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ANNALI
DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
2/2010
LE MONNIER
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Articoli, lettere e proposte di contributi vanno indirizzati a: ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Periodici Le
Monnier, viale Manfredo Fanti, 51/53 - 50137 Firenze
Condizioni di abbonamento 2010 (sei numeri per complessive pagine da 704 a 800)
— Annuale per l’Italia Euro 26,90
— Annuale per l’Estero Euro 38,00
INDICE
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • III
INDICE
PRESENTAZIONE V
di Massimo Zennaro
Introduzione VII
INDICE
IV • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
PRESENTAZIONE
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • V
PRESENTAZIONE
L’uso delle nuove tecnologie
comunicative nella formazione
del personale scolastico in relazione
ai DSA
La legge n. 170/2010, «Nuove norme in materia di disturbi specifici di ap-
prendimento in ambito scolastico» riempie un vuoto normativo. di
Varata lo scorso 8 ottobre, garantisce il diritto all’istruzione e al sostegno agli Massimo
alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA), anche attraverso forme Zennaro
mirate di verifica e valutazione. Direttore Generale
Per gli anni 2010 e 2011, la nuova norma assicura una opportuna prepara- della Direzione
zione di docenti e dirigenti scolastici di ogni ordine e grado riguardo a questo Generale
per lo Studente,
tema. L’obiettivo, secondo l’art. 4 della nuova legge, è «acquisire la competenza l’Integrazione,
per individuarne precocemente i segnali e la conseguente capacità di applicare la Partecipazione e
strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate». la Comunicazione
Il MIUR ha colto da tempo la complessità e la delicatezza del tema dei DSA e
ha realizzato numerosi interventi mirati. Principalmente, l’Azione 7 del Pro-
getto «Nuove Tecnologie e Disabilità» ha organizzato, a livello regionale, un L’obiettivo,
piano di formazione del personale scolastico interamente incentrato sui DSA. secondo l’art. 4
Strumento essenziale di questo intervento è stato l’e-learning: la realizzazione della nuova
di una specifica piattaforma online che, assieme all’uso didattico delle nuove legge,
tecnologie informatiche, ha permesso la creazione di una prima rete di referenti è «acquisire
per la dislessia, individuati all’interno di molte scuole italiane. la competenza
All’inizio del 2010 il MIUR ha inoltre sottoscritto un protocollo d’intesa con per
l’Associazione Italiana Dislessia e con la Fondazione Telecom Italia per realiz- individuarne
zare due progetti, «Non è mai troppo presto» e «A scuola di dislessia». precocemente
Il primo definisce e realizza, in modo omogeneo sul territorio nazionale, una i segnali e la
campagna triennale di screening, scientificamente attendibile, per individuare conseguente
l’eventualità di Disturbi Specifici di Apprendimento tra gli alunni delle prime capacità
classi della scuola primaria. di applicare
Il secondo, attraverso specifiche azioni di formazione del personale docente, strategie
crea modelli didattici che forniscono pari opportunità di apprendimento ai ra- didattiche,
gazzi con DSA. Anche questo progetto sfrutta le possibilità offerte dai nuovi metodologiche
strumenti di comunicazione: viene infatti implementata la piattaforma per la e valutative
formazione online presente sul sito dell’ANSAS (ex Indire). adeguate»
A questi interventi si affiancano le occasioni di dialogo e confronto offerte
dai convegni, dai seminari e dai laboratori alla cui realizzazione il MIUR par-
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PRESENTAZIONE
VI • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
tecipa ogni anno, attraverso le proprie Direzioni centrali e gli Uffici Scola-
stici Regionali.
Il presente volume degli Annali della Pubblica Istruzione è parte integrante di
questo costante percorso formativo e informativo.
Gli interventi qui raccolti, infatti, oltre ad analizzare i vari e complessi pro-
blemi legati ai DSA (dislessia, disgrafia, discalculia), evidenziano l’utilità di in-
terventi di screening e l’importanza del rapporto che si instaura tra gli insegnanti
e gli alunni con DSA.
Nel volume vengono poi presentati i progetti e le azioni che il MIUR ha rea-
lizzato nel corso del tempo. Sono evidenziate le esperienze maturate in Puglia,
per fornire esempi concreti della realizzazione di un’effettiva inclusione scola-
stica degli studenti con DSA.
Infine viene analizzata l’evoluzione della normativa scolastica in materia di
Disturbi Specifici di Apprendimento.
Vengono presentati, infine, i software dedicati alla dislessia, realizzati attraverso
l’Azione 6 del Progetto «Nuove Tecnologie e Disabilità». Tali programmi, es-
sendo gratuiti, possono essere diffusi e utilizzati liberamente.
Il presente
volume
degli Annali
della Pubblica
Istruzione
è parte
integrante
di questo
costante
percorso
formativo
e informativo
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INTRODUZIONE
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • VII
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
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Tali attività di interessamento del MIUR nei confronti dei disturbi specifici di
apprendimento e dei bisogni educativi connessi ha trovato una successiva mani-
festazione nella costituzione, presso la Direzione Generale per lo Studente, l’In-
tegrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, di un Gruppo Tecnico per la
redazione di Linee guida per la tutela del diritto allo studio degli alunni con DSA, la
cui attività è stata interrotta nel momento dell’approvazione della legge 170/2010,
la quale prevede un Comitato tecnico scientifico con molteplici finalità.
Il volume che qui introduciamo si inserisce quindi all’interno di un percorso
più ampio e articolato e vuole essere un ulteriore contributo alla costruzione
di competenze da parte del personale scolastico in materia.
La prima parte del volume è dedicata alle questioni di carattere generale, di na-
tura neurologica, amministrativa e didattica; la seconda si appunta invece sulle
concrete esperienze, alcune delle quali di vera eccellenza, realizzate nei territori.
L’intervento di Giacomo Stella presenta le varie problematiche relative ai Disturbi
Specifici di Apprendimento, dalla terminologia (disabilità o disturbo?), alle ricer-
che, all’epidemiologia, fino agli interventi riabilitativi e rieducativi, argomentando
in maniera chiara e completa in particolare sulle caratteristiche di quella «specifi-
cità» del disturbo che profila la tipologia di interventi a carico della scuola.
Il secondo contributo, di Daniela Lucangeli, è dedicato alla discalculia, e rico-
struisce non solo lo sviluppo delle competenze matematiche ma le modalità di
recupero delle difficoltà dell’alunno con discalculia, proponendo interessanti
strumenti di potenziamento e di trattamento.
L’intervento di Roberta Penge interviene sul tema degli screening precoci, molto dibattuti in
Giacomo Stella ambito scolastico in quanto considerati invasivi e propri di un approccio che
presenta le varie tende a «medicalizzare» la scuola. Il contributo di Roberta Penge mette ben in
problematiche evidenza l’utilità degli screening anche precoci, e sottolinea il ruolo che la pre-
relative ai venzione ha nella riduzione del deficit dovuto ai DSA.
Disturbi Leonardo Trisciuzzi e Tamara Zappaterra propongono una articolata riflessione
Specifici di sulla dislessia e sulla disgrafia, orientata a individuare gli interventi didattici più
Apprendimento, opportuni per realizzare una reale inclusione scolastica degli alunni con DSA.
dalla Il capitolo costituisce una sorta di vademecum per intervenire con gli alunni in
terminologia questione nelle classe, ponendo i principi teorici e alcune linee di azione.
(disabilità o Il contributo di Sergio Scala presenta una articolata disamina della legge 170/2010,
disturbo?), alle offrendo al lettore mezzi idonei per una più ampia interpretazione della stessa.
ricerche, Pasquale Pardi e Mirella Della Concordia Basso riprendono le «storiche» cir-
all’epidemiologia, colari del 2004 e del 2005 e considerano l’evoluzione intervenuta in tale am-
fino agli bito. L’articolo affronta poi nel dettaglio le iniziative progettuali intraprese dal
interventi MIUR per il sostegno del diritto allo studio degli alunni con DSA.
riabilitativi Giovanni Simoneschi presenta il Piano Didattico Individualizzato, intenden-
e rieducativi dolo come una risorsa necessaria per la realizzazione di interventi pianificati e
quindi sottoposti a verifica e a rimodulazione a favore dell’alunno con DSA.
L’intervento sottolinea inoltre l’importanza di sviluppare un «sapere dell’orga-
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INTRODUZIONE
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DISTURBI SPECIFICI
DI APPRENDIMENTO:
UN’INTRODUZIONE
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mento questo termine assume anche uno scopo etico di protezione sociale; è
utile quando viene utilizzato per rivendicare un diritto a pari opportunità nella
istruzione; quella della disabilità è, infatti, una relazione sociale, non una con-
dizione soggettiva della persona.
La definizione di disturbo coglie invece maggiormente la dimensione clinica
in quanto, partendo da una presunta norma definita arbitrariamente, ma con
caratteri quantitativi, assume che a certe condizioni gli individui che si distan-
ziano significativamente da essa esprimono una distorsione significativa dei
meccanismi che consentono di raggiungere la norma. Il termine disturbo con
riferimento alle difficoltà di apprendimento compare nei sistemi di classifica-
zione dei Disturbi Mentali DSM e ICD; questi manuali contengono i criteri
condivisi dalla comunità scientifica per identificare i disturbi e il loro scopo è,
infatti, facilitare la comunicazione scientifica.
Infine il termine diversità, o variazione individuale, o caratteristica è molto
importante da discutere poiché incrocia un modo di sentire molto diffuso,
anche nella comunità scolastica: quando parliamo di DSA siamo davvero di
fronte a qualcosa di identificabile come diverso dalla norma, a qualcosa di pa-
tologico, che merita misure e considerazioni specifiche? Oppure si tratta di
condizioni che possono essere considerate espressioni di norma e che dipen-
dono da scarso esercizio?
La comunità scientifica ha una risposta molto chiara a tale quesito, ma proba-
bilmente non è riuscita a comunicarla in modo altrettanto chiaro alla comu-
nità scolastica e, più in generale, all’opinione pubblica. Quest’ultima tende a Anche
distinguere in modo discreto, cioè con un confine netto, la norma dalla pato- nelle scienze
logia e ad attribuire solo alle condizioni definite come patologiche la possibi- mediche sono
lità di usufruire di aiuti o strumenti rieducativi e compensativi. molte
In realtà, anche nelle scienze mediche, sono molte le condizioni in cui non si le condizioni in
può distinguere nettamente la normalità dalla patologia, poiché la distribu- cui non si può
zione delle caratteristiche fra gli individui assume piuttosto la forma di un con- distinguere
tinuum. I ricercatori, sulla base di criteri non ideologici, ma matematici, nettamente
tendono a identificare un punto (definito soglia) al di sopra o al di sotto del la normalità
quale le caratteristiche di un individuo assumono un significato «deviante», dalla patologia,
cioè chiaramente discrepante rispetto alla maggioranza degli individui. Questo poiché
vale per la statura o il peso e anche per le capacità di lettura e di scrittura. la distribuzione
In ambito scientifico si considera improprio definire come «condizioni pa- delle
tologiche» quelle che si trovano al di sotto della soglia, poiché non sono caratteristiche
espressione di una malattia, ma di una condizione, sia pure determinata bio- fra gli individui
logicamente e quindi, in quanto tale, scarsamente modificabile, poiché esse assume
sono varianti della distribuzione normale dei comportamenti e del loro svi- piuttosto
luppo. Oggi i ricercatori tendono a utilizzare per queste condizioni il ter- la forma di
mine neurodiversità, poiché questa esprime una condizione di variabilità un continuum
interindividuale biologicamente determinata e questo concetto si considera
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pertinente anche al campo dei DSA (Fenton e Krahn, 2007). Secondo que-
sto concetto lo sviluppo neurobiologico atipico che provoca la dislessia o gli
altri DSA deve essere riconosciuto e rispettato al pari delle altre condizioni
umane (Griffin e Pollak, 2009).
LE RICERCHE EZIOLOGICHE
La lettura, ancorché appare alla maggior parte degli individui come un com-
pito estremamente semplice, automatico e poco impegnativo sul piano dell’at-
tenzione (basta pensare alla lettura del giornale), è un processo molto complesso
e multifattoriale che coinvolge funzioni e apparati molto diversi fra loro come
la visione, il linguaggio, la motricità, etc.
Lo studio delle cause di un disturbo di questo processo (la dislessia) non può
dunque portare a soluzioni semplici e univoche, come a volte gli stessi ricerca-
tori sembrano proporre incontrando successo e ingenerando false aspettative di
risoluzione.
Oggi, dopo più di cent’anni dalla scoperta del disturbo, molte teorie sono state
proposte e sono tramontate, per cui non ci sembra questa la sede per cercare
di mettere ordine in un campo così complesso. Ci limiteremo a esporre le prin-
cipali posizioni, poiché queste sono utili a render conto della complessità di un
fenomeno che è facile e chiaro da individuare solo nella sua manifestazione
Lo studio comportamentale: la difficoltà di lettura ad alta voce.
delle cause Per semplicità verranno considerati i 4 principali modelli teorici a oggi in com-
di un disturbo petizione nella spiegazione delle possibili cause della DE:
di questo
processo • teoria del deficit fonologico;
(la dislessia) • teoria del deficit di automatizzazione (cerebellare);
non può • teoria del deficit visivo/uditivo (magnocellulare);
portare • teoria del deficit attentivo.
a soluzioni
semplici La teoria del deficit fonologico postula che alla base del disturbo di lettura vi sia
e univoche, una persistente compromissione del modulo linguistico dedicato alla fonolo-
come a volte gia, che interessa pervasivamente vari aspetti della processazione fonologica
gli stessi (Catts, 1989), intesa come capacità di:
ricercatori
sembrano a) codificare (cioè rappresentare) l’informazione fonologica;
proporre b) mantenere l’informazione fonologica nella memoria di lavoro;
c) recuperare l’informazione fonologica dalla memoria;
d) avere esplicita consapevolezza della struttura fonologica delle parole e, suc-
cessivamente, degli enunciati.
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difficoltà riscontrate nei dislessici di svolgere nello stesso tempo due compiti:
per esempio scrivere e al tempo stesso ascoltare il successivo segmento del det-
tato, ma anche decodificare e comprendere, oppure svolgere alcune attività in
condizione di controllo posturale precario. In ogni caso, al di là della comples-
sità di questa ipotesi e delle difficoltà incontrate nel trovare conferme neuro-
anatomiche da parte dei ricercatori, il contributo importante a mio avviso è
dato dal sottolineare le implicazioni sull’attività cognitiva dalla mancata auto-
matizzazione di una abilità. Questa implica un impegno dell’attenzione volon-
taria e non consente di inserire l’attività all’interno di un altro compito. Inoltre,
il consumo abnorme di risorse attentive determina un esaurimento rapido delle
stesse con tendenza ad abbandonare il compito. Questa ipotesi consente dun-
que di rendere conto della varietà di comorbidità che il deficit di lettura pre-
senta, per esempio con quello della coordinazione motoria e con quello di
attenzione-iperattività.
Per quanto riguarda l’ipotesi del deficit visivo, in realtà questa riguarda la fun-
zione del sistema magno cellulare che è deputato a elaborare le informazioni
transienti, cioè quelle in rapido cambiamento, sia di natura visiva sia uditiva.
Il deficit del sistema magnocellulare provocherebbe una sorta di sovrapposi-
zione degli stimoli, sia visivi sia uditivi, o comunque la difficoltà a mantenere
le sequenze in modo corretto (come succede per «il» che viene letto «li»). Que-
ste ricerche non hanno portato a conclusioni definitive, ma hanno comunque
ripreso in considerazione le componenti visive nella lettura, componenti che
Questa ipotesi sono molto rilevanti dato che il processo di lettura viene avviato attraverso l’a-
consente nalisi visiva che comunque accompagna tutte le fasi. In anni precedenti, gli
dunque studi intorno agli aspetti visivi si erano limitati alla convergenza e alla coordi-
di rendere nazione binoculare, mentre con le ricerche intorno al magnocellulare lo studio
conto si è spostato sulle componenti neurali dei processi visivi.
della varietà L’ipotesi di un deficit attentivo alla base della dislessia è strettamente collegata
di comorbidità a quella del deficit temporale nella processazione di stimoli visivi e uditivi, ma
che il deficit il ruolo svolto dai processi attentivi, automatici e volontari ha anche una sua
di lettura autonomia rispetto ai meccanismi modali specifici di elaborazione degli sti-
presenta, moli. Inoltre, la teoria attentiva ha sviluppato nel tempo un corpus di studi
per esempio empirici e di possibili meccanismi processuali che le conferiscono una distinta
con quello autonomia concettuale. In particolare, risulta molto importante il concetto di
della finestra attentiva, cioè di un spazio sia visivo sia temporale in cui avviene la
coordinazione processazione delle informazioni. Come è noto questo spazio nella lettura è in
motoria parte simmetrico rispetto al punto di focalizzazione, in parte asimmetrico con
e con quello allargamento verso destra nei sistemi di lettura in cui si procede da sinistra
di attenzione- verso destra, mentre risulta asimmetrico in direzione opposta nei sistemi in cui
iperattività si legge da destra verso sinistra. Molti studi (Facoetti et al., 2006) hanno evi-
denziato nei dislessici anomalie della finestra attentiva.
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EPIDEMIOLOGIA
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BISOGNI
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riabilitativo che pertanto deve riguardare aspetti specifici coinvolti nel pro-
cesso che si vuole rieducare e ammonisce a diffidare di trattamenti che si ri-
volgono ad ambiti molto lontani dai processi da riabilitare (come per esempio
attività di psicomotricità per il recupero della lettura). Inoltre, invita a diffi-
dare dai trattamenti che promettono risultati risolutivi in tempi molto brevi.
Un programma riabilitativo definisce le aree di intervento specifiche, gli obiet-
tivi, i tempi e le modalità di erogazione degli interventi, gli operatori coinvolti
e la verifica degli interventi; in particolare:
La presa in carico rieducativa è un progetto di respiro più ampio (life span), che
può durare tutto l’arco della scolarizzazione in cui la persona è chiamata ad
L’impiego apprendere, includendo l’università.
di strumenti È condotto da educatori, insegnanti e familiari e integra al suo interno la presa
compensativi in carico riabilitativa.
è un elemento Ogni passo di questo progetto si compie secondo modalità di relazione tra pro-
portante fessionisti della salute, della scuola e famiglia, guidate da principi di chiarezza,
dell’intervento trasparenza e coinvolgimento. È ispirato da modelli di psicologia cognitiva e di
rieducativo per pedagogia dei bisogni speciali e interagisce con i processi educativi scolastici ed
l’adattamento extrascolastici.
alle richieste L’impiego di strumenti compensativi è un elemento portante dell’intervento
della scuola rieducativo per l’adattamento alle richieste della scuola e della società nella pro-
e della società spettiva life span.
nella In questa direzione è molto importante il lavoro che si sta compiendo con la
prospettiva formazione dei docenti poiché attualmente un limite della scuola è non riuscire
life span a concettualizzare la natura dei DSA e di conseguenza non riuscire ad includere
nelle scelte organizzative e didattiche i bisogni di questi alunni. Per esempio,
l’impossibilità di comprendere il limite di automatizzazione e conseguente-
mente di velocità e accuratezza nella lettura e nella scrittura comporta la ri-
chiesta continua al bambino di prestazioni che non è in grado di dare, con
aumento delle tensioni fra scuola e famiglia e con il rischio di sviluppare rifiuto
della scolarizzazione. Basterebbe a volte conoscere meglio l’utilizzo di alcuni
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semplici strumenti compensativi per attenuare le difficoltà non solo per il bam-
bino con DSA, ma per l’insegnante e per l’intera classe.
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STRUMENTI COMPENSATIVI
Anche per i DSA esiste il problema del passaggio all’età adulta. Esistono po-
chissimi centri clinici in grado di effettuare diagnosi di DSA in età adulta e di
adattare il progetto rieducativo alle esigenze del giovane adulto. Attualmente
alcune università italiane si sono convenzionate con servizi clinici pubblici per
L’orientamento la diagnosi di DSA agli studenti universitari. Tuttora rimane aperto il problema
più condiviso dell’accesso alle prove di ingresso all’università. La mancanza di servizi in grado
prevede che di fare una diagnosi sull’adulto crea grave discriminazione fra gli studenti per
gli strumenti la possibilità di accesso ai corsi di laurea con prova di ingresso.
compensativi
vengano
introdotti
parallelamente BIBLIOGRAFIA
alla
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INTERVENTI
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DISCALCULIA
EVOLUTIVA SÌ –
DISCALCULIA
EVOLUTIVA NO?!
CONTRIBUTO
DELLA RICERCA
COGNITIVA
di
Daniela
Lucangeli
Perché fare i calcoli è difficile? Oggi in Italia a scuola vengono segnalati 5 bam- Università
bini per classe (di 25 alunni circa) con difficoltà di calcolo (20%), mentre la degli Studi
discalculia evolutiva riguarda lo 0,5% della popolazione. L’analisi della lettera- di Padova
tura può aiutare a capire come mai i bambini trovino così tanta difficoltà e
quali siano gli aspetti da potenziare per permettere un apprendimento ade-
guato. La presente rassegna descrive le ricerche più recenti relative allo sviluppo
dell’intelligenza numerica e delle abilità di calcolo. Vengono anche descritte le Fin dalla
ragioni che hanno condotto la Consensus Conference (2009) a individuare i preistoria l’uomo
possibili profili cognitivi della discalculia evolutiva. In particolare sono sinte- ha interpretato
tizzate le principali indicazioni relative alle modalità di valutazione, con indi- il mondo
cazione degli strumenti di valutazione presenti nel territorio italiano, e alla attraverso
scelta dei diversi percorsi per il trattamento. Ovviamente, senza la pretesa di i numeri. I più
fornire delle «regole», data la complessità e variabilità di proposte presenti in antichi reperti
letteratura che non permettono un’interpretazione univoca del problema. archeologici,
Riguardo ai numeri un’evidenza è certa: la nostra vita ne è permeata. Usiamo che ci danno
continuamente parole-numero per riferirci ai nostri impegni o per scandire il testimonianza
tempo, utilizziamo semplici operazioni quando controlliamo il resto dopo aver della capacità
fatto la spesa o acquistato un quotidiano, insomma dal momento in cui suona di contare
la sveglia e durante tutto il corso della giornata, più volte ci è necessario svol- attraverso
gere operazioni di cognizione numerica e di calcolo di varia natura. incisioni
D’altra parte ci hanno insegnato che fin dalla preistoria l’uomo ha interpretato sulle ossa,
il mondo attraverso i numeri. I più antichi reperti archeologici, che ci danno risalgono a più
testimonianza della capacità di contare attraverso incisioni sulle ossa, risalgono di trentamila
a più di trentamila anni fa. Ed è parte del bagaglio di nozioni comuni il fatto anni fa
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20 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
che gli antichi romani per insegnare ai figli a contare utilizzassero piccoli sassi,
i calculi...
Da allora a oggi il termine «calcolo» indica l’insieme dei processi che consen-
tono di operare sui numeri.
Ma perché nonostante questa necessità primitiva di intelligere attraverso i nu-
meri per i nostri bambini a scuola fare i calcoli continua a essere così difficile?
Sulla base delle segnalazioni fatte dalla scuola si calcola che, in Italia oggi, il
20% circa degli studenti incontri difficoltà, spesso anche significative, nell’ap-
prendimento del sistema dei numeri (Lucangeli e Cornoldi, 2007).
Eppure, secondo i dati dell’International Academy for Research in Learning Di-
sabilities (IARLD, Cornoldi e Lucangeli, 2004), solo il 2,5% della popolazione
scolastica dovrebbe presentare difficoltà nella cognizione matematica in co-
morbilità con altri disturbi e solo per percentuali esigue (0,5-1%) si potrebbe
parlare di discalculia evolutiva. Il 90% delle segnalazioni sarebbe dunque co-
stituito da casi di difficoltà di apprendimento (falso positivo) e non di disturbo
specifico del calcolo.
Ma prima di definire le difficoltà e i disturbi della cognizione numerica bisogna
definire in che cosa consista tale capacità di intelligere i fenomeni quantitativi.
