abbiamo detto che in
genere la diarrea acuta dura 4/6 giorni, ed è chiaro che non si può tenere il bambino a digiuno per
tutto questo tempo.

Uno studio condotto su dei bambini con diarrea acuta sottoposti a digiuno in due gruppi diversi:
un gruppo sottoposto a digiuno per 2/3 ore dopo la manifestazione diarroica e l’altro gruppo dove
i bambini sono stati sottoposti a 12 ore di digiuno. Lo studio ha dimostrato che la durata della
diarrea in entrambi gruppi è stata assolutamente identica ma non solo, è stato dimostrato che a
14 giorni dalla scomparsa della diarrea i bambini sottoposti a digiuno per 12 ore hanno riscontrato
un calo ponderale rispetto ai bambini che invece si alimentavano, quindi non ha alcun senso
sottoporre a digiuno i bambini colpiti da diarrea acuta.

L’introito alimentare nel bambino con diarrea acuta quindi deve essere composto da alimenti
leggeri a bassa osmolarità, facilmente assorbibili come un brodino, o riso in bianco o fettina di
carne etc.

È stato dimostrato che l’utilizzo di alcuni ceppi di probiotici (lactobacillus rhamnosus  gg e


saccharomyces boulardii ) possono ridurre la durata dei giorni della diarrea ma solo di 1 giorno.

Quando è consigliabile il ricovero ospedaliero?

- Quando c’è una grave disidratazione, o quando il bambino incomincia ad avere anche uno
stato confusionale, sempre legato alla disidratazione. In ricovero una cosa che a casa non si
può fare è la flebo, che previene la disidratazione ma se si può evitare è meglio. Quindi il
ricovero si deve fare o quando la terapia non può essere fatta a casa o quando la diagnosi non
può essere fatta casa.

- Quando c’è il sospetto di una terapia chirurgica, spesso capita che un’appendicite abbia un
esordio con diarrea e poi il dolore si localizza in fossa iliaca destra e si fa diagnosi di
appendicite al quale segue il trattamento chirurgico

- Quando il bambino manifesta diarrea in età neonatale quindi nei primi 30 giorni di vita bisogna
sempre ricoverarlo in quanto più il bambino è piccolo più è a rischio disidratazione.

- Quando il bambino ha già una malnutrizione grave per evitare che le complicanze della diarrea
acuta vadano a sommarsi ed aggravare ancor di più lo stato di malnutrizione.

- Quando non ci si può fidare dei genitori in alcuni casi ovvero quando ci si accorge che davanti
si hanno dei genitori che non daranno le soluzioni reidratanti orali.

Loperamide (imodium)

La loperamide, commercialmente disponibile come cloridrato, è un farmaco con spiccata attività


antidiarroica, in particolar modo si tratta di un antipropulsivo e antiperistaltico.

Questo farmaco non va mai utilizzato nel bambino con diarrea infettiva o dovuta a cibo avariato
perché come abbiamo detto la diarrea è un meccanismo di difesa e non bisogna arrestarlo in
quanto se presente un agente patogeno e si blocca la diarrea il germe o la sostanza tossica
rischia di traslocare in altri organi o nei vasi sanguigni e portare altri problemi.

Nel caso in cui la diarrea è provocata da sindrome da intestino corto che hanno dovuto subire un
intervento che ha portato a ridurre l’intestino dove troviamo un aumento della peristalsi in questo
caso la loperamide va usata ma è chiaro che si tratta di tutt’altra condizione clinica.

Il bambino appena incomincia a frequentare l’asilo va in contro ad episodi febbrili, raffreddore o


diarrea, questo non perché il bambino è immunodepresso, ma perché non ha un sistema
anticorpale sviluppato come l’adulto, e per sviluppare tale sistema deve andare incontro a questi
agenti e quindi inevitabilmente deve ammalarsi, tutto questo meccanismo si può dire che è
fisiologico.

Rotavirus all’inizio crea una diarrea di tipo osmotico ma dopo due o tre giorni è in grado di
provocare anche una diarrea di tipo secretivo come quella del colera, quindi il bambino che si
becca il rotavirus ha una diarrea molto importante che può durare anche di più rispetto alla
diarrea acuta normale che abbiamo detto dura mediamente intorno ai 4/6 giorni; la diarrea da
rotavirus può durare dunque anche 11/12 giorni ma sempre meno di 14 giorni e ricordiamo che
più il bambino è piccolo e più è a rischio.

Difficilmente il bambino piccolo viene colpito dal rotavirus fin che sta in casa, ma potrebbe
comunque essere infettato da un fratellino più grande che invece va all’asilo e potrebbe non
prendere l’infezione.

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Questo è il motivo per cui è bene vaccinare il bambino piccolo dalla sesta settimana di vita in poi
per il rotavirus, esistono due tipi di vaccinazione per questo virus: uno a 2 dosi ed uno a 3 dosi,
l’importante è che il bambino venga vaccinato dopo la 6° settimana di vita.

La vaccinazione al rotavirus è una vaccinazione altamente consigliata ed in Puglia è anche


gratuita.

Come prevenire le infezioni:

lavarsi bene le mani (genitore che cambia un figlio infetto e poi fa da mangiare per l’altro figlio
può infettarlo);

DIARREE CRONICHE
Sono le diarree che durano più di 14 giorni, nell’ambito delle diarree croniche ricordiamo la
celiachia, malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) o (IBD : inflammatory bowel disease),

fibrosi cistica del pancreas.

MICI:

Malattie infiammatorie croniche intestinali che si distinguono principalmente in due patologie,

La colite ulcerosa e la malattia di Crohn.


La colite ulcerosa vede un interessamento solamente del colon quindi asportando il colon
chirurgicamente la patologia non c’è più. La mucosa insieme alla sottomucosa sono entrambe
interessate dal processo flogistico mentre muscolare e sierosa no.

Nella malattia di Crhon invece prevede un infiammazione lungo tutto il tratto intestinale dalla
bocca fino all’ano, ed inoltre il processo flogistico coinvolge tutti gli strati dell’intestino quindi oltre
la mucosa e la sottomucosa anche la muscolare e la sierosa (infiammazione transmurale).

Complicanza fondamentale del Crohn è la fistola, cioè si crea una comunicazione tra il lume
intestinale ed un organo cavo o un altra ansa intestinale in quanto i tessuti colliquano e creano un
tragitto che prede il nome di tragitto fistoloso, quindi ci può essere passaggio di materiale fecale
dall’intestino verso altri organi per esempio nella donna tra intestino e utero, è chiaro che si tratta
di situazioni molto pericolose e gravi. Altra complicanza del Crohn è la stenosi (restringimento
patologico del lume intestinale tanato da non far passare più il materiale fecale che porta quindi
ad un’occlusione intestinale).

Tutti questi problemi nella colite ulcerosa non esistono proprio perché non si tratta di
un’infiammazione transmurale ma si riferisce come abbiamo detto solo alla mucosa e alla
sottomucosa.

La complicanza più importante della colite ulcerosa è il megacolon tossico caratterizzata da


un'abnorme distensione del colon che causa il danneggiamento del plesso mioenterico di
Auerbach, il trattamento del megacolon tossico è la colectomia di emergenza.

Attualmente le MICI non sono più solo la Malattia di Crhon e la colite ulcerosa ma anche la
malattia infiammatoria indeterminata che può sviluppare o in crhon o in rettocolite ulcerosa.

In età pediatrica tali patologie sono molto più pericolose che nell’adulto, per quanto riguarda il
Crohn come complicanza è molto più comune la stenosi che la fistola (23% dei casi) mentre
nell’adulto è meno frequente (17% dei casi) quindi è una malattia che da più complicanze
chirurgiche in età pediatrica che nell’adulto.

E’ una malattia che è molto più frequente nel mondo occidentale, il Crohn colpisce come abbiamo
detto tutto l’intestino con una frequenza maggiore nella parte ileo-terminale cieco ascendente
(ileite di crohn) ) ma anche la parte del colon (colite di Crohn) quindi ileo-colica (quindi è più raro
che colpisca stomaco, esofago piccolo intestino ma non impossibile), mentre per la colite
ulcerosa è più frequente un interessamento distale quindi infiammazione del retto (proctite
ulcerosa).

Cosa bisogna fare se si sospetta una MICI?

Una Mici si sospetta quando:

- il bambino ha diarrea con il sangue;

- Il bambino ha diarrea con sangue e muco e perde peso;

- il bambino ha sempre mal di pancia ed ha sangue occulto nelle feci;

L’esame da fare se si sospetta una patologia del genere è la colonscopia che deve essere totale e
in grado di arrivare fino al cieco, fino a intravedere l’ileo terminale attraverso la valvola ileo-ciecale
e ovviamente in colonsocopia si fa anche a biopsia.

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Da un punto di vista istologico la malattia di Crohn ha un elemento fondamentale per la diagnosi
che è il granuloma epitelioide che si vede appunto tramite campione bioptico.

La stenosi come abbiamo detto è la maggiore complicanza del Crohn in età pediatrica, è
accompagnata da dolore ed occlusione intestinale, le stenosi possono essere anche più di una e
ripetute l’una dietro l’altra.

Per quanto riguarda le fistole abbiamo visto come esse si possano creare tra il lume intestinale ed
altri organi o tra il lume intestinale di un’ansa con altre anse intestinali ma ci possono essere
anche delle fistole verso l’esterno che partono dal retto e finiscono in regione glutea verso
l’esterno.

Una cosa fondamentale da sottolineare è che il Crohn può dare recidiva, togliere chirurgicamente
un’ansa intestinale solo se sono presenti le complicanze, se ci sono solo le lesioni tipiche del
Crohn vanno trattate il più possibile con i farmaci.

Quando si ha un bambino con sangue vivo nelle feci, una volta escluso che abbia l’emorroidi,
endoscopicamente possiamo trovarci di fronte ad una serie di quadri:

- ci può essere una colite ulcerosa;

- ci può essere una colite di Crohn;

- ci può essere una colite dovuta a radiazioni;

- ci posso essere coliti virali come colite da citomegalovirus;

Solo tramite biopsia e valutazione istologica dell’anatomopatologo poi si può fare una diagnosi
certa.

Il problema della colite ulcerosa è che dopo 10 anni di malattia un grande numero di persone
sviluppa cellule neoplastiche, per questo nel bambino è più grave perché in età giovanile già
potrebbe sviluppare un adenocarcinoma intestinale.

Nelle MICI esistono anche delle manifestazioni extra intestinali, sia ne Crohn che nella colite
ulcerosa:

- stomatiti aftose ricorrenti;

- Lesioni oculari come l’uveite o episclerite;

- Artriti ginocchia, caviglie, spondilartrite;

- Lesioni cutanee come l’eritema nodoso o il pioderma gangrenoso;

- Trombosi vascolare;

- Lesioni al fegato.

Quindi tutta una serie di complicanze esterne all’intestino, che possono rientrare nel quadro delle
MICI.

Le causa sia del Crohn che della colite ulcerosa è sconosciuta, quindi l’unica cosa che si può fare
è prendersi cura del paziente ma non si può guarire da queste patologie, quindi l’obiettivo è fare
in modo di mandare in remissione l’infiammazione e che torni il meno possibile.

Nei pazienti pediatrici una delle caratteristiche specialmente nel Crohn è che si ha una riduzione
della velocità di crescita.

Se il bambino ha una riduzione della velocità di crescita e c’è familiarità di morbo di Crohn si fa
subito la colonscopia con esame bioptico anche in assenza di tutti gli altri sintomi.

Una delle possibilità terapeutiche specie nella malattia di Crohn è quella di utilizzare la nutrizione
enterale che ha un’efficacia terapeutica che non è legata solo al fatto che il bambino ha problemi
di crescita e in questo modo noi lo facciamo crescere nutrendolo, ma tiene anche a riposo
l’intestino, perché somministriamo delle miscele già digerite.

Prima venivano somministrate con sondino naso-gastrico, ad oggi esistono delle miscele
palatabili che possono essere somministrate anche per os e quindi il bambino può berle.

Priorità nella gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali in età pediatrica:

- indurre la remissione e mantenerlo per più tempo possibile;

- assicurare lo sviluppo puberale e la crescita;

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Questo attraverso terapia farmacologica (per lo più anti-infiammatori soprattutto cortisone),
terapia nutrizionale (con miscele enterali ma solo nel crohn) e chirurgia (indispensabile solo nei
casi di complicanze).

