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Antologia della poesia venezuelana


degli anni ’60 – ‘70
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PREFAZIONE

La letteratura di alcuni paesi quali Argentina, Cuba, Colombia, Messico


e il Brasile, è diventata di dominio pubblico presso i lettori italiani.
Curiosamente la produzione letteraria e poetica venezuelana, invece, non è
altrettanto nota. Solo alcuni estimatori isolati sanno che il panorama che si
intuisce dietro a questo silenzio è ben più vasto, variegato e attraente. Le molte
anime che muovono questo paese caraibico andrebbero contemplate, ma prima
ancora strappate da certi confini entro cui sono state relegate dalla critica
letteraria italiana, tuttora dominante e dominata dalle scelte dettate dal mercato
libraio nazionale ed estero.

In Italia bisogna aspettare la seconda metà degli anni ’50 del XX secolo
per vedere negli scaffali delle librerie i primi titoli di narrativa ispanoamericana
contemporanea. L’editoria italiana si era avvicinata alla cultura di quell’area
geografica sfruttando un terreno già battuto, composto da un immaginario e da
stereotipi culturali pregressi; relegando invece in un secondo piano
l’esplorazione di territori in parte ancora da scoprire. Osservare in che modo si
è tradotta e si traduce la letteratura ispanoamericana in Italia e i meccanismi
che ci hanno avvicinato alla cultura di quell’area geografica ci farebbe risalire
fino alle cronache delle Indie, quando l’America si era posta come fonte
ispiratrice di scrittura da cui l’immaginario europeo poteva attingere per
rintracciare i segni del proprio passato rimosso dalla Storia, ormai raggelato
nell’inaccessibilità del mito. L’Europa è in qualche modo il prodotto della
propria storia, mentre l’America costituisce il premeditato frutto della sua
creazione. La ricezione della narrativa latinoamericana in Europa è pertanto la
conseguenza dell’inevitabile incontro tra la figura dello scrittore
latinoamericano e la cultura che lo ha prodotto, tra l’allontanamento dell’utopia
e il farsi realtà. È assodato che del Venezuela nessuno parla se non per i fatti di
politica internazionale legata allo sfruttamento petrolifero, sua principale
risorsa, e nessuno legge perché ritiene che non abbia una produzione letteraria
rilevante. Invece è un paese che possiede scrittori e poeti di riconosciuto
prestigio in tutto il continente latinoamericano, anche se non hanno avuto la
fortuna dei colleghi messicani e argentini e dei loro vicini colombiani e
brasiliani.

Le scelte editoriali operate dalle case editrici hanno avuto un peso


rilevante nella costruzione di un pubblico di lettori e di un immaginario in
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relazione all’America latina. Quelle stesse scelte e quell’immaginario non


hanno mancato nel corso degli anni di condizionare i traduttori italiani, così
come i singoli repertori letterari fortemente influenzati dalle logiche del
mercato. L’attività editoriale odierna presenta un carattere marcatamente
industriale. Controllata in toto dall’azionariato multinazionale, è costretta a
vigilare su ciò che pubblica con l’obiettivo che i libri circolino nel mercato
come una merce qualsiasi alla ricerca di sempre maggiori margini di profitto.
Ciò spiega perché i nomi dei poeti e dei narratori latinoamericani non si
rinnovano facilmente e si ignorino o rimangono semi sconosciuti al pubblico
dei non specialisti quelli venezuelani. Questo tipo di logica costituisce una
sicura condanna al silenzio. Per questa ragione il mercato libraio preferisce
riproporre autori già consacrati a livello internazionale, perché ormai
commercialmente noti dal pubblico acquirente. Pertanto si sente la necessità di
una visione da un punto di vista più elevato, ma non estraneo alla sensibilità di
cui sono latori i poeti e i prosatori venezuelani, uomini le cui passioni e
inquietudini non si rassegano al silenzio e all’oblio.

I poeti di cui si parla nella presente antologia risultano nuovi o quasi per
il grande pubblico dei lettori italiani, ma rappresenteranno sia pure nella
soggettività della scelta, pur sempre motivata da convinzioni personali – ancora
una parte di quel mondo più vasto che dobbiamo immaginare sotteso. Ci sono
poeti in questa raccolta che sfuggono alle classificazioni che il critico
normalmente utilizza, altri richiederebbero una collocazione multipla nel
panorama della produzione poetica sia per la loro storia personale, sia per i
cambiamenti o le valutazioni soggettive adottati nel corso degli anni. La scelta
del periodo storico da esaminare è ricaduta sugli anni ’60 e ‘70, anni nefasti dal
punto di vista dell’azione repressiva dello Stato sul movimento rivoluzionario e
studentesco, la quale si era estesa anche sui movimenti letterari che avevano
abbracciato le scelte politiche, culturali e creative dell’avanguardia occidentale,
e che ad essi si rapportavano come interlocutori privilegiati. Alcuni poeti, ad
esempio, diverranno seguaci dell’esistenzialismo sartriano, oppure degli
affabulatori alla maniera di Saint-John Perse; altri, invece, seguendo un
percorso di stampo più sociale e politico approderanno a un comunismo più o
meno lirico come quello nerudiano o del peruviano César Vallejo. In generale
gli avvenimenti storici e collettivi della società venezuelana e di quella
latinoamericana furono le principali preoccupazioni che diedero linfa ai
contenuti delle produzioni individuali di questi poeti.

Nello scrivere questo volume abbiamo cercato di indicare gli aspetti


salienti, le linee di forza dominanti di ciascun autore, ben consapevoli che le
personalità poliedriche di tanti poeti andrebbero maggiormente valorizzate.
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Introduzione

Quando si scava la merda dell’essere e del suo linguaggio


bisogna che la poesia puzzi.

Antonin Artaud

1. POESIA E AVANGUARDIA NEL VENEZUELA DELLA


POSTDITTATURA PEREZJIMENISTA
di Vincenzo Paglione

1.1. Venezuela immaginario (I)

L’intervento dei militari nella vita politica dei paesi


latinoamericani ha una tradizione storica che si perde nella notte dei
tempi. La si può far risalire, infatti, sin dai tempi delle guerre
d‘indipendenza. Tuttavia l’articolazione in regimi costituisce un fatto
più recente. I profondi cambiamenti che si sono registrati nella
conformazione della società latinoamericana come effetto di una
divisione sociale delle classi, così come i mutamenti che si sono avuti
nei sistemi politici e militari, sono alcune delle conseguenze che hanno
provocato l’emergere dell’intervento delle forze armate come
istituzione unitaria e come organizzazione dominante più idonea alla
guida dei vertici degli organismi statuali.

Il regime autoritario che riuscì a imporre per un decennio (1948-


1958) il colonnello dell’esercito venezuelano, Marcos Pérez Jiménez, si
tradusse nel giro di brevissimo tempo in una feroce macchina
repressiva, intimidatoria e crudele, superata solo dai regimi militari che
alcuni anni più tardi sorgeranno nel cono Sud del continente.

Alcuni mesi prima del golpe, nel febbraio del 1948, quando
nulla faceva presagire che la disgrazia si sarebbe riversata sul paese,
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viene eletto con una ampia maggioranza il famoso romanziere e


intellettuale Rómulo Gallegos che, insieme a Rómulo Betancourt, è
stato il maggiore esponente fondatore del nuovo partito Acción
Democrática (AD). Gallegos aveva idee e ideali e il suo aperto impegno
democratico suscitò speranza in chi aveva deplorato l’inciviltà della vita
nazionale. Ma dimenticò di regolare i conti con i corrotti ufficiali
dell’esercito, i latifondisti e gli imprenditori legati al capitale
americano. Venne senza riguardi rimosso il 24 novembre 1948, dagli
stessi militari (Delgado Chalbaud, Pérez Jiménez, Wolfgang Larrazabal,
Luis Felipe Llovera Paez e altri) che alcuni anni prima avevano deposto
con un colpo di stato il precedente governo del generale Isaias Medina
Angarita. Nell’ottobre del 1945, in seguito a una vasta mobilitazione
popolare promossa dalle sinistre e anche grazie all’appoggio di diversi
ufficiali dell’esercito, Rómulo Betancourt era stato designato a capo di
una giunta provvisoria di governo per colmare il vuoto lasciato da
Medina Angarita sino alle elezioni del 1948. La vittoria di AD proseguì
durante questo triennio nel segno della continuità con la politica delle
importazioni che già era stata avviata dai governi precedenti, il cui
diretto beneficiario sarà fondamentalmente la borghesia commerciale
importatrice. Gli adecos diminuiranno enormemente lo sviluppo
economico del paese, principalmente quello relativo ai sussidi
permanenti alla produzione agricola e zootecnica, i crediti all’industria
e al commercio e i depositi a scadenza fissa nelle banche private. Ma
ebbero anche il merito, seppure effimero, di avviare un programma di
riforma agraria, proponendo la frammentazione del latifondo in piccole
aziende agricole.

Una volta deposto Gallegos e salita la giunta militare al potere,


questa rese noto pubblicamente di stare dalla parte della democrazia.
Ma divenne subito chiaro che la giunta militare costituiva una nuova
dittatura. Quando fu imposta una severa censura sulla stampa,
l’opposizione venne perseguitata e molti militanti incarcerati senza
processo; gas lacrimogeni furono impiegati contro gli studenti che
dimostravano all’Universidad Central de Venezuela e rappresentanti
sindacali vennero imprigionati. Nelle sue grandi linee con l’ascesa di
Pérez Jiménez l’impostazione del piano di sviluppo è per il Venezuela
gigantesco e rivoluzionario. Nonostante la sua economia dipendente
fosse entrata a formar parte dell’enclave petroliera internazionale per
rendere moderno il paese, Pérez Jiménez si adopererà per rafforzare la
struttura commerciale d’importazione che man mano marginalizzerà la
domanda interna dei prodotti nazionali. Lo sviluppo economico,
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alimentato da un sempre più crescente flusso di petrolio, vuole


proiettare, sia all’interno del paese che all’estero, un’immagine
discutibile di benessere e prosperità. Il Venezuela si farà prendere da
questa smania di crescita fino a restarne sconvolto. Ciò farà
pericolosamente indietreggiare il paese sotto l’aspetto etico. Ai
venezuelani sono negate in un solo colpo le libertà politiche e civili,
mentre in tutto il paese si estende a macchia d’olio un sistema che si
fonderà sulla corruzione.

Il compiacimento e la pusillanimità strettamente associato al


capitale straniero, così come la spietata persecuzione nei confronti del
movimento di liberazione nazionale, fecero di Pérez Jiménez un
modello di governante per l’imperialismo americano. Il segretario di
stato del presidente Eisenhower, Foster Dulles, partecipando alla X
conferenza Interamericana svoltasi a Caracas nel 1954, affermerà che
quello di Pérez Jiménez è per il Venezuela il migliore governo possibile
e lo addita a esempio. Con la dichiarazione di Caracas gli americani
portarono a termine il loro disegno teso a coinvolgere tutti gli stati
latinoamericani nella loro politica interventista e anticomunista.
Secondo quella dichiarazione l’attività comunista in America veniva
considerata come una ingerenza straniera negli affari interni degli stati
americani e l’ipotesi d’instaurare un regime comunista in un qualsiasi
paese americano sarebbe stata considerata come una minaccia al
sistema. In quel frangente l’America latina attraversa uno dei suoi
momenti di crisi involutiva. Dopo il ciclo filo – democratico, favorito in
parte dalle speciali esigenze politiche della Seconda Guerra Mondiale,
torna l’ora delle dittature. Con questi regimi Pérez Jiménez organizza
una stretta rete di cooperazione informativa e persecutoria.