Quando oggi Quando oggi le ricerche parlano di «intelligenza numerica» si riferiscono alla
le ricerche nostra capacità di «intelligere», capire, pensare al mondo in termini di numeri
parlano e quantità. Tale capacità è innata e permea il nostro sistema di interpretazione
di «intelligenza di eventi e fenomeni di diverso grado di complessità.
numerica» Butterworth (1999; 2005), sostenitore della tesi innatista del «cervello mate-
si riferiscono matico», paragona questa visione del mondo in termini di numeri a quella in
alla nostra termini di colori:
capacità
di «intelligere», Entrambi i processi sono automatici: non possiamo evitare di vedere che le mucche in
capire, pensare un campo sono bianche e marroni, né possiamo evitare di vedere che ce ne sono tre; […]
al mondo come ci sono persone che nascono cieche ai colori ci sono anche individui che nascono con
in termini una sorta di cecità per i numeri. […]La mia tesi è che il genoma umano contenga le
istruzioni per costruire circuiti cerebrali specializzati che chiamerò ‘modulo numerico’.
di numeri
La funzione del modulo numerico è quella di classificare il mondo in termini di quan-
e quantità
tità numerica o numerosità, cioè del numero di oggetti di un insieme. […] Ciò che
rende uniche le capacità numeriche umane è lo sviluppo e la trasmissione di strumenti
culturali che ampliano le facoltà del modulo numerico.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 21
Dati
DAI PRINCIPI NUMERICI INNATI A QUELLI TRASMESSI sperimentali
CULTURALMENTE sembrano
suggerire
Contare è il primo ponte tra le competenze innate del bambino rispetto alla nu- l’esistenza
merosità e le conoscenze più elaborate possedute dalla cultura in cui è nato. di una
Anche la meno matematica delle culture permette ai suoi componenti di an- competenza
dare ben oltre le competenze infantili. numerica
Benché a noi adulti possa apparire molto semplice, imparare a contare richiede preverbale,
lo sviluppo di competenze cognitive complesse: quantificazione, corrispon- innata che può
denza biunivoca, ordine stabile, cardinalità… essere
Gelman e Gallistel (1978) hanno identificato i passaggi necessari per appren- ricondotta
dere a contare. Consideriamo l’esempio di un bambino che conta cinque cioc- a operazioni di
colatini: rappresentazione
mentale
• deve conoscere le parole-numero da «uno» a «cinque» o, più propriamente, della quantità
deve conoscere cinque parole-numero che vanno tenute sempre nello stesso
ordine (principio dell’ordine stabile);
• ognuna di queste parole deve essere associata a un solo cioccolatino: nes-
suna parola-numero deve essere usata più di una volta e tutti gli oggetti de-
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Le autrici hanno proposto due ulteriori principi: l’astrattezza, che significa che
tutto può essere contato, e l’irrilevanza dell’ordine, che significa che si può ini-
ziare a contare da qualsiasi elemento dell’insieme. È chiaro che la conoscenza
di tali principi deriva dalla comprensione del concetto di numerosità. Gli in-
siemi non hanno un ordine intrinseco e capire questo significa conoscere il
principio di irrilevanza dell’ordine. Inoltre, non vi è un limite riguardo al tipo
di cose che possono costituire un insieme, purché sia possibile individuarle.
Esserne consapevoli implica possedere il principio di astrattezza. Sono quindi
proprio le competenze innate di riconoscimento non-verbale delle quantità
possedute dai neonati a fornire una spinta che permette ai bambini di svilup-
pare e padroneggiare le competenze ben più complesse alla base dei meccani-
smi del conteggio verbale.
Per la maggior parte dei bambini, contare è comunque necessario anche agli
apprendimenti dell’aritmetica. Poiché sommando due numerosità si ottiene,
infatti, lo stesso risultato che contando gli elementi di due insiemi delle stesse
due numerosità, i bambini iniziano a conoscere l’addizione unendo due in-
Sono siemi e contando gli elementi della loro combinazione. In particolare le ricer-
le competenze che hanno individuato tre principali fasi nello sviluppo del contare come
innate di strategia di addizione.
riconoscimento
non-verbale 1. Contare tutto. Per fare 3 + 5, il bambino conta «uno, due, tre» e poi «uno,
delle quantità due, tre, quattro, cinque» oggetti per stabilire la numerosità degli insiemi da
possedute sommare.
dai neonati 2. Contare in avanti a partire dal primo addendo. Alcuni scoprono che non è ne-
a fornire cessario contare il primo addendo: partono da 3 e contano poi in avanti per
una spinta altri 5 e arrivano al risultato. Utilizzando il conteggio sulle dita, il bambino
che permette non conta più il primo insieme, ma parte dalla parola «tre» e usa una mano
ai bambini per contare in avanti il secondo addendo: «Quattro, cinque, sei, sette, otto».
di sviluppare e 3. Contare in avanti a partire dall’addendo più grande. Il bambino sceglie di
padroneggiare le partire dal numero più grande: «Cinque» e poi va avanti «Sei, sette, otto»
competenze ben (Butterworth, 1999; Carpenter e Moser, 1982).
più complesse
alla base Solo quando il processo della conta si è stabilizzato, il bambino è pronto alla
dei meccanismi cognizione aritmetica.
del conteggio Nella Tabella 1 si riportano in sintesi le principali tappe evolutive dell’intelli-
verbale genza numerica.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 23
Come per lo sviluppo di ogni altro dominio cognitivo basale, linguaggio, abi-
lità motorie, abilità sociali, ecc., anche per la cognizione numerica è necessa-
rio dunque che il sistema educativo accompagni e potenzi le funzioni
neuropsicologiche universali che ne stanno a fondamento.
C’è allora un ragionamento necessario da fare per analogia con gli altri domini
cognitivi innati: se un bambino potenzialmente in grado di sviluppare il lin-
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guaggio fin dalla nascita fosse esposto e aiutato a parlare con continuità a par-
tire dai 6 anni, che cosa ne sarebbe dello sviluppo delle sue competenze verbali
all’arrivo alla scuola primaria? Sarebbero pronte per leggere e scrivere? E se fosse
esposto alla relazione sociale con continuità solo a partire dai 6 anni, sarebbe
pronto alla relazione tra pari, alla collaborazione nell’apprendimento, all’ac-
cettazione delle regole comuni?
C’è cioè una nuova consapevolezza negli studiosi che si occupano di scienze co-
gnitive: nessun dominio evolve al meglio delle sue possibilità se l’ambiente
educativo non accompagna e potenzia adeguatamente tale sviluppo, nei tempi
adeguati e con le modalità pertinenti.
È bene chiarire al riguardo che cosa si intende per modalità pertinente al do-
minio cognitivo.
Facciamo un esempio: sarebbe possibile insegnare a nuotare solo facendo im-
parare a memoria le procedure esecutive? Dire cioè a un soggetto: «nuota così
… rappresentati mentalmente l’asse simmetrica del tuo corpo... alterna alla rota-
zione del braccio destro la spinta della gamba sinistra e viceversa,... coordina la
rotazione del collo per controllare inspirazione ed espirazione… in particolare in-
spira quando..espira quando.. Ecco ora nuota». Significa avergli insegnato a nuo-
tare? Ovviamente no. Anzi, solo con queste istruzioni verbali il soggetto
affogherebbe… così come affogano i nostri bambini in ore e ore di esercizi di
calcolo scritto appreso a scuola tramite addestramento di procedure verbali
messe in memoria.
Nessun dominio Emblematica a tal proposito ci sembra la risposta di Matteo, 9 anni, a cui, du-
evolve al meglio rante un’indagine sperimentale, è stato chiesto di descrivere la procedura uti-
delle sue lizzata per eseguire le moltiplicazioni scritte:
possibilità
se l’ambiente Metto in colonna giusto. Poi faccio il primo numero sopra per l’ultimo numero sotto…
educativo non No no, ho sbagliato, il primo numero sopra delle unità per il primo numero sotto, il se-
accompagna condo numero sopra per i numeri sotto e così consumo tutti quelli sopra. Quando li ho
e potenzia finiti faccio la stessa cosa con il secondo numero di sotto. E così via fino a che li ho fi-
adeguatamente niti tutti di sopra e di sotto. Tiro il segno, quello lì di risultato, e faccio l’addizione.
Mi pare che non ti ho detto che devo stare attento a incolonnare bene se no i numeri non
tale sviluppo,
vengono giusti.
nei tempi
adeguati e con
le modalità Quello che vogliamo evidenziare cioè è che per capire come mai così tanti bam-
pertinenti bini facciano fatica nell’apprendimento del calcolo bisogna tenere conto al-
meno di tre diverse cause:
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 25
2. oltre a porre attenzione tardi, il sistema educativo ancora conosce poco dei
meccanismi di cognizione numerica, e soprattutto non conosce le modalità
necessarie a potenziarne l’intelligere, scambiandolo per l’addestramento alla
prestazione scritta. L’intelligenza numerica è analogica, strategica, composi-
zionale, evolve soprattutto nel calcolo a mente, e ha poco a che fare con gli
algoritmi procedurali messi in memoria necessari al calcolo scritto.
3. La discalculia evolutiva esiste ma, essendo un disturbo neuropsicologico
basale, rientra nelle psicopatologie a genesi organica, con una frequenza
di comparsa fortunatamente rara, che non ha nulla a che fare con quel
20% di bambini che a 8 anni già è segnalato dalla scuola per significative
difficoltà.
DIFFICOLTÀ O DISTURBO?
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26 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 27
Nel panorama degli studi relativi a questo settore, particolare importanza ha as-
sunto la posizione della Temple (1991), alla quale va il merito di aver verificato
l’applicabilità del modello di McCloskey (1985), elaborato dagli studi su pa-
zienti adulti con discalculia acquisita, a soggetti in età evolutiva. La ricerca-
trice porta come esempi chiarificatori tre casi.
Il primo di essi, un ragazzo di undici anni che manifestava un disturbo specifico
nella matematica e riusciva invece bene nelle altre materie scolastiche, è stato de-
scritto dalla Temple come un caso di dislessia per le cifre. Il ragazzo, cioè, pur avendo
capacità di lettura nella norma, manifestava difficoltà nell’acquisizione dei processi
lessicali legati sia alla comprensione sia alla produzione del numero, mentre la strut-
tura del numero (sintassi, ossia valore posizionale delle cifre) era conservata.
Gli altri due ragazzi presentavano disturbi nel sistema di elaborazione del cal-
colo, in particolare nelle procedure e nei fatti aritmetici. Questi sono stati clas-
sificati dalla ricercatrice rispettivamente come discalculia procedurale e
discalculia per i fatti aritmetici.
Grande importanza, comunque, nella descrizione dei diversi profili di discal-
culia, riveste l’analisi degli errori commessi dai bambini.
La raccomandazione condivisa da tutti i ricercatori e i clinici è infatti quella di
individuare il tipo di intervento a partire dagli errori specifici commessi, pri-
vilegiando così un intervento personalizzato, mirato a potenziare le reali diffi-
coltà del soggetto.
In sintesi, in ambito scientifico si tende a distinguere gli errori di calcolo in
quattro categorie: La
raccomandazione
1. errori nel recupero di fatti aritmetici; condivisa da tutti
2. errori nel mantenimento e nel recupero delle procedure; i ricercatori
3. errori nell’applicazione delle procedure; e i clinici è quella
4. difficoltà visuospaziali. di individuare
il tipo
Nella Figura che segue, a titolo esemplificativo, si possono osservare alcuni er- di intervento
rori visuospaziali che determinano a propria volta errori nell’applicazione di a partire
procedure e ovviamente nel risultato del calcolo. dagli errori
specifici
commessi,
privilegiando così
un intervento
personalizzato,
mirato
a potenziare
le reali difficoltà
del soggetto
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 29
In sintesi, il processo che parte dalla valutazione iniziale fino alla programma-
zione dell’intervento di potenziamento è il seguente: la valutazione iniziale
viene attuata attraverso test oggettivi, e consente di individuare una o più aree
carenti nel profilo del bambino in base al principio di discrepanza nel dominio
specifico interessato. Una volta individuata l’area carente, è possibile program-
mare il percorso di potenziamento più adeguato rispetto al profilo funzionale
del bambino, che deve essere specifico, ovvero volto a promuovere l’acquisi- Gli strumenti
zione delle abilità più deboli. Il percorso che si intraprende prevede dunque la descritti hanno
creazione di attività mirate all’acquisizione del livello immediatamente succes- lo scopo
sivo per ciascuna abilità da potenziare. Alla fine del percorso di potenziamento di valutare
è inoltre possibile valutarne l’efficacia attraverso la ripetizione delle prove di varie
valutazione iniziali. componenti
A questo punto appare necessario descrivere quali sono gli strumenti di valu- del calcolo
tazione che consentono di individuare i punti di debolezza del profilo del per verificare
bambino. la presenza
di un eventuale
disturbo
GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE specifico
Gli strumenti che verranno di seguito descritti hanno lo scopo di valutare varie
componenti del calcolo per verificare la presenza di un eventuale disturbo spe-
cifico e non riguardano le prove più tipicamente scolastiche il cui scopo è quello
di valutare il livello di prestazione delle competenze acquisite dal bambino.
Le prove italiane principalmente usate per la valutazione dell’apprendimento
delle abilità matematiche si dividono in due principali categorie.
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▼ Tabella 2 • Confronto tra i quattro più diffusi strumenti di valutazione esistenti in Italia
CONFRONTI DI QUANTITÀ ✔ ✔ ✔ ✔
LETTURA E SCRITTURA ✔ ✔ ✔ ✔
CONTEGGIO ✔
RECUPERO FATTI NUMERICI ✔ ✔ ✔ ✔
CALCOLO MENTALE ✔ ✔ ✔ ✔
CALCOLO SCRITTO ✔ ✔ ✔
ENUMERAZIONE ✔ ✔ ✔
VALORE POSIZIONALE ✔ ✔ ✔
INCOLONNAMENTO ✔
RIPETIZIONE DI NUMERI ✔
COMPRENSIONE SIMBOLI + - x : ✔
Programmi didattici:
• Didattica metacognitiva della matematica – Caponi, Falco, Focchiatti, Cornoldi e Lucangeli
• Esercizi di arricchimento in matematica – Thyer
• Frazioni in pratica – Medeghini e Quaresmini
• Imparare le tabelline – Bortolato
• Nel mondo dei numeri e delle operazioni (6 voll.) – Bozzolo, Alberti e Costa (a cura di)
• La linea dei numeri – Bortolato
• La linea del 20 – Bortolato
• La linea del 100 – Bortolato
• La linea dei 1000 e altri strumenti per il calcolo – Bortolato
• Mate + (2 voll.) – Demattè
• MatematicaImparo (9 voll.) Tasco, Corso e Bertacco
• Nel mondo dei numeri e delle operazioni (6 voll.) – Costa e Colombo Bozzolo
• Recupero e sostegno in matematica – Schminke
• Programma individualizzato di matematica (6 voll.) – Abbott
Programmi di potenziamento:
• Calcolare a mente – Bortolato
• Intelligenza Numerica (4 voll.) – Lucangeli et al.
• Matematica e Metacognizione – Cornoldi, Caponi, Focchiatti, Lucangeli e Todeschini
• Memocalcolo – Poli, Molin, Lucangeli e Cornoldi
• Discalculia trainer – Molin, Poli, Tressoldi e Lucangeli
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▼ Figura 2 • Esempio di attività tratta dalla sezione Qual è il numero maggiore, del
programma Discalculia Trainer
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iniziali, e non ispirata a quanto la ricerca recente afferma, cioè il rispetto del cri-
terio secondo il quale la resistenza al trattamento permette di distinguere una
difficoltà da un disturbo specifico del calcolo.
Senza dubbio il successo dell’intervento (che possiamo correttamente definire
di potenziamento e non di riabilitazione) è stato anche determinato dalla siner-
gia che si è venuta a creare tra scuola, famiglia e specialista nel portare avanti
il lavoro.
Se sia i dati
scientifici
sia quelli PER CONCLUDERE…
istituzionali
convergono Perché così tanti bambini fanno fatica a intelligere i numeri?
nel dare La letteratura scientifica ci avverte: nulla nei processi di base evolve al meglio
lo stesso SOS, se il sistema culturale non accompagna e potenzia il processo stesso.
forse E dunque, alla luce delle osservazioni fatte, come può essere letto l’«SOS - ma-
una riflessione tematica» degli ultimi anni?
più ampia va A partire infatti dalla pubblicazione dei risultati della rilevazione effettuata dal-
fatta insieme, l’OCSE (PISA, 2006) è oramai chiaro il dato secondo il quale l’Italia si trova
ricercatori in una situazione di «emergenza matematica», l’Italia è il Paese con uno dei
e insegnanti punteggi più bassi.
Se dunque sia i dati scientifici sia quelli istituzionali convergono nel dare lo
stesso SOS, forse una riflessione più ampia va fatta insieme, ricercatori e inse-
gnanti.
Crediamo sia questo un imperativo morale per tutti noi.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 35
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 37
SCREENING, INDICATORI
PRECOCI E FATTORI
DI RISCHIO PER I DSA
PREMESSA
1. La definizione di DSA
INTERVENTI
38 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
PP
DC
DA
DSA DA DSA
DC
PP
Questo implica, Le Raccomandazioni per la pratica clinica per i Disturbi Evolutivi Specifici di Ap-
nella realtà prendimento (pubblicate nel 2009) affermano che in linea teorica l’età minima
dei fatti, in cui è possibile effettuare una diagnosi certa dei Disturbi Specifici di Appren-
che solo dimento «coincide con il completamento del secondo anno della scuola prima-
alla fine ria. In questo periodo infatti si completa il ciclo dell’istruzione formale al codice
del secondo scritto e si ha una riduzione significativa dell’elevata variabilità interindividuale
anno di scuola nei tempi di acquisizione della lettura (e quindi una significativa attendibilità
ci si ponga della formulazione diagnostica)». Questo implica, nella realtà dei fatti, che solo
il problema alla fine del secondo anno di scuola ci si ponga il problema della probabile esi-
della probabile stenza di un disturbo e si avviino le procedure di segnalazione alla famiglia ed ai
esistenza servizi sanitari. Di fatto si arriva a una formulazione diagnostica alla fine del terzo
di un disturbo anno di scuola primaria e quindi a un avvio dell’intervento in 4a classe.
e si avviino Nell’esperienza quotidiana di tutti questa è comunque una situazione non sta-
le procedure bilmente raggiunta. In moltissimi casi un primo sospetto di DSA viene for-
di segnalazione mulato tra il terzo e il quarto anno della scuola primaria e ancora troppe volte
alla famiglia al momento del passaggio alla scuola secondaria di primo, ma anche di se-
ed ai servizi condo grado.
sanitari Esistono molti dati di letteratura che dimostrano come la precocità dell’inter-
vento (didattico e riabilitativo) sia un elemento prognostico estremamente si-
gnificativo nella storia dei DSA.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 39
Per formulare progetti che rispondano in modo corretto alla necessità di pre-
venzione dei DSA è necessario porsi il problema di quali possano essere, se esi-
stono, gli indicatori di rischio per la comparsa di un DSA, quali di essi siano
più attendibili e a che età questa attendibilità è tale da rendere «vantaggiosa»
la loro rilevazione. Al momento
Definiamo fattori di rischio «quegli elementi personali o sociali la cui presenza la letteratura
aumenta la probabilità che un individuo manifesti nel tempo un dato disturbo. internazionale
Tali fattori devono pre-esistere alla comparsa del disturbo stesso». Siamo quindi appare
alla ricerca di caratteristiche presenti in età prescolare, o all’inizio dell’età sco- purtroppo
lare, che aumentano il rischio della comparsa di difficoltà di lettura/scrittura/cal- univoca
colo negli anni successivi. Dovrebbe altresì essere dimostrato che la rimozione nel sottolineare
o la riduzione di tali fattori riduce significativamente la probabilità di comparsa l’inadeguatezza
di un DSA. I fattori di rischio individuati, assieme agli eventuali fattori protet- degli strumenti
tivi, dovrebbero quindi essere utilizzabili dagli organismi preposti alla salute a nostra
pubblica per attivare interventi volti alla prevenzione o almeno alla diagnosi disposizione
precoce dei DSA. per individuare
L’ipotesi più favorevole sarebbe l’individuazione di caratteristiche personali pre- indicatori
senti prima dell’ingresso a scuola, che facciano prevedere con una discreta at- di rischio
tendibilità la successiva comparsa di un DSA. attendibili
Al momento la letteratura internazionale appare purtroppo univoca nel sotto- per i singoli
lineare l’inadeguatezza degli strumenti a nostra disposizione per individuare soggetti in età
indicatori di rischio attendibili per i singoli soggetti in età prescolare: la varia- prescolare
bilità di sviluppo individuale e la variabilità dei fattori che sottostanno alla
comparsa di un DSA sono tali da rendere al momento questa strada, anche se
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40 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
interessante sul piano della ricerca, poco efficace dal punto di vista operativo.
Infatti molti bambini che a 4 o 5 anni sembrano acquisire con lentezza quelli
che vengono definiti i prerequisiti per l’apprendimento del codice scritto «re-
cuperano» poi nel corso dell’anno successivo e apprendono a leggere e scrivere
senza difficoltà significative; al contrario una parte dei bambini che sembravano
non essere a rischio sviluppa in seguito un DSA.
Le poche ricerche italiane condotte con metodologie di screening per l’indivi-
duazione del rischio di DSA (e per la sua riduzione) hanno confermato come
sia possibile rintracciare una continuità tra difficoltà di sviluppo (soprattutto
linguistico) nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e difficoltà di apprendi-
mento del codice scritto. Come già emerso dagli studi su altre popolazioni, la
presenza di un numero significativo di falsi positivi e di falsi negativi conferma
la necessità di definire il rischio di DSA come «un’aumentata probabilità di
sviluppare il disturbo» nelle epoche successive piuttosto che come un ricono-
scimento certo dei singoli soggetti destinati a presentare un DSA.
In termini operativi questo significa che i progetti di screening da avviare in
questa fascia d’età devono essere mirati al riconoscimento di gruppi/aree pro-
blematiche piuttosto che singoli soggetti e dare luogo a interventi pedagogici
sull’intero gruppo classe e non sui singoli.
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 41
INTERVENTI
42 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 43
Generali Specifici
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 45
prendimento del codice scritto e che sono ragionevolmente alla base della
sua acquisizione.
Pur essendo consapevoli dell’artificiosità di tale suddivisione, possiamo sud-
dividere i fattori di rischio per un DSA in fattori socio-ambientali e fattori
personali.
Come vedremo, alcuni di questi fattori non sono modificabili: la loro rileva-
zione serve semplicemente ad attivare negli insegnanti un’attenzione partico-
lare a quei gruppi di soggetti. Altri fattori sono invece suscettibili di un
intervento diretto da parte della scuola.
Tra i possibili fattori di rischio socio-ambientale, i dati di letteratura si riferi-
scono soprattutto al livello socio-economico (in particolare alla scolarità dei
genitori) e alla familiarità.
I dati sempre più abbondanti derivati dalla ricerca genetica hanno messo in
luce la rilevanza della familiarità nella genesi del DSA. I bambini nati in fami-
glie nelle quali almeno un membro presenta il disturbo hanno una probabilità
quattro volte maggiore di sviluppare un DSA.
In una concezione multifattoriale della patogenesi dei disturbi di sviluppo l’am-
biente familiare gioca un doppio ruolo di determinante biologico ed ambien-
tale. Il fattore di rischio genetico (probabilmente plurigenico) si somma alla
povertà linguistica e alla ridotta esposizione alla lettura, secondaria al disturbo
presente nei genitori.
Anche l’appartenenza a famiglie di basso livello socio-economico e la bassa
istruzione costituiscono elementi che aumentano fino a dieci volte il rischio di I bambini nati
DSA. Questo dato viene spiegato dal coesistere di fattori genetici e ambientali, in famiglie
che insieme contribuirebbero alla comparsa di un DSA attraverso la riduzione nelle quali
dell’esposizione al codice scritto. almeno
A parità di difficoltà iniziali quindi, un alunno che presenta una familiarità un membro
per DSA o una situazione socio-ambientale sfavorevole va monitorato con par- presenta
ticolare attenzione da parte degli insegnanti e segnalato prima di un alunno che il disturbo
non presenti nessuno di questi fattori di rischio. hanno
L’individuazione dei fattori di rischio personali parte inevitabilmente dalla de- una probabilità
finizione dei meccanismi patogenetici dei DSA. Così molta ricerca è stata con- quattro volte
dotta sul ruolo del processamento fonologico quale fattore di rischio per le maggiore
difficoltà di lettura intese come abilità di decodifica (rapidità e correttezza). Più di sviluppare
contrastanti sono i dati sul valore predittivo di altre competenze, linguistiche e un DSA
non linguistiche. I bambini con disturbo dello sviluppo del linguaggio manife-
stano in più del 50% dei casi un successivo DSA; questa continuità appare pro-
babilmente legata a un’immaturità delle abilità di processamento fonologico
che è presente in molti disturbi specifici di linguaggio nell’ultimo anno della
scuola dell’infanzia, anche quando il disturbo di linguaggio appare risolto.
