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come itinerario di scoperta di sé e del mondo e i percorsi dei vissuti delle donne nello spazio e nel
tempo storico. il viaggio è sia esperienza e scoperta di nuovi orizzonti, sia come metafora di
personali cambiamenti. il volume mostra narrazioni di viaggi che delineano l'interesse e la curiosità
del mondo femminile verso l'altro. le protagoniste presentano al mondo le idee, le riflessioni frutto
delle esplorazioni solitarie o condivise, di una stessa esperienza formativa. il viaggio nella storia
delle donne si propone come risposta al desiderio di indipendenza, incoraggiato dalla curiosità di
orizzonti sconosciuti, alle volte unica chance di fuga dal disagio esistenziale e dispositivo nelle lotte
per la conquista delle libertà perdute; comunque affermazione di libertà. il volume introduce il
viaggio come itinerario di formazione, come passaggio volto al superamento dei confini della
soggettività femminile. non c'è viaggio senza che si attraversino frontiere, frontiere che tutte le
donne in modi e tempi diversi hanno voluto o dovuto attraversare, spinte dal desiderio di
conoscenza, dalla necessità della fuga o dal sogno. le donne hanno viaggiato alla ricerca di sé e del
mondo. il viaggio porta con sé una dimensione pedagogica, è un occasione per oltrepassare i confini
imposti, come terreno di ricerca della propria libertà e dell'affermazione della propria autonomia. il
viaggio si fa luogo di narrazione dell'iniziazione al sé. nella storia delle donne il viaggio difficile e
doloroso è intrapreso verso la conquista della propria soggettività e della propria umanità a lungo
negate. il viaggio come proiezione di sé nel futuro, facendone metafora di cammino verso la libertà,
lungo viaggio verso la conquista dei diritti umani delle donne. si trovano transiti di donne migranti
desiderose di vivere e di conseguire vite più accettabili, ricercando nel sogno della migrazione
nuove partenze esistenziali. questo è l'orizzonte proprio dei soggetti femminili, quello del
nomadismo come esperienza comune e condivisa fra donne. il viaggio comporta un movimento
interiore.
-partire è un po morire.
il viaggio è sempre stato un percorso dal noto all'ignoto. un percorso di fuga dal proprio sé
costituito e riconosciuto verso un altro sé da scoprire durante il viaggio. non c'è viaggio senza che si
attraversino frontiere. esistono frontiere segnate da linee di demarcazione, ma esistono anche
frontiere invisibili. i luoghi conosciuti sono rassicuranti, sono un'estensione del proprio habitat, le
vie nuove non sono battute invece,non sono conosciute. per questo le partenze sono strazianti
perché oltre al dolore per l'abbandono, c'è anche l'incognita della propria sopravvivenza e la
possibilità del non ritorno: partire è un po' morire. per partire dice Dacia Maraini occorre essere
innamorati dell'ignoto. viaggiare è doloroso e il dolore si supera con la seduzione dell'altrove. il
viaggio è dolore. il dolore di lasciare qualcuno che si ama fosse pure solo un cane. un'altra difficoltà
è data dal cambiamento delle abitudini. anche se il desiderio del viaggio può essere considerato
insensato, dietro incontriamo il sogno di scoprire la bellezza, di raggiungere la felicità. all'origine
del genere umano lo spostarsi si coniugava con il vivere e con la sopravvivenza del gruppo: per
millenni le popolazioni si muovevano costantemente alla ricerca di cibo. con la scoperta
dell'agricoltura, le popolazioni sono diventate stanziali. in questo periodo le donne iniziano a
dedicarsi all'agricoltura. al contrario gli uomini continuano a viaggiare anche per portare la guerra
alle altre popolazioni e depredarle. le donne sono oggetto di desiderio e spesso diventano prede
predestinate. le donne dei vinti vengono deportate come schiave in altri territori, dopo che i loro
figli sono stati uccisi. un esempio la tragedia Le Troiane, donne troiane vinte che attendono la loro
sorte stringendosi intorno alla vecchia regina. questi destini sono presenti ancora oggi tra le donne
dei paesi in guerra. il mito ricorda anche ratti famosi come quello delle donne sabine a opera dei
romani, che in forma moderna ci arriva attraverso la commedia sette spose per sette fratelli. in
questa commedia centrale è la figura di Milly, la moglie del fratello maggiore, che insegna ai
cognati irruenti come comportarsi nella relazione con le donne. antropologicamente le donne sono
legate al dare alla luce i figli, all'accudimento dei cuccioli. per questo alle donne si attribuisce la
stanzialità e agli uomini soli e senza legami familiari si addice l'avventura. basti pensare all'Iliade e
l'Odissea, per vari motivi gli uomini affrontano viaggi di guerra e di conquiste, mentre le donne li
attendono. mentre Ulisse solca il mare la sua compagna Penelope lo attende fedele. il tratto che
contraddistingue la donna è quello di rimanere in casa e di rimanere lì impegnata. un archetipo duro
a morire che collocava la vita delle donne nel privato, e quella degli uomini nel pubblico. anche nel
secolo scorso, analizzando i comportamenti familiari in alcuni paesi del mezzogiorno, avevano
individuato l'usanza di gettare dell'acqua nel focolare di casa se nasceva femmina, mentre se
nasceva maschio l'acqua veniva gettata fuori della porta di casa sulla strada. un messaggio chiaro
sulle diverse destinazioni dei due sessi.
a spasso con Daisy. esce negli stati uniti nel 1989. pur essendo una commedia sottolinea e mostra il
razzismo insito nella vita quotidiana, ma fa anche capire come tra diversi possa nascere l'amicizia.
un'anziana viene costretta dal figlio a utilizzare un'autista di colore, dopo che ella ha rischiato la vita
in un incidente. la donna non gradisce la presenza dell'autista ma alle sue irritazioni l'uomo oppone
flemma e ironia tanto da diventare una presenza rassicurante in casa. li unisce un viaggio che i due
compiono per andare a trovare il fratello di miss Werthan. durante il percorso l'autista non può usare
i bagni pubblici, riservati ai bianchi; l'empatia emerge soprattutto quando vengono fermati da due
poliziotti razzisti che li accomunano nel loro disprezzo; uno perché nero l'altra perché ebrea. miss
Daisy comincia a capire le ragioni dell'altro, a comprendere quanto sia difficile vivere ai margini di
una società che a parole si proclama libera da pregiudizi, ma che in realtà è classista. Daisy decide
di insegnare a leggere all'autista analfabeta. con il tempo i due diventano amici. Daisy partecipa a
una cena sociale in onore di martin luther king. miss Daisy andrà sola alla cena e questa ribellione si
pensa sia dovuta alla presenza dell'amico autista i cui diritti vanno reclamati.
