Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
SPAZI DI HILBERT
(ESEMPI, ESERCIZI e
DIMOSTRAZIONI
che sono indicati e non risolti nella dispensa)
Diego AVERNA?
con ringraziamenti alle Dott.sse
Loredana BONSIGNORE e Maria Stella CANDELA
che sono state mie studentesse durante l’A.A. 2006/07
?
Dipartimento di Matematica e Informatica
Facoltà di Scienze MM.FF.NN.
Via Archirafi, 34-90123 Palermo (Italy)
diego.averna@unipa.it
http://math.unipa.it/averna/
Prima Edizione 13/03/2007. Ultima Edizione 26/10/2016.
Questo documento è stampabile se preso da
http://math.unipa.it/averna/did/Analisi Funzionale/index.html.
Typeset by AMS-LATEX .
Indice
3
CAPITOLO 1
SPAZI DI HILBERT
1. Spazi pre-hilbertiani
a + b = (α1 + β1 , . . . , αn + βn )
λa = (λα1 , . . . , λαn )
ha, bi = Σnk=1 αk βk
Provare che gli assiomi p1 ), p2 ), p3 ), p4 ), p5 ) sono banalmente verificati e quindi
h·, ·i è un prodotto interno.
Dim. p1 ) ha1 + a2 , bi = Σnk=1 (α1,k + α2,k )βk = Σnk=1 α1,k βk + Σnk=1 α2,k βk = ha1 , bi +
ha2 , bi
p2 ) hαa, bi = Σnk=1 (ααk )βk = Σnk=1 α(αk βk ) = αΣnk=1 αk βk = α ha, bi
p3 ) hb, ai = Σnk=1 βk αk = Σnk=1 αk βk = (poiché αk βk ∈ IR) = Σnk=1 αk βk =
Σnk=1 αk βk = ha, bi
p4 ) ha, ai = Σnk=1 αk2 ≥ 0
p5 ) (=⇒) : ha, ai = Σnk=1 αk2 = 0 =⇒ αk = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒ a = (0, . . . , 0).
(⇐=) : Sia a = (0, . . . , 0) =⇒ ha, ai = 0.
a + b = (α1 + β1 , . . . , αn + βn )
λa = (λα1 , . . . , λαn )
ha, bi = Σnk=1 αk βk
Verificare che tutte le condizioni menzionate nella definizione di spazio pre-hilbe-
rtiano sono soddisfatte.
5
6 1. SPAZI DI HILBERT
Dim. p1 ) ha1 + a2 , bi = Σnk=1 (α1,k + α2,k )βk = Σnk=1 α1,k βk + Σnk=1 α2,k βk = ha1 , bi +
ha2 , bi
p2 ) hαa, bi = Σnk=1 (ααk )βk = Σnk=1 α(αk βk ) = αΣnk=1 αk βk = α ha, bi
p3 ) hb, ai = Σnk=1 βk αk = Σnk=1 αk βk = Σnk=1 αk βk = Σnk=1 αk βk = ha, bi
p4 ) ha, ai = Σnk=1 αk αk = Σnk=1 |αk |2 ≥ 0
p5 )(=⇒) : ha, ai = Σnk=1 αk αk = Σnk=1 |αk |2 = 0 =⇒ |αk | = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒
αk = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒ a = (0, . . . , 0).
(⇐=) : Se a = (0, . . . , 0) =⇒ ha, ai = 0.
a + b = (αk + βk )∞
k=1
λa = (λαk )∞
k=1
ha, bi = Σ∞
k=1 αk βk
N.B. La serie si riduce ad una somma finita.
Verificare che L è uno spazio pre-hilbertiano.
Dim. Si osserva subito che la serie ha, bi = Σ∞ k=1 αk βk può essere ridotta ad una
somma finita (di quanti termini non di sa).
Infatti, se a, b ∈ L, allora chiaramente a = (αk )∞ k=1 con αk ∈ C per k ∈ IN, αk =
0 per k > n(a) e b = (βk )∞ k=1 con β k ∈ C per k ∈ IN, βk = 0 per k > n(b).
Quindi, posto n = min{n(a), n(b)} si deduce che: αk βk = 0 per k > n =⇒
αk βk = 0 per k > n =⇒ ha, bi = Σnk=1 αk βk .
Procedendo in modo analogo all’esempio 1.2 si ricava che ha, bi = Σ∞ k=1 αk βk è un
prodotto interno su L.
Esempio 1.4. Siano a, b ∈ IR con a < b. Poniano I = [a, b]. Denotiamo con C(I)
la classe di tutte le funzioni f : I → C continue. Definiamo (puntualmente su I)
kgk = 0 =⇒ g = 0.