Per quanto riguarda invece la comprensione della lettura e il controllo generale
dell’uso del codice scritto nelle età superiori, queste competenze appaiono più
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INTERVENTI
46 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
legate alla maturazione delle competenze linguistiche generali che non a quella
del processamento fonologico. Anche in questo caso i soggetti con una storia
di difficoltà linguistiche, anche risolte, devono essere considerati a rischio anche
dopo i primi anni di scuola.
I dati finora raccolti sulla predittività di un ritardo nel primo sviluppo moto-
rio rispetto a successivi DSA (in particolare della scrittura e del calcolo) hanno
dato risultati contrastanti; in ogni caso una difficoltà nell’organizzazione mo-
toria fine e nel grafismo deve essere considerata come un possibile fattore di ri-
schio per i soggetti appartenenti alle famiglie a rischio per DSA.
Accanto agli studi che hanno cercato di individuare i fattori di rischio che pre-
cedono l’apprendimento del codice scritto, altre ricerche hanno indagato la re-
lazione tra le competenze di lettura e questi stessi fattori misurati nel corso dei
primi anni di scolarizzazione. L’affermazione universalmente accettata che non
sia possibile formulare una diagnosi certa di DSA prima di un periodo suffi-
ciente di esposizione all’insegnamento del codice scritto giustifica la ricerca di
fattori di rischio nel periodo di acquisizione dello strumento.
Anche in questo caso le abilità di processamento fonologico si sono rivelate le
più correlate con il livello di controllo del codice scritto; altre variabili come la
memoria a breve termine, il vocabolario e le variabili demografiche sono ap-
parse meno determinanti; la competenza linguistica complessiva, la memoria
visiva, la velocità di percezione e l’esposizione precoce al codice scritto sem-
brano giocare un ruolo di mediatore o di fattore protettivo.
L’affermazione Gli studi longitudinali finora condotti hanno mostrato che un intervento su di
universalmente un fattore di rischio diminuisce la prevalenza del DSA, ma non la annulla; un
accettata intervento sui fattori di rischio riduce l’entità del disturbo di lettura/scrittura,
che non sia ma non lo elimina del tutto.
possibile
formulare
una diagnosi 3. L’efficacia degli screening e i progetti in corso
certa di DSA
prima Lo stato dell’arte in Italia non appare pertanto del tutto incoraggiante: se si
di un periodo considera infatti il dato di previsione epidemiologica che pone tra il 3 e il 5%
sufficiente la prevalenza dei DSA nella popolazione scolastica italiana, i dati attualmente
di esposizione a nostra disposizione sembrano suggerire che i progetti di screening finora at-
all’insegnamento tuati sono in grado di individuare con sufficiente probabilità i bambini con
del codice DSA solo nel corso del secondo anno della scuola primaria e che gli interventi
scritto giustifica attuati nel corso del primo anno di scuola non sembrano ridurre in modo si-
la ricerca di gnificativo la prevalenza dei DSA misurata negli anni successivi.
fattori di rischio Limitare l’individuazione dei soggetti con DSA ai primi due anni di scuola, in-
nel periodo fine, non è esente da limiti. In una lingua a ortografia trasparente come l’ita-
di acquisizione liano è possibile ipotizzare che alcuni soggetti acquisiscano le prime competenze
dello strumento di lettura e scrittura con un ritardo non evidente e che mostrino invece diffi-
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 47
coltà man mano più marcate negli anni successivi, quando le attività di lettura
e scrittura devono essere utilizzate in modo automatico e finalizzate al con-
trollo di contenuti nuovi e sempre più complessi.
Questo commento non deve però essere interpretato come un’indicazione del-
l’inutilità di condurre indagini sui fattori di rischio o screening volti alla pre-
venzione dei DSA in Italia. Al contrario esso deve indurre a pianificare ricerche
longitudinali che prevedano sia un monitoraggio dell’evoluzione spontanea dei
soggetti individuati come a rischio, sia della reale efficacia degli interventi di
prevenzione primaria eventualmente adottati.
In questa direzione va il progetto «Non è mai troppo presto», frutto di una
collaborazione tra AID, FTI ed MIUR.
Utilizzando le esperienze e i risultati acquisiti dall’AID in 5 anni di attività di
screening (circa 10.000 soggetti di I e II anno di scuola primaria), il progetto si
propone di definire e sperimentare un nuovo protocollo di screening, scientifica-
mente attendibile e validato, da utilizzare per promuovere una campagna di scree-
ning da attuarsi in modo omogeneo sul territorio nazionale. L’utilizzo della forma
della ricerca-azione, che coinvolge direttamente le scuole e il corpo docente nella
realizzazione dello screening, è volto a garantire il radicamento dell’esperienza al-
l’interno della scuola e a rendere lo screening uno strumento di lavoro proprio.
Si tratta di un progetto longitudinale che seguirà per 3 anni I’evoluzione delle
competenze di lettura e scrittura di circa 8000 bambini individuati con meto-
dica random dalla popolazione scolastica delle province coinvolte in modo da
essere rappresentativi della realtà nazionale. Il progetto sarà attuato in 15 aree Lo screening
geografiche distribuite nelle diverse Regioni. sarà affiancato
La realizzazione del progetto in forma longitudinale permetterà di misurare e da una
di raffinare la sensibilità e specificità degli strumenti utilizzati in modo da ri- formazione
durre al minimo la percentuale di falsi positivi (bambini che appaiono a ri- del personale
schio, ma non hanno un DSA) e di falsi negativi (bambini che non appaiono docente che
a rischio, ma svilupperanno un DSA). accompagnerà
Lo screening sarà condotto dagli insegnanti delle scuole coinvolte, opportuna- l’intero corso
mente formati e supervisionati da uno o più referenti locali del progetto, con il del progetto
coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali e la partecipazione e da incontri di
dei servizi di NPI. in/formazione
Lo screening sarà affiancato da una formazione del personale docente che accom- per i genitori.
pagnerà l’intero corso del progetto e da incontri di in/formazione per i genitori. Il progetto
Il progetto ha avuto inizio nel settembre 2009 e terminerà a luglio 2012. ha avuto inizio
Le attività di screening si svolgeranno al termine della prima, della seconda e nel settembre
della terza classe della scuola primaria. A metà della seconda e della terza ver- 2009
ranno monitorati i bambini risultati in difficoltà nelle fasi di screening. e terminerà
La formazione agli insegnanti affiancherà, a una formazione teorica sull’ap- a luglio 2012
prendimento del codice scritto e sui DSA, una formazione operativa attraverso
la lettura dei dati raccolti e la discussione di modalità didattiche adeguate.
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INTERVENTI
48 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
CONCLUSIONI
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 49
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 51
DISLESSIA, DISGRAFIA
E DIDATTICA INCLUSIVA*
«Nel mio piccolo mondo da dislessica mi sono ritagliata una
pagina di storia, da quando ho saputo che il mio modo di
scrivere e di leggere non era ignoranza. Mi sento meglio e ho
acquisito fiducia in me stessa e nelle belle cose che quella
caratteristica mi ha portato a fare» (Caterina I., 2008)1.
INTERVENTI
52 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Per tale motivo, chi si trovi impossibilitato ad assumere pienamente tale com-
petenza può sentirsi fortemente svantaggiato nei confronti del resto della so-
cietà, in quanto non è in grado di decodificare messaggi che lo circondano
ovunque. In misura ancor maggiore, più modernamente, con l’avvento delle
nuove tecnologie, che pur usufruendo di una multimedialità sempre più
avanzata, hanno nella lingua scritta il mezzo privilegiato per accedervi, le dif-
ficoltà nella letto-scrittura possono creare ulteriore impedimento all’accesso
alle informazioni. Un disturbo, quindi, che in società non alfabetizzate può
essere del tutto ignorato, diventa, oggi, una disabilità che può portare il sog-
getto a sentirsi gravemente svantaggiato nei confronti delle richieste della
scuola prima e della società poi. Vi è infatti una percentuale di bambini per
cui l’apprendimento della lettura e della scrittura diviene una vera e propria
barriera, un ostacolo che preclude la strada al futuro apprendimento; sono
bambini intelligenti che improvvisamente si bloccano di fronte alla richiesta
di leggere, per cui i loro coetanei non mostrano difficoltà, ma che per essi di-
viene eccessivamente complicata. Sono i bambini dislessici, come Caterina,
che ricorda così la sua travagliata vicenda scolastica: «Ricordo che la mia dif-
ficoltà a leggere, a ricordare le tabelline, le poesie, le date ecc. mi ha distrutto
la vita perché facevo il doppio del lavoro e dovevo sempre dimostrare a tutti
che non ero tonta»3.
Una stima della presenza statistica del problema non è semplice. Fonti autore-
voli indicano una forbice molto vasta dall’ 1,5% al 10%4 e questa ampiezza in-
Vi è una dica da un lato la difficoltà di pervenire alla corretta diagnosi e dall’altro la
percentuale tendenza a sminuire il problema. Ma cosa significa essere dislessici? Oggi, i cri-
di bambini teri di classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Ameri-
per cui can Psychiatric Association rappresentano, senza dubbio, i due parametri di
l’apprendimento riferimento più accreditati e qualificati. La Classificazione internazionale delle
della lettura sindromi e dei disturbi comportamentali, meglio conosciuta come ICD-10, di cui
e della scrittura si occupa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, parlando di «Disturbi evo-
diviene una vera lutivi specifici delle abilità scolastiche» afferma: «I disturbi evolutivi specifici
e propria delle abilità scolastiche comprendono gruppi di condizioni morbose che si ma-
barriera, nifestano con specifiche compromissioni dell’apprendimento delle abilità sco-
un ostacolo lastiche. Queste compromissioni nell’apprendimento non sono il risultato
che preclude diretto di altre patologie (come il ritardo mentale, grossolani deficit neurolo-
la strada gici, gravi problemi uditivi o visivi non corretti, disturbi emotivi), sebbene essi
al futuro possano manifestarsi contemporaneamente a tali ultime condizioni». Frequen-
apprendimento temente i disturbi in questione si presentano insieme ad altre sindromi cineti-
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 53
INTERVENTI
54 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 55
i bambini passino da una totale ignoranza dei rapporti tra linguaggio orale e
linguaggio scritto all’automatizzazione dei processi di lettura. Di seguito si in-
dica uno dei modelli più noti, oltre a quello, notissimo, di Uta Frith12. Se-
condo Ehri13 il processo di apprendimento della lettura nel bambino avviene
in 5 fasi:
1. lettura per indici incisivi: strategia di decodifica adottata dal bambino non
lettore, che riconosce le parole tramite indici visivi salienti, che, però, non
sono mai associati al suono;
2. conoscenza dell’alfabeto: momento iniziale del processo di lettura, che corri-
sponde alla conoscenza del materiale indispensabile alla realizzazione del
compito;
3. lettura per indici fonetici: è la lettura del lettore principiante, che non cono-
sce ancora del tutto le regole di conversione suono-segno e non sa ancora pa-
droneggiare l’intera sequenza fonemica;
4. lettura per decodifica fonologica: il bambino inizia a padroneggiare i processi
di conversione segno-suono, sa mantenere in memoria la corretta sequenza
di fonemi e fonderli fra loro;
5. lettura ortografica: avviene grazie a un amalgama di processi fonologici, vi-
sivi, semantici.
12. U. Frith, Beneath the surface of developmental dyslexia, in K.E. Patterson et al., Surface Dy-
slexia, Routledge & Kegan, London 1985, pp. 301-330. La studiosa individua quattro fasi tra
loro indipendenti che caratterizzano il processo di apprendimento della lettura, denominate:
stadio logografico, stadio alfabetico, stadio ortografico, stadio lessicale.
13. L.C. Ehri, Reconceptualizing the development of sight word reading and its relationship to re-
coding, in P.B. Gough – L.C. Ehri – R. Treiman (eds.), Reading acquisition, Hillsdale, LEA 1992,
pp. 107-143.
14. G. Stella – A. Biancardi, Le difficoltà di lettura e scrittura. Strategie per il recupero nel 1° ciclo
della scuola elementare, Omega, Torino 1994, p. 28.
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INTERVENTI
56 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
cificatamente sulla storia scolastica del bambino. Fra i bocciati vi sono, infatti,
soggetti con QI superiore alla media, mentre fra i non bocciati ve ne sono con
QI inferiore, così come si trovano ugualmente rappresentate famiglie di buono,
medio, o basso livello culturale.
La forte concentrazione di bocciature nel periodo della scuola media confer-
merebbe l’importanza di una sincronia che il disturbo avrebbe con le tappe
della scolarizzazione: il raggiungimento delle abilità di letto-scrittura deve av-
venire entro la fine delle scuole elementari, per consentire il loro uso per altri
scopi cognitivi. Ma le bocciature nella scuola media potrebbero anche indi-
care un livello di intolleranza nel sistema scolastico, già dagli anni immedia-
tamente successivi alla scuola elementare. I dislessici, quindi, pur essendo
molto dotati intellettualmente, avrebbero più probabilità di incorrere in in-
successi scolastici, già dalle prime fasi della scolarizzazione, e di andare incon-
tro all’abbandono scolastico al termine della scolarità obbligatoria, o
comunque nei primi anni delle scuole superiori. Ma proprio perché il bam-
bino dislessico è anche un bambino intelligente, è importante ricordare che
l’acquisizione dei contenuti non gli è preclusa; dunque le sue difficoltà di let-
tura dovrebbero essere compensate da strategie che lo aiutino nello studio,
senza dover ricorrere necessariamente a elevate capacità di lettura. Anche
quando queste siano gravemente compromesse, non va dimenticato che il
bambino è in grado di apprendere.
Per il bambino dislessico, l’impatto iniziale con la lingua scritta è molto dif-
I dislessici, ficile, poiché la semplice lettura di una parola, in realtà, è la risultante di tante
pur essendo singole attività che devono essere affrontate simultaneamente, che vanno dal-
molto dotati l’identificazione delle lettere, al riconoscimento del loro valore sonoro, al man-
intellettualmente, tenimento della sequenza di prestazione, alla rappresentazione fonologica delle
avrebbero parole, al coinvolgimento del lessico per il riconoscimento del significato. È
più probabilità importante che il bambino si senta protagonista di piccoli successi, soprat-
di incorrere tutto all’inizio, per non provocare frustrazioni che possono inibire il suo fu-
in insuccessi turo apprendimento; tutto ciò può essere possibile ponendosi piccoli obiettivi
scolastici, realizzabili. Se ogni volta che un bambino si avvicina alla lettura o alla scrit-
già dalle prime tura deve affrontare compiti troppo difficili per lui, molto probabilmente ini-
fasi della zierà a rifiutare qualsiasi tipo di compito gli venga proposto a scuola. Per
scolarizzazione, questo l’esercizio quotidiano va sviluppato in piccole attività che il bambino
e di andare può svolgere almeno in parte; anche un minimo successo favorirà l’impegno
incontro per le attività future.
all’abbandono Per rendere l’inizio della vita scolastica accettabile per un bambino dislessico
scolastico sono quindi necessari la flessibilità nelle proposte didattiche, il successo e le
al termine gratificazioni, la finalizzazione delle attività. Nelle prime fasi dell’apprendi-
della scolarità mento è poi importante poter sempre contare sulla disponibilità di un adulto
obbligatoria preparato, competente, che sappia lavorare con i disturbi di apprendimento,
che sappia evitare sia un eccesso di frustrazioni, sia un eccesso di tolleranza.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 57
Un adulto che sappia proporre attività diverse dalla lunga e noiosa ripetizione
del testo scritto, attività quali giochi al computer, riconoscimento di lettere in
contesti non convenzionali.
Secondo Stella15, i soggetti dislessici, nell’apprendimento della lingua scritta, se-
guirebbero alcune fasi durante la scuola dell’obbligo:
INTERVENTI
58 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
16. R. Iozzino – S. Campi – C. Paolucci Polidori, Validità predittiva per la diagnosi di difficoltà
di lettura e scrittura in prima elementare del livello di consapevolezza fonemica rilevato nel corso del-
l’ultimo anno di scuola materna, in «I care», 2004, pp. 2-5.
17. Ibidem.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 59
trovato che la misura della consapevolezza fonemica all’inizio della scuola ele-
mentare è un buon indice predittivo delle difficoltà di lettura e scrittura nelle
prime classi della scolarizzazione di base. Perciò lavorare sull’aspetto metafono-
logico già a partire dalla scuola dell’infanzia potrebbe essere utile a prevenire
eventuali difficoltà future.
Durante la scuola dell’infanzia è possibile individuare la presenza di situa-
zioni problematiche che si evidenziano in difficoltà di organizzazione e in-
tegrazione spazio-temporale, difficoltà di memorizzazione, lacune percettive,
difficoltà di linguaggio verbale. Un’accurata attenzione ai processi di ap-
prendimento dei bambini permette di individuare precocemente eventuali
situazioni a rischio. Perciò diviene fondamentale l’osservazione sistematica
portata avanti con estrema competenza dai docenti, che dovrebbero accer-
tare in itinere abilità quali le capacità percettive, motorie, linguistiche, at-
tentive e mnemoniche18.
Nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia la graduale conquista di abilità di
simbolizzazione sempre più staccate dal contesto permette ai docenti di pro-
porre esercizi-gioco mirati allo sviluppo di competenze necessarie a un succes-
sivo approccio alla lingua scritta. Queste attività dovrebbero essere proposte
all’interno di un clima sereno, tenendo conto dei limitati tempi di attenzione
dei bambini e senza togliere spazio ai momenti di gioco e di ricerca; solo in que-
sto modo, infatti, è possibile garantire la piena partecipazione di tutti. Al tempo
stesso i docenti avrebbero la possibilità di intraprendere insieme agli alunni un
percorso di insegnamento-apprendimento all’interno del quale l’osservazione Durante la scuola
sistematica offrirà costantemente la possibilità di conoscere, in ogni momento, dell’infanzia
la situazione socio-affettiva e cognitiva di ciascun alunno. La graduale conqui- è possibile
sta delle capacità motorie, percettive, linguistiche, mnemoniche e attentive individuare
procede parallelamente al processo di concettualizzazione della lingua scritta; la presenza
infatti la percezione visiva e uditiva, l’orientamento e l’integrazione spazio- di situazioni
temporale, la coordinazione oculo-manuale rappresentano competenze che si problematiche
intrecciano con una buona disponibilità ad apprendere e con il clima culturale che si
che ha nella scrittura il sistema simbolico più rilevante. evidenziano
All’inizio della scuola elementare la prevenzione delle difficoltà di apprendi- in difficoltà di
mento rappresenta uno degli obiettivi più importanti della continuità educa- organizzazione
tiva, che si deve realizzare attraverso uno scambio conoscitivo tra la famiglia, i e integrazione
docenti della scuola dell’infanzia e i docenti della scuola elementare. In questo spazio-temporale,
modo è possibile che questi ultimi ottengano elementi pre-conoscitivi, che sa- difficoltà di
ranno poi integrati nel periodo della scuola elementare. Infatti, solo da una memorizzazione,
conoscenza approfondita degli alunni il team docente potrà programmare le at- lacune
percettive,
difficoltà
18. M. Pratelli, Le difficoltà di apprendimento e la dislessia. Diagnosi, prevenzione, terapia e con- di linguaggio
sulenza nella famiglia, Junior, Bergamo 2004, pp. 129-134. verbale
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INTERVENTI
60 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 61
Secondo Piaget, ai principi esposti più sopra, per l’apprendimento della scrit-
tura, si deve aggiungere la necessità di superare i limiti dell’egocentrismo per-
cettivo20. L’egocentrismo, come dice il suo nome, è una condizione psichica
che implica un centramento assoluto sull’Io. L’egocentrismo percettivo, ma
– in generale – ogni forma di egocentrismo, è un atteggiamento psichico ca-
ratterizzato dall’assenza di una distinzione fra il sentimento personale e la
realtà oggettiva. Ciò che vale per se stessi vale per tutti. Nella percezione spa-
ziale della realtà, da parte di un bambino, ciò significa che egli ritiene il suo
punto di vista l’unico valido. Un oggetto può essere visto vicino, lontano, in
alto, in basso, di qua o di là, ma il punto di riferimento è sempre quello di
chi parla, il proprio io.
Una prova sperimentale molto nota (che chiarisce quanto è stato detto) è quella
offerta da Piaget: partendo da un disegno che rappresenta una persona che sta
fotografando tre piramidi o cumuli (di sabbia o altro), si chiede al bambino:
«come si vedrà la fotografia: sarà a, b, c, d, oppure e?» (Figura 1).
Tenendo presente la posizione del fotografo, la scelta dovrebbe cadere sulla
figura «c». Questa è la posizione di chi è capace di porsi in situazioni spaziali
diverse da chi guarda solo centralmente; un bambino, invece, ancora im-
merso in un punto di vista egocentrico, trova difficoltà a scegliere una figura Secondo
fuori dal suo stretto punto di vista. Uscire dall’egocentrismo, quindi, vuol Piaget, per
dire essere capaci di vedere la realtà (non solo quella spaziale, ma anche una l’apprendimento
realtà mentale, linguistica o di altro tipo) da più punti di vista, comunque di- della scrittura,
versi dal proprio. si deve
aggiungere
la necessità
19. Il termine prattognosia è un neologismo in uso da diversi anni ed è stato adottato per prima di superare
dalla moderna neuropsicologia per indicare e descrivere la conoscenza (gnosìa, dal greco gnòsis) di i limiti dello
movimenti coordinati (prassie, dal greco pràxis, ossia «azione») teleologici e pragmatici. Si tratta di egocentrismo
movimenti sia globali sia segmentari del corpo (detti anche convenzionalmente «fini»), come quelli
della mano o delle dita, che però implicano un continuo coordinamento oculo-manuale e sono percettivo.
basati sulla capacità di recuperare gli scarti anche minimi attraverso un feedback percettivo e mo- L’egocentrismo,
torio. Il movimento prattognosico riceve particolare caratterizzazione dallo schema piagetiano come dice il suo
dell’accomodamento, ossia durante la regolazione del movimento dell’arto nel portare a compi- nome, è una
mento un atto volontario e finalizzato. II campo della prattognosia è piuttosto vasto: per gli in-
teressi della psicopedagogia esso viene delimitato sia dall’attività di apprendimento grafico e, in condizione
generale, da ogni grafismo prodotto volontariamente, sia dalle ricerche sulle difficoltà connesse o psichica
derivate da tale attività. A questo punto è chiaro che il termine «prattognosia» include e sovente che implica
coincide con i problemi relativi ai disturbi che possono derivare dalle difficoltà sia di riprodurre
un centramento
graficamente segni, tratti, rapporti spaziali elementari, sia di iniziare l’apprendimento della scrit-
tura. Cfr. L. Trisciuzzi, Percezione dello spazio e apprendimento, in «Scuola e città», 9, 1972. assoluto sull’Io
20. J. Piaget – B. Inhelder, La répresentation de l’espace chez l’enfant, PUF, Paris 1948.
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Per quanto riguarda la conoscenza dello spazio fisico, chi è fuori dal mondo ego-
centrico definisce una figura geometrica – un rettangolo per esempio – un paral-
lelogramma, ossia una figura avente i lati a due a due paralleli e della medesima
lunghezza. Ma un bambino ancora condizionato dall’egocentrismo vede nel ret-
tangolo solo una figura chiusa e se la riproduce accentua la chiusura e tralascia il
parallelismo, gli angoli e la proporzionalità tra i lati. Le intuizioni euclidee, in-
vece, che concernono rette, angoli, superfici e volumi, sono state una conquista
della geometria e sono apparse per lungo tempo la base delle nozioni che hanno
La conoscenza caratterizzato la conoscenza «misurata» dello spazio. La conoscenza spaziale del
spaziale bambino ha leggi più egocentriche, come: l’inclusione, la chiusura, la vicinanza,
del bambino la lontananza, la separazione, la somiglianza, la direzione e la regolarità. Queste
ha leggi più leggi implicano un rapporto spaziale che viene definito «topologico».
egocentriche, Secondo la geometria euclidea, un quadrato è una figura che racchiude una
come: superficie piana entro quattro lati di uguale misura formanti quattro angoli di
l’inclusione, 90°. Secondo un rapporto spaziale di tipo topologico, un quadrato è soltanto
la chiusura, una figura chiusa. La sua grandezza dipenderà dalle dimensioni della figura
la vicinanza, geometrica che ha vicino e per lo stesso motivo verranno valutate la vicinanza
la lontananza, o la lontananza. Per un bambino, gli oggetti possono essere in alto o in basso,
la separazione, a destra o a sinistra, vicini o lontani, ma il punto di riferimento rimane sem-
la somiglianza, pre incentrato sul proprio io vedente o percipiente. È questo un modo di per-
la direzione cepire cose e situazioni che condiziona il bambino sia durante il periodo del
e la regolarità. massimo egocentrismo (fino ai 5 anni), sia anche dopo, almeno fino ai 10 anni,
Queste leggi e va riducendosi a mano a mano che la stessa conoscenza cambia aspetto, as-
implicano sumendo carattere meno egocentrico e soggettivo. Il bambino può compren-
un rapporto dere i punti di vista altrui, ma gli riesce difficile staccarsi dai propri. Il bambino
spaziale che si distaccherà da questa prospettiva egocentrica a mano a mano che l’esperienza
viene definito oggettiva integrerà gradualmente quella soggettiva. Solo allora la percezione
«topologico» perderà la rigidità strutturale e assumerà carattere di relatività. Le cose perce-
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pite potranno essere considerate come aventi forme proprie e rapporti tra di
loro. L’esistenza e la persistenza di questo egocentrismo nella percezione del
bambino spiegano perché i primi rapporti spaziali che il bambino comprende
sono quelli che vengono definiti topologici. Secondo le ricerche in atto, i rap-
porti euclidei vengono compresi completamente soltanto verso i 7 anni.
