Di Paesi&Città

FATTI • PROBLEMI • PERSONE A destra, un momento della “notte

della ricerca” (foto Antonio
Massariolo); in basso, immagini della
protesta davanti al Bo,
a cui ha partecipato anche il rettore
Giuseppe Zaccaria (foto Carlo Calore).

UNIVERSITÀ DI PADOVA CONTINUA LA PROTESTA DI PROFESSORI E RICERCATORI (MA ANCHE DEL RETTORE) CONTRO IL DDL GELMINI

Urge una riforma, ma non... questa

Spostato anche l’inizio dell’anno accademico dal 1° al 7 ottobre
■ Certo non capita tutti i
giorni di vedere ricercatori
e professori universitari pa-
dovani, normalmente piut-
tosto compassati, organizza-
re scioperi della fame e ma-
nifestazioni; addirittura il 1°
settembre li si è visti sfilare
– il rettore in prima fila –
con tanto di megafono e ad-
dobbati come uomini
sandwich, recando slogan
come “meno università =
più ignoranza e meno svi-
luppo”; il 15 settembre poi è
stata la volta della “notte
della ricerca” con diparti-
menti, laboratori e bibliote-
che aperte fino a notte inol-
trata e un happening in
piazza dei Signori. L’ateneo
patavino, si sa, nei secoli ha
fatto della sobrietà e dell’un-
derstatement il suo stile;
stavolta però si trova capofi-
la nella protesta. Cosa sta
succedendo?
«Da almeno una quindicina
d’anni avvertiamo una si-
tuazione di disagio crescen-
te dell’università – risponde
Giulio Peruzzi, professore
associato di storia della fisi-
ca, delegato del rettore alla
comunicazione della cultu-
ra scientifica e tra i princi-
pali coordinatori della pro-
testa – Il disegno di legge
Gelmini (che è stato appro-
vato al senato e attende di
essere esaminato dalla ca-
mera) è solo uno dei capito-
li, al quale si aggiungono i
tagli che avevamo già de-
nunciato nel 2008 e che
stanno iniziando ad avere i
loro effetti. Da ultimo, come
beffa finale, nella finanziaria
approvata la scorsa estate
vengono colpiti gli stipendi,
in particolare quelli dei gio-
vani».
Insomma, la solita prote-
sta corporativa?
«Stavolta la situazione è di-
versa, siamo quasi al collas-
so. I tagli al fondo ordinario,
che garantisce il finanzia-
mento pubblico delle uni-
versità, sono pazzeschi: il
15 per cento in meno l’anno
prossimo, 1 miliardo e 300
milioni su base nazionale.
Di questo passo dubitiamo
di riuscire a pagare gli sti-
pendi. E di investimenti
nell’edilizia, nella ricerca e
nei servizi poi neanche a
parlarne».
Eppure sono in molti a
dire che la situazione co-
sì com’era non andava.
«L’aspetto paradossale è che
gli interventi degli ultimi an-
ni non hanno fatto che peg-
giorare la situazione, senza
per altro toccare i nodi criti-
ci. Prendiamo il blocco degli
stipendi: a essere colpiti
non saranno certo i ”baro-
ni”, bensì proprio i ricerca-
tori più giovani e motivati,