Austero, fanatico dell’ordine, predicatore del lavoro assiduo,


fautore di pace e ordine, ma crudele. Così si può sintetizzare la parabola
politica di Pérez Jiménez.

Il rovesciamento del regime perezjimenista segnerà, pertanto, un


punto di flessione nella storia venezuelana. Se da un lato il suo governo
era riuscito a far entrare l’economia subalterna del paese nell’enclave
petroliera internazionale, dall’altro erano già presenti i germi di quello
che sarebbe stato lo sviluppo posteriore del paese. Per questa ragione il
1958 segnerà l’avvio di un periodo di rivoluzionamento delle
contraddizioni: tra borghesia e classi sfruttate, tra le diverse frazioni
della borghesia, della piccola borghesia e le classi medie. La soluzione
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di questo stato di cose avvierà una serie di processi fondamentali come


quello della separazione di un importante settore di AD per costituire il
Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR) che abbraccerà la
scelta della lotta armata, seguendo l’esempio del modello cubano. I
radicali di sinistra si staccheranno dai gruppi tradizionali più o meno
collaborazionisti. Lo stesso dicasi del Partido Comunista de Venezuela
(PCV), la cui lotta era rivolta al consolidamento di uno stadio
democratico-borghese, secondo il quale era contemplata anche la lotta
armata per il suo raggiungimento.

Con la firma del Pacto de Punto Fijo (detto anche puntofijismo),


accordo che prevedeva l’interruzione dei contrasti fra le tre principali
forze politiche del paese ( l’alta gerarchia della Chiesa cattolica, il
principale sindacato venezuelano, la Corporación de Trabajadores de
Venezuela – CTV - e la maggiore organizzazione imprenditoriale –
FEDECAMARAS - ), si gettano le basi per il consolidamento di un
progetto politico, economico e sociale che assocerà democrazia,
nazionalismo petroliero e sviluppo mediante la distribuzione della
rendita petroliera in maniera clientelare. La gestione del nuovo capo del
governo (ovvero quella del leader storico di AD, Rómulo Betancourt)
volle rompere con una tradizione populista, se non a livello ideologico,
a livello politico, favorendo la razionalizzazione capitalistica. La
condizione perché questa attecchisse richiedeva la normalizzazione
sociale e l’applicazione di azioni energiche e brutali contro le punte
radicalizzate del movimento operaio. Betancourt cercava la
restaurazione del potere come tale, nel senso stesso in cui lo avevano
esercitato, se non concepito, i vecchi gruppi militari. L’espulsione dei
comunisti (PCV) e dei miristi (MIR) dal principale sindacato (CTV) si
estese anche nelle altre sfere della rappresentanza sindacale. A partire
da questo momento iniziò una vera e propria persecuzione politica
contro i lavoratori indicati come appartenenti a una delle due fazioni
politiche bandite. Vennero licenziati migliaia di lavoratori. Nello stesso
tempo squadre armate di AD, affiancate alla polizia politica,
attaccarono le sedi dei sindacati di sinistra. Sul versante parlamentare il
Partito Comunista e il MIR venivano dichiarati illegali, si sospesero le
libertà costituzionali con il conseguente divieto di scioperi e di
manifestazioni di massa. Di fronte a questa offensiva l’organizzazione
sindacale rifluì, mentre la sinistra sceglieva la politica delle armi con la
creazione dei fronti di guerriglia. È un processo difficile e non certo
lineare, ma è un processo irreversibile, nella misura in cui i quadri
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direttivi e la base popolare dei diversi partiti entrerà nella logica della
rivoluzione nazionale.

Tra il 1958 e il 1959 il Venezuela attraversa una fase di crisi


economica e sociale che si complica con la penetrazione del capitale
nordamericano nella concezione statale del puntofijismo. L’aumento
degli investimenti stranieri che consente il controllo delle materie prime
(petrolio e minerali) del paese e il controllo del mercato interno coi
manufatti e addirittura coi viveri importati, costituisce uno dei
principali, se non addirittura il principale, dei fattori che hanno portato
al continente americano a una dipendenza strutturale e a un sempre
maggiore controllo politico e sociale verso gli stati imperialistici. Il
Venezuela di Betancourt era diventato, nei propositi degli Stati Uniti, la
soluzione di ricambio alla tirannia di Pérez Jiménez. La nuova frontiera
di riforme economiche e sociali di cui si faceva promotrice la
kennediana Alleanza per il progresso non era poi così elastica come si
voleva far apparire: essa diventava il rigido sbarramento di un sistema
omogeneo in espansione. Viene a determinarsi pertanto una situazione
di crescente presa di coscienza da parte dei gruppi dissidenti, i quali
sentono la necessità di superare le contraddizioni esistenti con un
cambiamento radicale dell’intero sistema. Fu da quei gruppi dissidenti
che si sviluppò successivamente la lotta armata, quando la rottura
divenne un elemento della politica governativa, quando la scelta di
Betancourt fu non già un compromesso per il ripristino della legalità,
ma la liquidazione politica e fisica dell’opposizione di sinistra.

L’insurrezione armata si presenterà come un confronto diretto


contro i dettami dell’accordo puntofijista. Consapevole di avere una
funzione storica di liberazione verso un passato politico oppressivo,
l’insurrezione si associa alla capacità di trovare nuovi modi di
affrontare e risolvere i problemi delle masse proletarie e sottoproletarie.
Il vasto movimento di guerriglia sviluppatosi in varie zone dell’interno
del paese è appoggiato nella capitale dall’azione di gruppi di
guerriglieri che si affermano per merito dell’appoggio di larghi strati
della popolazione. L’esistenza di una struttura di base, radicata
principalmente nei centri urbani, consente a molti intellettuali il loro
accostamento, come segno di rottura, verso la cultura ufficiale
conformista e ipocrita. Ma anche verso la cultura come la intendevano
le generazioni precedenti di rivoluzionari, non vedendola più come
strumento di lotta, ma come il terreno stesso della lotta.
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1.2. Venezuela immaginario (II)

Originariamente concepita e costruita secondo le disposizioni


proprie dell’ordinamento rinascimentale dello spazio urbano, a partire
dagli anni cinquanta del XX secolo la città di Caracas si era allargata
per dare spazio al ceto borghese (compresa la sua classe media e i ceti
popolari), dotandosi di infrastrutture di servizio adeguate ai bisogni
della popolazione. Un sempre maggior numero di palazzi lanciarono la
propria sfida alla città coloniale che si stendeva ai loro piedi. La
fisionomia tradizionale della città venne sostituita da una nuova
immagine nella quale si allineavano un sempre maggior numero di
palazzi condominiali, sia al centro che in periferia.

La divisione classista caratterizzò lo sviluppo della città, quella


del sobborgo residenziale e quella, progressivamente emergente, del
centro commerciale alla moda. I soli che restarono palesemente fuori
furono gli abitanti dei baraccati (i ranchitos), agglomerati periferici che
divennero nel giro di qualche decennio un vero e proprio polo di
riferimento nel panorama fisico della città caraqueña, rispecchiandone
tra l’altro la struttura sociale. Il flusso migratorio e l’esodo dalle
campagne alla città, i quali non si sono mai arrestati del tutto, hanno
finito per determinare dei duri contraccolpi nell’intera struttura sociale
della capitale venezuelana, il che ha accentuato l’instabilità delle classi
popolari e quella delle piccole classi medie.

La crisi sociale era ormai inevitabile. Il modello di sviluppo


squilibrato fece germinare una visione critica della società, quando gli
effetti della sua radicale trasformazione si fecero sentire in modo
evidente, poiché aveva reso più accentuata l’esclusione. La vecchia
struttura sociale era stata messa in causa e, indubbiamente, non era più
in grado di garantire un certo stile di vita. La rivolta, la contestazione, la
lotta armata si manifestarono come forma estrema
dell’anticonformismo sociale, come risposta estrema al modello di vita
fondato sui parametri della “normalità” ideologica delle classi
dominanti. Nessuno rimase fuori da questo trauma che travolse i modi
di pensare tradizionali. Nessun intellettuale di quella generazione
rimase incolume dalle proiezioni di una Caracas in pieno processo di
segregazione spaziale, economica, sociale e culturale.
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2. Contestualizzazione della poesia d’avanguardia venezuelana

Non è nostra intenzione tracciare in questa sede un quadro


esaustivo della letteratura d’avanguardia in Venezuela. Diremo solo che
nei poeti fin qui trattati è presente una tendenza simbolizzante che si
serve culturalmente delle invenzioni e delle fantasie del surrealismo e
del dadaismo, peraltro già conosciuti da molto tempo in Venezuela, ma
arricchita dal compromesso politico anarchico e socialista di cui i
surrealisti europei avevano rinunciato. In altri poeti, invece, è la città, la
natura urbana con i suoi vizi i quali vengono criticati con irriverenza e
senza esaltazione né idealismo. Il vasto e caotico accumularsi di
corruzioni che concernono il soggetto e il suo contesto è intenzionato a
prendere in esame lo spettro dei fantasmi e dei condizionamenti
collettivi che conferiscono alla società del tempo un profilo minaccioso
in cui si celano falsità, imperfezioni, minacce.

Molti di questi poeti avevano desiderato rendere luminoso il


caos personale di cui erano portatori, mediante la problematizzazione
dell’ordine sociale che sentivano impersonale.

La poesia venezuelana e per antonomasia quella


ispanoamericana è l’erede diretta dei diversi autori che hanno segnato la
storia del Novecento letterario. Lo storico inglese, Eric Hobsbawm, ha
definito quest’epoca come la più disomogenea delle stagioni del Secolo
Breve. Denso di accadimenti, contraddittorio nei valori e disvalori, il
Novecento appare come un intreccio di eventi e strutture la cui durata
trascende spesso l’iniziale limite cronologico del secolo stesso. La
letteratura, la poesia e le arti figurative hanno lasciato un segno di
riconoscimento ben visibile. D’altronde nel secolo delle avanguardie la
capacità espressiva di scrittori, letterati e artisti contribuì a mettere in
evidenza le trasformazioni di un’epoca di cambiamenti storici radicali,
mutando il modo di comprendere la realtà sociale.