Dagli studi e ricerche sulla percezione, che nel secolo scorso si sono affidati
principalmente alla «teoria della forma» o Gestalttheorie, è risultato che esiste
un forte divario tra la percezione visiva di una figura e la capacità prassica di
copiarla. Nella scuola il problema assume particolare importanza. Con buona
pace degli associazionisti, aveva ragione Decroly quando asseriva che con il suo
metodo – legato alla percezione formale della figura (anche una parola è una
figura, secondo Decroly) – un bambino poteva essere iniziato alla scrittura co-
piando la parola. La rivoluzione decrolyana – il suo metodo veniva definito
globale – era centrata sulla psicologia della forma, a sua volta nata in opposi-
zione all’associazionismo.
L’implicazione didattica, derivante dalla capacità di percepire i due livelli per-
cettivi, topologico ed euclideo, riguarda principalmente l’apprendimento della
scrittura e della lettura. Stimolato da tanti segni culturali, quali possono essere
le numerose scritte (indicazioni stradali, uffici, negozi, giornali, cinema ecc.)
che lo circondano, lo scolaro è sollecitato a decifrare i segni di un linguaggio
nuovo per lui che si va ad aggiungere a quello parlato. Dal punto di vista della
percezione che ci interessa in modo specifico – uscendo per un momento dal
problema della dislessia –, l’apprendimento della lettura e della scrittura pre- Dagli studi
senta problemi particolari. Si è visto in precedenza che nello sviluppo psichico e ricerche sulla
la percezione dei rapporti topologici (soggettivi) precede quella dei rapporti percezione,
euclidei (oggettivi): appare, quindi, importante verificare quale dei caratteri che nel secolo
grafici abitualmente impiegati nella scuola (stampatello o corsivo) sia il più scorso si sono
percettibile, ossia fondato più sui rapporti topologici che su quelli euclidei. affidati
Alcune ricerche sperimentali21 hanno dato una risposta a questo interrogativo: principalmente
è lo stampatello (e preferibilmente quello maiuscolo) il carattere tipografico alla «teoria
che presenta la migliore percettibilità. Vediamo i motivi: una parola, per esem- della forma» o
pio: BRAVO, si presenta con i seguenti caratteri topologici: Gestalttheorie,
è risultato
• le lettere sono vicine, ma separate una dall’altra; che esiste
• sono formate da elementi aperti (V), parzialmente chiusi (A, R) o chiusi (B, un forte divario
O). La stessa parola scritta in corsivo – bravo – risulta formata da elementi tra la
che si intersecano uno nell’altro, per cui la parola appare come una struttura percezione
unica, senza divisioni. Dove comincia e dove termina la a, e dove la v? Dal visiva
punto di vista percettivo, la stessa parola, scritta in corsivo, assume caratteri di una figura
e la capacità
21. L. Trisciuzzi, Percezione dello spazio e apprendimento della scrittura, in Cibernetica e appren- prassica
dimento, Lisciani & Giunti, Teramo 1974. di copiarla
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A questi fattori si aggiunge una percezione dello spazio a livello euclideo o per-
Si può lomeno un livello percettivo che sta superando quello topologico. Va da sé che
affermare che, il superamento dell’egocentrismo e della percezione topologica non passa sol-
a parte casi tanto attraverso gli esercizi. Per quanto concerne la scelta didattica, questa do-
gravi, vrebbe basarsi su un tipo di grafia che possa adeguarsi sia al livello percettivo
la struttura dello scolaro, sia alle sue capacità motorie. Poiché l’apprendimento della lettura
mentale consiste in un atto d’intelligenza, mentre i segni grafici sono da considerare
di uno scolaro soltanto dei mezzi o strumenti per raggiungere tale scopo, non dovrebbero es-
seienne serci remore o difficoltà nell’impiego dello stampatello a scuola.
è capace Nella scuola italiana il metodo globale che Decroly derivò – come è stato detto
di svolgere in precedenza – dalla teoria della Gestalt si impose rapidamente negli anni
un processo Quaranta del secolo scorso, subito dopo la fine della seconda guerra mon-
così diale. Il motivo della rapida scelta da parte degli insegnanti era dovuto sia al
tipicamente rifiuto dei metodi autoritari che gravavano anche nella formazione dei mae-
sociale ed è un stri e delle maestre, sia alla lunga parentesi in cui le conoscenze psicopedago-
dato acquisito giche erano state neglette e sostituite da impostazioni politiche. Nello stesso
nel patrimonio tempo – e per le stesse ragioni – venivano meno i libri di testo governativi
genetico (libro di lettura e sussidiario), per cui gli insegnanti dovettero optare per una
della cultura scelta culturale diversa da quella imposta in precedenza dal partito al governo.
occidentale In tale situazione di emergenza, il metodo decrolyano fondato sui nuovi cen-
tri d’interesse trovò la sua naturale collocazione.
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È possibile e utile impiegare una prova per rendersi conto, ai fini didattici, a
quale livello di capacità percettiva – topologica o euclidea – si trovano gli alunni
all’inizio dell’apprendimento della lettura-scrittura. Si tratta delle figure di Ben-
der. Questa prova assicura la possibilità di conoscere la capacità di coordina-
mento oculo-manuale del bambino e quindi di conoscere l’organizzazione
spaziale del bambino, ossia il suo livello topologico, permettendo sia di preve-
dere eventuali future difficoltà scolastiche, sia di prevenire futuri fallimenti. La
conoscenza torna particolarmente utile nei casi, non rari, in cui un bambino
inizia l’attività scolastica quando le sue capacità di coordinamento oculo-mo-
torio e prassiche o prattognosiche non sono ancora del tutto idonee ad affron-
tare un apprendimento complesso come quello della lettura e ancor più della
scrittura (in modo specifico se si inizia subito con il corsivo).
Quelle che vengono abitualmente chiamate le «figure di Bender» sono una
serie di figure sperimentali prodotte dal «padre» della teoria della Gestalt, Max
Wertheimer. Successivamente sono state riprese dalla psichiatra americana Lau-
retta Bender negli anni Trenta del secolo scorso come prove di carattere medico
(Figura 2). Utilizzando nove figure, la Bender sottopose alla prova adulti e
bambini, sia normali, sia insufficienti mentali o con turbe di personalità, al
fine di evidenziare i caratteri di alcune malattie mentali, come la paranoia e la
schizofrenia. Bender chiamò questa prova «Visual Motor Gestalt Test».
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Al di là dell’esito sui malati mentali, che fu del tutto negativo per gli scopi che
la prova si prefiggeva, i rilievi della Bender hanno messo in luce l’esistenza di
una immaturità percettivo-motoria che può essere naturale, come pure pato-
logica. In altre parole, sono considerate naturali le incapacità di riprodurre le
figure fino a una certa età, ossia se rientrano nello sviluppo del bambino, men-
tre, se vengono rilevate in età in cui l’egocentrismo spaziale è da ritenersi con-
cluso, rientrano nei quadri delle alterazioni o delle patologie. La prova offre
l’opportunità di mettere in evidenza il livello della percezione e della rappre-
sentazione sul piano grafico di ciascun individuo. Esaminando i bambini che
devono iniziare l’apprendimento della scrittura è possibile stabilire se l’organiz-
zazione prattognosica è ancora a livello topologico oppure se si avvia a essere
di livello euclideo. Tra i diversi sistemi di verifica, si è preferito distinguere
quattro livelli strutturali, distinguendo nella riproduzione dei bambini:
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 67
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68 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Il bambino che inizia l’apprendimento della scrittura, ossia che comincia a scri-
vere, usa sovente il corsivo perché così gli viene imposto o perché trova il cor-
sivo nei libri di testo, non perché il corsivo sia il carattere grafico più vicino alla
sua manualità o alla sua percezione visiva. Per una scelta tradizionale, legata
probabilmente alla scrittura amanuense, l’uso del corsivo ha una ragione sto-
rica, non pratica o didattica, poiché non è un carattere grafico spontaneo o più
immediato, in senso percettivo. I romani usavano, non a caso, il lapidario, che
è lo stampatello maiuscolo. Lo scolaro scrive o copia le parole in corsivo per-
ché queste gli vengono presentate in carattere corsivo.
L’uso del metodo globale decrolyano, se risolve molti problemi sia nell’ap-
prendimento sia nell’insegnamento della scrittura, comporta tuttavia una tra-
scrizione grafica didatticamente poco evoluta, in quanto l’alunno apprende la
scrittura copiando la parola come fosse un disegno. Non c’è alcuna intenzione
né ragione di attaccare criticamente il metodo globale. Questo metodo ri-
mane fondamentale per diversi motivi, storici, psicologici e didattici. A parte
i grandi meriti, il globalismo, però, porta in sé due aspetti non positivi: uno
concerne il tipo di scrittura (quando la scrittura è in corsivo), comportando
un apprendimento che appare inizialmente una attività di copiatura o di ri-
produzione della parola, senza che il bambino abbia alcuna coscienza della
distinzione tra le lettere che compongono la parola da scrivere. Da ciò deriva
una manualità (come coordinazione oculo-motoria) alquanto irregolare,
scomposta e scadente, dal punto di vista della forma grafica, definita abitual-
L’uso mente a «zampe di gallina». Il secondo aspetto riguarda la precocità dell’ap-
del metodo prendimento della scrittura che è tipico del metodo globale. Questo aspetto
globale se è positivo per taluni (o forse per una parte degli scolari) per altri può essere
decrolyano particolarmente dannoso, al punto da comportare gravi effetti sul piano della
comporta una socializzazione in scolari che non riescono a svolgere l’apprendimento della
trascrizione scrittura nel medesimo tempo degli altri.
grafica Pertanto, la conoscenza di un ritardo di maturazione delle prassie, da un lato,
didatticamente e l’impiego di un metodo, dall’altro, che pur rimanendo sul piano del globale
poco evoluta, decrolyano è tuttavia anche fruibile da chi non ha raggiunto la capacità di svol-
in quanto
l’alunno tare il bambino, molto più facilmente, a scrivere più in piccolo e a rispettare maggiormente le
apprende proporzioni. Più avanti nel tempo, quando l’allievo ha concettualizzato l’apprendimento della
la scrittura scrittura, il passaggio dallo stampatello maiuscolo a quello minuscolo avviene senza difficoltà.
L’impiego dello stampatello minuscolo come passaggio intermedio tra la scrittura «script» e il cor-
copiando
sivo non è privo di fondamento didattico. La differenziazione tra corsivo e stampatello si deter-
la parola mina quando, volendo scrivere in fretta lo stampatello, sorge a un certo momento l’esigenza di
come fosse non staccare la penna dal foglio dopo ogni lettera e di collegare dunque con un trattino la fine
un disegno di ogni lettera con l’inizio della successiva, cercando anche di dare ai movimenti un andamento
il più possibile continuo. È proprio facendo presente questa esigenza che si può condurre un
bambino a «derivare» dallo stampatello minuscolo, che già conosce, il corsivo che non possiede
ancora, a comprendere la ragione dell’esistenza di questi due modi di scrivere e delle diversità
esistenti tra la forma delle lettere in stampatello e quella delle corrispondenti lettere in corsivo.
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• velocità;
• accuratezza nel processo di decodifica;
• comprensione del testo.
Sull’ultimo parametro non c’è accordo tra gli studiosi. Mentre alcuni infatti (tra Bisogna
cui coloro che afferiscono all’American Dyslexia Association) considerano di- lasciare
slessico un bambino caratterizzato da difficoltà nel leggere e nello scrivere in al bambino
modo fluente e accurato le parole, indipendentemente dalla capacità di com- il tempo
prendere il significato del testo scritto, altri autori sono del parere che esista un di superare
disturbo specifico di comprensione in presenza o meno del disturbo di deco- la fase dello
difica del testo, e in assenza, inoltre, di disturbo del linguaggio o di svantaggio egocentrismo
linguistico in generale25. percettivo – ciò
La Consensus Conference26 sulla dislessia in Italia invece accoglie l’invito a significa che
considerare il disturbo di comprensione come un possibile DSA, tuttavia insi- una diagnosi
ste sulla necessità di studiarne meglio le caratteristiche, approfondendo le ri- di DSA non può
essere
effettuata
24. L. Trisciuzzi – T. Zappaterra, op. cit., pp. 71-79. prima dei sette
25. B. Carretti – C. Cornoldi – R. De Beni, Il disturbo specifico di comprensione del testo, in S.
Vicari – M.C. Caselli (a cura di), I disturbi dello sviluppo, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 169- anni di età
190. del bambino
26. La Consensus Conference. Disturbi evolutivi specifici di apprendimento è un documento stilato
e approvato a Montecatini Terme il 22 e 23 luglio 2006 e a Milano il 26 gennaio 2007 dall’As-
sociazione Italiana Dislessia e da numerose società scientifiche e associazioni di ambito interdi-
sciplinare sul tema dei DSA. Tale documento è oggi considerato dalla comunità scientifica
italiana un importante punto di riferimento per conoscere e affrontare i DSA.
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un legame naturale con la produzione verbale: infatti, mentre i fonemi sono co-
struzioni mentali «discrete»29 effettuate sul continuum del parlato, la sillaba
tende a coincidere con la realtà dei singoli atti articolatori ed è quindi molto
più facilmente identificabile. Può essere quindi individuata e utilizzata facil-
mente anche dal bambino della scuola dell’infanzia. Si tratta di un approccio
in linea con i dettami di una didattica di tipo decrolyano.
Emiliani e Partesana propongono il seguente esercizio di sintesi sillabica, la
«Tombola di Immagini»: ricostruire una parola a partire dalla sequenza delle sue
sillabe, pronunciate al ritmo di 1 sillaba ogni 2 secondi dal conduttore. Si pre-
parano 2 mazzi contenenti le stesse carte immagini (bi-tri o quadrisillabe). Il
primo si dà ai bambini, dal secondo il conduttore pesca la carta e pronuncia
sillabando il nome della figura. Chi riconosce tra le proprie la figura corrispon-
dente vince la carta. Con l’allenamento i bambini sono in grado di indovinare
la parola a pezzetti anche senza il supporto delle immagini, basandosi sulla sola
informazione sonora.
Un ulteriore esercizio da proporre alla scuola dell’infanzia in forma di gioco ri-
guarda il riconoscimento di sillaba iniziale, finale, intermedia: si raggruppano
parole che iniziano, finiscono con la stessa sillaba «Parte un bastimento carico
di…», si chiede al bambino, proponendo diverse immagini e pronunciando
solo la sillaba iniziale: «Quale di queste parole stavo per dire? Si possono for-
mare treni di parole dove la sillaba finale della prima costituisce quella finale
della seconda. Si possono proporre inoltre giochi fonologici per il riconosci-
mento e la produzione di rime, oppure memory, tombole, domino con imma- Mentre
gini e sillabe da associare30. i fonemi sono
Si dovrà poi in un secondo tempo passare al lavoro di tipo fonologico. I pro- costruzioni
cessi di consapevolezza fonologica vengono acquisiti in modo sequenziale e, mentali
secondo Ziegler e Goswami, si strutturano in livelli gerarchici di competenza «discrete»
nel modo seguente31: effettuate
sul continuum
• livello della parola: indica la capacità del soggetto di identificare singole pa- del parlato,
role all’interno della frase; la sillaba tende
• livello della struttura delle sillabe: indica la capacità del soggetto di identifi- a coincidere
care parti della parola (principalmente consonante-vocale, vocale-conso- con la realtà
nante e, più raramente, vocale); dei singoli atti
• livello dei suoni iniziali e finali della parola: indica la capacità, per esempio, articolatori
di riconoscere la rima; ed è quindi
molto più
facilmente
29. M. Nespor, Fonologia, Il Mulino, Bologna 2002. identificabile
30. A.M. Berton et al. (a cura dell’Associazione Italiana Dislessia), Dislessia. Lavoro fonologico tra
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32. A.M. Berton et al. (a cura dell’Associazione Italiana Dislessia), op. cit., p. 68.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 77
LA LEGGE
8 OTTOBRE 2010, N. 170
I DISTURBI SPECIFICI
DI APPRENDIMENTO
Sono parecchi anni che nella scuola italiana si è progressivamente posto all’at-
tenzione degli educatori il problema dei disturbi specifici di apprendimento
che in passato erano stati sempre sottovalutati, quando non addirittura negati,
di fronte ad una diffusa tendenza a considerarli frutto della svogliatezza e dello di
scarso impegno degli alunni interessati. Sergio Scala
Il progredire degli studi scientifici e la forte pressione esercitata dalle famiglie Direzione Generale
e dalle specifiche associazioni che si erano nel frattempo formate hanno con- per lo Studente,
sentito di inquadrare il tema in una luce diversa. Si sono moltiplicate le azioni l’Integrazione,
la Partecipazione e
per il contrasto del fenomeno e lo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Univer- la Comunicazione
sità e della Ricerca ha cominciato a farsene carico con iniziative di vario genere
fino a riconoscere la necessità di adottare le invocate misure compensative per
gli alunni che presentavano difficoltà negli apprendimenti a causa dello speci-
fico problema. Si è trattato di primi passi condotti tuttavia in carenza di un
quadro specifico di riferimento normativo che consentisse di sistematizzarli e Sono parecchi
farli uscire dalla pur apprezzabile buona volontà. Impossibilità di qualificare i anni che
D.S.A. come handicap e quindi di poter fare riferimento ai principi e agli stru- nella scuola
menti della legge 104, difficoltà di avere diagnosi fondate su protocolli definiti italiana si è
nonché una buona dose di scetticismo piuttosto diffuso hanno impedito di af- progressivamente
frontare la questione con decisione e metodo strutturato. posto
Eppure molte Regioni avevano, nell’esercizio delle loro competenze in mate- all’attenzione
ria di diritto allo studio, emesso delle normative per riconoscere e affrontare il degli educatori
tema della dislessia e delle altre manifestazioni di difficoltà negli apprendi- il problema
menti. Ottime le intenzioni ma singolare che le Regioni legiferassero in man- dei disturbi
canza di una legge quadro nazionale con il concreto rischio di non seguire specifici di
principi univoci nella materia. Sicuramente responsabilità dello Stato che, apprendimento
rispetto all’emergere della questione su basi di sempre maggiore scientificità, ha
tardato fin troppo ad assumerne la guida normativa.
A colmare tale lacuna ha comunque provveduto la legge 8 ottobre 2010, n. 170,
entrata in vigore il 2 novembre 2010, che detta norme generali sulla materia e
reca disposizioni «in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito
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78 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
scolastico». Si tratta di una legge «leggera» come si addice alle leggi quadro che
debbono trovare sviluppi applicativi contestualizzati nei diversi ambiti regionali
e perseguire linee generali in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni.
Impropriamente tale legge viene qualificata come legge nazionale sulla dislessia,
termine riduttivo in quanto i disturbi specifici di apprendimento si palesano in
una pluralità di forme che possono coesistere o presentarsi separatamente.
Trattandosi, come più volte detto, di una legge quadro, composta di soli nove
articoli, è opportuno coglierne i punti salienti precisando che nessuno di que-
sti ha pretese esaustive e che le norme dovranno trovare successivo sviluppo
con una serie di atti di cui è prevista l’emanazione.
L’articolo 1 è quello che riconosce ufficialmente i disturbi specifici di appren-
dimento nelle varie forme nelle quali gli stessi si manifestano secondo i dati di
esperienza: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
I disturbi specifici di apprendimento non vengono qualificati come disabi-
lità. La norma riconosce che gli stessi possono sussistere anche in presenza di
capacità cognitive adeguate e quindi in assenza di patologie neurologiche e di
deficit sensoriali. Tuttavia è doveroso prenderli in considerazione per pre-
disporre adeguate misure in quanto «possono costituire una limitazione im-
portante per alcune attività della vita quotidiana». Questo profilo legislativo
dei DSA. è importante in quanto esclude alla radice che la questione possa es-
sere affrontata estendendo l’area per la quale il sistema prevede l’assegnazione
di docenti di sostegno.
La legge La norma si spinge a fornire una definizione normativa delle quattro forme di
si inquadra nel disturbo sopra citate. Al riguardo appare quanto mai opportuna la disposizione
più generale del comma 7 dell’articolo in questione che introduce una sorta di canone in-
tema della terpretativo flessibile stabilendo che nell’interpretazione di tali definizioni si
realizzazione tiene conto della evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia.
del diritto L’attenzione, anche del mondo medico rispetto a tali disturbi, è relativamente
allo studio recente e cristallizzare in definizioni rigide tali fenomeni può risultare contro-
e del producente in rapporto ad eventuali ulteriori acquisizioni conoscitive che la
perseguimento scienza potrebbe realizzare nel prossimo futuro.
del successo L’articolo 2, per chi nutrisse ancora scetticismo sul tema dei DSA, elenca ben
formativo otto finalità che giustificano l’attenzione legislativa posta al problema. Da tale
di tutti elencazione possiamo cogliere alcuni profili di grande significatività sui quali
dovranno essere sviluppate, per il prossimo futuro, azioni che ora non costitui-
scono più espressione di una sostanziale attenzione verso il tema ma assumono
carattere di attività giuridicamente doverosa per i numerosi soggetti chiamati
ad integrare le loro azioni per il perseguimento delle finalità poste dalla norma.
Primaria è la constatazione che la legge si inquadra nel più generale tema della
realizzazione del diritto allo studio e del perseguimento del successo formativo
di tutti. Attenzione dunque a rimuovere ostacoli riferibili alla personalità di
ciascun alunno quale si presenta in relazione anche ai condizionamenti del
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 79
contesto scolastico e sociale. Tutto ciò richiede una profonda e reale intera-
zione fra scuola, famiglia e aziende sanitarie proprio a sottolineare l’importanza
che il contesto generale di vita ha nella formazione dei giovani.
Il legislatore prende altresì atto per la prima volta che nella valutazione degli
apprendimenti dei ragazzi affetti da DSA occorre adottare parametri specifici
in relazione alla diversa curvatura metodologica che le scuole hanno il dovere
di realizzare in relazione alle difficoltà diagnosticate. La diagnosi assume ca-
rattere di perno centrale del problema e deve esser posto ogni possibile sforzo
per far sì che la stessa sia quanto più possibile precoce. Ciò affida una grande
responsabilità alle famiglie ed ai docenti ed implica pratiche didattiche, meto-
dologiche e scientifiche che riescano ad individuare il sospetto dell’esistenza
dei DSA fin dall’inizio del loro manifestarsi.
La diagnosi diviene dunque elemento essenziale in quanto è ad essa che si lega
il legittimo avvio degli interventi compensativi e di ogni altra misura, anche tec-
nologica, intesa ad aggredire efficacemente il fenomeno. Essa è affidata alle
strutture del Servizio sanitario nazionale o, in caso di impossibilità, a specia-
listi di strutture accreditate. Tutto lascia presumere che in questo ambito si ve-
rificheranno i nodi più problematici di tutto l’impianto normativo, sia perché
le strutture del SSN avranno necessità di tempi non brevi per attrezzarsi ade-
guatamente ad un compito relativamente nuovo e non facile, sia perché il ri-
corso a strutture esterne accreditate rischia di essere vanificato dalla solita
previsione dell’invarianza della spesa. Comunque occorre sempre pensare in
termini prospettici anche se nel breve periodo gli esiti possono avere scosta- L’articolo 7
menti non insignificanti rispetto alle buone intenzioni e alle aspettative. della legge
Per attivare le procedure di diagnosi occorre peraltro che qualcuno assuma l’i- prevede
niziativa e per farlo è necessario acquisire consapevolezza della possibile pre- le linee guida
senza di un disturbo specifico di apprendimento in una fase ancora non che debbono
consolidata ed è qui che emerge l’assoluta rilevanza di una corretta comunica- costituire
zione scuola-famiglia. Infatti viene fatto carico alle scuole di comunicare tem- parametro
pestivamente alle famiglie ogni caso sospetto in modo da sensibilizzarle ad di riferimento
intraprendere azioni diagnostiche che, riteniamo, non possano essere attivate per la
da soggetti diversi. Parimenti è fatto carico alle scuole di avvisare tempestiva- predisposizione
mente i genitori quando le difficoltà di apprendimento persistono anche dopo di protocolli
l’adozione delle misure previste. Le diagnosi di competenza del Servizio sani- regionali
tario nazionale, ora che una legge nazionale ha assunto il problema a proprio per le attività di
carico, debbono rispondere a comportamenti e criteri univoci. È per questo identificazione
che l’articolo 7 della legge prevede le linee guida da emanare di concerto fra il precoce
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed il Ministero della
Salute. Tali linee guida debbono costituire parametro di riferimento per la pre-
disposizione di protocolli regionali per le attività di identificazione precoce,
previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra Stato, Regioni
e Province autonome di Trento e Bolzano.