pane e tulipani. esce nel 1999 in Italia. è una fiaba femminista che mostra come una donna sfruttata,
tradita possa emanciparsi da tutto ciò e rimanere una donna dolce, sensibile e capace di inventarsi
una nuova vita. all'origine di questa trasformazione identitaria c'è un viaggio turistico in compagnia
di amici e del marito noncurante. la donna viene dimenticata in un autogrill. dopo un primo
momento di amarezza, facendo l'autostop per tornare a casa, realizza che non ha mai visto Venezia e
che desidera vederla anche da sola. qui inizia la fuga della donna da una vita triste e deprimente, per
andare alla scoperta di un nuovo mondo. sulla laguna farà nuove amicizie. il marito la rintraccia e la
riporta alle faccende domestiche. Rosalba riprende tristemente la sua vita e la squallida routine, ma i
nuovi interessi e i nuovi spazi hanno cambiato la sua vita. incapace di rientrare nei ranghi di
un'esistenza deprimente. gli amici la riportano al nord. con Rosalba parte anche il figlio minore con
cui la donna condivide affetto e sentimenti. il pane del titolo è quello che al mattino Fernando
prepara per la colazione di Rosalba; i tulipani sono i fiori che la donna ama e porta a casa dal
lavoro.
thelma e louise. esce negli stati uniti nel 1991. la sceneggiatura presenta un linguaggio dalla parte
delle donne, sottolineando le loro reazioni di fronte alla frustrazione e alle violenze. storia tutta
femminile, dove sono poche le figure maschili che si salvano. le donne vengono presentate come
semplici; la prima lavora come cameriera, la seconda come casalinga e ha un marito maschilista che
la tratta con prepotenza. le due amiche decidono di partire in una casa in montagna, prestata da
amici. il viaggio ha inizio un pò per gioco e per sfuggire a una routine infelice. è sera e le due
amiche decidono di far tappa in un locale lungo la strada. Thelma beve un po' e viene corteggiata da
un avventore. quando non si sente bene per il troppo bere, l'uomo l'accompagna nel parcheggio e
tenta di violentarla. Louise arriva in tempo per interrompere la violenza. ha la pistola che Thelma
aveva portato con sé e lo minaccia per ricondurlo alla ragione. le due si allontano, l'uomo le insulta
e Louise gli spara. Louise aveva subito in passato uno stupro, quando uccide l'uomo vorrebbe
eliminare la violenza subita. dall'uccisione dell'uomo, il viaggio si trasforma in una fuga in cui le
donne compiono una serie di errori, tra cui rapinare una banca e chiudere nel bagagliaio un
poliziotto. la polizia le insegue e il sistema ha bisogno di una punizione esemplare su donne che
hanno varcato i limiti del loro sesso compiendo gesta impensabili per una donna. le due donne
decidono di fuggire a qualsiasi costo. l'inseguimento finisce sull'orlo del Grand Canyon. al pensiero
di dover tornare alla vita precedente o in carcere, tenendosi per mano si lanciano con la macchina
nel vuoto, là dove nessuno potrà farle violenza. la morte le libera da ogni persecuzione. il volo verso
la libertà.
viaggio a Kandahar. film del 2001. il tema è quello della reale condizione delle donne in
Afghanistan. il film racconta la storia di una rifugiata afgana che è diventata una donna di successo
in Canada. la donna fa ritorno al suo paese dopo aver ricevuto una lettera disperata dalla sorella che
ha perso l'uso delle gambe, dopo che è rimasta in Afghanistan. nella lettera annuncia di volersi
togliere la vita. Nafas, coperta da un burka va alla ricerca della sorella, nel tentativo di salvarla.
Nafas prosegue il suo viaggio aiutata da vari personaggi. durante il viaggio si rende conto della
brutale distruzione subita dal suo paese e ha modo di capire quanto le donne vengono vessate e fatte
oggetto di violenza da parte del potere talebano. il paese non ha fatto nessun passo avanti, anzi è
regredito a un sistema medievale. un paese povero e distrutto con migliaia di storpi che lottano tra
loro per appropriarsi degli arti artificiali. nel suo viaggio, che è una discesa agli inferi, si ritrova a
una festa nuziale che potrebbe costituire un episodio di amore ma la festa viene interrotta perché
allietata da musiche proibite. alla fine del film nafas si avvicina a Kandahar. una donna emancipata
si è trasformata in una donna silente e prigioniera. non ha ritrovato la sorella, il suo viaggio si rivela
un viaggio verso il nulla, che porta alla cancellazione della persona e della sua identità sotto il
burka.
quando si viaggia molte certezze cadono. valori altri sostituiscono altre priorità. viaggiando si
scopre altri strati del reale. per molti significa confrontarsi con la propria storia esistenziale. alle
donne il viaggiare è stato storicamente impedito. troppi i controlli sulle loro condotte, forti i legami
con la casa e a meno che motivi gravi di comune sopravvivenza non lo rendessero necessario. le
donne cercheranno di essere dal 700 in poi non più solo cittadine italiane ma cittadine del mondo.
viaggio intellettuale (e non solo) tra donne universitarie nella Bologna degli anni 90
-premessa
ripensare a un'esperienza di studio e comunicarla ad altre, può significare ripensarla come viaggio,
attraverso una narrazione in bilico fra una dimensione privata e una sociale. l'esperienza individuale
può essere utilizzata come punto di riferimento per un confronto di attualità e non esaurirsi
nell'intimistico e in una chiusa autobiografia. tre elementi fondamentali:
-le viaggiatrici di allora, i loro luoghi di origine e quello della collocazione professionale in
università.
-il percorso dai luoghi originari a quelli di destinazione
-il luogo di destinazione
le viaggiatrici erano docenti e ricercatrici universitarie di area umanistica che avevano sperimentato,
in studi e ricerche, pensieri e pratiche femministe, caratterizzate da intensità e impegni diversi.
il libro con voce di donna, è una ricerca dell'identità femminile in relazione a determinati
caratteristiche di sviluppo della personalità, secondo un approccio psicologico. l'autrice svolse
ricerche su gruppi di donne e uomini in relazione al concetto di moralità. in tale contesto le
domande e le riflessioni si focalizzavano sui punti di vista relativi al conflitto morale e alla
responsabilità. vennero rilevate differenze tra i sessi. l'autrice rilevò due linee di sviluppo
dell'identità morale: una maschile e una femminile. la prima caratterizzata dalla morale dei diritti,
del rispetto della legge in direzione razionale; la seconda da quella della responsabilità e della
riparazione. mentre le donne vedevano l'aggressività come una testimonianza di separazioni,
fallimenti nei rapporti, gli uomini consideravano pericolose gli attaccamenti, da cui l'importanza
che le femmine attribuivano alla cura e alla responsabilità come riparazioni dei danni sociali
provocati dalle spaccature affettive. l'idea di rete nelle prime e di gerarchia nei secondi, rivelano due
modalità differenti di cogliere la moralità nei rapporti stessi. la conclusione a cui l'autrice perviene
è: la consapevolezza della nostra separatezza individuale si costruisce solamente tanto quanto
viviamo con altri e che l'esperienza del rapporto è possibile solamente se siamo in grado di
considerare gli altri differenti da noi.
venne analizzato anche il terzo libro di L. Muraro. l'amore per la madre costituisce un ordine
simbolico, dà l'avvio a un percorso che conduce in due direzioni: una critica nei confronti del
femminismo e una costruttiva che mette in circolo il desiderio con il lavoro della mente. l'essere nati
da una donna non è un esperienza transitoria e resta per tutta la vita come una traccia indelebile, uno
schema per le esperienze future.
souvenir e carabattole: gli oggetti riportati dai viaggi nelle stanze tutte per sé e nelle
autobiografie delle donne
il viaggio della diversità verso una nuova identità sessuale, affettiva, relazionale
-premessa
Mirella è una donna diversabile con problemi motori, scriveva del suo sentirsi donna lontana dalla
sua identità femminile e sessuale, trafitta dal pensiero che nessuno potesse provare desiderio per lei.