Tra gli autori che hanno avuto per vie dirette o indirette una loro
influenza sul gruppo degli intellettuali venezuelani possono annoverarsi
Ralph Waldo Emerson, Charles Baudelaire, Walt Whitman, William
Faulkner, Aldous Huxley, Thomas Mann, Friedrich Nietzche, Stephan
Mallarmé, André Breton e la corrente surrealista, Rainer Maria Rilke,
Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e gli altri poeti della Beat
Generation (con questi ultimi alcuni dei giovani poeti venezuelani
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stabiliranno un’affinità di modi di pensiero e di stile letterario molto


forti), Fernando Pessoa, Vicente Huidobro e molti altri. Tutte le più
valide e anticonformistiche esperienze della poesia europea e americana
del secolo vengono vissute e assimilate in forme originali dalla nuova
poesia venezuelana. Non solo nella sua forma poetica ma anche artistica
e culturale. L’immagine del poeta come artefice della parola, dato che
la lingua è il suo strumento, è di chiara ispirazione emersoniana la cui
proiezione, tuttavia, non può essere scissa dall’opera di Whitman e della
sua intenzione di dotare di un programma alla poesia americana. Per
contro Baudelaire ha offerto gli strumenti per costruire una poesia
critica, così come Mallarmè ha fatto scoprire il senso del mistero rituale
del linguaggio.

Anche se in alcuni componimenti poetici degli avanguardisti il


linguaggio può sembrare a tratti ostico nella sua funzione comunicativa,
comunque esso non viene meno alla fiducia riposta dal poeta in materia
di diffusore della parola il cui “io” (Nietzche) è ben radicato nella storia
del continente. Il poeta è il portatore di tutti i sentimenti, i pensieri
contenuti nell’opera. Il soggetto, dunque “l’io” è il punto dal quale
l’opera può essere vista in tutta la sua complessità. L’opera si pone,
perciò, come un ponte dal poeta al lettore, affinché quest’ultimo possa
identificare la sua posizione con quella del poeta.

D’ora in poi esamineremo gli aspetti che hanno contraddistinto


questa storia, soffermandoci su alcuni autori in particolare per offrire un
quadro più coerente possibile. Le figure che non mancheranno in questo
discorso sono quelle di Juan Calzadilla, Caupolicán Ovalles, José
Ramón Palomares, Guillermo Sucre, Edmundo Aray, Carlos
Contramaestre, Francisco Pérez Perdomo, Miyó Vestrini1, Rafael
Cadenas, Jesús Sanoja Hernández, Alfredo Silva Estrada, Víctor Valera
Mora, Juan Sánchez Peláez, Luis Alberto Crespo e altri. Alle poetiche
promosse dalle cerchie di Sardio, Tabla Redonda ed El Techo de la
Ballena dove molti di loro provenivano, si affiancano anche quelle di
carattere “minore” che non mancheranno di partecipare al formarsi
della nuova cultura lirica. Si tratta di autori che, come si vedrà meglio
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Della francese Marie-Jose Fauvelles, Miyó Vestrini, emigrata in Venezuela che era ancora
bambina e unica presenza femminile nella presente antologia, si può asserire che la sua
produzione poetica è votata a stabilire un “io” indipendente, ovvero libero dalle limitazioni
imposte dalla società sia nella sfera relazionale che in quella dell’impegno politico. Cfr. Gina
Saraceni, “Estados del cuerpo y de la lengua: los malestares de Miyó Vestrini”, in Estudios.
Revista de Investigaciones Literarias y Culturales, No. 34, Caracas, Universidad Simón
Bolívar, julio-diciembre 2009, pp. 377-400. URL del sito:
http://www.revistaestudios.ll.usb.ve/es/node/52
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nel corso dell’antologia, si ascrivono in senso ampio nel novero dei


protagonisti dell’avanguardia venezuelana.

Ma chi erano questi giovani poeti? Emersero intorno al 1950.


Alcuni di essi si caratterizzavano per una produzione densa di
espressioni analogiche e simboliche di difficile interpretazione. In loro
prevale una meditazione della parola poetica, adottandola come valore
estetico assoluto. Silva Estrada, Alfredo Chacón, Roberto Guevara e
Lubio Cardozo, tra gli altri, assumono questo tipo di scelta. In un’altro
gruppo l’influenza del surrealismo è palese. Partendo da una serie di
premesse dettate dal movimento surrealista, questi poeti ricorrono al
mondo dei sogni e della dormiveglia nel tentativo di decifrare gli arcani
di una realtà spesso sfuggevole e ineffabile. Le principali figure
rappresentative sono: Sánchez Peláez, Pérez Perdomo, Hesnor Rivera,
Acosta Bello, García Morales. Per l’altro gruppo di poeti il paesaggio
costituisce il leitmotiv dei loro componimenti. Il paesaggio trasfigurato
mediante l’uso di un linguaggio sontuoso che sovente ricorre alla forma
dialettale e all’universo magico dei costumi e delle credenze degli
abitanti delle comunità extraurbane. A questo gruppo appartengono
Ramón Palomares, Rafael José Muñoz, Jesús Sanoja Hernández, Luis
Camilo Guevara, Ángel Eduardo Acevedo. Dunque poeti che
rifiutarono più o meno apertamente il linguaggio dei loro predecessori
che avevano avuto come riferimenti la corrente letteraria modernista (in
cui l’esotismo e l’artificiosità dei componimenti comunicavano una
realtà da sogno) sviluppata dal niacaraguese Rubén Darío. Ma anche
verso il mondo rurale decantato dalla corrente criollista, il cui ambiente
sarà violentemente soppiantato da elementi di matrice urbana. Su queste
poetiche si abbatte l’onda del nonsenso della neoavanguardia fino a
farle soccombere.

L’antagonismo verso una poesia individualista, una forma di


stile accurato, avverso a questo tipo di retorica sono emblematici. Il suo
rifiuto, difatti, si accosta al compromesso politico di poeti come Rafael
Guerrero, Caupolicán Ovalles, Víctor Valera Mora, Gustavo Pereira,
Edmundo Aray, José Berroeta, eccetera. In questi poeti è anche
evidente l’influsso esercitato dalla poesia beatnik. Essi accettano la
poesia come strumento di una implacabile critica sociale sia mediante
l’impiego di un linguaggio diretto, imbottito di implicazioni politiche,
sia dalla tenacia con la quale sovvertono il linguaggio comune
attraverso l’impiego di una sintassi arbitraria e confusa. Nel panorama
venezuelano Caupolicán Ovalles costituisce un caso singolare, dal
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momento che la sua poesia contiene ingredienti dallo humour caustico e


un uso aggressivo della parola. Rafael Guerrero, invece, si avvia verso
una poesia più sovversiva, contestataria, di denuncia e dallo stile
antipoetico. Juan Calzadilla e Carlos Contramaestre meritano un
commento a parte, poiché scoprono di trovarsi tra due poli
apparentemente inconciliabili. Da una parte sentono il bisogno di
scorgere una visione materialista che sia vantaggiosa per il paese e per
il suo processo storico; dall’altra, invece, si accorgono che la realtà del
Venezuela è inspiegabile in termini logico-razionali e che l’unico modo
per renderla poetica è porsi fuori da ogni controllo esercitato dalla
ragione e da ogni preoccupazione di tipo estetico o morale.

Il mutamento estetico in campo artistico, poetico e letterario che


attraversa il mondo delle lettere venezuelano è conseguenza dello
scompiglio politico che attraversava la sua società. Cambiamento che,
inoltre, formava parte di un modello generale che si estendeva in tutto
l’Occidente. Se il discorso politico è più presente tra i poeti venezuelani
e i loro fratelli ispanoamericani, ciò fu dovuto soprattutto agli
avvenimenti che sono accaduti in quegli anni nei singoli paesi e alle
ideologie che vertevano su questioni importanti per gli intellettuali del
continente. Come si è avuto modo di accennare la caduta della dittatura
significò, in termini sociali, un cambiamento politico senza precedenti
che produsse reazioni ben visibili e critiche nel campo delle arti. Per il
Venezuela di quegli anni l’improvvisa libertà riacquistata scatenò una
delle più vivaci polemiche che siano sorte in America intorno al ruolo
sociale dello scrittore. In questo contesto si inseriscono i poeti
venezuelani precedentemente elencati, formando tre gruppi importanti
con le loro omonime riviste: Sardio (1958), Tabla Redonda (1959) e El
Techo de la Ballena (1961). La compenetrazione scambievole di idee,
atteggiamenti, così come gli attriti e le rotture che i membri di ciascuna
rivista esercitava sull’altro, fecero di questa vicenda letteraria un’
esperienza unica e irripetibile nel panorama culturale venezuelano.

La polemica generazionale si dibatte tra due tendenze: una


estetica avanguardista, per alcuni di stampo europeizzante, che
dichiarava la totale libertà nel e per l’arte. L’latra, invece, era un’
estetica che si fondava particolarmente su alcuni precetti sociali e che
cercava di avvicinare la poesia alla realtà materiale. Il sorgere di queste
due concezioni dell’arte in Venezuela avvenne quasi
contemporaneamente e in un momento culturale in cui i suoi scrittori
sperimentano una serie di rotture con la letteratura precedente e che in
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campo sociale si tradusse sotto forma di contributo a una umanità nuova


che supererà se stessa verso nuove mete.

Il Surrealismo in Venezuela ebbe un impatto molto forte nei


poeti della generazione del ’58, sia per quanto concerne l’uso
dell’immagine poetica e il modo di strutturare il testo, sia nei fini
perseguiti, fondamentalmente nella loro relazione con la realtà
extrapoetica. Di fronte a una comunità di lavoro autoritaria dove tutti
capiscono perché tutti obbediscono, s’innalza la lingua del poeta con le
sue ossessioni. Sarebbe erroneo equiparare questi poeti ai surrealisti
europei, perché la realtà sociale e storica è di fondamentale importanza
nella loro esperienza di artisti. Nelle poesie di Juan Calzadilla, Carlos
Contramaestre, Rafael Cadenas, Alfredo Silva Estrada e altri, c’è il
gusto dello scandalo, ma soprattutto il desiderio di instaurare un
avvicinamento diretto tra autore e lettore. Per questi poeti, insomma,
ogni componimento doveva essere un rischio da correre per mettere in
rilievo quella parte di sé capace di urtare, spiacere, far ridere. In questa
forma la loro impresa tende a dare tutta la rischiosa serietà di un atto
vero.

Contramaestre, ad esempio, espone i cadaveri degli animali con


le loro viscere negli ambienti del mattatoio, quasi a voler simboleggiare
la morte che nella nostra società ha preso il posto di Dio. Quello stesso
Dio che ora tace e si manifesta sotto forma di cadavere. È questo il
problema che ha tormentato Nietzsche, Heidegger, Jaspers, ed è
l’intimo dramma a cui si espone Contramaestre. Nella sua produzione
poetica e artistica egli preclude ogni via d’uscita dall’ambito della realtà
esistenziale e materiale. Si ha come l’impressione che all’autore non
interessava tanto capire il silenzio di Dio o il problema teologico della
sua eclisse. Quello che realmente interessava erano le dimensioni
concrete e politiche che stava vivendo la società venezuelana: il silenzio
degli oppressi e il rifiuto di questa imposizione. Secondo l’autore non è
più possibile sfuggire al tragico destino di una civiltà dedita ad
elaborare la propria distruzione.

Davanti all’ingiustizia irreversibile e al caotico mondo moderno,


il poeta, armato del suo nichilismo, esaspera il comportamento
dell’uomo fino alla perversione. L’assenza di armonia si risolve in
dominio e in possesso. L’alienazione e la negazione oppressiva
dell’altro si perpetua in uno scambio impossibile che coinvolge persino
la sua sfera sentimentale, nella quale l’amore è sentito come pulsione
18

perversa. Sarà questa radicale riformulazione della pratica estetica e la


conseguente mutazione poietica se non addirittura antropologica a
caratterizzare la poesia d’avanguardia venezuelana.