Quindi:
n
X n
X
0=g=f− hf, ek i ek =⇒ f = hf, ek i ek .
k=1 k=1
8 1. SPAZI DI HILBERT
ε ε
kf − gk = kf − fn + fn − gk ≤ kf − fn k + kfn − gk < + = ε > 0.
2 2
Allora: kf − gk = 0 =⇒ f = g.
kfn − fm k < 1.
Fissato m∗ > n risulta che ∀ n > n è kfn k − kfm∗ k ≤ kfn − fm∗ k < 1 per il
Teorema 2.2, e per la relazione precedente. Da cui:
Allora ∀ n, m > n:
ε ε
kfn − fm k = kfn − f + f − fm k ≤ kfn − f k + kf − fm k < + = ε.
2 2
Quindi la successione (fn )∞
n=1 è una successione di Cauchy.
3. LO SPAZIO DI HILBERT l2 9
Esempio 2.3. Sia L = Cn . Provare che L è completo nella norma indotta dal
prodotto interno dato nell’esempio 1.2.
3. Lo spazio di Hilbert l2
Dim. a) ∞
P 2
P∞ 1
k=1 |α k | < k=1 k2 < +∞.
b) an = (αn,k )k , |αn,k | < k1 ∀n ≥ 1, ∀k ≥ 1.
|αn,1 | < 1 quindi è limitata, per un teorema di Analisi I (il caso complesso è lo
stesso) esiste una sottosuccessione (αhn ,1 )n convergente a α1 .
Pigliamo la successione |αhn ,2 | < 21 quindi è limitata, per lo stesso teorema di
Analisi I, esiste una sottosuccessione che non è restrittivo continuare a chiamare
(αhn ,2 )n convergente a α2 .
Pigliamo la successione |αhn ,3 | < 13 . . . . . . è cosi via.
La sottosuccessione che otteniamo alla fine è quella convergente richiesta: (αhn ,k )n .
10 1. SPAZI DI HILBERT
4. Lo spazio di Hilbert L2
Teorema 4.3. L2 [a, b] è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno.
b √
Z
(1) |f (x)|dx = h|f |, 1i ≤ kf kk1k = b − akf k.
a
Supponiamo ora che (fn )∞ n=1 sia una successione di Cauchy in L2 [a, b]. Allora
1
esiste un indice n1 = n1 ( 2 ) tale che:
1
kfm − fn k <
per m, n ≥ n1 .
2
Per induzione costruiamo una successione crescente di numeri naturali n1 < n2 <
. . . < nk < . . . tale che:
1
kfm − fn k <
per m, n ≥ nk .
2k
Consideriamo la successione (fnk+1 − fnk )∞
n=1 ⊂ L2 [a, b]. Per il Teorema di Lebe-
1
sgue sulla convergenza dominata abbiamo:
Z b Z b
(2) Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)|dx = Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)|dx ≤
a a
√ √ 1 √
≤ b − a Σ∞
k=1 kfnk+1 − fnk k ≤ b − a Σ∞
k=1 = b − a.
2k
Per il Teorema di Beppo Levi 2
la serie Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)| converge q.o. e
cosı̀ la serie:
1Teorema di Lebesgue sulla convergenza dominata: Se la successione (gk )∞ k=1 ⊂ M [X]
ha la proprietà che limk→∞ gk esiste ed è finito q.o. in X e se R|gk | ≤ h per qualche funzione
R h non
negativa di L1 [X] e per ogni k ≥ 1 allora limk→∞ gk ⊂ L1 [X] e X limk→∞ gk dµ = limk→∞ X gk dµ.
2 ∞
P∞ Teorema
R di Beppo Levi: P∞ Se la successione (gk )k=1 ⊂ L1 [X] ha la proprietà che
|g |dµ < ∞, Rallora k=1 gk converge q.o. in X a una funzione integrabile e
P∞X k
R k=1 P∞
X
( k=1 gk )dµ = k=1 X gk dµ.
4. LO SPAZIO DI HILBERT L2 11
∞
X
fn1 (x) + [fnk+1 (x) − fnk (x)] = lim fnk (x).
k→∞
k=1
Di conseguenza la funzione f definita q.o. in [a, b] da f (x) = limk→∞ fnk (x) è
finita q.o. e appartiene a M [a, b].