Lara ragazza down scrive al ragazzo di cui è innamorata e corrisposta, perché i genitori l'hanno
allontanata da lui non condividendo la loro relazione e negando ogni contatto fra i due. due donne
che vivono i loro sentimenti e la loro sessualità in maniera dimezzata, contrasta dal pregiudizio,
dalla paura e da una cultura che affonda nel passato le sue radici e modelli attuali.
-l'antefatto
tutto inizia nelle antiche tradizioni orali, dove la figura femminile è incarnata in Lilith, creata come
Adamo e al suo pari. è questa parità che sconvolge l'animo di Adamo che non accetta di non essere
il dominatore. Lilith in quanto pari all'uomo si rifiutava di obbedirgli. Dio la cacciò nell'abisso e la
sostituì con Eva, tratta da una costola del maschio, e sottomessa. Eva mostra ben presto la sua
natura perversa prendendo la mela dal serpente. Eva nella tradizione islamica porge ad Adamo del
vino con cui lo ubriaca rendendolo incolpevole delle sua decisione. da qui si definisce la figura
femminile e del suo peccato, interpretato come peccato sessuale di cui Eva ne è la portatrice. la
terza figura femminile che dovrà ridare alla donna il suo ruolo di devota compagna, nonché degna
madre dei suoi figli e cioè Maria madre di Gesù, il cui messaggio pregio, santificato e esaltato per
secoli è la verginità. Agostino, vescovo di Ipponia, avvierà una politica di censura nei confronti di
quelle parti della Bibbia dove si parla di sessualità e sessualità femminile, esaltando il concetto di
verginità come modello morale per la donna. da qui nascono i tabù, cose che non si debbono fare e
che se si fanno bisogna vergognarsi. nasce una morale sessuale dove la normalità consentita è
amore coniugale al fine di fare figli e il peccato è la trasgressione delle norme della chiesa. nella
nostra società vige ancora la condanna del piacere fuori dagli schemi del matrimonio. gli spot
pubblicitari come la chiesa ci danno due versioni di femminilità, quella angelica della mamma del
Mulino bianco, dedita a casa e figli e quella diabolica della ragazza in minigonna sulla moto della
Campari,esempio di trasgressione. questi sono pregiudizi, frutto del tabù di una morale sessuale che
condiziona la nostra società. questa dimensione ha definito il concetto di genere , che definisce il
carattere sessuale e sociale delle persone e del relativo ruolo e delle relazioni interpersonali. anche
la bibbia è tradotta con linguaggi maschile, scritta da uomini. la chiesa rappresenta l'autorità
maschile.
-la storia
la raffigurazione di un diversabile apparve per la prima volta nella stele egizia di Rem. nel codice di
Hammurabi erano contenute norme che vietavano di opprimere i deboli, sottolineando l'obbligo
morale e civile del rispetto della loro condizione. lo spartano Licurgo stabilì che i bambini maschi
deboli e deformi dovessero essere gettati dal monte Taigeto, dovessero essere eliminati in quanto
diversi, introducendo un nuovo concetto di normalità. l'attenzione è rivolta solo ai maschi, il ruolo
delle femmine era altro e altri i parametri, legati al piacere maschile e alla procreazione. anche i
romani decretarono che i bambini maschi deformi fossero gettati da una rupe. il Medioevo non fa da
meno, la chiesa enfatizzava la figura dell'uomo creato a immagine e somiglianza di dio, che era
perfetto, definendo che il deforme era un inaccettabile eccezione da escludere dalla vista dei sani.
l'anomalia psico fisica era l'evidente espressione della punizione divina per tutti coloro che avevano
peccato e abbandonato la fede. la comunità medievale era una comunità chiusa che viveva la
diversità come un peccato contro l'ordine sacro voluto da dio. il corpo era il luogo della
manifestazione del peccato, coloro che avevano un deficit ne erano l'immagine vivente, il risultato
dell'azione del demonio, a questo si aggiungeva l'essere donna, per cui un'anomalia la relegava in
un inferno di segregazioni e violenza. il corpo elemento discriminante, che se diverso era visto
come accessorio inutile e contagioso, da nascondere alle classi più abbienti per preservare la loro
identità. le anomalie dei bambini sono dovute in quanto figli del peccato e di una sessualità
sbagliata. è forse un ancestrale paura dell'altro da sé che ha spinto il mondo maschile a relegare la
donna attraverso un' educazione mirata, in un ruolo marginale quello femminile, oggetto di una
calibrata pedagogia dell'ignoranza che esalta in lei l'inferiorità. il disabile ha bisogno di sentire che
qualcuno ha bisogno di lui, che lui è importante per qualcuno. ricerca l'accettazione. la storia del
diverso deve ancora passare da medici illuminati, camere a gas naziste, le classi differenziali di
Gentile, per arrivare alla loro abolizione e far riflettere sulla situazione attuale.
-la sessualità
il portarsi dietro un bagaglio di ancestrali tabù sul sesso, ricevere una scarsa educazione sul sesso,
porta difficoltà nell'adolescente normodotato, ma soprattutto in quello diversabile. è un aspetto che
spesso viene ignorato e nascosto anche dall'insegnante. la ricerca di un contatto fisico anche tra
persone dello stesso sesso ha un importanza comunicativa ed è in questa dimensione che il genitore
di un diversabile si trova in difficoltà. gli atteggiamenti sono diversi se si tratta di un ragazzo o una
ragazza, perché al maschio, nel negargli la dimensione affettiva, gli viene riconosciuto un bisogno
fisiologico, rivolgendosi a uno prostituta ad esempio. alla ragazza è invece negata ogni dimensione.
parlare di sesso per un genitore non è facile, perché coinvolge direttamente la sua sfera affettiva,
emotiva, relazionale, perché deve parlare di cose che ha sempre taciuto e cercato di ignorare. per il
genitore del diversabile si è troppo spesso parlato di sesso negato. il genitore si culla nell'illusione
che quello non sia un problema suo ma in realtà il problema prima o poi verrà fuori. i
comportamenti possono essere i seguenti del genitore di un diversabile:
-ridurre la sessualità a semplice bisogno fisiologico
-limitare la sessualità alla semplice genitalità
-forte discriminazione fra maschio e femmina, alla quale è negata anche la genitalità
-ignorare le modalità di incanalare la propria sessualità verso l'altro.
diverse sono le problematiche quando il deficit non è mentale ma è la forma del corpo che pone la
persona in una condizione di disagio perché fuori dai canoni estetici che definiscono una normalità,
che la nostra cultura perpetua attraverso i media e le pubblicità. il corpo è l'oggetto del desiderio.