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80 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 81
Conforta, nella specifica materia, la circostanza che non si parte da zero. Di-
battiti, approfondimenti del tema e, soprattutto, azioni concrete concertate
con associazioni esterne, sono in corso da tempo sicché il mondo della scuola,
sempre più avanzato rispetto al quadro normativo, mostrerà anche stavolta la
capacità di non farsi cogliere impreparato.
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DSA: NORME,
PROGETTI
ED OCCASIONI
DI RIFLESSIONE
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84 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
zionali (30.7.2003) confermate da quelle del 2007 (31.7.2007), che hanno so-
stenuto il concetto della «centralità della persona» promuovendo strategie edu-
cative che tengono conto della complessità della persona, della sua ricchezza
nella specificità.
Il MIUR si è posto il problema di contenere il fenomeno dell’abbandono sco-
lastico da parte degli studenti con disturbi specifici di apprendimento e di for-
nire indicazioni univoche per la valutazione dei percorsi scolastici, attraverso
l’uso di strumenti compensativi e dispensativi appositamente individuati.
Con la nota ministeriale n. 4099/2004 del MPI Direzione Generale per lo Stu-
dente, vennero per la prima volta definiti quali dovessero essere le misure com-
pensative e dispensative.
Da allora le successive circolari hanno tenuto conto di quelle misure, accordando,
inoltre, un tempo maggiore per lo svolgimento delle prove somministrate, orien-
tando gli insegnati verso la valutazione del contenuto, affidando alle commis-
sioni d’esame il compito di adottare misure che potessero comunque consentire
una oggettiva valutazione «nel limite della compatibilità consentita dalla partico-
lare circostanza delle finalità dell’esame» (nota n. 4600 del 10.5.2007).
La circolare in questione, nel richiamare le disposizioni della circolare n. 28
del 17.3.2007, si preoccupa di sottolineare l’importanza dell’uso delle prove og-
gettive di valutazione con «tempi più distesi», specificando che per misure di-
spensative non si intende certamente l’omissione delle necessarie prove di
valutazione, ma la ricerca di metodologie che possano meglio supportare lo
Il MIUR svolgimento delle attività di verifica del ragazzo con DSA, dotato di normali
si è posto capacità apprenditive.
il problema Considerazioni analoghe sottendono le successive note ministeriali.
di contenere La nota n. 5744 del 28.5.2009 per gli esami di stato, affida ai Consigli di Classe
il fenomeno il compito di prestare attenzione all’avvenuta applicazione, durante il percorso
dell’abbandono scolastico, delle indicazioni sui DSA emanate dal Ministero e alla predisposi-
scolastico zione di percorsi personalizzati, verificando se le carenze degli studenti siano ri-
da parte conducibili ai disturbi specifici di apprendimento.
degli studenti Il Regolamento per la valutazione degli alunni (DPR n. 122 del 22 giugno 2009),
con disturbi all’articolo 10 offre indicazioni specifiche in tal senso confermando l’esigenza
specifici di di usare in fase di valutazione degli studenti con DSA, durante le attività di-
apprendimento dattiche e in sede di esami conclusivi per ogni ciclo scolastico, strumenti didat-
e di fornire tici compensativi e, a tutela della privacy, di non rendere note le modalità di
indicazioni svolgimento delle prove sostenute dagli studenti con DSA.
univoche per Per la prima volta, non più con atto di amministrazione interno, ma con fonte
la valutazione di legge primaria, vengono date specifiche istruzioni sul trattamento e la valu-
dei percorsi tazione degli alunni con DSA, costituendo la premessa per successivi atti for-
scolastici mali da parte dello Stato. Infatti, con testo approvato dalle Camere e in attesa
di promulgazione, sono state delineate le nuove norme in materia di Disturbi
Specifici di Apprendimento in ambito scolastico. Il testo di legge, dopo aver de-
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 85
scritto le peculiarità del disturbo che non inficia sulle capacità cognitive di chi
ne sia affetto, pone l’attenzione sul fatto che esso, non precocemente ed ade-
guatamente individuato, possa notevolmente condizionare la qualità di vita
impedendo il diritto all’istruzione ed alla formazione.
A tal fine vengono indicati i «provvedimenti» dispensativi e compensativi per l’a-
dozione di strumenti didattici flessibili durante i corsi di studi anche universitari.
In particolare all’art. 5 viene previsto l’uso di didattiche personalizzate, in os-
sequio al concetto di centralità dello studente trattato inizialmente, con riferi-
mento al bilinguismo, partendo dal presupposto di natura psicopedagogica che
la lingua madre sia più facilmente sottoponibile a strutturazione linguistica
che non qualunque altra lingua straniera, per la quale è possibile prevedere
strumenti dispensativi durante le prove scritte, favorendo quelle orali o, ove
accordato, consentendo un possibile esonero.
Viene, inoltre, definita la natura anche tecnologica ed informatica di alcuni
strumenti compensativi e vengono introdotte misure dispensative rispetto ad
alcune prestazioni «non essenziali», ai fini della categorizzazione dei concetti og-
getto di apprendimento.
Relativamente alle metodologie per la diagnosi dei DSA, nell’art. 3 del testo di
Legge nazionale si fa espresso riferimento alle competenze assegnate dalla legi-
slazione vigente, con particolare riguardo al Servizio Sanitario Nazionale, a spe-
cialisti o a strutture accreditate, sgombrando il campo da eventuali errori
interpretativi circa la titolarità di una tale competenza a enti non autorizzati.
Con la emananda Legge vengono fissati i compiti della scuola che solo dopo In attesa della
aver attivato senza successo le modalità di recupero mirato, dovrà segnalare formalizzazione
tempestivamente alle famiglie la presenza di persistenti difficoltà di apprendi- della Legge
mento ed applicare interventi idonei per l’individuazione di DSA, secondo nazionale,
procedure fissate da protocolli regionali, di cui all’art. 7 comma 1. valgono
Il succitato art. 7 prevede la stipula degli accordi regionali, per l’individuazione le disposizioni
precoce dei DSA, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge e, co- regionali
munque, successivi alla emanazione delle linee guida da parte del MIUR e del in materia
Ministero della Salute, previa intesa tra Stato e Regioni. di DSA
In attesa della formalizzazione della Legge nazionale, valgono le disposizioni re- promosse,
gionali in materia di DSA promosse, in realtà da poche regioni (Basilicata, da poche regioni,
Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Valle d’Aosta, Veneto), per far per far fronte
fronte a livello territoriale alla mancanza di una legge nazionale. a livello
Queste ultime prevedono, per lo più, azioni mirate a favorire il successo territoriale
scolastico degli alunni con certificazioni 104/92, per i quali vengono in alla mancanza
ogni caso previsti strumenti compensativi e dispensativi previsti dagli ac- di una legge
cordi regionali. nazionale
Negli accordi regionali in materia di DSA emerge la necessità di configurare il
problema innanzitutto dal punto di vista sanitario, collocandolo nel più ampio
quadro delle politiche sociali, giungendo alla conclusione della collocazione
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86 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
dei DSA tra le disabilità certificate della legge 104/92 solo quando questi si
accompagnino ad altri seri disturbi dell’apprendimento.
La necessità da parte delle Regioni di normare il fenomeno, con specifici ac-
cordi, diviene pressante a partire dal 2006, a causa di un crescente numero di
richieste di certificazione di ragazzi con DSA assistiti in ambito sanitario locale.
Fino ai primi mesi del corrente anno i dati hanno registrato un incremento di stu-
denti affetti da disturbi specifici di apprendimento, con il 16% degli utenti di
strutture sanitarie che hanno richiesto la certificazione delle disabilità. Il dato
emerso ha attivato accordi tra gli enti interistituzionali presenti sul territorio, Sa-
nità, Politiche Sociali ed Istruzione, anche ai fini del monitoraggio del fenomeno.
A tal fine gli accordi regionali promuovono interventi a favore della persona
con DSA volti a garantire le condizioni ottimali affinché le persone possano
realizzarsi nella scuola, nel lavoro e nella società.
Relativamente alla emergente necessità di procedere ad uno screening precoce
per l’individuazione dei DSA e di un’adeguata formazione, il Ministero dell’I-
struzione Università e Ricerca (MIUR) e l’Associazione Italiana Dislessia
(AID), hanno sottoscritto un protocollo di intesa per gli anni 2009/2011, da-
tato 1 marzo 2010, per la realizzazione di due progetti finanziati dalla fonda-
zione Telecom nell’ottica dell’ampliamento del lavoro già realizzato con l’azione
7 del progetto «Nuove tecnologie e disabilita» finalizzato all’individuazione,
nelle scuole, di referenti regionali per la dislessia.
Il primo progetto MIUR-AID-TELECOM è relativo allo screening del fe-
Il MIUR, nomeno durante i primi anni di scuola ed ha per obiettivo quello di contrastare
durante la la gravità del disturbo e di estendere la conoscenza del fenomeno agli addetti
realizzazione ai lavori. Questo progetto si propone di favorire la diffusione di modelli espor-
del progetto tabili ad altre realtà scolastiche, fissando criteri e indici di rischio DSA nella po-
«Nuove polazione scolastica.
tecnologie Il secondo progetto MIUR-AID-TELECOM è, invece, a sostegno della di-
e disabilità», dattica all’interno della scuola e punta alla formazione dei docenti, nel trattare
attivato il problema dei DSA e nel valutarlo. Esso mira a formare, su piattaforma e in
nel 2005 presenza, i docenti referenti già formati con l’azione 7 del progetto «Nuove tec-
e in fase nologie e disabilità» e con l’attivazione di percorsi formativi per i formatori AID.
conclusiva, Per le scuole secondarie si prevede l’attivazione di percorsi di ricerca-azione ac-
ha già compagnati da attività di riflessione collettiva della comunità di pratica.
finanziato Infine occorre in questa sede ricordare (v. n. 127 degli annali) che il MIUR,
progetti durante la realizzazione del progetto «Nuovetecnologie e disabilità», attivato nel
innovativi 2005 e in fase conclusiva, ha finanziato progetti innovativi realizzati con i finan-
realizzati con ziamenti dell’azione 6 del progetto stesso anche per il superamento dei DSA.
i finanziamenti Nel novembre del 2010, presso la mostra-convegno «Handimatica 2010», la
dell’azione 6 Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Co-
del progetto municazione ha presentato i software prodotti nel corso degli anni scolastici
stesso 2009 e 2010 con l’azione 6 del progetto citato, rendendoli scaricabili gratui-
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 87
tamente dal sito istituzionale del MIUR. Tra questi, sono disponibili alcuni
prodotti dedicati ai Disturbi Specifici di Apprendimento.
I materiali saranno reperibili anche tra i Centri Territoriali di Supporto isti-
tuiti dal Ministero con lo stesso progetto.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 89
IL PIANO DIDATTICO
PERSONALIZZATO
Il prepotente affacciarsi dei bisogni educativi speciali nella scuola ha abituato
da tempo le istituzioni scolastiche ad affrontare problematiche assai diverse,
connesse a soggetti in formazione che presentano particolarità specifiche in or-
dine agli assi relazionali, cognitivi e funzionali. Il coinvolgimento dei docenti
in questo senso è stato senz’altro ampio, raccogliendo i numerosi input prove-
nienti dalle scienze dell’educazione e dalle metodologie didattiche legate alla
personalizzazione e all’individualizzazione dell’insegnamento. Lo stesso rove-
sciamento del paradigma pedagogico che ha posto al centro del sistema forma- di
tivo l’apprendimento piuttosto dell’insegnamento ha costituito una cornice Giovanni
fondamentale entro cui pensare l’agire didattico quotidiano. Simoneschi
La questione attuale, tuttavia, è quella di costruire un «sapere dell’organizza- Direzione Generale
zione» nel suo complesso e, quindi, nei suoi molteplici livelli, che non sia li- per lo Studente,
mitato alle competenze individuali e che predisponga interventi a favore degli l’Integrazione,
la Partecipazione e
alunni con DSA in maniera strutturata, coordinata e continuativa. la Comunicazione
La presa in carico dell’alunno con DSA dovrà pertanto avvenire dalla collegia-
lità del personale docente. Ciò comporta la condivisione di una cultura dell’in-
clusione da parte del Collegio dei docenti, ma anche di competenze specifiche
e modalità unitarie e coordinate di tutela del diritto allo studio degli alunni in Lo stesso
questione. I bisogni educativi speciali chiamano in causa una responsabilità rovesciamento
diffusa del team dei docenti, in tutti gli ordini e gradi di scuola. La figura pro- del paradigma
fessionale specializzata assume con gli alunni con DSA un ruolo di orienta- pedagogico
mento, di formazione di competenze, di organizzazione e coordinamento ed è che ha posto
rinvenibile nel profilo che nell’ambito dell’Azione 7 del Progetto Nuove Tec- al centro
nologie e Disabilità è stato definito «Referente per la dislessia». del sistema
All’interno delle procedure per la presa in carico dell’alunno con DSA, uno formativo
strumento per pianificare, e dunque per garantire, gli adeguati interventi me- l’apprendimento
todologici e l’applicazione degli strumenti compensativi e dispensativi può es- piuttosto dello
sere individuato nel Piano Didattico Personalizzato, la cui approvazione in sede insegnamento
collegiale e il cui inserimento nel Piano dell’Offerta Formativa assicurerebbe ha costituito
alla famiglie la predisposizione da parte del personale dell’istituzione scolastica una cornice
dei necessari interventi didattici. È infatti opportuno che dal momento in cui fondamentale
la scuola sia in possesso di una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendi- entro
mento vengano avviate iniziative didattiche ed organizzative appropriate, di cui pensare
cui è parte il Piano Didattico Personalizzato. Si tratta pertanto di un docu- l’agire didattico
mento essenziale, in quanto stabilisce le modalità dell’erogazione del servizio quotidiano
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92 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
3. D. Ianes, Didattica speciale per l’integrazione, Erickson, Trento 2005, pp. 214 e ss.
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Mediatori didattici
Tempi più lunghi
Diversificazione
degli obiettivi
Quantità di compiti
assegnati
STRUMENTI DISPENSATIVI
Le misure dispensative hanno una duplice finalità. In primo luogo sono forme
di tutela per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento. Esse infatti
dispensano dallo svolgere alcune prestazioni davanti ai compagni di classe, le
cui difficoltà costringono gli alunni con DSA a esperienze umilianti, come più
volte testimoniato4. Il loro profilo riguarda quindi essenzialmente gli aspetti
emotivi e affettivi dell’alunno, evitandogli di vivere la scuola come il luogo in
cui è costantemente sottoposto a prestazioni che ne mettono in luce le diffi-
coltà. Non serve soffermarsi in questa sede sulle problematiche ormai note re- Le misure
lative alla scarsa autostima degli alunni con DSA; può tuttavia essere opportuno dispensative
rammentare che le misure dispensative consentono di costruire un clima per consentono
gli alunni in questione più sereno e sicuro, nel quale possa avvenire un appren- di costruire
dimento più efficace. un clima
per gli alunni
in questione
più sereno
e sicuro,
nel quale possa
avvenire un
apprendimento
più efficace
4. Libro bianco, Dislessia e diritti negati. Testimonianze di genitori e figli, Libri Liberi, Firenze
2008.
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Strumenti dispensativi
STRUMENTI COMPENSATIVI
Strumenti compensativi
Sintesi vocale
Computer con
videoscrittura e correttore
Calcolatrice
Tabelle o formulari
Libri digitali
Dizionari digitali
Tutor
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 95
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96 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
LE STRATEGIE METACOGNITIVE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 97
INTERVENTI
98 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
BIBLIOGRAFIA
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 99
INTERVENTI
100 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
i familiari del piccolo Pedio, che sembrano costituire un unicum nella storia
della pedagogia romana.
Ecco dunque i fatti, che apprendiamo da Plinio: pochissimi, in verità, ma che,
contestualizzati nel milieu socio-culturale e pedagogico in generale, e dell’e-
poca in cui si svolsero (primi decenni del I secolo) in particolare, si arricchi-
scono di tonalità e chiari-scuri.
Plinio definisce «celebre» e «presa da uomini illustri» la decisione che dovesse
studiare pittura «Quinto Pedio, nipotino di Quinto Pedio ex console e trion-
fatore e designato da Cesare dittatore quale coerede di Augusto», risultato muto
e quindi minorato dalla nascita. Il ragazzino morì prematuramente, ma in
tempo per fare «grandi progressi in quell’arte»2. La decisione di suo padre di
surrogare le capacità espressive di Pedio, limitate dall’handicap congenito, con
l’esercizio della pittura appare di grande rilievo per le sue ripercussioni ad ampio
raggio educativo, il che – e anche questo è di rilievo, date mentalità e compor-
tamenti dei romani e degli antichi in proposito – non sfugge a Plinio: infatti
egli è l’unico a considerare la storia degna di essere raccontata.
Il piccolo ebbe dunque modo non solo di rivelare buone attitudini pittoriche
ma – soprattutto – di liberarsi in parte dalle gabbie della propria menoma-
zione, con intuibili esiti positivi sul piano della socializzazione. Possiamo figu-
rarci l’attenzione con cui la famiglia intera guardava al profitto di Pedio
(persino l’oratore Marco Valerio Messalla Corvino seguiva la vicenda con tre-
pidazione, coinvolto in essa per via della parentela con la nonna del bambino)
La decisione e teneva d’occhio il maestro di pittura, sul quale pendeva una non lieve re-
di suo padre sponsabilità. E invero sorge anche il sospetto che i presunti progressi del pic-
di surrogare colo discepolo fossero da costui un tantino enfatizzati, per arrogarsi maggiori
le capacità meriti e assicurarsi il prolungamento dell’ingaggio. Rimane comunque notevole
espressive – e per quel che sembra risultare dalla mancanza di altre testimonianze analo-
di Pedio, ghe, un unicum pedagogico – la scelta del genitore di affidare a un maestro di
limitate pittura la cura dell’handicap del proprio bambino.
dall’handicap Il fatto in sé avrebbe ben poco rilievo oggi, quando ormai si danno per acquisiti
congenito, e persino scontati mentalità e comportamenti che valorizzano questi strumenti
con l’esercizio per il sostegno e la cura dei piccoli in difficoltà espressive e di apprendimento, se
della pittura non si facessero alcune precisazioni, tali da mettere il lettore in condizione di col-
appare locarlo nel contesto socio-culturale e pedagogico di quella società e di quell’e-
di grande poca. È alla luce di tali precisazioni che emergono ben due circostanze
rilievo straordinarie: sia l’aver deciso di ‘recuperare’ un bambino menomato, sia l’aver
per le sue scelto la strada dell’insegnamento della pittura per tentare l’impresa. Analizzia-
ripercussioni mole brevemente entrambe.
ad ampio Come è noto, la nascita di un bambino a Roma, durante tutto il corso della
raggio sua storia non comportò automaticamente il suo accoglimento in famiglia.
educativo
2. Ibidem, 35, 21.
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 101
Era nelle prerogative della patria potestas del pater decidere in tal senso, e
quindi assumersi a tutti gli effetti la paternità (dichiarandolo facente parte
della famiglia, facendolo nutrire ed educare) o disfarsene (abbandonandolo
alla carità altrui, o vendendolo o uccidendolo o lasciandolo morire). Il co-
stume dell’esposizione dei neonati è molto radicato in Grecia e a Roma; presso
i romani, del resto, il primo caso ‘storico’ è costituito proprio dall’esposizione
di Romolo e Remo. Formalmente il padre comunicava alla puerpera e agli
astanti la propria volontà sollevando o no da terra la creatura, lì deposta dalla
levatrice (ecco l’origine dell’espressione: tollere liberos), se si trattava di un ma-
schietto, consegnandolo o no alla madre per la prima poppata, se si trattava
di una femminuccia3.
La legge si era interessata di regolamentare la discrezionalità paterna in questa
decisione fin dai tempi remotissimi dell’alta monarchia; secondo Dionigi di
Alicarnasso si occupò per primo del problema lo stesso Romolo, che «per prima
cosa obbligò i cittadini ad allevare tutti i figli maschi e le figlie primogenite e
a non uccidere nessun nato al di sotto dei tre anni», precisando però: «a meno
che non fosse mutilo o deforme: non vietò ai genitori di esporre questi nati, a
patto che li avessero prima mostrati a cinque vicini, e che (essi) fossero stati
d’accordo con loro»4. Ma le restrizioni tese a tutelare i diritti del neonato – che
subirono peraltro continue modifiche nel corso dei secoli, e che comunque
mantennero discriminazioni in base al sesso – sembrano rimaste quasi sempre
sulla carta; probabilmente esse riuscirono a limitare casi di arbitrarietà paterna
assai spinta, segnalati da testimonianze in cui il padre si disfaceva di un figlio Questo
indesiderato solo per miseria, per capriccio, o per sospetta paternità. panorama
Questo panorama socialculturale si inquadra in una logica utilitaristica, che socialculturale
valuta con realismo – anzi, ai nostri occhi, con cinismo – il rapporto tra costi si inquadra
e ricavi nell’accoglimento di un bambino in famiglia: costi per l’allevamento, in una logica
la nutrizione e l’educazione, ricavi, a seconda del ceto, in termini di impiego utilitaristica,
lavorativo (assai precoce), o di prestigio sociale e crescita economica attraverso che valuta
matrimoni e alleanze familiari; se da queste sommarie valutazioni evinceva un con realismo
bilancio negativo, il destino del neonato era tragicamente segnato. – anzi, ai nostri
La presenza di menomazioni nel neonato costituiva comunque un dato fuori occhi,
discussione; in questo caso infatti la perdita era scontata. Ecco perché nessun con cinismo –
legislatore pose mano a una normativa mirante a tutelare il diritto alla vita del- il rapporto
l’essere marchiato da handicap congenito. tra costi
Rimase così di fatto sine iudice anche l’oggettività nella valutazione della pre- e ricavi
senza dell’handicap (ben si capisce che la testimonianza dei vicini, pur se in nell’accoglimento
di un bambino
in famiglia
3. Sull’argomento, cfr. R. Frasca, Donne e uomini nell’educazione a Roma, La Nuova Italia, Fi-
renze, 1991; Eadem, Educazione e formazione a Roma. Storia, testi, immagini, Dedalo, Bari, 1996
(ambedue con fonti e ricca bibliografia).
4. Dionigi di Alicarnasso, 2, 15, 2.
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102 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
buona fede, era soggettiva, e inoltre poteva essere comprata), fino alla metà del
II secolo. È a quell’epoca che si fece un vero passo in avanti, sia sul piano ‘scien-
tifico’ sia etico, grazie agli studi e agli insegnamenti del medico Sorano, prove-
niente da Efeso e giunto a Roma dopo soggiorni di studio in Egitto e forse ad
Alessandria, intorno ai primi decenni del II secolo, appunto. La sua attenzione
per l’infanzia e per le donne ne fa il primo neonatologo, pediatra e ginecologo
della medicina occidentale5.