Inoltre, usando ancora il Teorema di Lebesgue sulla convergenza dominata, abbia-
mo:
Z b Z b ∞
X
2
|f (x) − fnh (x)| dx ≤ [ |fnk+1 (x) − fnk (x)|]2 dx =
a a k=h
Z b Xm Xm
= lim [ |fnk+1 (x) − fnk (x)|]2 dx = lim k |fnk+1 (x) − fnk (x)|k2 ≤
m→∞ a m→∞
k=h k=h
m
!2 m
!2 2
X X 1 1
≤ lim kfnk+1 (x) − fnk (x)k ≤ lim = .
m→∞
k=h
m→∞
k=h
2k 2h−1
1
Concludiamo cosı̀ che (f − fnh ) ∈ L2 [a, b] e kf − fnh k ≤ 2h−1 .
Perciò abbiamo f = (f − fnh ) + fnh ∈ L2 [a, b] e per n > nh otteniamo
1 1 1
kf − fn k ≤ kf − fnh k + kfnh − fn k ≤ + < h−2 .
2h−1 2h 2
Questo prova che limn→∞ fn = f .
1 x−a
e2πik b−a , x ∈ [a, b]
ek (x) = √
b−a
con coefficienti complessi razionali αk0 .
L’insieme L0 è numerabile (vedi la dimostrazione del Teorema 3.5).
Proveremo ora che L0 è ovunque denso in L2 [a, b].
Sia f ∈ L2 [a, b] e sia ε > 0. Per dimostrare che f = Re f + i Im f può essere
approssiamata con elementi di L0 da ε è sufficiente provarlo separatamente per la
funzioni reali:
1
Re f = (f + f ) ∈ L2 [a, b]
2
1
Im f = (f − f ) ∈ L2 [a, b].
2i
12 1. SPAZI DI HILBERT
Senza perdita di generalità possiamo quindi supporre che f sia a valori reali.
Per n ≥ 1 definiamo su [a, b] la funzione:
−n
se f (x) < −n
fn (x) = f (x) se −n ≤ f (x) ≤ n
n se f (x) > n.
Cosı̀ fn ∈ M [a, b] e
Z b Z b
2
|fn (x)| dx ≤ |f (x)|2 dx < ∞
a a
ε2
.
128n2
Senza perdita di generalità possiamo assumemere che h è a valori reali e che
assume valori compresi nell’intevallo [−n, n].
ε2
Abbassando o alzando linearmente la funzione h in [b − 128n 2 , b] fino a farla coin-
cidere con il valore h(a) otteniamo una funzione reale g su [a, b] tale che g(a) = g(b),
assume i valori in [−n, n] e coincide con fn su [a, b] eccetto un insieme Y di misura
ε2
minore di 64n 4.
Troviamo:
b
ε2 ε2
Z Z
2 2
kfn − gk = |fn (x) − g(x)| dx ≤ (2n)2 dx ≤ (2n)2 = .
a Y 64n2 16
Scegliamo una combinazione lineare complessa:
m
X
αk e k
k=−m
3Teorema di Lusin: Per ogni f ∈ M (X) e per ogni ε > 0 esiste una funzione a valori complessi
h che è continua su X e coincide con f su X eccetto un sottoinsieme Y ∈ X di misura µ(Y ) < ε.
4. LO SPAZIO DI HILBERT L2 13
m
X m
X m
X
|g(x) − αk0 ek (x)| ≤ |g(x) − αk ek (x)| + |αk − αk0 ||ek (x)| ≤
k=−m k=−m k=−m
ε ε ε
≤ √ + √ = √ , per ogni x ∈ [a, b];
4 b−a 4 b−a 2 b−a
m m
X X ε ε ε
kf (x) − αk0 ek k ≤ kf − fn k + kfn − gk + kg − αk0 ek k ≤ + + = ε.
k=−m k=−m
4 4 2
1. Sottospazi
M1 = {a = (αk )∞
k=1 ∈ l2 : α2k = 0, k = 1, 2, . . .}
1 1
M2 = {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 = δk cos , β2k = δk sin , k = 1, 2, . . .}
k k
e sia c = (γk )∞ 1
k=1 dove γ2k−1 = 0, γ2k = sin k , per k = 1, 2, . . ..
Provare le seguenti affermazioni:
a) M1 W e M2 sono due sottospazi.
b) M1 M2 = l2 .
c) c ∈ l2 .
d) c 6∈ M1 + M2 .
Dim. ( ∞
)
X
a) Sapendo che H = l2 = (ζk )∞
k=1 : ζk ∈ C, ∀k, |ζk |2 < ∞ , si prova, innan-
k=1
zitutto, che M1 = {a = (αk )∞
k=1 ∈ l2 : α2k = 0, k = 1, 2, . . .} è un sottospazio.