2.1. Il dibattito ideologico e letterario: Sardio, Tabla Redonda


El Techo de la Ballena

Su un paese sconvolto come lo era il Venezuela verso la fine


degli anni ’50, la rivista culturale Sardio si metteva sulle tracce di
nuovi valori da sostituire a quelli di una cultura nazionale in crisi. Si
farà strenua fautrice di idee artistiche e, sul versante culturale, sosterrà
il ruolo sociale che dovevano ricoprire gli intellettuali impegnati, il cui
impatto si farà sentire nel decennio successivo degli anni sessanta. La
sua data di creazione risale al 1954, quando un gruppo di giovani
universitari, alcuni di loro scrittori e artisti militanti clandestini sotto la
dittatura di Pérez Jiménez, decidono di proporre un programma estetico
e contestatario nei confronti dei modelli culturali egemonici fino ad
allora esistenti. Con questo gesto essi vollero rompere con la tradizione
individualista di stampo borghese per conferire all’arte una dimensione
collettiva.

Nonostante la novità delle proposte con cui si presentavano


questi artisti e l’euforia con la quale furono accolti dagli ambienti più
liberali, di fatto le idee che proponevano erano già da alcun tempo
considerate sorpassate in altre realtà dell’America latina. Il gap
culturale con il quale si presentava il Venezuela rispetto agli altri paesi
del continente, era diretta conseguenza dei precedenti regimi caudillisti
o dittatoriali che l’assoggettarono sin dall’indipendenza, i quali
frapposero degli ostacoli che rallentarono il suo sviluppo culturale.

La ricerca stilistica di una rinnovata vitalità, inseguita sin


dall’inizio dai componenti della rivista, li condurrà, nel 1961, a un
allontanamento definitivo dalla stessa. Molti di loro si sentivano
insoddisfatti dalle diverse tendenze che si erano sviluppate e insediate al
suo interno e che, nel frattempo, si stavano sempre più conformando al
modello della cultura dominante che tanto contestavano. Una buona
parte sceglierà di unirsi a un altro gruppo di scrittori e artisti plastici che
da lì a poco scardineranno il panorama culturale venezuelano di quegli
anni, meglio conosciuti con il nome di El Techo de la Ballena. Questo
19

raggruppamento si caratterizzerà per la sua stridente radicalità, la quale


coincide con uno dei momenti storici e politici più insicuri e violenti
della storia del Venezuela. La finalità immediata era quella di
destabilizzare lo status quo mediante la presentazione di una visione
estetica della violenza che dominò la vita venezuelana tra gli anni 1960
e 1964. La violenza non solo si esprimeva nell’aggressività delle
immagini rappresentate, ma anche nel modo in cui si violentava la
parola. Gli intenti estetici e simbolici di Sardio vengono fatti esplodere
in un “orgasmo” iconoclastico che colpisce fortemente i valori sociali e
culturali della borghesia urbana della capitale, la quale nel giro di pochi
decenni aveva acquisito una notevole forza, capacità e autorità tali da
farla diventare centro nevralgico della politica e dell’economia
venezuelana.

La storia del gruppo d’intellettuali che conformarono Tabla


Redonda, la cui stragrande maggioranza era composta da poeti, spesso
passa in sordina negli studi storico-letterari dell’avanguardia
venezuelana di questo periodo storico. Più che altro per l’impegno
politico e il lavoro di sostegno da parte di questi intellettuali verso i
gruppi insurrezionali che si opponevano al governo di Betancourt. Sorta
nel 1959, i “tablistas” assunsero una posizione critica e di rifiuto nei
riguardi dei postulati estetici e ideologici del gruppo Sardio, al quale
imputavano di essere di destra e reazionari. Altrettanto fecero con i
componenti di El Techo de la Ballena, contestando i loro eccessi e
l’immoralità che, secondo loro, perdevano validità al momento di
confrontarsi con la realtà venezuelana. Le loro divergenze estetico-
ideologiche ebbero grande risonanza al punto da trascendere la cerchia
degli intellettuali per divenire di pubblico dominio. La loro ricerca
artistica si centrò principalmente sulla militanza e sul confronto
ideologico, oltre che sulla messa in discussione del sistema. Il lavoro
letterario era inteso più come un compromesso con la teoria e la pratica
politica e non come un’estetica del rinnovamento. Il gruppo faceva
particolare riferimento al compromesso degli intellettuali e alla
demistificazione dello scrittore come demiurgo. Questa scelta li portò a
rifiutare ogni forma di rottura con l’eredità culturale, come invece
fecero Sardio e El Techo de la Ballena, riconoscendo in ciò la necessità
di una continuità nel lavoro artistico. Nonostante il radicalismo politico
che la contraddistinse, Tabla Redonda scompare nel 1965, lasciando un
segno indelebile nei singoli poeti che la conformarono. Questi non
vollero smentire il principio sul quale poggiavano, ovvero quello di
mantenere le distanze nei confronti di una poesia assoggettata alla
20

propaganda ideologica, giacché ritenevano fondamentale il


compromesso politico dello scrittore.

2.2. La poesia del dissenso, la poesia come di (s) senso

In linea di massima una buona parte degli intellettuali


venezuelani, pur manifestando posizioni differenziate, assunsero
complessivamente una posizione critica verso il potere e il governo che
in quel momento lo rappresentava. Il loro dissenso provocò un processo
di critica libertaria sull’ambiguità dello statalismo.

La poetica neoavanguardista di questa generazione ha maturato


una sua coscienza politica riguardo le relazioni e i conflitti sociali che
attraversano la società venezuelana di quegli anni, il che gli consente di
modulare i contenuti delle singole produzioni individuali all’insegna di
un impegno politico attivo. Impegno e anche partecipazione che si
trasformano in esigenze non soltanto per l’appunto politiche, ma come
si è visto anche etiche ed estetiche. Il testo poetico si trasforma in luogo
di conflitto tra il poeta e la sua coscienza, in cui risalta in modo quasi
ossessivo la preoccupazione sul valore di una poesia estranea alla realtà
dell’ingiustizia. L’impegno che richiedevano i fatti storici e i destini
collettivi di quegli anni di fronte alle guerre, alle disuguaglianze sociali,
ai continui interventi imperialisti in America latina e alle dittature
locali, reclamavano uno sforzo che mal si coniugava con le poetiche di
carattere personale e l’affabulazione di scelte stilistiche fini a se stesse.

Pur non escludendo dal gioco poetico il versante soggettivo,


l’interiorizzazione dell’esperienza, con le sue raffigurazioni sottili e
complesse, arricchirà il registro della loro produzione. In queste domina
la denuncia esplicita, che si affianca a quella di una critica attenta alla
realtà urbana e ai disadattamenti provocati dalla cultura tecnocratica-
mono produttiva. L’immaginario che questi poeti assumono non
esclude un realismo denso di soggettivismo lirico, dove il collettivo si
confonde con il personale. Le riflessioni sulla dimensione politica, sulla
realtà personale e dello stretto rapporto che si stabilisce con la realtà
sociale si mescolano tra loro. Si passa da un piano linguistico a un altro
con il fermo proposito di denunciare, polemizzare, dubitare, confessare
o condannare. Lo squilibrio di forze che aveva generato una precipitosa
21

entrata nell’arena della modernità ha reso questa generazione di


intellettuali sempre più consapevoli delle dinamiche del dominio e della
dipendenza.

Tuttavia non si può non avvertire quanto siano invecchiate nel


corso degli anni le polemiche ideologiche che accompagnavano a questi
poeti e a tutta una generazione che si muoveva alla ricerca di nuove
alternative. I cambiamenti culturali che si sono susseguiti nei decenni
successivi richiederebbero una diversa lettura diacronica per
comprendere la complessità che ci circonda.

2.3. Parola … (in)dipendenza orgiastica

È così che questi poeti privilegiano la lingua colloquiale,


prosaica, a discapito dell’espressione ermetica e retorica. Con ciò,
tuttavia, non si vuole dire che questa lingua si limita al solo modello
colloquiale, poiché come si è già visto altrove, in essa si recuperano
stilemi che erano propri delle prime avanguardie del Novecento, ovvero
quelle sorte in Europa (alter ego geoculturale con il quale i poeti
esaminati intrattengono un inestricabile legame). Nell’insieme dei testi
prodotti dalla generazione di questi poeti, vi dimorano forze
contraddittorie, irrazionali, avide e intransigenti verso tutto ciò che non
favorisce la realizzazione dei loro fini rivoluzionari, inquietanti,
iconoclasti e orgiastici di denuncia. All’estrinsecazione di questa
personalità poetica bisogna aggiungerci, sulla base di quanto detto nei
paragrafi precedenti, anche la stratificazione e la compenetrazione dei
singoli ambienti sociali a cui loro fanno riferimento. In questo senso i
poeti venezuelani della generazione dei ’60 si sono posti come forza
che determina un processo, essendone a loro volta determinati.

Se avessimo l'intenzione di ragionare per ipotesi e prendere per


buona l’asserzione che ogni parola poetica è in se stessa la
manifestazione di una sorta di erotismo linguistico che il poeta insegue,
si potrebbe affermare che questa tensione “erotica” praticamente vibra
nella quasi totalità dei poeti proposti nella presente antologia. Nel senso
che ogniqualvolta che l’espressione verbale del testo poetico è in grado
di raggiungere quote di bellezza dilettevoli per chi ascolta, i rapporti
22

semantici che intessono e organizzano il contesto stimolano la funzione


estetica.

Ma, come si è visto, si può anche affermare che la poesia


stabilisce degli ineliminabili rapporti attivi con la prassi sociale. È come
se essa volesse colmare uno spazio infinitamente problematico: la
mente del singolo e la natura sociale totalizzante, ovvero con i suoi
valori intellettuali, religiosi, psicologici e via discorrendo. In altre
parole l’intimità di chi parla e quella di chi ascolta. Ciò nonostante
sfugge facilmente all’attenzione quando questa scala dei valori coincide
con quella che il lettore conosce dalla prassi della vita. In questo caso la
loro disposizione e gradazione nell’opera sarà condizionata dalla realtà
sociale e non dalla struttura dell’opera. Insomma questa poesia si
distacca dai contenuti che le parole di ogni giorno ci conferiscono, il cui
impiego viene utilizzato per inseguire dei nuovi che possono essere di
carattere simbolico o delle immagini mentali più obiettive, non per
soppiantarle, ma per costituire con esse una realtà più arricchita che
risuona improvvisamente dentro di noi in quell’operazione complessa e
piacevole di contatto umano atemporale che è la lettura.

2.4. Geografia della morte

Possiamo rilevare nella generazione di poeti venezuelani di quegli


anni una coscienza della finitezza, un senso sotterraneo della morte
(intesa qui nell'accezione antropologica e culturale dell’individuo nella
società moderna) che s'insinua in luogo dell'amore e della vita.