Sarà egli – per la prima volta – a insegnare alle levatrici «come riconoscere il
neonato che vale la pena di allevare» (sic!). Queste le sue puntuali direttive:
«Dunque la levatrice, raccolto il neonato, lo deporrà dapprima a terra, dopo aver guar-
dato se è maschio o femmina, e annuncerà il sesso con dei segni, come le donne hanno
l’abitudine di fare. Si renda conto subito dopo se vale o no la pena di allevare il neo-
nato: giudicherà se è naturalmente adatto ad essere allevato basandosi sulla buona sa-
lute della puerpera durante la gravidanza; infatti le malattie, e specialmente quelle del
corpo, ledono anche il feto e scuotono gli stessi fondamenti della vita di lui; in secondo
luogo ella noterà se è stato messo al mondo al momento giusto, al meglio il nono mese,
eventualmente più tardi e al più presto al settimo; poi verificherà che deposto a terra il
neonato abbia preso subito a vagire con la giusta energia; infatti quando un neonato
resta a lungo senza piangere o vagisce in modo insolito, si può supporre che questo suo
stato sia dovuto a qualche circostanza sfavorevole; ella si assicurerà della buona costitu-
zione di tutte le sue parti, delle sue membra e degli organi dei sensi, della libera aper-
tura degli orifizi, orecchie, narici, faringi, uretra, ano; i movimenti naturali di ogni
È a quell’epoca parte del corpo non dovranno essere né pigri né troppo fiacchi, le articolazioni dovranno
che si fece flettersi e aprirsi; (egli) dovrà avere la statura, la conformazione e tutta la sensibilità de-
un vero passo siderabili – si riconosce quest’ultimo particolare semplicemente premendo con le dita
in avanti, sulla superficie del corpo; infatti è naturale che un corpo sia sensibile a tutto ciò che
sia sul piano punge o fa pressione.
I segni contrari a questi ora detti rivelano la non attitudine a essere allevati»6.
‘scientifico’
sia etico,
grazie
agli studi e agli
insegnamenti 5. Nella capitale Sorano acquisisce grande prestigio e una clientela vastissima, e si distingue per
posizioni avanguardistiche, pronunciandosi – del tutto controcorrente per l’epoca e il milieu –
del medico contro l’aborto e a favore di metodi anticoncezionali; inoltre egli sostiene che i problemi legati
Sorano, alla fisiologia femminile siano di carattere sociale, prende in esame con rispetto il desiderio ero-
proveniente tico delle donne, e, per la prima volta in assoluto, eleva a rango professionale il lavoro della le-
da Efeso vatrice, cui elargisce una vera formazione teorica e pratica. Il corposo volume: Gynaikèion pàthon,
concepito con chiaro intento didattico, è una miniera di insegnamenti – alcuni dei quali ancora
e giunto preziosi per la loro attualità – di anatomia, embriologia, ginecologia (mestruazioni, feconda-
a Roma zione, contraccezione), ostetricia (concezione, aborto, igiene, disturbi della gravidanza), fisiolo-
gia e fisiopatologia della donna, e inoltre neonatologia (allattamento, igiene, massaggio, cura).
Tradotto in francese per i tipi delle Belles Lettres grazie alla collaborazione di linguisti, medici
e storici, non ha ancora una edizione italiana (che sarebbe auspicabile, in modo da poter ren-
dere più conosciuto e fruibile questo prezioso materiale scientifico, pedagogico e didattico).
6. Sorano, Gynaikèion pàthon, 2, 5, 1-28 (trad. R. Frasca).
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 103
Nel caso di handicap sopraggiunto col passare degli anni, non sappiamo molto
del comportamento dei padri in proposito; presumiamo che nelle famiglie del
ceto alto e medioalto non si giungesse sempre a sopprimere il poverino, ma si
tendesse comunque a tenerlo nascosto, come del resto si è continuato a fare
quasi fino ai giorni nostri, vivendo la tragedia come una vergogna. Di inizia-
tive per la cura e il recupero, neanche a parlarne (ecco dunque, lo ripetiamo,
l’eccezionalità del ‘caso Pedio’). Per i ceti popolari, immaginiamo che l’alterna-
tiva alla soppressione fosse costituita quasi unicamente dalla possibilità di ri-
cavare comunque un vantaggio dalla menomazione. È all’interno di questa
mentalità e di questa logica cinica e utilitaristica che si colloca la tradizione –
anche essa protrattasi quasi fino alla contemporaneità – di avviare gli zoppi al
lavoro di ciabattino7. Sappiamo anche di schiavi ciechi risparmiati alla morte
perché usati per far girare la macina; e infatti il loro handicap li avvantaggiava
sul piano produttivo, rispetto sia ai somari sia agli schiavi vedenti, per il fatto
che non subivano capogiri.
Il secondo punto, vale a dire la scelta della pittura come veicolo espressivo e co-
municativo, chiama in causa la progressiva affermazione della pittura a Roma,
che da una svalutazione iniziale come opus servile si emancipa, nella mentalità
culturale e nel peso sociale, verso il riconoscimento di ars.
È nota la severa discriminazione degli antichi tra le arti liberali e le arti mecca-
niche (o banausiche); queste ultime, accomunate in un sol fascio e nella me-
desima scarsa considerazione insieme alle attività artigianali, non erano ritenute
degne di uomini liberi. Pertanto arte e artigianato divennero per secoli mono- La pittura,
polio degli schiavi e delle classi inferiori. In questo quadro la pittura, unica tra unica
le arti figurative, godette invece tra i greci di una posizione di privilegio tale da tra le arti
venire annoverata tra le arti liberali al pari della letteratura, della filosofia, della figurative,
retorica; in Grecia infatti, almeno a partire dal IV a.C., e per molto tempo suc- godette
cessivamente, essa figura nel curricolo delle giovani generazioni, e del suo in- tra i greci
segnamento capita non di rado che sia partecipe qualche ragazzina di famiglia di una
agiata e aristocratica. posizione
Plinio il Vecchio attribuisce alla scuola artistica di Sicione, sul golfo di Co- di privilegio
rinto, il merito di aver rimosso il secolare pregiudizio che precedentemente tale da venire
aveva penalizzato anche la pittura; tant’è che, racconta, «(accadde che) prima annoverata
a Sicione, poi in tutta quanta la Grecia, i ragazzi nati liberi innanzi tutto im- tra le arti
parassero la graphikè, cioè la pittura su legno, e tale arte fosse accolta al primo liberali
grado delle arti liberali. E fu per sempre interdetto che si insegnasse agli al pari della
schiavi»8. Si tratta, è evidente, di un totale rovesciamento della situazione: se letteratura,
in precedenza erano solo gli schiavi a dedicarvisi, in seguito divenne privilegio della filosofia,
dei soli liberi. della retorica
INTERVENTI
104 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 105
TECNOLOGIE
PER COMPENSARE
LA DISLESSIA:
CHE COSA FARE
AFFINCHÉ SIANO
EFFICACI?
Compensare la dislessia con un supporto informatico – computer e sintesi vo-
cale – dovrebbe essere, almeno in teoria, un’operazione piuttosto semplice: chi
non riesce a leggere, e non presenta problemi di altro tipo, può usare una mac- di
china che legge ad alta voce al posto suo. Una soluzione del genere è impiegata Flavio Fogarolo
da tempo dai non vedenti e funziona egregiamente; il problema dovrebbe es- Ufficio Scolastico
sere sostanzialmente simile in quanto i ciechi non leggono perché non vedono Provinciale
il testo, i dislessici perché non riescono a decodificarlo, ma entrambi sono in di Vicenza
grado di comprenderne il contenuto se trasformato in voce.
Se così fosse, basterebbe attrezzare con un sistema del genere tutti gli allievi di-
slessici e fornire loro i libri di testo in formato digitale per risolvere il problema
in modo efficace e definitivo.
È una prospettiva realistica? Nonostante
Le potenzialità di questi strumenti sono notevoli, ma è necessario fare i conti quasi il 60%
con una realtà personale e strutturale molto disomogenea. degli
Da una ricerca condotta nel 2008 dal coordinamento veneto dell’AID – Asso- intervistati
ciazione Italiana Dislessia su un campione di un centinaio di alunni DSA (Fo- fosse
garolo e Scapin, 2009), sono emersi dati piuttosto sconcertanti: nonostante attrezzato
quasi il 60% degli intervistati fosse attrezzato a casa con un computer con sin- a casa con
tesi vocale, solo il 10% dichiarava di usarlo abitualmente nelle normali attività un computer
scolastiche, mentre prevaleva un atteggiamento di vago interesse ma anche di con sintesi
disincanto verso questo strumento che di fatto, nella grande maggioranza dei vocale, solo
casi, veniva usato in modo del tutto analogo a quello dei coetanei (per comu- il 10%
nicare, per giocare…) ma compensava davvero molto poco. E, altro dato dav- dichiarava
vero inquietante per la scuola, quei pochi ragazzi che lo stavano usando in di usarlo
modo efficace dichiaravano di aver imparato grazie all’aiuto dei familiari, di abitualmente
qualche corso esterno, degli amici: praticamente assenti gli insegnanti come nelle normali
figura di riferimento nel momento formativo iniziale. attività
Questo è un campo in rapida evoluzione e sarebbe interessante ripetere oggi la scolastiche
stessa indagine.
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INTERVENTI
106 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Le sintesi vocali per i dislessici si usano infatti da diversi anni ma solo da pochi
cominciano a essere forniti in maniera significativa, anche se ancora incom-
pleta, i libri di testo digitali grazie all’iniziativa della biblioteca digitale del-
l’AID (www.libroaid.it). E questo comincia a fare la differenza perché è vero
che anche prima si potevano ricavare i file con scanner e OCR, ma solo con un
impegno di lavoro enorme a carico delle famiglie e con una pesante perdita di
qualità del prodotto da consultare, che perdeva l’originale aspetto grafico. Par-
leremo più avanti dell’importanza della componente visiva nella lettura del
testo e quindi del vantaggio del formato PDF fornito dagli editori.
Il servizio della biblioteca AID sta avendo un enorme successo: impressionante
l’aumento delle richieste e delle forniture nei tre anni di apertura, con numeri
quasi triplicati da un anno all’altro.
▼ Libri in formato digitale, su CD-Rom, consegnati agli utenti dalla Biblioteca Digitale AID1
40.000
30.000
20.000
Il servizio
della biblioteca 10.000
AID sta avendo
un enorme
successo: 0
2007-08 2008-09 2009-10
impressionante
l’aumento
delle richieste Anno scolastico Libri su CD consegnati Incremento
e delle
2007-08 4.600 -
forniture
nei tre anni 2008-09 13.134 +186%
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 107
LE CRITICITÀ
Ovviamente ci si augura che i libri digitali così distribuiti vengano poi effetti-
vamente, e proficuamente, utilizzati. L’impressione, come si diceva, è però che
questi sistemi compensino ancora molto poco o, meglio, che siano percentual-
mente troppo pochi gli alunni con DSA che pur adeguatamente attrezzati rie-
scono a trarre reali vantaggi dalle tecnologie compensative. Ma sono comunque
numerosi, anche se minoritari, i casi in cui la compensazione si rivela davvero
efficace, a conferma delle potenzialità dello strumento e quindi della necessità
di individuare strategie didattiche e organizzative idonee per aumentare il nu-
mero di utenti che riescono davvero a ridurre, in questo modo, gli effetti ne-
gativi del disturbo.
Perché compensano poco? Quali sono le criticità che ancora oggi, nonostante
i principali problemi tecnologici siano risolti o facilmente risolvibili, condizio-
nano, e pesantemente, l’efficacia di queste soluzioni?
Se ne evidenziano sostanzialmente tre:
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108 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Le prime tecnologie di sintesi vocale usate per i DSA erano di fatto ricavate
dagli ausili informatici per i non vedenti e davano quindi molta importanza al
puro contenuto testuale mentre venivano poco considerati gli elementi di sup-
Rientrano porto visivo che accompagnano la pagina; per un dislessico, che non solo vede
certamente tra bene ma che punta spesso proprio sul canale visivo per compensare il suo di-
i prerequisiti sturbo, essi rappresentano invece una risorsa fondamentale. Fortunatamente le
da considerare tecnologie oggi consentono di applicare il supporto della voce direttamente
anche sull’originale, in PDF, per cui il problema può essere efficacemente risolto.
il contesto
ambientale
(per esempio Inadeguata presa in carico educativa
quanto
il ragazzo Abbiamo già notato, nella ricerca dell’AID del Veneto, l’assenza della scuola
può essere nella formazione iniziale: tra i pochi intervistati (il 10%, ricordiamo) che usano
sostenuto ogni giorno il computer con sintesi vocale, nessuno dice di avere imparato a
a casa nell’uso farlo grazie all’aiuto degli insegnanti.
del computer) È molto diffuso nelle scuole un atteggiamento dispensativo anche rispetto agli
e la strumenti compensativi, ossia l’idea che sia sufficiente che se ne consenta l’uso
motivazione in classe.
Un atteggiamento per certi versi giustificato dalle prime note ministeriali: «Per
ovviare a queste conseguenze, esistono strumenti compensativi e dispensativi
che si ritiene opportuno possano essere utilizzati dalle scuole in questi casi. Tra gli
strumenti compensativi essenziali vengono indicati: Tabella dei mesi, tabella
dell’alfabeto, e dei vari caratteri; Tavola pitagorica; Tabella delle misure, tabella
delle formule geometriche; Calcolatrice; Registratore; Computer con pro-
grammi di video-scrittura con correttore ortografico e sintesi vocale»2.
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 109
INTERVENTI
110 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 111
Chiariamo subito intanto che con la sintesi si legge, non si ascolta. Non è il sur-
rogato di un lettore in carne e ossa ma un altro modo di accedere al testo scritto,
distinto sia dalla lettura comunemente intesa, basata sulla decodifica alfabe-
tica, sia dall’ascolto di una voce umana, dal vivo o registrata (audiolibro).
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 115
Fatte salve le considerazioni iniziali sui prerequisiti, per gli alunni dislessici la
compensazione tecnologica con sintesi e libri digitali è una strada da intrapren-
dere, evitando però di commettere errori e passi falsi. Soprattutto all’inizio.
L’introduzione del computer può anche essere graduale, del resto è uno stru-
mento che in qualche modo, tra casa e scuola, entra nella vita di tutti i ragaz-
zini, dislessici compresi, come strumento didattico o ludico.
Il discorso cambia quando si decide che il computer diventerà il loro stru-
mento compensativo, ossia che rappresenterà il modo abituale, quotidiano e
generale, di leggere e scrivere. A quel punto, come abbiamo visto, le normali
conoscenze informatiche dei compagni non bastano più e dobbiamo predi-
sporre un percorso di autonomia che porti all’acquisizione delle necessarie
competenze compensative.
È importante definire con attenzione il momento in cui inizia l’avventura della
compensazione attraverso il computer e, anche se non esistono regole rigide e
generali, qualche indicazione si può dare. È bene ripeterlo: questo non signi-
fica che prima di questa «ora X» l’alunno dislessico non userà il computer, ma
solo che lo farà in modo diverso, assai più simile a quello dei compagni, per
esempio per realizzare dei lavori o per svolgere alcune attività. Saranno attività
utili a lui come ai compagni, e certamente saranno più utili se imparerà a usare
bene lo strumento (e pure questo vale anche per i compagni, ovviamente).
Dopo l’ora X cambierà nettamente il suo modo di utilizzare il computer: co-
mincerà a servirsene tutti i giorni, anche per fare cose che i compagni svolgono
più agevolmente con carta e penna, e inizierà la sua sfida quotidiana per fare La
le stesse cose che fanno loro assieme a loro e negli stessi tempi, e dovrà quindi compensazione
saper davvero dominare il suo strumento. tecnologica inizia
La compensazione tecnologica, così intesa, inizia certamente dopo che si è con- certamente dopo
clusa l’eventuale abilitazione logopedica. Finché questo trattamento è in corso che si è conclusa
abbiamo la speranza che il disturbo possa essere ridotto e che non sia necessa- l’eventuale
rio intraprendere il percorso per la compensazione tecnologica. abilitazione
In caso di dislessia lieve può non essere necessario o conveniente usare il com- logopedica.
puter in questo modo: i vantaggi sono modesti se l’alunno può conseguire Finché questo
anche per altre vie una sufficiente efficacia nello studio, considerando che l’uso trattamento è
sistematico del computer può anche complicare la vita. La scelta dipende molto in corso abbiamo
anche dall’atteggiamento dell’alunno e in caso di dubbio si può eventualmente la speranza che
rinviare la decisione agli anni successivi. il disturbo possa
Ma nelle forme severe di dislessia la compensazione con il computer è una essere ridotto
scelta praticamente obbligata ed eventuali difficoltà di percorso (soggetto de- e che non sia
motivato, scarsa collaborazione familiare, nessun supporto tecnologico a necessario
casa…) andrebbero considerate più come degli ostacoli da superare che come intraprendere il
degli impedimenti. percorso per la
In questi casi, un ottimo momento per iniziare il percorso di compensazione compensazione
(la nostra ora X) è verso il quarto-quinto anno della scuola primaria. L’abilita- tecnologica
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CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 119
LA DISLESSIA
NEGLI ADOLESCENTI
E NEGLI ADULTI
La necessità di individuare precocemente dislessia e disturbi specifici di appren-
dimento (DSA) durante il percorso scolastico è tuttora, nonostante le merito-
rie iniziative del MIUR, piuttosto disattesa, pertanto molti dislessici giungono
alla scuola secondaria o all’università senza aver mai ricevuto una diagnosi. Ma
il disturbo non è scomparso; in forme diverse, con compensazioni più o meno
efficaci e mascheramenti, la difficoltà continua a farsi sentire. Le conseguenze
sono a volte molto gravi, dato che in questi livelli di scuola le richieste sono ben di
superiori e si dà per scontato l’utilizzo automatico delle abilità strumentali di Enrico Ghidoni,
base come leggere, scrivere, fare calcoli, prendere appunti, elaborare dei testi. Damiano
Inoltre nella scuola superiore e nell’università la conoscenza del disturbo è ancor Angelini
più carente che nella scuola primaria, poiché le attività di aggiornamento sul Laboratorio di
tema sono rivolte più spesso ai docenti della scuola primaria o secondaria di Neuropsicologia,
primo grado. Pertanto è proprio nella scuola secondaria di 2° grado che la co- UOC Neurologia,
Arcispedale
noscenza del problema è più scarsa, e prevale fra i docenti l’opinione che si S. Maria Nuova,
tratti di qualcosa che interessa quasi esclusivamente la scuola primaria. Reggio Emilia
Indubbiamente la situazione sta cambiando e la consapevolezza che i DSA esi-
stono e gli studenti con questo problema sono fra noi si sta estendendo, così
non è raro che gli stessi docenti ora esprimano alle famiglie o allo studente
ormai maggiorenne il dubbio o sospetto che l’insuccesso scolastico sia dovuto È nella scuola
a un problema specifico. Tuttavia siamo ancora lontani da realtà come i Paesi secondaria
anglosassoni in cui la consapevolezza del corpo docente è di livello tale da per- di 2° grado che
mettere loro di individuare a colpo sicuro la maggior parte degli studenti di- la conoscenza
slessici (non è raro, per esempio, che studenti italiani in corso di vacanze studio del problema
in Inghilterra vengano scoperti come dislessici in seguito all’indicazione di do- è più scarsa,
centi inglesi). e prevale
Inoltre, anche per effetto delle sempre maggiori disponibilità di informazioni, fra i docenti
per esempio sul web, non è raro che il primo sospetto di dislessia nasca nei di- l’opinione
slessici stessi, che poi cercano conferme o risposte al loro dubbio mediante una che si tratti
valutazione diagnostica. di qualcosa
che interessa
quasi
LA DIAGNOSI esclusivamente
la scuola
Si pone allora il problema: dove si può ottenere una diagnosi? La situazione ita- primaria
liana al riguardo è piuttosto difficile; infatti i servizi di neuropsichiatria dell’in-
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 121
variabilità nel livello di qualità). Non è chiaro come si possa nell’immediato fu-
turo rispondere a questa domanda, che sarà ulteriormente incrementata
quando la tutela dei diritti delle persone con DSA sarà sancita anche da prov-
vedimenti legislativi, evenienza che dovrebbe realizzarsi a breve. Il progetto di
legge approvato dalla Camera dei deputati prevede la possibilità di accettare
anche la diagnosi di specialisti e centro privati accreditati, nelle regioni in cui
si verificasse una carenza dei servizi sanitari pubblici, e garantisce il diritto alla
tutela anche durante il percorso universitario.
INTERVENTI
122 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
mente comprensibile per i non addetti; ulteriori documenti del gruppo di la-
voro della Consensus Conference forniranno anche indicazione precise sulla
stesura del referto e su quanto deve essere in esso contenuto e sul tipo di lin-
guaggio da utilizzare; certo la scuola dovrebbe comunque avere un minimo di
informazioni specifiche che permettano di comprendere i documenti diagno-
stici per utilizzarli anche per la scelta degli strumenti compensativi e dispen-
sativi e per una programmazione didattica personalizzata. Saper leggere le
diagnosi (e far sì che le diagnosi siano leggibili) sono elementi importanti nel
percorso virtuoso di gestione dei DSA a scuola, soprattutto se si considera che
i rapporti fra la scuola e gli operatori sanitari che hanno emesso la diagnosi
sono spesso assai limitati. La possibilità di un colloquio più proficuo e orga-
nico fra mondo della scuola e servizi sanitari è essenziale per migliorare in fu-
turo la gestione dei DSA, e ciò si potrà ottenere mediante una parallela
evoluzione culturale sul tema.
Gli scogli che incontra una ottimale gestione dei DSA nella scuola secondaria
di 2° grado e nell’università sono innumerevoli e presentano anche differenze
dipendenti dal contesto specifico.
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 123
INTERVENTI
124 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Servizi da erogare:
Il supporto agli studenti con DSA dovrebbe prevedere innanzitutto:
• uno sportello specifico dedicato agli studenti con DSA ben pubblicizzato e accessibile e
possibilmente separato, almeno come denominazione, dal servizio generale per gli studenti
Le proposte disabili;
per gli studenti • utilizzo di tutor non generici ma con competenza specifica sui DSA;
• consulenza per l’organizzazione delle attività di studio.
universitari
dislessici Inoltre una serie di interventi personalizzati che possono comprendere (in base alle necessità
individuali):
dovranno • mediazione con i docenti per richieste specifiche;
essere valutate • attività e strumenti di informazione per i docenti (sui DSA ma anche sulle modalità di esame
dalla CNUDD, e di valutazione necessarie);
• uso di lezioni registrate, e di testi in formato digitale forniti dal docente;
ai fini di dare • richiesta dei testi in formato digitale alle case editrici;
alle singole • fruizione anticipata di materiali digitali e multimediali riguardo alle lezioni (files di testo o
università presentazioni powerpoint etc.);
• fornitura di programmi di sintesi vocale per l’italiano e l’inglese;
indicazioni • programmi di mappe concettuali;
di massima • organizzazione di forme di studio alternative come per es. anche la costituzione di gruppi di
studio fra studenti dislessici e non (a questi ultimi potrebbero essere concessi crediti
per la gestione aggiuntivi per l’attività di tutorato);
delle • forme di sostegno psicologico per rinforzare l’autostima;
problematiche • lezioni ed esercizi online sul sito dell’Università, accessibile con password.
relative
agli studenti Tali proposte dovranno essere valutate dalla CNUDD, ai fini di dare alle sin-
con DSA gole università indicazioni di massima per la gestione delle problematiche re-
lative agli studenti con DSA. I punti elencati non sono privi di implicazioni e
problemi concreti di non facile soluzione: basti pensare per esempio alla neces-
sità di anonimato di determinate prove di esame, che entra in conflitto con la
necessità di modalità speciali di esecuzione per lo studente dislessico, oppure
la richiesta di avere il testo delle prove in formato digitale. Molte richieste ne-
cessitano di una «contrattazione» con i singoli docenti, che può risultare com-
plicata e difficile, e richiede certamente un’opera di mediazione da parte dei
servizi di accoglienza per gli studenti dislessici. L’utilizzo di varie forme di tu-
toraggio richiede infine che il tutor sia sufficientemente esperto riguardo alla
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 125
specificità di problemi che il singolo studente presenta, per cui potrebbero ren-
dersi necessarie attività di formazione non superficiali.
La filosofia che sta alla base di questi interventi di supporto prende atto di una
realtà incontestabile: gli studenti dislessici ormai possono raggiungere i livelli
di formazione universitaria, sono presenti in tutti i corsi di laurea, e se adegua-
tamente supportati possono raggiungere il traguardo della laurea e svolgere
nella vita qualsiasi tipo di professione, esprimendo al meglio le proprie poten-
zialità cognitive. In questo processo di crescita, l’università, come pure il mondo
della scuola secondaria, dovrebbe svolgere un ruolo da protagonista, nel trovare
soluzioni all’interno delle metodologie didattiche e di valutazione, senza pen-
sare di delegare ai servizi sanitari una impossibile risoluzione del disturbo. La
posta in gioco è molto alta, dato che si tratta di assicurare alla nostra società
l’apporto creativo e professionale di persone che sono dotate di normale intel-
ligenza e a volte anche di talenti spiccati su determinati settori, il cui successo
formativo non deve essere bloccato da difficoltà che ormai, allo stato delle co-
noscenze, possono essere compensate o aggirate utilizzando tutte le strategie e
gli strumenti disponibili, in particolare le risorse fornite dalle nuove tecnolo-
gie informatiche e multimediali. Nella realtà odierna le differenze individuali,
anche quelle che scaturiscono da una disabilità, possono e devono essere una
ricchezza per la nostra società.
