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Il presente volume è una raccolta organica di esercizi svolti di Analisi Reale e Fun- Matteo Muratori Fabio Punzo Nicola Soave
B
zionale. Le soluzioni sono esposte in dettaglio, con connessioni alla teoria.
L’opera è indirizzata principalmente a studenti di Matematica, Fisica e Ingegneria,
S
che affrontano argomenti di teoria della misura e di analisi funzionale in corsi
A
C
avanzati di Analisi Matematica.
T
ESERCIZI SVOLTI
K
Il libro è suddiviso nei seguenti capitoli:
R
R
Capitolo 1. Spazi Metrici
O
DI ANALISI
Capitolo 2. Misure e σ-Algebre
A
U
Capitolo 3. L’Integrale di Lebesgue
C
Capitolo 4. Funzioni AC e BV
D
Capitolo 5. Spazi di Banach e Operatori Lineari
REALE E FUNZIONALE
T
Capitolo 6. Spazi Lp
Capitolo 7. Spazi di Hilbert
Capitolo 8. Operatori Compatti e Teoria Spettrale
www.editrice-esculapio.it
A C T
UND
Esercizi Svolti
di Analisi
Reale e Funzionale
ISBN 978-88-9385-256-2
©
Copyright 2021
Società Editrice Esculapio s.r.l.
Via Terracini, 30 - 40131 Bologna
www.editrice-esculapio.com - info@editrice-esculapio.it
Printed in Italy
Le fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale, con esclusione quindi di stru-
menti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume,
dietro pagamento alla S.I.A.E del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge
22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere effettuate negli esercizi commerciali
convenzionati S.I.A.E. o con altre modalità indicate da S.I.A.E. Per le riproduzioni ad uso
non personale (ad esempio: professionale, economico o commerciale, strumenti di studio
collettivi, come dispense e simili) l’editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a
riprodurre un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine del volume.
CLEARedi - Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali
Corso di Porta Romana, n. 108 - 20122 Milano
e-mail: autorizzazioni@clearedi.org - sito: http://www.clearedi.org.
Prefazione
Questo libro consiste in una raccolta organica di esercizi svolti di Analisi Rea-
le e Funzionale. È ben noto che la disponibilità di eserciziari concernenti tali
argomenti è piuttosto limitata. Non mancano testi, anche eccellenti, che con-
tengono, oltre alla teoria, vari esercizi; le soluzioni, però, anche se particolar-
mente impegnative, spesso sono completamente lasciate al lettore o solamente
accennate.
In questo volume, invece, le risoluzioni degli esercizi sono presentate in detta-
glio, la loro logica e le connessioni con la teoria vengono sempre messe in risal-
to. L’esposizione è agevole, ma non si perdono mai di vista il dovuto rigore e il
linguaggio specifico.
L’opera è principalmente rivolta a studenti di Matematica, Fisica, Ingegneria
che affrontano argomenti di teoria della misura e di analisi funzionale in corsi
avanzati di analisi matematica.
Alcuni esercizi sono di calcolo, altri riguardano maggiormente aspetti teorici, cer-
ti, contrassegnati con il simbolo *, richiedono una speciale elaborazione. Diversi
esercizi sono corredati da suggerimenti, altri sono articolati in più punti colle-
gati tra loro e posti in ordine crescente di difficoltà. Questo aiuta lo studente
volenteroso a risolvere autonomamente esercizi di livello avanzato. I contenuti
di alcuni esercizi riguardano parti della teoria che spesso, per ragioni di tempo,
non si riescono a trattare a lezione. La loro comprensione permette senza dub-
bio di conoscere degli argomenti con maggiore profondità e di acquisire con essi
una buona familiarità. Gran parte delle soluzioni sono autocontenute; a volte,
però, in determinati esercizi se ne richiamano altri, sempre in maniera chiara ed
esplicita.
Ciascun capitolo si apre con l’indicazione dei prerequisiti teorici; si fa anche ri-
ferimento ad alcuni libri dove gli argomenti di teoria correlati sono trattati. È
indispensabile che lo studente possieda una adeguata conoscenza della teoria in-
dicata, prima di affrontare gli esercizi. I capitoli, per quanto possibile, sono indi-
pendenti l’uno dall’altro; d’altra parte la comprensione di un capitolo può essere
agevolata dalla lettura di quelli che lo precedono.
Gli autori
L’esperienza suggerisce che è impossibile pubblicare un libro privo di errori. Gi autori saranno quindi
grati ai lettori attenti che vorranno segnalarglieli per email.
Indice
Prefazione iii
Notazioni vii
1 Spazi Metrici 1
1.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2 Misure e σ-Algebre 19
2.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3 L’integrale di Lebesgue 43
3.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
4 Funzioni AC e BV 109
4.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
4.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
5 Spazi di Banach e Operatori Lineari 143
5.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143
5.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
6 Spazi Lp 199
6.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199
6.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
7 Spazi di Hilbert 257
7.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257
7.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265
8 Operatori Compatti e Teoria Spettrale 291
8.1 Testi degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291
8.2 Soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297
Bibliografia 323
Notazioni
In questo testo si considerano sempre funzioni a valori reali e spazi vettoriali
su R. Per quanto riguarda la notazione, i simboli adottati sono prevalentemente
standard, ma per maggiore chiarezza riportiamo di seguito quelli più utilizzati o
per i quali le convenzioni comuni tipicamente non sono univoche. In particolare:
N+ Insieme dei numeri naturali escluso lo zero. A volte si scriverà più esplici-
tamente N \ {0}.
P(X) Insieme delle parti di un insieme X. Talvolta verrà anche denotato con 2X .
Nel primo caso, la variabile di integrazione sarà spesso omessa per bre-
vità, mentre l’elemento di misura dx sarà sempre riportato per chiarezza.
In alcuni esercizi, qualora necessario per evitare ambiguità, si indicherà
esplicitamente la dimensione a cui si riferisce la misura di Lebesgue.
q.o. Quasi ovunque rispetto alla misura di Lebesgue. Nel caso di una generica
misura µ, scriveremo µ-q.o. per evitare ambiguità.
viii Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
∞
! p1
(k) p
X
kxk`p = x , se 1 ≤ p < ∞ ,
k=0
kxk`∞ = sup x(k) .
k∈N
AC([a, b]) Insieme delle funzioni assolutamente continue sull’intervallo [a, b]. Si tratta
di uno spazio di Banach rispetto alla norma
Z b Z b
kf kAC([a,b]) := |f (x)| dx + |f 0 (x)| dx
a a
= kf kL1 ([a,b]) + kf 0 kL1 ([a,b]) .
L(E, F ) (E, F spazi vettoriali normati) Insieme degli operatori lineari e continui da
E in F .
K(E, F ) (E, F spazi vettoriali normati) Insieme degli operatori lineari e compatti da
E in F .
Br (x) Palla di raggio r > 0 centrata nel punto x in Rn , o più in generale in spazio
normato E.
dist(·, ·) Distanza, in uno spazio metrico (o normato), tra due elementi x e y, tra un
elemento x e un insieme A o tra due insiemi A e B. Per definizione, ricor-
diamo che dist(x, A) è l’estremo inferiore delle distanze tra x ed elementi di
A, mentre dist(B, A) è l’estremo inferiore delle distanze tra elementi di B
ed elementi di A.
* Denota la convergenza debole (in molti casi, questo sarà comunque sotto-
lineato esplicitamente per chiarezza). La dicitura “per n → ∞” potrebbe
essere omessa, in assenza di ambiguità.
∗
* Denota la convergenza debole∗ (in molti casi, questo sarà comunque sot-
tolineato esplicitamente per chiarezza). La dicitura “per n → ∞” potrebbe
essere omessa, in assenza di ambiguità.
Notazioni xi
Prerequisiti teorici
• Distanza (o metrica)
• Elementi di topologia
• Successioni
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [2, Capitolo 0], [3, Capitolo 2], [4, Capitolo
1].
Esercizio 1.3.
Verificare che p
3
d(x, y) := |x − y| ∀x, y ∈ R
è una distanza su R .
Suggerimento: utilizzare l’Esercizio 1.2.
Esercizio 1.4.
Sia (X, d) uno spazio metrico, e sia {Kn } una successione di chiusi di X tale che
Kn+1 ⊆ Kn , per ogni n ∈ N. Mostrare che:
T
(i) se X è completo e diam(Kn ) → 0, allora n Kn consiste di un unico punto;
T
(ii) se uno degli insiemi Kn è compatto, allora n Kn 6= ∅.
Esercizio 1.5.
Siano (X, dX ) e (Y, dY ) spazi metrici, D un sottoinsieme denso in X, e sia ft : X →
Y , t ∈ [0, t̄), una famiglia di funzioni continue tali che
per ogni x ∈ D.
Esercizio 1.6.
Sia (X, d) uno spazio metrico completo, e sia ft : X → X, t ∈ [0, t̄), una famiglia
di funzioni continue tali che
per ogni x, y ∈ X e ogni t ∈ [0, t̄). Mostrare che ogni ft ha un unico punto fisso xt , e
che xt → x0 per t → 0+ . È possibile rimpiazzare l’ipotesi di convergenza puntuale
in X, con la convergenza puntuale in un sottoinsieme denso D ⊂ X?
Suggerimento: per rispondere alla domanda, è utile aver svolto l’Esercizio 1.5.
Esercizio 1.7.
Sia (X, d) uno spazio metrico. Mostrare che una successione {xn } ⊂ X converge a
x se e solo se ogni sottosuccessione {xnk } ha un’ulteriore estratta che converge a x.
1. Spazi Metrici 3
Esercizio 1.8.
Sia X l’insieme delle funzioni continue su R, periodiche, di periodo 2π. Stabilire
per quali α ∈ R esiste un’unica u ∈ X tale che
1
u(x) = sin x arctan(u(x + α)) ∀x ∈ R . (1.1)
2
Esercizio 1.9.
Sia h ∈ C 0 ([0, a]), con a > 0, e sia ϕ ∈ C 1 (R) tale che kϕ0 k∞ = L < +∞. Mostrare
che esiste un’unica funzione u ∈ C 0 ([0, a]) tale che
x x
u(x) = (ϕ ◦ u) + h(x) ∀x ∈ [0, a] . (1.2)
2 2
Suggerimento: sfruttare il teorema delle contrazioni nella versione iterata.
* Esercizio 1.10. Siano (X, dX ) e (Y, dY ) due spazi metrici e f : X → Y . È facile
verificare che anche lo spazio prodotto X × Y , dotato della metrica
Esercizio 1.13.
Sia V uno spazio vettoriale dotato di una distanza d rispetto alla quale le opera-
zioni di somma e prodotto per uno scalare sono continue da V a V e da V × V a
V , rispettivamente, ovvero
per ogni x, y ∈ V .
(i) Mostrare che, in generale, non è detto che la distanza d induca una norma
su V .
* Esercizio 1.14.
Siano (X, dX ), (Y, dY ) due spazi metrici e f : X → Y una funzione continua. Si
consideri l’insieme immagine Z := f (X) ⊆ Y .
(ii) Tramite un esempio, mostrare che se f non è continua (Z, dY ) può non essere
separabile anche se (X, dX ) lo è.
(iii) In generale, è vero che se (X, dX ) è completo allora anche (Z, dY ) è completo?
* Esercizio 1.15.
Sia V uno spazio vettoriale dotato di una distanza d. Definiamo la palla aperta
di raggio r > 0 in V , centrata nell’origine, come
Br := {x ∈ V : d(x, 0) < r} ,
er := {x ∈ V : d(x, 0) ≤ r} .
B
è iniettiva, allora Br = B
er ;
Esercizio 1.16.
Siano (X, d) uno spazio metrico e K ⊂ X un suo sottoinsieme compatto. Sfruttan-
do la nozione di compattezza per ricoprimenti, dimostrare che (K, d) è separabile.
Esercizio 1.17.
Sia (V, k · k) uno spazio normato, e sia W ⊂ V un suo sottospazio denso. Si
consideri la seguente metrica costruita su V :
dove (
x se x ∈ W ,
T (x) :=
−x se x ∈ V \ W .
Mostrare che:
(i) d è effettivamente una distanza su V ;
1.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 1.1.
Poiché d è una distanza su X, d0 è non negativa, d0 (x, x) = 0 per ogni x ∈ X, d0 è
simmetrica e verifica la disuguaglianza triangolare. Inoltre,
d0 (x, y) = 0 =⇒ ϕ(x) = ϕ(y) .
Visto che da d0 (x, y) = 0 deve seguire x = y, deduciamo che ϕ deve essere inietti-
va. È poi immediato verificare che l’iniettività è anche una condizione sufficiente
affinché d0 sia una distanza.
Soluzione dell’Esercizio 1.2.
Notiamo che
d0 (x, y) > 0 ∀x, y ∈ X : x 6= y ⇐⇒ ϕ > 0 in (0, +∞) .
Inoltre, affinché d0 (x, y) = 0 se e solo se x = y, deve essere ϕ(0) = 0. Poiché d è
simmetrica, anche d0 lo è. Supponiamo che ϕ sia crescente e che verifichi
ϕ(t1 + t2 ) ≤ ϕ(t1 ) + ϕ(t2 ) ∀t1 , t2 ∈ R+ , (1.7)
ovvero ϕ è subadditiva. Quindi per ogni s1 , s2 , s3 ∈ R+ con s1 ≤ s2 + s3 risulta
ϕ(s1 ) ≤ ϕ(s2 + s3 ) ≤ ϕ(s2 ) + ϕ(s3 ) . (1.8)
Siano x, y, z ∈ X. Poniamo
s1 = d(x, y) , s2 = d(x, z) , s3 = d(z, y) .
Per la disuguaglianza triangolare verificata dalla distanza d, si ha
s1 ≤ s2 + s3 .
Dunque, grazie alla (1.8),
ϕ(d(x, y)) ≤ ϕ(d(x, z)) + ϕ(d(z, y)) .
Perciò d0 soddisfa la disuguaglianza triangolare. Dunque d0 è una distanza su X.
Soluzione dell’Esercizio 1.3.
Grazie all’Esercizio 1.2,
d(x, y) = ϕ(|x − y|) ∀x, y ∈ R
è una distanza se ϕ : [0, +∞) → [0, +∞) è una funzione crescente, ϕ(0) = 0,
ϕ(t) > 0 per ogni t > 0 e ϕ soddisfa la condizione (1.7). Pertanto si tratta di
verificare che √ √ √
3 3
s + t ≤ 3 s + t ∀s, t ≥ 0 .
La disuguaglianza precedente è equivalente a
√ √
3
3 √3
√
3
s + t ≤ 3 s + t = s + 3 s2 t + 3 st2 + t ,
Questa è una famiglia di funzioni continue, con ft (x) → f0 (x) per t → 0, per ogni
x nel sottoinsieme denso (0, 1]. Tuttavia, 1 = ft (0) 6→ f0 (0) = 0 per t → 0+ .
(ii) Sia x ∈ X \ D. Vogliamo mostrare che
A questo punto possiamo mostrare che ft (x) → f0 (x): infatti, per ogni ε > 0
abbiamo mostrato che esiste τ > 0 tale che, se t ∈ (0, τ ), allora
dY (ft (x),f0 (x))
≤ dY (ft (x), ft (x0 )) + dY (ft (x0 ), f0 (x0 )) + dY (f0 (x0 ), f0 (x))
ε ε ε
< + + = ε,
3 3 3
dove abbiamo usato la disuguaglianza triangolare, e le stime (1.9) e (1.10).
Soluzione dell’Esercizio 1.6.
L’esistenza di un unico punto fisso xt , per ogni ft , è conseguenza diretta del
teorema delle contrazioni. Ora,
d(xt , x0 ) = d(ft (xt ), f0 (x0 )) ≤ d(ft (xt ), ft (x0 )) + d(ft (x0 ), f0 (x0 ))
≤ ρ d(xt , x0 ) + d(ft (x0 ), f0 (x0 )) ,
da cui
1
d(xt , x0 ) ≤ d(ft (x0 ), f0 (x0 )) → 0
1−ρ
per t → 0+ , per convergenza puntuale in X. Sarebbe stato anche possibile rim-
piazzare la convergenza puntuale in X con la convergenza puntuale in un insie-
me denso D ⊂ X. Ciò è garantito dall’Esercizio 1.5, che è applicabile in quanto
la famiglia {ft } è equicontinua, essendo una famiglia di contrazioni con la stessa
costante ρ ∈ (0, 1).
Soluzione dell’Esercizio 1.7.
Mostriamo che, se ogni sottosuccessione {xnk } ha un’ulteriore estratta che con-
verge a x, allora xn → x (rispetto alla metrica d). Supponiamo per assurdo che
ciò non sia vero: allora esistono ε̄ > 0 e una sottosuccessione {xnm } tale che
d(xnm , x) ≥ ε̄ per ogni m ∈ N. Tuttavia, per ipotesi esiste un’estratta {xnmp } tale
che d(xnmp , x) → 0 per p → ∞, assurdo. L’implicazione inversa è ovvia.
Soluzione dell’Esercizio 1.8.
Osserviamo che X si può identificare con lo spazio
E := v ∈ C 0 ([0, 2π]) : v(0) = v(2π) .
Dotato della distanza indotta dalla norma del sup, l’insieme E è uno spazio metri-
co completo, dunque anche X lo è. Mostrare che u è una soluzione di (1.1) equivale
a mostrare che u è un punto fisso dell’applicazione Tα : X → C(R) definita da
1
(Tα u)(x) = sin x arctan(u(x + α)) .
2
Ora, è evidente che Tα u ∈ X per ogni u ∈ X. Inoltre, se u, v ∈ X, per il teorema
di Lagrange per ogni x ∈ R esiste ξ(x) compreso tra u(x + α) e v(x + α) tale che
1 1
|Tα u(x) − Tα v(x)| ≤ | sin x| |u(x + α) − v(x + α)|
2 1 + ξ 2 (x)
1
≤ ku − vk∞ ;
2
1. Spazi Metrici 9
da cui
lim dX×Y ((xn , yn ), (x, y)) = lim (dX (xn , x) + dY (yn , y)) = 0 ,
n→∞ n→∞
ovvero {(xn , yn )} converge a (x, y). Deduciamo che anche lo spazio (X × Y, dX×Y )
è completo. Viceversa, supponiamo che (X × Y, dX×Y ) sia completo, e sia {xn } ⊂
10 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
da cui
lim df (xn , x) = lim (dX (xn , x) + dY (f (xn ), f (x))) = 0 ,
n→∞ X n→∞
Tuttavia tale successione non è convergente in (X, dfX ), perché dato un qualsiasi
x ∈ X abbiamo (
f
1 − x se x 6= 0 ,
dX (xn , x) = 1n
n +1 se x = 0 ,
e questa quantità non tende a zero per n → ∞.
(ii) Possiamo considerare sempre lo spazio X = R e la funzione
(
1
se x 6= 0 ,
f (x) := x
0 se x = 0 .
Se {xn } è una qualsiasi successione di Cauchy in (X, dfX ), allora sia {xn } che
{f (xn )} sono di Cauchy, quindi in particolare sono entrambe successioni limitate.
Dato che R è completo, esisterà x ∈ R tale che
lim |xn − x| = 0 ;
n→∞
ovvero {xn } converge a x in (X, dfX ), e quindi in questo caso (X, dfX ) è completo.
Soluzione dell’Esercizio 1.12.
Se d è indotta da una norma k · k, allora per definizione
d(x, y) = kx − yk ∀x, y ∈ V ,
di conseguenza
e
d(tx, ty) = ktx − tyk = kt(x − y)k = |t| kx − yk = |t| d(x, y)
∀x, y ∈ V , ∀t ∈ R .
Viceversa, supponiamo che d soddisfi la (1.3), e poniamo
kxk := d(x, 0) ∀x ∈ V .
dove nel passaggio intermedio abbiamo usato l’identità sinistra nella (1.3) con
z = −y. Dobbiamo quindi solo controllare che k · k sia effettivamente una norma.
Notiamo che, dalla definizione di k · k, abbiamo kxk = 0 se e solo se d(x, 0) = 0,
ma essendo d una distanza tale identità è verificata se e solo se x = 0, quindi la
proprietà di annullamento è soddisfatta. Inoltre,
dove abbiamo usato l’identità destra nella (1.3) con y = 0. Quindi anche la
proprietà di omogeneità è soddisfatta. Infine,
Non è difficile verificare che d effettivamente soddisfa tutti gli assiomi di distanza
(si veda l’Esercizio 1.2), e che limn→∞ d(xn , x) = 0 se e solo se limn→∞ kxn −xk = 0.
Di conseguenza, per ogni t ∈ R abbiamo
lim d(txn , tx) = lim (ktxn − txk ∧ 1) = |t| lim kxn − xk ∧ 1 = 0 ,
n→∞ n→∞ n→∞
Le proprietà (1.4)–(1.5) sono dunque soddisfate. Tuttavia, d non può essere in-
dotta da una norma. Infatti, ricordando l’Esercizio 1.12, se così fosse avremmo in
particolare
d(tx, 0) = |t| d(x, 0) ∀t ∈ R ,
ma tale identità viene chiaramente violata scegliendo x 6= 0 e mandando t → +∞,
dato che per costruzione d(tx, 0) ≤ 1.
(ii) Anzitutto osserviamo che, sempre grazie all’Esercizio 1.12, essendo d indotta
da una norma su W abbiamo
e
d(x + z, y + z) = d(x, y) ∀x, y, z ∈ W .
Ora prendiamo tre successioni xn , yn , zn ∈ W che convergono rispettivamente
a x ∈ V , y ∈ V e z ∈ V (elementi arbitrari di V ). Tali successioni ovviamente
esistono grazie all’ipotesi di densità di W in V . Osserviamo che, in virtù della
disuguaglianza triangolare,
e analogamente
ottenendo
d(tx, ty) = |t| d(x, y) . (1.12)
Ragionando in modo simile, ricaviamo:
da cui, grazie alla (1.5), possiamo passare al limite per n → ∞ anche nell’identità
d(xn + zn , yn + zn ) = d(xn , yn )
ottenendo
d(x + z, y + z) = d(x, y) . (1.13)
Avendo dimostrato la validità delle identità (1.12)–(1.13) in tutto V , l’Esercizio
1.12 assicura che effettivamente d è indotta da una norma.
14 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
lim dX (xni , x) = 0 ,
i→∞
e f è continua, allora
(iii) In generale è falso, e per farlo vedere è sufficiente ragionare su funzioni reali
di variabile reale, scegliendo come spazio metrico X = Y = R con la metrica
indotta dal modulo | · | (quindi sia X che Y sono completi). Infatti, la funzione
f (x) = arctan(x) ∀x ∈ R
converge a x. Osserviamo inoltre che la funzione fx (t) è continua, dato che sem-
pre grazie alla (1.6) e alla disuguaglianza triangolare
e1 = {x ∈ V : kxk ∧ 1 ≤ 1} = V ,
B
mentre
B1 = {x ∈ V : kxk ≤ 1} .
Infatti, è facile verificare che se kxk = 1 la stessa successione {xn } scelta nel
punto (ii) converge a x rispetto a d. Tuttavia, se kxk > 1, per ogni y ∈ B1 abbiamo
kn
[
K⊆ B n1 (xk,n ) .
k=0
16 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
che equivale a
0 = lim ky − xn k = lim k−y − (−xn )k = lim kT (y) − T (−xn )k
n→∞ n→∞ n→∞
= lim d(y, −xn ) ,
n→∞
1. Spazi Metrici 17
Prerequisiti teorici
• Famiglie di insiemi, σ-algebre, σ-algebra di Borel
• Misure (positive)
• Spazi misurabili, spazi di misura
• Misura di Lebesgue
• Funzioni misurabili
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [2, Capitolo 1], [3, Capitoli 7, 8], [4, Capitoli
2,3], [5, Capitoli 1,2], [7, Capitolo 1], [9, Capitoli 2, 3, 4, 5].
• µ(∅) = 0;
• µ è finitamente additiva;
• µ è σ-subadditiva.
Esercizio 2.2.
Sia (X, M) uno spazio misurabile, e sia µ : M → [0, +∞) tale che
• µ(∅) = 0;
• µ è finitamente additiva;
20 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
A = B,
dove
B := {F ∪ E0 : F ∈ A , E0 ∈ Tµ } ,
e Tµ è la famiglia degli insiemi trascurabili. Ricordiamo che E ⊂ X si dice
trascurabile se esiste N ∈ A tale che µ(N ) = 0 e E ⊆ N .
Esercizio 2.6.
Siano
A := {x ∈ R : 0 ≤ arctan(x) < 1} ,
B := Q ∩ [0, 1] ,
∞
\
1 − n1 , 2 + 1
C := 3n ,
n=1
Ω := A ∪ B ∪ C .
Verificare che Ω è misurabile e calcolarne la misura.
Esercizio 2.7.
Verificare che la funzione
(
x2 x ∈ Q,
f (x) :=
x6 x ∈ R \ Q,
è misurabile.
2. Misure e σ-Algebre 21
Esercizio 2.8.
Esibire una funzione f : R → R di classe C ∞ e una funzione g : R → R non
misurabile tali che h := f ◦ g sia misurabile.
Suggerimento: utilizzare χE , essendo E ⊂ R un insieme non misurabile.
Esercizio 2.9.
Siano A ⊂ [0, 1] un insieme non misurabile e x0 ∈ R. Dimostrare che A × {x0 } è
misurabile in R2 , rispetto alla σ-algebra di Lebesgue su R2 .
Esercizio 2.10.
Siano n √ o
2
A := x ∈ 0, π2 : 0 ≤ sin x <
2 ,
Ω := A ∪ B ∪ C .
Verificare che Ω è misurabile e calcolarne la misura.
Esercizio 2.11.
Siano g : [−1, 1] → R misurabile,
E := {x ∈ [−1, 1] : g(x) ≥ 0}
e (
x4 se x ∈ E ,
f (x) :=
x5 se x ∈ [−1, 1] \ E .
Stabilire se f è misurabile.
Esercizio 2.13.
Sia
E := A ∪ B ∪ C ,
dove
2
: n ∈ N+ ,
A := {x ∈ R : 0 < arctan x < 1} , B := n3
∞
\
− 21n , 2 + 1
C := 3n .
n=1
Esercizio 2.14.
(i) Mostrare che per ogni ε > 0 esiste un aperto U ⊂ R, U denso in R, tale che
λ(U ) ≤ ε.
(ii)TTrovare una successione {Un } di aperti densi in R con la proprietà che
∞
λ( n=0 Un ) = 0.
Esercizio 2.15.
Sia (Ω, M, µ) uno spazio di misura, con µ(Ω) < +∞, e sia f : Ω → R una funzione
finita µ-quasi ovunque. Mostrare che per ogni ε > 0 esiste Ωε ∈ M tale che
µ(Ω \ Ωε ) < ε e f ∈ L∞ (Ωε ).
Il risultato rimane vero se µ(Ω) = +∞?
Esercizio 2.16.
Sia (X, M, µ) uno spazio di misura. Consideriamo una successione di insiemi
{En } ⊂ M. Denotiamo con lim supn En l’insieme dei punti di X che appartengono
a infiniti En , e con lim inf n En l’insieme dei punti di X che appartengono a tutti
gli En da un certo indice n0 in poi.
(i) Mostrare che
∞ [
\ ∞ \
[
lim sup En = Ek , lim inf En = Ek ,
n→∞ n→∞
n=1 k≥n n=1 k≥n
e che
∞
!
[
µ En < +∞ =⇒ µ lim sup En ≥ lim sup µ(En ) . (2.1)
n→∞ n→∞
n=1
MA := {B ∩ A ⊂ X : B ∈ M} (2.2)
Mostrare che
Ω1 = Ω2 .
24 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 2.22.
Introduciamo l’insieme ternario di Cantor. È definito per induzione come segue.
Il passo n = 1 consiste nel togliere dall’intervallo chiuso K0 := [0, 1] l’intervallo
aperto
1 2
I0,1 := , .
3 3
Dopo il passo n = 1, restano 2 sottointervalli chiusi
1 2
J1,1 := 0, , J1,2 := ,1 .
3 3
Al passo n = 2, togliamo dall’intervallo chiuso J1,1 l’intervallo aperto, che chia-
miamo I2,1 , avente lo stesso centro di J1,1 e lunghezza 312 , cioè eliminiamo da J1,1
l’intervallo aperto
1 2
I1,1 := , .
9 9
Similmente, togliamo dall’intervallo chiuso J1,2 l’intervallo aperto
7 8
I1,2 := , .
9 9
Sia n
2
[
Kn := Jn,k ∀n ∈ N .
k=1
* Esercizio 2.23.
Sia K l’insieme ternario di Cantor (costruito nell’Esercizio 2.22).
(i) Verificare che K è costituito dagli x ∈ [0, 1] aventi sviluppo ternario
∞
X ak
x= ,
3k
k=1
con
ak ∈ {0, 2} ∀k ∈ N+ .
(ii) Dimostrare che K ha la potenza (o cardinalità) del continuo.
* Esercizio 2.24.
Dimostrare che la σ-algebra L(R) dei sottoinsiemi di R misurabili secondo Lebe-
sgue ha la stessa cardinalità di P(R). È anche vero che
L(R) = P(R) ?
Suggerimento: utilizzare l’Esercizio 2.23.
Esercizio 2.25. Sia K l’insieme di Cantor introdotto nell’Esercizio 2.22. Verifi-
care che:
(i) l’insieme [0, 1] \ K è denso in [0, 1];
(ii) K è chiuso e coincide con l’insieme dei propri punti di accumulazione;
(iii) K è privo di punti interni.
* Esercizio 2.26.
Siano Kn e K definiti come nell’Esercizio 2.22. Consideriamo la seguente succes-
sione di funzioni:
3
x ∈ 0, 13 ,
2x
V1 (x) := 12 x ∈ 31 , 23 ,
3 1
x ∈ 23 , 1 ;
2x − 2
9 1
4 x x ∈ 0, 9 ,
1 1 2
∈
4 x 9 ,9 ,
9 1
2 1
4 x − 4 x ∈ 9 , 3 ,
V2 (x) := 12 x ∈ 31 , 23 ,
9
x − 1 x ∈ 23 , 79 ,
34
7 8
4 , x ∈ 9 , 9 ,
9 5
8
4x − 4 x ∈ 9, 1 .
Mostrare che:
(i) l’insieme A∞ è Lebesgue-misurabile;
(ii) 0 < λ(A∞ ) < 1;
2.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 2.1.
Poiché µ 6≡ +∞, esiste E ∈ M tale che µ(E) < +∞. Allora, per additività finita,
da cui segue che µ(∅) = 0. Inoltre, non è difficile verificare che E ⊂ F implica
µ(E) ≤ µ(F ):
dove abbiamo usato anche l’additività finita al penultimo passaggio. Questo di-
mostra che µ è σ-additiva, e quindi µ è una misura.
Soluzione dell’Esercizio 2.3.
Sia (a, b] un intervallo limitato e semiaperto. Allora
∞
\ 1
(a, b] = a, b + ,
n=1
n
e quindi (a, b] ∈ B(R) (ricordiamo che ogni intervallo aperto appartiene a B(R)).
Analogamente
∞
\ 1
(−∞, b] = −∞, b + ,
n=1
n
28 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
e quindi (−∞, b] ∈ B(R). Allo stesso modo, si può dimostrare che [a, b) e [a, +∞)
sono Boreliani. Infine
{x} = (a, x] ∩ [x, b)
per ogni a < x < b, da cui deduciamo che anche {x} è Boreliano.
Soluzione dell’Esercizio 2.4.
Mostriamo che sono verificate le tre condizioni che caratterizzano una σ-algebra.
Notiamo che per definizione ∅, X ∈ A. Inoltre, per ogni E ∈ A si ha che anche
E c ∈ A. Infatti,
∅c = X ∈ A , Bc ∈ A , (B c )c = B ∈ A , Xc = ∅ ∈ A .
S∞ {En } ⊂ A.
Infine, consideriamo una successione
Se En = ∅ per ogni n ∈ N, allora n=1 En = ∅ ∈ A. S∞
Se En ∈ {∅, B} per ogni n ∈ N ed esiste n0 ∈ N tale che En0 = B, allora n=1 En =
B ∈ A.
c c
S∞En ∈ {∅, cB } per ogni n ∈ N ed esiste n1 ∈ N tale che En1 = B , allora
Se
n=1 En = B ∈ A.
c
Se En ∈ {∅, B, BS } per ogni n ∈ N ed esistono n0 , n1 ∈ N tali che En0 = B e
c ∞
En1 = B , allora n=1 En = X ∈ A.
Se En ∈ {∅, B, B c , X} per ogni
S∞n ∈ N ed esistono n0 , n1 , n2 ∈ N tali che En0 = B,
En1 = B c e En2 = X, allora n=1 En = X ∈ A. S∞
In conclusione, per qualunque successione {En } ⊂ A, risulta n=1 En ∈ A.
Soluzione dell’Esercizio 2.5.