quando vengono meno le possibilità di costruire relazioni e amicizie, si entra in una dimensione di
esclusione che accentua la difficoltà di muoversi tra le tante barriere, architettoniche e non, e porta
alla solitudine e alla negazione di riuscire ad avere una vita sentimentale e sessuale come ognuno
ha. la sessualità è legata ai canoni di bellezza che la società tende a dettare e definire, creando miti e
delusioni. sofferenze e difficoltà colpiscono soprattutto la donna, che spesso paga ancor di più il
prezzo dell'esclusione e della discriminazione sessuale. il mondo femminile soffre anche nella
dimensione della diversabilità un peso forte che continua a opprimere la donna che sente il definirsi
della sua identità al di fuori di quello che è la reale dimensione della vita, del piacere, dell'amore.
ecco una testimonianza: per le altre donne la lotta è contro l'oppressione costante al vivere
liberamente la sessualità finalizzata al matrimonio, per noi essendoci negazione assoluta, il punto di
partenza è la riappropriazione della nostra identità di donne e non di esseri neutri. cominciano i
genitori a dirti da sempre che noi vivremo tutti e tre insieme, perché i tuoi fratelli si sposeranno e tu
naturalmente no. continuano la tv, i giornali, a dirti che non potrai mai essere il tipo di donna che
presentano, a questo punto butti la spugna e abdichi al tuo essere donna. su di noi pesa
maggiormente il confronto con il modello standard di bellezza che è essenziale alla nostra
accettazione da parte degli uomini. quando il confronto con il modello è perdente subentra un
meccanismo di compensazione, vengono giudicate le altre qualità femminili, cioè la dolcezza, la
comprensione, la sensibilità. a questo punto il lavoro svolto dalla famiglia e dalla società ha portato
a non sapere più di avere, oltre tali qualità, anche un corpo che ha esigenze sue. non proponendoci
sessualmente diventiamo le migliori amiche degli uomini che ci interessano.
la sessualità diventa così una prigione. l'ambiente gioca un ruolo determinante nel percorso
educativo verso l'autonomia. la cultura dominante, le famiglie, gli insegnanti, influiscono sul
comportamento sessuale dei propri alunni/utenti. la ragazza diversabile vive dentro di sé il dramma
di una femminilità negata, di una sessualità incerta, rifiutata. troppi accettano l'opinione che ogni
eventuale deficit del corpo debba creare impedimento, nella conduzione della propria vita, mentre i
veri diversabili sono quelli che non si vedono: la debolezza dell'animo, l'incapacità a raggiungere
delle mete, la depressione, la mancanza di ideali. fare l'amore significa cercare nell'intimità del
corpo qualche forma di piacere condiviso. fare l'amore quando si è diversabili può essere un
esperienza segnata da limiti, ma non così riduttiva come ciò che spesso accade nei letti di molti
normodotati. e se hanno limiti i gesti dei disabili nessuno ci autorizza a pensare che lo abbiano
anche le emozioni e l'esperienza dell'amore.
-ripartire sempre
il cammino delle donne verso il riconoscimento della propria identità e verso la conquista del
riconoscimento dei propri diritti si presenta come un itinerario di esplorazione in territori
sconosciuti, come il politico, il sociale, l'economico, spazi della vita collettiva da cui erano state per
natura escluse. da una secolare esclusione dagli spazi pubblici ha avuto origine il viaggio delle
donne nell'universo dei diritti umani; nato dall'intollerabile oppressione, dai bisogni di trovare spazi
di vita umanamente accettabili, il cammino al femminile nel mondo dei diritti e del loro
riconoscimento si presenta come un passaggio dalla necessità alla libertà. la ricerca delle donne
della propria umanità e della cittadinanza si dispiega in un complesso viaggio verso l'esplorazione,
la ricerca e l'affermazione. il viaggio ha coinvolto milioni di donne in un tentativo unico di
soddisfare il bisogno di cambiamento, di trovare il riconoscimento come essere umano, di
affermarsi come soggetti in un universo di invisibilità in cui le donne sono state confinate. lungo
viaggio della parità che ancora non è concluso. in molti paesi del mondo le donne continuano a non
essere considerate come soggetti, come esseri umani con diritti al pari degli altri. in molti dietro la
formalità del riconoscimento si celano reali condizioni di disuguaglianza, situazioni sociali di
impari opportunità. il cammino e l'evoluzione dei diritti umani ne testimoniano il carattere variabile
e eterogeneo. oltre alla storia dell'affermazione teorica dei diritti se ne può ricostruire una parallela
che vedrebbe protagonisti coloro che da questo viaggio sono stati totalmente esclusi. i diritti umani
oltre a non presentarsi come dati assoluti, per cui sono legati ai cambiamenti politici, sono un
prodotto della cultura europea e della storia occidentale. tutti gli esseri umani sono e nascono liberi,
provvisti della ragione che gli permette di individuare quei principi fondamentali e universali quali
l'uguaglianza, la libertà e la vita. nel passato le donne apparivano per natura mancanti di quella
caratterista essenziale, la ragione. le donne si collocano nello spazio dell'inferiorità. Aristotele nei
suoi trattati sugli animali classifica le femmine umane, delineandone l'inferiorità in rapporto ai corpi
maschili; dà così inizio a una lunga tradizione di pensiero che arriva fino al 900 e che continua a
descrivere scientificamente la donna come una mancanza, un fallimento rispetto all'uomo. le donne
perdono la loro umanità, si manifestano come esseri legati alla loro natura istintiva, sentimentale,
irrazionale. il soggetto che si diffonde in età moderna come autonomo, dotato di buon senso, libero
dalle passioni ,va a coincidere con l'ideale umano maschile mentre non coincide con quello
femminile. le donne non hanno capacità di elaborare principi morali stabili, di porre i loro sguardi
su orizzonti ampi. le donne sono state scientificamente definite in relazione al loro corpo e ai loro
umori e non smettono di essere corpo, restando ingabbiate nella loro sessualità, tanto da non poter
prendere parte, a causa della loro natura a quel processo tipico degli esseri umani dotati di ragione.
il soggetto libero, capace di far uso pubblico della propria ragione diventa nel 700 modello
rivoluzionario. molti sono i pensatori che manifestano la loro perplessità sulle capacità delle donne
di assurgere a questo ideale, poiché evidenti erano le mancanze strutturali. la cultura illuminista di
fine 700 contribuisce all'affermazione dei principi di uguaglianza, di libertà e razionalità come
dotazione propria dell'umanità. su quei principi si costruì una forte discriminazione nei confronti di
metà del genere umano. diverse, mancanti di ragione e controllo, non possono accedere all'umanità
e neanche potranno essere considerate soggetti titolari di quei diritti umani dichiarati però
universali. dal 700 in poi le donne in occidente sono istituzionalmente diverse, escluse dalla
titolarità dei diritti umani, perché meno umane. in molti si chiesero se la parola uomo comprendesse
la totalità degli esseri umani e la risposta, per secoli, della maggioranza, fu no. le donne furono
escluse dall'immagine naturale di umanità e di conseguenza dal riconoscimento della titolarità dei
diritti in quanto umane. l'esclusione delle donne dall'umanità e la loro invisibilità pubblica hanno
comportato secoli di lotte, soprusi,discriminazioni di cui la società contemporanea si fa testimone
attiva. la storia delle donne e del loro viaggio verso il raggiungimento del riconoscimento di
soggetti di diritto ci insegna che i confini naturali e culturali segnati dall'umanità possono impedire
a molti di procedere con dignità verso la piena realizzazione di se stessi. le donne sono state
viaggiatrici in cerca di casa, hanno rifiutato il perimetro imposto, volendo uscire dall'ordine di
un'esistenza minor, facendo della libertà e dell'autonomia le mete da raggiungere. il cammino verso
il riconoscimento universale dei diritti delle donne e del loro riconoscimento come esseri umani
richiederà rivoluzioni mentali e culturali. il viaggio si presenta come occasione per conoscersi e
riconoscersi e il cammino verso la conquista dei diritti umani per le donne si è posto ancora oggi
come itinerario per appropriarsi del sé individuale.