che avranno un taglio che
può arrivare al 34 per cento
dopo tre anni per i neoas-
sunti, a prescindere dal me-
rito individuale. Quanto ai
tagli infrastrutturali, ancora
una volta essi si applicano
in maniera orizzontale e in-
discriminata, penalizzando
gli atenei – come Padova –
di fatto più virtuosi».
Quali sono le vostre pro-
poste?
«Siamo i primi a sostenere
che l’università vada rifor-
mata, e al riguardo abbiamo
due o tre idee forti. La pri-
ma è l’autonomia universi-
taria, che finora è stata
monca, la quale però deve
essere accompagnata da
una piena responsabilità: bi-
sogna far partire una vera
valutazione fatta da
un’agenzia indipendente,
sulla base della quale ripar-
tire i finanziamenti tra gli
atenei. Secondo: sviluppare
le sinergie tra le università
più importanti per fare si-
stema, aumentare la qualità
e diminuire i costi. In que-
sto senso, la costituzione
della fondazione Univeneto
tra Padova, Verona e Vene-
zia potrebbe aprire prospet-
tive promettenti. Infine, se
proprio si vuole risparmia-
re, perché non partire dalle
microuniversità e soprattut-
to dalle tante università on-
line che sono pullulate negli
ultimi anni, col sostegno de-
gli ambienti politici ed eco-
nomici locali?».
L’università italiana è
proprio da buttare?
«Credo proprio di no. Certa-
mente ci sono i casi di mal-
costume, ripresi giustamen-
te dai media, ma penso che
nel complesso siano piutto-
sto isolati. Con le risorse tra
le più basse in occidente
siamo al quarto-quinto po-
sto al mondo per numero e
qualità delle pubblicazioni
scientifiche: in condizioni
appena normali probabil-
mente saremmo i primi.
Anche queste classifiche ri-
prese dai giornali, che collo-
cano sistematicamente le
università italiane al di fuori
dei primi posti a livello
mondiale, spesso a ben ve-
dere sono dovute al sottofi-
nanziamento del sistema.
Finora siamo riusciti a fare
miracoli, con le ultime di-
sposizioni però c’è il rischio
di conseguenze irreversibili,
o recuperabili in 30-40 an-
ni. Non so se il paese se lo
può permettere».
Quali saranno le vostre
prossime iniziative?
«Padova è una delle poche
università che ha organizza-
to la protesta in forma an-
che istituzionalizzata, con
l’appoggio del senato acca-
demico. Intanto l’inizio
dell’anno accademico è sta-
to rinviato dal 1° al 7 otto-
bre, per sottolineare l’anor-
malità della situazione. Il 30
settembre dovrebbe svolger-
si un corteo per le strade
della città fino al palazzo del
Bo, accompagnato da una
serie di iniziative fantasiose.
L’idea è sempre quella di
saltare il fossato che a volte
ci divide dalla gente e far ca-
pire come l’università pub-
blica sia una risorsa per tut-
ti, in particolare in una città
come Padova».
pagina di Pietro Rossan