È evidente che nella società attuale le informazione vengono sempre più vei-
colate attraverso queste vie e modalità multimediali «alternative» alle modalità
di insegnamento e apprendimento convenzionali, che sfruttano canali diffe- In questo
renti spesso in sintonia con le modalità di apprendimento più efficaci per i di- processo
slessici, per cui è plausibile che nel futuro i dislessici avvertiranno sempre meno di crescita,
una situazione di svantaggio rispetto agli altri. l’università,
come pure
il mondo
IL MONDO DEI DISLESSICI ADULTI della scuola
secondaria,
Questa realtà in evoluzione è caratterizzata dall’emergere di un fenomeno dovrebbe
nuovo: le persone dislessiche consapevoli di sé, che non nascondono il pro- svolgere
prio problema ma cercano di affrontarlo consapevolmente e di utilizzare po- un ruolo
sitivamente le proprie doti personali e le proprie differenze in un mondo da protagonista,
sempre più complesso. La vita adulta è dura per i dislessici (ma forse lo è nel trovare
meno della scuola). Le dolorose esperienze del percorso scolastico talora a soluzioni
posteriori sono trasformate e reinterpretate come un duro allenamento per all’interno delle
affrontare corazzati la vita. metodologie
I dislessici ormai adulti che arrivano alla diagnosi hanno l’opportunità di spie- didattiche
gare a se stessi una storia personale e scolastica di difficoltà, battaglie, faticose e di valutazione
conquiste, fallimenti e successi alternati. Spesso nel corso di questo difficile
percorso hanno maturato e consolidato una identità personale condizionata
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126 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 127
Guaraldi G., Stella G., Dislessia e Università, Esperienze e interventi di supporto, Trento,
Erickson, 2010, p. 14.
Ghidoni E., Angelini D., Stella G., Attività del servizio di diagnosi per studenti e adulti
con DSA a Reggio Emilia, in Genovese E., Ghidoni E., Guaraldi G., Stella G., Disles-
sia e Università, Esperienze e interventi di supporto, Trento, Erickson, 2010, p. 58.
Leather C., I dislessici di fronte alla formazione professionale e al lavoro. in Genovese E.,
Ghidoni E., Guaraldi G., Stella G., Dislessia e Università, Esperienze e interventi di sup-
porto, Trento, Erickson, 2010, p. 79.
Stella G., Storia naturale della dislessia evolutiva, 1° Seminario Annuale sulle tematiche
della dislessia evolutiva dell’adulto, Reggio Emilia, 19 aprile 2008.
Stella G., Angelini D., Ghidoni E., La valutazione della compensazione delle abilità di
lettura mediante una prova di affaticabilità nell’adulto, XIII Congresso AID, Reggio E.
29-30 aprile 2010.
http://tv.unimore.it/index.php?option=com_content&task=view&id=305&Itemid=5
Stella G., Tintoni C., Indagine e rilevazione sulle abilità di lettura nelle scuole seconda-
rie di secondo grado, in «Dislessia», 2007, vol. 4, pp. 271-285.
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RIFLESSIONI ED ESPERIENZE
DAL TERRITORIO
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 131
Per fortuna viviamo in un Paese dove tutti possono frequentare la scuola, dove
chiunque può accedere ai servizi formativi e dove anche le persone più deboli di
usufruiscono dei servizi sociali esistenti sul territorio, non esistono realtà edu- Luigi Le Rose
cative che possono rifiutare ed emarginare persone con deficit, o con marcate pro- Direttore IRRE
blematiche di adattamento. Calabria
Fra le mille preoccupazioni che la società italiana avverte, certamente non esi-
ste quella di precludere la possibilità a determinate fasce di popolazione di fre-
quentare una scuola, un istituto superiore, un corso universitario, un gruppo
sportivo, un corso privato di lingua straniera. E questo è un dato di fatto che
occorre sottolineare: le persone con problemi e con deficit possono, se lo deside-
rano, fruire di ogni opportunità formativa, come qualsiasi altro cittadino italiano.
Ma questa «normalità» della presenza del soggetto con disabilità pone alla no-
stra riflessione un ulteriore elemento: è necessario effettuare un salto di qualità, I ragazzi
occorre una competenza professionale sulle tematiche speciali che deve necessaria- problematici,
mente essere più diffusa. difficili, coloro
Le conquiste effettuate in questi anni, la presenza di soggetti con deficit a che hanno
scuola, il diritto all’integrazione come valore oramai condiviso, i servizi esi- delle evidenti
stenti sul territorio, l’apertura del mondo del lavoro ai disabili devono rappre- carenze
sentare una base fondamentale per ulteriori conquiste civili e sociali, che noi sul piano
vediamo soprattutto legate al problema della competenza e della professiona- cognitivo, ma
lità di coloro che si occupano del bene comune, che lavorano in posti di respon- anche coloro
sabilità sociale ed educativa, di coloro che soprattutto gestiscono la vita di classe che presentano
del soggetto con bisogni educativi speciali. Tale prospettiva riguarda ora una ti- difficoltà lievi
pologia di alunni, ricchi di qualità, ma ostacolati nell’apprendimento da di- e meno visibili,
sturbi specifici: dislessia, discalculia, disgrafia. hanno bisogno
La vita di classe è per molti allievi l’unica opportunità per incontrare compagni, degli altri
amici ed educatori capaci di arricchire il loro bagaglio umano e sociale. I ragazzi per poter
problematici, difficili, coloro che hanno delle evidenti carenze sul piano co- maturare
gnitivo, ma anche coloro che presentano difficoltà lievi e meno visibili, hanno bi- abilità
sogno degli altri per poter maturare abilità e potenzialità. La famiglia è certamente e potenzialità
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132 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
importante per la vita di ogni persona ma la famiglia non basta, occorre che
ogni persona in età evolutiva viva esperienze relazionali intense anche al di
fuori di essa, perciò è necessario che ogni soggetto vada a scuola.
L’istituzione scolastica assume nella società contemporanea un ruolo e una impor-
tanza fondamentali, essa non è solamente depositaria del patrimonio culturale
della nostra civiltà, ma rappresenta anche un contesto formativo indispensabile per
la crescita personale e sociale della persona. Se ci riferiamo, poi, a particolari fasce
di allievi, riscontriamo che la scuola non solo rappresenta un momento deci-
sivo della loro vita, ma è probabilmente l’esperienza educativa fondamentale.
Il cammino dell’integrazione è giunto a un punto delicato, le conquiste fatte in
questi anni hanno bisogno di consolidarsi, gli atteggiamenti maturati e le com-
petenze acquisite meritano di non essere dispersi per non dover regredire a fasi del
passato superate a fatica. La nostra è sempre più una società difficile, dove le
competenze necessitano di essere continuamente aggiornate ai nuovi pro-
gressi del sapere.
Compito importantissimo dei «sistemi di istruzione» è dare a questi individui
le chiavi di lettura e di comprensione più idonee per affrontare una società così
complessa.
È urgente una nuova fase, occorre mettere in campo una nuova prospettiva
pedagogica per poter aiutare gli alunni con bisogni educativi speciali a vivere
in questo mondo; deve essere progettato un nuovo ciclo integrativo: la condu-
zione integrata dell’apprendimento, cioè, la gestione consapevole di un’esperienza
Il cammino della educativa in un ambiente ricco di istanze sociali e relazionali come la classe.
integrazione Molti insegnanti ultimamente manifestano forti preoccupazioni nel condurre
è giunto a un una classe in modo da rispondere ai bisogni di tutti e di ciascuno. Gli allievi
punto delicato, sono sempre più difficili, assai raramente si incontrano gruppi classe dove le at-
le conquiste tività di insegnamento non richiedano grande investimento da parte dei do-
fatte in questi centi per mantenere un clima educativo idoneo all’apprendimento; molto
anni hanno spesso i ragazzi obbligano a un impegno elevato volto a salvaguardare relazioni
bisogno di educative fondate sul rispetto delle regole minime di convivenza civile. Non è
consolidarsi, gli assolutamente semplice insegnare a gruppi di allievi con bisogni personali
atteggiamenti molto diversificati, il problema non è il ragazzo con deficit portatore di biso-
maturati e gni speciali, ma in classe spesso l’insegnante si trova di fronte alunni con ne-
le competenze cessità a cui è difficile rispondere:
acquisite
meritano di non 1) soggetti con problematiche comportamentali;
essere dispersi 2) allievi con incapacità attentive marcate;
per non dover 3) studenti con vissuti affettivi e familiari spinosi;
regredire a fasi 4) ragazzi privi di interesse per le attività di apprendimento.
del passato
superate Un nuovo fenomeno, inoltre, sta emergendo e pesantemente condiziona la vita
a fatica scolastica, ossia l’inserimento di studenti stranieri.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 133
Non si sa come agire con certi ragazzi, non si riesce a motivarli, a interessarli
agli argomenti tradizionali del programma, spesso alcuni di questi presentano
caratteristiche così complesse che gli interventi disciplinari tradizionali non
sono sufficienti a ricondurli all’ordine, tanto che a volte anche i provvedimenti
più pesanti non ottengono risultati.
Si impone la necessità impellente di trovare metodi di conduzione integrata della
classe, capaci di corrispondere ai bisogni di ogni allievo.
Il nuovo modello pedagogico richiede la pianificazione della vita di classe e delle
opportunità formative ed è volto a creare un clima educativo efficace per favorire
le «integrazioni». In particolare considera pilastri, indispensabili su cui costruire
un processo educativo valido per tutti gli allievi, questi aspetti:
INTERVENTI
134 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Il modello delle integrazioni non può sussistere se non viene impostato su so-
lide basi partecipative in cui le singole individualità non scompaiono ma ven-
gono valorizzate per il bene comune e di ciascuno.
Questo modello pedagogico merita considerazione anche perché in qualche
modo è sorretto da una cornice valoriale che tiene presenti i fini ultimi dell’a-
zione educativa.
Le integrazioni possono realizzarsi solamente se riferimento costante del nostro
agire è la meta: lo sviluppo globale e integrale della persona.
Si sottolinea il valore ultimo del lavoro poiché ogni educatore non può non
tener conto che la sua azione formativa e didattica deve essere funzionale
alle conquiste di abilità di base utili, in seguito, a un inserimento nel mondo
del lavoro, consapevoli che, come affermava Giovanni Paolo II: «Il lavoro è
un bene dell’uomo – è un bene della sua umanità –, perché mediante il la-
voro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità,
ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, ‘diventa
più uomo’».
Per poter gestire la classe in modo da permettere le integrazioni delle diverse
esigenze personali, occorrono dei prerequisiti essenziali che devono essere evi-
denziati.
Le esperienze di questi anni hanno messo in luce che non è possibile parlare di
integrazione se non ci sono determinate condizioni:
Se l’insegnante • l’insegnante deve credere che sia possibile realizzare con successo l’integra-
non crede che zione in classe;
l’integrazione • la presa di coscienza del valore dell’insegnante tutore;
possa essere • è necessario lavorare in modo da costruire un lavoro unitario di team;
possibile • il dirigente scolastico comprende le problematiche e i bisogni degli allievi
non si può difficili e offre il suo appoggio;
fare nulla, • gli insegnanti devono essere competenti nell’affrontare le problematiche
né il dirigente educative speciali.
può obbligare
a credere L’insegnante titolare deve credere che sia possibile realizzare con successo l’in-
a questa tegrazione in classe.
eventualità È questo il primo prerequisito: credere nelle integrazioni. Ma chi deve assolu-
tamente avere fiducia che ciò possa essere possibile deve essere il docente tito-
lare. Le situazioni educative viste in questi anni, le sofferenze riscontrate in
campo educativo, le tensioni registrate nell’osservazione degli eventi didattici,
ci portano a sottolineare che, se c’è una condizione senza la quale le integrazioni
non sono possibili, è appunto il dubitare da parte del docente curriculare che
ciò possa realizzarsi. Se l’insegnante non crede che l’integrazione possa essere
possibile non è possibile fare nulla, né il dirigente può obbligare a credere a que-
sta eventualità.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 135
L’INSEGNANTE TUTORE
Anni di lavoro con soggetti problematici hanno dimostrato come sia essenziale
che essi possano sperimentare rapporti interpersonali privilegiati con gli adulti:
quando incontrano una persona disponibile:
• ricca di entusiasmo;
• di intenzionalità educativa;
• capace di costruire un dialogo improntato a franchezza e chiarezza di intenti;
• in grado di mostrare la sua competenza professionale senza autoritarismo,
Risulta indispensabile per una corretta azione formativa proporre a questi al-
lievi un tutore, riuscire a far sì che possano costruire un rapporto relazionale so-
lido con un insegnante-tutore. L’interazione tutor-alunno è, infatti, il cardine di
un processo di insegnamento-apprendimento che necessariamente deve fon-
darsi su un progresso consistente della sfera educativa.
I discenti diversi,hanno bisogno di una figura educativa di riferimento, capace
di essere in comunicazione privilegiata sia con l’allievo sia con il gruppo do-
cente. Tale figura tutoria risulta decisiva soprattutto nei momenti di crisi o di
difficoltà, nei quali può rappresentare quel contenitore affettivo indispensabile
per arginare le problematiche esplosive. Il tutor svolge un ruolo importante L’interazione
anche nei confronti dell’intera istituzione scolastica, in quanto può chiarire, tutor-alunno
avendone tutti gli elementi, eventuali controversie suscitate dal comportamento è il cardine
stesso del soggetto o da qualche docente. Egli rappresenta anche per i docenti di un processo di
un punto di riferimento privilegiato per la loro opera didattica poiché può insegnamento-
concorrere a indirizzare meglio le metodologie di ogni disciplina e a mediare apprendimento
le eventuali situazioni di conflitto che potrebbero nascere. che
È necessario lavorare in modo da costruire un lavoro unitario di équipe. necessariamente
Il vero successo di un processo educativo-didattico a scuola risiede nella col- deve fondarsi
laborazione fra i vari docenti implicati in un gruppo classe. Se gli insegnanti su un progresso
riescono: consistente
della sfera
• a trovare un’armonia di idee e di ideali educativi; educativa
• a parlare la medesima lingua pedagogica;
• a costruire relazioni interpersonali improntate al rispetto e alla stima reci-
proca;
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136 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Così come gli allievi hanno bisogno di vedere che i loro sforzi sono coronati da
successo per potersi impegnare di più a scuola, così anche i docenti hanno bi-
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 137
sogno di notare i risultati nel loro lavoro per poter proseguire con maggior im-
pegno unitario.
Quando tali risultati positivi non si realizzano o non vengono notati esiste il
grosso rischio che il team incominci a pensare che il lavoro unitario non paghi,
che è tutto un’illusione e che forse è bene ritornare ai tradizionali metodi di la-
voro individuale. Abbiamo più volte notato queste regressioni a metodologie
meno defaticanti, meno dispendiose sul piano personale e di tempo, ma cer-
tamente non in grado di arrivare a realizzare quei processi educativi capaci di
integrare e soddisfare i bisogni di tutti gli allievi.
La presenza del dirigente è determinante anche per questo; con la sua azione
può:
INTERVENTI
138 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 139
IN PUGLIA SI PUNTA
SUL SISTEMA
PLURALE
«La paura fu proprio la costante di tutta la mia carriera
scolastica: il suo chiavistello. E quando divenni insegnante
la mia priorità fu alleviare la paura dei miei allievi peggiori
per far saltare quel chiavistello, affinché il sapere avesse una
possibilità di passare» (D. Pennac, da Diario di scuola). di Lucrezia
Stellacci
Direttore Generale
dell’Ufficio
Scolastico
Regionale per la
1. I DSA E LA SCUOLA Puglia
La nostra è una Regione in corsa sul terreno della gestione integrale e inte-
grata degli alunni con disturbi specifici di apprendimento, soprattutto sul
versante della diagnosi precoce del disturbo, e della prevenzione di disturbi
secondari più gravi connessi ai DSA, dalla gamma dei disturbi del compor-
tamento e/o dell’umore fino all’ADHD (acronimo per l’inglese Attention È indubbio
Deficit Hyperactivity Disorder) che, se non prontamente individuati ed ade- che sulla
guatamente gestiti, possono condizionare il destino di non irrilevanti fasce di condizione
popolazione scolastica. psico-fisica
A oggi si stima che, tra la 3a e la 5a classe della scuola primaria e la terza classe e attitudinale
della secondaria di primo grado, il valore medio della presenza di alunni con di ciascun
DSA si attesti, compiute le debite esclusioni relative a eziologie differenti, ri- soggetto,
spetto alle quali i DSA si configurano come secondari, fra il 3 e il 4% della ri- specie se colta
spettiva popolazione scolastica. nel suo
È indubbio che sulla condizione psico-fisica e attitudinale di ciascun soggetto, specifico
specie se colta nel suo specifico evolutivo, ha una forte incidenza la variabile evolutivo,
ambientale e di contesto rispetto alla specifica diversa-abilità che i DSA rappre- ha una forte
sentano: un contesto (scolastico) incapace o indisponibile a individuare e ad at- incidenza
tuare le strategie di adattamento didattico più appropriate ai bisogni degli la variabile
alunni non solo è «predittivo» di disabilità, ma trasforma una diversa-abilità in ambientale
disabilità per l’alunno che ne è portatore, generando un handicap di appren- e di contesto
dimento. Questo il rivoluzionario punto di vista dell’ICF1, applicabile a tutti
i bisogni, educativi e didattico-formativi, degli alunni individualmente intesi,
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140 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
dal momento che ciascun bisogno è, a suo modo, «speciale», meglio, «special-
mente normale»2.
In altri termini, un ambiente incapace di costruire le condizioni adeguate per-
ché la «specialità» individuale si senta inclusa, in quanto compresa e valorizzata,
messa nelle condizioni di esprimere il proprio significato, genera diversità,
quindi demotivazione, scarsa autostima, limitato senso di autoefficacia, diffi-
coltà di socializzazione: in una parola, insuccesso.
L’universo che ruota intorno agli alunni in genere, ma particolarmente in-
torno a quelli che presentano qualche diversità in più rispetto alla eteroge-
neità normale dei ragazzi che siedono nei banchi di una classe, deve essere,
quindi, in grado di orientarli e, per farlo, deve individuare le coordinate di cia-
scuno e adattarvi funzionalmente i traguardi e i sentieri di apprendimento
guidato, per attingerli.
Strumento precipuo di siffatto processo è la «personalizzazione dell’appren-
dimento», da intendersi, in primo luogo, come la capacità della scuola di tra-
durre concretamente «gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali
alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli
alunni», di riconoscere e valorizzare le diversità, di promuovere le potenzialità
di ciascuno3.
Detta personalizzazione, già nucleo fondante della riforma Moratti, poi rece-
pita nelle Indicazioni per il Curricolo del 2007, ove «la scuola è chiamata a rea-
lizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli
Un ambiente studenti nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della personalità di
incapace ognuno»4, nonché nell’impianto dei documenti relativi al nuovo obbligo di
di costruire istruzione5, trova la sua ragione più profonda nella «considerazione dell’uomo
le condizioni come persona, la cui vita è pienamente autentica solo con l’esercizio della libertà»6.
adeguate
perché
la «specialità»
individuale
si senta inclusa, 1. International Classification of Function, Disability and Health (OMS, 2001), edito in Italia da
in quanto Erickson. Nello specifico, si sta concretizzando, in Puglia, la possibilità di avviare, a fronte di un
forte partenariato interistituzionale, un percorso congiunto di formazione di operatori indivi-
compresa duati fra le figure di sistema, per l’implementazione integrata sul territorio regionale dello stru-
e valorizzata, mento ICF.
messa 2. D. Ianes, La speciale normalità. Strategie di integrazione e inclusione per le disabilità e i bisogni
nelle condizioni educativi speciali, Trento, Erickson, 2006.
3. Art. 4 del DPR 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle
di esprimere istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, in SO n. 152/L alla
il proprio GU del 10.08.1999.
significato, 4. DM 31.07.2007, Indicazioni per il curricolo (per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di
genera istruzione), Roma, Tecnodid, 2007.
5. DM 139/2007 e relativi allegati.
diversità, quindi 6. V. Garcia Hoz, L’educazione personalizzata (a cura di G. Zanniello), Brescia, La Scuola Edi-
demotivazione trice, 2005.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 141
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 143
Cornice del dispositivo della Regione Puglia è, inoltre, la riforma nazionale dei
servizi socio-assistenziali sancita dalla legge n. 328 del 2000: legge quadro per
la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, che ricono-
sce formalmente il ruolo delle organizzazioni non-profit nella rappresentanza
degli interessi della società civile e dei cittadini all’interno delle arene del deci-
sion-making. Le politiche di welfare convergono dunque progressivamente verso
la centralità accordata alla configurazione locale di reti di governance, nelle
quali, a differenti livelli, si trovano a interagire la Repubblica (nel significato
precisato nel nuovo art. 117 Cost.) e il mercato, le organizzazioni del terzo set-
tore, il volontariato organizzato e le famiglie.
La legge 328/2000, madre degli attuali piani sociali di zona, nel contesto dei
quali l’amministrazione scolastica e le Istituzioni scolastiche, nell’esercizio della
loro autonomia funzionale, si raccordano con il contesto territoriale di riferi-
mento, ha gemmato inoltre, in Puglia, la legge regionale 19/2006, anch’essa
cornice di riferimento dell’ultimo intervento normativo regionale sui DSA.
La legge surrichiamata, nel quadro dei compiti di programmazione, coordina-
mento e indirizzo attribuiti alle Regioni, che trovano esplicitazione e sistema-
zione nel Piano Regionale triennale degli interventi e dei servizi sociali, in
coerenza con il Piano Sanitario Regionale nonché con gli obiettivi delle poli-
tiche del lavoro, dell’istruzione e della formazione, ha riconosciuto propria-
mente il diritto dell’individuo a ricevere prestazioni appropriate rispetto alle
situazioni di bisogno (art. 2 c. 1 lett. D), il diritto alla valorizzazione delle po-
tenzialità e delle risorse delle persone (lett. E), come anche il sostegno e la pro- Il sistema
mozione del recupero di autonomia delle persone diversamente abili (lett. F). locale
Tra i principi cui deve ispirarsi la realizzazione del sistema integrato dei ser- integrato
vizi sociali, compare (art. 2, c. 2, lettera e) «l’integrazione delle politiche sociali di welfare trova
con tutte le politiche di settore atte a prevenire tutte le condizioni di disagio e di la sua
esclusione sociale». realizzazione
Il sistema locale integrato di welfare trova la sua realizzazione in capo agli enti in capo
locali, associati per ambiti territoriali sociali, con il compito di strutturare piani agli enti locali,
sociali di zona triennali, concordemente con i principi e le linee programma- associati
tiche definite nel piano regionale e con gli obiettivi prioritari di servizio ivi de- per ambiti
clinati. Rileva che i piani sociali di zona garantiscano «la gestione unitaria del territoriali
sistema locale dei servizi sociali, attraverso il metodo del coordinamento tra tutti i sociali,
servizi sociali sanitari e tutte le politiche che mirano al benessere della persona e alla con il compito
migliore qualità della vita» (art. 4, c. 1). di strutturare
piani sociali
di zona
triennali
della partecipazione tramite la consultazione aperta dei cittadini e delle loro associazioni come
uno dei pilastri di governo dell’UE. Si aggiungano anche le Raccomandazioni del Consiglio
d’Europa del dicembre 2006 a proposito delle competenze chiave per l’apprendimento perma-
nente). Si veda E. Pavolini, Le nuove politiche sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 2003.
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INTERVENTI
144 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
3. LE ESPERIENZE IN ATTO
12. Le azioni sono elencate per area territoriale di riferimento. Quelle contrassegnate da asteri-
sco non sono ancora state portate a conclusione.
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LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 145
3. Gioia del Colle (Ba): avviato in collaborazione fra i Circoli Didattici del ter-
ritorio, il Comune di Gioia del Colle, AID Bari.
INTERVENTI
146 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 147
danno a essi vita) nella definizione e nella gestione di regole funzionali alla pro-
duzione e alla implementazione partecipata delle politiche pubbliche e dei pro-
cessi decisionali, sia in linea verticale sia orizzontale, ovvero nella governance dei
processi di welfare.
Essa, in quanto spazio per la produzione di logiche e criteri organizzativi non
tradizionali nei rapporti tra le amministrazioni pubbliche, va accompagnata
da sistemi di gestione per obiettivi, che permettono di elevare i livelli di traspa-
renza nelle relazioni tra decisori politici, decisori amministrativi e cittadinanza,
riconoscendo a ciascuna parte del sistema il proprio ruolo.