Questo singolare leit-motiv è costitutivo della civiltà occidentale,


poiché è sempre rimasto vivo fino ai nostri tempi. Si può dire che
l’angolazione mentale con la quale la poesia, la letteratura e le arti in
genere hanno affrontato il tema della morte nel corso dei secoli,
costituisce una delle prime caratteristiche della “modernità”. La sua
irruzione nell’immaginario mentale dell’Occidente corrispose con il
processo di distacco dal Medioevo (anche se il senso della labilità della
vita in realtà era presente in poeti dallo spirito moderno come Dante e
Petrarca, autore quest’ultimo di un Trionfo della morte) verso la
modernità della cultura rinascimentale con l’affermarsi dei valori che
sarebbero divenuti tipici di una società attiva e più mondana. Nell’area
23

iberica, nel paese che più di tutti gli altri ha familiarità con la morte: la
Spagna, durante il Siglo de Oro la poesia di autori come Luis de
Góngora e Francisco de Quevedo, trionfa la visione sontuosa e intensa
della morte, la singolare familiarità del popolo spagnolo con la morte.
Questa breve considerazione ne fa emergere un’altra, decisiva e
sostanziale, che ha investito l’intera cultura del Novecento e quella
post-moderna: alla morte fisica dell’individuo si aggiunge anche quella
simbolica, nel modo più compiuto e convincente. L'uomo è condannato
all’alienazione e, pertanto, alla propria “morte” come soggetto
collettivo autonomo.

Contro la catena delle dipendenze dell’individuo eterodiretto e tutte


le imposizioni che lo annientano in una vita di servitù e contro i
condizionamenti culturali della società capitalista sulla periferia del
mondo, alcuni poeti venezuelani rispondono con la sfida
selvaggiamente entusiastica, appassionata e violenta di Thanatos, la cui
sacralità funebre assicura e restituisce, in qualche misura, la
sopravvivenza dell’amore per la vita, in quanto esprime significati che
proteggono l’individuo dalla perdita di significato.

La solitudine esistenziale determinata dalla gestione puramente


strumentale delle relazioni sociali, non è altro che la subordinazione
dell’esistenza umana alle richieste del potere. Questo depriva la vita
degli individui da ogni memoria storico-culturale al punto da renderli
incapaci di comunicare con l’altro se non attraverso comportamenti
standardizzati che di norma riflettono gli aspetti strumentali, normativi
e ideologici indispensabili allo sfruttamento economico, al dominio
politico, culturale ed esistenziale. Il semplice fatto che questi poeti
siano appartenuti a un’epoca e a una società ben determinate
(sottoprodotto culturale spurio e subordinato della società
neocolonialista), ha fatto sì che costoro avvertissero di essere stati
spogliati da ogni qualità specifica e di essere stati plasmati con elementi
presi alla cultura dominante e a quella soggiogata, sui quali è stata
esercitata la dominazione e il riordinamento socioculturale.

In questo caso è avvenuta non solo una forma di adattamento alle


nuove situazioni concrete, bensì soprattutto una decaratterizzazione
culturale che ha spinto alla società venezuelana a imparare nuovi modi
di parlare, di fare, di interagire e di pensare, funzionali alla dinamica
autoriproduttiva del sistema economico orientato alla riproduzione
allargata del plusvalore. Dopo tutta l’euforia di una modernità gravida
24

di una sua ideologia che ha portato a pericolose delusioni, sopraggiunge


la nitida consapevolezza dell’impotenza dell’individuo a dare un senso
alla propria esistenza o a pensare a una sua rifondazione. Le
composizioni di questi poeti venezuelani invitano a considerare questa
rivelazione. L'indifferenza alla vita si profila come una vera e propria
“malattia mortale” che pervade tutte le società indistintamente.

Il senso della morte diventa così prioritario nel nostro tempo: questo
deve muovere e guidare ogni prospettiva e ogni prassi; dove altrimenti
la realizzazione personale e sociale dovrebbe essere il vero scopo della
vita.

3. IL VUOTO DELLA STORIA, IL VUOTO DELLA PAROLA:


IL RITMO DELLA LACERAZIONE.
di Roberto Sapienza

Possiamo individuare approssimativamente all'interno della


poesia venezuelana degli anni Sessanta e Settanta quattro tendenze
fondamentali: una poesia d'impronta modernista esistenziale e
surrealista, una vena simbolista, se non misticheggiante, legata
sopratutto a esperienze francesi, un'altra caratterizzata da un aspetto
risolutamente grottesco e caricaturale, infine un filone dialogico e
crepuscolare di stampo quotidiano e tutto teso alla prosa.
Intorno a questi nuclei fondamentali si snodano le diverse
esperienze poetiche che in questa raccolta verranno presentate, con
adeguati declinazioni frutto di volta in volta del dialogo di questi
poeti con altre società di riferimento, esperienze europee e più in
generale occidentali.
La matrice ironica, se non sarcastica, delle opere che
possiamo ascrivere alla prima tipologia (Ovalles, Guerrero) si
addensa in un mordente che aggredisce la realtà, sempre pronto a
scattare alla fine come un congegno caricato a molle. In Rafael
Guerrero o in Valera Mora la poesia si fa lotta politica armata, spot
sublime: la parola è esplicita, chiara, udibile e vuole farsi slogan
aggressivo contro il Moloch del capitalismo e l'ingerenza del nuovo
Imperialismo americano nelle vicende del Venezuela.
In Caupolicán Ovalles la parola si avventa con tutta la sua
irruenza caustica e la sua esilarante denuncia contro la rapacità
25

priapesca e funerea della politica del Presidente Betancourt, senza


alcun filtro inibitorio e con lo sprezzo della profanazione innalzata
a esperienza quasi ascetica.
I componimenti che rimandano al secondo gruppo
risedimentano in chiave modernizzata e surrealista gli umori
dell'esperienza del simbolismo, coniugata come in Silva Estrada a
una sorta di afflato metafisico-panteistico.
La strada di alcuni poeti come Contramaestre, Aray, Sucre,
è di risemantizzare con una sorta di carica simbolica la realtà
attraverso l'indagine di aspetti nascosti, addirittura trascinando
l'intero discorso in una dimensione trasfigurata e autosufficiente:
come già teorizzato da Mallarmè la poesia s'investe del compito di
rappresentare al massimo grado il suo sigillo d'indissolubilità. La
parola poetica, qui, non sembra volersi contagiare, è come filtrata
dall'esperienza deragliante del poeta, si trascina in un corto circuito
d'immagini morbide e sensuali che si muovono in un ambiente
latino americano delineato da contorni mitico-onirici.
E' questo probabilmente il filone che ci appare più scontato
e a tratti anacronistico rispetto al tempo della composizione di
queste opere, poiché queste addensano la loro gittata nel paradosso
e in una simbologia ermetica spinta fino all'illogico, al non
comprensibile.
Ma anche se vogliamo il filone più schifiltoso e sofisticato,
più distante dalla realtà politica, quasi un abbandono già
preventivato o forse inconsapevole di questi scrittori a
un'esperienza di una poesia totale e depurata di ogni resa tangibile
della realtà.
Una terza modalità della poesia venezuelana è imputabile a
una forma di componimento surrealistico-riflessivo che sfalda
l'esperienza poetica in un girandola di peripezie immaginifiche,
spirali di parole dove il senso sembra risucchiato e il significato
finale dell'individuo avvolto in una rete di rimozioni e di
marginalità esistenziali. La parola diventa vittima del poeta-
carnefice, si sfalda, si addensa, si fa icona ( si vedano alcuni esempi
di poesia visiva in Calzadilla), perde i suoi pezzi, non potendo più
dire nulla vuole dire troppo, si espande intorno a se stessa e
implode (come negli smembramenti grafemici nella poesia Fessura
di Calzadilla).
Se il verbo è parola e carne, il pensiero in questi poeti
appare conflittuale e lacerato, frantumi di riflessioni agitano la
26

parola in mille dirompenze, in mille aggregazioni di immagini e


dissociazioni che paiono aggredire in avanti il senso del discorso in
un processo analogico non più orientante, ma arido fattore di
dissoluzione.
E' sorprendente, soprattutto in autori come Cadenas o
Calzadilla, come in mezzo agli sparigliati lacerti, riemerga una
vena grondante di riflessioni, di spunti offuscati ma duri e lucenti
come un diamante, che riemergono come da una rintanata
coscienza che cerca di avventarsi sulla realtà, rimanendone corrosa
e esaurita. La parola cancrenosa abita le sue ferite, si raggruma in
soste e ripartenze, si dirige e si stende senza segnaletiche, per
ricalcare una forma universale di violenza, di vuoto, di piena
lacerante. E se il pensiero fluttua in questa poesia come sangue
sgorgato, rimane un che d'irrisolto, come se il linguaggio lirico
cercasse ancora di custodire un suo significato celato, un suo
ultimo fortino vuoto.
La quarta tipologia è una poesia prosastica, più dialogica
dove, come in un teatro dell'assurdo, i personaggi si calano nella
scena affondando in un dramma anonimo di noia e crudeltà. Si
erigono barriere serpeggianti di recriminazioni, frasi che non
arrivano a segno, sequenze mozzate e seppellite di parole. Emerge
il germe della demenza in personaggi anonimi e banali, s'insidiano
in queste camere di tortura domestica, chiacchiere vuote,
rifrangimenti sadici o autolesionisti.

3.1. Una poetica dell'abuso

Chi si trova ad armeggiare con questi testi e con la loro


traduzione, si dimena tra tutte queste agitazioni e riveste in altra
lingua le camicie di Nesso dove tra rimontaggi e smembramenti la
parola si ferisce, si agita, misura le sue battute a vuoto, s'immerge
del tutto nella violenza perturbante e anarcoide di un codice
linguistico oltraggiato in cui le sillabe grandinanti non riescono a
schiudersi e si proiettano poi verso l'alto, per ricadere.
E' interessante come nei poeti venezuelani il fattore
genetico condizionante di una società basata sull'abuso atavico e su
una condizione di miseria materiale e psicologica si rifletta anche
nella violazione sistemica del linguaggio; in un'incessante
dissezione anatomica, i modelli linguistici precedenti sono
27

scardinati e reindirizzati verso una parola poetica affrancata da ogni


schema conclusivo, distillata in un ritmo della lacerazione.
Questa nuova coscienza rivoluzionaria dovrà comportare
anche un capovolgimento della realtà e potrà essere attuata
attraverso procedimenti stilistici diversi che vanno dall'uso
ardimentoso, se non scioccante, dell'analogia, alle metafore
spiazzanti che aprono la parola verso una nuova dimensione della
realtà. Dalla distruzione provocatoria e sistematica si passa a una
nuova ridefinizione del linguaggio dove la parola sembra spesso
sfuggire al suo stesso significato.
Il surrealismo di queste poesie scuce la realtà e sparpaglia rimasugli
strozzati, la parola allora vuole essere rivoluzionata come la vita,
vuole essere riformata e trasgredita, fino a erodersi nei suoi
spiazzamenti nei suoi cambi di rotta, nella sua ruota multicangiante
di immagini.
La realtà che ne emerge è quella di una sostanza corrosa,
ma ancora palpitante e vivida, che inonda tutto fino all'eccesso.
Anche i paesaggi esotici e sterminati vengono stretti in una morsa
letale e sensuale dove la misura totale di assenza e smarrimento, di
fronte alle apocalissi di solitudini che riemergono da questi quadri
sconsolati, s'instilla in un sentimento promiscuo di ebbrezza e di
deserto.
Il vuoto del paesaggio diventa vuoto della Storia, vuoto
metafisico che si dibatte debole e vacillante in un dissesto di
analogie, di forme fluttuanti e instabili.