-considerazioni conclusive
i diritti delle donne sono diritti umani si legge nella dichiarazione delle nazioni unite del 1995. la
storia dei diritti delle donne va considerata parte integrante della storia dei diritti umani. riportare
alla memoria questo viaggio ricostruisce due percorsi paralleli: quello della discriminazione di cui
ancora oggi le donne nel mondo sono vittime e il coraggioso viaggio delle donne come protagoniste
attive della loro storia, come cittadine in cerca di cittadinanza. entrambi vanno ricordati. i diritti
umani delle donne si affermano e materializzano attraverso la storia di tutte quelle donne che hanno
intrapreso viaggi coraggiosi alla ricerca di sé. alla fine di ogni viaggio ci si ritrova di fronte a noi
stessi, come davanti a uno specchio che ci esorta a fare il bilancio del nostro percorso.
Anastasia una donna libera della Guinea, scopre Magdalene e ne trae un'immagine della donna
europea sconvolgente: ma perché fare sesso e avere bambini deve essere peccato? il sesso e la
maternità sono vita, che la donna sia o no sposata. l'occidente delle donne libere, appare a una
donna libera della Guinea un luogo di oppressione della sessualità femminile che non valorizza la
vita e la maternità, ma anzi la mortifica. le povere ragazze madri di Salamanca trovano così una
madre nella donna africana che tiene testa alle monache e alle loro angherie. la donna immigrata
giudica la tradizione cattolica spagnola in tutto il suo maschilismo, sostenuto dalle donne stesse, le
monache. quello che salva le donne è lo studio e riflette sul fatto che chi viaggia ha una mente più
aperta. uscita dalla casa delle Magdalene troverà lavoro come domestica solo in una famiglia
australiana, in quanto le famiglie di Salamanca non sono abituate alle persone di colore. la
soluzione alla situazione d'Anastasia sarà risolta grazie alla sua intraprendenza e un'ulteriore
viaggio. storia: quando mi sono sposata avevo fatto la scuola secondaria e un corso per segretaria,
lavoravo al ministero delle finanze, mi piaceva. però bisognava sposarsi, non potevi restare nubile e
così mi sono sposata. vivevo bene, mio marito era un avvocato ed era governatore di una regione,
non c'erano problemi economici, i problemi sono iniziati quando ha cominciato a maltrattarmi. io
ero in un matrimonio poligamo, non ero la sola moglie. ho scritto di questi maltrattamenti sul
giornale e hanno cominciato a minacciarmi anche dal punto di vista politico. poi c'è stato il divorzio
e mi hanno tolto i bambini..in Guinea c'è una legge e poi ci sono le traduzioni e gli uomini ne
traggono vantaggio; hanno deciso che i bambini appartenevano a lui ho potuto nere il più piccolo
perché lo allattavo ancora. ho subito una pressione tremenda e sono partita. la mia famiglia mi
aveva abbandonata perché con il divorzio le portavo vergogna, non potevo ricominciare là. decisi la
spagna per non avere problemi di lingua. la mia idea era di arrivare a Barcellona, dove uno zio
speravo potesse aiutarmi ma fui buttata giù dal battello alle Canarie. ho avuto un problema con il
capitano della nave. ho fatto dei commenti sull'operato del capitano e ha deciso di buttarmi giù al
primo porto. alle Canarie non sapevo come sopravvivere, perché non conoscevo nessuno, ma allo
sbarco c'erano dei Guineiani. chiesi a uno di indicarmi un ostello e lui mi invitò a casa sua e mi
comprò un biglietto aereo per Barcellona. arrivati mio zio non c'era, dissero se ne era andato. presi
un taxi e gli dissi di portarci a un convento. avevo studiato dalle monache e sapevo che era l'unico
posto dove potevo andare senza dover pagare. lì però non potevo stare e mi trovarono un altro
posto. un posto vicino a Salamanca in un centro per madri sole dove rimasi per 3 anni. il posto era
bello, ma ho scoperto che erano le suore che gestivano tutto, che decidevano tutto, e ho iniziato a
bisticciare con la superiora. appena arrivata mi hanno giudicata per la mia situazione, la maggior
parte delle ragazze lì erano madri singole che non erano mai state sposate e avevano un bambino e
le suore le trattavano male,solo perché erano madri singole, non facevano attenzione ai loro
sentimenti. queste monache maltrattavano le ragazze, come fossero state il diavolo, come se
avessero ucciso qualcuno. così cominciò il mio shock culturale. io vengo da una cultura dove dare
la vita è la cosa migliore, indipendentemente dall'essere sposato o no, noi attribuiamo valore alla
vita molto di più che al fatto di essere sposati. molte ragazze erano lì perché i loro padri non le
volevano in quanto erano rimaste incinte prima di sposarsi. queste madri dovevano dare i figli in
adozione se volevano tornare a casa, ero sconvolta. volevano che fosse un riformatorio, una casa di
pena. se tu eri finita in quel posto era perché il tuo comportamento non era stato appropriato. dovevi
stare lì per tornare alla normalità. e la normalità è sposare un uomo solo. tante accettavano di dare i
figli in adozione e l'adozione consisteva in un guadagno per le monache ma nulla per la madre. io
ero tra le più vecchie ero una madre per quelle donne maltrattate. le donne avevano l'autostima
bassa, avevano bisogno di qualcuno a cui esprimere i propri sentimenti. si rivolgevano a me perché
ero l'unica che affrontava le monache. e le ascoltavo questo le alleviava. era come una prigione
sempre chiuse dentro. quando si usciva era per comprare del sapone, l'alloggio era gratis ma se
volevi qualcosa per te dovevi comprarlo. per le spese c'era un laboratorio di sartoria e dovevi
lavorare lì. avrei voluto studiare ma la suora non voleva. io inizia a lavorare lì anche per mandare
dei soldi ai miei figli rimasti in Guinea. dovevo andarmene da quella casa. andai a Salamanca e
cominciai a cercare lavoro. trovai dopo tanti sforzi una famiglia australiana che mi prese per lavori
domestici. con il tempo sistemai mio figlio in collegio mentre io lavoravo. alla fine sistemai tutto,
studiai all'università, divenni mediatrice culturale e feci venire in Spagna gli altri figli.