Sia E ∈ A. Grazie alla definizione di A, esistono F, G ∈ A tali che F ⊆ E ⊆ G con
µ(G \ F ) = 0. Sia E0 := E \ F . Abbiamo che
E0 = E \ F ⊆ G \ F .
Quindi E0 ∈ Tµ e E = F ∪ E0 , pertanto E ∈ B.
Viceversa supponiamo che E ∈ B. Dunque E = F ∪ E0 per qualche F ∈ A e
E0 ∈ Tµ . Per definizione di insieme trascurabile, esiste N ∈ A tale che E0 ⊆ N ,
µ(N ) = 0. Poniamo G := F ∪ N. Si ha
F ⊆ E ⊆ G, µ(G \ F ) = µ(N \ F ) = 0 .
Quindi E ∈ A.
Soluzione dell’Esercizio 2.6.
L’insieme A è misurabile essendo la controimmagine dell’insieme misurabile [0, 1)
mediante la funzione continua (e dunque misurabile) x 7→ arctan(x); B è numera-
bile, dunque è misurabile e di misura nulla. Infine, C è misurabile in quanto in-
tersezione di una quantità numerabile di intervalli, che sono insiemi misurabili.
Ne segue che Ω è misurabile. Inoltre,
h π
A = 0, , C = [1, 2] .
4
Dunque
π
λ(Ω) = + 1.
4
2. Misure e σ-Algebre 29
Eα := {x ∈ Q : ϕ(x) > α}
Gα := {x ∈ R \ Q : ψ(x) > α}
Ωα := Eα ∪ Gα = {x ∈ R : f (x) > α}
f (x) := cos x ∀x ∈ R
e
g(x) := 2π χE (x) ∀x ∈ R .
Allora
h(x) = cos 0 = 1 ∀x ∈ E c
e
h(x) = cos(2π) = 1 ∀x ∈ E .
Quindi
h(x) = 1 ∀x ∈ R
è una funzione misurabile.
Q = {qn : n ∈ N} .
Consideriamo dunque
∞
[ ε ε
U := qn − , qn + .
n=0
2n+2 2n+2
dove
En := {x ∈ Ω : 0 ≤ |f (x)| ≤ n} ∀n ∈ N .
In virtù della monotonia della misura e della finitezza di µ(Ω), essendo En ⊆
En+1 , abbiamo
dove si è usato il fatto che M è una σ-algebra. Questo dimostra che MA è una
σ-algebra.
(ii) Osserviamo che, se D ∈ M, allora D = D1 ∪ D2 , dove
D1 := D ∩ A ∈ MA e D2 := D ∩ Ac ∈ MAc .
M = {D1 ∪ D2 : D1 ∈ MA e D2 ∈ MAc } .
Gli insieme AI così ottenuti sono tutti diversi tra loro, dato che gli {En } sono
disgiunti. Di conseguenza M ha cardinalità maggiore o uguale a quella di P(N),
che non è numerabile.
Soluzione dell’Esercizio 2.18.
(i) Non è difficile verificare che E è una σ-algebra su X, poiché:
• X ∈ E;
• se E ∈ E, allora E ∩ A ∈ FeA , da cui segue che
A \ (E ∩ A) = (X \ E) ∩ A ∈ FeA ,
F ∪ (Ω \ E) = F ∪ [(Ω \ F ) \ N ] = Ω \ N ,
Ora, per ogni k l’insieme {x ∈ Ak : f (x, yk ) ∈ (−∞, b]} è misurabile, per la misu-
rabilità di f nella prima variabile. Pertanto, gu−1 ((−∞, b]) è misurabile, in quanto
unione di insiemi misurabili.
Nel caso di una qualsiasi funzione misurabile u, ricordiamo che esiste una suc-
cessione di funzioni semplici {un } che converge puntualmente a u. Ma allora, per
q.o. x ∈ Ω
gu (x) = f (x, u(x)) = f (x, lim un (x)) = lim f (x, un (x)) = lim gun (x),
n→∞ n→∞ n→∞
1 2
= 0, 10 = 0, 02 , = 0, 20 = 0, 12 .
3 3
Scegliamo gli sviluppi
1 2
= 0, 02 , = 0, 20 .
3 3
Dunque l’insieme K1 è costituito da punti aventi sviluppi ternario con coefficiente
a1 ∈ {0, 2}. L’asserto si ottiene mediante iterazioni di questo argomento, che ora
sviluppiamo in maniera dettagliata.
Anzitutto osserviamo che, con la stessa notazione dell’Esercizio 2.22, si ha
h i
(n) (n)
Jn,k = αk , βk ∀n ∈ N+ , k = 1, . . . , 2n ,
risulta
∞
(n) (n−1)
X 2
β2k−1 = αk + i
. (2.7)
i=n+1
3
Dalle uguaglianze in (2.6) (la prima in alto e la seconda in basso) segue imme-
(n−1) (n−1)
diatamente che αk e βk sono anche estremi di qualche intervallo che for-
ma Kn ; di conseguenza, per induzione deduciamo che appartengono a Km per
qualsiasi m ≥ n, e dunque
(n) (n)
αk , βk ∈K ∀n ∈ N+ , k = 1, . . . , 2n .
Osserviamo che, grazie a (2.6) e (2.7), ragionando per induzione, si ricava che per
qualunque n ∈ N+
( n
)
n
(n)
o X ai
αk : k = 1, . . . , 2n = x = : ai ∈ {0, 2} ,
i=1
3i
2. Misure e σ-Algebre 37
∞
( n
)
n
(n)
o X ai X 2
βk : k = 1, . . . , 2n = x= + : ai ∈ {0, 2} .
i=1
3i i=n+1
3 i
Sia
∞
( )
X ai
K := x= : ai ∈ {0, 2} .
i=1
3i
La tesi equivale a
K=K.
(n)
Notiamo subito che K ⊆ K, perché come appena visto gli estremi αk sono tutti
punti di K ed ammettono sviluppo ternario finito in cui non compare l’1. Visto
che K chiuso, perché intersezione di insiemi chiusi, segue che K ⊆ K.
Resta da verificare che K ⊆ K, o, ciò che è lo stesso, che
[0, 1] \ K ⊆ [0, 1] \ K .
Sia dunque x ∈ [0, 1] \ K. Questo è equivalente ad affermare che x ammette uno
sviluppo ternario infinito del tipo
n−1 ∞
X ai 1 X bi
x= + + ,
i=1
3i 3n i=n+1 3i
per un certo n ≥ 1 (si intende che la prima sommatoria non c’è se n = 1), con
ai ∈ {0, 2} e i coefficienti bi ∈ {0, 1, 2} non tutti nulli né tutti 2. Infatti, se i bi
fossero tutti nulli, si avrebbe
n−1 n−1 ∞
X ai 1 X ai 0 X 2
x= + n = + n+ ∈ K.
i=1
3i 3 i=1
3 i 3 i=n+1
3 i
Pertanto
∞ ∞
X bi X 2 1
0< i
< i
= n.
i=n+1
3 i=n+1
3 3
Poiché !
n−1 n−1
X ai 1 X ai 0 1 (n)
+ n = + n + = βk
i=1
3i 3 i=1
3i 3 3n
n
per qualche k = 1, . . . , 2 , si ha
(n) (n) 1 (n)
βk < x < βk + ≤ αk+1 ,
3n
dunque x 6∈ Kn , e perciò x 6∈ K.
(ii) Per quanto visto nel punto (i), l’insieme di Cantor K e l’insieme {0, 2}N sono
equipotenti. Ne segue che K ha la potenza del continuo.
38 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Visto che K ha misura nulla e lo spazio (R, L(R), λ) è completo, qualunque sot-
toinsieme di K è misurabile secondo Lebesgue. Quindi
P(K) ⊆ L(R) .
Perciò
|P(R)| = |P(K)| ≤ |L(R)| .
D’altra parte, siccome
L(R) ⊆ P(R) ,
si ha
|L(R)| ≤ |P(R)| .
Per il teorema di Schröder-Bernstein,
|L(R)| = |P(R)| .
Entrambi gli estremi dell’intervallo chiuso Jn0 ,kn0 appartengono a K per costru-
zione. Quindi qualsiasi intorno di x0 contiene punti di K \ {x0 }, cioè x0 è punto
di accumulazione di K. Questo dimostra che K è incluso nell’insieme dei pro-
pri punti di accumulazione. D’altra parte, quest’ultimo insieme è incluso in K,
perché K è chiuso. Ne segue la tesi.
(iii) È una diretta conseguenza del punto (i).
Vn (x) = 1 − Vn (1 − x) ∀x ∈ [0, 1] , ∀n ∈ N+ .
2. Misure e σ-Algebre 39
Pertanto
sup |Vn+1 − Vn | = sup |Vn+1 − Vn | = sup |Vn+1 − Vn |
[0,1] Kn Jn,1
n
3 n+1 3
≤ sup x− x
x∈[0, 3n ]
1 2 2
n
3 3 1 1
= −1 = n+1 .
2 2 3n 2
y = V (x) .
Sia
∞
X bk
y= ,
2k
k=1
con
bk ∈ {0, 1} ∀k ∈ N+ ,
lo sviluppo binario di y. Poniamo
∞
X 2bk
x= .
3k
k=1
40 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
e
n
X bk
yn := .
2k
k=1
yn = V (xn ) . (2.10)
Inoltre,
∞
X 2bk
xn −→ x = ∈K.
n→∞ 3k
k=1
In virtù della continuità di V , passando al limite nella (2.10) si ottiene quindi che
y = V (x) .
∃V 0 = 0 in [0, 1] \ K .
Poiché λ(K) = 0,
V 0 = 0 q.o. in [0, 1] .
Notiamo che
n
∞ [
[ 2
Kα = [0, 1] \ In,k .
n=0 k=1
da cui
1
log λ(An ) = log 1 − 2n + log λ(An−1 ) ,
che implica
n
X
1
∀n ∈ N+ .
log λ(An ) = log 1 − 2i
i=1
e dalle ultime due disuguaglianze è immediato verificare che In,k ⊂ (a, b). Ora
notiamo che, per costruzione, l’insieme
B∞ := In,k ∩ A∞
42 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Di conseguenza, possiamo procedere in modo del tutto analogo a quanto fatto nel
punto (ii), ottenendo
dove
∞
X
1
Λn := − log 1 − 2i .
i=n+1
3
L’integrale di Lebesgue
Prerequisiti teorici
• Funzioni integrabili (o sommabili), integrale di Lebesgue
• Gli spazi L1 e L∞
• Convergenza q.o., in L1 , in misura
• Teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [2, Capitolo 2], [3, Capitoli 8, 10], [4,
Capitoli 4, 5], [5, Capitoli 1, 8], [7, Capitolo 1], [9, Capitoli 6, 8, 9].
essendo
sin(nx) −n√x
fn (x) := e ∀x ∈ [1, +∞) , ∀n ∈ N+ .
x3
Esercizio 3.2.
Sia
∞
X | sin(nx)|
f (x) := ∀x ∈ [0, π] .
n=1
2n
Calcolare Z π
f (x) dx .
0
44 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 3.3.
Sia
sin(nx)
fn (x) := 3 ∀x ∈ (0, +∞) , ∀n ∈ N+ .
n2 x 2
Determinare il limite di {fn } in L1 ((0, +∞)).
Esercizio 3.4.
Sia
fn (x) := sin2 (nx) ∀x ∈ [0, π] , ∀n ∈ N+ .
Calcolare Z π Z π
lim inf fn (x) dx e lim inf fn (x) dx .
0 n→∞ n→∞ 0
Esercizio 3.5.
Sia f : [a, b] → [0, +∞) misurabile, limitata e non negativa. Per ogni insieme
misurabile E ⊆ [a, b] definiamo
Z
µ(E) := f (x) dx .
E
Esercizio 3.6.
Calcolare Z 1
x
lim dx .
n→∞ 0 1 + x2n
Esercizio 3.7.
Siano {qn } una enumerazione dei razionali di [0, 1],
1 1
∀n ∈ N+ ,
En := qn − 2n+1 , qn + 2n+1
e
∞
X
f (x) := χEn (x) ∀x ∈ R .
n=1
Calcolare Z
f (x) dx .
R
3. L’integrale di Lebesgue 45
Esercizio 3.8.
Sia
fn (x) := (sin x) χ[ 1 ,2π] (x) ∀x ∈ [0, 2π] , ∀n ∈ N+ .
n
Calcolare Z 2π
lim fn (x) dx .
n→∞ 0
Esercizio 3.9.
Siano
1
fn (x) := χ[n,n+1] (x) ∀x ≥ 0 , ∀n ∈ N ,
1 + x2
e
∞
X
g(x) := fn (x) ∀x ≥ 0 .
n=0
Calcolare Z +∞
g(x) dx .
0
Esercizio 3.10.
Sia
tanh(nx) 1
fn (x) := √ ∀x ∈ (0, 2) , ∀n ∈ N .
sin x 2 + nx3
Calcolare Z 2
lim fn (x) dx .
n→∞ 0
Esercizio 3.11.
Siano x n
fn (x) := 1 − χ[0,log n] (x) ∀x ∈ (0, +∞) , ∀n ∈ N+ ,
n
e
f (x) := e−x ∀x ∈ (0, +∞) .
Verificare che
fn −→ f in L1 ((0, +∞)) .
n→∞
Esercizio 3.12.
Siano α > 0 e
1
fn (x) := χ[0,n] (x) ∀x ∈ R , ∀n ∈ N+ .
nα
Dire per quali α > 0
fn −→ 0 in L1 (R) ,
n→∞
Esercizio 3.13.
Calcolare Z ∞
lim fn (x) dx ,
n→∞ 2
essendo
sin(n2 x) −n√x
fn (x) := e ∀x > 2 , ∀n ∈ N+ .
x3
Esercizio 3.14.
Siano
2
x
se x ∈ [0, 1] ,
f (x) := 0 se x ∈ (1, 3) ,
1 se x ∈ [3, 4] ,
e Z
µ(E) := f (x) dx .
E
• Dimostrare che µ è ben definita per ogni E ⊆ [0, 4] misurabile.
• Calcolare µ 21 , 72 .
Esercizio 3.17.
Calcolare
∞ Z 1
X 1
(1 − x)xk+1 dx .
k+1 0
k=0
Suggerimento: utilizzare lo sviluppo in serie di Taylor di − log(1 − x) con punto
iniziale x0 = 0.
3. L’integrale di Lebesgue 47
Esercizio 3.18.
Calcolare
∞ Z
X 1
xn (1 − x)ex dx .
n=1 0
Esercizio 3.19.
(i) Stabilire se la funzione
∞
X
f (x) := 2k χ[ 1
, 1
) (x) ∀x ∈ (0, 1)
4k+2 4k
k=0
(i) Determinare g ∈ L1 ([1, +∞)) tale |fn (x)| ≤ g(x) per ogni x ∈ [1, +∞), per
ogni n ≥ 1.
R∞
(ii) Calcolare limn→∞ 1 fn (x) dx.
(iii) Sarebbe stato possibile usare il teorema di Beppo Levi (della convergenza
monotòna)?
(iv) Determinare l’insieme degli α ∈ R tali che
∞
X fn (x)
α
∈ L1 ([1, +∞)) .
n=1
n
Esercizio 3.21.
Sia
x
f (x) := , x > 0.
ex − 1
(i) Mostrare che
Z +∞ ∞ Z
X +∞
f (x) dx = xe−nx dx .
0 n=1 0
R +∞
(ii) Calcolare 0
f (x) dx. È vero che f ∈ L1 ([0, +∞))?
48 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 3.22.
(i) Sia
1
f (x) := , x > 0.
xα + xβ
Determinare per quali 0 < α ≤ β la funzione f ∈ L1 ((0, +∞)).
(ii) Sia ora, per ogni n ∈ N con n ≥ 1,
x 1
fn (x) := n arctan , x > 0.
n2 xα + xn
Determinare per quali α > 0 si ha che fn ∈ L1 ((0, +∞)), per ogni n abbastanza
R +∞
grande. Per questi valori di α, calcolare limn 0 fn (x) dx.
Esercizio 3.23.
Nello spazio misurabile (R, P(R)), sia µ : P(R) → [0, +∞] definita da
!
X 1
µ(E) := µ(n) , con µ(n) :=
n3
n∈E∩N∗
(iii) Calcolare
Z Z Z
|x| dµ , |x| dµ , |x| dµ ,
[−2,2] [0,2] (−∞,1)
Z Z
x dµ , x dµ .
[1,+∞) (1,+∞)
(iv) Calcolare
Z
1
lim x− dµ .
m→∞ R xm
Esercizio 3.24.
Nello spazio misurabile ([0, 1], P([0, 1])), sia µ : P([0, 1]) → [0, +∞] definita da
X m
µ(E) := µ(q) , con µ := n − m
n
q∈E∩Q
(ii) Sia (
1 1
2n (n−1) se x = n
fn (x) :=
0 altrimenti.
Calcolare Z ∞
X Z ∞
X
fn dµ e fn dµ .
[0,1] n=1 [0,1) n=1
Esercizio 3.25 (Passaggio della derivata sotto il segno di integrale). Sia (X, M, µ)
uno spazio di misura, e sia f : X × [a, b] → R una funzione tale che x 7→ f (x, t) ∈
L1 (X) per ogni t ∈ [a, b]. Si supponga inoltre che per µ-q.o. x ∈ X la funzione
t 7→ f (x, t) sia derivabile in [a, b] e che esista g ∈ L1 (X) tale che
Dimostrare che x 7→ ∂t f (x, t) ∈ L1 (X) per ogni t ∈ [a, b], che la funzione
Z
t 7→ f (x, t) dµ
X
Esercizio 3.26.
Sia Z π
sin(tx)
f (t) := √ dx .
0 x
(i) Stabilire se f sia continua in [0, π].
(ii) Stabilire se f sia derivabile in [0, π], e, in tal caso, calcolare f 0 (t).
Esercizio 3.27.
Calcolare
+∞ ∞
1 X −(αk )√x
Z
√ e dx
0 x
k=0
Esercizio 3.29.
Siano {an } una successione con 0 < an ≤ 1 per ogni n ∈ N \ {0}, e
1 1 1
fn (x) := χAn (x) , dove An := , .
x n + an n
(i) Mostrare che le seguenti condizioni sono equivalenti:
a) esiste g ∈ L1 ([0, 1]) tale che |fn | ≤ g q.o. in [0, 1], per ogni n;
P∞
b) la serie n=1 ann è convergente;
P∞
c) la serie n=1 fn (x) è in L1 ([0, 1]).
P∞
(ii) È vero che n=1 ann è convergente se e solo se
Z 1
lim fn dλ = 0 ?
n→∞ 0
Esercizio 3.30.
Sia f : [0, 2] → R una funzione crescente, limitata in [0, 2], e continua in x0 = 0.
Calcolare, se esiste, Z 2
f nx dx .
lim
n→∞ 0
Esercizio 3.31.
Sia f sommabile in [0, 1]. Dimostrare che
Z x
F (x) := f (t) dt ∀x ∈ [0, 1]
0
Esercizio 3.33.
Sia f : Ω ⊂ R → R non negativa, con Ω misurabile tale che λ(Ω) < +∞. Per ogni
k ∈ N sia
Ak := {x ∈ Ω : f (x) ≥ k} .
Dimostrare che Z ∞
X Z
f (x) dx ≤ λ(Ak ) ≤ [f (x) + 1] dx .
Ω k=0 Ω
essendo
Bh := {x ∈ Ω : h ≤ f (x) < h + 1} .
Esercizio 3.34.
Sia f : E ⊂ R → R non negativa e misurabile, con E misurabile tale che λ(E) <
+∞. Per ogni t > 0 definiamo
At := {x ∈ E : f (x) ≥ t} .
(ii) Z Z
lim sup fn (x) dx ≤ f (x) dx .
n→∞ Ω Ω
Dimostrare che Z
lim |fn (x) − f (x)| dx = 0 .
n→∞ Ω
Esercizio 3.36.
Siano f, g ∈ L1 (E) (con E ⊆ R misurabile) e
Z
h(t) := g(x) dx ∀t ∈ R ,
Et
dove
Et := {x ∈ E : f (x) > t} ∀t ∈ R .
Calcolare, se esistono,
lim h(t) , lim h(t) .
t→+∞ t→−∞
Esercizio 3.37.
Sia f ∈ L1 ((0, 1)), con f ≥ 0 q.o. in (0, 1). Per ogni n ∈ N, sia
Calcolare, se esiste,
lim nλ(En ) .
n→∞
52 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 3.38.
Sia f ∈ L1 ((0, 1)) tale che
Z 1 Z 1
f (x) dx = 0 , ef (x) dx ≤ 1 .
0 0
Dimostrare che
f = 0 q.o. in (0, 1) .
Esercizio 3.39.
Sia {fn } una successione di funzioni misurabili tale che
∞
X
|fn |2 ∈ L1 ((0, 1)) .
n=1
Esercizio 3.40.
Sia f ∈ L1 (R), e siano a, b > 0.
(i) Mostrare che Z x+b
lim |f (t)| dt = 0 .
x→+∞ x−a
Esercizio 3.43.
Sia (X, M, µ) uno spazio di misura. Il teorema di convergenza monotòna afferma
che se una successione di funzioni misurabili {fn } soddisfa le ipotesi
• 0 ≤ f1 (x) ≤ f2 (x) ≤ · · · ≤ fn (x) ≤ . . . per µ-q.o. x ∈ X,
• fn → f µ-q.o. in X per n → ∞,
allora f è misurabile e Z Z
f dµ = lim fn dµ .
X n→∞ X
(i) Mostrare che l’ipotesi fn ≥ 0 µ-q.o. in X, per ogni n, non può essere rimossa
in generale.
(ii) Mostrare che, se f1 ∈ L1 (X), allora l’ipotesi fn ≥ 0 µ-q.o. in X, per ogni n,
può essere rimossa.
Esercizio 3.44.
Sia (X, M, µ) uno spazio di misura. Il lemma di Fatou afferma che per ogni
successione di funzioni misurabili {fn } non negative risulta
Z Z
lim inf f dµ ≤ lim inf fn dµ .
X n→∞ n→∞ X
Esercizio 3.47.
Sia Z 1
1+t
F (t) := f (t, x) dx , dove f (t, x) := √ .
0 x+t x
Calcolare inf t∈[1,+∞) F (t).
Esercizio 3.48.
Sia Z +∞
2
F (x) := e−t cos(xt) dt , x ∈ R.
−∞
A := {(x, t) ∈ Rn × R : 0 ≤ t ≤ f (x)}.
Esercizio 3.52.
Sia f : R → R una funzione continua tale che |f (t)| ≤ L|t| per ogni t ∈ R, per
un’opportuna costante L > 0; sia inoltre {un } ⊂ L1 (R) una successione tale che
un → u ∈ L1 (R). Mostrare che f (un ) → f (u) in L1 (R).
Suggerimento: può essere utile usare l’Esercizio 1.7.
Esercizio 3.53.
Sia {fn } ⊂ C 0 ([0, 1]) una successione di funzioni continue, tali che
Z b
|fn (t)| dt ≤ C ,
a
Esercizio 3.54.
Mediante il teorema di Fubini-Tonelli applicato alla funzione
2
(1+y 2 )
f (x, y) := xe−x ∀(x, y) ∈ [0, +∞) × [0, +∞) ,
calcolare Z +∞
2
e−x dx .
0
Esercizio 3.55.
Sia f ∈ L1 ([0, 1]).
f (t)
χA (t, x) ∈ L1 ([0, 1]2 ) , dove A := (t, x) ∈ (0, 1)2 : x < t .
t
(ii) Sia Z 1
f (t)
g(x) := dt .
x t
1
Mostrare che g ∈ L ([0, 1]).
R1 R1
(iii) Mostrare infine che 0
g(x) dx = 0
f (t) dt.
56 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 3.56.
In [0, 1]2 , dotato della misura di Lebesgue 2-dimensionale, calcolare
Z 1 Z 1 Z 1 Z 1
f (x, y) dx dy , f (x, y) dy dx ,
0 0 0
ZZ 0
|f (x, y)| dxdy ,
[0,1]2
Si può dimostrare (non si richiede di farlo) che D è misurabile rispetto alla misura
prodotto.
(i) Calcolare Z 1 Z 1 Z 1 Z 1
χD dλ dµ , χD dµ dλ .
0 0 0 0
Esercizio 3.60.
Determinare K1 , K2 : [0, 1] × [0, 1] → R continue tali che
Z x Z 1 Z 1
f (s) ds dt = K1 (x, s)f (s) ds
0 t 0
e Z 1 Z t Z 1
f (s) ds dt = K2 (x, s)f (s) ds
x 0 0
Esercizio 3.62.
Siano (Ω, M, µ) uno spazio di misura e f : Ω → R+ una funzione misurabile.
Mostrare che f soddisfa (3.5) se e solo se
Z
f dµ > 0 ∀E ∈ M : µ(E) > 0 . (3.6)
E
* Esercizio 3.63.
Diciamo che una funzione f : [a, b] → R è semi-continua inferiormente se soddisfa
Lc := {x ∈ [a, b] : f (x) ≤ c}
è chiuso.
(ii) Dedurre che una funzione semi-continua inferiormente è sempre Borel-misu-
rabile.
(iii) Mostrare che se f è semi-continua inferiormente allora ammette sempre un
minimo, ma in generale sup[a,b] f può anche valere +∞.
(iv) Dedurre che se una funzione semi-continua inferiormente è limitata dall’al-
to, allora è integrabile secondo Lebesgue. In generale, si può affermare che è
anche integrabile secondo Riemann?
* Esercizio 3.64.
Sia f : [a, b] → R una funzione semi-continua inferiormente. Fissato un arbitrario
n ∈ N+ , si consideri la seguente trasformazione di f :
è Borel-misurabile.
Esercizio 3.65.
Sia f ∈ L1 ([a, b]) (non necessariamente semi-continua inferiormente), e siano gli
insiemi Em,n ed F definiti come nell’Esercizio 3.64. Utilizzando il teorema di
differenziazione di Lebesgue, mostrare che ogni Em,n è Lebesgue-misurabile con
λ(Em,n ) = 0, deducendo che anche F è Lebesgue-misurabile con λ(F ) = 0.
Esercizio 3.66.
Siano (Ω, M, µ) uno spazio di misura e fn : Ω → R una successione di funzioni
misurabili tali che
per un’opportuna funzione g ∈ L1 (Ω). Si dimostri che vale il lemma di Fatou “alla
rovescia”, ovvero Z Z
lim sup fn dµ ≤ lim sup fn dµ . (3.9)
n→∞ Ω Ω n→∞
* Esercizio 3.67.
Sia (Ω, M, µ) uno spazio di misura. Diciamo che una successione {fn } ⊂ L1 (Ω) è
equi-integrabile se soddisfa le condizioni seguenti.
(i) Per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che
Z
|fn | dµ < ε ∀E ∈ M : µ(E) < δ , ∀n ∈ N . (3.10)
E
(ii) Per ogni ε > 0 esiste Aε ∈ M, con µ(Aε ) < +∞, tale che
Z
|fn | dµ < ε ∀n ∈ N . (3.11)
Ω\Aε
3. L’integrale di Lebesgue 59
* Esercizio 3.69.
Sfruttando l’Esercizio 3.66 e ricordando la definizione di lim sup di insiemi (si
veda l’Esercizio 2.16), si dimostri che, in realtà, l’ipotesi di uniforme limitatezza
(3.14) si può dedurre come conseguenza delle altre tre, ovvero (3.12), (3.13), (3.15).
Esercizio 3.70.
Relativamente all’Esercizio 3.68, tramite degli esempi si mostri che:
(i) in generale, la mancanza di una tra le ipotesi (3.12) e (3.13) può causare la
non validità della (3.16);
(ii) tuttavia, sempre in generale, le ipotesi (3.12) e (3.13) non sono necessarie
affinché valga la (3.16);
60 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(iii) senza l’ipotesi (3.15), la funzione x 7→ lim inf n→∞ f (x) potrebbe effettivamen-
te avere parte negativa e positiva entrambe non in L1 (Ω), rendendo quindi il
corrispondente integrale privo di senso.
Esercizio 3.71.
Alla luce degli Esercizi 3.66, 3.68 e 3.69, quali condizioni sufficienti si possono
fornire su una successione di funzioni misurabili {fn } affinché valga la tesi del
lemma di Fatou “alla rovescia” (3.9)?
Esercizio 3.72.
Data una successione di funzioni Lebesgue-misurabili gk : R → R+ , si consideri
la successione di funzioni così costruita:
P∞ gk (x)
−
fn (x) := e k=0 gk (x)+n
∀x ∈ R , ∀n ∈ N+ ,
lim fn = χE in L1 (R) .
n→∞
3. L’integrale di Lebesgue 61
3.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 3.1.
Per ogni n ∈ N+ la funzione fn è continua, dunque misurabile in [1, +∞). Inoltre,
Osserviamo che
1
|fn (x)| ≤ ∀x ∈ [1, +∞) , ∀n ∈ N+ .
x3
Poiché la funzione x 7→ 1/x3 è sommabile in [1, +∞), grazie al teorema di conver-
genza dominata abbiamo
Z +∞ Z +∞ Z +∞
lim fn (x) dx = lim fn (x) dx = 0 dx = 0 .
n→∞ 1 1 n→∞ 1
Abbiamo che
Z π Z 2nπ
2n π
Z
1
|sin(nx)| dx = |sin(t)| dt = sin t dt = 2 ∀n ∈ N+ .
0 2n 0 2n 0
Quindi
Z π ∞
X 2
f (x) dx = = 2.
0 n=1
2n
fn −→ 0 in (0, +∞) .
n→∞
62 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
fn −→ 0 in L1 ((0, +∞)) .
n→∞
da cui Z π Z π
lim inf sin2 (nx) dx = 0 dx = 0 .
0 n→∞ 0
ϕk := f χBk .
3. L’integrale di Lebesgue 63
Inoltre, ricordando che 1 − y ≤ e−y per ogni y ∈ [0, 1], per ciascun n ∈ N+ abbiamo
e
f ∈ L1 ((0, +∞)) .
Dunque, per il teorema di convergenza dominata,
fn −→ f in L1 ((0, +∞)) .
n→∞
se e solo se α > 1.
Sia α > 0. Per ogni σ > 0 e n ∈ N+ , abbiamo:
1
{x ∈ R : |fn (x)| ≥ σ} = [0, n] se σ ≤ ,
nα
mentre
1
{x ∈ R : |fn (x)| ≥ σ} = ∅ se σ > .
nα
In particolare, per ogni n > σ −1/α deduciamo che
fn −→ 0 in misura.
n→∞
Inoltre,
1
|fn (x)| ≤ g(x) = ∀x ∈ (2, +∞) , ∀n ∈ N+ ,
x3
e
g ∈ L1 ((2, +∞)) .
Grazie al teorema di convergenza dominata,
Z +∞
lim f (x) dx = 0 .
n→∞ 2
0 ≤ f (x) ≤ 1 ∀x ∈ [0, 4]
mentre
Z 1
1
=− (1 − x) log(1 − x) dx = ,
0 4
visto che (utilizzando lo sviluppo di Taylor suggerito)
∞
X xk+1
= − log(1 − x) ∀x ∈ (0, 1) .
k+1
k=0
visto che
∞
X x
xn = ∀x ∈ (0, 1) .
n=1
1−x
(iii) Non sarebbe stato possibile usare il teorema di Beppo Levi: infatti, {fn } è
una successione di funzioni non negative, ma non è monotòna rispetto a n, q.o. in
[1, +∞): da un lato, se x ∈ [1, n], si ha che
1 1 −x2 1 1
fn+1 (x) − fn (x) = − 2 +e −
(n + 1)2 n n3 (n + 1)3
2
2n + 1 2 3n + 3n + 1
=− 2 + e−x
n (n + 1)2 n3 (n + 1)3
2
2n + 1 3n + 3n + 1
≤− 2 + 3
n (n + 1)2 n (n + 1)3
−(2n + 1)(n + n) + 3n2 + 3n + 1
2
= <0
n3 (n + 1)3
per ogni n sufficientemente grande; d’altra parte fn+1 (x) − fn (x) > 0 per x ∈
(n, n + 1], per ogni n.
(iv) Siccome fn ≥ 0 in [1, +∞) per ogni n, per il teorema di Beppo Levi
Z ∞X ∞ ∞ Z ∞
1 X fn (x)
f (x) dx =
α n
dx .
1 n=1
n n=1 1
nα
Ora,
2
!
∞ n
e−x
Z Z
fn (x) 1 1
0≤ dx ≤ − dx
1 nα 1 nα n2 n3
Z n
1 1
≤ dx ≤ 1+α ,
1 n2+α n
e quindi grazie al criterio del confronto per le serie
∞
1 X
fn (x) ∈ L1 ([1, +∞)) ∀α > 0 .
nα n=1
3. L’integrale di Lebesgue 69
Pertanto
∞ ∞
x −x
X
−nx
X
f (x) = = xe e = xe−nx ,
ex (1 − e−x ) n=0 n=1
e Z +∞ Z ∞
+∞ X
f (x) dx = xe−nx dx .