(secondo uno studio si è visto come una semplice nutrizione enterale ha portato alla remissione
dell’infiammazione nel Crohn allo stesso livello di una terapia con steroidi ma senza tutti gli effetti
collaterali legati all’utilizzo di questi farmaci come la riduzione della crescita in altezza nei
bambini).

Quindi riassumendo quando sospettiamo una malattia infiammatoria cronica dell’intestino nei
bambini quando ci sono i seguenti aspetti clinici:

- quando ci sono mal di pancia ricorrenti che fanno svegliare anche la notte il bambino, sono
invalidanti e doloranti lontani dall’ombelico (localizzati);

- Diarrea con o senza muco o sangue per più di 14 giorni;

- Rettoraggia;

- Una particolare epatopatia come la colangite sclerosante che ci fa escludere la presenza di una
MICI;

- Lesioni come afte della bocca orifizio di una fistola etc.

Quindi quando si sospettano questi aspetti clinici bisogna fare colonscopia ed esame bioptico.

4° lezione

REFLUSSO GASTROESOFAGEO
Nel bambino la malattia da reflusso gastroesofageo è un po’ diversa all’adulto, per esempio nel
bambino specialmente durante il primo anno di vita, ha rigurgito che è del tutto fisiologico mentre
nell’adulto no.

Il primo concetto che bisogna ricordare è che normalmente ciascuno di noi ha reflusso, per
esempio quando si bevono bevande gassate e lo stomaco si riempie di aria, quell’aria verrà
buttata fuori tramite un’eruttazione che non è altro che una manifestazione di reflusso.

Quindi il reflusso di per sé è un evento fisiologico, diventa patologico quando si manifesta


eccessivamente durante la giornata ed espone l’esofago a materiale acido che viene dallo
stomaco che porta alla formazione di un’esofagite da reflusso oppure ci può essere l’implicazione
dell’apparato respiratorio. Infatti quando un reflusso è particolarmente alto il materiale può salire
fino alla laringe per poi andare nella trachea e può provocare ad una polmonite ab-ingestis.

In questa lezione quindi ci soffermeremo sulla definizione della malattia, sul meccanismo
fisiopatologico, la frequenza e la descrizione di diversi quadri clinici.

Definizione:

Passaggio di contenuto gastrico in esofago, la malattia da reflusso è un’ esagerazione di un


evento fisiologico, cioè quando il passaggio del contenuto gastrico dallo stomaco all’esofago è
eccessivamente frequente nell’arco della giornata.

Il rigurgito è una manifestazione di un reflusso gastroesofageo, che nel bambino del primo anno
di età è del tutto fisiologico, è il passaggio di materiale gastrico che sale fino alla faringe e cade
addirittura dalla bocca ed è un passaggio involontario.

Il bambino piccolo dopo la somministrazione del latte deve essere tenuto in posizione verticale in
modo che l’aria si posizioni subito al fondo gastrico e fare in modo che esca tramite il LES per poi
risalire fino alla bocca (il classico ruttino), spesso insieme all’aria refluisce anche un po’ di latte
che quindi andrà a costituire il rigurgito.

Il rigurgito si differisce dal vomito, infatti il vomito è l’espulsione del contenuto gastrico refluito ma
è accompagnato da nausea, contrattura addominale che provoca un’espulsione violenta del
contenuto gastrico. Altra cosa che li differenzia è che il rigurgito esce dall’angolo della bocca
mentre il vomito a distanza.

Nella maggior parte dei lattanti il reflusso non causa nessun sintomo, inoltre il bambino che
rigurgita ma cresce bene non ha nessun problema mentre un bambino che rigurgita ma cresce
male evidentemente ha qualche problema in quanto il contenuto refluito sarà cosi tanto da non
permettere al bambino di crescere e quindi li si parlerà di malattia da reflusso gastroesofageo.

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Fisiopatologia:

Verso il terzo inferiore dell’esofago troviamo lo sfintere esofageo inferiore LES che deve
fisiologicamente rilassarsi quando arriva il bolo man mano che l’onda peristaltica accompagna il
bolo nell’esofago e quindi finisce nello stomaco e dopo di che lo sfintere si richiude.

Un’altro motivo per il quale il LES si rilassa è quando parte un arco riflesso: generalmente dal
fondo gastrico quando è particolarmente disteso cioè quando c’è aria.

Quindi quando c’è distensione del fondo gastrico si stimolano le terminazioni nervose vagali,
parte l’arco riflesso e il LES si rilassa.

Il bambino fa tanti rigurgiti perché insieme al latte succhiando ingloba un sacco d’aria che poi
deve cacciare fuori.

La malattia da reflusso si ha quando il il LES si rilassa anche indipendentemente dai motivi


suddetti, quindi si rilassa anche senza un’onda peristaltica che viene dall’esofago e anche senza il
meccanismo dell’arco riflesso che parte dal fondo gastrico e quindi ogni volta che lo sfintere i
rilassa ci sarà passaggio di materiale gastrico in esofago che può anche essere formato solo da
liquido gastrico acido che porta ad un’infiammazione della mucosa esofagea fino alla formazione
di erosioni e ulcere (esofagite da reflusso).

Questo è il reflusso da inappropriato rilassamento dello sfintere esofageo inferiore e


costituisce la stragrande maggioranza elle malattie da reflusso gastroesofageo.

Altri casi ma rari che possono portare a malattia da reflusso sono uno sfintere esofageo
inferiore basso come tono e quindi lo sfintere non si chiude bene e per mette il passaggio di
materiale in esofago in quanto ricordiamo che la pressione intragastrica è sempre maggiore
rispetto quella esofagea. In questi casi è utile fare una piastra anti reflusso chirurgica.

Un altra causa di malattia da reflusso può essere legata ad un cattivo svuotamento gastrico,
che fa aumentare la pressione intragastrica che supera il tono dello sfintere esofageo inferiore
causando passaggio di materiale gastrico in esofago.

Poi ci possono essere cause di reflusso legate ad abitudini alimentari scorrette come ampi
volumi alimentari.

Un’ attore principale della malattia da reflusso è appunto lo svuotamento gastrico, spesso nel
reflusso gastroesofageo vengono ampiamente utilizzati antiacidi, ma attenzione, questi non
curano la causa della patologia ovvero l’inappropriato rilassamento del LES ma tamponano le
complicanze, l’unico vero farmaco che può essere utilizzato nel reflusso è un pro-cinetico, ovvero
un farmaco che favorisce rapidamente lo svuotamento gastrico in modo che se anche c’è un
inappropriato rilassamento del LES, lo stomaco essendo vuoto farà passare minime quantità di
contenuto gastrico. Ma il problema principale che ad oggi non disponiamo di un pro-cinetico
adeguato a questa problematica.

Quindi l’unica terapia ad oggi è quella di cercare di ridurre i danni a carico dell’esofago e
dell’apparato respiratorio (ab-ingestis).

Altro attore importante è la peristalsi esofagea, è evidente che se il paziente ha una peristalsi
particolarmente attiva, saranno più frequenti gli episodi da contatto di materiale gastrico con
l’esofago in quanto il LES si rilasserà più frequentemente.

Quando c’è reflusso, fisiologicamente viene prodotta più saliva che contiene dei carbonati che
ingoiandola servono a ridurre l’acididità.

La gravità se si sta in piedi meno facilmente si avrà un reflusso patologico mentre se si sta
sdraiati più facilmente ci possono essere episodi di relusso.

Ricordiamo che nel lume gastrico non c’è solo l’acido, ma ci sono enzimi, c’è la pepsina, o
addirittura enzimi e bile proveniente dal pancreas (più frequente nell’adulto) che hanno tutti
un’azione piuttosto corrosiva.

Quindi è facile comprendere come tutte queste sostanze vanno a danneggiare la mucosa
esofagea quando c’è reflusso patologico in quanto tale mucosa non è fatta per resistere a tali
agenti corrosivi.

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Barriera anti reflusso:

Angolo di His: angolo acuto che si viene a formare tra esofago e fondo gastrico (Qando si ha la
contrazione ovvero l’onda peristaltica che dall’esofago passa nello stomaco, in questa maniera
tutt’uno si chiude intorno all’esofago e questo si oppone al passaggio di materiale gastrico in
esofago, è come se si creasse un cercine muscolare intorno all’esofago), se quest’angolo fosse
aperto, non si può chiudere intorno all’esofago dopo l’onda peristaltica e quindi non funge da
barriera antireflusso.

Il bambino nasce con un angolo di His a 90° che soltanto intorno all’anno di età raggiungerà i 30°,
quindi questo spiega perché i bambini fino al primo anno di età hanno rigurgito (ci sono dei
bambini però che continuano il rigurgito fino ai18 mesi ma non oltre i 24 mesi (sempre parlando di
rigurgito fisiologico)).

Quali sono in campo le azioni che si devono bilanciare?

abbiamo la competenza dello sfintere esofageo inferiore, cioè che deve essere in grado di
aprirsi solo quando è fisiologicamente necessario;

abbiamo il tempo di svuotamento gastrico lo stomaco si deve svuotare in un tempo naturale, nel
bambino lo stomaco si svuota normalmente in 3 ore al massimo, questo spiega perché un
bambino piccolo ha fame ogni 3 ore;

Abbiamo il clearing esofageo cioè la capacità dell’esofago di spingere verso il basso il materiale
ingerito, grazie alla peristalsi.

L’ultima azione in campo è la presenza delle sostanze che compongono i succhi gastrici:
pepsina, acidi, enzimi etc.

La peristalsi esofagea è dovuta ad un movimento concentrico che parte da una parte superiore
verso una parte inferiore e permette la progressione del cibo una volta deglutito.

Per studiare l’efficacia di questo movimento utilizziamo la manometria esofagea che ci permette
di studiare le pressioni presenti all’interno dell’esofago mediante un sondino che è in grado di
captare queste pressioni.

Si mette un sondino dal naso allo stomaco che è in grado di misurare la pressione di tutti i tratti
esofagei da faringe fino al cardias, la pressione aumenta grazie alla contrazione ovviamente, dove
si registra un aumento di pressione vorrà dire che c’è stata una contrazione.

Quindi perché ci sia una normale peristalsi attraverso la manometria bisogna registrare un
continuo e progressivo aumento della pressione nel lume esofageo ad anello, l’aumento
progressivo è sfalsato ad una distanza di centimetri sempre più lontani partendo dallo sfintere
esofageo superiore fino a quello inferiore dove ci sarà una caduta della pressione e lo sfintere si
rilasserà per permettere il passaggio del contenuto esofageo nello stomaco, al quale segue subito
la chiusura del LES.

Questa è la base per comprendere gli studi fisiopatologici nel bambino con malattia da reflusso.

Teniamo presente che una grossa quantità di bambini che hanno reflusso patologico, presenta un
ritardo di svuotamento gastrico.

E per valutare tale ritardo in anamnesi si chiede al genitore quale alimento aveva assunto e dopo
quanto tempo è stato rigurgitato, per esempio se il bambino rigurgita la mattina ciò che ha
mangiato la sera prima è evidente che ci troviamo dinnanzi ad un non corretto svuotamento
gastrico e di conseguenza ad un quadro patologico.

Problemi respiratori:

Abbiamo detto che più tempo il materiale gastrico sarà in contatto con la mucosa esofagea tanto
più ci saranno i danni a carico della mucosa, e abbiamo detto che possono essere coinvolte
anche le vie aeree superiori con un ab-ingestis ma non solo, il paziente che ha un reflusso
esofageo alto può presentare anche una laringite, ma si è notato anche che alcuni bambini che
avevano un reflusso non alto, quindi ad 1/3 dell’esofago presentavano comunque delle
complicazioni respiratorie. Questo perché prima di tutto c’è un’esofagite in atto (esofago distale) e
da questa esofagite parte lo stimolo delle afferenze vagali che raggiungono i nucli del vago dove
si avranno delle efferenze che vanno ad innervare i bronchi e portano a broncocostrizione.

Quindi ci può essere problema respiratorio nel reflusso sia dovuto ad una risalita del materiale
gastrico fino alla laringe e poi nella trachea e nei bronchi a formare un ab-ingestis che la sola
stimolazione vagale dei bronchi perché parte un arco riflesso vagale nel caso vi sia una esofagite
da reflusso.

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Dal punto di vista embriologico sia esofago che trachea derivano dallo stesso punto infatti la
trachea origina dall’esofago quindi l’innervazione è comune, per questo ci può essere un arco
riflesso vagale tra i due.