-senza frontiere
Joyce Lussu è stata una scomoda e costante provocazione. piuttosto che posizionarsi passivamente
nel suo tempo si è sempre mossa in prima persona. attiva antifascista e protagonista dei movimenti
femminili. si è distinta per la strenua resistenza opposta ai modelli del fascismo, del maschilismo,
del conformismo e della mortificazione delle coscienze per diffondere una cultura della vita a fianco
dei più deboli. nasce come Gioconda Salvadori a Firenze nel 1912. le idee antifasciste dei genitori e
l'educazione aperta la orientano verso l'impegno politico gli interessi sociali. costretta a lasciare
l'Italia con la famiglia perché perseguitati dal fascismo si laurea alla Sorbona e a Lisbona durante la
vita da clandestina della resistenza. tra il 1933 e 1938 è in Africa dove si interessa dello
sfruttamento colonialistico dei paesi. quando torna in Europa, la polizia fascista ha aperto un
fascicolo, a suo nome, con la qualifica di sovversiva pericolosa. nel 1938 si trova in Ginevra dove
cerca i compagni di giustizia e libertà e il loro leader che sarà suo marito. i primi anni con il marito,
la lotta antifascista e le dure esperienze vissute, sono narrate in fronti e frontiere del 1944. un libro
che è un misto di biografia, storia della resistenza e racconto d'avventura. cronaca dell'antifascismo
in Italia, un manuale su come si fa la resistenza. vive viaggiando sempre con la paura di essere
individuata, falsificando i documenti per aiutare i perseguitati del regime a fuggire e infine le sarà
riconosciuta la medaglia d'argento della resistenza al valor militare. sottolinea il maschilismo
presente nella società italiana come logica sedimentata nella psiche collettiva. dalla Lusso la donna
è vista come protagonista della lotta contro le classi dominanti ed esalta il suo ruolo nella storia. le
masse femminili, per quanto passive, non sono state fuori dalla storia, solo la loro è una storia non
scritta. scopre l'umanità con le sue debolezze e le fa rilevare dolori privati come l'aborto e una
lucida capacità di analisi che le consente di non farsi illusioni sulla politica. dal 1958 al 1960
diventa prioritaria la lotta contro l'imperialismo e comincia a viaggiare e tradurre i poeti di mondi
lontani ma animati da un forte spirito di libertà e condivise con loro molte battaglie. il mondo è la
sua casa. esistere significa oltrepassare le frontiere e conoscere gli altri, diversi ma simili a noi.
studiare la guerra come fenomeno storico, sociale e culturale per evitarla. negli ultimi anni ha
cercato il colloquio con i giovani per tramandare un'altra storia, perseguendo un educazione come
emancipazione del pensiero e dell'insegnamento come responsabilità.
-introduzione
vorrei compiere una ulteriore riflessione a partire dagli scenari di migrazione che caratterizzano il
mondo attuale. nell'epoca della globalizzazione sempre più merci e informazioni percorrono viaggi
attraverso il mondo a velocità sorprendenti. anche un numero cospicuo di uomini e donne si
spostano ogni giorno da un luogo all'altro, con mezzi di fortuna, documenti in regola o contraffatti.
per libera scelta o obbligati da povertà e guerre. solo per fuggire con la proiezione verso un futuro
migliore. vediamo alcune loro storie. il viaggio di chi intraprendendolo mette in gioco se stesso, i
propri cari, il proprio ruolo nel mondo. il viaggio di chi non sa se riuscirà a portarlo a termine. il
viaggio di chi non sa. anche noi intraprendiamo un viaggio all'interno delle loro storie di
migrazione.
-transitare tra mondi diversi. se questo è l'Occidente...scuri alle finestre e case di cartone
il viaggio delle donne che emigrano inizia prima della migrazione stessa. il processo coinvolge
l'intera famiglia. frequenti sono i bambini lasciati a casa, alle cure di nonni e padri, nella speranza di
offrire loro un sostegno economico da lontano. molte donne sono partite per adempiere a un
progetto familiare. molte donne sono consapevoli che le qualifiche professionali e le esperienze
lavorative maturate non avranno riconoscimento in Italia. alla decisione di partire si accompagna un
insieme di sogni, delusioni e speranze. all'arrivo in Italia le impressioni riportate dalle donne
intervistate sono forti.
-alla stazione ho visto come dei mucchi di stracci qua e là, erano uomini. io non sapevo che
esistevano i barboni. sono venuta in un paese ricco e qui c'è la gente che dorme per strada. qui la
gente non si aiuta, ti lascia per strada così, anche se il paese è ricco si fanno dormire i poveri per
strada.
la percezione di trovarsi in una società più ricca ma anche meno solidale viene confermata da altri
segni.
-la cosa che mi ha più colpito, anche questi da noi non ci sono, gli scuri alle finestre. per chiudere
quello che è fuori, fuori e quello che è dentro, dentro. a chi è dentro non gliene frega di chi sta fuori.
gli scuri serrati sono il segno di un mutato contesto sociale;viene letto nella nuova realtà indizi di
esclusione. gli italiani hanno inventato uno strumento per tagliare fuori dalle proprie case l'esterno.
queste imposte diventano ai suoi occhi il simbolo tangibile di una società che non è capace di
solidarietà e apertura. il viaggio è sguardo, chi viaggia impara a vedere. lo sguardo che queste
donne volgono all'Italia aiuta a vederne le contraddizioni e le peculiarità: ricchezza e povertà
diffusa, mancanza di coesione sociale e felici esempi di solidarietà umana.
il viaggio nel sé professionale degli insegnanti: da una identità neutra a un'identità di genere.
il viaggio verso il sé professionale è stato realizzato da 87 corsiste trovatesi insieme. le corsiste
hanno deciso di imbarcarsi in un viaggio per andare all'esplorazione del proprio sé professionale e
alla condivisione delle varie esperienze, attraverso due traiettorie da percorrere in gruppo.
-pensarti come insegnante implica pensarti con un'identità di genere?
-il tuo modo di essere insegnante uomo/donna assomiglia a...
ogni gruppo ha iniziato il viaggio facendo una narrazione scritta per lasciare una traccia del proprio
viaggio e per condividere le esperienze del percorso. l'apertura di nuovi orizzonti le ha affascinate
ed è emerso che la maggior parte delle corsiste si era imbarcata con un'identità di insegnante neutro;
a fine viaggio tutte erano approdate con un'identità di insegnante di genere. ci siamo serviti delle
narrazioni per raccogliere informazioni sulle prospettive di significato, confermate dai soggetti nel
percorso intrapreso. abbiamo elaborato una griglia di analisi utilizzando il modello Mezirow in
modo da individuare nei testi indizi di un passaggio. sono state tenute presenti le tre seguenti
prospettive di significato:
-prospettive epistemiche
-prospettive psicologiche
-prospettive sociolinguistiche
come esercizio di riflessività e spazio di libera espressione è stato dato ai professionisti l'opportunità
di attivare percorsi autonomi di destrutturazione e ristrutturazione del proprio vissuto personale e
professionale. è avvenuta una presa di coscienza da parte delle corsiste, una connessione tra sé
professionale e identità di genere. ma tale presa di coscienze risulta restare, per molte, solo in
superficie. chi ritiene di vedersi come insegnante donna si vede soprattutto come madre e fa
coincidere la propria identità con il possesso di determinate caratteristiche che corrispondono agli
stereotipi sessisti. l'insegnante uomo, viene visto come autorevole, l'insegnante donna come amica.