3.2. Lo smontaggio estremo, le dissezioni dell'io e dell'insufficienza

I versi di Cadenas tendono a recidere le articolazioni


strutturali che legano l'uomo alla vita: con il loro scarno fraseggio
dalla cifra ostinata, limpida e affondata nelle piaghe della
condizione umana, ci danno un panorama esistenziale altrettanto
spoglio, la cui unica dialettica è una rabbia impotente e l'unica
concessione è ricevere da un'entità insolubile e forse assente, solo
nudità e deserto. Molti testi convergono verso una prosa
ragionativa, anzi una vera e propria esplicazione dell'io infissa nei
chiodi del ragionamento e questa visione è tipica di altri autori
come Calzadilla, Palomares, Sucre, Perdomo. Qui il surrealismo
28

talvolta è stemperato da un ragionamento intuitivo che fa affondare


questa poesia nella piaghe incancrenite, nell'ammissione stessa
della ignominia e del baratro dove l'io infligge e ricama la sua
sferza contro le proprie debolezze: in Fracaso di Cadenas questa
amputazione dell'io è dettata dalla marginalità dell'individuo
rispetto a una situazione d'infinita miseria, sia materiale che
spirituale.
Non c'è redenzione, ma solo colpa, senso di una minorità carnale,
di un'inadeguatezza a vivere, a sposare la vita, a impossessarsi di un
senso reale. “Tu patria, la vida no concede premios.”2
afferma Cadenas. “Me veo frente a este paisaje parecido al que protejo. /
No soy el mismo. Debo comprenderlo de una vez. / He de encajar en mi
molde. / He acechado la aceptación súbita de mi realidad.”3

In questa sorta di autocrocifissione imposta, in questa sacra


dell'anonimato l'io-boia-ciarlatano pennella su se stesso le sue ferite
mortali:

Me fustigo.
Me abro la carne.
Me exhibo sobre un escenario4.

O cade in una sorta di disperazione consapevole, d'ilare


incombenza del baratro:

Hazte a tu nada
plena.
Déjala florecer.
Acostúmbrate
al ayuno que eres.
que tu cuerpo se la aprenda.5

Fino a desiderare con furore masochistico la deflagrazione


fulminea di un dolore definitivo che annienti la vita stessa:

2
R. Cadenas, El otro veredicto, p. 209 della presente antologia.
3
R. Cadenas, Reconocimiento, p. 219 della presente antologia.
4
R. Cadenas, Routine, p. 221 della presente antologia.
5
R. Cadenas, 26, p. 215 della presente antologia.
29

Vida
Arrásame,
barre todo,
que sólo quede
la cáscara vacía, para no llenarla más,
limpia, limpia sin escrúpulo
y cuanto sostuviste deja caer
sin guardar nada.6

Spesso il senso di frustrazione dell’individuo si attua in


gesti ecclatanti e inattesi, come in questo testo di Crespo, il cui
protagonista sconta il proprio gesto inaudito contro il fratello con
l’isolamento e la perdita di ogni avere in una spirale di dannazione
cieca dove non è previsto un riscatto per l’individuo:

Mi hermanito estaba detrás de los pilares.


Para espantarlo, le di en la frente. Se le perdió la cara.
Me dejaron encerrado con los bichos de la despensa.
Vi cuando tiraron mi fundo a la basura,
asomado a la rendija,
como un perro.7

Altrove questo farneticamento deprivativo si scaglia contro


la società, quasi che il poeta riflettesse la sua condizione d'inane
insufficienza all'interno delle istituzioni sociali e ne facesse una
sorta di specchio deformante di sé.
Vittima in Calzadilla o Contramaestre è la figura del
burocrate, recluso in una vita dove tutto è mediocrità, interesse vile
e l'Ordine supremo non è più quello dello Stato, un ordine che
dovrebbe essere teso alla felicità dei suoi componenti, ma un nuovo
senso Metafisico cieco, indisponente che fa razzia di tutto in nome
del Denaro. Osserviamo come in questi versi di Contramaestre
emerga una figura di funzionario laido, appiattito in un dimensione
di corruzione e di miseria morale. Non solo non è presente una
coscienza di classe, ma addirittura si ostentano le doti immorali di
approfittatore e vile servitore dello Stato.

6
R. Cadenas, 29, p. 215 della presente antologia.
7
L. Alberto Crespo, Mucha luz, p.182 della presente antologia.
30

Te regalo mi botón de treinta años de servicio


mi botón de canalla
para engastarlo en la sortija de mi hija
mi botón de mutilado
de padrote impotente
mi placa de rompehuelgas y
los exhibo con orgullo8

O analizziamo questi versi di Calzadilla, dove i funzionari


sono pedine di un meccanismo mostruoso che produce solo dolore
e infelicità (certificati di morte) per i derelitti e potere economico
per i corrotti signori del Governo:

Allí mismo comienzan a sobrar ceros cifras humillantes


que enloquecen al encargado de poner fuego a los billetes de banco
sucios arrugados billetes sin dueño que derrite la carnicería
de esta llama infamante y ya no hay ceniza en los dientes
sino boletos de tren que después de todo se transforman
en partidas de defunción
en nuestra sociedad de excluidos se ha producido un excedente increíble
de ceros a la izquierda los funcionarios no saben qué hacer
con sus esqueletos retorcidos como hierro viejo
bajo a las tormentas de papel
sus esqueletos aguardando salvación9

O si osservi in questi versi di Hernández la descrizione delle


moderne catene di montaggio e del potere alienante ed esclusivo
delle macchine, che riducono gli uomini a semplici esecutori di
piani incodificabili:

Va naciendo temor en el engranaje, el no de la pausa,


y perdiéndose la esperanza de vencer, el sí de la pelea,
tragaluz en el candado, herraje en las ciudades,
posibilidad trunca en cada cuarto.10
8
C. Cotramaestre, El gas-plant saluda a la metrópoli, p.55 della presente antologia.
9
J. Calzadilla, Esperando salvación, p. 153 della presente antologia.
10
J. Sanoja Hernández, Máquinas de ahora, p. 139 della presente antologia.
31

Possiamo affermare che anche l'immagine di Dio presente


in questi poeti sia lo specchio di uno Statalismo tragico,
miseramente dilaniato nella sua inconsistenza, ma anche nella sua
intransigente presa oppressiva sulla realtà. Come ancora in
Hernández:

Dios a quien, si lo sorprendo, habrá de hincarse


y pedirme perdón y explicarme llagas de los mártires,
Dios que prosigue en el ser, pero que atonta.
Dios como un sombrero sobre el grito de todo el mundo.11

Qui la poesia nel suo carico di delirio carnevalesco, come in


un gigantesco autodafé vuole ridipingere i ruoli, sfatare la furia
soverchiante di un dio minuscolo, contro cui il31 poeta inveisce
rabbiosamente, contro cui biblicamente combatte. Non possiamo
non pensare in chiave rovesciata a Giobbe riprendendo questi versi
di Cadenas:

Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en


mi más pura forma para entregarme a la nitidez del desierto.12

Altrove il poeta, in questo caso Valera Mora, arriva a lambire i contorni


di un'utopia che assesta la realtà in una dimensione rappacificata:

Donde la muerte está de capa caída


Donde los hombres son gentiles
Donde las mujeres son ramos de jacintos
de labios y de ojos cambiantes de colores
Un astro moderato cantabile
Donde la noche es vino y alegría hasta el amanecer
Su capital es una ciudad resplandeciente llamada Estefanía
Donde tú tienes señorío
11
J. Sanoja Hernández, Dios, es de día, vengo, p. 137 della presente antologia.
12
R. Cadenas, Fracaso, p. 205 della presente antologia.
32

Donde eres reina


Ese planeta es mi corazón errante.13

O la poesia assurge in sé cadenze aggressive, impulsività anche violente


che vogliono scuotere la dimensione del reale dal suo stato di torpore e di
minorità:

Canto al metal de ígneos resplandores


que forja nuestro corazón y nuestro pensamiento.

Al metal con temple de amor


y barricada.
Para ganar el mundo que florece
solidario y terrestre en otras latitudes.

Al metal de azuladas resonancias proletarias,


con timbre de sudor y de combate.14

13
V. Valera Mora, Relación para un amor llamado amanecer, p. 251 della presente antologia.
14
R. Guerrero, Canto al acero, p. 231 della presente antologia.
33

4. CRITERI DI SELEZIONE

Come mostra rappresentativa della poesia venezuelana


d’avanguardia, questa antologia include i poeti che per il loro impegno
sull’argomento risultano imprescindibili.
Il limite temporale che ci siamo imposti per chiudere la raccolta
è stato quello degli anni ‘70, perché alcuni degli autori antologizzati
continuarono a produrre testi poetici in linea con gli orientamenti del
periodo precedente fino alla fine di questa data per poi approdare verso
altri criteri di ricerca.
Siamo debitori di svariati compendi che il lettore vedrà citati in
nota a ciascuna poesia, da dove si rinvia alla bibliografia. I nostri criteri
e la nostra selezione in alcuni tratti seguono abbastanza da vicino alcuni
di loro; in altri, invece, si discostano. Gli siamo pertanto riconoscenti
per quanto concerne una prima approssimazione al tema. Per quanto
concerne la raccolta di dati e notizie sugli autori e le loro opere che
sono presenti nella sezione Notizie sui poeti, abbiamo fatto largo uso
delle informazioni riportate nell’eccellente Diccionario abreviado de
escritores venezolanos (siglos XVIII a XXI) di Rafael Ángel Rivas D. e
Gladys García Riera. I curatori di quest’opera ci hanno consentito di
disporre d’informazioni precise e dettagliate sui poeti trattati che
altrimenti si sarebbero presentate difettose. Infine, le immagini che sono
state inserite nel corpus della presente antologia sono state tratte dal
volume curato da Juan Calzadilla, Israel O. Oropeza e Daniel González,
El Techo de la Ballena Antología 1961-1969, e dall’archivio digitale
dell’International Center of the Arts of the Americas at the Museum of
Fine Arts, Houston (ICAA), che accoglie una ricchissima raccolta di
testi sulla cultura artistica americana e latinoamericana.
Siccome questo libro si rivolge al grande pubblico di lettori, ci è
sembrato conveniente ridurre al massimo le note a pie di pagina; ma
dove lo richiedeva le abbiamo inserite per consentire una maggiore
comprensione del testo.
Non intendiamo con questo lavoro di avere esaurito tutto ciò che
c’era da dire su una parte della poesia venezuelana degli anni Sessanta e
Settanta, ma ci illudiamo che questa succinta panoramica serva almeno
a dare al lettore un’idea. Vorremmo, infine, non avere frainteso nessuno
dei vari aspetti offerti da questa produzione così ricca e originale.
34
35

ALFREDO CHACÓN

Condicional 115
Todo rostro es terrible si deja que se vea lo que ve. Por boca nuestra el
verbo vive y se disloca, dice cualquier cosa, no se deja decir, a grandes
voces, repetimos, huimos en pleno mediodía. Por boca nuestra el verbo
vive, se disloca, no sabe qué decir.