Caratteristiche più frequenti nel bambino piccolo:

- Nel bambino piccolo l’esofago è corto, ed ha una capacità limitata;

- Lo stomaco è poco accomodante, e non si distende come nell’adulto, quindi quando il


bambino è sazio più facilmente può andare in contro a rigurgiti;

- La posizione che spesso assume il bambino è la posizione sdraiata che facilita i rigurgiti;

- Bisogna considerare anche l’introito del latte rispetto allo stomaco del bambino, per esempio
un bambino che pesa 5 kg e assume 180cc di latte corrispondono con i dovuti calcoli ad una
persona di 80kg che deve berne 3 litri in 10/20 minuti (ovvio che nell’adulto è impossibile avere
certi ritmi ma questo è anche spiegato da un differente metabolismo tra un individuo al primo
anno di vita rispetto all’individuo adulto che ha delle esigenze metaboliche completamente
diverse).

Epidemiologia del rigurgito


Nel bambino ci sono una serie di problemi funzionali che portano a rigurgito, ruminazione (di
natura psichiatrica, ritorno di materiale gastrico in bocca sotto la forza di volontà per poi
ringoiare), vomito ciclico, coliche del lattante, stipsi funzionale.

Il rigurgito nel lattante è presente fino ad un massimo di 12 mesi di vita e raramente 24 mesi.

Studio italiano su bambini con rigurgito:

(il rigurgito materiale gastrico rigurgitato due o tre volte al giorno per più di 3 settimane in
bambini sani che hanno tra le 3 settimane e i 12 mesi).

Dai risultati circa il 12% dei bambini soffriva di rigurgito fisiologico, il vomito costituisce il 10% di
questi rigurgiti, interessante è stato vedere come man mano che i bambini crescessero i fenomeni
di rigurgito diminuivano.

Di tutti i bambini studiati solo 2 avevano malattia da reflusso con esofagite ed è stata sviluppata
dopo i 24 mesi.

Quando c’è una patologia organica quindi un’esofagite o una bronchite o lo stentato
accrescimento, allora avremo la malattia da reflusso gastroesofageo nel bambino.

Lattante con vomito e rigurgito:

Sono sintomi tipici del reflusso non complicati nel lattante. l’assenza di sforzo quando vomita, non
ha nausea non piange ed il bambino è sano ed ha una crescita normale, in questi casi non c’è
bisogno di fare esami diagnostici almeno che non si sospetta un’altra patologia.

Quindi in questi casi non si fa niente, il bambino sta crescendo bene, bisogna rassicurare i
genitori, fargli capire che si tratta di un evento funzionale, e può essere utile utilizzare dei latti
inspessenti ovvero latti con aggiunta di maltodestrine che aiutano a gelificare il contenuto gastrico
e in questo modo ha più difficoltà a scatenare il rigurgito.

Chiaramente possono esserci però dei segnali di allarme che ci indicano dei comportamenti non
funzionali:

- bambino che presenta un vomito biliare;

- Bambino che presenta vomito con sangue;

- Presenza di vomito persistente;

- Esordio del vomito oltre i 6 mesi di vita, è un bambino che va indagato perché se non ha
vomitato fino a sei mesi ci fa escludere un vomito funzionale;

- Bambino con anemia e problemi di crescita (ovvio);

Segni di allarme atipici:

-Tosse;

-Raucedine;

-Laringite;

-Polmoniti ricorrenti;

-Episodi di apnea;

Un esame che non serve praticamente a nulla per la diagnostica di una malattia da reflusso nel
bambino è l’ecografia.

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Anche se molti utilizzano questo tipo di esame per fare diagnosi di reflusso non serve, in quanto
è vero che l’ecografia ci fa vedere che il materiale risale dallo stomaco all’esofago, ma come
abbiamo detto nel bambino è un fenomeno del tutto normale, funzionale, soprattutto durante
l’esame che viene effettuato da sdraiato quindi si rischia di fare diagnosi di reflusso ed esporre il
bambino ad una terapia farmacologica senza alcun senso.

Se io sospetto che ci sia un problema di esofagite è evidente che l’unico modo che ho per fare
questa diagnosi è la gastroscopia per andare a valutare se c’è o meno un danno all’esofago (il
bambino viene sedato).

Se ci sono problemi di origine respiratoria, l’unico modo per vedere se il bambino ha o meno una
malattia da reflusso gastroesofageo è la PH impedenzometria. Questo è un esame che si
effettua tramite un sondino che ha dei sensori che misurano il PH nell’esofago e quante volte
durante la giornata esso diventa acido, infatti ogni volta che si registra un PH acido in esofago
vuol dire che c’è stato un episodio di reflusso.

Per capire se uno ha un reflusso patologico o meno nell’arco delle 24 ore il 4% del tempo deve
essere presente un PH acido. Quindi se il soggetto valutato ha un’acidità per meno del 4% del
tempo nelle 24 ore ha un reflusso fisiologico, mentre se supera i 4% del tempo allora avrà un
reflusso patologico in quanto c’è una frequenza più aumentata di episodi di reflusso.

Quindi la diagnosi si basa su un test di tipo funzionale,


Quando ci troviamo di fronte al riflusso funzionale bisogna far capire ai genitori che non c’è
nessun problema (al massimo di danno dei consigli come alzare di 30°la culla per far dormire il
bambino in posizione declive oppure fare un numero di pasti maggiore ma con una quantità
minore in modo da ridurre i fenomeni di reflusso).

ALLERGIA PROTEINE DEL LATTE VACCINO


Si tratta di manifestazioni cliniche che derivano dalla sensibilizzazione allergica ad una o più
proteine contenute nel latte vaccino (come abbiamo detto nelle altre lezioni il latte vaccino
contiene delle proteine che sono diverse dalle proteine del latte materno quindi è possibile che
qualche individuo sviluppo delle reazioni allergiche a contatto con queste proteine).

In genere l’allergia alle proteine del latte vaccino è più frequente nei bambini che per esempio al
nido veniva dato il latte adattato per qualche giorno in quanto la mamma non poteva allattare,
questi bambini possono essersi sensibilizzati nei confronti di questo latte e poi quando il bambino
prende verso i 6/8 mesi il latte adattato possono sviluppare manifestazioni allergiche.

Mentre si è visto che più tempo il bambino consuma latte materno, più difficilmente può
sviluppare allergie alle proteine del latte vaccino una volta che la mamma finisce il latte e quindi
poi passa al latte adattato.

Le proteine del latte vaccino che sono implicate in questa forma allergica sono le beta-
lattoglobuline e le caseine;

Quali sono le manifestazioni legate a questo tipo di allergie:

- Manifestazioni gastrointestinali

- Manifestazioni respiratorie;

- Manifestazioni cutanee.

In genere le manifestazioni gastrointestinali e quelle cutanee sono accoppiate mentre quelle


respiratorie sono invece molto rare.

Quelle cutanee sono rappresentate da eczema e orticaria.


Quelle gastrointestinali invece sono rappresentate da diarrea, rigurgito, vomito, stentato
accrescimento, anemia sideropencia, o avvolte anche la stipsi ostinata.

Non esistono esami di laboratorio o esami strumentali per fare diagnosi di allergia per queste
proteine, inoltre il bambino può essere allergico alle proteine del latte anche se si fanno le prove
allergiche ed escono negative.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi è sostanzialmente clinica, tutto sta nella sensibilità del pediatra, nel senso che deve
conoscere bene la problematica, per esempio ad un bambino che prende latte adattato da un
mese e sviluppa manifestazioni cutanee tipo eczema, presenta vomito, diarrea oppure è diventato
stitico, si può pensare che ci sia una allergia a queste proteine. L’unico modo per fare diagnosi
vera e propria è togliere le proteine del latte e vedere in seguito se la sintomatologia regredisce
utilizzando in sostituzione latte con idrolisati proteici.

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Nel caso la sintomatologia regredisce si fa stare il bambino per una decina di giorni con questo
latte sostitutivo, e lo si riespone al latte di prima, se ritornano i sintomi allergici allora si può fare
diagnosi di allergia alle proteine del latte.

Quindi una volta che abbiamo diagnosi di allergia alle proteine del latte vaccino il trattamento
consiste nell’utilizzo di latti idrolisati proteici che contengono sempre le stesse proteine idrolisate
e quindi con meno siti antigenici che portano ad avere fenomeni allergici.

Di solito l’allergia alle proteine del latte scompare massimo intorno al secondo anno di vita.

Raramente può succedere che alcuni bambini sviluppano un’allergia alle proteine del latte vaccino
pur assumendo il latte materno.

Questo può succedere quando la mamma beve il latte vaccino e le stesse proteine poi vanno nel
latte materno e quindi al bambino, ma è un fenomeno abbastanza raro.

In questi casi bisogna togliere il latte vaccino alla mamma ma non bisogna mai togliere il latte
materno al bambino, il problema è che la mamma deve prendere calcio ma non potendo
assumere latte vaccino allora prenderà il calcio attraverso un’integrazione.

FIBROSI CISITICA
La fibrosi cistica è una patologia congenita che si manifesta in età pediatrica, è definita fibrosi
cistica o mucoviscidosi in quanto il muco che producono le persone affette da tale patologia è
molto viscido, poco fluido.

Nella fibrosi cistica ci sono problemi respiratori e problemi gastrointestinali di base

Può succedere che questo muco funga da tappo al dotto di wirsung ( dotto pancreatico), in
questo modo gli enzimi pancreatici non riescono ad uscire e riversarsi nel duodeno, quindi il
bambino può andare in contro a pancreatite, e inoltre non potranno digerire e quindi assorbire i
grassi a livello intestinale, quindi hanno un calo drastico delle calorie che dovrebbero assorbire.

Ad oggi i bambini affetti da fibrosi cistica non muoiono più come una volta ma da adulti possono
soffrire di complicanze respiratorie o gastrointestinali.

Alcuni pazienti che presentano fibrosi cistica possono essere canditati al trapianto di cuore e
polmone, in quanto per i polmoni possono arrivare ad un tale punto di insufficienza da dover
essere trapiantati.

La malattia si definisce anche come la malattia del bacio salato. In questa malattia il sudore è
particolarmente concentrato in sodio quindi il sudore di questi bambini è particolarmente salato.

Viene effettuato il test del sudore che è un test di screening e viene effettuato per valutare se uno
ha un sospetto fondato di fibrosi cistica. Se il sodio e il cloro sono particolarmente elevati nel
sudore, si manda a fare il test genetico per vedere se il paziente è affetto da fibrosi cistica.

Test del sudore: il cloro per essere normale deve essere inferiore ai 40 milliequivalenti/L mentre
per essere patologico deve superare i 60 milliequivalenti/L tra i 40 60 è dubbio ma è comunque
buona norma fare lo stesso il test genetico.

È una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva, il gene implicato che va in


mutazione è il CFTR che causa un’alterazione del canale del cloro e quindi del secreto delle
ghiandole esocrine, in poche parole il cloro, essendo alterato il suo passaggio verso il muco, sarà
alterata anche la quantità di acqua presente nel muco sempre per la questione dell’osmolarità,
quindi ci sarà la presenza di un muco più viscoso e denso.

Il muco denso porta ad una proliferazione batterica al suo interno importante, e inoltre i bronchi
non saranno in grado di liberarsi da questo muco nemmeno attraverso la tosse, quindi queste
persone hanno una capacità di sviluppare spesso bronchiti e broncopolmoniti a volte con germi
anche particolarmente resistenti come lo Pseudomonas aeruginosae che possono portare
anche alla morte di questi pazienti.

È la più comune malattia genetica a carattere recessivo a rischio per la vita ed è presente
sostanzialmente nella razza bianca, è una malattia multisistemica anche se come abbiamo detto
gli apparati più colpiti sono quello gastrointestinale e quello respiratorio.

L’incidenza è 1 ogni 2500/3500 bambini nati vivi.

Sono state individuate più di 1600 mutazioni del CFTR, il danno di questo CFTR è.
Sostanzialmente legato ad una tripletta in cui dovrebbe esserci la fenilalanina in posizione 508 e
invece ci sta l’isoleucina.

Se entrambi i genitori sono portatori su 4 filgli uno è omozigote per la fibrosi cistica e quindi ha la
malattia, due sono portatori, mentre l’ultimo è omozigote normale perché ha ereditato tutti e due i
geni normali (quindi quando parliamo di malattie autosomiche recessive ci dobbiamo ricordare
che c’è la probabilità del 25% che figli sviluppino la patologia ereditaria).