Per prima cosa, bisogna fare vedere che M1 è una varietà lineare. Ma:
∞ ∞ ∞
a0 + a00 = (αk0 )k=1 + (αk00 )k=1 = (αk0 + αk00 )k=1 ∈ M1 ,
∀a0 = (αk0 )∞ 00 00 ∞
k=1 , a = (αk )k=1 ∈ M1 . Infatti:
0 00
α2k + α2k =0 per k = 1, 2, . . . ,
0 00
dal momento che α2k = α2k = 0 per k = 1, 2, . . ..
Inoltre:
λa = λ (αk )∞ ∞
k=1 = (λαk )k=1 ∈ M1 ,
∀a = (αk )∞
k=1 ∈ M1 e ∀λ ∈ C. Infatti:
λα2k = 0 per k = 1, 2, . . . ,
15
16 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT
0 00 0 1 00 1 1
β2k−1 + β2k−1 = δk cos + δk cos = (δk0 + δk00 ) cos
k k k
0 00 0 1 00 1 1
β2k + β2k = δk sin + δk sin = (δk0 + δk00 ) sin
k k k
per k = 1, 2, . . ..
Inoltre:
λb = λ (βk )∞ ∞
k=1 = (λβk )k=1 ∈ M2 ,
∀b = (βk )∞
k=1 ∈ M2 e ∀λ ∈ C. Infatti:
1 1
λβ2k−1 = λ δk cos = (λδk ) cos
k k
1 1
λβ2k = λ δk sin = (λδk ) sin
k k
per k = 1, 2, . . ..
Quindi, M2 è una varietà lineare.
Ora proviamo che M2 è un sottospazio.
Osserviamo preliminarmente che se b = (β,k )∞ k=1 ∈ M2 , ∀ > 0, per la definizione
1 1
di M2 si ha β,2k−1 = δ,k cos k e β,2k = δ,k sin k , k = 1, 2, ..., allora si verificherà che:
∞ ∞ ∞
X X 1 1 X
kb k2 = |β,k |2 = |δ,k |2 (cos2 + sin2 ) = |δ,k |2 = kδ k2 .
k=1 k=1
k k k=1
Definiamo c = (γk )∞ ∗ 1 ∗ 1
k=1 ∈ M2 come γ,2k−1 = δk cos k e β,2k = δk sin k , k = 1, 2, ....
∞ ∞
X X 1 1
(4) kb − ck2 = |β,k − γk |2 = |δ,k − δk∗ |2 (cos2 + sin2 ) =
k=1 k=1
k k
∞
→0
X
|δ,k − δk∗ |2 = kδ − δ ∗ k2 → 0,
k=1
∞
X
(6) rk∗ = |ck |2 < 2 .
k=k∗
Si ha quindi c − η = (ck )∞
k=k∗ e dalla (6) segue che kc − ηk < .
Di conseguenza, è possibile affermare che M1 ∨ M2 = l2 .
∞
X 1
Infatti, per il criterio della serie di Cauchy, la serie 2
ha lo stesso carat-
k=1
k
∞ ∞ k
X 2k X 1 1
tere della serie 2 , cioè della serie geometrica di ragione che è
k=1
(2k)
k=1
2 2
convergente.
Pertanto, c ∈ l2 .
con
1
η2k−1 = α2k−1 + δk cos =0
k
1 1
η2k = δk sin = sin ,
k k
per k = 1, 2, . . ., da cui si ricava che
δk = 1
1
α2k−1 = − cos
k
per k = 1, 2, . . ..
Di conseguenza, si ottiene che
c = a + b,
dove
1
a = (αk )∞k=1 ∈ M1 con α2k = 0 e α2k−1 = − cos ,
k
1 1
b = (βk )∞
k=1 ∈ M2 con β2k = sin e β2k−1 = cos ,
k k
per k = 1, 2, . . ..
Naturalmente, si deve verificare, affinché a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ M1 e b = (βk )k=1 ∈ M2 ,
che a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ H = l2 e b = (βk )k=1 ∈ H = l2 .