Condicional 216

Queremos saber más, nos echamos encima toda clase de hipótesis y da-
tos inservibles. Decimos cualquier cosa, a grandes voces, repetidos,
huyendo en pleno mediodía. Cuando menos se espera, encontramos a
alguien, un sueño, cualquier fragmento de realidad. Toda voz es terri-
ble si dice lo que sabe y sabe lo que falta por decir.

15
Alfredo Chacón, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, Departamento de Literatura de la U.C., Valencia (Venezuela), mayo-
agosto, 1972.
16
Ibidem.
36

Condizionale 1

Ogni viso è terribile se consente di far vedere quello che vede. Per merito della
nostra bocca il verbo vive e muta, dice qualsiasi cosa, non si lascia dire,
urlando, ripetiamo, fuggiamo in pieno mezzogiorno. Per merito della nostra
bocca il verbo vive, muta, non sa cosa dire.

Condizionale 2

Vogliamo sapere di più, ci addossiamo ogni ordine di ipotesi


E di dati inservibili. Diciamo qualsiasi cosa con le urla ripetute, fuggendo in
pieno mezzogiorno. Quando meno ci si aspetta troviamo
qualcuno, un sogno, qualsiasi frammento di realtà. Ogni voce è terribile
se dice quel che sa e sa quel che bisogna dire.
37

ALFREDO SILVA ESTRADA

Va libre de mí mismo17

Va libre de mí mismo y de sí mismo


y me ilumina y canta
juntos sobrevivimos
sobre el tropel de la ciudad ahogada en su inmundicia
entre andrajos el tiempo es aire libre
descubriendo la inocencia de un rostro
y el instante
cuarteado de estampidos
es la huella continua
la pisada desnuda que se afirma junto a los sumideros de la nada
los tajos del olvido
las fracturas de ausencia
en mi insomnia respira su escritura
desde ruinas de sueños hacia futuros horizontes olvidados
en la erguida constancia de la sangre
sostenido feliz a flor de horario
horas hechas de humus
de estrellas que se hunden con la rueda atascada
y vuelven con el eje el diamante y el ajo
horno a plena intemperie su latencia de fuego
vertiente y lactescencia de un ritmo constelado
cuerpo
transpiración de la página
el ser en su comienzo sin nombre sin imagen
y la meditación
un halo apenas sobre las mieses
las sienes en las cumbres
las voces subterráneas

17
Alfredo Silva Estrada, in Luis Perozo Cervantes, Patria adentro. Antología de la poesía
venezolana. URL del sito: www.circulodepoesia.com
38

Va libero da me stesso

Va libero da me stesso e da se stesso


e mi rischiara e canta
insieme perduriamo
al di sopra delle resse delle città affogate nel pattume
tra gli stracci il tempo è aria nuova
svelando via la purezza di un volto
e l'istante
sbreccato di colpi
e l'orma continua
e l'impronta nuda che afferma congiuntamente alle chiaviche del nulla
le schegge d'oblio
fenditure d'assenza
nella mia insonnia respira la sua scrittura
nelle macerie dei sogni verso futuri orizzonti dimenticati
nell'eretta costanza del sangue
sorretto beato a controllare i secondi
ore fatte di humus
di stelle che affondano con la ruota serrata
e tornano con l'asse il diamante e l'aglio
forno sotto le intemperie la sua latitanza di fuoco
sorgente e lattescenza di un ritmo disseminato
corpo
trasudazione della pagina
l'essere nella sua genesi senza nome e senza immagine
e la meditazione
un alone solo sopra le messi
le tempie delle cime
le voci sotterranee
39

En los umbrales18

En los umbrales
ante puertas erectas
no hay desgaste
apenas plenitud
ni barniz cuarteado ni leño carcomido
ni rostro oculto tras el rostro
serenidad apenas
nadie insinúa en la noche
los relieves del día no vivido
nadie graba en lo oscuro
borrosos frutos
estás allí erguido como nunca
bajo las vetustas arcadas
y los puentes de un antes que se esfuma
estás allí
en todos los lugares comunes rezumantes
los sexos
en recios extravíos y entre los zurcos suavizados
¿Quién lo afirma junto al ciprés más hendido y tanta hierba inquebrantable?
frente a frente posible
por este día en vislumbres que se arriesga en el júbilo

18
Ibidem.
40

Alle soglie

Alle soglie
di fronte alle porte erette
non c'è usura
solo pienezza
né vernice scrostata, né legno tarlato
né viso eclissato dietro un altro viso
solo calma
nessuno s'insinua nella notte
i rilievi del giorno non vissuto
nessuno incide l'oscurità
frutti velati
sei lì ritto come non mai
sotto le vetuste arcate
e i ponti di un prima che si sfuma
sei lì
in tutti i luoghi comuni sprizzanti
i sessi
nei poderosi traviamenti e tra i solchi levigati
chi lo assicura vicino al cipresso incrinato e tanta erba compatta?
Faccia a faccia possibile
per questo giorno nelle parvenze che si arrischia nel giubilo
41

De la unidad en fuga: precario mar del polvo19

Precario mar del polvo,


boato de la esfinge del eterno desgaste.
Estratos balanceados en secreta marea
van rindiendo los cuerpos a este mar desmembrado.

Reptan los horizontes en cada superficie,


se yerguen al conjuro de las futuras playas.
Hervor de meridianos. Conjunciones porosas
en cada superficie: aploma y desbandada.
Este oleaje de hendijas, evidencias del polvo.
Entre devotos bordes, dominios en resaca.

19
Alfredo Silva Estrada, in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del
Venezuela”, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma,
Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965.
42

Dell'unità in fuga: precario mare di polvere

Precario mare di polvere,


boato della sfinge dell'eterna dissipazione.
Strati bilanciati nella sepolta marea
vanno rifondendo i corpi a questo mare smembrato.

Strisciano gli orizzonti su ogni superficie,


si erigono all'intrigo delle future spiagge.
Fremito di meridiani. Congiunzioni porose
su ogni superficie: a piombo e sfasamento.
Quest'ondeggiare di fenditure, perspicuità della polvere.
Tra bordi devoti, dominii in mezzo alla risacca.
43

muerte20
¿Qué te conduce hacia las manos invisibles,
Muerte que vibras con armas de silencio?

Con todos, soy tu cómplice.


Pero no puedo seguir tu mandato
En la ola del brazo caído.

Las armas de tu alianza resguardan el silencio


y desmienten el sueño:
somos los hombres en vigilia.

En nuestros puños brillan las admirables armas


y no podemos asir el enigma de fugas arenosas
ni el éxodo del sueño.
Las armas languidecen y se desvive un orden,
un orden florecido entre filos:
la muerte que amammos desde siempre
en el remate de ortigas y denso pasmo.
La muerte irreal apenas,
apenas sostenida en la victoria de aquella fecha vaga.

20
Alfredo Silva Estrada, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía
y teoría poética, nn. 6-7, cit.
44

morte

Cosa ti conduce verso invisibili mani,


morte che vibri con armi di silenzio?

Con tutti, sono il tuo complice.


Ma non posso corrispondere al tuo comando
nell’onda del braccio che pencola.

Le armi della tua alleanza schermano il silenzio


e sconfessano il sogno:
siamo gli uomini in veglia.

Nei nostri pugni rilucono le mirabili armi


e non possiamo afferrare l’enigma di fughe sabbiose
né l’esodo del sogno.
Le armi languiscono e si aspira a un ordine,
un ordine fiorito tra fili:
la morte che da sempre amiamo
al finire delle ortiche e nel denso spasmo.
La morte irreale appena,
appena sorretta alla vittoria di quell’incerta data.
45

Del traspaso: y aun lo turbio masculla su sílaba de vaho21

Y aún lo turbio masculla su sílaba de vaho.

Y aún es preciso separar


para la conjunción radiosa.
Relegar
para que fluyan las distancias
hacia el origen habitable.
Tomar vuelo
uno más y a lo largo
cortando la memoria que nos cruza
y entrecortada, relega.
Favorable estallido
y estallido a horcajadas en movimiento adverso
hasta el olvido de estarnos en una afirmación de piedra.
Afirmante lo impenetrable y sin respuesta.
Junto al vuelo
uno más
el pie se afirma y toma
la estallante silenciosa memoria que nos cruza
y estallido ella misma.
Favorable violencia
relegando, rechazando en la afluencia
el vaho agazapado que no tiende
hacia la disención propicia,
hacia el origen habitable.

Alfredo Silva Estrada in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del
21

Venezuela”, cit.
46

Del trapasso e persino il torbido biascica la sua sillaba d’alito

E persino il torbido biascica la sua sillaba d'alito.

E persino si rende necessario separare


per la congiunzione radiosa.
Relegare
affinché le distanze fluiscano
verso l'origine abitabile.
Spiccare il volo
ancora uno e in lungo
recidendo la memoria che ci attraversa
e strozzata, relega.
Favorevole schianto
e scoppio a cavalcioni in movimento avverso
fino all'oblio per restare in un'affermazione di pietra.
Assertivo l'impenetrabile e senza risposta.
Con il volo
ancora uno
il piede si rinsalda e afferra
la deflagrante tacita memoria che ci valica
strozzata da scoppi radiosi
e scoppio lei stessa.
Benevola furia
mettendo in disparte, rigettando nell'affluenza
l'alito aggrappato che non tende
verso il dissenso propizio
verso l'origine abitabile.
47

ÁNGEL EDUARDO ACEVEDO


soles22
Te has nutrido de broza y canícula,
de matorrales, rozas,
lumbre de humaredas.

Eres silueta de árboles pasados,


bejuqueros, dragales.
Las vegetaciones más recónditas.

El llanto que siempre te nombraba.


Lunar de cera de colmena.
Corazones y copas de acapro.
Tenías que ser como tú eras.

Aún no existías y te nombraba


y llevabas maleza en la piel.

Por tu cuerpo pasaron candelas.

Adentro están los suelos quemados


y el fulgor.

No hay paisajes perdidos,


no hay cuarteadas arcillas,
resolanas, que no encierres.

Te yergues en las lomas de sol,


reverberan tus pasos
y hueles a él.
Comías las frutas a flor de agua,
deidad salvaje.
Bien pudiste nadar corriente abajo,
perderte entre los arbustos sumergidos,
podrirte como un tallo
entre la capa vegetal y la greda negra.

22
Ángel Eduardo Acevedo, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de
poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit.
48

soli

Ti sei nutrita di pattume e canicola,


di sterpaglia, cespugli
fiamme esalanti.

Sei sagoma di alberi trascorsi,


giuncaglie, dragales.
Le vegetazioni più recondite.

Il pianto che sempre ti nominava.


Neo di cera d’arnia.
Cuori e coppe di acapro.
Dovevi essere com’eri.

Ancora non esistevi e ti nominavo


E avevi delle erbacce sulla pelle.

Per il tuo cuore sono passate le candele.


Dentro ci sono dei terreni bruciati
e il fulgore.

Non ci sono paesaggi smarriti,


non ci sono screpolate argille,
riverberi solari, che tu non stringa.

Ti ergi nelle colline di sole,


risplendono i tuoi passi
e odori di lui.