altre ritengono che l'insegnante debba prescindere dall'identità di genere e debba possedere doti
maschili e femminili, altre che l'insegnante debba presentarsi come neutro perché la sua identità
deve trasparire inconsapevolmente.
dal dibattito nel gruppo Panta Rei, è emersa un'esperienza comune:
-la prima volta che abbiamo varcato la soglia di un'aula eravamo convinte che il ruolo
dell'insegnante fosse neutro e che questi fosse privo di qualunque identità di genere, poiché il suo
compito era quello di veicolare un sapere nozionistico e oggettivo. la pratica quotidiana con gli
alunni ci ha portato a riflettere sull'inadeguatezza di questo vecchio modello, rispetto alle nuove
esigenze della società e del ruolo che l'insegnante rivendica e cioè di far uscire fuori la propria
identità di genere all'interno della strutturazione del processo formativo, finalizzato non solo
all'apprendimento nozionistico ma all'acquisizione del sé come individuo. riteniamo che l'apertura
all'identità di genere derivi dalla nostra graduale presa di coscienza che non c'è solo il modo
maschile ma che esiste anche il modo femminile. trasmettere non solo un sapere nozionistico ma
anche fornire gli strumenti attraverso i quali ogni individuo possa imparare a leggere criticamente e
personalmente la realtà.
il gruppo selvaggi 8 afferma:
-l'identità di genere è fondamentale per l'insegnante è innanzitutto un individuo che esprime se
stesso anche attraverso il suo lavoro. il mio essere insegnante non può prescindere dal mio essere
donna. sono un'insegnante che lavora con impegno e con voglia di progettare e sperimentare
insieme agli alunni occasioni di crescita, nella convinzione che ciascuno di loro riesca a dare il
meglio di sé e a tradurre il sapere in apprendimento significativo.
le corsiste del gruppo formula 4:
-il mio essere donna non cambia in nessuna situazione della vita. io mi sento a tutti gli effetti
insegnante donna, non penso che in campo lavorativo ci possono essere difficoltà maggiori o minori
per un uomo o per una donna, anzi sono convinta che i veri problemi nel lavoro nascano nel
momento in cui qualcuno di noi non si dia un'identità ben precisa e quindi manchi di fermezza nei
confronti dei ragazzi.
-io mi vedo come insegnante donna, ogni aspetto del mio essere è influenzato dalla mia identità di
genere; essa si riflette in tutte le azioni; sono donna come cittadina, come educatrice, come madre. è
naturale che i miei vissuti si riflettano nel mio essere insegnante.
-ho sempre pensato alla professione docente come categoria neutra. non mi sono soffermata su me
come insegnante con un'identità di genere. so solo che nel mio rapportarmi con gli alunni io porto
con me la mia identità, il mio essere donna, le mie esperienze. posso effettuare cambiamenti nelle
strategie educative, non nel mio essere insegnante, nella mia identità di donna che ama il suo
lavoro.
per ciò che riguarda il tuo modo di essere insegnante assomiglia a... dagli indizi analizzati, si evince
che in molte prevale l'idea di un sé professionale che si costruisce in rapporto con la situazione e
con gli altri. riconoscersi non significa accettarsi, ma accettare le zone d'ombra così come
accettiamo i punti di forza, definire le debolezze del nostro fare professionale. porre la differenza di
genere come categoria costitutiva della nostra e dell'altrui soggettività umana, come piattaforma che
marca la nostra e l'altrui identità, il nostro sé personale.
-mi sento il capitano di una nave che deve condurre al porto il suo equipaggio e un carico prezioso.
ogni anno mi si affida una nave, una ciurma e un carico. il nostro mare è pieno di insidie e affinché
il nostro carico arrivi al suo porto è necessaria una fattiva collaborazione fra tutti i soggetti.
il sé professionale non può essere scisso dalla propria identità di genere, un sé professionale come
un testo che viene scritto dal soggetto stesso e dagli altri. è necessario costruire il sé professionale
con una propria identità di genere, in grado di progettare saperi plurali e modelli educativi di pari
opportunità educative per tutti.
gruppo paideia
i membri del gruppo si identificano come insegnanti donne, perché nell'espletare la propria funzione
emerge non solo la preparazione culturale ma anche le caratteristiche peculiari della personalità
femminile: sensibilità, comprensione, intuito, capacità riflessiva. l'insegnante deve essere come una
guida oltre che esperto della sua disciplina, capace di fornire strumenti e competenze che
permettono allo studente di essere autonomo, di sviluppare un proprio spirito critico. identificarsi
nel ruolo di docente di genere vuol dire allontanarsi dall'idea di insegnante come semplice
trasmettitore di conoscenza. la crescita e la formazione sana di un individuo inserito all'interno della
società civile, questo deve essere l'obbiettivo. il docente come guida il cui scopo è di rendere
cosciente lo studente delle potenzialità che possiede e fornirlo di strumenti atti a trasformare le sue
abilità ma anche a motivarlo a una conoscenza meta-cognitiva. l'insegnante deve auto valutarsi
criticamente per offrire a tutti un immagine positiva e di esempio. il docente deve avere occhi aperti
per cogliere la realtà e l'individuo in tutte le sue sfaccettature.
gruppo penny
essere insegnante non può prescindere dal nostro essere donna. questo comporta un approccio nel
rapporto insegnante alunni improntato a sensibilità e mediazione. dal dibattito è emerso che diverse
variabili condizionano il processo di insegnamento, indipendentemente dall'identità di genere.
singolarmente abbiamo riflettuto sul nostro essere insegnanti immaginando delle metafore che
avrebbero potuto rappresentare il nostro essere tali.
-campo fiorito: il mio ruolo è quello di un campo fiorito. fiori colorati, vivaci e profumati come il
rapporto che cerco di instaurare con i miei alunni, basato sul rispetto, sullo scambio, sulla gioia di
imparare.
-tessitrice: ho immaginato che il mio modo di essere insegnante potesse essere paragonato al lavoro
svolto da una tessitrice che intrecciando semplici fili colorati, dà vita a un arazzo dal disegno ben
definito e dai molteplici colori. allo stesso modo procede l'insegnante che veicola conoscenze,
apprendimenti,stili di vita, affinché possano contribuire alla formazione degli studenti.
gruppo selvaggi 8
s.s- mi identifico al femminile, non in senso materno, ma come donna che sa ascoltare, comunicare
cercando di capire i reali bisogni degli alunni e i loro disagi.
e.p- nel mio modo di essere insegnante prevalgono degli aspetti femminili anche se interagiscono in
me anche quelli maschili. l'insegnante deve imparare prima di tutto a fare l'insegnante.
l.s- penso che l'identità di genere incida sul mio modo di interpretare il mio vissuto che trasmetto ai
miei alunni.
v.s- il mio essere insegnante non può prescindere dal mio essere donna, cioè dalla mia identità
personale.
g.s- nella mie esperienza di insegnante, non posso fare a meno di pensarmi come donna poiché
l'empatia, valore aggiunto dell'identità femminile, credo caratterizzi il mio modo di relazionarmi
con la classe.
gruppo pantarei
ostetrica: l'insegnante aiuta gli alunni a tirar fuori le potenzialità che già posseggono per poi fornire
gli strumenti che permettano loro di attualizzarle.