Inoltre, per consentire il consolidamento di una cultura organizzativa dei
servizi ai minori che sia adeguata, diffusa, intra- e inter-istituzionale, appare
necessaria anche una base informativa completa e capace di fornire a cia-
scuno dei soggetti istituzionali coinvolti i dati necessari a conoscere, definire
e misurare quanti-qualitativamente il bisogno di welfare che compete a cia-
scuna istituzione.
Questi gli obiettivi futuri per far saltare il «chiavistello della paura» nei nostri
bambini e scoprirli a sorridere, dentro alle loro scuole e insieme ai loro inse-
gnanti, per la sorpresa di essersene liberati.
Questi
gli obiettivi
futuri
per far saltare
il «chiavistello
della paura»
nei nostri
bambini
e scoprirli
a sorridere,
dentro
alle loro scuole
e insieme
ai loro
insegnanti,
per la sorpresa
di essersene
liberati
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 149
LEGGI REGIONALI
IN MATERIA DI DSA.
ALCUNE RIFLESSIONI
INTERVENTI
150 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
per il riconoscimento dei DSA che dovrà essere riconosciuto dalle USL, le unità
di neuropsichiatria infantile o da enti riconosciuti (Emilia Romagna, Liguria,
Valle d’Aosta). Questo aspetto garantirebbe un’univocità di valutazione del di-
sturbo non solo presso ambiti territoriali, ma anche sul territorio nazionale, al
momento dell’entrata in vigore della legge nazionale, evitando l’uso improprio
di certificazioni.
Diamo ora uno sguardo alle realtà territoriali e procediamo con l’analisi delle
singole leggi regionali finora emanate.
Hanno provveduto alla stesura di leggi regionali la Basilicata, che ha fatto da
battistrada alle leggi in materia, con l’accordo del 12 novembre 2007. Succes-
sivamente hanno ratificato proprie leggi regionali l’Emilia Romagna, la Li-
guria, la Lombardia, la Puglia, la Valle d’Aosta e il Veneto.
Regione La regione Basilicata promuove una campagna annuale di sensibilizzazione
Basilicata verso la problematica dei disturbi indirizzata alle famiglie, alla scuola, al mondo
del lavoro, alle realtà sanitarie, all’associazionismo. Concentra inoltre la sua at-
tenzione sulla formazione del personale educativo e degli operatori sanitari per
l’identificazione dei disturbi.
In particolare all’art. 3, relativo alla formazione degli insegnati e degli opera-
tori sanitari, la legge regionale fa obbligo alla programmazione regionale nel set-
tore della formazione con la previsione di specifici interventi per la formazione e
l’aggiornamento degli insegnanti e degli operatori scolastici, dimostrando l’atten-
zione verso un valido processo di riconoscimento dei bisogni espressi dalle per-
sone con DSA.
Prevede, inoltre, ulteriori contributi alle scuole sia per l’acquisto di strumenti
informatici dotati di videoscrittura con correttore ortografico e sintesi vocale e di
altri strumenti alternativi, informatici o tecnologici, per facilitare i percorsi di-
dattici degli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento, sia per l’erogazione
di sovvenzioni alle famiglie per le stesse finalità.
Regione Legge regionale della Valle d’Aosta, datata 6 maggio 2009, persegue le seguenti
Valle d’Aosta finalità:
a) garantire i necessari supporti ai soggetti con DSA, in funzione del diritto al-
l’istruzione e alla formazione;
b) assicurare lo sviluppo delle potenzialità dei soggetti con DSA;
c) assicurare adeguate possibilità di individuazione dei casi a rischio, a partire
dalla scuola dell’infanzia, e di diagnosi precoce nella scuola primaria;
d) sensibilizzare e formare gli insegnanti, i formatori, i referenti delle istituzioni
scolastiche, gli operatori socio-sanitari e i genitori nei confronti delle problema-
tiche legate a DSA;
e) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra le famiglie, le istitu-
zioni scolastiche, gli enti di formazione e i servizi sanitari durante tutto l’arco
di istruzione e formazione;
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Uno sguardo più ampio viene rivolto alla promozione dei diritti delle persone
con DSA, alla frequenza presso le università e alle attività lavorative, assicu-
rando la collaborazione per la realizzazione di strumenti compensativi e di-
spensativi per il superamento di esami universitari o di prove concorsuali.
In allegato alla legge regionale, oltre che all’accordo PRO-DSA, vengono for-
niti un’ipotesi di percorso diagnostico-abilitativo di minori con DSA ed un
modulo fac-simile di Segnalazione di DSA, già previsti con nota circolare
127931 del 5 giugno 2009 del Direttore Generale Sanità e Politiche Sociali
della regione Emilia Romagna.
Anche la Lombardia, con legge regionale del 4 febbraio 2010, promuove ini- Regione
ziative per il superamento delle difficoltà derivanti dai DSA con il coinvolgi- Lombardia
mento del territorio, delle associazioni e delle famiglie.
La legge ha lo scopo di:
a) garantire l’integrazione dei soggetti con DSA nella scuola, nel lavoro, e in tutti
i contesti sociali;
b) promuovere la diagnosi precoce dei DSA nell’ambito di una stretta collabora-
zione tra strutture sanitarie pubbliche e private accreditate;
c) promuovere specifiche iniziative volte a favorire la riabilitazione, facilitare l’ap-
prendimento, agevolare l’integrazione e le pari opportunità dei soggetti con DSA.
In particolare all’art. 2, punto 3, gli enti locali partecipano all’attuazione delle ini-
ziative nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, aspetti
che sembrerebbero essere del tutto ovvii in relazione alle competenze territoriali
degli enti locali, ma assai particolari se si fa riferimento alla regolamentazione delle
strategie per il superamento dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento in quanto
prevedono la interrelazione tra i partner fino alla perseguimento del risultato, in
questo caso la completa integrazione della persona con DSA.
All’art. 3 vengono indicati interventi specifici di formazione per il personale do-
cente nell’ambito delle indicazioni date dal programma annuale, ricadente nelle
previsioni di norme indicate dall’art. 7 della legge regionale del 6 agosto 2007,
n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione
Lombardia). In collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale l’Ente Re-
gione prevede un sistema di istruzione e formazione professionale regionale
con l’attivazione di iniziative formative rivolte al personale docente, per fornire
adeguati strumenti di individuazione precoce dei DSA e consentire l’adozione di
percorsi didattici specifici, nonché il monitoraggio dei DSA.
La Liguria ha ottenuto la sua legge regionale in materia, in data 15 febbraio Regione
2010. Liguria
La Legge riconosce che i DSA possano rappresentare un reale ostacolo al pieno
sviluppo della persona. Pertanto promuove interventi a favore delle persone:
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Anche per questa legge regionale, all’art. 3 si tiene conto di interventi di for-
mazione a favore delle scuole ed università e a favore degli operatori sanitari.
Per quel che riguarda la formazione degli insegnanti la legge intende fornire co-
noscenze specifiche dei disturbi e delle strategie didattiche adeguate, anche at-
traverso la diffusione di buone pratiche, al fine di dotare le scuole di percorsi
educativi personalizzati mediante l’uso di tecnologie ed ausili didattici.
Anche la regione Liguria promuove campagne di screening presso le scuole di
ogni ordine e grado e scuole dell’infanzia.
Prevede inoltre contributi specifici per le tecnologie sia alle scuole che alle famiglie.
La diagnosi dei DSA viene effettuata dalle ASL o dalle Aziende Ospedaliere e
dagli specialisti o dalle figure specialistiche preposte anche convenzionate (art.
4, punto 4-Adeguamento del Servizio sanitario Regionale). Questo aspetto ne-
cessiterebbe di ulteriori approfondimenti al fine di fornire agli specialisti «con-
venzionati» modalità univoche di interpretazione.
All’art. 6 la Regione, conformemente a quanto previsto dalla circolare n. 28 del
15 marzo 2007 del MIUR, si impegna a fornisce alle scuole il materiale e le tec-
nologie adeguate per l’assunzione di misure compensative e dispensative per lo
svolgimento delle prove durante gli esami di Stato a favore delle sole persone
attestate e certificate.
Regione Il Veneto emana la sua legge regionale il 4 marzo 2010, promuove e sostiene
Veneto interventi a favore delle persone con DSA volti a:
a) garantire le condizioni ottimali nelle quali le persone con DSA possano util-
mente realizzare la loro persona nella scuola, nel lavoro e nella società;
b) promuovere la diagnosi precoce dei DSA nell’ambito di una stretta collabo-
razione tra strutture socio-sanitarie,pubbliche e private, famiglie e istituzioni
scolastiche;
c) formare e sensibilizzare gli operatori socio-sanitari, gli insegnanti e i genitori
in merito alle problematiche collegate ai DSA;
d) permettere una diagnosi tempestiva e corretta, anche quando si tratta di per-
sone non più comprese nell’età evolutiva;
e) promuovere e favorire percorsi riabilitativi idonei per le persone con DSA;
f ) favorire specifiche iniziative volte a facilitare l’apprendimento e il pieno svi-
luppo della persona con DSA.
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TRACCE
DA UN TERRITORIO.
I DISTURBI SPECIFICI
DI APPRENDIMENTO
E LE AZIONI
DELL’UFFICIO
SCOLASTICO REGIONALE di
Stefano Versari
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vato un corso residenziale all’inizio dell’a.s. 2009-2010. Uno dei temi trattati
è stato appunto quello dei DSA. Nell’a.s. 2010-2011 si ripeterà la formazione
residenziale e si approfondirà il tema degli strumenti informatici compensativi,
in collegamento con le azioni susseguenti la richiamata Delibera della Regione
Emilia-Romagna n. 108/2010.
A proposito di DSA e tecnologie, il Centro di Supporto (CTS) di Bologna,
in collaborazione con il Servizio Marconi dell’Ufficio Scolastico Regionale,
ha sperimentato un «Kit dislessia»4 caratterizzato da semplicità di approvvigio-
namento, basso costo, buona qualità (miniPC con cuffie e microfono; chia-
vetta USB con software free); l’iniziativa ha raccolto molteplici consensi tra le
scuole e i ragazzi. Sempre in collegamento con il Progetto «Nuove Tecnolo-
gie e Disabilità» Azione 6, l’Istituto Aldini-Valeriani e Sirani di Bologna ha svi-
luppato uno specifico software free per la lettura dei file PDF, che sarà reso
disponibile nel prossimo anno scolastico, nel quadro della presentazione na-
zionale che il Ministero dell’Istruzione effettuerà per tutti i software realizzati
nell’ambito dell’Azione 6.
Merita pure di essere segnalata l’intesa siglata nel 2009 tra l’Ufficio e AID per
la diffusione del libro digitale per alunni con DSA, ipovedenti o con plurihan-
dicap. L’iniziativa ha visto la partecipazione come scuola polo dell’Aldini-Va-
leriani di Bologna e ha portato a diffondere oltre 26.000 libri di testo in
formato digitale, a studenti di tutte le regioni (il 20% circa dei quali in Emi-
lia-Romagna). L’iniziativa è ora in fase di revisione, essendo giunta a interes-
In tema sare l’intero territorio nazionale.
di formazione In tema di formazione sui DSA e sulla didattica compensativa, nonché sugli
sui DSA e sulla strumenti dispensativi, dal 2003 a oggi è stata continua l’azione dell’Ufficio
didattica Scolastico Regionale rivolta ai docenti e dirigenti scolastici dei vari ordini e
compensativa, gradi di scuola. All’esigenza di approfondimenti in tema di «esami di quali-
nonché sugli fica ed esami di stato per allievi con handicap e DSA» si è data risposta or-
strumenti ganizzando sul territorio conferenze di servizio per dirigenti scolastici nel
dispensativi, 2006 e nel 2008. Il pacchetto formativo per i docenti, svolto la prima volta
dal 2003 nel 2003, è stato invece oggetto di ripresa nel 2007. Nell’a.s. 2009/10, infine,
a oggi è stata è stato predisposto un articolato «Piano regionale di formazione del personale
continua impegnato nell’integrazione scolastica degli alunni con handicap o con di-
l’azione sturbi specifici di apprendimento» (nota prot. 5364 del 6 maggio 2009); il
dell’Ufficio piano individua quali prioritarie le azioni formative volte all’integrazione
Scolastico scolastica degli alunni ciechi o ipovedenti, certificati per autismo o disturbo
Regionale pervasivo dello sviluppo (DPS), con segnalazione specialistica di disturbo
rivolta specifico di apprendimento. L’obiettivo, per quanto riguarda i DSA, è ap-
ai docenti e profondire i temi già oggetto di precedente formazione e iniziare a costituire
dirigenti
scolastici
4. Ulteriori informazioni sono reperibili in http://www.usp.scuole.bo.it/cts/kitdsa.php.
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ORGANIZZAZIONE
FUNZIONALE
PER I DISTURBI
SPECIFICI
DI APPRENDIMENTO
di
PRESENTAZIONE Massimo
La Rocca
La presente relazione riprende e rielabora quanto emerso durante lo svolgi- Dirigente scolastico
mento del progetto I CARE così come configuratosi presso la scuola Leonori
di Acilia (RM) e rappresenta l’esito della messa in opera di strategie, testate
sperimentalmente, per l’organizzazione delle attività, nonché per l’elaborazione
di una adeguata metodologia, volte alla tutela del diritto allo studio degli alunni
con Disturbi Specifici di Apprendimento.
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strategie dispensative. Tali attività saranno svolte dopo l’analisi attenta delle
verifiche in ingresso e la consultazione con la famiglia e con l’équipe medica
di riferimento;
4. concorda con il team dei docenti la stesura della programmazione persona-
lizzata, aderente agli obiettivi formativi e disciplinari della classe, che possa
sviluppare il potenziale apprenditivo di ciascun alunno;
5. cura la relazione con l’équipe medica che sviluppa le terapie riabilitative spe-
cifiche in continuità con le strategie didattiche realizzate dalla scuola;
6. supporta la fase della valutazione formativa e sommativa attraverso la con-
sulenza sull’utilizzo di strumenti idonei a favorire e non a ostacolare l’accer-
tamento dei livelli di apprendimento conseguiti;
7. fornisce la consulenza sull’uso dei sussidi specifici, degli strumenti tecnolo-
gici e dei software didattici da utilizzare sia a scuola sia a casa.
Nella scuola di ogni ordine e grado, si riscontrano con sempre maggiore am-
piezza alunni che evidenziano bisogni educativi speciali, i quali necessitano
di interventi e strategie personalizzate al fine di recuperare le abilità e sem-
pre più spesso di essere ri-motivati alla frequenza e all’impegno nell’ambito
della scuola. In questa dimensione occorre quindi necessariamente struttu-
Occorre rare dei processi di ricognizione precoce e approfondita, per far emergere
necessariamente immediatamente le situazioni che possono portare a fenomeni di disper-
strutturare sione, insuccesso scolastico e demotivazione. Molto spesso è la scuola che
dei processi interrogandosi su alcune manifestazioni riesce a individuare e a segnalare,
di ricognizione agli organi competenti, gli alunni che presentano difficoltà di apprendi-
precoce mento, disabilità e disturbi specifici. In questa ottica la scuola, in collabo-
e approfondita, razione con esperti esterni, attiva lo screening attraverso la somministrazione
per far di test standardizzati, per la rilevazione delle abilità di letto-scrittura e com-
emergere prensione per tutti gli alunni delle classi iniziali.
immediatamente La scuola, attraverso tale metodologia, riesce a svolgere le seguenti attività ri-
le situazioni cognitive:
che possono
portare • una ricostruzione longitudinale delle difficoltà dell’alunno;
a fenomeni • una valutazione attenta della prestazione di lettura di testi, di parole isolate
di dispersione, e di non-parole;
insuccesso • un’analisi della correttezza e della velocità di lettura;
scolastico • una considerazione della produzione scritta, sia di parole sia di testi.
e demotivazione
I ricercatori, dopo aver raccolto e analizzato i dati, effettuano la restituzione at-
traverso delle relazioni dettagliate sia alle famiglie sia al referente interno della
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scuola. Da tale attività emergono gli alunni che apparentemente non presen-
tavano certificazioni ma che avevano comunque un percorso scolastico acciden-
tato e difficoltoso. Inoltre si evidenziano ancora gli alunni che, pur rimanendo
nella norma, presentano difficoltà di apprendimento da monitorare e da recu-
perare con proposte didattiche adeguate. Da tale quadro complessivo si co-
struisce una mappatura dei bisogni formativi di ciascuna classe e si segnalano
le situazioni al di sotto della norma alle famiglie, per la prosecuzione delle in-
dagini valutative e diagnostiche.
La «presa in carico» pedagogica interna alla Scuola consente al soggetto di con-
tinuare il proprio processo globale di apprendimento in un clima di accoglienza
affettivo-relazionale e di attenzione metodologico-didattica specifica.
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170 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
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che l’istituzione scolastica trovi la capacità di attivare forse l’unico vero stru-
mento di cambiamento che la scuola possiede: le competenze professionali
degli insegnanti. Il processo di formazione richiede una partecipazione perso-
nale che favorisca la maturazione di competenze specifiche da supportare e in-
tegrare costantemente, per non far sentire soli gli stessi docenti nei confronti
di una situazione-stimolo differente e non programmabile.
La scuola attiva, quindi, un corso di aggiornamento/formazione sui DSA aperto
a tutti gli insegnanti, il cui programma può essere sinteticamente riepilogato.
Obiettivi formativi
Tempi
Il corso si articolerà in quattro incontri della durata di tre ore ciascuno da svol-
gersi di pomeriggio nei locali della scuola.
Il processo
Metodologia di formazione
richiede una
Si illustrano alcune esperienze di attività svolte in ambito scolastico e vengono partecipazione
presentati ausili informatici utili per la didattica. Sono presentati casi clinici personale
coinvolgendo i partecipanti nel lavoro pratico di individuazione, segnalazione che favorisca
della difficoltà e programmazione didattica individualizzata. la maturazione
Gli incontri saranno organizzati in una prima parte teorica necessaria per l’in- di competenze
quadramento del disturbo nei vari aspetti clinico-diagnostici e riabilitativi. specifiche
La seconda parte pratica prevede la discussione di casi clinici con la presenta- da supportare
zione dei principali strumenti di intervento e recupero delle difficoltà di ap- e integrare
prendimento di lettura, scrittura e calcolo. costantemente
1. Modulo tematico:
L’intervento nella dislessia evolutiva
Parte frontale
– La qualificazione funzionale del disturbo di lettura.
– Percorso diagnostico.
– Proposta di modelli operativi per il trattamento della dislessia evolutiva.
– Confronto tra procedure riabilitative.
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Parte pratica
Presentazione caso clinico: dalla diagnosi al trattamento.
2. Modulo tematico:
L’intervento nella disortografia evolutiva
Parte frontale
– La qualificazione funzionale del disturbo di scrittura.
– Percorso diagnostico.
– Proposta di modelli operativi per il trattamento della disortografia evolutiva.
– Confronto tra procedure riabilitative.
Parte pratica
Presentazione caso clinico: dalla diagnosi al trattamento.
3. Modulo tematico:
L’intervento nella discalculia evolutiva
Parte frontale
– La qualificazione funzionale del disturbo del calcolo.
– Percorso diagnostico.
– Proposta di modelli operativi per il trattamento della discalculia evolutiva.
– Confronto tra procedure riabilitative.
Parte pratica
Presentazione caso clinico: dalla diagnosi al trattamento.
La scuola
attiva 4. Modulo tematico:
il Laboratorio I disturbi specifici di apprendimento a scuola:
Trasversale indicazioni per gli insegnanti in base al livello di acquisizione di lettura,
Integrato scrittura e calcolo.
Fonologico, – Come comportarsi a seconda del livello di acquisizione di lettura, scrit-
tenuto tura e calcolo.
da esperti – Per quanto tempo riabilitare e l’uso di strumenti compensativi.
esterni – Esercitazione pratica all’uso di procedure e materiale per il recupero delle
e dal referente difficoltà di lettura, scrittura e calcolo.
dei DSA.
Gli incontri
sono divisi in FASE 5 – AZIONE: INTERVENTI DI RECUPERO
un primo ciclo
di interventi La scuola attiva il Laboratorio Trasversale Integrato Fonologico, tenuto da esperti
composto esterni e dal referente dei DSA. Gli incontri sono divisi in un primo ciclo di
da 20 lezioni interventi composto da 20 lezioni di 50 minuti con frequenza settimanale; suc-
di 50 minuti cessivamente si effettua una sospensione dell’intervento di un mese circa, per
con frequenza poi strutturare una verifica dello stato degli apprendimenti prima dell’inizio del
settimanale secondo ciclo e del controllo finale. Si procede, a maggio, con l’invio delle re-
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lazioni al referente per i DSA e con la restituzione dei risultati agli insegnanti
e ai genitori degli alunni segnalati.
Per i ragazzi con difficoltà viene individuato il profilo delle abilità di letto-scrit-
tura, e vengono forniti, progressivamente, i rispettivi obiettivi di recupero.
Inoltre il referente dei DSA attiva e coordina il progetto Laboratori Trasver-
sali Integrati di Lettura e comprensione, Calcolo e soluzione problematica,
Storia e sviluppo del pensiero sequenziale, tenuti dai docenti formati nel corso
di aggiornamento.
I Laboratori Trasversali Integrati, come sistema metodologico, si sviluppano se-
condo le seguenti dimensioni:
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174 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Obiettivi didattico-laboratoriali
Gli obiettivi didattico-laboratoriali generali sono stabiliti dal referente del DSA
e dai ricercatori; essi sono condivisi con il team dei laboratori e confermati con
i docenti di classe.
Valutazione e verifica
Rilevanza Efficacia
Efficacia
Utilità
Equità
(Indicatori MEANS – Progetto I CARE - MIUR 2009)
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• output: esiti attesi riferiti ai destinatari diretti (ragazzi e docenti del team);
• outcome: esiti attesi riferiti ai destinatari indiretti (contesto organizzativo e
contesto territoriale);
• impatto formativo: esiti inattesi riferiti ai destinatari diretti (ragazzi e do-
centi del team);
• impatto organizzativo: esiti inattesi riferiti ai destinatari indiretti (contesto
organizzativo e contesto territoriale).
L’utilizzo delle nuove tecnologie rappresenta una sfida ulteriore per la scuola in
quanto garantisce, attraverso un uso consapevole, lo sfruttamento di ausili ne-
cessari a compensare le abilità carenti o da integrare. Inoltre può fornire un va- L’utilizzo
lido supporto per individuare precocemente la presenza di disturbi specifici delle nuove
nei bambini dai 4 agli 8 anni attraverso, per esempio, l’uso di CoPs (Cogni- tecnologie
tive Profiling System), un sistema computerizzato di valutazione psicometrica. rappresenta
Altri strumenti informatici sono di ausilio per l’apprendimento (software di- una sfida
dattico, scanner, sintetizzatore vocale…) perchè portano i bambini e i ragazzi ulteriore
che soffrono di DSA a un’importante collaborazione tra metodo verbale e tec- per la scuola
niche di memorizzazione del canale visivo (Visual Thinking). Inoltre favori- in quanto
scono lo sviluppo dell’autonomia formativa in quanto consentono di garantisce,
memorizzare una grande quantità di dati e permettono di creare documenti ri- attraverso
producibili, rielaborabili, ben impaginati, di facile reperibilità e di facile scam- un uso
bio. L’informatica, quindi, rappresenta un’insostituibile opportunità per gli consapevole, lo
studenti, in quanto, ponendosi come strumento vicariante, consente un com- sfruttamento
pleto utilizzo delle abilità integre, quali l’intelligenza e la fantasia. di ausili
necessari
a compensare
CONCLUSIONI le abilità
carenti
La diversità che costantemente la scuola si ritrova di fronte può risultare un ele- o da integrare
mento di ricchezza, in quanto genera un percorso di riflessione e di autovalu-
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INTERVENTI
176 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
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tazione, FrancoAngeli, Milano, 2003.
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Sabbadini G., Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva, Zanichelli, Bologna, 1995.
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così le «buone e atteggiamenti nello studio, Erickson, Trento, 1993.
pratiche» Ianes D., Metacognizione e insegnamento, Erickson, Trento.
sperimentate Angelelli P., Notarnicola A., Costabile D., Marinelli V., Judica A., Zoccolotti P., Luz-
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Gardner H., Educazione e sviluppo della mente, Erickson, Trento, 2005.
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INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 177
SITOGRAFIA
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 179
INTERVENTI
180 • ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
INTERVENTI
LA DISLESSIA E I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • 181
I software sopra citati possono essere scaricati dal sito internet del MIUR (area
dedicata agli alunni con disabilità)2.
2
http://www.istruzione.it/web/istruzione/disabilita.
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