0 0 n=1
Ora, xe−nx ≥ 0 per ogni x > 0. Quindi, per il teorema di convergenza monotòna
per le serie, abbiamo che
Z +∞ ∞ Z
X +∞
f (x) dx = xe−nx dx .
0 n=1 0
Siccome l’integrale è finito e f (x) = |f (x)| (i.e. f ≥ 0 in (0, +∞)), questo dimostra
anche che f ∈ L1 (0, +∞).
1 1 1
≥ χ(0,1) (x) ≥ χ(0,1) (x)
2n xα−1 + xn−1 4nxα−1
per ogni x > 0, per ogni n ≥ α. L’integrale dell’ultimo termine su [0, +∞) diverge
a +∞, e pertanto, fn 6∈ L1 ([0, +∞)) per ogni n abbastanza grande, per ogni α ≥ 2.
Sia ora α ∈ (0, 2). Osserviamo che:
• per ogni x > 0 fissato,
x 1 1 1
fn (x) ∼ n = →0
n2 xα + xn n xα−1 + xn−1
per n → ∞;
• per ogni x > 0 e n ≥ 3 si ha che
1
|fn (x)| ≤ ∈ L1 (0, +∞) ,
xα−1 + x2
come dimostrato nella (3.17).
Per il teorema di convergenza dominata, concludiamo dunque che
Z +∞
lim fn (x) dx = 0 ,
n→∞ 0
abbiamo che
Z m
X ∞
X
sm dµ = f (k)µ({k}) → f (k)µ({k})
E k=1 k∈(N\{0})∩E
k∈E
72 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
per m → ∞. Ma allora
Z Z ∞
X
f dµ ≥ lim sm dµ = f (k)µ({k}) . (3.20)
E m→∞ E k∈(N\{0})∩E
dove l’ultima uguaglianza dipende dal fatto che µ((−∞, 1)) = µ((n, n + 1)) = 0.
Ora, se n ∈ N \ {0} risulta
Z
f dµ = f (n)µ({n}) ,
{n}
per ogni E ⊂ [0, 1] ed ogni funzione non negativa f : [0, 1] → R. Questo implica in
particolare che
Z Z
1 1
fn dµ = fn dµ = n · (n − 1) = n ,
[0,1] [0,1) 2 (n − 1) 2
f (x, t + h) − f (x, t)
lim = ∂t f (x, t) per µ-q.o. x ∈ X .
h→0 h
Questo mostra la misurabilità della funzione x 7→ ∂t f (x, t), in quanto limite pun-
tuale di funzioni misurabili. Il fatto poi che tale funzione appartenga a L1 (X) è
una diretta conseguenza della (3.1). Ora notiamo che, grazie al teorema di La-
grange, per qualche punto ξ compreso tra t e t + h (che in generale dipenderà da
h, t, x) si ha
f (x, t + h) − f (x, t)
= ∂t f (x, ξ) per µ-q.o. x ∈ X ,
h
da cui, grazie sempre alla (3.1),
f (x, t + h) − f (x, t)
≤ |∂t f (x, ξ)| ≤ g(x) ∈ L1 (X) per µ-q.o. x ∈ X .
h
sin(tn x) sin(tx)
√ → √ ,
x x
∂ √
ϕ(t, x) = x cos(tx) ;
∂t
• per ogni t ∈ [0, π], e per q.o. x ∈ [0, π], abbiamo che
√
∂
ϕ(t, x) ≤ x ∈ L1 ([0, π]) .
∂t
d π
Z π Z π
√
Z
sin(tx)
f 0 (t) = ϕ(t, x) dx = √ dx = x cos(tx) dx .
dt 0 0 x 0
per ogni x ∈ (0, 1), deduciamo che anche − log(1 − xn ) ∈ L1 ([0, 1]), e questo a sua
volta implica che fn ∈ L1 ([0, 1]), per ogni n.
(ii) Abbiamo già verificato che, per ogni x ∈ ([0, 1]),
4
|fn (x)| ≤ − log(1 − x) + C1 ∈ L1 (0, 1) .
3
Inoltre, poiché 1 − xn → 1, è facile verificare che
1
χ(1−xn ,1) (t)
Z
fn (x) = dt → 0
0 arctan t
per ogni x ∈ (0, 1), per convergenza dominata. Quindi, ancora grazie al teorema
di convergenza dominata,
Z 1
lim fn (x) dx = 0 .
n→∞ 0
P∞ R1
Ora, g = n=1 fn ∈ L1 ([0, 1]) se e solo se 0 g dλ è finito, cioè (per la σ-additività
dell’integrale rispetto al dominio di integrazione) se e solo se la serie
Z ∞ Z 1 ∞
1 X n 1 X an
dx = dx = log 1 +
S∞
n=1 [ n+an , n ]
1 1 x 1
n=1 n+an
x n=1
n
Perciò
f χ[0,xn ] −→ f χ[0,x0 ] q.o. in [0, 1] .
n→∞
Inoltre,
f χ[0,x ] ≤ |f | in [0, 1]
n
Quindi
è infinitesimo per n → ∞.
Soluzione dell’Esercizio 3.33.
Osservato che
∞
[
Ak = Bh ,
h=k
Perciò
∞
X ∞ X
X h ∞
X
λ(Ak ) = λ(Bh ) = (h + 1)λ(Bh )
k=0 h=0 k=0 h=0
X∞ Z
= (h + 1) dx .
h=0 Bh
3. L’integrale di Lebesgue 79
Notiamo che
Z Z Z
f (x) dx = f (x) dx ≤ (h + 1) dx
Bh {h≤f <h+1} Bh
Z Z
≤ [f (x) + 1] dx = [f (x) + 1] dx .
{h≤f <h+1} Bh
Dunque
∞ Z
X ∞
X ∞ Z
X
f (x)dx ≤ λ(Ak ) ≤ [f (x) + 1]dx .
h=0 Bh k=0 h=0 Bh
Poiché gli insiemi {Bh } sono a due a due disgiunti, e f è a valori reali, si ha
∞ Z
X Z
f (x) dx = f (x) dx
h=0 Bh Ω
e
∞ Z
X Z
[f (x) + 1] dx = [f (x) + 1] dx .
h=0 Bh Ω
Ne segue la tesi.
Osserviamo che (
2f (x) se fn (x) ≥ f (x) ,
gn (x) =
2fn (x) se fn (x) < f (x) .
Dunque
gn ≥ 0 q.o. in Ω
e
gn (x) = 2 min{f (x), fn (x)} ∀x ∈ Ω , ∀n ∈ N .
Grazie al lemma di Fatou,
Z Z
lim inf gn (x) dx ≥ lim inf gn (x) dx . (3.22)
n→∞ Ω Ω n→∞
80 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Integrando ricaviamo
Z Z
2 f (x) dx ≤ lim inf gn (x) dx .
Ω Ω n→∞
Quindi Z Z
lim fn (x) dx = f (x) dx .
n→∞ Ω Ω
Quindi Z
lim sup |fn (x) − f (x)| dx ≤ 0 ,
n→∞ Ω
e dunque Z
lim |fn (x) − f (x)| dx = 0 .
n→∞ Ω
3. L’integrale di Lebesgue 81
χEt −→ 1 q.o. in E .
t→−∞
Inoltre,
|g(x)χEt (x)| ≤ g(x) ∀t ∈ R , per q.o. x ∈ E ,
e g ∈ L1 (E). Quindi, per il teorema di convergenza dominata,
Z
lim h(t) = 0 , lim h(t) = g(x) dx .
t→+∞ t→−∞ E
λ(N ) = 0 .
Inoltre,
∞
[
En = (0, 1) \ N .
n=0
quindi
∞
X
0≤ nλ(En ) ≤ β .
n=0
82 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
lim nλ(En ) = 0 .
n→∞
ϕ(t) := et − t − 1 ∀t ∈ R
Ne segue che
Z 1 Z 1
ef (x) dx = [1 + f (x)] dx ,
0 0
dunque
Z 1
ϕ(f (x)) dx = 0 .
0
per x → +∞.
(ii) Supponiamo per assurdo che esistano ε̄ > 0 e xn → +∞ tali che |f (xn )| ≥ ε̄.
Poiché f è uniformemente continua, esiste δ > 0 (indipendente da n) tale che
ε̄
|f (xn ) − f (x)| < ∀x ∈ [xn − δ, xn + δ] ,
2
da cui segue che |f | ≥ ε̄/2 su ciascun intervallo [xn − δ, xn + δ] = [−δ, δ] + xn .
Pertanto Z xn +δ
|f (t)| dt ≥ ε̄δ > 0 ,
xn −δ
Allora Z ∞ Z n+ n13 ∞
X X 1
|f (x)| dx = f (x) dx ≤ < +∞ ,
R n=1 n n=1
n2
ma f (x) 6→ 0 per x → +∞.
84 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
dove abbiamo usato la convergenza puntuale dell’ipotesi (a) nella prima ugua-
glianza, la convergenza delle norme L1 dell’ipotesi (b) nella terza, e le seguenti
proprietà elementari:
che implica fn → f in L1 (X). Notiamo che non sarebbe R stato possibile sostitui-
re la convergenza delle norme L1 con la condizione X fn dµ → X f dµ, come
R
mostrato dal seguente controesempio (con (X, M, µ) = ([−1, 1], L([−1, 1]), λ)):
se x ∈ 0, n1
n
fn (x) := −n se x ∈ − n1 , 0
0 altrimenti.
R R
In questo caso fn → 0 q.o. in [−1, 1], X fn dλ = 0, ma X |fn | dλ = 2 per ogni n, e
quindi fn 6→ 0 in L1 ([0, 1]).
Soluzione dell’Esercizio 3.43.
(i) In ((0, 1), L((0, 1)), λ), consideriamo
1
fn (x) := − .
nx
Evidentemente si ha che f1 (x) ≤ f2 (x) ≤ · · · ≤ fn (x) ≤ . . . per ogni x ∈ (0, 1), per
ogni n, e fn → 0 per n → ∞. Tuttavia
Z 1 Z 1
0= 0 dλ 6= lim fn dλ = −∞ .
0 n→∞ 0
con α > 0. Allora fn (x) → 0 q.o. in [0, 1], per ogni α > 0, e
Z +∞ se α > 1
α−1
fn dλ = n → 1 se α = 1
[0,1]
0 se α < 1.
86 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
fn (x) := nχ[ 1 1
] (x) .
n+1 , n
per n → ∞. Tuttavia, se esistesse h ∈ L1 ([0, 1]) tale che |fn | ≤ h q.o. in [0, 1], per
ogni n, avremmo che
Z 1 ∞ Z
X 1/n ∞ Z
X 1/n
h dλ = h dλ ≥ fn dλ
0 n=1 1/(n+1) n=1 1/(n+1)
∞
X 1
≥ = +∞ ,
n=1
n + 1
assurdo.
(ii) In ([0, 1], L([0, 1]), λ), consideriamo la famiglia numerabile
Per ogni x ∈ [0, 1], il limite limm fp (x) non esiste, poiché esistono infiniti indici m
tali per cui fm (x) = 1, ed infiniti indici m con fm (x) = 0. Tuttavia, è evidente che
fm → 0 in L1 ([0, 1]) per m → ∞, ed inoltre |fm | ≤ 1 ∈ L1 ([0, 1]) q.o. in [0, 1], per
ogni m.
Soluzione dell’Esercizio 3.46.
È sufficiente osservare che, usando la disuguaglianza triangolare,
Z Z Z
f n dλ ≤
f dλ +
(f n − f ) dλ
En En En
Z Z
≤ |f | dλ + |fn − f | dλ .
En R
ma non c’è nessuna funzione h ∈ L1 (R) tale che |fn χEn | ≤ h q.o. in R.
Soluzione dell’Esercizio 3.47.
Per ogni t ≥ 1
1+t
f (t, x) ∼ √ per x → 0+ ,
t x
√
e, essendo (1 + t)/(t x) ∈ L1 ([0, 1]) rispetto alla variabile x, si ha che f (t, ·) è
integrabile. Inoltre √
∂ x− x
f (t, x) = √ 2 ≤0
∂t (x + t x)
per ogni (t, x) ∈ [1, +∞) × [0, 1]. Pertanto, f (·, x) è decrescente rispetto a t, per
ogni x ∈ [0, 1], e la proprietà di monotonia dell’integrale implica che F (t) sia a
sua volta decrescente in t: di conseguenza
Z 1 Z 1
dx
inf F (t) = lim f (t, x) dx = √ = 2.
t∈[1,+∞) t→+∞ 0 0 x
Nel passaggio del limite sotto il segno di integrale
√ abbiamo usato la convergenza
dominata: ciò è possibile in quanto f (t, x) → 1/ x per t → +∞, per q.o. x ∈ [0, 1],
ed inoltre, usando nuovamente la monotonia di f rispetto a t, si ha che
1
|f (t, x)| ≤ lim f (t, x) = √ ∈ L1 ([0, 1]) ,
t→+∞ x
per ogni t ∈ [1, +∞).
Soluzione dell’Esercizio
R 3.48.
(i) Notiamo che F (x) = R f (t, x) dt, dove
2
f (t, x) := e−t cos(xt)
ha le seguenti proprietà:
• per ogni x ∈ R, la funzione t 7→ f (t, x) è integrabile su R;
• per ogni t ∈ R, la funzione x 7→ f (t, x) è derivabile, con
∂ 2
f (t, x) = −te−t sin(xt) ;
∂x
• per ogni x ∈ R, abbiamo che
∂
f (t, x) ≤ te−t2 ∈ L1 (R) .
∂x
88 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
è misurabile, e Z
f (x) dx = λ(A) = λ(B) .
Rn
da cui si ottiene che λ({fn > 10 C}) ≤ 1/10. Di conseguenza, posto En := {|fn | ≤
10 C}, abbiamo che λ(En ) ≥ 9/10, per ogni n fissato. Ma allora, per dimostrare la
tesi, è sufficiente osservare che
|f (t)| ≤ 10C
t ∈ [0, 1] nk = lim sup En ,
per infiniti indici nk ∈ N n→∞
2 2
Ponendo ξ = x (1 + y ), abbiamo:
Z +∞ Z +∞
1 1
f (x, y) dx = 2)
e−ξ dξ = .
0 2(1 + y 0 2(1 + y2 )
Di conseguenza,
Z +∞ Z +∞ Z +∞
1 π
f (x, y) dx dy = 2
dy = .
0 0 0 2(1 + y ) 4
Inoltre, ponendo t = xy, si ha
Z +∞ Z +∞
2 2 2 2
xe−x (1+y ) dy = e−x e−t dt .
0 0
Perciò
Z +∞ Z +∞ Z +∞ Z +∞
2 2
f (x, y) dy dx = e−x e−t dt dx
0 0 0 0
Z +∞ Z +∞ Z +∞ 2
2 2 2
= e−x dx e−t dt = e−x dx .
0 0 0
Quindi
Z +∞ 2
π −x2
= e dx ,
4 0
da cui infine √
Z +∞
−x2 π
e dx = .
0 2
3. L’integrale di Lebesgue 91
f (t)
dato che f ∈ L1 ([0, 1]). Di conseguenza, t χA (t, x) ∈ L1 ([0, 1]2 ).
(ii) Nuovamente grazie al teorema di Fubini-Tonelli
Z 1 Z 1Z 1
f (t)
|g(x)| dx = dt dx
0 0
x t
Z 1 Z 1
f (t)
≤ t dt dx
0 x
ZZ
f (t)
= χA (t, x) dtdx < +∞ ,
[0,1]2
t
(notare che, per ogni y > 1/2 fissato, f (· , y) ≡ 0). Non è difficile verificare che
l’integrale interno è pari a 0, per ogni y ∈ [0, 1/2]. Infatti, cambiando variabile
z = 1 − x, troviamo
1
Z 2 −y
−3 Z y+ 12 −3
1 1
x− dx = − −z dz
0 2 1 2
Z 1 −3 Z 1 −3
1 1
= −z dz = − z− dz
y+ 21 2 y+ 12 2
D’altra parte
Z 1 Z 1 Z 1 Z |x− 12 | −3 !
1
f (x, y) dx dy = x− dy dx
0 0 0 0 2
Z 1 x − 1
2
= 3 dx ,
0 x − 12
Per ogni y ∈ [0, 1] fissato esiste al più un punto x ∈ [0, 1] tale che y = f (x) (dato
che f è iniettiva). Ma allora, per ogni y ∈ [0, 1] fissato, risulta che χD (x, y) = 0
per λ-q.o. x ∈ [0, 1], e di conseguenza
Z 1
χD (x, y) dλ(x) = 0 ∀y ∈ [0, 1] .
0
Pertanto, Z 1 Z 1
χD (x, y) dλ(x) dν(y) = 0 .
0 0
Calcoliamo ora Z 1
χD (x, y) dν(y) .
0
Per ogni x ∈ [0, 1] fissato, esiste esattamente un punto y = f (x) ∈ [0, 1] tale che
χD (x, y) = 1. Quindi
Z 1
χD (x, y) dν(y) = 1 ∀x ∈ [0, 1] ,
0
e di conseguenza
Z 1 Z 1
χD (x, y) dν(y) dλ(x) = 1 .
0 0
94 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(ii) Pur essendo χD una funzione non negativa, gli integrali iterati sono diversi
tra loro. Non c’è contraddizione con il teorema di Fubini-Tonelli, in quanto la
misura ν non è σ-finita in [0, 1], e quindi tale teorema non è applicabile.
dato che Z +∞ Z +∞
−|x||y| 2
e dy = 2 e−|x|y dy = ,
−∞ 0 |x|
che non è integrabile in R.
ϕx (y) = f (x, y) ,
per ogni (x, y) ∈ (0, 1) × (1, 2). Quindi, per ogni n ∈ N ed ogni x ∈ (0, 1)
n n
x3 −x2
1X k 1X
f x, + 1 ≤ f (x, 1) = f (x, 1) = e ∈ L1 ([0, 1]) .
n n n 2
k=1 k=1
(il fatto che f ∈ L1 ([0, 1]2 ) segue direttamente dall’ipotesi f ∈ L1 ([0, 1])). Notiamo
che
t ≤ s ≤ 1 , con s, t ∈ [0, 1] ⇐⇒ 0 ≤ t ≤ s , con s, t ∈ [0, 1] .
Pertanto χ[t,1] (s) = χ[0,s] (t), e
Z x Z 1 Z 1 Z 1
f (s) ds dt = f (s) χ[0,x] (t)χ[0,s] (t) dt ds
0 t 0 0
Z 1 Z 1
= f (s) χ[0,min{s,x}] (t) dt ds
0 0
Z 1
= min{s, x}f (s) ds .
0
Inoltre, posto
E∞ := {x ∈ Ω : f (x) ≤ 0} ,
sappiamo per ipotesi che µ(E∞ ) = 0. Dato che, evidentemente,
∞
[
Ω = E∞ ∪ En ,
n=1
dove ciascun Fn è un insieme misurabile tale che µ(Fn ) < +∞. Possiamo suppor-
re, senza perdere generalità, che gli insiemi Fn siano tra loro disgiunti, ovvero
Fn ∩ Fm = ∅ per ogni n 6= m. Consideriamo la seguente funzione (misurabile):
1
f (x) := ∀x ∈ Fn , ∀n ∈ N+ .
2n [µ(Fn ) ∨ 1]
Chiaramente f (x) > 0 ovunque e
Z ∞ Z ∞
X X µ(Fn )
f dµ = f dµ = ≤ 1.
Ω n=1 Fn n=1
2n [µ(Fn ) ∨ 1]
f (x) ≤ c ,
Per definizione di lim inf, esisterà una sottosuccessione {xnk } ⊂ {xn } tale che
f (xnk ) ≤ c ⇐⇒ f (xnk ) ∈ Lc ∀k ∈ N .
Essendo per ipotesi Lc chiuso, e siccome anche xnk → x, deduciamo che necessa-
riamente f (x) ∈ Lc , ovvero
Tuttavia, dato che tale disuguaglianza vale per ε > 0 arbitrariamente piccolo,
l’unica possibilità è che
f (x) ≤ lim inf f (xn ) . (3.26)
n→∞
f = χCα ([a,b]) ,
deduciamo che
ovvero fn+1 (x) ≥ fn (x) per ogni x ∈ [a, b]. Quindi la successione {fn } è crescente
e perciò ammette necessariamente un limite puntuale. Per definizione di lim inf,
per ogni n ∈ N+ esiste xn ∈ ((x − 1/n, x) ∪ (x, x + 1/n)) ∩ [a, b] tale che
1
f (xn ) < lim inf f (y) + n =⇒ lim inf f (xn ) ≤ lim inf f (y) . (3.27)
y→x n→∞ y→x
3. L’integrale di Lebesgue 99
Ora osserviamo che, poiché anche x en → x, dalle definizioni di lim inf e inf si ha
che
lim inf f (y) ≤ lim f (e
xn ) = lim fn (x) ≤ lim inf f (xn ) ,
y→x n→∞ n→∞ n→∞
x ∈ xk − n1 , xk ∩ xk , xk + n1 ∩ [a, b] .
fn (xk ) ≤ f (x) ;
avendo appena stabilito che ciascun insieme Em,n contiene al più un numero
finito di elementi. A questo scopo, sia x ∈ F . Grazie al punto (i), notiamo che
cioè x ∈ Em,n . Viceversa, se x ∈ Em,n per qualche n, m ∈ N+ , allora (si ricordi che
{fn } è crescente)
1 1
f (x) < fn (x) − m =⇒ f (x) < lim inf f (y) − m ,
y→x
1
=h inf f (z) > h f (x) + m ,
1 1
z∈ x− n ,x ∪ x,x+ n ∩[a,b]
da cui
R x+ h2
x− h
f (y) dy
1
lim inf ≥ f (x) + m
2
.
h→0 + h
Pertanto, la (3.29) non può essere soddisfatta, quindi necessariamente x ∈ N .
Poiché il ragionamento vale per un arbitrario x ∈ Em,n , deduciamo che En,m ⊆ N .
D’altro canto un insieme contenuto in un insieme di misura di Lebesgue nulla è
sempre Lebesgue-misurabile e ha misura di Lebesgue nulla, perciò λ(Em,n ) = 0.
A questo punto, esattamente come nell’Esercizio 3.64 (si osservi che la dimostra-
zione della (3.28) vale a prescindere dalla semi-continuità inferiore di f ), notiamo
che F è l’unione numerabile degli insiemi Em,n , quindi sarà anch’esso un insieme
Lebesgue-misurabile di misura di Lebesgue nulla.
Soluzione dell’Esercizio 3.66.
Posta hn := g − fn , notiamo che grazie alla (3.8) abbiamo
hn (x) ≥ 0 per µ-q.o. x ∈ Ω , ∀n ∈ N .
Possiamo quindi applicare il classico lemma di Fatou alla successione {hn }, otte-
nendo Z Z
lim inf hn dµ ≤ lim inf hn dµ . (3.30)
Ω n→∞ n→∞ Ω
3. L’integrale di Lebesgue 101
D’altro canto,
quindi Z Z Z
lim inf hn dµ = g dµ − lim sup fn dµ ;
Ω n→∞ Ω Ω n→∞
analogamente,
Z Z Z Z
lim inf hn dµ = lim inf (g − fn ) dµ = g dµ + lim inf (−fn ) dµ
n→∞ Ω n→∞ Ω n→∞
ZΩ ZΩ
= g dµ − lim sup fn dµ .
Ω n→∞ Ω
da cui Z Z
− lim sup fn dµ ≤ − lim sup fn dµ (3.31)
Ω n→∞ n→∞ Ω
R
semplificando il termine Ω
g dµ. Cambiando segno nella (3.31), deduciamo infine
la (3.9).
Soluzione dell’Esercizio 3.67.
Fissato un arbitrario ε > 0, siano δ > 0 come nella (3.10) e Aε come nella (3.11).
Grazie al teorema di Egorov esiste un sottoinsieme misurabile Bδ ⊂ Aε , con
µ(Bδ ) < δ, tale che
lim fn = f uniformemente in Aε \ Bδ ;
n→∞
in particolare, f ∈ L1 (Aε \ Bδ ) e
dato che per definizione Aε è un insieme di misura finita. Per mostrare che f ∈
L1 (Ω), è sufficiente utilizzare il lemma di Fatou assieme alle (3.10)–(3.11):
Z Z
|f | dµ = lim |fn | dµ
(Ω\Aε )∪Bδ (Ω\Aε )∪Bδ n→∞
Z Z
= lim |fn | dµ + lim |fn | dµ
Ω\Aε n→∞ Bδ n→∞
Z Z
≤ lim inf |fn | dµ + lim inf |fn | dµ ≤ 2ε ,
n→∞ Ω\Aε n→∞ Bδ
102 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Mandando infine ε → 0, deduciamo che tale lim sup vale necessariamente zero,
per cui {fn } converge fortemente a f in L1 (Ω).
Le condizioni di equi-integrabilità sono effettivamente necessarie. Infatti, sup-
poniamo che {fn } ⊂ L1 (Ω) converga fortemente a una data f ∈ L1 (Ω). Dato un
arbitrario ε > 0, esisterà nε ∈ N tale che
Z
ε
|fn − f | dµ < ∀n ≥ nε + 1 .
Ω 2
Inoltre, in virtù della proprietà di assoluta continuità dell’integrale (si veda an-
che l’Esercizio 3.46), sappiamo che esiste δ∞ > 0 tale che
Z
ε
|f | dµ < ∀E ∈ M : µ(E) < δ∞ ,
E 2
ed esistono δ0 , . . . , δnε > 0 tali che
Z
ε
|fn | dµ < ∀E ∈ M : µ(E) < δn , ∀n = 0, . . . , nε .
E 2
Ponendo δ := min{δ∞ , δ0 , . . . , δnε }, otteniamo quindi
Z
ε
|fn | dµ < < ε ∀E ∈ M : µ(E) < δ , ∀n = 0, . . . , nε ,
E 2
e Z Z Z
ε ε
|fn | dµ ≤ |fn − f | dµ + |f | dµ <
+ =ε
E E E 2 2
∀E ∈ M : µ(E) < δ , ∀n ≥ nε + 1 .
Grazie alle ultime due formule, possiamo perciò dedurre la validità della (3.10).
Per dimostrare la validità della (3.11), si può procedere in maniera del tutto ana-
loga, osservando che per ogni n = 0, . . . , nε esiste Bn ∈ M di misura finita tale che
3. L’integrale di Lebesgue 103
R R
Ω\Bn
|fn | dµ < ε/2 ed esiste B∞ ∈ M di misura finita tale che Ω\B∞ |f | dµ < ε/2,
S nε
cosicché ponendo Aε := B∞ ∪ n=0 Bn è facile verificare che anche la (3.11) è
soddisfatta.
Si noti che l’esercizio proposto è un caso particolare del teorema di Vitali (si veda
ad esempio [9, Teorema 8.3.2]).
Si noti che l’integrale di destra ha senso poiché lim inf n→∞ gn ≥ −L, mentre l’in-
tegrale di sinistra ha senso grazie alla (3.15). Applicando il classico lemma di
Fatou alla successione gn + L ≥ 0, e sfruttando la finitezza di µ(Ω), deduciamo
facilmente che Z Z
lim inf gn dµ ≤ lim inf gn dµ ; (3.33)
Ω n→∞ n→∞ Ω
Fissato un arbitrario ε > 0, scegliamo L = M/δ +1, dove δ > 0 è come nella (3.12).
In questo modo garantiamo che µ(Ω \ En ) < δ per ogni n ∈ N, cosicché proprio
dalla (3.12) otteniamo Z
fn− dµ < ε ∀n ∈ N .
Ω\En
Sfruttando le ultime due formule, oltre al fatto che il lim inf di una somma è
maggiore o uguale alla somma dei lim inf, otteniamo:
Z Z Z
lim inf fn dµ = lim inf fn dµ + lim inf fn dµ
Ω n→∞ A n→∞ Ω\Aε n→∞
Z ε Z
≤ lim inf fn dµ + lim inf fn+ dµ
Aε n→∞ Ω\Aε n→∞
Z Z
≤ lim inf fn dµ + lim inf fn dµ + ε
n→∞ Ω\Aε n→∞ Aε
Z Z !
≤ lim inf fn dµ + fn dµ +ε
n→∞ Ω\Aε Aε
Z
= lim inf fn dµ + ε ,
n→∞ Ω
abbiamo
lim µ AL
n = µ(∅) = 0 ∀n ∈ N , (3.35)
L→+∞
da cui, fissato ε > 0 e scegliendo L sufficientemente grande (di modo che tale
misura sia più piccola di δ come nella (3.12)), ricaviamo
Z Z Z
fn− dµ = fn− dµ + fn− dµ ≤ ε + L µ(Ω) < +∞ ∀n ∈ N .
Ω AL
n Ω\AL
n
Mostriamo ora che la (3.35) vale “uniformemente” in n. Ovvero, per ogni δ > 0
(arbitrariamente piccolo), esiste L > 0 tale che
µ AL
n < δ ∀n ∈ N . (3.36)
Ragionando per assurdo, se così non fosse esisterebbe δ0 > 0 che soddisfa
sup µ AL
n ≥ δ0 ∀L > 0 .
n∈N
= lim (−Lk ) = −∞ .
k→∞
mentre −
L1 (Ω) 3 lim inf fn = lim sup fn− ≥ lim sup fn− χΩ\ALn .
n→∞ n→∞ n→∞
mentre Z Z Z −n
lim inf fn dx = lim fn dx = lim − 1 dx = −1 ,
n→∞ R n→∞ R n→∞ −n−1
e 1
Z 1 Z 1 Z n
lim inf fn dx = lim fn dx = lim −n 1 dx = −1 ,
n→∞ 0 n→∞ 0 n→∞ 0
Osserviamo che lim inf n→∞ fn (x) vale sempre zero per ogni x ∈ R, e per costru-
zione ciascuna funzione fn ha integrale identicamente nullo, quindi la (3.16) è
banalmente vera. Tuttavia è facile vedere che nessuna della due ipotesi (3.12) e
3. L’integrale di Lebesgue 107
(3.13) è verificata da tale successione (e tra l’altro {fn− } non nemmeno è limitata
in L1 (Ω)).
(iii) Possiamo considerare la successione seguente in L1 ([0, 1]):
k
−2 2 χh n−2k n−2k +1 i (x) ∀x ∈ 0, 1 , se 2k ≤ n < 2k+1 ,
, k+1 2
fn (x) := 2k+1 2
∀x ∈ 12 , 1 ,
n
ovvero {fn− } tende a zero in L1 ([0, 1]), quindi le condizioni (3.12), (3.13) e (3.14)
sono soddisfatte.
Soluzione dell’Esercizio 3.71.
È sufficiente imporre delle condizioni che garantiscano la validità della (3.16)
sulla successione {−fn }, poiché se vale la disuguaglianza
Z Z
lim inf (−fn ) dµ ≤ lim inf (−fn ) dµ
Ω n→∞ n→∞ Ω
e che +
lim sup fn ∈ L1 (Ω) .
n→∞
108 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Notiamo che è sufficiente stabilire tale disuguaglianza per x ∈ / E, dato che per
costruzione fn (x) ≤ e0 = 1. Fissati un simile x e n ∈ N+ , ci sono due possibilità:
fn (x) = e−∞ = 0 ∀x ∈
/ E, (3.38)
da cui
∞ ∞
X gk (x) 1X
0 ≤ lim ≤ lim gk (x) = 0 ,
n→∞ gk (x) + n n→∞ n
k=0 k=0
ovvero
P∞ gk (x) P∞ gk (x)
limn→∞
lim fn (x) = lim e k=0 gk (x)+n
=e k=0 gk (x)+n
= e0 = 1 . (3.40)
n→∞ n→∞
Prerequisiti teorici
• Derivata q.o. di funzioni misurabili
• Funzioni assolutamente continue
• Funzioni Lipschitziane e Hölderiane
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [2, Capitolo 3], [3, Capitolo 9], [4, Capitolo
6], [5, Capitoli 6, 7], [7, Capitolo 1], [8, Capitolo 1], [9, Capitolo 10].
Esercizio 4.3.
Sia (
1 se x ∈ Q ∩ [0, 1] ,
f (x) :=
−1 se x ∈ [0, 1] \ Q .
Stabilire se f ∈ BV ([0, 1]).
Esercizio 4.4.
(i) Siano ψ : R → R una funzione localmente Lipschitziana e f ∈ BV ([a, b]).
Dimostrare che h := ψ ◦ f ∈ BV ([a, b]).
(ii) Sia f ∈ BV ([a, b]). Dimostrare che, per ogni α ≥ 1, si ha |f |α ∈ BV ([a, b]).
Inoltre, dimostrare che, se per qualche γ > 0
|f (x)| ≥ γ ∀x ∈ [a, b] ,
Esercizio 4.5.
Sia φ : [0, 1] → R una funzione assolutamente continua in [0, 1]. Verificare che la
funzione
f (x) := sin[φ(x)] ∀x ∈ [0, 1]
è assolutamente continua in [0, 1].
Esercizio 4.6.
Sia φ : [0, 1] → R una funzione assolutamente continua in [0, 1]. Dimostrare che,
per ogni α > 0, la funzione
Esercizio 4.7.