nuvole in viaggio. percorsi al femminile nel cinema on the road. note su Corazones de mujer
il cinema ha spesso scelto la rappresentazione del viaggio come filo per aprire la narrazione e le
immagini a incontri tra culture e tradizioni. cambiano le forme della rappresentazione? è diverso lo
sguardo del film, quando il suo oggetto privilegiato è il personaggio-donna? dal punto di vista del
contenuto il film di viaggio si lega ai temi della ribellione, del desiderio di nuovi modi di vita e ruoli
sociali. i personaggi tipici del genere sono dei ribelli, che scelgono il viaggio come antidoto a una
società che sentono come chiusa, ostile e razzista. il protagonista del road movie lotta contro le
convenzioni imposte da una società contro la quale si rivolta perché ritenuta corrotta, priva di
sinceri valori. in lui vive una sorta di ansia liberatoria. situazione narrativa primaria del road movie
è il viaggio, non tanto come spostamento quanto come movimento in sé, dotato di valore di per se
stesso. quello che conta è il gesto forte dell'andare. i luoghi principali sono la strada, la stazione di
servizio, il ristorante, ecc. all'interno del viaggio, le situazioni narrative ricorrenti sono legate a
incontri. dal punto di vista dello stile l'inquadratura di ripresa favorita dal genere è il campo lungo
che dà la priorità all'ambiente rispetto al personaggio. l'uomo viene annullato in una natura che lo
sovrasta. in Corazones de mujer ciò che conta è il viaggio, l'andare di per sé che determina
profondi cambiamenti nell'animo dei protagonisti; un movimento interiore. Shakira e Zina sono due
ribelli che si pongono al di fuori delle convenzioni della società cui appartengono. è centrale nel
film il valore del viaggio come percorso di formazione. le differenze rispetto al canone non sono
poche: nonostante la gran parte film si svolga on the road, i panorami sono pressoché assenti. i
luoghi visitati sono visti tramite interni. i personaggi non sono ripresi in campi lunghi o persi
nell'immensità del paesaggio ma il film privilegia primi e primissimi piani, concentrandosi sugli
spazi chiusi e sui volti ripresi da vicino. il tema di fondo è l'analisi. Shakira e Zina non fanno poi
alcun incontro significativo durante il viaggio, la dimensione rimane quella della relazione a due,
senza alcun intervento esterno a modificare quest'equilibrio. la ridefinizione dei ruoli non passa qui
attraverso incontri esterni ma avviene tramite una riflessione interiore. è in questo modo che
assistiamo al progressivo definirsi della relazione del personaggio con se stesso. la prima notte di
viaggio, Zina si chiude in bagno e si osserva allo specchio; con una matita si trucca in modo da
fingersi un uomo. Zina vorrebbe essere un uomo, vedersi altra. la ragazza mette in discussione ciò
che è poiché ne sente l'inadeguatezza fino a volersi cancellare, cambiare con un altro. in parallelo
Shakira modifica la sua apparenza esteriore. l'uomo abbandona il travestimento appariscente e
assume un aspetto maschile. per lui muoversi tra le due identità è molto facile: basta un gesto,
indossando in un attimo un ruolo accettabile dalla società. sono solo maschere sociali. non conta
come ci vestiamo, conta quello che siamo dentro. prima tappa del viaggio marocchino è la famiglia
di Shakira. lui ha un figlio, che però non è al corrente dell'identità del padre, che crede morto.
Shakira non è così sicuro di sé: non ha il coraggio di mostrarsi per quale è al figlio e ha bisogno di
proteggersi dietro una facciata di normalità socialmente accettata. Zina si osserva velata, poi si
toglie il velo e lo lascia sul lavandino. è la prima tappa del percorso di ridefinizione della propria
identità. Zina sceglie di non indossare il velo, di rifiutare un uso che non è suo ma che sente come
imposto. se nella sequenza precedente il desiderio della donna era di modificare la propria identità,
adesso guardarsi inizia a voler dire non rifiutare la propria immagine, ma cambiarla, sceglierla, in
modo da farla corrispondere al proprio sentire. nella seconda tappa del processo di riconquista della
sua identità, la donna rivendica le sue scelte e ribadisce a se stessa la propria indipendenza, sfidando
le convenzioni impostele dalla famiglia. il monologo interiore da dubitativo diviene assertivo (l'ho
voluto io); e l'immagine riflessa si fa netta, non più camuffata dal trucco o seminascosta dal velo.
Zina vede poi chiaramente se stessa e quello che rischia di diventare. l'uomo che disegna sullo
specchio è diverso da lei, è un altro che rappresenta un destino che Zina sa bene voler rifiutare. le
immagini riflesse nello specchio sono due: quella dell'uomo immaginario e quella della donna,
ormai consapevole di se stessa. anche Shakira ha il coraggio di chiamare il figlio e di rivelargli la
sua identità di padre, dunque di mostrarsi per quello che è, in un'accettazione completa e piena del
suo essere uomo, padre e omosessuale. anche il luogo per eccellenza del road movie, la strada,
possiede uno statuto particolare. la strada diviene luogo interiore della donna. il viaggio, che
all'inizio è soltanto spostamento verso una meta precisa diventa stimolo alla riflessione sulla propria
identità. la strada scompare, portando la riflessione dentro il personaggio e non nelle sue azioni
rivolte verso l'esterno. il film corazones de mujer sembra dire, amici o nemici si trovano dentro di
sé. lo specchio è il luogo del vero incontro con l'altro, ovvero con se stessi, del conflitto e della
definizione dell'identità; il viaggio è un processo interiore le cui tappe si scorgono nell'immagine
riflessa. il film utilizza solo quelle riprese che permettono alle immagini di concentrarsi
sull'interiorità dei personaggi. così la ripresa del movimento del veicolo, di solito molto frequente,
rimane quasi del tutto assente nel film: il movimento che conta è quello che avviene all'interno della
mente dei due personaggi. il paesaggio rimane pressoché assente nel film, è sostituito dallo sguardo
che Zina rivolge dentro di sé quando si osserva allo specchio; è il suo universo interiore che
dev'essere esplorato perché la sua identità di donna possa esserne rafforzata e rinnovata. il viaggio
al femminile del film è rispetto al road movie tradizionale al maschile, ridefinito sostituendo al
viaggio geografico un'esplorazione dell'universo dei sentimenti e delle emozioni che avviene in
gran parte in maniera introspettiva. la minaccia sociale è presente solo indirettamente. la vera lotta
avviene solo all'interno di Zina, è dentro di lei che si decide l'esito del viaggio, da qui la scelta delle
sequenze allo specchio e del monologo interiore, che costituiscono la serie di incontri/scontri con
gli altri. adottare una prospettiva femminile cambia i modi della rappresentazione del film on the
road. il film rinuncia ai cliché tipici del genere per adottare un modo rappresentativo diverso, che
sceglie di seguire un percorso interiore piuttosto che esteriore. le donne di questo film si
scompongono e si ricompongono continuamente alla ricerca della loro forma, hanno allo stesso
tempo una e mille configurazioni diverse, fino all'affermazione finale: è meraviglioso essere donna,
in un incessante ricerca di sé stesse che è anche segno di libertà.