25
Esistono varie classificazioni a carico del CFTR:

- difetto di produzione;

- Difetto di maturazione;
Mutazioni severe con insufficienza pancreatica
- Difetto di regolazione;

- Difetto del canale del cloro;


Il pancreas funziona ma abbiamo delle
- E si può avere un rallentamento anche mutazioni che possono essere prettamente al
della produzione di questa proteina che carico dell’apparato respiratorio e di
viene sintetizzata dal CFTR;
conseguenza sviluppare bronchiti e polmoniti

Il CFTR si ritrova praticamente in tutte le cellule: nelle cellule epiteliali delle vie aeree, le cellule del
tratto gastroenterico, delle ghiandole sudoripare e dell’apparato genitale.

Il CFTR è un canale che fa passare il cloro e bicarbonati, la sua carenza predispone ad uno
squilibrio tra secrezione e assorbimento di fluidi (muco denso), deplezione del liquido periciliare,
aumentata viscosità delle secrezioni, ed inefficace rimozione da parte dei batteri.

(nei bronchi il muco serve a intrappolare i batteri che poi devono essere espulsi tramite la tosse,
infatti quando uno ha la tosse viene dato il mucolitico proprio per facilitare l’espulsione dei batteri,
nei pazienti affetti da questa patologia ciò non accade e i batteri restano nei bronchi ed inoltre non
possiamo usare i mucolitici perché quelli presenti ad oggi in commercio non sono abbastanza
efficaci)

Patogenesi fibrosi cistica:

- difettoso trasporto di cloro e sodio;

- eccessivo riassorbimento di cloro sodio e acqua;

- le secrezioni sono disidratate e più difficili da rimuovere (muco denso);

- Ostruzione delle vie aeree ed ostruzione dotti pancreatici (wirsung e santorini);

- Infezioni croniche a carico dell’apparato respiratorio;

- Malassorbimento a livello intesinale (a causa dell’ostruzione pancreatiica e quindi non


assorbumento lipidico).

Quindi riassumendo all’apparato respiratorio abbiamo detto che il muco è troppo denso e non
riesce ad essere espulso ne con la tosse ne per effetto effetto delle cellule ciliate che non lo
riescono a portarlo verso il naso o la bocca, facendolo ristagnare nei polmoni stessi causando
infezioni polmonari.

Nell’apparato digerente i dotti pancreatici si ostruiscono formando delle cisti pancreatiche tra
l’altro si forma anche tessuto fibroso che da il nome quindi alla patologia fibrosi cistica appunto.

L’intestino non riceve abbastanza enzimi digestivi causando un malassorbimento soprattutto


lipidico e quindi questo porta a steatorrea (feci grasse). Nel bambino in cui si riscontra Steatorrea
la prima cosa che si fa è escludere che si tratti di fibrosi cistica.

Questa patologia inoltre può portare sterilità nel maschio.

I sali espulsi con la sudorazione non vengono riassorbiti , proprio perché il CFTR non é in grado di
far passare questi sali attraverso alle ghiandole sudoripare, quindi vengono perse quantità
importanti di questi sali e quindi vanno maggiormente in rischio di disidratazione, per questo
questi pazienti devono bere importanti quantità di acqua quando fa caldo (normalmente questo
non succede perché a livello delle ghiandole in condizioni normali sodio e cloro vengono poi
riassorbiti all’interno dell’organismo).

Manifestazioni cliniche dell’apparato respiratorio:

- Bronhioliti durante il primo anno di vita;

- tosse;

- Ed episodi di cronicizzazione di malattie a carico dei polmoni fino ad arrivare all’insufficienza


respiratoria e di conseguenza anche cardiaca;

Manifestazioni cliniche dell’apparato digerente:

- malassorbimento dei grassi a causa di ostruzione pancreatica (trattamento: somministrare


enzimi per Os (creon);

- alvo frequente con steatorrea;

- Ritardo di crescita sia ponderale che staturale;

- Deficit vitamine liposolubili A,D,E,K;

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- Problemi di coagulazione per carenza di vitamina K;

Non esiste una cura per la fibrosi cistica, possiamo soltanto occuparci delle infezioni polmonari,
dare un’alimentazione adeguata e cercare di prevenire eventuali occlusioni intestinali( anche
nell’intestino il muco è viscoso e ci potrebbe essere un’occlusione intestinale ed anche un’alterata
peristalsi come complicanza, ma questo è più frequente nell’adulto).

Fondamentale è l’utilizzo dell’areosol terapia in modo di rendere i muchi polmonari il meno


vischiosi possibile, per far modo di uscire il muco, anche magari con l’aiuto di fisioterapia
respiratoria.

Terapie antibiotiche sono fondamentali nel caso di infezioni batteriche alle vie respiratorie, e la
nutrizione deve basarsi su un notevole apporto lipidico e ipercalorica in quanto buona parte di
quello che mangiano non verrà assorbito.

La prospettiva media è che almeno la metà dei soggetti con fibrosi cistica supera i 30/35 anni,
anche se ci sono casi che arrivano ben oltre.

5° lezione

MALNUTRIZIONE OSPEDALIERA
La malnutrizione ospedaliera è sia quella non riconosciuta ovvero quando il paziente arriva già in
uno stato di malnutrizione al momento del ricovero e non ci si accorge dello stato di
malnutrizione, sia quella che si crea proprio durante la giacenza del paziente in ospedale, ovvero il
paziente prima dl ricovero non è malnutrito e manifesta una malnutrizione durante ls degenza.

Questo può capitare in quanto in ospedale ci sono una serie di esami come la colonscopia
ecografia che necessitano il digiuno del paziente, oppure ci possono essere una serie di patologie
che riducono l’assorbimento intestinale come le MICI.

La malnutrizione è considerata sempre una complicanza per qualunque malattia che si presenta al
paziente, essa allunga i tempi di degenza in quanto la persona non malnutrita riuscirà a guarire
prima rispetto alla malnutrita per lo stesso tipo di malattia.

La Nutrizione clinica È la branca della medicina che si occupa di questi rapporti cioè lo stato
nutrizionale del paziente ricoverato e lo stato di salute.

La malnutrizione rappresenta per definizione un alterato stato nutrizionale dovuto ad un


inadeguato apporto alimentare, quindi si può parlare di denutrizione (magrezza o malnutrizione
per difetto) oppure del caso contrario di obesità (malnutrizione per eccesso).

Nel caso della malnutrizione ospedaliera si ha più spesso a che fare con la malnutrizione per
difetto quindi con la magrezza, essa si può accompagnare a progressive modificazioni
metaboliche, funzionali e della composizione corporea.

Il malnutrito inizialmente incomincia a perdere grasso e poi perderà anche massa magra (auto-
cannibalismo), una persona fortemente malnutrita ed ha una notevole riduzione della massa
magra avrà anche una riduzione della propria attività anticorpale e quindi una maggiore
propensione verso le malattie infettive.

Il fine della valutazione nutrizionale è multiplo, in primo luogo serve a:

- documentare una crescita normale;

- farci sospettare una patologia come celiachia o MICI che si possono manifestare
semplicemente con una riduzione della velocità di crescita in assenza di sintomatologia clinica;

- Fare una decisione terapeutica, per esempio se deve affrontare un intervento il chirurgo può
decidere di non operare il bambino finché è malnutrito;

- E sicuramente ci serve per fare una diagnosi precoce di malnutrizione.

La diagnosi precoce di malnutrizione può dividersi in 3 campi:

1. identificare i fabbisogni nutrizionali (tipo ferro basso o vitamina D bassa);

2. Identificare e trattare carenze selettive, (carenze proteiche);

3. Identificare bambini che necessitano di un supporto nutrizionale tramite miscele


iperenergetiche o iperproteiche o nutrizione parenterale (bambino epatopatico che ha bisogno
di miscele con aminoacidi ramificati o il bambino che non riesce a deglutire e necessita di una
nutrizione enterale tramite sondino, o il bambino che ha una fistola intestinale e non può
nutrirsi attraverso enterale ma necessita di nutrizione parenterale con accesso venoso);

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Condizioni frequentemente associate a malnutrizione:

Qualunque patologia può essere associata a malnutrizione, sia congenite che acquisite sia esse
infettive che non infettive, qualsiasi problema può portare a malnutrizione.

Le necessità nutrizionali del bambino dipendono:

- dall’età del bambino;

- Dalla patologia in atto;

- Le condizioni nutrizionali preesistenti.

Le vere motivazioni per le quali il bambino va in denutrizione sono:

- o perché non mangia o perché c’è uno scarso apporto nutrizionale (anoressia);

- O perché ha un malassorbimento;

- O perché c’è un aumento della spesa energetica a riposo ( esempio fibrosi cistica o febbre o
ustioni).

Anoressia:

Si sviluppa quando il bambino non abbia voglia di mangiare e non mangia le quantità che
dovrebbe mangiare (s volte è causato da alcuni genitori che per paura che il figlio lasci il cibo ne
mettono di meno, quindi nel caso si presenta un bambino che non cresce è da valutare anche
questo ovviamente).

Quindi cosa fondamentale è capire la causa dell’anoressia e perché il bambino non mangia.

L’anoressia nel bambino dunque può essere causata da dolori di pancia, febbre, per la frattura di
un arto, dismotilità intestinale e svuotamento gastrico lento, fattori psicologici come l’ansia, o per
la presenza di alcune citochine (TNF-alfa Tumor Necrosis Factor, insulin factor ed
interleuchina 1- beta) che agiscono al livello ipotalamico dove c’è il centro della fame e della
sazietà.

Le citochine infiammatorie sono sostanze di natura proteica e vengono liberate da cellule che
hanno un ruolo importante durante l’infiammazione quindi linfociti, macrofagi e servono per
attivare altre cellule infiammatorie o attivare cellule soppressorie. Nel caso di quelle descritte
poc’anzi le cellule infiammatorie inviano queste citochine al centro della fame e della sazietà
bloccandone la funzione. Il nostro organismo infatti quando c’è uno stato infiammatorio in atto per
cercare di spendere poche energie ed utilizzarle per l’attività infiammatoria, vuole evitare che ci sia
l’assunzione e quindi la digestione di alimenti che determinano la termogenesi indotta da
alimentazione, quindi questo si traduce in un aumento della spesa energetica che l’organismo non
vuole perché vuole dare priorità allo stato infiammatorio.

Dai macrofagi originano altre citochine infiammatorie come l’interleuchina 1 o l’interleuchina 6


ed altre come il TNF-alfa che vano rispettivamente verso l’epatocita e il muscolo, quelle che
vanno verso l’epatocita fanno in modo che ci sia liberazione del glicogeno e poi attiva l’epatocita
in modo che riceva gli aminoacidi che provengono dalla proteolisi che invece è attivata dal una
citochina macrofagica a livello muscolare ed inizia la neoglucogenesi.

Le citochine infiammatorie, in particolare l’interferone gamma, vanno anche verso l’adipocita


stimolando la liberazione di grassi, in modo che ci sia un tipo di energia da utilizzare a lungo
termine.

Quindi in questo stato infiammatorio tutti contribuiscono: I muscoli danno aminoacidi, il tessuto
adiposo fornisce lipidi attraverso lipolisi (depauperamento massa grassa), il fegato è il mediatore
di questi fenomeni, da un lato si libera del glicogeno, e dall’altro produce nuovo glucosi attraverso
gli amminoacidi che vengono dalla proteolisi (depauperamento massa magra).

Malassorbimento:

Il malassorbimento può essere dovuto a diverse cause come una patologia primitiva dell’intestino,
per esempio la celiachia, oppure un’enterite virale;

Oppure ci possono essere delle patologie tipo alcune cardiopatie che determinano un ridotto
svuotamento dei vasi linfatici a causa dell’aumentata pressione, questo coinvolge più che altro
l’assorbimento dei grassi che non verranno assorbiti.

Un’ altra causa di malassorbimento può essere legata ad un tumore che attraverso la produzione
di alcune sostanze come il vasoactive intestinal peptide, che fa aumentare la motilità intestinale
provocando diarrea e quindi malassorbimento.

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Aumento spesa energetica:

- In casi in cui c’è febbre;

- quando c’è uno stato infiammatorio con patologie croniche come le MICI;

- con la fibrosi cistica;

- cardiopatia;

- tumori;

- Malattie reumatologiche.

Malnutrizione iatrogena:
Questa è un tipo di malnutrizione causata da medici come nel caso delle diarree acute con il
digiuno, abbiamo visto che non c’è nessun beneficio in termini giorni di diarrea acuta ma anzi il
bambino se non mangia va in contro a malnutrizione.