20 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT
2. Sottospazi ortogonali
Dim.
a) Sia H = l2 . Per ogni n ≥ 1 sia en = (δn,k )∞ k=1 ∈ l2 e sia A = (e2n−1 + e2n )n=1
∞
Allora:
A⊥ = {c = (γk )∞ ∞
k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 ⊥ A} =
= {c = (γk )∞ ∞ ∞
k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 ⊥ (e2n−1 + e2n ) dove en = (δn,k )k=1 , n = 1, 2, . . .} =
= c = (γk )∞ ∞ ∞ ∞
k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 , (δ2n−1,k )k=1 + (δ2n,k )k=1 = 0, n = 1, 2, . . . =
( ∞
)
X
= c = (γk )∞ k=1 ∈ l2 : γk ((δ2n−1,k ) + (δ2n,k )) = 0, n = 1, 2, . . . =
k=1
( ∞ ∞
)
X X
= c = (γk )∞
k=1 ∈ l2 : γk (δ2n−1,k ) + γk (δ2n,k ) = 0, n = 1, 2, . . . =
k=1 k=1
= {c = (γk )∞
k=1 ∈ l2 : γ2n−1 + γ2n = 0, n = 1, 2, . . .} =
= {c = (γk )∞k=1 ∈ l2 : γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . .} .
_
A = A⊥⊥ = b = (βk )∞ ∞ ⊥
k=1 ∈ l2 : (βk )k=1 ⊥ A =
2. SOTTOSPAZI ORTOGONALI 21
= b = (βk )∞ ∞ ∞ ∞ ⊥
k=1 ∈ l2 : (βk )k=1 ⊥ (γk )k=1 , ∀ (γk )k=1 ∈ A =
= {b = (βk )∞ ∞ ∞
k=1 ∈ l2 : h(βk )k=1 , (γk )k=1 i = 0, dove γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . .} =
( ∞
)
X
= b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : βk γk = 0, dove γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . . =
k=1
( ∞
)
X
= b= (βk )∞
k=1 ∈ l2 : (β2k−1 γ2k−1 − β2k γ2k−1 ) = 0 =
k=1
( ∞
)
X
= b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : (β2k−1 − β2k ) γ2k−1 = 0 =
k=1
= {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 − β2k = 0} =
= {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 = β2k } .
a = (αk )∞ ∞ ∞
k=1 = (βk )k=1 + (γk )k=1 ,
1 1
β2n−1 + γ2n−1 = (α2n−1 + α2n ) + (α2n−1 − α2n ) = α2n−1 ,
2 2
1 1
β2n + γ2n = (α2n−1 + α2n ) − (α2n−1 − α2n ) = α2n .
2 2
Poiché la decomposizione di una qualunque
W successione nella somma di una succes-
⊥ ⊥⊥
sione di A e di una successione di A = A è unica per il Teorema 2.9, è possibile
concludere che
1
PW A a = (βk )∞
k=1 , con β2n−1 = β2n = (α2n−1 + α2n ) per n ≥ 1,
2
1
PA⊥ a = (γk )∞
k=1 , con γ2n−1 = −γ2n = (α2n−1 − α2n ) per n ≥ 1.
2
22 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT
3. Basi
√ √
Esempio 3.4. Sia L2 [0, 1] e sia e0 = 1, fk (x) = 2 cos 2πkx, gk (x) = 2 sin 2πkx
per k = 1, 2, . . .. Provare che la famiglia F = {e0 } ∪ {fk }∞ ∞
k=1 ∪ {gk }k=1 è ortonormale.
1 1
= (e2(k−h)πi − 1) = (cos 2(k − h)π + i sin 2(k − h)π − 1) = 0
2(k − h)π 2(k − h)π
ciò prova che dette funzioni sono ortogonali.
1
Proviamo ora che esse hanno norma 1 cioè che ke2kπi k = e2kπi , e2kπi 2 = 1; ciò è
immediatamente verificato in quanto è:
Z 1 Z 1
2kπix −2kπix
e e dx = dx = 1.
0 0
Essendo
Z 1 Z 1
2 2 2 2kπx + sin 2kπx cos 2kπx 1
kfk k = fk fk dx = 2 cos 2kπx dx = |0 =1
0 0 2kπ 2
Corollario 3.1. Sia F = {fk }χk=1 e G = {gk }χk=1 come nel Teorema 3.1. Allora
valgono le seguenti affermazioni:
a) fWk è una combinazione lineare di g1 , . . . , gk per 1 ≤ k ≤ χ
b) {fk }χk=1 = {gk }χk=1
W
c) La famiglia {ek = kggkk k }χk=1 è una famiglia ortonormale verificante il Teore-
ma 3.1
d) Se {hk }χk=1 è un’altra famiglia ortogonale di vettori non nulli verificante il
Teorema 3.1 allora hk = αk gk e αk 6= 0 per 1 ≤ k ≤ χ.
k
X k−1
X
gk = αk,h fh = αk,k fk + βk,h gh .
h=1 h=1
k−1
1 X
fk = (gk − βk,h gh ).