Trovare due funzioni
h := ψ ◦ φ 6∈ AC([0, 1]) .
Esercizio 4.8.
Stabilire se la funzione
( sin(log x)
se x ∈ 0, 12 ,
log2 (x)
f (x) :=
0 se x = 0 ,
Esercizio 4.9.
Stabilire per quali α > 0 la funzione
(
1
xα cos x se x 6= 0 ,
f (x) :=
0 se x = 0 ,
Esercizio 4.10.
Sia (
1
xα sin xβ
se x ∈ (0, 1] ,
f (x) :=
0 se x = 0 .
Esercizio 4.11.
Esibire una funzione f continua e a variazione limitata, ma non assolutamente
continua in un intervallo [a, b].
Esercizio 4.12.
Siano fn : [a, b] → R funzioni assolutamente continue per ogni n ∈ N. Supponiamo
che
fn −→ f uniformemente in [a, b] .
n→∞
Esercizio 4.13.
Sia f ∈ AC([a, b]). Dimostrare che
Z b
Vab (f ) = |f 0 (x)| dx .
a
Esercizio 4.14.
(i) Sia 0 < α < β < 1. Esibire un esempio di funzione α-Hölderiana in un
intervallo compatto I, ma non β-Hölderiana in I.
(ii) Sia f (x) := |x|α . Mostrare che esiste una successione {fn }, con fn Lipschitzia-
na in [0, 1] per ogni n, tale che fn → f uniformemente in I.
Esercizio 4.15.
(i) Esibire un esempio di funzione α-Hölderiana in un intervallo compatto I, per
ogni α ∈ (0, 1), ma non Lipschitziana in I.
(ii) Sia f (x) := x log x (estesa in x = 0 per continuità). Mostrare che esiste una
successione {fn }, con fn Lipschitziana in [0, 1] per ogni n, tale che fn → f unifor-
memente in I.
112 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 4.16.
(i) Esibire un esempio di funzione uniformemente continua in un intervallo com-
patto I, ma non α-Hölderiana in I, per qualsiasi α ∈ (0, 1).
(ii) Sia f (x) := 1/ log x (estesa in x = 0 per continuità). Mostrare che esiste
una successione {fn }, con fn Lipschitziana in [0, 1] per ogni n, tale che fn → f
uniformemente in I.
Esercizio 4.17.
Introduciamo la funzione
Z x
∀f, g ∈ L1 ([0, 1]) ,
d(f, g) := sup (f (t) − g(t)) dt
0≤x≤1 0
e l’insieme
C := f ∈ L1 ([0, 1]) : |f (t)| ≤ 1 per q.o. t ∈ [0, 1] .
* Esercizio 4.19.
Dimostrare che, in generale, la controimmagine di un insieme misurabile secondo
Lebesgue, attraverso una funzione continua, può non essere misurabile secondo
Lebesgue.
Suggerimento: si sfrutti la funzione di Vitali-Lebesgue.
Esercizio 4.20.
Dimostrare che f ∈ AC([a, b]) se e solo se f è continua in [a, b], derivabile q.o. in
(a, b) con f 0 ∈ L1 ((a, b)) e
Z b Z b
0
f (x)φ(x) dx = − f (x)φ0 (x) dx
a a
non è verificata.
Esercizio 4.22.
Trovare f ∈ BV ([a, b]) ∩ C 0 ([a, b]) tale che la formula
Z b Z b
f 0 (x)φ(x) dx = − f (x)φ0 (x) dx ∀φ ∈ Cc∞ ((a, b))
a a
non è verificata.
Esercizio 4.23.
(i) Sia f ∈ AC([a, b]) una funzione con f 0 > 0 q.o. in [0, 1]. Mostrare che f è
strettamente crescente in [a, b].
(ii) Mostrare con un esempio che la conclusione precedente è falsa se f ∈ C 0 ([a, b])∩
BV ([a, b]). Più precisamente, esibire una funzione f ∈ C 0 ([a, b]) ∩ BV ([a, b]), con
f 0 ≥ 1 q.o. in [a, b], che non è monotòna.
Suggerimento: per il punto (ii), si sfrutti la funzione di Vitali-Lebesgue.
Esercizio 4.24.
Esibire un esempio di funzione f : [0, 1] → R che sia Lipschitziana in [0, 1], stret-
tamente crescente, e la cui derivata f 0 sia uguale a 0 su un insieme di misura
positiva.
Suggerimento: coinvolgere il ternario di Cantor generalizzato Kα (vedere l’Eser-
cizio 2.27).
Esercizio 4.25.
Sfruttando l’Esercizio 2.28, esibire una funzione f ∈ AC([0, 1]) priva di intervalli
di monotonia, ovvero tale che dato un qualsiasi intervallo (a, b) ⊂ (0, 1),
f non è crescente né decrescente in (a, b) .
114 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
* Esercizio 4.26.
Sia K b R2 un insieme compatto. Dato δ > 0, si consideri l’insieme
H := x ∈ R2 : d(x, K) := inf |y − x| = δ ,
y∈K
|yx − x| = δ .
πε2
λ(Bε (x) ∩ Hc ) ≥ ,
4
dove Bε (x) indica il cerchio di raggio ε centrato in x.
(iii) Sfruttando il teorema di differenziazione di Lebesgue in R2 (si veda ad esem-
pio [5, Theorem 7.7]), dedurre che λ(H) = 0.
(iv) Se K è un insieme chiuso, ma non necessariamente limitato, si possono trarre
le stesse conclusioni?
* Esercizio 4.27.
Sia f : [a, b] → R una funzione continua. Posto L := b − a, definiamo la funzione
“modulo di continuità” di f come
Mostrare che:
(i) ω è una funzione subadditiva, cioè ω(t1 + t2 ) ≤ ω(t1 ) + ω(t2 ) per ogni t1 , t2 ∈
[0, L] tali che t1 + t2 ∈ [0, L];
(ii) ω è una funzione monotòna crescente e continua;
(iii) se f è Lipschitziana, allora anche ω è Lipschitziana (con la stessa costante
di Lipschitz).
Esercizio 4.28.
Sia f : [a, b] → R. Supponiamo che esista una funzione g ∈ L1 ((a, b)), non negati-
va, tale che Z x
|f (x) − f (y)| ≤ g(t) dt ∀x, y ∈ [a, b] : x ≥ y .
y
* Esercizio 4.29.
Sia φn : [a, b] → R una successione di funzioni monotòne crescenti, che conver-
ge puntualmente (ovunque) a una funzione φ : [a, b] → R. Mostrare che, se φ è
continua, allora la convergenza ha luogo uniformemente in [a, b].
Esercizio 4.30.
Sia (Ω, M, µ) uno spazio di misura e fn : Ω → [a, b] una successione di funzioni
misurabili. Supponiamo che esista una successione di funzioni monotòne crescen-
ti φn : [a, b] → R, convergente puntualmente (ovunque) a una funzione continua
e strettamente crescente φ : [a, b] → R, tale che la successione {φn (fn )} converge
puntualmente µ-quasi ovunque. Sfruttando l’Esercizio 4.29, mostrare che anche
la successione {fn } converge puntualmente µ-quasi ovunque.
Esercizio 4.31.
Nello spazio misurabile (R, L(R)), siano
Z Z
2 1
µ(E) := x dx , ν(E) := χ
2 [10,+∞)
(x) dx ∀E ∈ L(R) . (4.2)
E E x
dν
(i) È possibile calcolare la derivata di Radon-Nikodym dµ ? Se sì, calcolarla.
dµ
(ii) È possibile calcolare la derivata di Radon-Nikodym dν ? Se sì, calcolarla.
Esercizio 4.32.
Sia (X, M) uno spazio misurabile, e siano µ e ν due misure. Stabilire se esistono
dν
le derivate di Radon-Nikodym dµ e dµ
dν nei casi seguenti:
(i) (X, M) = ([0, 1], L(R)), µ è la misura di Lebesgue, e ν è la misura del conteg-
gio;
(ii) (X, M) = (Z, P(Z)), µ è la misura del conteggio, e ν è la delta di Dirac
centrata in 0.
Esercizio 4.33.
Nello spazio misurabile (X, P(X)), sia µc la misura del conteggio e ν una qualsia-
dν
si altra misura. Mostrare che, se esiste la derivata di Radon-Nikodym dµ c
, allora
la misura ν gode della seguente proprietà:
* Esercizio 4.34.
Con le stesse notazioni dell’Esercizio 4.33, dimostrare che (4.3) in realtà è anche
dν
una condizione sufficiente affinché esista la derivata di Radon-Nikodym dµ c
.
Suggerimento: si consideri dapprima l’insieme
N := {x ∈ X : ν(x) = 0} ,
4.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 4.1.
Sia n ∈ N+ fissato. Consideriamo la partizione di [0, 1] data da
0 < xn < xn−1 < . . . < x0 < 1 ,
dove
1
xk := π ∀k = 0, . . . , n .
2 + kπ
Si ha
sin x1k = (−1)k ,
dunque
f (xk ) = (−1)k xk ,
e quindi
n
X n
X
(−1)k (xk + xk−1 )
|f (xk ) − f (xk−1 )| =
k=1 k=1
n n
X X 1
= (xk + xk−1 ) ≥ π −→ +∞ .
+ kπ n→∞
k=1 k=1 2
Si ha:
n
X n
X
|h(xi ) − h(xi−1 )| ≤ L |f (xi ) − f (xi−1 )| .
i=1 i=1
Perciò
Vab (h) ≤ LVab (f ) < +∞ .
Ne segue che h ∈ BV ([a, b]).
(ii) Sia T > 0 tale che [0, T ] ⊇ Im(|f |α ). Per ogni α ≥ 1, la funzione ψ(x) = xα è
Lipschitziana in [0, T ]. Dal punto (i) segue quindi che |f |α ∈ BV ([a, b]). Se inoltre,
per qualche γ > 0,
|f (x)| ≥ γ ∀x ∈ [a, b] ,
allora [γ, T ] ⊇ Im(|f |α ), per qualche T > 0. Inoltre, ψ(x) = xα è Lipschitziana
in [γ, T ] per ogni α ∈ R. Allora, sempre grazie al punto (i), |f |α ∈ BV ([a, b]), per
qualsiasi α ∈ R .
(iii) Scriviamo
1
(f + g)2 − f 2 − g 2 .
fg =
2
Poiché BV ([a, b]) è uno spazio vettoriale, f + g ∈ BV ([a, b]). Grazie al punto (ii),
abbiamo che f 2 , g 2 , (f + g)2 ∈ BV ([a, b]). Usando ancora il fatto che BV ([a, b])
è uno spazio vettoriale e l’uguaglianza precedente, deduciamo infine che f g ∈
BV ([a, b]).
Poiché φ è assolutamente continua in [0, 1], per definizione, per ogni ε > 0 esi-
ste δε > 0 tale che per ogni n ∈ N+ , per ogni insieme di intervalli disgiunti
(a1 , b1 ), . . . , (an , bn ) tali che
n
X
(bi − ai ) < δε ,
i=1
si ha
n
X
|φ(bi ) − φ(ai )| < ε .
i=1
4. Funzioni AC e BV 119
Pertanto
n
X n
X
|f (bi ) − f (ai )| = |sin[φ(bi )] − sin[φ(ai )]|
i=1 i=1
Xn
≤ |φ(bi ) − φ(ai )| < ε .
i=1
Quindi
Z xα
α
g(x) = φ(x ) = φ(0) + φ0 (t) dt ∀x ∈ [0, 1] .
0
Pertanto Z x
g(x) = g(0) + g 0 (s) ds ∀x ∈ [0, 1]
0
e Z 1 Z 1 Z 1
0 0
|g (x)| dx = α
|φ (s )| αs α−1
ds = |φ0 (t)| dt < +∞ .
0 0 0
Dunque g 0 ∈ L1 ((0, 1)) e vale la formula fondamentale del calcolo integrale per g,
da cui g ∈ AC([0, 1]).
e
√
ψ(x) := x ∀x ∈ [0, 1]
120 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Se f 0 ∈ L1 0, 12
, allora
Z x
f 0 (t) dt ∀x ∈ 0, 12
f (x) =
0
Si ha: Z 1 Z 1
2 1 2 1 1
log−2 (x) |cos(log x)| dx ≤ log−2 (x) dx = ,
0 x 0 x log 2
Z 1 Z 1
2 2 −3 2 2 1
log−3 (x) dx =
log (x) sin(log x) dx ≤ − .
0 x 0 x log2 2
0 1
Quindi effettivamente f ∈ L ((0, 1)) e dunque f è assolutamente continua in
0, 12 .
e f ∈ C 1 ((0, 1]). Per α > 2, limx→0+ f 0 (x) = 0. Perciò f ∈ C 1 ([0, 1]), dunque f è
Lipschitziana in [0, 1]. Pertanto f ∈ BV ([0, 1]) per α > 2.
4. Funzioni AC e BV 121
per α > 1. Pertanto, se α > 1, allora f 0 ∈ L1 ((0, 1)). Poiché f ∈ C 1 ((0, 1]), per ogni
0 < ξ < x ≤ 1 si ha Z x
f (x) − f (ξ) = f 0 (t) dt .
ξ
Notiamo che
|f 0 (x)| ≤ αxα−1 + βxα−β−1 ∀x ∈ (0, 1] .
Dunque, se α > β > 0, allora f 0 ∈ L1 ((0, 1)), e quindi f ∈ AC([0, 1]) e f ∈
BV ([0, 1]). Al contrario, poiché f ∈ AC([ε, 1]) per ε > 0 arbitrariamente picco-
lo, per mostrare che f 6∈ BV ([0, 1]) è sufficiente far vedere che f 0 6∈ L1 ((0, 1)). La
122 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
funzione x 7→ xα−1 sin x1β è sempre sommabile in (0, 1) poiché α > 0, mentre se
0 < α ≤ β abbiamo
Z 1
1 +∞ − αβ
Z
α−β−1
1
x cos xβ dx = β t |cos(t)| dt
0 1
1 +∞ −1
Z
≥ t |cos(t)| dt = +∞ .
β 1
Deduciamo perciò che se 0 < α ≤ β allora f 6∈ BV ([0, 1]). In alternativa, si può an-
che dimostrare con un metodo diretto. Sia infatti σ := α/β ∈ (0, 1]. Per qualunque
m ∈ N+ , consideriamo la seguente partizione di [0, 1]:
essendo
1
xk := β1 ∀k = 0, . . . , m .
π
2 + kπ
Abbiamo che
π −σ hπ i−σ
|f (xk+1 ) − f (xk )| = + kπ + + (k + 1)π
2 2
2σ 2σ+1 1
= σ (2k + 1)−σ + (2k + 3)−σ ≥ σ .
π π (2k + 1)σ
Di conseguenza
m−1 σ m−1
X 2 X 1
|f (xk+1 ) − f (xk )| ≥ 2 .
π (2k + 3)σ
k=0 k=1
f 0 = 0 q.o. in [0, 1] .
fn −→ f uniformemente in [0, 1] .
n→∞
d x d x d x
|f 0 | ≤ P (f ) + N (f ) = V (f ) q.o. in [a, b] .
dx a dx a dx a
Quindi, poiché x 7→ Vax (f ) è una funzione crescente,
Z b Z b
0 d x
|f (x)| dx ≤ V (f ) dx ≤ Vab (f ) .
a a dx a
||x|α − |y|α | (1 − tα )
= .
|x − y|α (1 − t)α
||x|α − |y|α | (1 − tα )
sup α
= sup α
= 1,
x,y∈[0,1] |x − y| t∈[0,1] (1 − t)
x6=y
che implicherebbe C|x|β−α ≥ 1 per ogni x ∈ [0, 1], in contraddizione con il fatto
che C|x|β−α → 0 per x → 0+ (qualsiasi sia la costante C).
(ii) Notiamo che f (x) = |x|α è derivabile in [ε, 1], per ogni ε ∈ (0, 1). Quindi,
è naturale cercare di approssimare f rimuovendo la singolarità in 0 in modo
opportuno. Per formalizzare questa idea, poniamo
(
se x ∈ n1 , 1
|x|α
fn (x) :=
n1−α x se x ∈ 0, n1 .
per n → ∞.
Soluzione dell’Esercizio 4.15.
(i) Affermiamo che f (x) = x log x (prolungata a 0 in x = 0), definita in [0, 1], ha le
proprietà desiderate. Sia α ∈ (0, 1). Notiamo che f è di classe C 1 ([ε, 1]), per ogni
ε > 0. Quindi, per ogni 0 < x < y < 1 abbiamo che
Z y
|f (y) − f (x)| ≤ |f 0 (t)| dt ,
x
4. Funzioni AC e BV 125
con f 0 (t) = log t + 1. Notiamo che f 0 ∈ Lp ([0, 1]) per ogni 1 ≤ p < ∞, e di
conseguenza per la disuguaglianza di Hölder
Z y α
0
|f (y) − f (x)| ≤ kf k 1−α
1 1 dt = kf 0 k 1−α
1 |x − y|α .
L ([0,1]) x L ([0,1])
f (x) − f (0)
= log x → +∞ per x → 0+ .
x
(ii) Possiamo ragionare precisamente come nel punto (ii) dell’Esercizio 4.14.
Soluzione dell’Esercizio 4.16.
(i) Affermiamo che f (x) = 1/ log x (prolungata a 0 in x = 0), definita in [0, 1/2], ha
le proprietà desiderate. Chiaramente f è continua nel compatto [0, 1/2], e quindi
è anche uniformemente continua in [0, 1/2]. Ora, sia α ∈ (0, 1), e mostriamo che
f non è α-Hölderiana. Se per assurdo f fosse α-Hölderiana, allora in particolare
|f (x)| = |f (x) − f (0)| ≤ C|x|α per ogni x ∈ (0, 1/2], per una certa costante C > 0.
Questo implicherebbe che
Dalla (4.5), abbiamo che |f (x)| = |F 0 (x)| ≤ 1, per q.o. x ∈ [0, 1]. Resta da dimo-
strare che d(fnk , f ) → 0, per k → ∞. In effetti, per definizione, questo equiva-
le alla convergenza uniforme Fnk → F , che è già stata dimostrata, e quindi la
dimostrazione della compattezza di C è completa.
4. Funzioni AC e BV 127
Notiamo che nella prima uguaglianza abbiamo usato il fatto che u0 è definita q.o.,
essendo u ∈ BV ([0, 1]).
(v) In generale non possiamo affermare che u ∈ AC([0, 1]). Per esempio, conside-
riamo, per n abbastanza grande,
se x ∈ 12 + n1 , 1
1
1
un (x) = 0 se x ∈ 0, 2
1
se x ∈ 21 , 12 + n1 .
n x− 2
e
∞ k
1X 2 1
λ(g([0, 1] \ K)) = = .
6 3 2
k=0
Si noti che
[0, 1] = g([0, 1]) = g(K) ∪ g([0, 1] \ K) ,
con unione disgiunta, essendo g crescente strettamente. Dunque
1
λ(g(K)) = .
2
Visto che g(K) ha misura di Lebesgue positiva, esiste un sottoinsieme E ⊆ g(K)
non misurabile secondo Lebesgue (si veda [9, Corollario 4.5.14]). D’altra parte
F := g −1 (E) ⊆ K .
f := g −1 =⇒ F = f (E) = g −1 (E) .
Dunque
E = f −1 (F ) .
In conclusione,
Quindi
Z b
(f φ)0 dx = (f φ)(b) − (f φ)(a) = 0 ,
a
e Z b Z b
0
(f φ) dx = (f 0 φ + f φ0 ) dx .
a a
Perciò Z b Z b
0
f φ dx = − f φ0 dx .
a a
Viceversa, supponiamo che f sia continua in [a, b], derivabile q.o. in (a, b) con
f 0 ∈ L1 ((a, b)); supponiamo inoltre che
Z b Z b
0
f φ dx = − f φ0 dx
a a
130 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
per ogni funzione φ Lipschitziana in [a, b] con supp φ ⊂ (a, b). Dimostriamo che
Z x
f (x) = f (a) + f 0 (t) dt ∀x ∈ [a, b] . (4.6)
a
se t ∈ a, a + n1 ∪ x − n1 , b ,
0
se t ∈ a + n2 , x − n2 ,
1
φxn (t) = φn (t) :=
n t − a − n1 se t ∈ a + n1 , a + n2 ,
−n t − x + n1 se t ∈ x − n2 , x − n1 .
Poiché f è continua in [a, b], possiamo usare il teorema della media integrale. Ne
segue che
Z a+ n2
1
f (t) dt = f (ξn )
1
a+ n n
e 1
Z x− n
1
f (ηn ) f (t) dt =
n 2
x− n
Z b Z b
f 0 φn dt = − f φ0n dt = −f (ξn ) + f (ηn ) .
a a
0 1
Mandando n → ∞, poiché f ∈ L ((a, b)), 0 ≤ φn ≤ 1 e φn → χ[a,x] quasi ovunque,
per il teorema di convergenza dominata otteniamo
Z x Z b
f 0 (t) dt = lim f 0 (t)φn (t) dt
a n→∞
a
= lim f (ηn ) − f (ξn ) = f (x) − f (a) .
n→∞
f 0 = 0 q.o. in (−1, 1) .
4. Funzioni AC e BV 131
Sia ora
1
(
− 1−4t
se t ∈ − 12 , 12 ,
e 2
φ(x) :=
se t ∈ −1, − 21 ∪ 12 , 1 .
0
Ricordando che ( 1
e− t se t > 0 ,
ϕ(t) =
0 se t ≤ 0 ,
D’altra parte,
1
Z 1 Z 2 2
f φ0 dx = 2 φ0 (x) dx = 2φ 1
2 − 2φ(0) = − 6= 0 .
−1 0 e
x ∈ 0, 1 ∪ 3 , 1 .
0
4 4
V0 =0 q.o. in [0, 1] .
Quindi
Z 1
V 0 (x)φ(x) dx = 0 .
0
1
in 0, 12 e
Per la definizione di V , abbiamo che V ≤ 2
1
∀x ∈ 0, 13 ;
V (x) < 2
inoltre,
φ0 > 0 1 1
in 4, 2 .
Quindi Z 1
V (x)φ0 (x) dx < 0 .
0
In conclusione Z 1 Z 1
V (x)φ0 (x) dx < 0 = V 0 (x)φ(x) dx .
0 0
perciò è sufficiente verificare che λ(E ∩ (x, y)) > 0. L’insieme E è aperto, essendo
il complementare in [0, 1] del chiuso Kα . Quindi E ∩ (x, y) è a sua volta aperto e,
se contiene un punto, contiene un intervallo. Ma allora λ(E ∩ (x, y)) = 0 se e solo
se E ∩ (x, y) = ∅. D’altra parte, se questo si verificasse, avremmo che Kα ⊃ (x, y),
che è assurdo in quanto Kα non ha punti interni (si veda ancora l’Esercizio 2.27).
Ne consegue che necessariamente λ(E ∩ (x, y)) > 0 per ogni 0 ≤ x < y ≤ 1, e f è
strettamente monotòna.
Soluzione dell’Esercizio 4.25.
È sufficiente considerare la seguente funzione:
Z x
f (x) := χA∞ (t) − χAc∞ (t) dt ∀x ∈ [0, 1] .
0
Se, per assurdo, esistesse un intervallo (a, b) ⊂ (0, 1) in cui f risulta monotòna,
allora avremmo
oppure
χA∞ (x) = 0 per q.o. x ∈ (a, b) ,
ovvero
λ((a, b) ∩ Ac∞ ) = 0 oppure λ((a, b) ∩ A∞ ) = 0 ,
che è in contraddizione con la (2.4).
Si noti che la funzione f non solo è assolutamente continua, ma avendo derivata
limitata (|f 0 (x)| ≤ 1 per q.o. x ∈ [0, 1]) è anche Lipschitziana.
Soluzione dell’Esercizio 4.26.
(i) Per mostrare che H è chiuso, prendiamo una generica successione {xn } ⊂ H
convergente a qualche x ∈ R2 , e dimostriamo che x ∈ H. Anzitutto osserviamo
che, dato un qualsiasi y ∈ K, abbiamo:
|y − xn | ≥ δ ,
134 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
D’altro canto {yn } è una successione a valori in un insieme compatto, quindi am-
mette una sottosuccessione convergente a qualche y ∈ K; passando al limite nella
(4.7) lungo tale sottosuccessione, deduciamo che |y − x| ≤ δ, ovvero d(x, K) ≤ δ.
L’unica possibilità è dunque che d(x, K) = δ, da cui x ∈ H; osserviamo inoltre
che y realizza la distanza di x da K. Per far vedere che la distanza è realizzata
per ogni x ∈ H, è sufficiente ripetere lo stesso ragionamento sulla successione
costante xn = x.
(ii) Sia x0 ∈ Bε (x) il punto appartenente al segmento che congiunge x con yx che
si trova a distanza ε/2 da x, e di conseguenza a distanza δ − ε/2 da yx . Se z è un
arbitrario punto appartenente a Bε/2 (x0 ), osserviamo che
ε ε
|z − yx | ≤ |z − x0 | + |x0 − yx | < +δ− = δ,
2 2
e questo implica che d(z, K) < δ (si ricordi che yx ∈ K). In particolare, z 6∈ H, e
quindi deduciamo che
2
Bε (x) ∩ Hc ⊃ B 2ε (x0 ) ⇒ λ(Bε (x) ∩ Hc ) ≥ λ B 2ε (x0 ) = πε4 .
Inoltre, da quanto dimostrato nel punto (ii), per ogni x ∈ H vale la disuguaglianza
λ(Bε (x) ∩ Hc )
λ(Bε (x) ∩ H) 3
lim sup 2
= lim sup 1 − 2
≤ .
ε→0 πε ε→0 πε 4
|x − z| ≤ t1 e |z − y| ≤ t2 .
da cui
ω(t1 ) = sup |f (x) − f (y)|
x,y∈[a,b]: |x−y|≤t1
D’altro canto, presa una qualsiasi coppia t1 , t2 ∈ [0, L], con 0 ≤ t2 − t1 ≤ δ, grazie
alla subadditività di ω otteniamo:
e poiché
ω(t2 − t1 ) = sup |f (x) − f (y)|
x,y∈[a,b]: |x−y|≤t2 −t1
≤ sup C |x − y| = C (t2 − t1 ) ,
x,y∈[a,b]: |x−y|≤t2 −t1
deduciamo che anche ω è Lipschitziana di costante C (si ricordi che ω(t2 )−ω(t1 ) =
|ω(t2 ) − ω(t1 )| in virtù della monotonia di ω).
Grazie all’assoluta continuità di G, per ogni ε > 0 e n ∈ N+ esiste δ > 0 tale che
per ogni n-upla di intervalli disgiunti {(yi , xi )}i=1,...,n ⊂ [a, b] che soddisfino
n
X
(xi − yi ) < δ
i=1
vale la disuguaglianza
n
X
(G(xi ) − G(yi )) < ε ,
i=1
da cui
lim sup sup |φn (x) − φ(x)| ≤ 5ε ,
n→∞ x∈[a,b]
ovvero
lim sup sup |φn (x) − φ(x)| = 0
n→∞ x∈[a,b]
Deduciamo che necessariamente φ(x) = 0, per ogni x ∈ [0, 1], cosicché la (4.12)
darebbe µ(E) = 0 per ogni E misurabile, assurdo.
(ii) La derivata di Radon-Nikodym dµdν non esiste, perché µ non è assolutamente
continua rispetto a ν:
ν({1}) = 0 e µ({1}) = 1 .
Invece, è immediato verificare che ν è assolutamente continua rispetto a µ, e che
µ è σ-finita in Z:
∞
[
Z= {x ∈ Z : −n ≤ x ≤ n}, e µ({x ∈ Z : −n ≤ x ≤ n}) = 2n + 1.
n=1
dν
Quindi, per il teorema di Radon-Nikodym, la derivata φ := dµ esiste. Per deter-
minarla, osserviamo che
Z
ν(E) = φ dµ ∀E ∈ P(Z) .
E
dove abbiamo sfruttato la definizione di misura del conteggio e il fatto che evi-
dentemente f è costante sul singleton {x}. Di conseguenza, se l’insieme E è tale
per cui ν({x}) = 0 per ogni x ∈ E, grazie a questa identità ricaviamo
f (x) = 0 ∀x ∈ E ,
pertanto Z
ν(E) = 0 dµc = 0 ,
E
ovvero la tesi.
Soluzione dell’Esercizio 4.34.
Ragionando come nelle soluzioni degli Esercizi 4.32 e 4.33, è evidente che se la
derivata di Radon-Nikodym esiste allora coincide con la funzione
f (x) := ν({x}) ∀x ∈ X .
Dimostriamo quindi che, con tale scelta, si ha effettivamente
Z
ν(E) = f dµc ∀E ⊆ X . (4.13)
E
Nel caso in cui F non sia numerabile, osserviamo anzitutto che necessariamente
ν(F ) = +∞. Infatti, in tal caso, dal momento che N c = {x ∈ X : f (x) > 0},
risulta
[∞
Fn , dove Fn := x ∈ E : f (x) > n1 .
F =
n=1
Ora, se F non è numerabile, deve esistere almeno un insieme Fn̄ infinito e che
quindi contiene una successione {xk }k∈N di punti distinti, da cui, sempre grazie
alla (monotonia e) additività numerabile di ν
∞ ∞ ∞
X X X 1
ν(F ) ≥ ν(Fn̄ ) ≥ ν({xk }k∈N ) = ν({xk }) = f (xk ) ≥ = +∞ .
n̄
k=0 k=0 k=0
4. Funzioni AC e BV 141
µ(F ) := ν(F ) ∀F ⊆ E
è ovviamente una misura definita su (E, P(E)), che per costruzione è non atomi-
ca. Di conseguenza, il teorema di Ulam applicato a tale spazio assicura che µ ≡ 0,
ovvero µ(E) = ν(E) = 0, e quindi la (4.3) è verificata.
da cui, in particolare,
Z
1 = µc ({x}) = f dν = f (x) ν({x}) ∀x ∈ X ,
{x}
Xn n
X
= f (xk ) ν({xk }) = 1 = n = µc (E) .
k=1 k=1
142 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Prerequisiti teorici
• Spazi normati, spazi di Banach
• Separabilità, compattezza
• Operatori lineari e continui
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [1, Capitoli 1, 2, 3], [2, Capitolo 5], [3,
Capitoli 4, 5, 6], [4, Capitoli 13, 14, 15], [5, Capitolo 5], [6, Capitoli 2, 3, 4], [8,
Capitolo 1].
Esercizio 5.1.
Sia X = Rn (o uno spazio vettoriale normato di dimensione finita su R), con base
canonica {ek : 1 ≤ k ≤ n}.
144 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(i) Mostrare che, data una generica norma k · k su X, allora ϕ(x) := kxk è una
funzione continua in (Rn , k · k2 ), dove
n
! 12 n
X X
kxk2 := x2k ∀x = x k e k ∈ Rn
k=1 k=1
Esercizio 5.2.
Mostrare che nello spazio vettoriale C 0 ([a, b]) le norme
Z b
kf k1 := |f (x)| dx , kf k∞ := sup |f (x)| ,
a x∈[a,b]
Esercizio 5.3.
Verificare che l’applicazione
è lineare e continua.
Esercizio 5.4.
Verificare che l’applicazione
Esercizio 5.5.
Sia
E := f ∈ C 0 ([0, 1]) : f (0) = 0 .
Definiamo
T :E→R
Z 1
T (f ) := f (x) dx .
0
Esercizio 5.6.
Sia X uno spazio normato. Definiamo la proiezione radiale sulla palla unitaria
(
x se kxk ≤ 1 ,
T (x) := x
kxk se kxk > 1 .
Esercizio 5.7.
Siano X uno spazio normato e x0 ∈ X \ {0}. Mostrare che esiste un funzionale
lineare e continuo F su X tale che
F (x0 ) = kx0 k e kF kX ∗ = 1 .
Esercizio 5.8.
Siano X uno spazio normato e Y un suo sottospazio con Y ( X (l’inclusione
è stretta). Dimostrare che esiste un funzionale lineare e continuo definito su X
diverso dal funzionale nullo che si annulla su Y .
Esercizio 5.9.
Verificare che la successione {xn } ⊂ `2 definita da
1
x(k)
n := ∀k, n ∈ N+
n+k
converge a 0 in `2 .
Esercizio 5.11.
(h)
Verificare che se {xn } converge debolmente a x in `p (sia p ∈ [1, ∞)), allora {xn }
(h)
converge a x per n → ∞, per ogni h ∈ N.
Esercizio 5.12.
Sia {xn } definita, per ogni n ∈ N+ , da
(
1
se 1 ≤ k ≤ n ,
x(k)
n := k
0 altrimenti .
Esercizio 5.13.
Trovare una successione di `p (per p ∈ (1, ∞]) che converga debolmente a 0 in `p ,
ma non fortemente.
146 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 5.14.
Studiare la convergenza in `p , per 1 ≤ p ≤ ∞, della successione {xn } definita, per
ogni n ∈ N+ , da (
√1 se n ≤ k ≤ 2n ,
(k) k
xn :=
0 se k < n o k > 2n .