STORIE E OPINIONI DEI RICERCATORI

Saremo precari per sempre?
■ «Certo il ddl Gelmini non è
tutto da cestinare, ma presenta
diversi aspetti dubbi e allarman-
ti – sottolinea Cinzia Sada (foto
a destra), fisica e ricercatrice
universitaria con oltre 130 pub-
blicazioni all’attivo, delegata del
rettore alla promozione delle
opportunità dei giovani ricerca-
tori – La figura del ricercatore
universitario viene definitiva-
mente precarizzata, con con-
tratti prorogabili fino a un mas-
simo di otto anni: al termine, se
il ricercatore consegue l’abilita-
zione scientifica e viene valutato
positivamente dall’ateneo, viene
definitivamente inquadrato co-
me professore associato, altri-
menti a 40 anni rischia di ritro-
varsi in strada».
Nessuno poi garantisce nemme-
no che le procedure per conse-
guire l’abilitazione siano a fre-
quenza annuale, così come è
stato promesso. «Il problema
non è avere il posto garantito
per legge, i giovani vogliono solo
che il merito sia premiato. Ho
fatto un sondaggio tra un centi-
naio di dottorandi e assegnisti:
la maggioranza valuterebbe un
lungo periodo di contratti a ter-
mine, purché a obiettivi raggiun-
ti con successo vi sia la garanzia
del rinnovo, su basi saldamente
meritocratiche. Attenzione va
rivolta inoltre a non esagerare
con i paletti burocratici, perché
altrimenti si rischia di favorire
non i più bravi, bensì solo chi
potrà permettersi di aspettare.
In Europa il principio applicato
è quello del tenure track, in cui
si garantisce un futuro certo a
chi ha rispettato comunque tutti
gli obiettivi».
Gianguido Dall’Agata (foto a de-
stra) è ricercatore universitario;
fisico teorico con esperienze in
Germania, Francia e al Cern di
Ginevra, si sta occupando di un
argomento ambizioso: quello
dell’unificazione di tutte le forze
in un’unica formula matemati-
ca, il sogno di Einstein. Ma che
ricadute hanno per la comunità
ricerche del genere? «Innanzi-
tutto soddisfano la nostra curio-
sità, la nostra sete di conoscen-
za. La ricerca pura inoltre pre-
para le soluzioni per i problemi
che si porranno domani; è come
chiedere a cosa serve un bambi-
no appena nato: è la speranza su
cui si fonda il nostro futuro».
Una cosa va sottolineata: l’uni-
versità pubblica fa ricerca per
tutti, anche quella che non è fi-
nalizzata immediatamente a un
ritorno economico. «Pensiamo
soltanto al campo delle malattie
rare, che le compagnie farma-
ceutiche non hanno convenien-
za ad affrontare».
“Cervello di rientro”, quattro
anni fa Dall’Agata ha rinunciato
alle possibilità di insegnare in
Germania per tornare a Padova;
in questo momento aspetta di
partecipare a un concorso per
professore associato bandito più
di 2 anni fa: «Non si tratta solo
di una questione economica e di
prestigio, ma anche di poter in-
fluire attivamente sulla propria
ricerca. Io sono tornato in Italia
anche per essere utile al mio
paese, ultimamente però le cose
sono peggiorate. Quando escono
i bandi per insegnare in Germa-
nia e in Inghilterra ignorarli di-
venta sempre più difficile».
Ma cosa dicono gli utenti? «Gli
studenti non hanno una posizio-
ne miope e quindi, nonostante i
disagi, appoggiano le rivendica-
zioni dei ricercatori – risponde
Gianluca Pozza, presidente del
consiglio degli studenti – A una
condizione però: che non si trat-
ti di una protesta corporativa».
Quali sono i timori e le paure?
«Oggi, a causa dei tagli, ci trovia-
mo a fronteggiare l’aumento del-
le tasse e il taglio dei servizi. La
stretta sui corsi di studio – pur
giustificabile – rischia inoltre di
generare un impoverimento
dell’offerta formativa: quest’an-
no ad esempio è stato chiuso il
corso di geografia, l’unico di tut-
to il Triveneto».
Il problema è che le riforme si
succedono ormai da vent’anni:
«Gli studenti ogni due anni ve-
dono i loro ordinamenti cambia-
re perché ogni ministro fa la sua
riforma; alla fine però ci sono
sempre gli stessi problemi, a co-
minciare dai baroni e dallo scar-
so collegamento col mondo del
lavoro. Anche se quest’ultimo
fatto, bisogna riconoscerlo, è
dovuto solo in parte alla respon-
sabilità dei professori, bensì an-
che a quella del mondo econo-
mico».
Ma l’accoglienza
dei nuovi studenti
non si ferma
■ Nonostante la crisi e le proteste
l’ateneo patavino non rinuncia
comunque ad accogliere i neostudenti
per il suo 789° anno di fila.
Il 1° ottobre si terrà la prima edizione di
“Unincontro”: la mattina nell’aula magna
di palazzo Bo avranno luogo una serie di
interventi, con la partecipazione di
personaggi come David Riondino, Ilvo
Diamanti e lo scrittore Romolo
Bugaro, che avranno come denominatore
comune quello di informare i ragazzi
e di invitarli a riflettere sul modo
migliore di intraprendere il loro percorso
di studi; la sera, invece, in sala dei
Giganti al Liviano, verrà proposto
lo spettacolo Ercole in Polesine di
Natalino Balasso (ore 21).
Nel frattempo alle matricole è stata già
distribuita la nuova edizione di Studiare
a Padova, la guida-agenda da consultare
e riempire di appunti, riflessioni e ricordi,
seguendo il ritmo del calendario
accademico (www.unipd.it/
studiareapadova). L’edizione di
quest’anno in particolare è arricchita da
tavole d’autore originali ispirate agli
articoli della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, adottata a Roma il 4
novembre 1950.
Dal 30 settembre al 3 ottobre sarà
invece la volta di “Younivercity 2010”, il
secondo forum per il diritto allo studio
universitario organizzato dall’Esu di
Padova (www.yucforum.eu/esu): quattro
giorni di convegni, eventi sportivi e
musicali che coinvolgeranno tutta la
città.