αk,k h=1
24 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT
In conclusione:
hhk , gh i
αk,h = = 0 per 1 ≤ h ≤ χ.
kgh k2
e
Teorema 3.2. Uno spazio di Hilbert H è separabile ⇐⇒ possiede una base nume-
rabile (finita o infinita).
Dim. (=⇒): Supponiamo che H sia separabile e sia (fn )∞ n=1 una successione in H
χ
ovunque densa. Scegliamo una sottosuccessione F = (fnk )k=1 , di vettori linearmente
indipendenti come segue.
Sia n1 il più piccolo indice n tale che fn 6= 0.
Se n1 < . . . < nk sono scelti in modo che fn1 , . . . , fnk sono linearmente indipen-
denti e fn è una combinazione lineare di fn1 , . . . , fnk per 1 ≤ n ≤ nk allora sia nk+1 il
più piccolo indice n > nk tale che fn1 , . . . , fnk , fn sono linearmente indipendenti (se
un tale indice n esiste va bene, altrimenti il processo termina a k = χ).
Ovviamente ogni vettore fn è una combinazione lineare finita di vettori di F.
Sia G = {ek }χk=1 una famiglia ortonormale ottenuta ortogonalizzando F. Allora
ogni vettore fn è una combinazione lineare finita di vettori di G.
Supponiamo che esista f ∈ H tale che f ⊥ ek per ogni ek ∈ G. Allora f ⊥ fn
per n ≥ 1. Scegliamo una sottosuccessione (fn0 )∞ n=1 che è ovunque densa e tale che:
f = limn→∞ fn0 . Allora hf, f i = limn→∞ hf, fn0 i = 0 e quindi f = 0.
In questo modo G è una base.
3. BASI 25
(⇐=): Viceversa, supponiamo che G = {ek }χk=1 sia una base numerabile. Sia M
la varietà lineare di tutte le combinazioni lineari finite di vettori di G. Se f ⊥ M per
qualche f ∈ H, allora f ⊥ ek per ogni ek ∈ G e quindi f = 0. Per il Corollario 2.3
segue che M è ovunque denso in H. Sia M 0 il sottoinsieme di M costituito da tutte
le tutte le combinazioni lineari finite di vettori di G a coefficienti razionali complessi.
L’insieme M 0 è numerabile. Proviamo che anche M 0 è ovunque denso in H.
Infatti per ogni f ∈ H e per ogni ε > 0 possiamo scegliere un elemento
n
X 1
g= αk ek ∈ M tale che kf − gk < ε.
k=1
2
n
0 1
0
X 1 ε
kf − g k ≤ kf − gk + kg − g k ≤ ε + |αk − αk0 | < ε + n = ε.
2 k=1
2 2n
Teorema 3.3 Sia {ek }χk=1 una famiglia ortonormale di H. Le seguenti affermazioni
sono equivalenti:
a) {ek }χk=1 è una base
b) f ⊥ eW k per ogni k ≥ 1 =⇒ f = 0
c) H =P {ek }χk=1
d) f = χk=1 hf, ek i ek per ogni f ∈ H (Serie di Fourier)
hf, gi =P χk=1 hf, ek i hg, ek i per ogni f, g ∈ H (Identità di Parseval)
P
e)
f) kf k2 = χk=1 | hf, ek i |2 per ogni f ∈ H (Identità di Parseval)
Esempio 3.5 Sia H = L2 [0, 1] e consideriamo la base dell’esempio 3.4. Per ogni
funzione reale f ∈ L2 [0, 1] definiamo:
Z 1 Z 1 Z 1
α0 = f (x)dx, αk = f (x) cos 2kπxdx, βk = f (x) sin 2kπxdx,
0 0 0
per k = 1, 2, . . ..
Nelle notazioni dell’esempio 3.4 si ha:
1 1
α0 = hf, e0 i , αk = √ hf, fk i , βk = √ hf, gk i , k = 1, 2, . . . .
2 2
Per l’identità di Parseval otteniamo:
Z 1
f 2 (x)dx = α02 + 2Σ∞ 2 2
k=1 (αk + βk )
0
Dim. Definiamo su L2 [0, 1], per ogni funzione reale f ad esso appartenente:
Z 1 Z 1 Z 1
α0 = f (x)dx, αk = f (x) cos 2kπx dx, βk = f (x) sin 2kπx dx.
0 0 0
Dalle notazioni dell’esempio 3.4 si ha:
α0 = hf, e0 i
Z 1
1 1
αk = √ hf, fk i = √ f (x) cos 2kπx dx
2 2 0
Z 1
1 1
βk = √ hf, gk i = √ f (x) sin 2kπx dx
2 2 0
Per l’identità di Parseval otteniamo:
Z 1 ∞
X
2
(9) kf k = f 2 (x)dx = | hf, τk i |2 ,
0 k=1
Teorema 3.4. Due qualunque basi di uno spazio di Hilbert H separabile hanno lo
stesso numero cardinale.