Esercizio 5.15.
Studiare la convergenza in `p , per 1 ≤ p ≤ ∞, della successione {xn } definita, per
ogni n ∈ N+ , da (
sin nk3
(k) se k ≤ n ,
xn :=
0 se k > n .
Esercizio 5.16.
Sia T : `2 → `2 il seguente operatore lineare:
per ogni x = {x(k) } ∈ `2 . Verificare che T è un operatore limitato e che T (`2 ) non è
chiuso.
Esercizio 5.17.
Data (
se x ∈ 0, 21 ,
x
a(x) :=
se x ∈ 12 , 1 ,
0
sia
T : L2 ((0, 1)) → L2 ((0, 1))
(T f )(x) := a(x)f (x) ∀x ∈ (0, 1) .
Verificare che T è un operatore lineare e continuo. Calcolare kT k.
Esercizio 5.18.
Per f : [0, 1] → R, si consideri
Z 1
f (y)
(T f )(x) := dy ∀x ∈ [0, 1] .
0 2 − xy
(ii) Verificare che T è un operatore lineare e limitato da L1 ([0, 1]) in L2 ([0, 1]), e
calcolarne la norma.
Esercizio 5.19.
Mostrare che l’inclusione i : (AC([0, 1]), k · kAC ) → (C 0 ([0, 1]), k · k∞ ) è continua, in
2 modi: sia con un calcolo diretto, che usando il teorema del grafico chiuso.
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 147
Esercizio 5.20.
Consideriamo i seguenti sottoinsiemi di `∞ :
n o
`∞
(m)
0 := x = x ⊂ R : lim x(m) = 0 ,
m→∞
n o
∞
(m) (m)
`c := x = x ⊂R: x 6= 0 per un numero finito di indici m .
Esercizio 5.21.
(k)
Sia {xn = {xn }k≥0 } una successione in `∞ , definita da
(
(k) 1 se k ≤ n
xn :=
0 se k > n.
∗
Sia x := (1, 1, . . . , 1, . . . ). Mostrare che xn * x debolmente∗ in `∞ , ma xn 6* x
debolmente in `∞ , per n → ∞.
Suggerimento: per mostrare che xn 6* x debolmente in `∞ , definire un funzionale
lineare continuo su un opportuno sottospazio di `∞ , e poi estenderlo mediante il
teorema di Hahn-Banach.
Esercizio 5.22.
Sia E uno spazio di Banach. Verificare che:
(i) se S, T ∈ L(E), allora (S ◦ T )∗ = T ∗ ◦ S ∗ ;
(ii) se S ∈ L(E) è biunivoco allora anche S ∗ lo è, e in tal caso abbiamo (S −1 )∗ =
(S ∗ )−1 .
Esercizio 5.23.
Siano X uno spazio normato e Y uno spazio di Banach. Sia {Tn } ⊂ L(X, Y ) una
successione di operatori lineari e continui tale che:
(i) kTn kL(X,Y ) ≤ M per ogni n ∈ N, per qualche M > 0;
(ii) esiste un sottoinsieme A ⊆ X denso tale che per ogni x ∈ A {Tn (x)} converge.
Mostrare che, per ogni x ∈ X, {Tn (x)} converge.
Esercizio 5.24.
Siano X, Y spazi normati, e D un sottospazio di X. Sia T : D ⊆ X → Y un
operatore lineare limitato in D.
(i) Dimostrare che se D è chiuso, allora T è chiuso in X.
148 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
kT (x)kF ≥ αkxkE ∀x ∈ E ,
(ii) per ogni x ∈ E, qualsiasi successione {yn } ⊂ C minimizzante, cioè tale che
lim kx − yn k = dist(x, C) ,
n→∞
converge a PC (x);
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 149
(ii) Supponiamo ora che E sia uno spazio di Banach, e che B ⊂ E. Supponiamo
inoltre che per ogni ϕ ∈ E ∗ l’insieme ϕ(B) = {hϕ, yi : y ∈ B} ⊂ R sia limitato.
Usando il teorema di Banach-Steinhaus, dedurre che B è limitato.
Suggerimento: per il punto (i), è utile sfruttare l’Esercizio 5.7.
Esercizio 5.33.
Sia X lo spazio delle funzioni f : [0, 1] → R derivabili, con derivata continua,
dotato della norma del sup k · k∞ . Consideriamo l’operatore lineare D : X → Y
definito da D(f ) := f 0 , dove Y è lo spazio delle funzioni continue su [0, 1], dotato
anch’esso della norma del sup. Verificare che D è un operatore lineare chiuso da
X in Y , ma non è continuo. Spiegare perché ciò non è in contraddizione con il
teorema del grafico chiuso.
Esercizio 5.34.
Nello spazio C 1 ([0, 1]) delle funzioni f : [0, 1] → R derivabili, con derivata conti-
nua, poniamo
N1 (f ) := kf k∞ + kf 0 k∞ , N2 (f ) := |f (0)| + kf 0 k∞ .
Esercizio 5.35.
(i) Sia X uno spazio vettoriale normato, e sia V ⊂ X un suo sottospazio avente
interno non vuoto. Mostrare che V = X.
(ii) Sia ora X uno spazio di Banach di dimensione infinita e sia {ei : i ∈ I} una
sua base di Hamel. Mostrare che I non è numerabile.
Suggerimento: per il punto (ii) ragionare per assurdo, ed utilizzare il punto (i)
assieme al teorema delle categorie di Baire.
Esercizio 5.36.
Siano (X, k · kX ) e (Y, k · kY ) due spazi di Banach, con Y ,→ X. Siano A : D(A) ⊂
X → X e B : D(B) ⊂ Y → X due operatori lineari chiusi. Grazie a tale proprietà,
sappiamo che il sottospazio D(A) dotato della norma
Esercizio 5.39.
Sia X uno spazio di Banach non riflessivo. Si consideri il sottoinsieme X ∗ ⊂ X ∗ di
funzionali lineari e continui la cui norma è realizzata. Sfruttando l’Esercizio 5.38,
mostrare che in generale X ∗ non è né un sottospazio né un sottoinsieme chiuso di
X ∗.
Cosa succede se invece X è riflessivo?
Esercizio 5.40.
Siano (X, k · kX ) e (Y, k · kY ) due spazi normati, e sia T : X → Y un operatore
lineare. Supponiamo che
T x = 0 ∀x ∈ Xe, (5.1)
e ⊂ X è un sottospazio denso in X.
dove X
(ii) Sia ora X l’insieme costituito da tutte le funzioni f ∈ C ∞ ([a, b]) tali che
dn
∃ lim f (t) ∈ R ∀t ∈ [a, b]
n→∞ dtn
e la funzione
dn
T f (t) := lim f (t) ∀t ∈ [a, b] ,
n→∞ dtn
(iii) Siano X e Y come nel punto (ii), dotati entrambi della norma k·k∞ . Mostrare
che l’operatore T : X → Y definito sopra ammette un sottospazio denso X e⊂
X in cui vale la (5.1), ma non è identicamente nullo.
* Esercizio 5.41.
Siano (X, k · kX ) uno spazio di Banach di dimensione infinita e Y ⊂ X una sua
base di Hamel. Sia {yn } una successione di elementi di Y , con ym 6= yn se m 6= n,
e sia Z lo spazio vettoriale costituito da tutte le combinazioni lineari (finite) di
elementi di {yn }. Mostrare che:
(ii) anche Ye := (Y \ {ey }) ∪ {z0 } è una base di Hamel per X, dove ye ∈ Y \ {yn } è un
qualsiasi fissato elemento che compare (in modo non triviale) nello sviluppo
di z0 rispetto alla base di Hamel Y ;
152 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(iii) il funzionale
Λx := αx ∀x ∈ X ,
dove αx è il coefficiente relativo a z0 nello sviluppo di x rispetto alla base Ye ,
è lineare con nucleo denso (quindi non è continuo).
Suggerimento: per il punto (i), può essere utile ricordare che una base di Hamel
di uno spazio di Banach infinito-dimensionale ha cardinalità più che numerabile
(si veda l’Esercizio 5.35).
Esercizio 5.42.
Sia P(R) lo spazio vettoriale costituito da tutti i polinomi di variabile reale a
valori reali.
(i) Esibire una norma su P(R) e una successione di Cauchy, rispetto a tale
norma, che non converge.
(ii) Mostrare che, in realtà, nessuna norma su P(R) lo può rendere uno spazio
di Banach.
* Esercizio 5.43.
Sia (V, k · k) uno spazio normato, e sia W ⊂ V un suo sottospazio. Dato Λ ∈ W ∗ ,
diciamo che Λ e è una estensione di Λ se Λ e ∈ V ∗ e Λw = Λwe per ogni w ∈ W
(quindi implicitamente kΛk e V ∗ ≥ kΛkW ∗ ). Il teorema di Hahn-Banach assicura
che Λ ammette almeno un’estensione; dimostrare che tale estensione è unica se e
solo se W è un sottospazio denso di V .
Esercizio 5.44.
Dati due spazi di Banach (X, k·kX ) e (Y, k·kY ), sia {Tn } ⊂ L(X, Y ) una successione
di operatori lineari e continui. Supponiamo che esista una successione numerica
{an } ⊂ R divergente tale che, per ogni x ∈ X, la successione {an Tn x} ⊂ Y è
convergente. Sfruttando il teorema di Banach-Steinhaus, dimostrare che
lim kTn kL(X,Y ) = 0 .
n→∞
ovvero tutte le successioni limitate il cui limite esiste e vale 0 (si ricordi l’Esercizio
5.20). Sappiamo che `1 ( (`∞ )∗ (si vedano gli Esercizi 5.21 e 5.47).
(i) Mostrare che il duale di `∞ 1
0 è esattamente ` .
(ii) Dedurre che ogni elemento Λ ∈ (`∞ )∗ si può scrivere come somma di un
elemento di `1 e di un funzionale ΛL ∈ (`∞ )∗ tale che
ΛL x(k) = L lim x(k)
(5.5)
k→∞
e nm+1 > nm .
(iii) Si consideri ora la successione crescente di interi, data dalla formula ricor-
siva
mj+1 = Mmj ∀j ∈ N , m0 = 0 . (5.7)
Inoltre, si definisca y = {y (k) } come segue:
y (k) := sign x(k)
nm − x
(k)
se mj < k ≤ mj+1 ,
j
hy, xn − xi 6→ 0 ,
lim Λxn = ΓΛ ∀Λ ∈ X ∗ .
n→∞
N (n) N (n)
X X
αn,k = 1 ∀n ∈ N , αn,k xk −→ 0 fortemente in X . (5.10)
n→∞
k=n k=n
Si mostri che:
(i) in generale, non è detto che (N (n) − n) → ∞ per n → ∞;
(iii) è sempre possibile scegliere N (n) e i coefficienti {αn,k } di modo che anche
5.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 5.1.
(i) Sia M := maxk kek k; per ogni x ∈ Rn , grazie alla disuguaglianza triangolare,
alla positiva omogeneità della norma, ed alla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz,
abbiamo che
n n n
X
X X √
kxk =
xk ek
≤ |xk |kek k ≤ M |xk | ≤ M n kxk2 . (5.12)
k=1 k=1 k=1
Questo implica che la funzione ϕ(x) := kxk sia continua in (Rn , k · k2 ), in quanto
√
| kxk − kyk | ≤ kx − yk ≤ M n kx − yk2 ,
per ogni x, y ∈ Rn .
(ii) Mostriamo che una generica norma k · k è equivalente a k · k2 . Per il punto (i),
la funzione ϕ è continua, e quindi ammette massimo e minimo sul compatto
S1 = {x ∈ Rn : kxk2 = 1} .
Notiamo che il minimo non può essere 0, dato che k · k è una norma e 0 6∈ S1 .
Quindi m := minS1 ϕ > 0, e per ogni x ∈ Rn \ {0}
= kxk .
x
m≤
(5.13)
kxk2
kxk2
Abbiamo che
kfn k∞ = 1 ,
mentre Z b
1
kfn k1 = |fn (x)| dx = .
a 2n
Pertanto
kfn k1 −→ 0 .
n→∞
Poiché non può esistere una costante C > 0 tale che, per ogni n sufficientemente
grande,
C
1 = kfn k∞ ≤ C kfn k1 = ,
2n
deduciamo che le due norme non sono equivalenti.
Soluzione dell’Esercizio 5.3.
Per ogni f, g ∈ L2 ((0, 1)) e α, β ∈ R, abbiamo:
Z 1
T (αf +βg)(x) = x (αf (t) + βg(t)) dt
0
Z 1 Z 1
= αx f (t) dt + βx g(t) dt = αT (f )(x) + βT (g)(x)
0 0
per ogni x ∈ (0, 1), dunque T è lineare. Inoltre, per ogni f ∈ L2 ((0, 1)),
Z 1 Z 1 2 Z 1 Z 1 2
2 1 2
kT f k2 = x f (t) dt dx = x2 dx f (t) dt = kf k2 ,
0 0 0 0 3
perciò T è anche limitato e dunque continuo.
Soluzione dell’Esercizio 5.4.
La linearità segue immediatamente dalla linearità dell’integrale, come nell’Eser-
cizio 5.3. Sia ora f ∈ L1 ((0, 1)). Abbiamo che
Z x
et f (t) dt
kT (f )k∞ = sup |(T f )(x)| = sup
x∈(0,1) x∈(0,1) 0
Z 1
(5.14)
t
≤ e |f (t)| dt ≤ e kf k1 .
0
Chiaramente Z 1
kfn k1 = n dx = 1 ∀n ∈ N+ .
1
1− n
Inoltre, ( Rx
1
n 1− 1 et dt se 1 − n ≤ x ≤ 1,
(T fn )(x) = n
0 altrimenti .
Quindi Z 1
1
kT (fn )k∞ = n et dt = n e − e1− n −→ e .
1
1− n n→∞
Perciò
kT fn k∞
lim = e.
n→∞ kfn k1
Consideriamo ora
1
fn (x) := x n ∀x ∈ (0, 1) , ∀n ∈ N+ .
Si verifica facilmente che
|T (fn )| n
= −→ 1 ,
kfn k∞ 1 + n n→∞
quindi possiamo concludere che kT kE ∗ = 1.
(ii) Se esistesse f ∈ E tale che kf k∞ = 1 e T (f ) = 1, si avrebbe
Z 1 Z 1
T (f ) = f (x) dx = kf k∞ = kf k∞ dx .
0 0
Quindi Z 1
(kf k∞ − f (x)) dx = 0 .
0
Essendo f (x) ≤ kf k∞ per ogni x ∈ [0, 1], ciò implicherebbe
f (x) = kf k∞ = 1 per q.o. x ∈ [0, 1] .
Poiché f è continua in [0, 1], seguirebbe che f (x) = 1 per ogni x ∈ [0, 1]. Questo
contrasta col fatto che f (0) = 0, perché f appartiene ad E. Dunque tale f non
esiste.
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 159
Per convergenza debole, chiaramente (si veda anche il prossimo Esercizio 5.11)
x(k)
m = (xm , ek ) → (x, ek ) = x
(k)
per m → ∞. Pertanto
n
! 21
X 2 √
kxm − xk2 = x(k) −x (k)
≤ n max x(k) − x (k)
→0
m m
1≤k≤n
k=1
(h)
Per definizione di convergenza debole, pertanto, deduciamo che {xn } converge
a x(h) , per n → ∞.
Infatti,
∞
X 1
kxn − xk22 = −→ 0 ,
k 2 n→∞
k=n+1
P∞ 1
perché la serie k=1 k2 converge. Inoltre, osserviamo che, per ogni k ∈ N+ ,
1
x(k)
n −→ .
n→∞ k
Poiché
kxn kp = 1 ∀n ∈ N ,
la successione {xn } non converge a 0 fortemente in `p . D’altra parte, per ogni
y ∈ `q , dove q := p0 , abbiamo
∞
X
x(k)
n y
(k)
= y (n) ∀n ∈ N .
k=1
Chiaramente
y (n) −→ 0 ,
n→∞
q
perché ogni successione y ∈ ` è infinitesima (si noti che q ∈ [1, ∞)), per la con-
dizione necessaria di convergenza delle serie numeriche. Nel caso particolare
(k)
p = ∞, poiché ciascun elemento {xn } ha limite 0 per k → ∞, effettivamente
è sufficiente testare la successione contro elementi di `1 e quindi si può ragionare
esattamente come sopra (per maggiori dettagli si vedano gli Esercizi 5.20 e 5.48).
162 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
p 2n p p
1 X 1 1
(n + 1) √ ≤ √ ≤ (n + 1) √ ∀n ∈ N+ .
2n k n
k=n
Pertanto
2n p
X 1
lim √ =0 ⇐⇒ p > 2.
n→∞ k
k=n
Dunque
xn −→ 0 in `p ⇐⇒ p > 2,
n→∞
quindi
xn −→ 0 in `∞ .
n→∞
Si ha
n p Xn
X
sin k ≤ kp nnp 1
∀n ∈ N+ .
0≤ 3 3p
≤ 3p = 2p−1
n n n n
k=0 k=0
Pertanto
n p
sin k = 0 ∀p ∈ [1, ∞) .
X
lim 3
n→∞ n
k=0
Dunque
xn −→ 0 in `p , ∀p ∈ [1, ∞) .
n→∞
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 163
quindi
xn −→ 0 in `∞ .
n→∞
Quindi T è limitato. Verifichiamo ora che T (`2 ) non è chiuso. Per farlo, consideria-
mo {xn } ⊂ `2 , essendo {xn } la successione che ha le prime n componenti uguali a
1 e tutte le altre nulle. Allora
1 1 1
T (xn ) = 1, , , . . . , , 0, . . . , 0, . . . ∈ `2 ∀n ∈ N .
2 3 n
x̄ := (1, 1, . . . , 1, . . .) ,
Allora 1
Z 1 Z 2
kfn k22 = (fn (x))2 dx = n dx = 1 .
1 1
0 2−n
Inoltre,
Z 1 2 2
2 1 1 1 1 1
kT (fn )k22 ≥ − n dx = − −→ .
1 1
2−n
2 n n 2 n→∞ 4
Ciò implica che effettivamente
1
kT k = .
2
Soluzione dell’Esercizio 5.18.
(i) È evidente che T è lineare (per linearità dell’integrale). Mostriamo che effet-
tivamente T f (x) è a sua volta una funzione continua se f (x) lo è, ovvero che T
manda C 0 ([0, 1]) in sé stesso. A tale scopo, possiamo anzitutto osservare che
f (y)
2 − xy ≤ |f (y)| ≤ kf k∞ ∀x, y ∈ [0, 1] ;
dove ϕ(x) := − x1 log 1 − x2 per x ∈ (0, 1], con ϕ(0) := 1/2. Ora, non è difficile
verificare che
0 1 x 2−x
∃ϕ (x) = 2 + log ≥0
x 2−x 2
per ogni x ∈ (0, 1]. Di conseguenza T f è monotòna crescente in [0, 1] e quindi
|T f (x)| ≤ ϕ(1)kf k∞ , per ogni x ∈ [0, 1], da cui segue che kT f k∞ ≤ log 2 kf k∞ ;
ciò dimostra che T è un operatore limitato da C 0 ([0, 1]) in sé stesso, con norma
kT kL(C 0 ([0,1])) ≤ log 2. D’altra parte, se consideriamo f ≡ 1 in [0, 1] abbiamo anche
che Z 1
dy
|T f (x)| = = ϕ(x) =⇒ kT f k∞ = log 2kf k∞ .
0 2 − xy
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 165
Si tratta di funzioni in L1 ([0, 1]), con norma kfn kL1 = 1. Osservando che
!2 !2
Z 1 Z 1 Z 1
n 1
kT fn k2L2 = dy dx ≥ dx
2 − x 1 − n1
1 2 − xy
0 1− n 0
n n 1 1
= − →
n−1 n+1 2 2
Usiamo ora il teorema del grafico chiuso. Siccome i è un operatore lineare definito
tra 2 spazi di Banach, per mostrare che è continuo è sufficiente mostrare che è
chiuso; dobbiamo quindi verificare che, presa {un } ⊂ AC([0, 1]) convergente a u in
AC([0, 1]), se supponiamo che {i(un ) = un } sia convergente a v in C 0 ([0, 1]), allora
necessariamente v = i(u) = u. Ciò è una immediata conseguenza dell’unicità del
limite puntuale. Infatti, se un → u in AC([0, 1]), allora ovviamente un → u in
L1 ([0, 1]), e quindi a meno di sottosuccessioni un → u q.o. in [0, 1]. D’altra, parte
se un = i(un ) → v in C 0 ([0, 1]), allora un → v puntualmente in [0, 1]. Quindi u = v
q.o. in [0, 1] e, essendo u e v continue, deduciamo che u = v ovunque in [0, 1], come
desiderato.
Soluzione dell’Esercizio 5.20.
(i) `∞
0 è evidentemente un sottospazio di `
∞
(per la linearità del limite). Per dimo-
strare che (`∞ 0 , k · k ∞ ) è completo, ci basta dimostrare che è chiuso. Infatti, è ben
noto che un sottospazio chiuso di uno spazio completo è a sua volta completo. Sia
(m)
dunque xn = {xn }m≥0 una successione di elementi di `∞
0 , convergente a un
limite x = {x(m) }m≥0 rispetto alla norma k · k∞ . Vogliamo verificare che x ∈ `∞ 0 .
Dato ε > 0, esiste un n̄ ∈ N tale che kxn − xk∞ < ε/2 per n ≥ n̄. Inoltre, poiché
(m)
xn̄ ∈ `∞0 , esiste m̄ ∈ N tale che |xn̄ | < ε/2 per m ≥ m̄. Ma allora, per m ≥ m̄
abbiamo che
ε
(m) (m) (m) (m)
x ≤ xn̄ + x − xn̄ < + kx − xn̄ k∞ < ε ;
2
essendo ε > 0 arbitrario, questo equivale a dire che x(m) → 0 per m → ∞, e
quindi x ∈ `∞ 0 .
Mostriamo ora che `∞ c non è completo (anche in questo caso, è molto semplice
verificare che si tratta di un sottospazio). È sufficiente esibire una successione
(m)
xn = {xn }m≥0 di elementi di `∞
c che converge, rispetto alla norma k · k∞ , ad
un elemento x ∈ `∞ \ `∞ c (questa sarà in particolare una successione di Cauchy
in (`∞
c , k · k∞ ), non convergente in questo spazio). Sia x = {x
(m)
}m≥0 ∈ `∞ ∞
0 \ `c (si
pensi a un esempio di una simile successione), e definiamo, per n ≥ 0,
(
(m) x(m) se m ≤ n
xn :=
0 se m > n.
ma x 6∈ `∞c .
(ii) Iniziamo a determinare la chiusura di `∞ c rispetto a k · k∞ . Quanto visto finora
mostra non solo che (`∞ c , k · k∞ ) non è completo, ma anche che la chiusura di
`∞ ∞
c rispetto alla norma k · k∞ contiene `0 (infatti, abbiamo mostrato che ogni
elemento di `0 si può approssimare in norma k · k∞ con una successione in `∞
∞
c ).
Affermiamo che tale chiusura coincide esattamente con `∞ 0 . Sia infatti x ∈ `
∞
\
`∞
0 ; questo significa che esistono ε̄ > 0 ed una successione di indici mk → ∞ tali
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 167
Allora
∞
(k) p
X
kx − xn kpp = x → 0
k=n+1
D’altronde, il primo membro coincide con la ridotta n-esima della serie degli y (k) ,
che converge per ipotesi, essendo y ∈ `1 (criterio di assoluta convergenza). Mo-
striamo ora che xn 6* 0 in `∞ . Occorre esibire un funzionale lineare e continuo
J : `∞ → R (non identificabile con una successione di `1 ) tale che J(xn ) 6→ J(x) in
R. A tale scopo, definiamo prima J sul sottospazio
c := x = {x(k) } ∈ `∞ : ∃ lim x(k) ∈ R ,
k→∞
168 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
ponendo
J(x) := lim x(k) ∀x ∈ c .
k→∞
Evidentemente J è lineare, e continuo rispetto alla convergenza forte in `∞ (se
queste affermazioni non sono chiare, le si verifichi per esercizio). Per il teorema
di Hahn-Banach, è possibile prolungare J come funzionale lineare e continuo su
tutto `∞ . Abbiamo che xn ∈ c e J(xn ) = 0 per ogni n, ed in particolare J(xn ) 6→
1 = J(x) in R. Quindi xn 6* 0 in `∞ .
Soluzione dell’Esercizio 5.22.
(i) Per ogni f ∈ E ∗ e x ∈ E si ha
h(S ◦ T )∗ (f ), xi = hf, (S ◦ T )(x)i = hS ∗ (f ), T (x)i = h(T ∗ ◦ S ∗ )(f ), xi ,
dove, ricordiamo, per semplicità di notazione indichiamo con h·, ·i la dualità tra
E ∗ ed E. Quindi
(S ◦ T )∗ = T ∗ ◦ S ∗ .
(ii) Notiamo che l’aggiunto della mappa identità su E, che indichiamo con I, coin-
cide con la mappa identità su E ∗ , che indichiamo con I 0 . Supponiamo che S sia
invertibile. Dunque
S ◦ S −1 = I , S −1 ◦ S = I .
Grazie al punto (i),
∗ ∗ ∗ ∗
I 0 = S ◦ S −1 = S −1 ◦ S∗ , I 0 = S −1 ◦ S = S ∗ ◦ S −1 .
∗ −1 ∗ ∗ −1
Pertanto anche S è invertibile e vale l’identità (S ) = (S ) .
Soluzione dell’Esercizio 5.23.
Poiché A è denso, per ogni x ∈ X esiste una successione {xk } ⊂ A tale che
xk −→ x ∈ X .
k→∞
xn −→ x ∈ X , T (xn ) −→ y ∈ Y .
n→∞ n→∞
yn −→ y ∈ F .
n→∞
Verifichiamo che y ∈ T (E). Infatti, sia {xn } ⊂ E tale che T (xn ) = yn per ogni
n ∈ N. Allora
1
kxm − xn kE ≤ kym − yn kF ∀m, n ∈ N .
α
Poiché la successione {yn } è di Cauchy, deduciamo dunque che anche {xn } è di
Cauchy. Dato che E è completo,
xn −→ x
n→∞
yn −→ T (x) ,
n→∞
T (xnk − x) * 0 debolmente in Y .
k→∞
kT (xnk )kY ≤ M ∀k ∈ N .
|T (x)| |T (x)| 1
kT kE ∗ = sup = sup = sup
.
x∈E\{0} kxk x∈E\Ker(T ) kxk x∈E\Ker(T )
x
T (x)
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 171
x
Per ogni x ∈ E \ Ker(T ), poniamo y := T (x) . Evidentemente T (y) = 1 ovvero
y ∈ H, da cui
1 1 1
kT kE ∗ = sup
= sup = ,
x∈E\Ker(T )
x
y∈H kyk inf y∈H kyk
T (x)
cioè la tesi.
V := Span{x1 , . . . , xn }
e
L ∈ V ∗ tale che L(xi ) = ci ∀i = 1, . . . , n .
Tale L esiste ed è univocamente determinato. Infatti, fissata in V la base B :=
{x1 , . . . , xn } e in R la base C := {1}, L è l’applicazione lineare rappresentata,
rispetto a B e C, univocamente dalla matrice 1 × n
A := c1 c2 . . . cn .
Dunque Pn
|L( k=1 λk xk )|
kLkV ∗ = sup Pn
(λ1 ,...,λn )∈Rn \{0} k k=1 λk xk k
Pn
| k=1 λk ck |
= sup Pn ≤ 1.
(λ1 ,...,λn )∈Rn \{0} k k=1 λk xk k
kT kE ∗ = kLkV ∗ .
alla convergenza debole e al fatto che C, essendo convesso, è anche chiuso debol-
mente (vedere [1, Theorem 3.7]), non è difficile dimostrare che esiste ȳ ∈ C tale
che
kx − ȳk = inf ϕ(y) = dist(x, C) .
y∈C
kx − y1 k = kx − y2 k = dist(x, C) .
Sia
y1 + y2
ξ := .
2
Poiché C è convesso, si ha che ξ ∈ C. Grazie all’uniforme convessità di E, esiste
δ ∈ (0, 1) tale che
y1 − x y2 − x
kξ − xk =
+
≤ dist(x, C) − δ dist(x, C) < dist(x, C) ,
2 2
Affermiamo che {yn } è una successione di Cauchy. Infatti, supponiamo per as-
surdo che non lo sia. Pertanto esiste ε > 0 tale che per ogni ν ∈ N si ha
kyn − xk < d + σ ∀ n ≥ νe .
Pertanto
(yn − x) ∈ Bd+σ (0) ∀ n ≥ νe .
Siano m̄, n̄ ∈ N, con m̄, n̄ ≥ νe, tali che
Abbiamo che
kyn̄ − xk < d + σ , kym̄ − xk < d + σ ,
e
k(yn̄ − x) − (ym̄ − x)k > ε .
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 173
Visto che E è uniformemente convesso e σ ∈ (0, 1), esiste δ > 0 (dipendente solo
da ε, d) tale che
(yn̄ − x) + (ym̄ − x)
≤ d + σ − δ(d + σ) ,
2
ossia
yn̄ + ym̄
− x
≤ d + σ − δ(d + σ) .
2
σ − δ(d + σ) < 0 .
yn −→ y̌ in E .
n→∞
Affermiamo che
y̌ = PC (x) .
Infatti,
ky̌ − xk = lim kyn − xk = dist(x, C) = kx − PC (x)k .
n→∞
Definiamo
d = 0, PC (x) = x .
Dunque
kPC (xn ) − PC (x)k ≤ an + kxn − xk ∀n ∈ N .
Ricordiamo che ζ 7→ dist(ζ, C) è continua (come semplice conseguenza della disu-
guaglianza triangolare si verifica che è addirittura 1-Lipischitz, si veda anche la
soluzione dell’Esercizio 6.47). Pertanto
an −→ d = 0 .
n→∞
174 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Di conseguenza
kPC (xn ) − PC (x)k −→ d = 0 .
n→∞
bn ≤ an + kxn − xk ∀n ∈ N .
Poiché
an −→ d , xn −→ x ,
n→∞ n→∞
bn ≤ d + σ ∀n ≥ ν .
Osserviamo che
bn ≥ d > 0 ∀n ∈ N ,
perché x 6∈ C . Definiamo
x − PC (x) x − PC (xn )
ξn := , ζn := ∀n ∈ N .
bn bn
kξn k ≤ 1 , kζn k = 1 ∀n ∈ N .
Inoltre,
kPC (x) − PC (xn )k ε ε
kξn − ζn k = > ≥ ∀n ≥ ν .
bn bn d+σ
Poiché E è uniformemente convesso, esiste δ ∈ (0, 1) tale che per ogni n ≥ ν si ha
ξn + ζn
2
≤ 1−δ,
ossia
PC (x) + PC (xn )
− x
< bn − δbn ≤ bn − δd .
2
Quindi, sempre in virtù della disuguaglianza triangolare, per ogni n ≥ ν abbiamo
PC (x) + PC (xn )
− x n
< kxn − xk + bn − δd
2
≤ 2kxn − xk + an − δd .
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 175
(dove BrX denota la palla di centro l’origine e raggio r nello spazio X). Ma T è
compatto, quindi T (B1E ) è un insieme relativamente compatto. Questo implica
che la palla chiusa
T (E)
Bc
sia compatta, e ciò è possibile solo se T (E) ha dimensione finita.
Soluzione dell’Esercizio 5.31.
(i) Per la disuguaglianza triangolare e la limitatezza di {xn } ⊂ X, si ha che
D’altra parte, come mostrato nell’Esercizio 5.7, esiste ϕx ∈ E ∗ tale che hϕx , xi =
kxk, e kϕx kE ∗ = 1. Di conseguenza
Ty (ϕ) := hϕ, yi ∀ϕ ∈ E ∗ .
Si noti che E ∗ è uno spazio di Banach. Per ipotesi, supy∈B |Ty (ϕ)| = sup ϕ(B) <
+∞, per ogni ϕ ∈ E ∗ . Il teorema di Banach-Steinhaus afferma quindi che esiste
una costante C > 0 tale che
Dalla caratterizzazione della norma di y data al punto (i), deduciamo che kyk ≤
C, per ogni y ∈ B, e dunque B è limitato.
Soluzione dell’Esercizio 5.33.
Supponiamo che
fn → f in X e D(fn ) = fn0 → g in Y .
Pertanto, dalla (5.16) segue che per ogni t ∈ [0, 1] e per ogni h tale che t+h ∈ [0, 1],
esiste ξh tra t e t + h tale che
f (t + h) − f (t)
= g(ξh ) .
h
Passando al limite per h → 0 (dunque ξh → t), ed usando ancora la continuità di
g, si deduce che f 0 (t) = g(t), come volevasi dimostrare.