Ma non è legata solo ad errori, la malnutrizione iatrogena è anche quella che si viene a creare in
seguito al digiuno obbligatorio per alcuni test diagnostici come la colonscopia o la gastroscopia.

Stato nutrizionale del paziente ricoverato:

Più tempo un paziente passa in ospedale meno voglia di mangiare ha e quindi aumenta il rischio
di andare in contro a malnutrizione.

Quindi il paziente deve stare il meno tempo possibile in ospedale, se ci sono condizioni per le
quali il paziente può essere curato in casa è meglio.

A volte l’inappetenza è dovuta anche all’ambiente che circonda il paziente, mentre l’adulto che è
ragionevole, riesce a capire meglio la situazione, il bambino no, quindi se il bambino al momento
dell’arrivo del vitto, apre la vaschetta e sente un odore che non gli piace, il bambino non mangerà,
oppure se a fianco c’è un altro bambino che vomita, il bambino non mangerà. Quindi l’ambiente
anche agisce come fattore di questo argomento

Dal punto di vista della ricerca dello stato di malnutrizione ospedaliera, i tedeschi hanno inventato
qualcosa di utile che noi italiani ultimamente ci stiamo adeguando a fare:

Quando la malnutrizione non viene ricercata in maniera attiva in realtà la si denuncia pochissimo,
quando invece fai uno studio per vedere quanti sono i pazienti malnutriti la malnutrizione viene
ricercata e anche denunciata.

Quindi la malnutrizione soprattutto nel bambino la trovi se la cerchi!

Inoltre sempre in Germania per fare in modo che la malnutrizione possa essere sistematicamente
ricercata e trattata, si da un pagamento a parte in quanto viene vista come complicanza e quindi
il costo della patologia è più elevato (Negli ospedali ormai non si paga più a giornate di degenza
ma si paga rispetto a patologia e se ci sono delle complicanze ci sono dei pagamenti extra).

Anche il consiglio europeo ultimamente si è accorto che la ricerca dello stato nutrizionale in
ospedale può essere una cosa utile tant’è che è stato pubblicato un documento che accerta che
lo screening nutrizionale in genere in Europa non viene seguito, l’orario dei pasti è inflessibile ed il
supporto nutrizionale viene utilizzato solamente nei pazienti fortemente malnutriti.

Score di rischio nutrizionale:

Quindi abbiamo visto come è importante valutare il soggetto malnutrito, ma ancora più importante
è valutare e ricercare il soggetto a rischio di sviluppare una malnutrizione in quanto è sempre
meglio prevenire che curare.

Pe questo è stato implementato uno score di rischio nutrizionale che ha di base piccole
caratteristiche (quanto mangia, che tipo di malattia ha etc.).

Deve essere uno score molto rapido e semplice da calcolare,

Uno studio effettuato a tal proposito è stato condotto suddividendo il motivo del ricovero in base
al rischio in 3 gradi diversi, grado 1 grado 2 e grado 3.

Grado 1: ricovero per accertamenti o interventi non gravi come un’unghia incarnita etc.;

Grado 2: ricovero per chirurgia routinaria tipo appendicite, cardiopatia cronica o fibrosi cistica;

Grado 3: ricovero per chirurgia cardiaca, chirurgia viscerale maggiore (resecare un tumore) o in
presenza di sepsi.

Nella costruzione dello score nutrizionale se abbiamo un paziente al grado 1 di malattia e non ha
fattori associati (dolore o anoressia), abbiamo un rischio nutrizionale basso.

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Se invece questo grado 1 si associa ad 1 o 2 fattori associati, il rischio diventa moderato, e quindi
deve essere controllato il peso tutti i giorni, bisogna fare un diario alimentare per i primi 3 giorni di
ricovero, e consulenza del dietista.

Un grado moderato ce l’abbiamo anche ad grado 2 di malattia, sia se ci sono o meno fattori
associati (dolore e anoressia).

Il rischio di malnutrizione è elevato quando si ha un grado 2 con due fattori associati oppure un
grado 3 con o senza fattori associati.

Nel caso ci troviamo in un rischio elevato bisogna assolutamente fare una valutazione dello stato
nutrizionale (non solo peso e altezza ma anche plicometria, impedenzometria), calcolo apporto
calorico e nutrizione enterale se funziona l’apparato gastroenterico oppure nutrizione parenterale
prima ancora che il paziente vada in contro ad una denutrizione certa.

Esiste anche una valutazione ancora più semplice ideata qualche anno fa a Foggia, in cui sono
stati valutati bambini che routinariamente venivano ricoverati ed i risultati hanno dimostrato che
sono a rischio di malnutrizione, indipendentemente dal motivo per il quale sono stati ricoverati, i
bambini che:

- hanno meno di 2 anni di vita (età);

- stanno in ospedale più di 5 giorni (durata ricovero);

- hanno dolore addominale notturno (rappresenta un tipico dolore organico);

- Hanno febbre;

Abbiamo detto che è vero che un paziente più sta in ospedale e più va in contro a denutrizione
ma è anche vero il contrario ovvero che più il paziente è denutrito e più sta in ospedale in quanto
al sua malattia di base stenta a guarire e di conseguenza fa stare il paziente ricoverato.

Quindi tenere presente i rischi nutrizionali ed intervenire prima ancora che la denutrizione si sia
verificata, significa ridurre la degenza, ridurre la morbosità, ed infine significa ridurre la spesa
sanitaria.

Quindi esiste un position paper della società europea di nutrizione in cui bisogna tenere presente
le seguenti raccomandazioni:

- presenza di un Team nutrizionale negli ospedali (che purtroppo non c’è sempre);

- Il team nutrizionale ha dei compiti particolari: screening del rischio nutrizionale, presa in carico
dei bambini con rischio nutrizionale ed organizzare la formazione culturale del team (medici,
infermieri e dietisti);

Qual’è la strategia del managment del paziente nel campo della nutrizione clinica:

- Alla base di tutto c’è il counselling nutrizionale cioè il dare giusti consigli nutrizionali;

- Supplementi nutrizionali quindi integratori calorici vitaminici proteici etc. E se non basta
nutrizione enterale o parenterale a seconda dei casi;

La malnutrizione in ambito ospedaliero ricordiamo che è molto frequente, a foggia per esempio
quando sono stai condotti gli studi sullo stato di malnutrizione, si attestava al 19% ed ovviamente
tutti i bambini avevano le caratteristiche descritte nella valutazione dello score nutrizionale sudetta
(meno di 2 anni etc.).

Purtroppo negli ospedali la ricerca della malnutrizione non viene vista ancora come priorità, infatti
non è garantito in tutti gli ospedali il Team nutrizionale.

30
PROBIOTICI
Attualmente c’è molta illusione sull’uso dei probiotici, c’è molto business da parte di chi li produce
e chi li vende, mentre ci sono pochissime evidenze scientifiche.

Che i batteri intestinali abbiano un ruolo fondamentale è indiscutibile, anche perché abbiamo una
quantità tale di batteri all’interno del nostro corpo che è 10 volte quella delle stesse nostre cellule.

Noi sappiamo che dallo stomaco fino al retto esiste una certa gradazione del PH, acido nello
stomaco e neutrale nell’intestino, e in base all’acidità dell’ambiente intestinale abbiamo anche una
certa disposizione dei batteri che sono aerobici ,più frequentemente nella parte alta dell’intestino,
e anaerobici nella parte più bassa.

E anche al livello di quantità variano in senso craniocaaudale partendo da 10^2 colonie fino a
10^14, quindi esiste una sorta di settorializzazione, del nostro intestino, legata all’ambiente che è
sostanzialmente legato all’acidità e alla motilità intestinale.

È impensabile studiare la popolazione batterica dell’intestino studiando solo le feci in quanto così
studi solo la popolazione batterica della parte terminale dell’intestino che è quella non coinvolta
nell’assorbimento delle macromolecole ovvero il piccolo intestino che quindi non può essere
studiato tramite analisi delle feci.

Noi abbiamo la possibilità di modificare quella che è la composizione di questi batteri intestinali
attraverso i probiotici, maggior modo fermenti lattici, prebiotici, che invece favoriscono il
nutrimento di determinati batteri, il trapianto fecale, utilizzato per le infezioni da clostridium
difficile, e poi antibiotici che sono sicuramente in grado di alterare gli equilibri di questi batteri.

Noi ci concentreremo più che altro sui probiotici che sono definiti come organismi vivi, in
numero sufficiente (in genere miliardi), capacità di andare a cambiare la microflora intestinale per
la capacità di impiantarsi e colonizzare un comparto della mucosa intestinale, e quindi tutte
queste caratteristiche potrebbero portare benefici all’ospite stesso.

Sono stati analizzati circa 11 mila articoli sui probiotici su pubmed e di questi 1250 riguardavano
bambini, la realtà è che la maggior parte degli studi non sono stati effettuati in maniera adeguata
quindi in doppio cieco e con controllo.

Per quanto riguarda la diarrea acuta, che è l’unica problematica nella quale è stata dimostrata
un’efficacia dei probiotici e si parla di pochi studi a fronte degli 11 mila che possiamo trovare su
Pubmed, abbiamo visto come si riduce la problematica ma solo di 1 giorno e soo attraverso 2
ceppi lactobacillus rhamnosus gg e saccharomyces boulardii.

Esiste un ruolo dei probiotici nelle patologie funzionali come il colon irritabile o colite nervosa?

La risposta potrebbe essere positiva se pensiamo ad alcune cose:

Il 30% delle persone che hanno un colon irritabile lo hanno dopo che hanno avuto una colite
infettiva quindi può essere che c’è stata l’alterazione della flora batterica, oppure pazienti che
hanno effettuato una terapia antibiotica hanno più frequentemente disturbi funzionali, e quindi
anche qui la flora batterica può essere alterata, e alcuni studi che hanno studiato il microbiota
intestinale attraverso un sondino, andando a prelevare il succo duodenale, in chi aveva e non
aveva disturbi funzionali hanno visto che c’era una differenza di microbiota intestinale.

Secondo uno studio che hanno fatto in Inghilterra la stragrande maggioranza dei motivi per cui la
gente compra dei probiotici è per disturbi funzionali (sindrome intestino irritabile).

Esistono una serie di probiotici che vengono venduti per problemi funzionali, ma quelli più
utilizzati e studiati nel bambino sono il lactobacillus rhamnosus  gg, lactobacillus reuteri,
bifidobacterium e la miscela VSL3.

Per quanto riguarda il lactobacillus rhamnosus  gg nei dolori funzionali si è evidenziata una
leggera percentuale di soggetti che ha avuto giovamenti per il trattamento dei disturbi.

VSL3 è un tipo di probiotico costituito da una miscela di bifisobacterium, lactobacillus e


streptococcus thermophilus, secondo uno studio effettuato confrontando l’utilizzo dei probiotici in
un gruppo e il placebo in un altro si sono registrati in entrambi i gruppi una diminuzione della
sintomatologia (cioè dolori addominali, produzione di gas etc.), quindi è evidente che dietro c’è un
effetto psicologico.

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Un’altra leggerissima evidenza si è registrata nelle coliche del lattante con l’utilizzo di
lactobacillus reuteri, ma anche qui secondo degli studi fatti con utilizzo di placebo i risultati non
sono stati molto differenti.

Quindi sostanzialmente valutando le evidenze scientifiche i probiotici non danno tutto questo
beneficio, una cosa che manca nei probiotici che invece troviamo negli antibiotici è la possibilità
di selezionare il ceppo, ed inoltre il dosaggio, non esiste un vero e proprio dosaggio.

Un’altra coa che differisce antibiotici e probiotici è il tipo di azione, negli antibiotici è conosciuta
mentre nei prebiotici no, ed in ultima cosa la sicurezza in genere non danno problemi i probiotici
ma è stata registrata nella storia della medicina una resistenza antibiotica dovuta all’utilizzo di un
tipo di probiotico (che ora non si usa più) che trasmetteva particolari plasmidi resistenti alle
cellule.

I prebiotici sono componenti alimentari resistenti agli acidi, raggiungono l’intestino e promuovono
lo sviluppo qualitativo e quantitativo della flora intestinale, stimolando selettivamente la crescita di
bifidobatteri e lactobacilli.

Nel latte umano esistono dei prebiotici che sono gli oligosaccaridi, carboidrati costituiti da 3 a 10
unità, costituiscono il terzo componente del latte umano, dopo lattosio e lipidi.