Dim. Per il Teorema 3.2, H contiene una base numerabile G = {ek }χk=1 (χ < ∞
o χ = ∞).
a) χ < ∞. Per 1 ≤ k ≤ χ sia Mk = {αek : α ∈ C}. Allora H = χk=1 Mk e ogni
P
sottoinsieme di H contiene al più χ vettori linearmente indipendenti. Una qualunque
0
altra base G 0 = {e0k }χk=1 deve quindi avere χ0 ≤ χ.
Per lo stesso fatto χ ≤ χ0 e quindi χ = χ0 .
b) χ = ∞. Per a) ogni base G 0 deve essere infinita. Se G 0 non fosse numerabile
allora H non sarebbe separabile. Quindi G 0 deve essere numerabilmente infinito.
4. Isomorfismi
U : H → H 0 , f 7→ U f
tale che per ogni f, g ∈ H e ∀ λ ∈ C, si ha:
a) U (f + g) = U f + U g
b) U (λf ) = λU f
c) hU f, U gi = hf, gi (N.B. =⇒ kU f k = kf k)
Dim. {ek }χk=1 e {e0k }χk=1 basi per H e H 0 rispettivamente (χ ≤ ∞). Per ogni
f ∈ H definiamo:
b) ∀f ∈ H e ∀λ ∈ C, si ha:
χ χ χ
0 0 0
X X X
U (λf ) = hλf, ek i ek = λ hf, ek i ek = λ hf, ek i ek = λU f.
k=1 k=1 k=1
c) ∀f, g ∈ H, si ha:
* χ χ
+ χ χ
X 0
X 0
X X D 0 0E
hU f, U gi = hf, ek i ek , hg, eh i eh = hf, ek i hg, eh i ek , eh =
k=1 h=1 k=1 h=1
0 χ
= (sapendo che ek k=1 è una famiglia ortonormale di vettori) =
χ
X
= hf, ek i hg, ek i = (per l’identità di Parseval) = hf, gi .
k=1
Si osserva, inoltre, che ∀f ∈ H:
kU f k2 = hU f, U f i = hf, f i = kf k2 .
Per dimostrare ora che U è un’applicazione biiettiva bisogna fare vedere che U è
iniettiva e suriettiva.
Innanzitutto, si prova che U è iniettiva verificando che ∀f, g ∈ H se f 6= g =⇒
U f 6= U g. Infatti:
f 6= g =⇒ 0 6= kf − gk = kU (f − g)k =⇒ U (f − g) 6= 0 =⇒ U f − U g 6= 0 =⇒
U f 6= U g.
Si mostra, infine, che U è suriettiva facendo vedere che ∀f 0 ∈ H 0 ∃f ∈ H tale che
χ
X
0
U f = f . Per fare ciò basta considerare f = hf 0 , e0k i ek . Infatti:
k=1+
χ χ
* χ χ χ
X X X X X
0 0 0 0
Uf = hf, eh i eh = hf , ek i ek , eh eh = hf 0 , e0k i hek , eh i e0h =
h=1 h=1 k=1 h=1 k=1
χ
X
hf 0 , e0h i e0h = (per il Teorema 3.3. punto d)) = f 0 .
h=1
CAPITOLO 3
Dim. φ è lineare:
∀ f, g ∈ H =⇒ φ(f + g) = hf + g, hi = hf, hi + hg, hi = φ(f ) + φ(g).
∀ λ ∈ C, ∀ f ∈ H =⇒ φ(λf ) = hλf, hi = λ hf, hi = λφf.
φ è limitato:
kφk = supf ∈H,kf k=1 kφf k = supf ∈H,kf k=1 khf, hik = khk.
2. Operatori lineari
(A + B)f = Af + Bf, ∀ f ∈ DA ∩ DB
(λA)f = λ(Af ), ∀ f ∈ DA
Corollario 2.1. Con le operazioni definite nel Teorema 2.1 l’insieme di tutti gli
operatori lineari su H è uno spazio lineare verificante le seguenti proprietà:
a) (AB)C = A(BC)
b) A(B + C) = AB + AC, (A + B)C = AC + BC
c) (αA)B = A(αB) = α(AB)
d) IA = AI = A
e) 0A = A0 = 0
Dim. L’insieme di tutti gli operatori lineari su H dotato delle seguenti operazioni:
(A + B) f = Af + Bf, ∀f ∈ H
(λA) f = λ (Af ) , ∀f ∈ H
è uno spazio lineare. Infatti, dal Teorema 2.1 si deduce che A + B e λA (con A :
H → H e B : H → H operatori lineari su H) sono a loro volta operatori lineari su
H. Si vede, poi, facilmente che tale insieme verifica tutte le condizioni menzionate
nella definizione di spazio lineare su K.