Mostriamo ora che D non è continuo. Se fn (x) := sin(nx)/n, allora evidentemente
fn → 0 in X, ma D(fn )(x) = cos(nx) 6→ 0 in Y .
Abbiamo così dimostrato che D è un operatore lineare chiuso ma non continuo
da X in Y . Non c’è contraddizione con il teorema del grafico chiuso, che non
è applicabile in quanto lo spazio X non è uno spazio di Banach. Per verificare
quest’affermazione, occorre esibire una successione di Cauchy in X che non sia
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 177
convergente in X. Ad esempio, sia f ∈ Cc ([0, 1]) \ C 1 ([0, 1]) (dunque f 6∈ X), e con-
sideriamo una successione di mollificatori {ρn } (si veda ad esempio [1, Section
4.4]). Posto fn := ρn ? f (dove ? denota il prodotto di convoluzione, per maggiori
dettagli rimandiamo all’Esercizio 6.20), per le proprietà della convoluzione ab-
biamo che per ogni n abbastanza grande fn ∈ Cc1 ([0, 1]) ⊂ X, fn → f nella norma
del sup su [0, 1], e quindi in particolare {fn } è di Cauchy in X, ma f 6∈ X.
per ogni x ∈ [0, 1]. Dunque, N2 (f ) = 0 implica f ≡ 0 in [0, 1]. La validità della
disuguaglianza triangolare per N2 segue direttamente dalla validità della stessa
per | · | e per k · k∞ .
(ii) Chiaramente kf k∞ ≤ N1 (f ), per ogni f ∈ C 1 . Quindi, per verificare che k · k∞
e N1 non sono norme equivalenti occorre verificare che non esiste alcuna costante
C > 0 tale che N1 (f ) ≤ Ckf k∞ per ogni f ; questo equivale a dire che esiste una
successione {fn } ⊂ C 1 ([0, 1]) \ {0} tale che
N1 (fn )
→ +∞
kfn k∞
(iii) La dimostrazione del fatto che (C 1 ([0, 1]), k · k∞ ) non è uno spazio di Banach
è stata data nell’Esercizio 5.33. Mostriamo che, al contrario, (C 1 ([0, 1]), N1 ) è uno
spazio di Banach. Sia {fn } ⊂ C 1 una successione di Cauchy. Allora {fn } e {fn0 }
sono due successioni di Cauchy in (C 0 ([0, 1]), k · k∞ ), che è completo. Pertanto,
esistono due funzioni f, g ∈ C 0 ([0, 1]) tali che fn → f e fn0 → g rispetto alla
norma k · k∞ . Come mostrato nell’Esercizio 5.33, si ha che f è derivabile, e f 0 = g
in [0, 1]. Abbiamo così dimostrato che, data una successione di Cauchy {fn } in
(C 1 ([0, 1]), N1 ), esiste una funzione f ∈ C 1 ([0, 1]) tale che
N1 (fn − f ) = kfn − f k∞ + kfn0 − f 0 k∞ → 0
per n → ∞, che dimostra che (C 1 ([0, 1]), N1 ) è uno spazio di Banach. Essendo N1
e N2 norme equivalenti, segue direttamente che anche lo spazio (C 1 ([0, 1]), N2 ) è
di Banach. Infatti, se {fn } è una successione di Cauchy in (C 1 ([0, 1]), N2 ), poiché
N1 (f ) ≤ 2N2 (f ) per ogni f ∈ C 1 , si ha che {fn } è di Cauchy in (C 1 ([0, 1]), N1 ).
Ma allora esiste f ∈ C 1 tale che N1 (fn − f ) → 0. Di conseguenza, N2 (fn − f ) ≤
N1 (fn − f ) → 0, cioè fn → f rispetto a N2 .
Soluzione dell’Esercizio 5.35.
(i) Supponiamo che x sia un punto interno di V . Dunque esiste una palla
Br (x) := {y ∈ X : ky − xk < r}
contenuta in V . Poiché V è chiuso rispetto alla somma di vettori, ne consegue
che, se y ∈ Br (x) ⊂ V , allora anche y − x ∈ V . Questo dimostra che
Br (0) = Br (x) − x ⊂ V ,
cioè V contiene una palla centrata nell’origine. Sia allora z ∈ X, ed osserviamo
che
r z
zb := ∈ Br (0) ⊂ V .
2 kzk
Poiché V è chiuso rispetto alla moltiplicazione per uno scalare, ne consegue che
anche
2kzk
z= zb ∈ V .
r
Per l’arbitrarietà di z, deduciamo che tutti i punti di X sono contenuti in V , cioè
V = X.
(ii) Ricordiamo che {ei : i ∈ I} è una base di Hamel per X se ogni elemento
di X si esprime in modo unico come combinazione lineare (finita) degli {ei }. Ora,
supponiamo per assurdo che I sia numerabile, cosicché non è restrittivo supporre
I = N. Consideriamo i seguenti sottospazi di X:
Xn := Span{e0 , . . . , en } , n ∈ N.
S
Evidentemente X = n Xn . Notiamo che ciascun Xn è un sottospazio chiuso di
X, essendo di dimensione finita. Pertanto, per il teorema di Baire, almeno uno
degli Xn ha interno non vuoto, diciamo che X̊n0 6= ∅ per qualche n0 ∈ N. D’altra
parte, dal punto (i) sappiamo che ciò implica Xn0 = X, che è assurdo essendo X
infinito-dimensionale.
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 179
kxk? := kT xkX ∀x ∈ X .
Non è difficile verificare che k · k? è effettivamente una norma, in virtù del fatto
che T è lineare e iniettivo. Osserviamo che k · k? non è equivalente a k · kX poiché,
se così fosse, in particolare esisterebbe una costante C > 0 tale che
lim kT xn − x
bkX = 0 ,
n→∞
il che equivale a
bkX = lim
T xn − T T −1 x
lim kT xn − x b
X
n→∞ n→∞
= lim
T xn − T −1 x
b
X
n→∞
= lim
xn − T −1 x
b
? = 0 ,
n→∞
mentre
Z 1 Z 1
|Λn (f )| = f (0) − f (x) dx ≤ |f (0)| + |f (x)| dx
1 1
n n
≤ 2 − n1 kf k∞ ∀f ∈ X .
e osserviamo che
1
Z Z 1
k 1
Λ∞ fk = 1 − (1 − 2kx) dx − (−1) dx = 2 − ,
0 1
k
k
da cui
lim Λ∞ fk = 2 .
k→∞
allora necessariamente f? (0) = 1, dato che |Λ∞ f? | ≤ |f? (0)| + 1 e |f? (0)| ≤ 1. Ma
quindi, essendo f? continua, esisterà ε > 0 (abbastanza piccolo) tale che f (x) ≥
1/2 per ogni x ∈ [0, ε], da cui (si ricordi che |f? (x)| ≤ 1 per ogni x ∈ [0, 1])
Z ε Z 1
ε 3ε
Λ∞ f? = 1 − f? (x) dx − f? (x) dx ≤ 1 − +1−ε=2− ,
0 ε 2 2
da cui
1
kΛn − Λ∞ kX ∗ ≤ −→ 0 .
n n→∞
182 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Essendo X riflessivo e {xn } limitata, esiste sempre un’estratta {xnk } che conver-
ge debolmente a qualche x ∈ X, da cui, in virtù della precedente identità,
Λx = lim Λxnk = kΛkX ∗ .
k→∞
D’altro canto una combinazione lineare di funzioni continue è a sua volta conti-
nua, perciò deduciamo che αT f1 + βT f2 ∈ Y e quindi anche la funzione αf1 + βf2
appartiene a X. Inoltre, l’identità appena ottenuta mostra che
T (αf1 + βf2 ) = αT f1 + βT f2 ,
dn t
e = et ∀t ∈ [a, b] , ∀n ∈ N+ ,
dtn
da cui et ∈ X e T et = et 6≡ 0. Alla luce di questo risultato e del punto (i),
osserviamo infine che T è necessariamente illimitato.
Grazie a questa relazione, è chiaro che ogni x ∈ X si può scrivere anche come
combinazione lineare di elementi di Ye . Mostriamo che tale combinazione lineare
è unica, e che quindi effettivamente anche Ye è una base di Hamel per X. Se così
non fosse, ciò equivarrebbe ad affermare che esiste una combinazione lineare
nulla, non banale, di elementi di Ye , ovvero
N
X
0= γk ybk
k=0
quindi chiaramente Λ(λ1 x1 +λ2 x2 ) = λ1 Λx1 +λ2 Λx2 . Per dimostrare che Λ ha un
nucleo denso basta osservare che, per definizione, tale funzionale è identicamente
nullo sullo spazio vettoriale W generato da Ye \ {z0 }. Tuttavia, poiché Z ⊂ W e
z0 ∈ Z, abbiamo che z0 ∈ W ; quindi W contiene lo spazio vettoriale generato da
W ∪ {z0 } = Ye , ovvero X. L’unica possibilità è quindi che W = X.
Soluzione dell’Esercizio 5.42.
(i) Consideriamo,
Pm ad esempio, la norma costruita associando a un polinomio
n
P (x) := a
n=0 n x , m ∈ N, la corrispondente norma `1 dei suoi coefficienti,
ovvero
m
X
kP k := |an | .
n=0
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 185
da cui
∞
X 1
lim inf
P (k) − P
≥ > 0.
k→∞
n=m+1
(n + 1)2
(ii) È una conseguenza diretta del teorema delle categorie di Baire. Infatti, l’in-
sieme dei monomi {xn } è una base di Hamel numerabile per P(R), dato che per
ogni polinomio P (x) ∈ P(R) esistono m ∈ N (il grado del polinomio) e un’unica
sequenza di coefficienti {an }n=0,...,m ⊂ R tali che
m
X
P (x) = a n xn ∀x ∈ R .
n=0
Quindi, quale che sia la norma di cui dotiamo P(R), tale spazio ammetterà sem-
pre una base di Hamel numerabile, perciò è di prima categoria e di conseguenza
non di Banach (si veda anche l’Esercizio 5.35).
Soluzione dell’Esercizio 5.43.
Dimostriamo anzitutto che se W è denso, allora l’estensione è unica. Sia infatti
b ∈ V ∗ una qualsiasi altra estensione di Λ; per definizione, sappiamo già che
Λ
Λw
e = Λw b per ogni w ∈ W . D’altro canto, per ogni v ∈ V \W esiste una successione
{wn } ⊂ W tale che limn→∞ kwn − vk = 0. Di conseguenza, grazie alla continuità
di Λ
e e Λ,
b deduciamo che
Λv
e = lim Λw
e n = lim Λw
b n = Λv
b ,
n→∞ n→∞
ovvero Λ
e e Λb coincidono anche su V \ W , quindi sono effettivamente lo stesso
funzionale.
Per dimostrare il viceversa, è sufficiente far vedere che se W non è denso allora
Λ ammette più estensioni. A tale scopo, conviene procedere in modo simile alla
186 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
prima parte della classica dimostrazione del teorema di Hahn-Banach. Non es-
sendo W denso, esisteranno necessariamente un elemento v ∈ V \ W e ε > 0 tali
che
kv − wk > ε ∀w ∈ W .
Denotiamo con Z lo spazio vettoriale generato da {v} e W , ovvero
Z := {z ∈ V : z = w + λ v per qualche w ∈ W e λ ∈ R} .
Λβ z := Λw + βλ ∀z ∈ Z .
|Λβ z| ≤ C kzk ∀z ∈ Z ,
e ciò è equivalente a
|Λw + β| ≤ C kw + vk ∀w ∈ W ,
Λw − C kv − wk ≤ β ≤ Λw + C kv − wk ∀w ∈ W .
e quindi
lim sup |an | kTn kL(X,Y ) < +∞ ,
n→∞
Sappiamo che, in generale, ciò non implica che limn→∞ kTn kL(X,Y ) = 0 (si pensi a
una successione di funzionali che converge a zero debolmente∗ ma non in norma).
Tuttavia, scegliendo ad esempio
q −1
1
an := n+1 + kTn xkY −→ +∞ ,
n→∞
otteniamo
kTn xkY q
kan Tn xkY = 1
p ≤ kTn xkY −→ 0 .
n+1 + kTn xkY n→∞
dal teorema di Banach-Steinhaus possiamo dedurre che esiste una costante C >
0 indipendente da x tale che
ovvero
kxk1 ≤ C kxk2 ∀x ∈ X .
D’altro canto, dal teorema della mappa aperta, sappiamo che due norme che ren-
dono uno stesso spazio di Banach o sono equivalenti oppure non sono ordina-
te (a meno di costanti), quindi in questo caso devono necessariamente essere
equivalenti. In particolare, a posteriori la (5.2) è un’identità.
il che dimostra la (5.4) dato che per costruzione vale anche la disuguaglianza
kf − gk∞ ≤ 1.
(ii) Se lo spazio L∞ (Ω) fosse separabile, allora esisterebbe una successione {hk } ⊂
L∞ (Ω) densa. In particolare, per ogni funzione f della forma (5.3), esisterebbe un
intero kf ∈ N tale che
f − hk
< 1 .
f ∞
2
Notiamo che la funzione che associa a f l’intero kf è iniettiva: infatti, date due
diverse funzioni f e g della forma (5.3), grazie alla (5.4) e alla disuguaglianza
triangolare abbiamo:
hk − hkg
≥ kf − gk −
f − hk
−
g − hkg
f ∞ ∞ f ∞ ∞
1 1
>1 − 2 − 2 = 0,
Ek := {x ∈ Ωk : |G(x)| > 0} ∀k ∈ N .
Dato che
R R
f dµ
Ωn k
χ dµ
Ωn Ωk µ(Ωk ∩ Ωn )
lim ≤ lim = lim = 0,
n→∞ µ(Ωn ) n→∞ µ(Ωn ) n→∞ µ(Ωn )
poiché
1
µ x ∈ Ωn0 : |G(x)| >
Z
k
≤ |G| dµ ≤ kGkL1 .
k {x∈Ωn0 : |G(x)|> k1 }
Consideriamo allora il seguente funzionale definito sul sottospazio V (monodi-
mensionale) generato dalla funzione caratteristica di Ωn0 :
Λf := c se f = c χΩn0 per qualche c ∈ R .
appartiene a `∞ ∞ ∗
0 . Dato un arbitrario Λ ∈ (`0 ) , consideriamo la successione {y
(k)
}
così costruita:
y (k) := Λzk ∀k ∈ N .
Dati inoltre un arbitrario elemento x ∈ `∞
0 e n ∈ N, consideriamo la successione
“troncata” seguente: (
(k) x(k) se k ≤ n ,
xn :=
0 se k > n ,
e osserviamo che limn→∞ xn = x in `∞ 0 . Infatti, per costruzione (si veda anche la
soluzione dell’Esercizio 5.20)
kxn − xk`∞ = sup x(k) −→ 0 .
k>n n→∞
5. Spazi di Banach e Operatori Lineari 191
Di conseguenza, poiché
n
X
xn = x(k) zk ,
k=0
essendo Λ un funzionale lineare e continuo di `∞
0 , abbiamo
n
X n
X
(k)
Λx = lim Λxn = lim x Λzk = lim x(k) y (k) , (5.23)
n→∞ n→∞ n→∞
k=0 k=0
dove usiamo il simbolo h·, ·i per indicare la somma dei prodotti tra gli elementi di
una successione di `∞ e quelli di una successione di `1 . Quindi, dato che (x − l) ∈
`∞
0 ,l ∈`
∞
e che Λ è lineare, ricaviamo:
Λx = Λ(x − l) + Λl = hx − l, yi + (Λ1) l
= hx, yi + [(Λ1) − h1, yi] l ,
| {z }
L
che è proprio della forma (5.5) sulle successioni che ammettono limite.
Soluzione dell’Esercizio 5.49.
(i) Sappiamo che la convergenza debole in `1 implica la convergenza puntuale,
ovvero
lim x(k)
n =x
(k)
∀k ∈ N
n→∞
(si veda l’Esercizio 5.11). In particolare, per ogni fissato m ∈ N, possiamo dedurre
che
Xm
(k)
lim xn − x(k) = 0 . (5.25)
n→∞
k=0
D’altra parte, per l’ipotesi assurda kxn − xk`1 → I > 0, e
m
X ∞
X
(k)
xn − x(k) +
(k)
kxn − xk`1 = xn − x(k) .
k=0 k=m+1
(ii) Le formule (5.6) seguono direttamente dalla (5.25) e dalla (5.26). Infatti,
fissato m, dalla (5.26) esiste nm abbastanza grande tale che
∞
X
(k) (k) 1
xnm − x ≥ 1 − I.
2(m + 1)
k=m+1
Inoltre, poiché il resto di una serie convergente tende a 0, esiste Mm tale che
∞
X (k)
I
xnm − x(k) ≤ . (5.27)
2(m + 1)
k=Mm
e l’analoga stima vale anche per la serie per k che varia da mj+1 +1 a ∞. Pertanto,
D E mj+1 X mj
X (k)
xnmj − x(k) −
(k)
y, xnmj − x ≥ xnmj − x(k)
k=mj +1 k=0
∞
X
(k)
− xnmj − x(k)
k=mj+1 +1
1
I
2
≥ 1− mj +1 I− = 1− mj +1 I,
mj + 1
che è l’assurdo cercato, dato che per ipotesi {xn } (e quindi anche la sottosucces-
sione {xnmj }) converge debolmente a x.
Si osservi che, al contrario, in virtù dell’Esercizio 5.13, nel caso p > 1 i due
concetti di convergenza in `p non coincidono.
Λx = ΓΛ = lim Λxn ∀Λ ∈ X ∗ ,
n→∞
Grazie all’Esercizio 5.48 (e usando la stessa notazione), sappiamo che ogni fun-
zionale Λ ∈ (`∞ )∗ è della forma
Λ = y + ΛL ,
(k)
dove abbiamo utilizzato il fatto che limk→∞ xn = 1, per ogni n ∈ N. Questo dimo-
stra che la successione {xn } verifica la (5.8). Se, per assurdo, {xn } convergesse
debolmente a un certo elemento x ∈ `∞ , allora passando al limite nella (5.30)
otterremmo
Λx = L ∀Λ ∈ (`∞ )∗ ; (5.31)
in particolare,
hx, yi = 0 ∀y ∈ `1 ,
ma questo implica necessariamente x ≡ 0 per ogni k ∈ N, in contraddizione con
la stessa (5.31) (scegliendo ad esempio L = 1).
(ii) Sia {xn } ⊂ `1 una qualsiasi successione che verifichi la (5.8). Ragionando in
modo analogo alla soluzione dell’Esercizio 5.49, è immediato verificare che {xn }
converge anche puntualmente, perciò possiamo porre
dove l’esistenza del limite è garantita dalla (5.8). Utilizzando di nuovo un argo-
mento simile a quello visto nella soluzione dell’Esercizio 5.49, possiamo dedurre
che per ogni m ∈ N esisterebbero nm , Mm ∈ N tali che
M
m
X
(k)
(k) (k)
1
y x nm − x − l ≤ ,
m+1
k=m+1
m ∞
(5.32)
X
(k) (k)
X 1
xnm − x(k) + y (k) x(k)
nm − x
(k)
≤ ,
m+1
y
k=0 k=Mm +1
da cui
lim inf he
y , xn − xi ≤ −|l| < |l| ≤ lim sup he
y , xn − xi ,
n→∞ n→∞
0
se k = n,
1
αk,n := se k = n + 1, (per n dispari)
12
se k = n + 2,
2
risulta
N (n)
X
αn,k xk = 0 ,
k=n
da cui, se (N (n) − n) → ∞,
1
min αn,k ≤ −→ 0 .
k=n,...,N (n) N (n) − n + 1 n→∞
(iii) Grazie alla (5.10), possiamo sempre trovare una successione nj → ∞ tale che
N (nj )
X
1
αnj ,k k
≤
x
, N (nj ) < nj+1 ∀j ∈ N+ .
j
k=nj
Infatti,
1 X NX
(ni )
NX(ni )
2j−1
1 2j−1
1 2j−1
X
X 1 1
j α x
ni ,k k
≤
αni ,k k
≤
x
≤ −→ 0 .
i=j k=ni
j
i=j
k=ni
j i=j
i j j→∞
e per costruzione
1
en,k ≤
α ∀k = n, . . . , N
e (n) ,
j
N
e (n)
X X NX
2j−1 (ni )
αni ,k
2j−1
X 1
α
en,k = = = 1.
i=j k=ni
j i=j
j
k=n
Prerequisiti teorici
• Disuguaglianze di Hölder, di Minkowski
• Inclusioni degli spazi Lp
• Separabilità
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [1, Capitolo 4], [2, Capitolo 6], [4, Capitoli
7, 8], [5, Capitolo 3], [8, Capitolo 1], [9, Capitolo 7].
Esercizio 6.4.
Siano α > 0, p ∈ (1, ∞) e {fn } la successione di funzioni definita da
(
nα se x ∈ 0, n1 ,
fn (x) :=
se x ∈ n1 , 1 ,
0
Esercizio 6.5.
Trovare una funzione
f ∈ L1 (R) ∩ L∞ 2
loc (R) \ L (R)
e una funzione
g ∈ L2 (R) ∩ L∞ (R) \ L1 (R).
Esercizio 6.6.
Siano g ∈ Lp (R), per 1 < p < ∞, e gn (x) := g(x − n) per ogni n ∈ N. Verificare che
gn * 0 debolmente in Lp (R) .
n→∞
Esercizio 6.7.
Sia g ∈ Lp (R), per 1 < p < ∞. Studiare la convergenza in Lp (R) di
Esercizio 6.8.
Sia g ∈ Lp (R), per 1 < p < ∞. Studiare la convergenza forte e debole in Lp (R) di
1
gn (x) := n p g(nx) ∀x ∈ R , ∀n ∈ N+ .
Esercizio 6.9.
Dato Ω ∈ L(RN ), siano {fn } ⊂ Lp (Ω) e {gn } ⊂ Lq (Ω), con p ∈ [1, ∞] e q := p0 .
Dimostrare che se
fn * f debolmente in Lp (Ω) ,
n→∞
gn −→ g fortemente in Lq (Ω) ,
n→∞
allora Z Z
fn gn dx −→ f g dx .
Ω n→∞ Ω
Esercizio 6.10.
Siano
En := (log n, log(n + 1)) ∀n ∈ N+ ,
√
fn := n χEn ∀n ∈ N+ .
Studiare la convergenza forte e debole in Lp ((0, +∞)), per p ∈ [1, 2], di {fn } .
6. Spazi Lp 201
Esercizio 6.11.
Siano
1
An := n, n + √ ∀n ∈ N+ ,
n
√
fn := 4 n χAn ∀n ∈ N+ .
Studiare la convergenza forte e debole in Lp ((0, +∞)), per p ∈ [1, 2], di {fn }.
Esercizio 6.12.
Sia, per ogni n ∈ N sufficientemente grande,
1 1
0 se x ∈ 0, 2 − n2 ,
fn (x) := n se x ∈ 12 − n12 , 12 + 1
n2 ,
0 se x ∈ 21 + n12 , 1 .
Esercizio 6.13.
2 ∗
Sia fn (x) := e−nx , definita in [−1, 1]. Mostrare che fn * 0 debolmente∗ in
L∞ ([−1, 1]), ma fn 6* 0 debolmente in L∞ ([−1, 1]), per n → ∞.
Suggerimento: per mostrare che fn 6* 0 debolmente in L∞ ([−1, 1]), definire un
funzionale lineare continuo su un opportuno sottospazio di L∞ , e poi estenderlo
mediante il teorema di Hahn-Banach.
Esercizio 6.14.
(i) Sia 1 ≤ p < ∞. Mostrare che l’insieme delle funzioni “a gradino”
( n
)
X
+
X := f = ak χIk : ak ∈ R, n ∈ N , Ik ⊂ [0, 1] è un intervallo
k=1
* Esercizio 6.15.
(i) Siano b, T > 0 e, per n ∈ N+ , siano qn e rn il quoziente ed il resto della divisione
intera di nb per T . Mostrare che
qn T
lim = b.
n→∞ n
(ii) Siano 1 < p ≤ ∞, T > 0, e f ∈ Lploc (R) una funzione T -periodica: f (x + T ) =
f (x) per q.o. x ∈ R. Definiamo le funzioni fn e f¯ (media di f ) come
Z T
1
fn (x) := f (nx) , f¯ := f (t) dt .
T 0
202 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
* Esercizio 6.17.
Sia f ∈ L1 ((0, 1)) una funzione essenzialmente non costante, ovvero @c ∈ R tale
che f (x) = c per q.o. x ∈ (0, 1). Dato n ∈ N+ , si consideri la seguente versione
(1/n)-periodica di f in (0, 1):
Esercizio 6.24.
Siano Ω ⊆ RN un aperto, u ∈ L1loc (Ω). Supponiamo che
Z
uf dx = 0 ∀f ∈ Cc∞ (Ω) . (6.2)
Ω
Dimostrare che
u = 0 q.o. in Ω .
Suggerimento: verificare che, grazie alle ipotesi, Ω ug dx = 0 per ogni g ∈ L∞ (Ω)
R
fn −→ f in Lp (Ω) .
n→∞
kgn k∞ ≤ C ∀n ∈ N ,
gn → g q.o. in Ω per n → ∞ .
Dimostrare che
fn gn → f g in Lp (Ω) per n → ∞ .
Esercizio 6.26.
Siano 1 ≤ p < ∞, 1 ≤ q < ∞, e Ω ⊆ RN un insieme misurabile. Dimostrare che
A := {f ∈ Lp (Ω) ∩ Lq (Ω) : kf kq ≤ 1}
è chiuso in Lp (Ω).
Esercizio 6.27.
Sia f ∈ Lp (Ω) per ogni p ∈ [1, ∞), dove Ω ⊆ RN è un insieme misurabile.
Supponiamo che, per qualche C > 0,
kf kp ≤ C ∀p ∈ [1, ∞) .
Dimostrare che f ∈ L∞ (Ω). Inoltre, esibire una funzione f ∈ Lp (Ω) tale che
T
p≥1
f 6∈ L∞ (Ω).
Esercizio 6.28.
Siano Ω ⊂ RN un insieme misurabile con 0 < λ(Ω) < +∞. Siano p ∈ (1, ∞),
u ∈ Lp (Ω), e {un } ⊂ Lp (Ω). Supponiamo che {un } sia limitata in Lp (Ω). Mostrare
che, se un → u q.o. in Ω, allora un → u in Lq (Ω) per ogni 1 ≤ q < p.
Esercizio 6.29.
Sia f ∈ L∞ (Ω). Mostrare che
|f | ≤ kf k∞ q.o. in Ω .
6. Spazi Lp 205
(ii) Utilizzando (i), dimostrare che vale la disuguaglianza di Hölder alla rove-
scia, cioè che
Z Z p1 Z q1
p q
|f g| dx ≥ |f | dx |g| dx .
E E E
Suggerimento: per (i) utilizzare l’Esercizio 6.30; per (ii) verificare preliminar-
mente la disuguaglianza numerica (a + b)p ≤ ap + bp , per ogni a, b ≥ 0 e p ∈
(0, 1).
* Esercizio 6.32.
Sia p ∈ [2, ∞). Verificare che:
* Esercizio 6.33.
Siano p ∈ (1, 2) e q = p0 . Verificare che:
Esercizio 6.34.
Siano f ∈ L1 (Ω) e {fn } ⊂ L1 (Ω), dove Ω ∈ L(RN ). Supponiamo che
fn * f debolmente in L1 (Ω) ,
n→∞
Verificare che
fn −→ f fortemente in L1 (Ω) .
n→∞
Esercizio 6.35.
Siano Ω ∈ L(RN ) e f : Ω → R misurabile. Verificare che l’insieme
X := {u ∈ L∞ (Ω) : u ≥ f q.o. in Ω}
dove
W := ϕ ∈ L1 (Ω) : ϕf ∈ L1 (Ω) , ϕ ≥ 0 q.o. in Ω .
Esercizio 6.36.
Siano Ω ∈ L(RN ) e f, g ∈ L∞ (Ω) con f ≤ g q.o. in Ω. Verificare che l’insieme
X := {u ∈ L∞ (Ω) : g ≤ u ≤ f q.o. in Ω}
Esercizio 6.39.
Sfruttando gli l’Esercizi 6.17 e 6.38, si esibisca una successione {gn } ⊂ L1 ((0, 1))
tale che:
Esercizio 6.40.
Lo scopo di questo esercizio è caratterizzare i casi in cui la disuguaglianza di
Hölder è un’uguaglianza.
(ii) Sia (X, M, µ) uno spazio di misura, e sia 1 < p < ∞. Dedurre dal punto (i)
che la disuguaglianza di Hölder
0
kf gkL1 (X) ≤ kf kLp (X) kgkLp0 (X) ∀f ∈ Lp (X) , ∀g ∈ Lp (X) ,
0
è un’uguaglianza se e solo se |g|p = λ|f |p q.o. in X, per qualche λ ≥ 0.
Esercizio 6.42.
Siano (Ω, M, µ) uno spazio di misura, e 1 ≤ p < q ≤ ∞.
(i) Mostrare che, se f ∈ Lp (Ω) ∩ Lq (Ω), allora f ∈ Lr (Ω) per ogni r ∈ (p, q), ed
inoltre
1−α
kf kLr (Ω) ≤ kf kα
Lp (Ω) kf kLq (Ω) ,
Esercizio 6.43.
Siano 1 ≤ p < ∞, 1 ≤ q < ∞, e Ω ⊆ RN un insieme misurabile. Siano inoltre
{fn } ⊂ Lp (Ω) ∩ Lq (Ω) e f ∈ Lp (Ω) tali che
fn −→ f in Lp (Ω) .
n→∞
kfn kq ≤ C ∀n ∈ N .
Dimostrare che
fn −→ f in Lr (Ω)
n→∞
(i) Supponiamo che ϕu ∈ Lq (Ω) per ogni u ∈ L∞ (Ω). Mostrare che ϕ ∈ Lq (Ω).
0
(ii) Supponiamo che ϕu ∈ L1 (Ω) per ogni u ∈ Lp (Ω). Mostrare che ϕ ∈ Lp (Ω),
dove p0 = p/(p − 1) è l’esponente coniugato di p.
(iii) Più in generale, supponiamo che ϕu ∈ Lq (Ω) per ogni u ∈ Lp (Ω). Mostrare
che ϕ ∈ Lr (Ω), con
0
p
r=q .
q
(iv) Supponiamo ora che q < p e che ϕ sia continua in Ω (non necessariamente
limitata). Mostrare che, se ϕu ∈ Lp (Ω) per ogni u ∈ Lq (Ω), allora ϕ ≡ 0 in Ω.
Suggerimento: può essere utile usare i teoremi del grafico chiuso, e di rappresen-
tazione di Riesz.
Esercizio 6.45.
Sia 1 ≤ p ≤ q ≤ ∞.
(i) Trovare esempi di funzioni f definite q.o. su [0, 1] tali che f ∈ Lr ([0, 1]) se e
solo se:
(ii) Trovare esempi di funzioni f definite q.o. su [0, +∞) tali che f ∈ Lr ([0, +∞))
se e solo se:
Esercizio 6.46.
Sia {fn } ⊂ L2 (R). Supponiamo che fn * f debolmente in L2 (R), e fn2 * g de-
bolmente in L1 (R), per n → ∞.
per il punto (ii), può essere utile aver svolto l’Esercizio 6.15.
dist(x, D) := inf{|x − z| : z ∈ D} .
* Esercizio 6.49.
Sia {an } ⊂ R+ una successione strettamente crescente e divergente, e sia {µn } ⊂
R+ una successione tale che
X∞
an µn < +∞ . (6.5)
n=0
Esercizio 6.50.
Siano (Ω, M, µ) uno spazio di misura e g ∈ L1 (Ω). Sfruttando l’Esercizio 6.49,
mostrare che esiste una funzione crescente e superlineare f : R+ → R+ tale che
Z
f (|g|) dµ < +∞ .
Ω
* Esercizio 6.51.
Sia fk : Rn → R una successione di funzioni localmente integrabili, ovvero tale che
fk ∈ L1 (K) per ogni insieme compatto K b Rn e ogni k ∈ N (ovvero fk ∈ L1loc (Rn )).
Supponiamo inoltre che {fk } abbia la seguente proprietà:
per ogni K b Rn e per ogni sottosuccessione {fki } ⊂ {fk },
(6.6)
esiste una sottosuccessione fkij ⊂ {fki } convergente in L1 (K).
e
lim fkj (x) = f (x) per q.o. x ∈ Rn . (6.8)
j→∞
Esercizio 6.52.
Diciamo che una funzione F : R → R è lineare affine se esistono α, β ∈ R tali che
F (t) = αt + β ∀t ∈ R . (6.9)
In particolare, se F è lineare affine vale l’identità
t+s
F (t) + F (s)
F 2 = ∀t, s ∈ R . (6.10)
2
Si può dimostrare vale anche il viceversa, ovvero se F soddisfa la (6.10) allora è
necessariamente lineare affine.
212 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(i) Data una successione {fn } ⊂ L1 ((0, 1)) convergente debolmente a f ∈ L1 ((0, 1)),
mostrare che se F è lineare affine allora
F (fn ) * F (f ) debolmente in L1 ((0, 1)) .