La massima concentrazione degli oligosaccaridi è presente nel colostro ovvero il primo latte
prodotto dalla mamma, come se la mamma in questa maniera volesse inconsapevolmente
privilegiare lactobacilli e bifidobacteri dell’intestino del figlio, ricordiamo che il figlio al momento
della nascita passa dal canale vaginale della madre e quindi va a contatto con diversi tipi di batter,
per questo il compito di questi oligosaccaridi che è quello di favorire la crescita di lactobacilli e
bifidobacteri a livello intestinale è fondamentale.

Nei latti in formula gli oligosaccaridi vengono aggiunti: l’inulina, GOS e FOS;

TRAPIANTO FECALE
Lo si utilizza in alcuni casi particolari di coliti da clostridium difficile che non rispondono a terapie
antibiotiche.

Si sterilizza il tubo intestinale del soggetto e poi si inserisce flora batterica di un soggetto
donatore, la flora viene presa dalle feci del soggetto donatore ovviamente trattate.

6° lezione

IL CONSUMO DI SALE NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI


Nei bambini non bisogna mai dare sale aggiunto, o almeno non prima dei 3 anni in poi, perché
sostanzialmente quello già presente negli alimenti è sufficiente per le necessità dell’organismo.

Per sale intendiamo non solo NaCl ma anche potassio anche se quest’ultimo i bambini ne
assumono poco in quanto maggiormente presente in frutta e verdura.

Il problema è che noi durante i primi anni di vita costruiamo quelle che poi saranno le malattia
nell’adulto quindi se ci sarà un maggiore consumo di sale in età pediatrica questo si ripercorrerà
anche nell’adulto.

Una cosa estremamente utile da tenere presente è che più sale si mangia più liquidi si assumono
e spesso nei bambini si tratta di bevande zuccherate ed inoltre il sale è soprattutto presente nei
cibi spazzatura, quindi il tutto da un lato correla con l’innalzamento della pressione arteriosa e
dall’altro con l’aumento dell’obesità.

Prevalenza dell’ipertensione in età pediatrica: 4 - 5 % in età scolare 10 % nei bambini obesi.

L’ eccesso di sodio alimentare in età pediatrica e l’insufficiente apporto di potassio, attraverso il


consumo di frutta e verdura, potrebbero essere fattori di rischio per ipertensione in età adulta

Nell’adulto il primo step nel trattamento della pressione arteriosa è proprio l’eliminazione del sale
aggiunto nella dieta poi si valuta se la pressione è scesa e se non ci sono grossi miglioramenti si
fa terapia farmacologica.

Nella parete aterosclerotica dell’arteria vediamo una ridotta capacità elastica e quando il cuore
pompa, la forza sfigmica non viene assorbita dall’estensione in larghezza della parete arteriosa
ma ci sarà un aumento della pressione all’interno dell’arteria, tutto questo a parità di forza del
cuore.

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Esperimento topi:
Due gruppi di topi (sani e naturalmente ipertesi) sono stati sottoposti ad un’alimentazione con
quantità normali di sale (1% NaCl) e quantità altissime di sale (8% NaCl).

In questi topi poi sono state valutate le arteriole ed hanno scoperto che quelli a cui veniva data
una concentrazione all’8% presentavano a livello delle arteriole molto più collagene che quelli che
assumevano quantità normali dell’1%.

Inoltre i ratti tenuti a dieta ipersodica sviluppano una massa ventricolare sinistra significativamente
superiore rispetto a quelli che avevano una dieta normosodica.

Quindi è facile da capire che il sale in quantità eccessiva costruisce i presupposti che l’arteria sia
più rigida perché c’è fibrosi intorno all’arteria, e porta ad ingrandire anatomicamente il ventricolo
sinistro a livello di massa che potrebbe determinare anche una forza cardiaca più importante,
tutto questo si traduce in aumento della pressione arteriosa.

Nell’uomo vengono distinte l’ipertensione essenziale e l’ipertensione secondaria.

Quella secondaria è legata ad una serie di problematiche che possono essere farmacologiche o
legate causate da altre patologie come problemi renali tipo stenosi dell’arteria renale.

Quella essenziale invece non ha una vera e propria causa, uno dei motivi per il quale una persona
è ipertesa può essere sicuramente l’eccessivo utilizzo del sale nella dieta.

Analizzando un altro studio fatto sui topi vediamo come hanno utilizzato una terapia anti-
ipertensiva su topi con dieta ipersodica, in modo che la terapia contrastasse l’ipertensione
causata dalla dieta. Questi animali non sviluppavano un innalzamento di pressione a causa della
terapia ma comunque hanno sviluppato l’aumento della massa cardiaca, quindi l’aumento di tale
massa non è legata all’ipertensione ,in quanto non era presente in questi topi in quanto trattati da
terapia, ma al consumo di sodio.

La maggior parte del sodio che una persona mangia viene eliminato attraverso le urine, quindi
valutando le urine si può grossomodo determinare quanto sodio è stato assunto il giorno prima.

In un altro studio su dei giovani adulti hanno visto l’ecografia del cuore ed hanno valutato il sodio
urinario di questi giovani adulti, ed hanno visto che esiste una correlazione tra la massa cardiaca e
la quantità di sodio che una persona assume con la dieta, quindi quello che abbiamo visto negli
animali è molto probabile che esista anche nell’uomo.

Da qualche anno a questa parte sono stati raccolti dei dati che testimoniano il quantitativo di
sodio e del potassio nella dieta di 1422 bambini italiani.

Prima di entrare nel merito dello studio ci sono dei punti da chiarire:

100 millimole di sodio equivalgono corrispondono a 2,3 grammi di sodio, che equivalgono quasi a
6 grammi di cloruro di sodio (che rappresenta la quantità di sodio che il bambino dovrebbe
assumere).

100 millimole di potassio invece corrispondono a 3.9 g di potassio.

In questi bambini si è valutato il quantitativo del sodio e del potassio urinario attraverso l’esame
delle urine delle 24 ore ed è emerso che la percentuale di bambini che in base all’età ha un
apporto maggiore rispetto a quello che dovrebbe assumere va dal 91% al 96%, nelle femmine
invece minimo l’88 %mangia troppo sodio.

Per quanto riguarda il potassio invece per i maschi dallo 0% al 6% e le femmine dallo 0% all’1%
assumono la quantità che dovrebbero assumere, questo si traduce con il fatto che quasi la totalità
dei bambini non ha un adeguato apporto di potassio ovvero non assume una quantità adeguata
di frutta e verdura.

Poi i risultati sono stati rapportati al BMI Z score ed è emerso che più è alto il BMI Z score più i l
contenuto di sodio urinario è maggiore e quindi più questi bambini mangiano roba salata, invece
per quanto riguarda il potassio non c’è una grossa correlazione fra magri e grassi.

Secondo un’altro studio si è evidenziato che la riduzione di 3g di sale al giorno, quindi se anziché
un cucchiaino ne prendiamo metà al giorno, è in grado di ridurre il numero dei nuovi casi di
accidenti cardiovascolari (negli USA) DAI 60.000 ai 100.000 all’anno. Quindi se tutta la
popolazione americana mangiasse 3 g di NaCl in meno ci sarebbero dai 60.000 a 100.000
cardiopatici in meno all’anno, ci sarebbero meno ictus da 32.000 a 60.000 all’anno, e meno infarti
per un numero che va da 54.000 a 90.000 all’anno ed inoltre si ridurrebbero le morti da 44.000 a
92.000 all’anno.

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USO DI CAFFEINA IMPROPRIA NEI BAMBINI
Le bevande con caffeina di solito sono commercializzate come Energy drink quindi bevande
energetiche, insieme agli Energy drink esistono i soft drink che sono le bibite gassate zuccherate
come coca-cola, pepsi Fanta etc e poi abbiamo le sport drink she invece fanno parte di quella
serie di bibite per gli sportivi come power-reade etc..

In genere la caffeina è presente negli Energy drink ma spesso la si può trovare anche nei soft
drink, negli Energy drink però si trovano anche altre sostanze eccitanti come taurina guaranà
ginseng etc.

In ogni lattina di questi Energy drink abbiamo circa 34g di zucchero, circa 8/9 cucchiaini.

La monster per esempio quella da 500ml ha 60g di zucchero.

I valori da non superare di caffeina secondo l’EFSA i bambini adolescenti non devono superare i
3mg pro kg al giorno, secondo il ministero della salute canadese invece i ragazzini non devono
superare i 2.5mg di caffeina pro kg al giorno, secondo invece l’accademia americana di pediatria
non bisogna superare i 100mg durante l’intera giornata.

Basti pensare che in una tazzina di caffè espresso ci sono 80 mg di caffeina, alcune bevande
arrivano ad averne 200/300 mg di caffeina e su questa quantità si può avere tachicardia, ansia,
tremori, insonnia, nervosismo. La dose letale è compresa fra i 3,10g che corrispondono grosso
modo a 37 tazzine di caffè. In 100 ml di caffè troviamo circa 200mg di caffeina mentre in 100ml di
un Energy drink intorno ai 35 mg, però mentre il caffè è più concentrato e si bevono pochi cc in
una tazzina, per quanto riguarda l’energy drink la quantità di aggira intorno ai 200ml e più e quindi
contengono grosso modo sui 120mg di caffeina a lattina, In una coca cola invece il una lattina ci
sono circa 20mg di caffeina.

Gli energy drink hanno anche un effetto diuretico legato ad alcune sostanze che ci sono al proprio
interno e quindi il consumo di queste bevande aumenta il rischio di disidratazione.

In Italia è stato fatto uno studio su degli adolescenti in età compresa fra i 12 e i 19 anni.

Ai ragazzini è stato somministrato un questionario sul consumo delle bevande contenenti caffeina
e consumo di caffè.

Quindi è stato indagato quali bevande consumassero, in che quantità e per quale motivo, e si è
riscontrato che in 1232 questionari il 30% dei ragazzi assumeva Energy/soft drink, di questi il
47% lo prendono 1/2 volte al mese, ogni giorno il 7%, 1/2 volte a settimana il 32%.

Il 90% dei ragazzi che assumano gli Energy drink/soft lo fanno perché gli piace, il 40% perché lo
trovano buono per dissetarsi, il 18% per migliorare le prestazioni sportive e il 10% per migliorare
quelle intellettive.

Il 71% dei ragazzi consuma queste bevande fuori casa, 28% durante i pasti, il 19% davanti TV o
PC, a scuola il 10% e in palestra il 10%.

Il 72% dei ragazzini assumevano caffeina, il 55% assumeva meno di 100mg al giorno, il 29,7% ne
prendeva fra i 100mg e i 200mg, e il 14% oltre i 200mg, quindi circa il 43% dei ragazzini
assumevano più caffeina di quanto ne avrebbero dovuta assumere.

Questi risultati potrebbero essere usati per mettere in piedi una campagna di sensibilizzazione
diretta a ridurre il consumo di caffeina tra gli adolescenti. Le abitudini alimentari sono sviluppate
durante l'infanzia e l'adolescenza, e l'educazione ad un consumo limitato di caffeina è cruciale per
ridurre possibili comportamenti sbagliati in età adulta

QUANTITA’ DI IODIO CHE BISOGNA ASSUMERE


Lo iodio è fondamentale nel bambino oltre che per la tiroide anche per sviluppare il sistema
nervoso, questo soprattutto in gravidanza dove succede avvolte che le mamme non assumono un
corretto quantitativo di iodio.

Un adeguato intake di iodio è fondamentale in età pediatrica per crescita e sviluppo ed in


particolare per lo sviluppo neurologico, lo iodio come il sodio lo si ritrova nelle urine e quindi in
base a quello presente nelle urine possiamo vedere quanto iodio si è assunti il giorno prima
analizzando le urine nelle 24 ore.

Per valutare una popolazione a rischio carenza iodica per l’OMS, deve esserci più del 20% della
popolazione con una concentrazione di iodio delle urine inferiore a 50 microgrammi/L.

Secondo uno studio effettuato sulle urine delle stesse persone dello studio precedente sul sodio
si è riscontrato che un’insufficienza lieve, moderata o severa, è stata trovata nel 44% dei ragazzini
ma quella su cui ci dobbiamo soffermare è quella moderata e severa che corrisponde ad un
quantitativo minore dell’OMS ovvero 50 microgrammi/L ovvero il 20.1% della popolazione presa
in esame questo testimonia che nella nostra popolazione c’è una lieve carenza iodica nella dieta e
quindi i ragazzini non consumano abbastanza pesce.