Inoltre, l’operazione di moltiplicazione cosı̀ definita
(AB) f = A (Bf ) , ∀f ∈ H
soddisfa sull’insieme di tutti gli operatori lineari su H le proprietà a), b), c), d) ed
e) dell’enunciato. Infatti:
a) ∀f ∈ H, si ha:
(AB) Cf = A (B (Cf )) = A (BC) f.
Dunque,
(AB) C = A (BC) .
b) ∀f ∈ H, si ha:
2. OPERATORI LINEARI 31
e
g = Ig = A−1 A g = A−1 (Ag) = A−1 h.
si deduce che:
A−1
1 = A2 .
−1
3. Forme bilineari
kΦg k ≤ kϕkkgk.
Per il teorema di rappresentazione di Riesz, esiste un unico vettore Ag ∈ H, tale
che:
hf, A(αg)i = Φαg (f ) = ϕ(f, αg) = αϕ(f, g) = αΦg (f ) = α hf, Agi = hf, αAgi
∀ f ∈ H, per cui:
Ag = Bg , ∀ g ∈ H.
φ(f, g) = hAf, gi
è una forma bilineare limitata su H e kφk = kAk.
b) Viceversa, sia φ : H × H → K una forma bilineare limitata. Allora esiste un
unico operatore lineare e limitato A : H → H, tale che:
Quindi abbiamo:
Dim. Immediata.
4. Operatori aggiunti
Dim. a) Essendo A∗ tale che hAf, gi = hf, A∗ gi ∀f, g ∈ H, segue che A∗∗ è tale
hA∗ f, gi = hf, A∗∗ gi ed essendo hA∗ f, gi = hg, A∗ f i = hAg, f i = hf, Agi ∀f, g ∈
H,segue che A∗∗ = A.
b) Poiché (λA)∗ è tale che h(λA)f, gi = hf,
(λA)∗ gi ∀f,
g
∈ H, ma poiché si ha
∗ ∗ ∗
anche h(λA)f, gi = hA(λf ), gi = hλf, A gi = f, λ(A g) = f, (λA )g ∀f, g ∈ H,
segue che (λA)∗ = λA∗ .
c) (AB)∗ è tale che ∀f, g ∈ H
e) Sappiamo che (A−1 A)∗ = A∗ (A−1 )∗ per la c). Da ciò, poiché (A−1 A)∗ = I ed
essendo h(A−1 A)f, gi = hA−1 (Af ), gi = h(Af ), (A−1 )∗ gi = hf, A∗ (A−1 )∗ gi, ∀f, g ∈
H, e quindi A∗ (A−1 )∗ = I, si ha che (A−1 )∗ = (A∗ )−1 .
5. Operatori di proiezione
e
M ⊂ N (per ipotesi),
si ha:
P f ∈ N, ∀f ∈ H,
il che implica, per come è definito N ,
Q (P f ) = P f, ∀f ∈ H.
Pertanto, è possibile dedurre che
QP = P.
b) ⇒ c): Sapendo, per ipotesi, che QP = P e che P è una proiezione, allora anche
QP è una proiezione.
Pertanto, per il Teorema 5.4 si ha che
QP = P Q,
da cui segue facilmente che
P Q = P.
c) ⇒ d): Sapendo, per ipotesi, che P Q = P , bisogna provare che Q − P è una
proiezione, ossia che (per il Teorema 5.2) Q − P = (Q − P )∗ = (Q − P )2 .
Si osserva, innanzitutto, che dal momento che P Q = P e P è, per ipotesi, una
proiezione, allora anche P Q è una proiezione, e, in particolare, per il Teorema 5.4
P Q = QP .
Quindi,
P = P Q = QP.
Sapendo, inoltre, che P = P = P 2 (essendo P una proiezione) e Q = Q∗ = Q2
∗
= h(Q − P ) f, (Q − P )∗ f i = h(Q − P ) f, (Q − P ) f i ≥ 0.
Pertanto:
h(Q − P ) f, f i ≥ 0, ∀f ∈ H.
38 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI
kgk = kP gk,
da cui segue che
kP gk > kQgk
e ciò è assurdo essendo per ipotesi kP gk ≤ kQgk ∀f ∈ H.
Bibliografia
39