(ii) Sia F : R → R una funzione Borel-misurabile, che non è lineare affine. Sfrut-
tando l’Esercizio 6.17 e la caratterizzazione (6.10), costruire una successione
{fn } ⊂ L1 ((0, 1)) che converge debolmente a un’opportuna funzione costante
f , tale che {F (fn )} ⊂ L1 ((0, 1)) ma
F (fn ) 6* F (f ) debolmente in L1 ((0, 1)) .
* Esercizio 6.53.
Sia f ∈ Lp (Rn × Rm ), con p ∈ (1, ∞]. Grazie al teorema di Fubini-Tonelli, sappia-
mo che per quasi ogni y ∈ Rm la funzione Rn 3 x 7→ f (x, y) appartiene a Lp (Rn ).
0
Supponiamo che per ogni fissata g ∈ Lp (Rn ) valga l’identità
Z
f (x, y) g(x) dx = 0 per q.o. y ∈ Rm , (6.11)
Rn
6.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 6.1.
Per il teorema di rappresentazione di Riesz in Lp , ciò che vogliamo dimostrare
equivale a Z Z
0
fn φ dλ → f φ dλ ∀φ ∈ Lp (Ω)
Ω Ω
per n → ∞. Sappiamo già che questa proprietà è verificata per ogni φ ∈ Cc∞ (Ω),
0
ed inoltre, essendo 1 < p < ∞, abbiamo che Cc∞ (Ω) è denso in Lp (Ω). Siano
p0 ∞
dunque φ ∈ L (Ω), ed ε > 0 arbitrari. Esiste una funzione ϕ ∈ Cc (Ω) tale che
kϕ − φkp0 < ε, per densità (si veda ad esempio [1, Corollary 4.23]). Pertanto
Z Z Z
(fn − f )φ dλ ≤ (fn − f )ϕ dλ + |(fn − f )(φ − ϕ)| dλ
Ω Ω Ω
Z
≤ (fn − f )ϕ dλ + kfn − f kp kφ − ϕkp0
ZΩ
≤ (fn − f )ϕ dλ + Cε → Cε
Ω
1
|fn (x)| ≤ g(x) := √ ∀x ∈ (0, 1) , ∀n ∈ N+ .
4
x
Poiché g ∈ Lp ((0, 1)) per p ∈ [1, 4), dal teorema di convergenza dominata segue
che, per ogni p ∈ [1, 4),
fn −→ 0 in Lp ((0, 1)) .
n→∞
Osserviamo che
|fn (x)|
lim = 1 ∀n ∈ N+ .
x→0+ g(x)
Pertanto
fn ∈ Lp ((0, 1)) ⇐⇒ g ∈ Lp ((0, 1)) .
Quindi fn 6∈ Lp ((0, 1)) se p ≥ 4, dunque {fn } non può converge a 0 in tali spazi
Lp ((0, 1)). Inoltre, poiché
sup |fn | = +∞ ∀n ∈ N+ ,
(0,1)
Inoltre,
1
1 − e−pn
Z
−npx 1
kfn kpp = ne dx = −→ .
0 p n→∞ p
Quindi {fn } non può convergere fortemente a 0 in Lp ((0, 1)), perché se ciò acca-
desse, anche {kfn kp } convergerebbe a 0.
Sia ora g ∈ Cc∞ ((0, 1)). Integrando per parti si ha (per ogni n ∈ N+ )
Z 1 i1 Z 1
h 1
−1 −nx fn (x) 0
fn (x)g(x) dx = −n p e g(x) + g (x) dx
0 0 0 n
Z 1
fn (x) 0
= g (x) dx ,
0 n
perché g(1) = g(0) = 0. Prendiamo p0 > 1 tale che p1 + p10 = 1, ovvero l’esponente
coniugato di p. Grazie alla disuguaglianza di Hölder otteniamo
Z 1
fn (x) 0 ≤ 1 kfn kp kg 0 kp0 −→ 0 .
g (x) dx
0 n n n→∞
Perciò Z 1
fn (x)g(x) dx −→ 0 .
0 n→∞
0
Poiché Cc∞ ((0, 1)) è denso in Lp ((0, 1)) (si veda quanto richiamato nell’Esercizio
6.1) e la successione {fn } è limitata in Lp ((0, 1)), possiamo facilmente dedurre
0
che, per ogni g ∈ Lp ((0, 1)),
Z 1
fn (x)g(x) dx −→ 0 .
0 n→∞
se αp < 1.
(ii) Presa una generica g ∈ Lq ((0, 1)), dove q := p0 è l’esponente coniugato di p,
dalla disuguaglianza di Hölder abbiamo (per ogni n ∈ N con n ≥ 2):
Z 1 1
! q1
Z 1 n Z n
1 q
fn (x)g(x) dx ≤ nα− p
fn (x)g(x) dx = |g(x)| dx .
0 0 0
6. Spazi Lp 215
1
! q1
Z 1 Z n
q
fn (x)g(x) dx ≤ |g(x)| dx −→ 0 ,
0 0 n→∞
che tende a 0 per n → ∞, essendo g ∈ Lp (R) (si veda l’Esercizio 3.40 per i
dettagli).
216 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Sia ora ϕ ∈ Lq (R). Si arriva alla conclusione grazie all’Esercizio 6.1; ripetiamo
comunque l’argomento per completezza. Fissiamo ε > 0 ad arbitrio. Possiamo
trovare ϕε ∈ Cc∞ (R) tale che kϕ − ϕε kq < ε. Abbiamo:
Z Z Z
gn (x)ϕ(x) dx ≤ gn (x)ϕε (x) dx + gn (x)(ϕ(x) − ϕε (x)) dx.
R R R
Per quanto visto prima, esiste n̄ε ∈ N tale che, per ogni n > n̄ε ,
Z
gn (x)ϕε (x) dx < ε .
R
kgn kp = kgkp ∀n ∈ N .
Si ha: (
0 se x = 0 ,
lim ϕn (x) = π
n→∞
2 se x 6= 0 .
kgn kp = kgkp ∀n ∈ N+ .
Pertanto {gn } non può convergere fortemente a zero in Lp (R) (salvo nel caso
g = 0 quasi ovunque). Mostriamo che, tuttavia, la successione converge a zero
debolmente. Per ogni ϕ ∈ Cc∞ (R) risulta
Z Z y
1
gn (x)ϕ(x) dx = n p −1 g(y)ϕ dy ∀n ∈ N+ .
R R n
Inoltre, supponiamo che supp ϕ ⊂ [a, b]. Per ogni n ∈ N+ e per q.o. y ∈ R si ha
1
y
−1
n ≤ max |ϕ| |g(y)| χ[a,b] (y) ∈ L1 (R) .
p
n
g(y)ϕ
[a,b]
quindi Z
gn (x)ϕ(x) dx −→ 0 .
R n→∞
0
Dato che la successione {gn } è limitata in Lp (R) e Cc∞ (R) è denso in Lp (R),
grazie all’Esercizio 6.1, deduciamo che effettivamente la successione converge
debolmente a zero in Lp (R).
kfn kp ≤ C ∀n ∈ N .
Abbiamo:
Z Z Z
(fn gn − f g) dx ≤ fn (gn − g) dx + g(fn − f ) dx
Ω Ω
Z Ω
≤ kfn kp kgn − gkq + g(fn − f ) dx
Ω
Z
≤ C kgn − gkq + g(fn − f ) dx −→ 0 ,
Ω n→∞
218 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
mentre
Z
g(fn − f ) dx −→ 0 per definizione di convergenza debole.
Ω n→∞
Inoltre,
Z +∞ Z log(n+1)
p p
|fn (x)|p dx = 1
∀n ∈ N+ ,
n 2 dx = n 2 log 1 + n
0 log n
che tende a 0 per n → ∞ se e solo se p < 2. Dunque, possiamo affermare che per
p ∈ [1, 2) la successione converge fortemente a 0 in Lp ((0, +∞)). Ora, siano p = 2,
e g ∈ L2 ((0, +∞)). Si ha:
Z +∞ Z log(n+1)
√
fn (x)g(x) dx ≤ n |g(x)| dx
0 log n
! 12 ! 21
Z log(n+1) Z log(n+1)
2
≤ n dx |g(x)| dx
log n log n
12 ! 21
Z log(n+1)
1 2
= n log 1 + |g(x)| dx .
n log n
Ovviamente
1
lim n log 1 + = 1.
n→∞ n
Inoltre, poiché g ∈ L2 ((0, +∞)), grazie al teorema di convergenza dominata (op-
pure ragionando come nell’Esercizio 3.40), risulta
Z log(n+1)
lim |g(x)|2 dx = 0 .
n→∞ log n
Pertanto Z +∞
lim fn (x)g(x) dx = 0 ,
n→∞ 0
cioè, in virtù dell’arbitrarietà di g,
Inoltre,
Z +∞ Z n+ √1n
p p 1
|fn (x)|p dx = n 4 dx = n 4 − 2 ∀n ∈ N+ ,
0 n
che tende a 0 per n → ∞ se e solo se p < 2. Dunque, per p ∈ [1, 2), la successione
{fn } converge fortemente a 0 in Lp ((0, +∞)).
Ora siano p = 2, e g ∈ L2 ((0, +∞)). Si ha:
Z
+∞ Z
n+ √1n √
fn (x)g(x) dx ≤ 4
n |g(x)| dx
0 n
! 21 ! 12
Z n+ √1n √
Z n+ √1n
2
≤ n dx |g(x)| dx
n n
! 21
Z n+ √1n
2
= |g(x)| dx .
n
pertanto Z +∞
lim fn (x)g(x) dx = 0 ,
n→∞ 0
Pertanto {fn } non può convergere fortemente in L2 ((0, 1)). D’altro canto, que-
sto stesso calcolo mostra che la successione è limitata, di conseguenza essendo
L2 ((0, 1)) uno spazio riflessivo ammette una sottosuccessione {fnk } debolmente
convergente a qualche f ∈ L2 ((0, 1)). Poiché limite puntuale e limite debole, se
esistono entrambi, devono coincidere (si veda ad esempio l’Esercizio 3.21), ab-
biamo che f = 0 q.o. e dunque fnk * 0. Dato che lo stesso ragionamento si può
ripetere lungo una qualsiasi sottosuccessione di {fn }, possiamo infine concludere
che l’intera successione {fn } converge debolmente a zero in L2 ((0, 1)).
In alternativa, la convergenza debole si può dimostrare anche con un calcolo
diretto come negli Esercizi 6.10 e 6.11.
Soluzione dell’Esercizio 6.13.
∗
Siccome L∞ è il duale di L1 (a meno di isomorfismi), dimostrare che fn * 0 in
L∞ significa dimostrare che
Z 1
fn ϕ dx → 0 ∀ϕ ∈ L1 ([−1, 1]) .
−1
Questo è evidentemente vero, per convergenza dominata (fn → 0 q.o. in [−1, 1], e
|fn ϕ| ≤ |ϕ| ∈ L1 ([−1, 1])). Mostriamo ora che fn 6* 0 in L∞ . A tale scopo, occorre
esibire un funzionale lineare e continuo J : L∞ ([−1, 1]) → R (non identificabile
con una funzione di L1 ) tale che J(fn ) 6→ 0 in R. Definiamo per prima cosa J sul
sottospazio C 0 ([−1, 1]) delle funzioni continue su [−1, 1], ponendo
nb = qn T + rn , con qn ∈ N e rn ∈ [0, T ) .
Di conseguenza
qn T rn
=b− → b per n → ∞ .
n n
(ii) Sia b = 1, e siano qn ∈ N e rn ∈ [0, T ) come al punto (i). Per p ∈ (1, ∞), abbiamo
che
1 n
Z
fn − f¯
p p
p
f − f¯ dx
L ([0,1])
=
n 0
1 qn T 1 qn T +rn
Z Z
p p
= f − f¯ dx + f − f¯ dx
n 0 n qn T
Z T
1 rn
Z
qn ¯ p p
f − f¯ dx ,
= f − f dx +
n 0 n 0
222 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
1 T
Z
fn − f¯
p p
p
f − f¯ dx
L ([0,1])
→
T 0
e, in particolare, {fn − f¯} è limitata in Lp ([0, 1]). Se invece p = ∞ è sufficiente
osservare che
fn − f¯
∞ =
fn − f¯
L∞ ([0,T ]) =
fn − f¯
L∞ ([0,1]) ∀n > T .
L (R)
(iii) Se p ∈ (1, ∞), anche l’esponente coniugato p0 appartiene a (1, ∞), e quindi
grazie all’Esercizio 6.14 sappiamo che le funzioni a gradino sono dense in cia-
0 ∗
scun Lp ([0, 1]) ∼= (Lp ([0, 1])) . Ma allora, per mostrare che fn * f¯ debolmente in
p
L ([0, 1]), è sufficiente verificare che per ogni intervallo (a, b) ⊂ [0, 1] risulta
Z b Z b
fn dx → f¯ dx = f¯(b − a) per n → ∞ . (6.14)
a a
per n → ∞, dove abbiamo usato il fatto che {fn − f¯} è limitata in Lp ([0, 1]) (si veda
il punto (ii)). Per l’arbitrarietà di ε, concludiamo che il primo integrale tende a 0
0
per n → ∞, per ogni ψ ∈ Lp ([0, 1]), che prova la convergenza debole fn * f¯ in
Lp ([0, 1]). Dunque, non resta che mostrare la validità della (6.14). Essendo, per
ogni funzione misurabile f ed ogni (a, b) ⊂ [0, 1],
Z b Z b Z a
f dx = f dx − f dx ,
a 0 0
dimostriamo che
Z b
lim
Fi − f (x) dx
= 0, (6.15)
i→∞
a
L1 ((a,b))
Posta
i n
b−a X
y−a+(k−1)(b−a)
Φi,h (y) := φh a + ni ∀y ∈ (a, b) ,
ni
k=1
224 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
abbiamo:
Z b
|Fi (y) − Φi,h (y)| dy
a
Z ni
b − a b X y−a+(k−1)(b−a)
y−a+(k−1)(b−a)
= f a+ ni − φh a + ni dy
ni
a k=1
ni Z b
y−a+(k−1)(b−a) dy
X
y−a+(k−1)(b−a)
≤ (b − a) f a + − φ a +
ni h ni ni
k=1 a
ni Z a+ k(b−a)
X ni
= (b − a) |f (x) − φh (x)| dx
(k−1)(b−a)
k=1 a+ ni
Z b
= (b − a) |f (x) − φh (x)| dx ,
a
y − a + (k − 1)(b − a)
x=a+ .
ni
da cui
Z b
lim sup
Fi − f (x) dx
≤ 2 (b − a) kf − φh kL1 ((a,b)) ,
i→∞
a
L1 ((a,b))
(ii) Dobbiamo mostrare che, data un’arbitraria g ∈ L∞ ((0, 1)), vale l’identità
Z 1 Z 1 Z 1
lim fn (x) g(x) dx = f (x) dx g(x) dx . (6.17)
n→∞ 0 0 0
+
Fissato n ∈ N , abbiamo:
Z 1 n Z k
X n
fn (x) g(x) dx = f (nx − k + 1) g(x) dx
k−1
0 k=1 n
n Z
1X 1
= f (y) g y+k−1
n dy (6.18)
n
k=1 0
Z 1 n
1 X y+k−1
= f (y) g n dy .
0 n
k=1
D’altro canto, dall’Esercizio 6.16 (con (a, b) = (0, 1)) sappiamo che esiste una
sottosuccessione {nj } ⊂ {n} tale che
nj Z 1
1 X y+k−1
lim g nj = g(x) dx per q.o. y ∈ (0, 1) .
j→∞ nj 0
k=1
tuttavia, siccome per ipotesi f non è costante, esiste ε0 > 0 tale che
n ! Xn
[ k−1 A λ(A)
λ + = = λ(A) > 0 .
n n n
k=1 k=1
Quindi la convergenza debole ha luogo anche in L1 ((0, 1)): infatti, dato che
Lp ((0, 1)) ,→ L1 ((0, 1)), un qualsiasi funzionale lineare e continuo di L1 ((0, 1)) è
anche un funzionale lineare e continuo di Lp ((0, 1)) (al netto di un’operazione di
restrizione). Inoltre, {fn } non converge fortemente in Lp ((0, 1)), perché sempre
in virtù dell’Esercizio 6.15 sappiamo che
Z 1 Z 2π
p 1 p
|sin(nx) − 0| dx −→ |sin(x)| dx > 0
0 n→∞ 2π 0
per ogni 1 < p < ∞, ed è facile verificare che lo stesso vale anche per p = 1.
(ii) Come diretta applicazione dell’Esercizio 6.15, abbiamo che la successione {gn }
converge debolmente in Lp ((0, 1)), per ogni 1 < p < ∞, alla costante
Z 1
α+β
ḡ := ge(x) dx = .
0 2
Ragionando in modo del tutto analogo al punto (i), deduciamo che la convergen-
za debole ha luogo anche in L1 ((0, 1)). Dimostriamo ora “a mano” che non c’è
6. Spazi Lp 227
perciò {gn } non converge fortemente in L1 ((0, 1)), e quindi in nessun altro spazio
Lp ((0, 1)) ricordando nuovamente che Lp ((0, 1)) ,→ L1 ((0, 1)).
(iii) Esattamente come nel punto (i), si ricava che la successione {hn } converge
debolmente, ma non fortemente, in Lp ((0, 1)) per ogni 1 ≤ p < ∞ alla costante
Z 1
h̄ := (1 − cos(2πx)) dx = 1 .
0
n = 2k + m
228 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Si ha
1
λ(En ) = , k = blog2 nc .
2k
Inoltre, Z
2
|fn |p dx = λ(En ) ≤ −→ 0 .
E n n→∞
p
Dunque fn → 0 in L (E) per n → ∞.
D’altra parte, fn (0) = 1 se n = 2k per qualche k ∈ N, mentre fn (0) = 0 altrimenti.
Dunque {fn } non converge a 0 puntualmente in E.
Quindi
Z Z Z p
p
|(f ? g)(x)| dx ≤ |f (y)||g(x − y)| dy dx
Rn Rn Rn
Z pq Z Z
≤ |f (y)| dy |f (y)||g(x − y)|p dy dx .
Rn Rn Rn
6. Spazi Lp 229
cioè
kf ? gkpp ≤ kf kp1 kgkpp .
Soluzione dell’Esercizio 6.21.
Sia x0 ∈ Rn e sia {xm } ⊂ Rn tale che
xm −→ x0 .
m→∞
tranne quelle per cui f (y) = ±∞, che formano un insieme di misura nulla, risulta
f (y)g(xm − y) −→ f (y)g(x0 − y) .
m→∞
Essendo g nulla fuori da un compatto, g è anche limitata, cioè, per qualche M > 0,
|g| ≤ M in Rn .
Pertanto, per ogni m ∈ N e per q.o. y ∈ Rn , abbiamo
|f (y)g(xm − y)| ≤ M |f (y)| .
Dato che M f ∈ L1 (Rn ), per il teorema di convergenza dominata
Z Z
f (y)g(xm − y) dy −→ f (y)g(x0 − y) dy .
Rn m→∞ Rn
n
Di conseguenza, f ? g è continua in R .
Soluzione dell’Esercizio 6.22.
Sia f ∈ Lp (Ω). Osserviamo che, per ogni t > 0, posto
Ωt := {x ∈ Ω : |f (x)| ≥ t} ,
risulta
|f (x)|p
≥1 ∀x ∈ Ωt .
tp
Pertanto,
|f (x)|p
Z Z
λ({x ∈ Ω : |f (x)| ≥ t}) = 1 dx ≤ dx
Ωt Ωt tp
Z
1 1
≤ p |f (x)|p dx = p kf kpp ,
t Ω t
ovvero f ∈ M p (Ω) data l’arbitrarietà di t > 0.
Infine, non è difficile verificare che, per ogni p ∈ [1, ∞), la funzione
1
f (x) := 1 ∈ M p ((0, 1)) \ Lp ((0, 1)) .
x p
230 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
perciò anche [(1 − λ)u + λv] ∈ C. Ne segue che C è convesso. Quindi se mostriamo
che C è chiuso in Lp (Ω) in senso forte, otteniamo automaticamente che C è chiuso
anche in senso debole (si veda ad esempio [1, Theorem 3.7]).
Siano {un } ⊂ C e u ∈ Lp (Ω) tali che
un −→ u in Lp (Ω) .
n→∞
unk −→ u q.o. in Ω .
k→∞
Poiché
un ≥ f q.o. in Ω ,
dalla convergenza puntuale quasi ovunque segue che
u≥f q.o. in Ω ,
Allora esiste un compatto K b Ω, con supp g ⊂ K, tale che supp gn ⊂ K per ogni
n ∈ N+ . Si può verificare che (vedere ad esempio [1, Theorem 4.22])
kgn k∞ ≤ kgk∞ ∀n ∈ N+ ,
in L1 RN ,
gn −→ g
n→∞
Vista l’ipotesi (6.2), poiché per ogni n ∈ N+ abbiamo che gn ∈ Cc∞ (Ω), risulta
Z Z
u(x)gn (x) dx = u(x)gn (x) dx = 0 .
K Ω
D’altra parte, grazie alle proprietà della successione {gnk } e al teorema di con-
vergenza dominata,
Z Z
u(x)gnk (x) dx −→ u(x)g(x) dx .
K k→∞ K
Ne segue che Z Z
u(x)g(x) dx = u(x)g(x) dx = 0 .
Ω K
ovvero Z
|u(x)| dx = 0 .
C
Quindi
u = 0 q.o. in C .
Data l’arbitrarietà di C, segue la tesi.
f (gn − g) −→ 0 in Lp (Ω) .
n→∞
fn −→ f in Lp (Ω) .
n→∞
fnk −→ f q.o. in Ω .
k→∞
A := {x ∈ Ω : |f (x)| > k} .
Osserviamo che Z Z
p
|f (x)| dx ≥ k p dx = k p λ(A) .
Ω A
Dunque
k p λ(A) ≤ kf kpp ≤ C p .
Questo implica che p
C
λ(A) ≤ −→ 0 .
k p→∞
kun − ukp ≤ M ∀n ∈ N .
da cui
Z p(1− pq )
M
lim sup |un − u|q dx ≤ M q ∀k > 0 .
n→∞ Ω k
234 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Ne segue che Z
lim sup |un − u|q dx ≤ 0 ,
n→∞ Ω
ovvero {un } converge a u in Lq (Ω).
Soluzione dell’Esercizio 6.29.
Poiché f ∈ L∞ (Ω), esiste C > 0 tale che
|f | ≤ C q.o. in Ω .
|f | ≤ Cn q.o. in Ω , Cn −→ kf k∞ .
n→∞
|f (x)| ≤ Cn ∀x ∈ Ω \ E ∀n ∈ N .
|f (x)| ≤ kf k∞ ∀x ∈ Ω \ E ,
cioè
|f | ≤ kf k∞ q.o. in Ω .
Soluzione dell’Esercizio 6.30.
(i) Basta considerare λ < 0, a patto di scambiare λ con 1 − λ e y1 con y2 , se λ > 1.
Sia dunque λ < 0 fissato ad arbitrio, e poniamo
1 λ
t1 := , t2 := − .
1−λ 1−λ
Chiaramente risulta t1 , t2 ∈ (0, 1) con t1 + t2 = 1. Ora definiamo
Abbiamo che
t1 ξ + t2 η = y2 .
6. Spazi Lp 235
Poiché f è convessa, si ha
ϕ(t1 ξ + t2 η) ≤ t1 ϕ(ξ) + t2 ϕ(η) ,
ossia
1 λ
ϕ(y2 ) ≤ ϕ(λy1 + (1 − λ)y2 ) − ϕ(y1 ) ,
1−λ 1−λ
dunque
1 λ
ϕ(λy1 + (1 − λ)y2 ) ≥ ϕ(y1 ) + ϕ(y2 ) ,
1−λ 1−λ
cioè
ϕ(λy1 + (1 − λ)y2 ) ≥ λϕ(y1 ) + (1 − λ)ϕ(y2 ) ,
come volevasi dimostrare.
(ii) Poniamo anzitutto
Z p1 Z q1
p q
α := |f | dx , β := |g| dx .
E E
Applichiamo la disuguaglianza trovata al punto (i) con le scelte
p q
1 1 |f | |g|
ϕ(y) = ey , λ = , 1 − λ = , x1 = log , x 2 = log .
p q αp βq
Troviamo che
p
|g|q
p q
= e p log αp + q log βq ≥ |f | +
f g 1 |f | 1 |g|
. (6.20)
α β pαp qβ q
Integrando la disuguaglianza (6.20) su E, otteniamo
|f | |g|
Z Z Z
1 p 1 1 1
dx ≥ |f | dx + q |g|q dx = + = 1.
E α β pαp E qβ E p q
Dunque Z
|f g| dx ≥ αβ ,
E
che è la tesi, vista la definizione di α e β.
(iii) Sfruttiamo l’ipotesi che f e g sono non negative, assieme alla disuguaglian-
za di Hölder alla rovescia dimostrata al punto (ii). Ricordando che q denota
l’esponente coniugato di p, abbiamo:
Z Z
(f + g)p dx = (f + g)p−1 (f + g) dx
E
ZE Z
= (f + g)p−1 f dx + (f + g)p−1 g dx
E E
Z q1 Z p1
(p−1)q p
≥ (f + g) dx f dx
E E
Z q1 Z p1
(p−1)q p
+ (f + g) dx g dx
E E
Z p−1 "Z
p
p1 Z p1 #
= (f + g)p dx f p dx + g p dx .
E E E
236 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Pertanto Z p1 Z p1 Z p1
p p p
(f + g) dx ≥ f dx + g dx ,
E E E
che è la disuguaglianza cercata. Infine, per mostrare che tale disuguaglianza può
essere stretta, è sufficiente prendere due sottoinsiemi misurabili F1 , F2 ⊂ E tali
che 0 < λ(F1 ) = λ(F2 ) =: c < +∞ e F1 ∩ F2 = ∅, e considerare le corrispondenti
funzioni caratteristiche f = χF1 e g = χF2 . Se E è un aperto, si possono scegliere
ad esempio due palle disgiunte contenute in E, ma è comunque possibile dimo-
strare che tali sottoinsiemi esistono per un generico insieme E come nelle ipotesi.
Otteniamo quindi
Z p1 Z p1 Z p1
1 1
p p p
(f + g) dx = (2c) > 2c =p p f dx + g dx .
E E E
ϕ(t) := tp + bp − (t + b)p ∀t ≥ 0 .
Abbiamo che
ϕ0 (t) = ptp−1 − p(t + b)p−1 > 0 ∀t > 0 ,
perché 0 < p < 1. Pertanto, ϕ(t) ≥ ϕ(0) = 0 per ogni t > 0, e, scegliendo t = a,
otteniamo:
(a + b)p ≤ ap + bp ∀a, b ∈ (0, +∞) . (6.21)
Ovviamente la disuguaglianza resta vera in [0, +∞). Infine, prendiamo f, g, h ∈
Lp (E). Grazie alla (6.21), si ha
p
|f − g|p ≤ (|f − h| + |g − h|) ≤ |f − h|p + |g − h|p .
ϕ(0) = 0 , ϕ0 (t) ≥ 0 ∀t ≥ 0 .
kf kp ≤ 1 , kgkp ≤ 1 , kf − gkp ≥ ε .
ossia
f + g
h ε p i p1
2
≤ 1−δ, dove δ := 1 − 1 − > 0.
p 2
Conseguentemente, Lp (Ω) è uniformemente convesso (e dunque anche riflessivo)
per p ≥ 2. Nell’Esercizio 6.33 vedremo che, in realtà, lo stesso vale anche per
p ∈ (1, 2). Tuttavia, è possibile dimostrare che, nei casi estremi p = 1 e p = ∞, i
relativi spazi Lp (Ω) non sono uniformemente convessi (a tale scopo è sufficiente
ragionare tramite opportune funzioni caratteristiche).
Soluzione dell’Esercizio 6.33.
(i) Per ogni t ∈ [0, 1] fissato, definiamo
Osserviamo che
ϕ0 (y) = −(q − 1)t(y −q − 1) (1 + yt)q−2 − (1 − yt)q−2
∀y ∈ (0, 1] .
Poiché p ∈ (1, 2), abbiamo che q > 2. Pertanto
(1 + yt)q−2 ≥ (1 − yt)q−2 ,
quindi
ϕ0 (y) ≤ 0 ∀y ∈ (0, 1] .
Essendo y 7→ ϕ(y) decrescente, poiché
tp−1 ≤ 1 ∀t ∈ (0, 1] ,
deduciamo la (6.22).
(ii) Scegliendo, nella disuguaglianza del punto (i), t = b/a e moltiplicando per aq
ambo i membri, ricaviamo che
(a + b)q + (a − b)q ≤ 2(ap + bp )q−1 ∀a ≥ b > 0 .
Conseguentemente, si deduce facilmente che per ogni a, b ∈ R
q−1
|a + b|q + |a − b|q ≤ 2 (|a|p + |b|p ) .
(iii) Dal punto (ii) segue che, per quasi ogni x ∈ Ω,
q−1
|f (x) + g(x)|q + |f (x) − g(x)|q ≤ 2 (|f (x)|p + |g(x)|p ) . (6.23)
Notiamo che, ovviamente,
kf + gkqp + kf − gkqp = kf + gkqq(p−1) + kf − gkqq(p−1) .
Inoltre, ricordando che, come visto nell’Esercizio 6.30, per gli spazi Lθ (Ω) con
θ ∈ (0, 1) vale la disuguaglianza di Minkowski “alla rovescia” (in questo caso
θ = p − 1), abbiamo
Z 1
p−1 Z 1
p−1
q(p−1) q(p−1)
|f + g| dx + |f − g| dx
Ω Ω
Z 1
p−1
q q p−1
≤ (|f + g| + |f − g| ) dx .
Ω
(iv) L’uniforme convessità di Lp (Ω) per p ∈ (1, 2) segue grazie a quanto dimostrato
nel punto (iii), ragionando in modo simile alla soluzione dell’Esercizio 6.32.
6. Spazi Lp 239
Inoltre,
(f − fn )+ = max{fn , f } − fn , (f − fn )− = max{fn , f } − f .
Quindi
Z Z Z
+
(f − fn ) dx = max{fn , f } dx − fn dx −→ 0 .
Ω Ω Ω n→∞
Similmente, si ottiene Z
(f − fn )− dx −→ 0 .
Ω n→∞
kf − fn k1 −→ 0 ,
n→∞
ossia
fn −→ f fortemente in L1 (Ω) .
n→∞
X=Y .
si ha
u≥f q.o. in Ω .
Infatti, se così non fosse, esisterebbe E ⊂ Ω misurabile e limitato con λ(E) > 0,
tale che
u − f < 0 in E .
240 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Scegliendo
ϕ = χE ,
evidentemente risulta ϕ ∈ W , essendo f ∈ L∞ (E) e E di misura finita. Pertanto
avremmo Z Z
(u − f ) dx = (u − f )ϕ dx ≥ 0 ,
E Ω
u≥f q.o. in Ω .
Quindi, in particolare,
Z Z
un ϕ dx −→ uϕ dx ∀ϕ ∈ W .
Ω n→∞ Ω
F := {u ∈ L∞ (Ω) : u ≤ f q.o. in Ω} ,
G := {u ∈ L∞ (Ω) : u ≥ g q.o. in Ω} .
Evidentemente
X = F ∩ G.
Per quanto visto nell’Esercizio 6.35, gli insiemi F e G sono (sequenzialmente)
chiusi in senso debole∗ in L∞ (Ω). Dunque anche X è (sequenzialmente) chiuso in
senso debole∗ in L∞ (Ω). Poiché f, g ∈ L∞ (Ω), per qualsiasi u ∈ X si ha
−kgk∞ ≤ u ≤ kf k∞ q.o. in Ω .
X ⊆ Zα := {u ∈ L∞ (Ω) : kuk∞ ≤ α} .
0
D’altra parte, per convergenza debole in Lp (Ω) (si noti che f −g ∈ Lp (Ωε ), essendo
una funzione limitata definita su un insieme di misura finita; equivalentemente,
0
(f − g)χΩε ∈ Lp (Ω))
Z
fn (f − g) dx
Ωε
Z Z Z
= fn (f − g)χΩε dx −→ g(f − g)χΩε dx = g(f − g) dx .