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Questa concentrazione minore di iodio nelle urine è stata riscontrata più nelle femmine che nei
maschi, e questo è un problema perché queste ragazzine anche se adolescenti nel futuro
dovranno affrontare una gravidanza, dove non possono permettersi una carenza iodica per il
corretto sviluppo del bambino.

Nell’adulto secondo l’EFSA il valore di iodio è normale sui 150 microgrammi/L al giorno mentre
nella donna in gravidanza e durante l’allattamento un valore normale è oltre di 200 microgrammi/
L.

Nello studio condotto a foggia si è visto che in base all’età nei bambini al di sotto degli 8 anni con
un intake di iodio inadeguato, sono il 48%, tra 8/10 anni sono il 44%, 10/12 anni 44%, bambini
sopra i 12 anni 51% questo dimostra che in media tra i ragazzi italiani 1 su due ha un inadeguato
apporto di iodio con una frequenza maggiore nelle femmine.

Un’altra analisi è stata svolta nei soggetti obesi, dove si è riscontrato un incremento del sodio
man mano che aumenta il BMI Z score, ma la stessa cosa non si è avuta per lo iodio in quanto
non si è registrata nessuna correlazione tra il BMI Z score e lo iodio, questo dimostra quindi che i
bambini obesi come abbiamo detto hanno un consumo più elevato di sodio e quindi di sale e non
è nemmeno iodato.

Quindi concludendo la questione iodio le cose da ricordare sono che i bambini italiani non
assumono quantità adeguate di iodio soprattutto le femmine che potrebbero andare in gravidanza
in età adulta con una carenza e che ila maggior parte del sale consumato purtroppo non è iodato,
soprattuto nei cibi spazzatura, tutto questo necessita di sensibilizzazione a partire dalle scuole.

MAL DI PANCIA
Rappresenta la causa per la quale il bambino viene portato più frequentemente dal pediatra.

Esistono due tipi di dolori addominali: dolore addominale di natura funzionale (colon irritabile,
ansia) e il dolore addominale di natura organica (dolori legati agli organi MICI, pancreatite,
infiammazioni renali e tutti gli organi presenti in cavità addominale).

Il dolore addominale può essere influenzato dalla postura, può essere ondulante o costante,
pungente o sordo, acuto o cronico.

Nel bambino di tutti gli episodi di mal di pancia solo il 10% è rappresentato da cause organiche il
resto sono dolori funzionali .

Le cause più frequenti di dolori organici sono la malattia peptica ( gastrite, ulcera esofagite,
duodenite), MICI (Crohn e retto-colite ulcerosa), malattie urinarie.

La stipsi è presente nel 5% dei bambini e la maggior parte dei bambini che hanno stipsi ha mal di
pancia, che è anche importante in quanto l’intestino cerca di contrarsi per favorire l’eliminazione
di ciò che c’è al suo interno.

Un’altra causa meno frequente per cui il bambino maschio ha mal di pancia organico è la
torsione testicolare.

ll mal di pancia organico può essere legato ad un otite, o ad infezione delle alte vie respiratorie o
polmonite basale. Di tutte le cause organiche vediamo che è bassissima la probabilità di andare in
contro ad un intervento chirurgico.

Altre cause legate ad un dolore addominale organico possono essere: diverticolo di mekel,
invaginazione intestinale, l’ernia, cause genito-urinarie, calcolosi renali, cause epato-biliari, litiasi
biliare, cause emato-oncologiche come anemia falciforme, leucemie, linfomi, vasculiti,
collagenopatie quindi praticamente qualunque cosa può portare ad un mal dipancia di natura
organica.

Punti chiave:

- Età del paziente;

- Durata sintomatologia;

- Se il mal di pancia è localizzato in un punto preciso (organico);

- Irradiazione del dolore, ci sono dolori addominali che si irradiano posteriormente (dolore litiasi
biliare si irradia in regione sotto-scapolare destra;

Quando si fa un approfondimento diagnostico del bambino con il mal di pancia:

- Quando il bambino è piccolo, al di sotto dei 5 anni;


- Quando il dolore insorge con i pasti;
- Quando il dolore come abbiamo detto è localizzato e lontano dall’ombelico;
- Risveglio notturno, quando il dolore provoca l’interruzione del sonno del bambino si tratta
sempre per lo più di un dolore di natura organica;
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- Quando ci sono segni sistemici come l febbre
- Quando il bambino cresce male;
- Quando gli esami di laboratorio sono alterati.

Quali sono i segni di organicità di cui dobbiamo tenere presente:

- Risveglio notturno;
- Riduzione improvvisa dell’appetito;
- Riduzione della crescita;
- Valutazione del comportamento generale (per esempio se la domenica o durante le feste
il bambino non presenta mal di pancia sicuramente è un dolore funzionale in quanto è
legato ad uno stato emotivo più che un problema di natura organica);
- Segni associati, tipo dermatite erpetiforme (celiachia), pioderma cancrenoso (MICI);

Invaginazione intestinale:

Quando il bambino piange molto forte per 5 6 minuti poi si calma e poi dopo 15 minuti ripiange e
si ricalma potrebbe avere un’invaginazione intestinale, tipica nel lattante tra i 5 e i 9 mesi.

L’insorgenza come abbiamo detto è un dolore violento che provoca un forte pianto, coliche che si
ripresentano ogni 15/20 minuti e durano 5/6 minuti.

Non sempre in questo problema c’è la presenza di sangue nelle feci, e non sempre il chirurgo
riesce a metterlo in sede senza l’utilizzo di un intervento, fondamentale a tal proposito è il timing
in quanto per più tempo ci sarà l’invaginazione più è probabile che ci sia la necessità di un
intervento chirurgico.

Quindi nel lattante il dolore organico più frequente è quello dovuto ad invaginazione intestinale.

Nel bambino in età scolare (6 Anni in poi) i dolori più frequenti sono causati da malattia petica,
adentite mesenterica (infiammazione dei linfonodi del mesentere), polmonite basale, epatite,
pancreatite.

Quando c’è dolore epigastrico bisogna indagare se il bambino prende FANS, e se c’è familiarita
per patologia peptica.

Helicobacter pylorii:

Nel bambino non è come l’adulto, non si va in ricerca dell’ HP in chi ha mal di pancia gastrico nel
bambino, anche perché il bambino:

1. non si può sottoporre ad una terapia cosi brusca come quella dell’adulto (solo in casi in cui sia
strettamente necessario) ed inoltre nel bambino la complicanza del carcinoma gastrico è
veramente rara.

2. inoltre si è visto che la maggior parte dei bambini nei quali l’HP è stato eradicato hanno avuto
una ricaduta.

3. L’HP non da mal di pancia almeno che non abbia già causato una gastrite o un’ulcera, in quel
caso verrà eseguita la terapia per l’ulcera da HP positivo, ma se si può evitare la terapia con
quantità esagerate di metronidazolo e amoxicillina con bismuto è meglio in quanto noi nel
bambino non abbiamo come abbiamo detto la complicanza del carcinoma gastrico.

Quindi la terapia con doppio antibiotico può essere fatta solo in casi in cui c’è già danno dorgano
confermato da un esame endoscopico.

Quindi non rientra tra i protocolli del mal di pancia la ricerca del’HP nel bambino.ù

Esofagite di barrett:

L’esofagite di Barret è una lesione pre neoplastica (metaplasia), molto più frequente nell’adulto ma
può presentarsi anche nei bambini, fondamentale è l’endoscopia per la diagnosi di tale patologia
molto pericolosa, questo è un altro motivo per il quale non va fatta terapia HP senza un riscontro
endoscopico in quanto con la terapia HP si potrebbero attenuare i sintomi anche dell’esofagite di
barret perché vengono usati inibitori di pompa, ma in questo modo si ritarda la diagnosi
dell’esofagite che può sviluppare un cancro.

Quando si richiede una colonscopia nei mal di pancia:


- Presenza di mal di pancia insieme a sanguinamento;

- Diarrea profusa che non ci fa capire quale possa essere la causa;

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- Quando cresce male senza una causa evidente ( riduzione velocità di crescita o arresto
ponderale o peggio riduzione ponderale);

- Quando c’è presenza di anemia sideropenica;

- In caso di parametri infiammatori elevati o sospetto di MICI;

Quando usare un’ecografia nei mal di pancia:

- Quando c’è un’invaginazione;

- Ispessimento appendice quindi appendicite;

- Litiasi biliare o urinaria;

- Pancreatiti e Cisti pancreatiche;

- Torsione ovarica;

- Masse fecali;

Alcune di queste patologie hanno necessariamente bisogno dell’intervento chirurgico (ernie,


invaginazioni, appendicite, aderenze cicatriziali).

Intolleranza al lattosio:
Questo rappresenta un altro grande motivo di mal di pancia per il quale i genitori portano il figlio
dal pediatra.

L’intolleranza al lattosio non è una malattia, infatti in tutte le specie viventi l’uomo è l’unica specie
che continua a prendere latte anche in età adulta, per questo è normale che con il tempo il nostro
intestino perda la capacità di produrre lattasi.

Nella specie umana il largo consumo di latte e latticini nel tempo ha fatto si di conservare la
capacità di produrre questo enzima grazie ad una selezione naturale, ma questo non significa che
sia fisiologico infatti teoricamente è molto più fisiologico chi non produce più la lattasi dopo lo
svezzamento.

Ovviamente esistono enzimi esterni che gli intolleranti possono assumere per poter consumare
latticini, ma la scelta ricade sul paziente, è puramente facoltativa.

Sostanzialmente la lattasi serve per scindere il lattosio in glucosi e galattosio, negli intolleranti
questo non avviene per una carenza di questo enzima e quindi il lattosio non viene scisso e
assorbito, viene fermentato dalla flora batterica che produce gas e fa aumentare l’osmolarità del
lume intestinale richiamando acqua e provocando diarrea.

Il deficit di lattasi può non essere del 100% ma anche del 50% quindi in questi soggetti riescono
a digerire e assorbire parte del lattosio che ingeriscono se le concentrazioni sono basse, tipo se
questi mangiano una mozzarella in un giorno o un bicchiere di latte non gli succede niente, ma se
bevono due bicchier di latte e mangiano anche la mozzarella presenteranno le manifestazioni
gastrointestinali.

La lattasi può essere distrutta da processi infettivi, per esempio in una gastroenterite virale la
lattasi può essere veramente ridotta e quindi il consumo di latticini mi porta ad avere le
manifestazioni gastrointestinali.

Per fare diagnosi di intolleranza al lattosio si tolgono latte e derivati per una decina di giorni e
valutare la situazione clinica ma esiste anche il breath test al lattosio che è considerato il gold
standard.

Dolore Funzionale:

Criteri precisi che ci possono far fare diagnosi di dolore funzionale detti anche criteri di ROMA:

(dispepsia)

- Bisogna valutare se il dolore è persistente o ricorrente nella parte superiore dell’addome al di


sopra dell’ombelico;

- Il dolore non passa con la defecazione e non si accompagna ad una modifica della frequenza
della defecazione e della consistenza delle feci;

- Non vi è alcuna evidenza di problematiche infiammatorie, anatomiche, metaboliche e


neoplastiche che spiegano questo sintomo.

Se la risposta tutti questi criteri è si ci troviamo di fronte ad un dolore di tipo funzionale

Per esempio criteri ROMA nel colon irritabile, dolore addominale associato a due o più delle cose
seguenti:

- migliora con la defecazione;

- La sua insorgenza si associa al cambio della forma, consistenza e frequenza feci;

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- Non deve esseri alcuna evidenza di lesioni infiammatorie, neoplastiche etc..

Se due di queste cose ci sono in presenza di dolore, ci può essere un disturbo funzionale.

NUTRIZIONE ARTIFICIALE

Nutrizione enterale:
La nutrizione enterale è un tipo di nutrizione artificiale che utilizza la via digestiva e si differisce
dalla parenterale che invece ha un accesso venoso centrale (o totale e viene fatto in una vena
centrale come la vena cava superiore o inferiore) o periferico ( o parziale, nella vena del braccio),
nella nutrizione parenterale periferica non possiamo infondere però sostanze che superino i 700
milliosmoli/L altrimenti si incorre nella flebite, di conseguenza il cateterismo periferico non è a
lunga permanenza perché è a maggior rischio infezione mentre quello centrale è utilizzato se i
tempi di nutrizione artificiale sono più ampi.

La nutrizione enterale invece viene fatta tramite un sondino che va in stomaco o in duodeno
mediante appunto un sondino naso-gastrico o naso-duodenale oppure attraverso una
gastrostomia (PEG) o digiunostomia (PEJ).

La nutrizione enterale deve essere sempre preferita alla nutrizione parenterale in quanto
comunque nella nutrizione enterale viene conservata la modalità fisiologica di assunzione dei
nutrienti ovvero attraverso l’assorbimento intestinale, mentre la nutrizione parenterale in via
venosa rappresenta un meccanismo non fisiologico.

Quindi la nutrizione enterale è da preferirsi alla parenterale quando l’apparato gastrointestinale


non è compromesso ed è funzionante e utilizzabile, per esempio se c’è un’importante occlusione
intestinale la nutrizione enterale non è utilizzabile e si usa quella parenterale.

Nutrizione enterale e parenterale danno gli stessi vantaggi, non è che l’enterale nutre di più,ma è
comunque da preferire se è possibile.

Vantaggi della nutrizione enterale:

- Fisiologico apporto dei nutrienti;

- Non sono presenti le complicanze settiche che invece si hanno per via venosa;

- riduzione del trofismo della mucosa intestinale, l’enterocita non si nutre soltanto come le
altre cellule attraverso i nutrienti portati dalla vascolarizzazione ma si nutre anche con quello
che viene assorbito dal lume intestinale, quando infatti si ha un paziente in nutrizione
parenterale il lume intestinale è vuoto e quindi ci sarà una riduzione del trofismo della mucosa
intestinale.

- Più semplice da gestire;

- Più economica della parenterale (una giornata di parenterale costa circa 300 euro).

La stragrande maggioranza dei pazienti pediatrici che ricevono una nutrizione enterale hanno una
patologia benigna, solo una minoranza riceve l’enterale per una patologia maligna, nell’adulto
invece succede il contrario in genere.

Patologie per le quali la nutrizione enterale è indispensabile nel bambino:

- Patologie intestinali (la maggior parte);

- Patologie neurologiche (paralisi cerebrale infantile (disfagia));

- Cardiopatia, problemi metabolici, e altre patologie;

La nutrizione enterale serve quando:

- c’è un malassorbimento;

- Quando il cibo non riesce ad arrivare nello stomaco;

- Perché ci possono essere problemi di deglutizione e il bambino ingoia male (disfagia);

Focalizziamo l’attenzione sull’malassorbimento

Il bambino può avere malassorbimento per:

- un’alterata motilità intestinale;

- perché può avere una malattia infiammatoria dell’intestino (crohn);

- perché può avere una fibrosi cistica;

- Perché può avere un’epatopatia;

- Perché può avere un’intolleranza alimentare.

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Vie di accesso:

La più utilizzata sicuramente è il sondino naso-gastrico, in genere in silicone o in poliuretano che


finisce lungo l’esofago fino allo stomaco.

Molto meno utilizzata nei bambini è la gastrostomia endoscopica percutanea PEG, sia essa
chirurgica che endoscopica.

Tipi di sondini:
Quelli più soffici sono in poliuretano e in silicone e si possono tenere in sede per 20/30 giorni,
quelli più duri sono in polivinilcloruro ma si usano molto poco.

Complicanze sondino:

- in caso di sondino rigido PVC, in particolare per i neonatini ovvero bambini pretermine che
non hanno ancora il riflesso della suzione, e quindi necessitano dell’introduzione del latte
materno con l’utilizzo di un sondino naso-gastrico possono perforare il retrofaringe tanto vero
che non vengono usati soprattutto in questi casi;

- Il sondino si può spostare verso l’alto o verso il basso, non per forza perché il bambino se lo
tira, ma anche per esempio un conato di vomito o colpi di tosse possono favorire lo
spostamento del sondino (chi ha un sondino va tenuto sotto osservazione 24/24 ore in quanto
ci possono essere dei pericoli, ad esempio se la nutrizione enterale tramite sondino viene
regolata attraverso una pompa di infusione che immette un tot di cc di miscela all’ora, se il
sondino si sposta e sale nei pressi della trachea potrebbe provocare un’ab ingestis o addirittura
la morte per asfissia del bambino, un altro caso invece se il sondino si sposta verso il basso e
sfocia nel duodeno perché oltrepassa il piloro, la miscela verrà infusa direttamente nell’intestino
e qualora si trattasse di una miscela non digerita, bypassando lo stomaco non verrà assorbita
in intestino causando diarrea per l’alta osmolarità);

- Il sondino è comunque un corpo estraneo che aderisce alla mucosa del naso e del faringe e
di conseguenza il bambino può andare in contro a riniti e rinofaringiti o addirittura otite;

- Il sondino inoltre passa attraverso il cardias e quindi il LES non si chiuderà completamente e
quindi ci sarà reflusso gastroesofageo.

PEG:
Viene introdotto direttamente in stomaco un sondino attraverso una stomia.

Si fa un’endoscopia, si insuffla aria nello stomaco in modo che la parete anteriore gastrica vada
ad aderire alla parete posteriore dell’addome, si illumina l’endoscopio (transilluminazione) e
dall’esterno si andrà a pungere dove vediamo la luce con uno strumento simile ad un ago che
prende il nome di trocar, e attraverso questo ago si fa passare un filo metallico che verrà preso
all’interno dall’endoscopio, si tira fuori l’endoscopio e poi questo filo metallico sarà fatto uscire
dalla bocca con l’endoscopio, si attacca la sonda gastrostomica e dall’estremità addominale si
tira il filo e la sonda gastrostomica verrà posizionata correttamente nello stomaco.

Dopo tre mesi la sonda si sostituisce con il bottone gastrostomico.

Se la durata della nutrizione enterale è maggiore di tre mesi allora si fa la stomia ed in genere si
tratta di una PEG, se la durata invece è inferiore ai 3 mesi si utilizza il sondino naso-gastrico.

Se esiste un reflusso gastroesofageo importante verrà fatta una stomia e sarà chirurgica in quanto
si accompagnerà ad un intervento anti-reflusso.

Se invece c’è un reflusso importante e si decide di non intervenire chirurgicamente e quindi di non
fare la stomia si opta per un sondino naso-digiunale in modo da lasciare lo stomaco libero e
ridurre gli episodi di reflusso.

Complicanze gastrostomia:

- Infiammazione cutanea attorno la stomia, parte di materiale gastrico potrebbe tentare di


uscire andando ad infiammare la cute, di solito avviene nella gastrostomia chirurgica (utilizzo
cortisone e steroidi);

- Ci può essere uno spostamento della sonda verso il piloro (può capitare che il bambinio di
notte muovendosi va spostare il fermo della sonda e questa si stacca dalla parete gastrica e
può andare ad ostruire il piloro provocando un’occlusione gastrica, il bambino in tal caso
vomiterà);

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- Ci può essere reflusso gastroesofageo in quanto la parete gastrica verrà ancorata a quella
addominale e lo stomaco non avrà più movimenti concentrici che normalmente fa, questo può
provocare un’ alterazione della fisiologica chiusura del cardias con conseguente reflusso;

- Diarrea osmotica qualora attraverso lo spostamento della sonda essa oltrepassasse il piloro
andando in intestino e infondendo la miscela non adatta per l’intestino appunto.

Cosa bisogna seguire in un bambino in nutrizione enterale:

- Follow-up nutrizionale, se il bambino cresce in altezza, peso, BMI corretto, circonferenza


cranica;

- Follow-up gastrointestinale, se c’è diarrea, reflusso, e quindi valutare se ci sono o meno


complicanze e misurazione del perimetro addominale dell’ombelico;

- Valutare valori di laboratorio, elettroliti, proteine totali, glicemia etc.;

- Valutare o meno la presenza di lesioni da decubito sulla narice per l’utilizzo del sondino naso-
gastrico (in tal caso bisogna spostare il sondino ogni giorno di 3/4 mm per prevenire la
formazioni di lesioni da decubito);

- Anche per la PEG valutare se ci sono lesioni attorno la stomia.

Quando non dobbiamo usare una nutrizione enterale:

- Quando il paziente lo possiamo nutrire per bocca;

- Quando i bambino non è canalizzato (malformazione apparato gastro-intestinale) o c’è un


occlusione intestinale;

- Quando è presente presente una o più fistole di grosse dimensioni;

- Quando c’è un impossibilità di assorbimento.

Problemi comuni in pazienti con nutrizione enterale:

- distensione addominale;

- nausea, vomito e diarrea possono essere causate da:

• un’errata velocità di infusione;

• da una terapia antibiotica con conseguente alterazione della microflora che porta a diarrea;

• elevata osmolarità;

• nel caso di miscele fredde che causano congestione mucosale e intestinale;

• una miscela contaminata che può provocare un’enterite;

Cosa fare quando il bambino presenta nausea vomito o diarrea con una nutrizione enterale:

- escludere cause infettive e ridurre la concentrazione della miscela e la velocità di infusione


(all’inizio si blocca l’enterale per 1 o 2 ore per poi farla riprendere con una concentrazione
ridotta e con metà della velocità);

- Nel bambino non cerebropatico l’enterale viene sospesa nel 70% dei casi mentre una piccola
percentuale va in contro a parenterale;

Tipi di miscele:

- Miscela polimerica, costituita da proteine intere;

- Miscela semi-elementare, costituita da peptidi;

- Miscela elementare, costituita da aminoacidi.

Se non ci sono problemi di assorbimento, la migliore miscela da dare è quella polimerica, se


esiste un’allergia alimentare diamo quella elementare quindi aminoacidi e in seguito vedere se il
bambino tollera anche quelle semi-elementari e quindi peptidi.

PARALISI CEREBRALE INFANTILE


In genere si tratta di un bambino nato pre termine, che ha avuto delle problematiche neurologiche
che hanno alterato parte del suo cervello, di conseguenza sono bambini che vivranno su una
sedia a rotelle, con disabilità mentali e fisiche importanti.

Questi bambini hanno problemi di motilità e quindi anche di deglutizione, soffrono di disfagia e
quindi hanno problemi di nutrizione.

Spesso sono bambini che hanno:

- una lingua protesa;

- trisma (denti serrati);

- a volte non hanno una buona chiusura della bocca quindi quando mangiano possono perdere
facilmente il cibo dalla bocca;

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- Problemi di deglutizione e disfagia;

- ipotonia del collo (espone mentre si deglutisce ad ab ingestis);

- Nel lattantino suzione quasi assente (nutrizione enterale con sondino).

- Hanno facilmente problemi di reflusso gastroesofageo;

- Stipsi importante, (possono non andare al bagno per 15 giorni di seguito, per questo vanno
aiutai spesso con clisteri) dovuta ad una scarsa attività motoria che ovviamente non possono
fare, e perché c’è una scarsa quantità di fibre nella loro alimentazione (in quanto non riescono a
masticare).

Questi bambini non riescono ad avere un’alimentazione per bocca in quanto non riescono a
masticare, se si forza l’alimentazione per bocca sicuramente comunque non raggiungono un
corretto apporto calorico e servirebbero tante ore per farli mangiare.

Spesso sono bambini che hanno una massa muscolare fortemente ridotta.

Secondo uno studio condotto all’università di Foggia nel quale si cercava di valutare il rapporto
tra fisioterapia e stato nutrizionale ed è emerso che incrementando lo stato nutrizionale migliorava
la fisioterapia. In questi bambini ovviamente la nutrizione veniva effettuata tramite PEG.

Questi bambini soffrono facilmente di epilessia, i farmaci per l’epilessia di solito possono essere
infusi tramite PEG insieme alla miscela nutritiva.

Intorno a questi bambini gravitano diverse figure:

- Peditatra;

- Neuropsichiatra infantile;

- Nutrizionista con o senza il dietologo;

- fisioterapista;

- Psicologo (per i genitori);

- Ortopedico ( per la presenza di deformità osee);

- Chirurgo in generale.

Sindrome da rialimentazione:

Quando si è a digiuno per tanto tempo si può manifestare questa sindrome caratterizzata da
ipokaliemia (carenza di potassio) nel momento in cui si mangia in quanto il potassio va nelle
cellule, si riduce quello circolante si producono alterazioni cardiache e si va in contro a morte.

Nel momento che il bambino molto denutrito con paralisi cerebrale va in nutrizione enterale non
possiamo dargli già il 100% delle calorie che deve assumere, bisogna rinutrirlo gradualmente,
quindi il primo giorno daremo il 50% del fabbisogno, dopo una settimana aumenteremo al 70% e
dopo 10/15 giorni arriveremo al 100%.

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