Ω n→∞ Ω Ωε
242 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
gn := fn + n χ(0, 1 ) ∀n ∈ N+ ,
n
| {z }
hn
6. Spazi Lp 243
f g
u := , v := ,
kf kp kgkp0
0
da cui λ = kgkpp0 /kf kpp , e quindi vale la (6.25). Questo completa la dimostrazione.
che è la tesi nel caso k = 2. Sia ora k > 2, e supponiamo di aver dimostrato la tesi
per l’indice k − 1 (ipotesi induttiva). Siano fi ∈ Lpi (Ω), i = 1, . . . , k, e sia
k k−1
1 X 1 X 1 1 1 1
= = + =: + .
p p
i=1 i
p
i=1 i
pk q pk
|f |αr ∈ Lp/(αr) (Ω) e |f |(1−α)r ∈ Lq/(r(1−α)) (Ω). Pertanto, avendo scelto α ∈ (0, 1) di
modo che
αr (1 − α)r
+ = 1,
p q
6. Spazi Lp 245
(ii) È semplice verificare che k · kp,q è una norma in Lp (Ω) ∩ Lq (Ω). Dimostriamo
dunque che questa norma rende Lp (Ω) ∩ Lq (Ω) uno spazio di Banach. A questo
scopo, mostriamo che se {fn } ⊂ Lp (Ω) ∩ Lq (Ω) è una successione di Cauchy, allora
è necessariamente convergente. Poiché kf kLp (Ω) , kf kLq (Ω) ≤ kf kp,q , deduciamo
che {fn } è una successione di Cauchy sia in Lp (Ω) che in Lq (Ω), e questi ultimi
sono spazi di Banach. Di conseguenza, esistono due funzioni f ∈ Lp (Ω) e fe ∈
Lq (Ω) tali che fn → f in Lp (Ω), e fn → fe in Lq (Ω). D’altra parte, ricordiamo che
le convergenze forti in Lp e in Lq implicano quella puntuale quasi ovunque, a
meno di sottosuccessioni. Grazie all’unicità del limite puntuale, si deduce quindi
che f = fe quasi ovunque. Ma allora
Quindi
fn −→ f in Lr (Ω) ,
n→∞
(a) f (x) = (x1/p + x1/q )−1 ∈ Lr ([0, +∞)) se e solo se r ∈ (p, q);
Ciò implica che, per q.o. x ∈ R, g(x) ≥ f 2 (x), che è la tesi. Dimostriamo quindi la
(6.26). Se E è un insieme misurabile, allora per convergenza debole in L1 (R) (e
ricordando che il duale di L1 è isomorfo a L∞ )
Z Z Z
2
(g − f ) dx = gχE dx − f 2 dx
E R E
Z Z
= lim fn2 χE dx − f 2 dx
n→∞ R E
= lim kfn k2L2 (E) − kf k2L2 (E) .
n→∞
1 x
ζε (x) := ζ , ε > 0.
ε ε
Infine, siano Kδ := {x ∈ Ω : dist(x, K) < 2δ}, e χδ la funzione caratteristica di
Kδ . Mostriamo che
ϕ := χδ ? ζδ ,
dove ? indica il prodotto di convoluzione (si veda l’Esercizio 6.20), soddisfa le
condizioni richieste. Essendo convoluzione di una funzione C ∞ con una funzione
L1loc , abbiamo che anche ϕ è di classe C ∞ (si veda [1, Proposition 4.20]). Inoltre
ϕ ha supporto compatto in RN , dato che sia χδ che ζδ sono a supporto compatto.
Più precisamente, osserviamo che se dist(x, K) ≥ 3δ, allora ϕ(x) = 0. Infatti,
Z Z
ϕ(x) = χδ (x − y)ζδ (y) dy = χδ (x − y)ζδ (y) dy ,
RN Bδ (0)
Di conseguenza, Z
ϕ(x) = χδ (x − y)ζδ (y) dy = 0
Bδ (0)
per ogni x tale che dist(x, K) ≥ 3δ. Ricordando che dist(K, ∂Ω) = 4δ, questo im-
plica in particolare che ϕ ∈ Cc∞ (Ω). Resta da dimostrare che ϕ(x) = 1 per ogni
x ∈ K. Per tali x, si ha in effetti che
Z Z
ϕ(x) = χδ (x − y)ζδ (y) dy = ζδ (y) dy = 1 ,
Bδ (0) Bδ (0)
essendo χδ (x − y) = 1 per ogni (x, y) ∈ K × Bδ (0). Questo dipende dal fatto che,
ancora per il punto (i),
Notiamo che tale disuguaglianza è banalmente vera anche se kf kL∞ (Ω) = +∞.
Ora cerchiamo di ottenere l’analoga stima dal basso per il lim inf. A tale scopo,
dalla definizione di norma infinito sappiamo che dato un qualsiasi valore 0 <
M < kf kL∞ (Ω) (possiamo supporre senza perdita di generalità che f 6≡ 0) esiste
un insieme misurabile AM ∈ M tale che
Tornando alla definizione di norma Lp (Ω) per p ∈ [1, ∞), grazie alla (6.29) otte-
niamo:
Z p1 Z p1
p p 1
kf kLp (Ω) = |f | dµ ≥ |f | dµ ≥ M µ(AM ) p ,
Ω AM
da cui, mandando p → ∞,
e poiché la (6.30) vale per un arbitrario M < kf kL∞ (Ω) , facendo tendere infine M
a kf kL∞ (Ω) ricaviamo la stima
Senza perdita di generalità, possiamo supporre che la successione {nk } sia stret-
tamente crescente con limk→∞ nk = ∞. Si consideri ora la funzione f : R+ → R+
così definita:
En := {y ∈ Ω : n ≤ |g(y)| < n + 1}
e
µn := µ(En ) .
6. Spazi Lp 251
Grazie all’Esercizio 6.49 (con an = n + 1), sappiamo che esiste una funzione
crescente e superlineare f : R+ → R+ tale che
∞
X
f (n + 1) µn < +∞ . (6.34)
n=1
Possiamo inoltre supporre, senza perdere generalità, che f (x) = f (1)x per x ∈
[0, 1), dato che sia la validità della (6.34) che la superlinearità di f dipendono solo
dai valori di f (x) per x grande. In questo modo, dalla (6.34) e dalla definizione
degli insiemi En , otteniamo:
Z Z ∞ Z
X
f (|g|) dµ = f (|g|) dµ + f (|g|) dµ
Ω E0 n=1 En
Z X∞ Z
≤ f (1) |g| dµ + f (n + 1) dµ
E0 n=1 En
Z X∞
= f (1) |g| dµ + f (n + 1) µn < +∞ .
E0 n=1
Sempre grazie alla proprietà (6.6), data la palla chiusa di raggio 2 centrata nel-
l’origine B2 , esisteranno una sottosuccessione {fk2,j }j ⊂ {fk1,j }j e una funzione
f (2) ∈ L1 (B2 ) tali che
lim
fk2,j − f (2)
= 0 e lim fk2,j (x) = f (2) (x) per q.o. x ∈ B2 .
j→∞ 1
L (B2 ) j→∞
fkj := fkj,j ∀j ∈ N ,
dove ciascun N` ⊂ B` è l’insieme (di misura di Lebesgue nulla) in cui {fkj } non
converge puntualmente in B` . Deduciamo quindi che λ(N ) = 0, e perciò vale
anche la (6.8).
6. Spazi Lp 253
D’altro canto l’unica funzione f ∈ Lp (Rn × Rm ) il cui integrale contro ogni funzio-
0
ne di Lp (Rn × Rm ) vale zero è la funzione identicamente nulla (quasi ovunque in
Rn × Rm ).
Per p = 1 il risultato continua a essere vero. In tal caso il duale, ovvero L∞ (Rn ),
non è separabile rispetto alla topologia forte, ma risulta comunque separabile
rispetto alla topologia debole∗ . Ricordiamo che si tratta di un fatto generale: se
X è il duale di uno spazio di Banach separabile, in questo caso L1 (Rn ), allora
anche X ∗ è separabile rispetto alla topologia debole∗ (si può dimostrare come
conseguenza del teorema di Banach-Alaoglu e della metrizzabilità delle palle di
X ∗ nella topologia debole∗ , si veda ad esempio [4, Capitolo 15, Corollary 11]). Ciò
significa che esiste una successione {gk } ⊂ L∞ (Rn ) tale che per ogni g ∈ L∞ (Rn )
si può trovare una sottosuccessione {gki } ⊂ {gk } (eventualmente costante) che
soddisfa Z Z
lim f (x) gki (x) dx = f (x) g(x) dx ∀f ∈ L1 (Rn ) ,
i→∞ Rn Rn
e di fatto questa è l’unica proprietà che abbiamo utilizzato per risolvere l’esercizio
nel caso p > 1.
6. Spazi Lp 255
da cui
kχEn kL∞ (Ω) 1
lim = lim 1 = +∞ ,
n→∞ kχEn kLp (Ω) n→∞ µ(En ) p
perciò non può esistere una costante C > 0 tale che
EM := {x ∈ Ω : |f (x)| ≥ M } ,
abbiamo Z Z
p
|f | dµ ≥ M p dµ = M p µ(EM ) .
Ω EM
Si noti che, necessariamente, deve esistere M > 0 tale che µ(EM ) = 0, ovvero
f ∈ L∞ (Ω). Infatti, se così non fosse, avremmo µ(EM ) ≥ I per ogni M > 0, da cui
mandando M → +∞ otterremmo
Z
p
|f | dµ ≥ lim M p µ(EM ) ≥ lim M p I = +∞ ,
Ω M →+∞ M →+∞
e mandando ε → 0 R p
Ω
|f | dµ p
≥ kf kL∞ (Ω) .
I
Ciò assicura che l’immersione da Lp (Ω) a L∞ (Ω) è continua con norma al più
I −1/p . Per far vedere che tale norma è esattamente I −1/p , è sufficiente prendere,
come sopra, la successione {χEn }, dove {En } ⊂ M è una successione di insiemi
tali che µ(En ) > 0 per ogni n ∈ N e limn→∞ µ(En ) = I.
256 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Si osservi che, come corollario di questo risultato, recuperiamo la ben nota con-
tinuità dell’immersione di `p in `∞ . Coerentemente, la norma di tale immersione
è 1, che coincide con la misura (conteggio) dei più piccoli insiemi di misura non
nulla (i singleton {n}).
Soluzione dell’Esercizio
P∞ 6.55.
Se la serie n=0 xn è convergente, allora in particolare la successione {xn } è
infinitesima, ovvero soddisfa limn→∞ kxn k = 0. In particolare, la successione delle
norme {kxn k} è limitata, di conseguenza
∞
X
∞
(n)
X (n)
a xn
= a kxn k ≤
a(n)
sup kxn k < +∞ ,
`1 n∈N
n=0 n=0
P∞
ovvero la serie n=0 a(n) xn è assolutamente convergente in X. Nel caso specifico
della successione (6.13), è facile vedere che la corrispondente serie è di Cauchy (e
quindi converge) in L∞ (R). Infatti, per ogni m1 , m2 ∈ N con m2 > m1 , abbiamo:
m m1
m
2 2
X χ[n,n+1) X χ[n,n+1)
X χ[n,n+1)
− =
log(n + 2) log(n + 2)
∞ log(n + 2)
n=0 n=0 L (R) n=m1 +1 L∞ (R)
1
= −→ 0 .
log(m1 + 3) m1 →∞
Prerequisiti teorici
• Spazi con prodotto scalare, identità del parallelogramma
• Completezza, separabilità
• Operatori lineari e continui
• Gli spazi L2 e `2
Per la teoria si rimanda ad esempio a: [1, Capitolo 5], [2, Capitolo 5], [3, Capitoli
4, 6], [4, Capitolo 16], [5, Capitolo 4], [8, Capitolo 1], [9, Capitolo 12].
mentre 2 2 2
(α + β) p < α p + β p per ogni 2 < p < ∞ ;
(iii) Lp (Ω) non è uno spazio di Hilbert per ogni p ∈ [1, ∞] con p 6= 2.
Esercizio 7.3.
Sia H uno spazio di Hilbert. Verificare che H è uniformemente convesso (si veda
l’Esercizio 5.29 per la definizione di uniforme convessità).
Esercizio 7.4.
Consideriamo il sottospazio V di L2 ((−1, 1)) generato da {1, x, x2 }. Costruire una
base ortonormale di V utilizzando il procedimento di Gram-Schmidt. Notiamo
che con lo stesso procedimento applicato a
1, x, x2 , x3 , . . . , xn , . . .
Esercizio 7.6.
Siano H uno spazio di Hilbert e C1 ⊂ C2 ⊂ H sottoinsiemi convessi chiusi (non
vuoti). Verificare che
2
kPC1 (x) − PC2 (x)k ≤ 2 dist2 (x, C1 ) − dist2 (x, C2 )
∀x ∈ H .
Esercizio 7.7.
Sia {Cn } una successione di sottoinsiemi convessi chiusi di uno spazio di Hilbert
S∞
H, tale che Cn ⊂ Cn+1 per ogni n ∈ N. Sia C := n=0 Cn . Verificare che C è un
convesso chiuso. Dimostrare che, per ogni x ∈ H,
Esercizio 7.8.
Sia Ω un sottoinsieme limitato misurabile di RN con λ(Ω) > 0. Sia
Verificare che
Esercizio
7.9.
Sia C := u ∈ L2 ([0, 1]) : u ≥ 0 q.o. in [0, 1] .
Esercizio 7.10.
Siano I := [−a, a] ⊂ R, a > 0, e
* Esercizio 7.11.
Sia X uno spazio vettoriale di dimensione infinita.
(i) Se X è uno spazio di Hilbert, dimostrare che esiste r > 0 tale per cui esistono
infinite palle disgiunte {Bn } di raggio r, tali che Bn ⊂ B1 (0), dove B1 (0)
denota la palla aperta di centro 0 e raggio 1 in X.
Esercizio 7.12.
Sia H uno spazio di Hilbert con base ortonormale {em : m ∈ N}. Siano {xn } ⊂ H
e x ∈ H tali che
(xn , em ) → (x, em ) per n → ∞,
per ogni m ∈ N (dove ( · , · ) denota il prodotto scalare in H).
(ii) Mostrare con un controesempio che {xn } può non convergere debolmente,
qualora non sia limitata.
* Esercizio 7.13.
Sia H uno spazio di Hilbert separabile di dimensione infinita. Siano B1 := {x ∈
H : kxk < 1}, ed S1 := {x ∈ H : kxk = 1}.
(ii) Per ogni x ∈ B1 , mostrare che esiste una successione {xn } ⊂ S1 tale che
xn * x debolmente in H per n → ∞.
Suggerimento: per il punto (ii), può essere utile usare l’Esercizio 7.12.
Esercizio 7.14.
(i) Sia H uno spazio di Hilbert con base ortonormale {en : n ∈ N}. Mostrare che
{en } non ammette alcuna sottosuccessione fortemente convergente, ma converge
debolmente a 0 in H.
(ii) Più in generale, sfruttando l’Esercizio 7.11, si dimostri che se X è uno spazio
di Banach infinito-dimensionale e riflessivo, esiste una successione {xn } ⊂ X tale
che kxn k = 1 per ogni n, che converge debolmente a 0.
7. Spazi di Hilbert 261
Esercizio 7.15.
Con le stesse notazioni dell’Esercizio 5.43, diciamo che Λ
e è un’estensione di Λ
che preserva la norma se è un’estensione ed inoltre kΛkV ∗ = kΛkW ∗ . Il teorema
e
di Hahn-Banach assicura che Λ ammette almeno un’estensione che preserva la
norma. Mostrare che:
* Esercizio 7.16.
Siano V := Lp ((a, b)), W ⊂ V un suo sottospazio e Λ ∈ W ∗ . Mostrare che:
Esercizio 7.17.
Dati due spazi di Banach (X, k · kX ) e (Y, k · kY ), siano {Tn } ⊂ L(X, Y ) una succes-
sione di operatori lineari e continui e X0 un sottospazio denso di X. Supponiamo
che esista un operatore T ∈ L(X, Y ) tale che
lim Tn x = T x ∀x ∈ X0 . (7.2)
n→∞
Mostrare che:
(i) in generale, la successione delle norme {kTn kL(X,Y ) } potrebbe non essere li-
mitata (esibire un esempio ragionando in spazi di Hilbert), e dedurre che, in
tal caso, la (7.2) non si può estendere a tutto X;
lim Tn xn = T x .
n→∞
Esercizio 7.18.
Sia H uno spazio di Hilbert, e sia T ∈ L(H).
kT kL(H) = kT ∗ kL(H) .
kT k2L(H) =
T 2
L(H) .
262 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Esercizio 7.19.
Sia H uno spazio di Hilbert, e sia T : D(T ) → H un operatore lineare definito in
un sottoinsieme denso D(T ) ⊂ H. Supponiamo che T sia simmetrico, cioè che
(i) Mostrare che T è chiuso in D(T ), nel senso seguente: se {xn } ⊂ D(T ), con
xn → x ∈ D(T ), e T xn → z ∈ H per n → ∞ (dove i limiti si intendono nella
topologia forte di H), allora z = T x.
(ii) Dedurre che, se D(T ) = H, allora T è continuo in H (questo in particola-
re dimostra che ogni operatore lineare simmetrico ovunque definito su uno
spazio di Hilbert, è ivi continuo).
(iii) Mostrare, mediante un esempio, che T non è necessariamente continuo in
D(T ) se D(T ) è un sottoinsieme proprio di H; più precisamente, esistono
successioni xn → x ∈ D(T ), tali che {T xn } può non convergere.
* Esercizio 7.20.
Introduciamo l’applicazione (·, ·)? : `2 × `2 → R definita da
∞
X 1
(x, y)? := 2
x(m) y (m) .
m=0
(m + 1)
Esercizio 7.22.
Sia H uno spazio di Hilbert. È noto che, se {xn } ⊂ H è una successione debol-
mente convergente a x ∈ H, con kxn k → kxk, allora xn → x fortemente in H (se
questa proprietà non è nota, darne dimostrazione per esercizio). Mostrare, con un
esempio, che l’ipotesi kxn k → kxk non può essere indebolita con kxn k → α ∈ R,
senza specificare che α = kxk. Precisamente, esibire una successione {fn } ⊂ L2 (R)
tale che fn * 0 debolmente in L2 (R), ma non fortemente, e kfn kL2 (R) = 1 per ogni
n.
Esercizio 7.23.
Sia (H, h·, ·iH ) uno spazio di Hilbert di dimensione ≥ 2. Dati due elementi h1 , h2 ∈
H, di norma unitaria e tra loro ortogonali, mostrare che
khkX := khkH + |hh1 , hiH | + |hh2 , hiH | ∀h ∈ H
è una norma equivalente a quella indotta dal prodotto scalare, ma lo spazio
(H, k · kX ) non è di Hilbert.
* Esercizio 7.24.
Sia (H, h·, ·iH ) uno spazio di Hilbert separabile, e sia {en } ⊂ H una sua base
ortonormale. Data una successione {hk } ⊂ H, mostrare che se esiste una sottosuc-
cessione {enk } ⊂ {en } tale che
lim inf hhk , enk iH > 0 (7.3)
k→∞
allora {hk } non può convergere fortemente. In generale, potrebbe convergere de-
bolmente?
Inoltre, è vero anche il viceversa, ovvero che se {hk } non converge fortemente allora
vale necessariamente la (7.3) per un’opportuna sottosuccessione {enk }?
* Esercizio 7.25.
Sia (H, h·, ·iH )) uno spazio di Hilbert. Si consideri l’applicazione
x
π(x) := ∀x ∈ H \ {0} .
kxkH
(i) Mostrare che π ha il ruolo di “proiezione” sulla sfera unitaria di H, ovvero
π(x) è l’unico elemento di norma unitaria tale che
kπ(x) − xkH = inf kv − xkH . (7.4)
v∈H: kvkH =1
(ii) Dalla teoria delle proiezioni negli spazi di Hilbert, si poteva dedurre a priori
l’esistenza di un unico elemento che realizza il minimo nella (7.4)?
(iii) Mostrare che la (7.4) vale anche se H è solo uno spazio normato, ma in
generale π(x) potrebbe non essere l’unico elemento che realizza il minimo.
Esercizio 7.26.
Sia H := L2 (R+ , L(R+ ), µ), dove dµ := e−x dx. Fissato il parametro α > 1/2,
poniamo Z +∞
V := f ∈ H : f (x) e−αx dx = 0 . (7.5)
0
264 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
(iii) Sfruttando il punto (ii), si calcoli PV h nel caso h(x) = x, ovvero la proiezione
ortogonale della funzione x su V .
7. Spazi di Hilbert 265
7.2 Soluzioni
Soluzione dell’Esercizio 7.1.
L’implicazione (i)⇒(ii) è una verifica diretta:
kf + gk2 + kf − gk2 = (f + g, f + g) + (f − g, f − g)
= kf k2 + 2(f, g) + kgk2 + kf k2 − 2(f, g) + kgk2
= 2 kf k2 + kgk2 .
= kf + 2g + hk2 − kf − 2g + hk2 ,
cioè
1
(f, g) + (h, g) = (f + h, 2g) .
2
Scegliendo h = 0, si ottiene
1
(f, g) =
(f, 2g) .
2
Pertanto, per ogni f1 , f2 , g ∈ H, ponendo f = f1 + f2 nell’ultima identità e f = f1 ,
h = f2 nella penultima, deduciamo che
1
(f1 + f2 , g) = (f1 + f2 , 2g) = (f1 , g) + (f2 , g) . (7.9)
2
Applicando n volte tale uguaglianza con f1 = f2 = . . . = fn = f , si ricava anche
che
(nf, g) = n(f, g) ∀n ∈ N+ ,
266 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
da cui
f 1
,g = (f, g) ∀m ∈ N+ .
m m
Pertanto, combinando queste due identità e il fatto che, per costruzione, (−f, g) =
−(f, g), otteniamo
(qf, g) = q(f, g) ∀q ∈ Q .
Siano ora λ ∈ R e {qk } ⊂ Q tale che
qk −→ λ .
k→∞
Quindi
kqk f − λf k = |qk − λ|kf k −→ 0 ∀f ∈ H .
k→∞
In virtù delle proprietà (7.7), (7.8), (7.9) e (7.10), segue che (f, g) è un prodotto
scalare su H.
Si ha
ϕ(0) = 0 ,
2h 2 2
i
ϕ0 (t) = (t + β) p −1 − t p −1 ∀t > 0 .
p
Quindi
ϕ0 (t) > 0 ∀t > 0 , se p < 2 ,
mentre
ϕ0 (t) < 0 ∀t > 0 , se p > 2 .
Prendendo t = α > 0, deduciamo quindi che
2 2 2
(α + β) p > α p + β p se p < 2 ,
mentre
2 2 2
(α + β) p < α p + β p se p > 2 .
(ii) Per ipotesi, i sottoinsiemi misurabili A, B ⊂ Ω soddisfano:
perciò
2
kf + gk2p + kf − gk2p = 2 [λ(A) + λ(B)] p .
D’altra parte
2 2
2(kf k2p + kgk2p ) = 2 [λ(A)] p + [λ(B)] p .
Scegliendo
α = λ(A) , β = λ(B) ,
grazie al punto (i) deduciamo che
(iii) La precedente relazione implica che non sia soddisfatta l’identità del paral-
lelogramma, per ogni p ∈ [1, ∞) con p 6= 2. D’altro canto, nel caso p = ∞, è
immediato verificare che il membro sinistro vale 2, mentre il membro destro vale
4, quindi nemmeno in questo caso l’identità è soddisfatta. In conclusione, Lp (Ω)
non può essere uno spazio di Hilbert per p 6= 2.
kf k ≤ 1 , kgk ≤ 1 , kf − gk ≥ ε .
f + g
2
2 2
= 1 kf k2 + kgk2 −
f − g
≤ 1 − ε .
2
2
2
4
1
f1 := √ .
2
Il secondo elemento della base f2 è quindi definito da
x − hx, f1 if1
f2 := vers(x − hx, f1 if1 ) := ,
kx − hx, f1 if1 k
268 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
Si ha: √
1
x2
Z
2 2
hx , f1 i = √ dx = ,
−1 2 3
Z 1r
2 3 3
hx , f2 i = x dx = 0 .
−1 2
Perciò
1
f3 = vers x2 − ,
3
e siccome
"Z 1 2 # 21 r
2
x − 1
2 1 2 2
= x − dx = ,
3
−1 3 3 5
+∞ 12
√
Z
−x2
k1k = e dx = 4 π,
−∞
e poniamo dunque
1
f1 := √ .
4
π
7. Spazi di Hilbert 269
Risulta Z +∞
x −x2
hx, f1 i = √ e dx = 0 ,
−∞
4
π
e (integrando per parti)
Z +∞ 12 √
2 −x2
4
π
kxk = x e dx = √ ,
−∞ 2
da cui √
2
f2 = vers(x) = √ x.
4
π
Infine, abbiamo che
Calcoliamo quindi
+∞ √
x2 −x2
Z 4
π
hx2 , f1 i = √ e dx = ,
−∞
4
π 2
Z +∞ √ 3
2 2 x −x2
hx , f2 i = √ e dx = 0 .
−∞
4
π
Di conseguenza,
1
f3 = vers x2 − ,
2
e poiché
"Z
+∞ 2 # 12 √
2 1
2 1 −x 2
4
π
x −
= x − e dx = √ ,
2 2
−∞ 2 2
si ottiene infine l’espressione
√
2 2 1
f3 = √ x − .
4
π 2
dà
Pertanto
2
PC1 (x) + PC2 (x)
+ kPC (x) − PC (x)k2
4
x − 1 2
2
= 2 dist2 (x, C1 ) + dist2 (x, C2 ) .
Ne segue che
kPC1 (x) − PC2 (x)k2 ≤ 2 dist2 (x, C1 ) + 2 dist2 (x, C2 ) − 4 dist2 (x, C2 )
= 2 dist2 (x, C1 ) − dist2 (x, C2 ) .
Data l’arbitrarietà di ε,
lim d(x, Cn ) = d(x, C) .
n→∞
Dunque
PCn (x) −→ PC (x) .
n→∞
hg − PC (g), vi = 0 ∀v ∈ C ,
dove h·, ·i indica il prodotto scalare in L2 (Ω). Dunque, presa una generica funzione
v = c 6= 0 q.o. in Ω, si ha
Z
hg − PC (g), vi = [g(x) − PC (g)(x)] c dx = 0 .
Ω
hh, gi = 0 ∀g ∈ C ,
cioè se e solo se Z
h(x)g(x) dx = 0 ∀g ∈ C .
Ω
(f − PC f, g − PC f ) ≤ 0 ∀g ∈ C .
per ogni g ∈ C.
(iii) Siccome f + = f χ[ 1 ,1] , la distanza di f da C è data da
2
Z 1
2 1
dist(f, C) =
f − f +
2 = (2x − 1)2 dx =
.
0 6
f (x) + f (−x)
(PC f )(x) = fe (x) :=
2
(è immediato verificare che fe ∈ C). Ricordiamo che, essendo C un sottospazio,
PC f è caratterizzato come l’unico elemento di C tale che
(f − PC f, g) = 0 ∀g ∈ C .
Per prima cosa, ricordando nuovamente che l’integrale di una funzione dispari
su un dominio simmetrico si annulla, si verifica che C ⊥ contiene tutte le funzioni
7. Spazi di Hilbert 273
e
Z 1 21 r
⊥ 2 2 56
dist(f, C ) = kf − fo kL2 (I) = kfe kL2 (I) = (x + 1) dx = .
−1 15
Soluzione dell’Esercizio 7.11.
(i) Poiché X è uno spazio di Hilbert, esiste un sistema ortonormale numerabile
{en }n∈N ⊂ X. Osserviamo che, per ortogonalità,
√
kei − ej k = 2 ∀i 6= j .
Posto allora e
n
Bn := Br ,
2
osserviamo che le (infinite) palle aperte B1 , . . . , B√n , . . . sono interamente conte-
nute in B1 (0), e sono a 2 a 2 disgiunte, purché r < 2/4: infatti, se x ∈ Bi e y ∈ Bj
per qualche i 6= j, allora
ei ej
e
i ej
ei ej
kx − yk =
x ± ± − y
≥
−
−
x − + − y
√ 2 2 2 2 2 2
2
ei
√2
ej
≥ −
x −
−
− y
= − 2r > 0 ,
2 2 2 2
dove si è usata due volte la disuguaglianza triangolare. Infine, sempre grazie alla
disuguaglianza triangolare, abbiamo che kxk ≤ 1/2 + r < 1 per ogni x ∈ Bn , da
cui Bn ⊂ B1 (0).
(ii) La stessa conclusione vale anche se X è uno spazio di Banach. In questo caso
la dimostrazione poggia sul lemma “di quasi ortogonalità” di Riesz (si veda ad
esempio [1, Lemma 6.1]). Poiché X ha dimensione infinita, esiste una successione
di sottospazi {En } di dimensione finita (quindi chiusi), tali che En−1 ( En per
274 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
ogni n. Proprio in virtù del lemma di Riesz, per ogni n esiste en ∈ En , con ken k =
1, tale che dist(en , En−1 ) ≥ 1/2. Ma allora {en } è una successione di elementi di
norma 1 tali che kei −ej k ≥ 1/2 per ogni i 6= j. A questo punto è semplice adattare
la dimostrazione del punto (i).
Soluzione dell’Esercizio 7.12.
(i) Ricordiamo che, per il teorema di rappresentazione di Riesz, per ogni ϕ ∈ H ∗ =
L(H, R) esiste un unico elemento y ∈ H tale che
hϕ, xi = (y, x) ∀x ∈ H .
(xn , y) → (x, y) ∀y ∈ H
per n → ∞. Iniziamo a supporre cheP y sia una combinazione lineare finita degli
k
elementi della base {em }, cioè y = j=1 αj emj , con αj ∈ R e mj ∈ N. Allora,
usando l’ipotesi, la bilinearità del prodotto scalare, e la linearità dei limiti, si
ottiene che
k
X k
X
lim (xn , y) = lim αj (xn , emj ) = αj lim (xn , emj )
n→∞ n→∞ n→∞
j=1 j=1
k
X
= αj (x, emj ) = (x, y) ,
j=1
ovvero la tesi. Per un qualsiasi y ∈ H, usiamo il fatto che esiste {yk } ⊂ H, dove
ciascuna yk è una combinazione lineare finita degli {em }, tale che yk → y in H
per k → ∞. Per ogni k fissato, usando ancora la bilinearità del prodotto scalare e
la disuguaglianza triangolare, risulta
Sia ε > 0 arbitrario, e sia M := supn kxn k + kxk, che è finito dato che {xn } è
limitata. Poiché yk → y per k → ∞, esiste k̄ ∈ N tale che
Essendo ε arbitrario, concludiamo che (xn , y) → (x, y), per ogni y ∈ H, come
volevasi dimostrare.
7. Spazi di Hilbert 275
(ii) Consideriamo la successione (non limitata) {nen : n ∈ N}. È evidente che, per
ogni m ∈ N fissato, (nen , em ) → 0 per n → ∞. D’altra parte, sia
∞
X 1
y := em ∈ H .
m=1
m
Evidentemente
n n
!
X X
kxn k2 = (x(k) )2 + 1− (x(k) )2 =1
k=1 k=1
per ogni n, e (xn , em ) = x(m) per ogni n ≥ m. Quindi {xn } è la successione cercata.
(iii) Sia {xn } ⊂ S1 , con xn * x debolmente in H. Ricordiamo che
kxk ≤ lim inf kxn k = 1 . (7.13)
n→∞
Dunque,
√ due qualsiasi elementi di {en } (diversi tra loro) si mantengono a distan-
za 2, e non è possibile trovare alcuna estratta convergente (fortemente). Il fatto
che en * 0 debolmente in H è invece una semplice conseguenza dell’identità di
Parseval, in base alla quale
∞
X
kxk2 = |(x, en )|2 ,
n=0
poiché {yn } non converge fortemente e per ipotesi è limitata. A questo punto, è
facile verificare che la successione (per n abbastanza grande)
yn − y
xn :=
kyn − yk
Infatti, se Λ
b fosse un’altra estensione di Λ, allora sempre per il teorema di rap-
presentazione di Riesz esisterebbe vΛ ∈ V tale che
b := hv, vΛ i
Λv ∀v ∈ V =⇒ hw, vΛ i = hw, wΛ i ∀w ∈ W .
e + (1 − α) Λ
Λα := α Λ b.
e 0 6= Λv
Λv b 0,
è iniettiva.
Soluzione dell’Esercizio 7.16.
(i) Sappiamo che ogni funzionale L ∈ V ∗ è univocamente rappresentato da una
funzione gL ∈ Lq ((a, b)), dove q := p0 = p/(p − 1), e kgL kq = kΛkV ∗ . In particolare,
se L ∈ V ∗ è un’estensione di Λ che preserva la norma, abbiamo
Di conseguenza, se Λ,
e Λb ∈ V ∗ sono due estensioni di Λ che preservano la norma,
sono rappresentati da due funzioni ge, gb ∈ Lq ((a, b)) che hanno la stessa norma. Il
funzionale
Λ0 := 21 Λe+1Λ
2
b,
278 Esercizi Svolti di Analisi Reale e Funzionale
che è a sua volta un’estensione di Λ che preserva la norma (come visto nel punto
(ii) dell’Esercizio 7.15), è rappresentato dalla funzione
1 1
g0 := 2 ge + 2 gb ,
perciò kg0 kq = kΛkW ∗ = ke
g kq = kbg kq , ovvero
1
ge + 1 gb
= kΛkW ∗ = 1
ke
g kq + 1