Mangiavi i frutti a pelo d’acqua,


deità selvaggia.
Avresti potuto nuotare lungo la corrente,
smarrirti tra gli arbusti sommersi,
marcire come uno stelo,
tra lo strato vegetale e l’argilla nera.
49

Fig. 1
50

Fig. 2
51

CARLOS CONTRAMAESTRE

Cabimas-Zamuro23

Yo viejo rescatador de tuberías muertas


hombre electrocutado en las profundidades
tengo todos los planos de las tuberías muertas
tengo todos los huesos de los ahogados
uso a mis hijos de carnada (mis buzos predilectos)
corro con la velocidad del relámpago
desmantelo todas las instalaciones de los muertos
me ilumino con el espectro del carburo
y camino con envidiable equilibrio sobre las llamas de Lagunillas
y recuerdo a López Contreras y reconstruyo el mapa en escala mortal
Conozco palmo a palmo a los monstruos que derriban tuberías
Conozco los procesos dulces de la corrosión
cargo óxido en mis dientes de cangrejo
conozco las plantas acuáticas que irritan los ojos del Lago
Yo el Guaco
viejo desempleado
rescatador de tuberías muertas
Vendo la cabria con todo y gringo
le vendo las compañías petroleras con todo y gringo
Le regalo a Cabimas
se la presto
se la empeño
Le regalo a Tasajeras
Tuberías muertas
Se la cambio
se la empeño
con todo y gringo
Le regalo a la Rosa Vieja y sus putas retiradas
Le regalo su esplendor de miseria
Le regalo a Tierra Negra

Carlos Contramaestre in J. Calzadilla, Israel.O.Oropeza, D. González, El Techo de la


23

Ballena. Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008.


52

Cabimas-Zamuro

Io vecchio redentore di tubature morte


uomo sulla sedia elettrica nelle profondità
ho tutti i piani delle tubature morte
ho tutte le ossa degli affogati
utilizzo i miei figli come esca (i miei sommozzatori prediletti)
guizzo con la velocità del lampo
smantello tutte le installazioni dei morti
m'illumino con lo spettro del carburo
e cammino con invidiabile equilibrio sulle fiamme di Lagunillas24
ricordo López Contreras25
e ricostruisco la mappa su una scala letale
conosco palmo a palmo i mostri che abbatton tubi
conosco i processi dolci della corrosione
tengo la ruggine dei miei denti di granchio
conosco le piante acquatiche che irritano gli occhi del Lago26
io il Guaco
vecchio disoccupato
redentore di tubature morte
vendo la capra con gringo compreso
gli vendo le compagnie petrolifere con gringo compreso
Gli regalo Cabimas
gliela do in prestito
gliela do in pegno
Gli regola Tasajeras
Tubature morte
Gliela cambio
gliela impegno
gringo compreso
Gli regalo Rosa Vieja e le sue puttane dismesse
Gli regalo il suo sfarzo di miseria
Gli regalo Tierra Negra

24
Lagunillas, Cabria, Cabimas, Rosa Vieja, Tierra Negra, El Cardonal sono i principali centri
petroliferi del Distretto di Bolivar nella conca del lago di Maracaibo, stato di Zulia.
25
Generale, ministro della marina militare e dal 1936 al 1941, presidente della Repubblica del
Venezuela. La sua fu una dittatura presidenziale appoggiata dai conservatori.
26
Si riferisce al Lago di Maracaibo
53

Le regalo El Cardonal con sus maricos


le regalo a los turcos
le regalo a Damasco
Si usted se empeña le regalo a mis guaquitos retratados en fila
le regalo su ampliación iluminada
Y ellos beben conmigo
Y mi mujer se rasca conmigo
Préstamela
Regálamela
Te regalo la ciudad con los huesos de mi padre
sonajas de pájaros
y mi furia de rescatador
Tomas agua de coco
Y ya no te vas de Cabimas
Tengo los planos fantasmas
obtenidos en pactos secretos de desempleado
Te regalo a Cabimas
54

Gli regalo El Cardonal con i suoi froci


Gli regalo i turchi
gli regalo Damasco
Se lei s'impegna un poco gli regalo le statuette in ritratto degli indios in fila
gli regalo il loro ampliamento illuminato
e loro bevono con me
e mia moglie si gratta con me
Prestamela
Regalamela
Ti regalo la città con le ossa di mio padre
sonagli di passeri
e la mia furia di redentore
Bevi acqua di cocco
E non te ne vai più via da Cabimas
Ho i piani fantasma
ottenuti in patti segreti da disoccupato
Ti regalo Cabimas
55

El gas-plant saluda a la metrópoli27

Te regalo mi botón de treinta años de servicio


mi botón de canalla
para engastarlo en la sortija de mi hija
mi botón de mutilado
de padrote impotente
mi placa de rompehuelgas y
los exhibo con orgullo
Yo que tengo los planos del Lago
Yo el guaco
Bebo aguardiente y celebro con mis hijos
su porvenir
Aún queda mucha chatarra con todo y gringo
Nos quedan los desperdicios enterrados
para levantar otra ciudad al Sur de la Muerte
Mis pulmones aguantarán hasta el final de Babel
mudaremos las aguas y los guacos crecerán como avispas
Regalaremos la miseria a Estados Unidos
regalaremos varios incendios prefabricados
todos sus malditos supermercados
les enviaremos todos sus zamuros envueltos en plástico
y sus gringos de mierda
Se lo digo yo
El Guaco
rescatador de tuberias muertas
viejo sabueso
amigo saboteador
que subo los domingos a Los Cocos a emborracharme
que voy a tomar con mi mujer guaca y la gente se ríe
salgo a la playa a respirar las frituras de las lisas
y a chantajear al poderoso
Tengo los planos de la miseria
piso diariamente los perros en las autopistas
me entierro en las urnitas en Cabimas-Zamuro
Bebo con los muertos del mercado
amanezco iluminado en los ojos de los peces
saludo al barbero del malecón oloroso a betún

Carlos Contramaestre in J. Calzadilla, Israel. O.Oropeza, D. González, El Techo de la


27

Ballena. Antología 1961-1969, cit.


56

Il gas-plant saluta la metropoli

Ti do in regalo il mio bottone di trent'anni di servizio


il mio bottone di canaglia
per incastonarlo nell'anello di mia figlia
il mio bottone di mutilato
di stallone impotente
la mia placca di crumiro
e la esibisco con orgoglio
Io che possiedo i piani del Lago
Io il Guaco28
Bevo acquavite e faccio festa con i miei figli
il loro avvenire
Ancora avanza per
innalzare un'altra città a Sud della morte
Resisteranno i miei polmoni fino alla fine di Babele
sommuoveremo le acque e i guachi cresceranno come vespe
Doneremo la miseria agli Stati Uniti
doneremo svariati incendi impacchettati
tutti i suoi stramaledetti supermercati
le invieremo tutti gli avvoltoi avvolti nella plastica
i loro gringo di merda
Glielo dico io
El Guaco
riscattatore di condutture morte
attempato segugio
antico guastatore
che la domenica vado a Los Cocos a sbronzarmi
che vado a bere con la mia moglie guaca e la gente che ride
vado al mare a respirare la frittura delle lische
e a intimidire il potente
Ho i piani della miseria
spiaccico ogni giorno i cani sulle autostrade
m'infosso nelle bare a Cabimas-Zamuro
Bevo con i morti del mercato
mi sveglio all'alba rischiarato dagli occhi dei pesci
saluto il barbiere del molo lezzo di bitume

Idolo generalmente di terracotta, che solitamente si rinviene nelle sepolture (guacos) degli
28

antichi indiani del Perù e in quelle di altri indigeni dell'America.


57

toco todas las inmundicias de la ciudad y del lago


Yo viejo rescatador
Mientras rescato tuberías
El monstruo crece en los manglares
Rock-and-doller entre cristales desayuna ranas los domingos
otra de sus especialidades
Self-Service
entre sacerdotes rubicondos
En nuestras Fuentes de soda son deliciosos sus Sundays,
Sus Sandwichs
Sus Roast-beef
el techo cubierto de mermelada y una capa de aire acondicionado
mis niños-pollos-horneados que él devora
El petróleo rodea sus cabinas y él dirige el crecimiento
de las lechugas en otro país
Yo tengo los planos de la locura
y los tubos son andamios para atrapar los rayos en la costa
tengo el plano de los armadillos que harán la revuelta
¿Por qué no huir del infierno
Yanqui de culo negro?
si allí crece la carne de perro sublimada
y se acumula la basura en le corazón
Por qué no huir
si sabemos que Cabimas no es el Happy Land
Tengo los planos de las putas
sus deseos soterrados
sus muertos pasionales
sus dientes –de oro- colombianos
En diciembre voy a Cúcuta con mis utilidades y mis embargos
Y soy el Rey del Ron Caldas El As de Trébol
yo jugador de animalitos
rematador de caballos y de nostalgia
hago el inventario de esta triste ciudad
donde no se consume sal ni cuerno de ciervo
donde desaparecemos con insecticidas
Yo peleo como un tiburón entre las aguas
busco la raíz envenenada del diablo
enredada entre joyas salvajes
Me lavo la cara en mi gabarra improvisada
saco esos encajes brillantes
58

palpo tutto il lordume della città e del lago


Io vecchio riscattatore
mentre affranco tubature
il mostro cresce tra le mangrovie
Rock-and-doller tra le vetrate colazionano con rane le domeniche
un'altra delle sue esclusive
Self-Service
tra i sacerdoti alticci
nelle nostre caffetterie sono deliziosi i loro Sundays
I loro Sandwich
I loro Roast-beef
il tetto coperto di marmellata e una cappa d'aria condizionata
i miei bambini polli già cotti che lui divora
il petrolio attornia le sue cabine e collauda la crescita
delle lattughe in un altro paese
Io possiedo i piani della pazzia
e le tubature sono ponteggi per intrappolare i barlumi nella costa
ho il piano degli armadilli che faranno la rivolta
Perché non fuggire dall'inferno
Yankee dal culo nero
e se lì cresce la carne di cane sublimata
e si accumula il pattume nel cuore
Perché non fuggire
se sappiamo che Cabimas non è un Happy Land
Ho i piani delle puttane
i loro desideri seppelliti
i loro morti appassionati
i loro denti-di oro-colombiani
A dicembre vado a Cúcuta con la mia tredicesima e i miei riscatti
Io sono Il Re del Ron Caldas L'Asso del Quadrifoglio
io giocatore di bestioline
banditore di cavalli e di malinconia
faccio l'inventario di quest'afflitta città
dove non si consuma sale, né corno di cervo
dove ci dilegueremo con gli insetticidi
io battaglio come un pescecane dentro l'acqua
cerco la radice avvelenata del diavolo
avviluppata tra gioielli selvaggi
Mi lavo la faccia nella mia chiatta improvvisata
tiro fuori quei merletti luccicanti
59

para las cercas de los pobres


y en mi camión fantasma distribuyo mi mercancía clandestina
estos planos me los regaló la Mene Grande
en pago a mis dudosos servicios
en reconocimiento a mi desmedida locura de desencuellar
de desmantelar
de hacer salir
chorros de petróleo
chorros de cerveza
chorros de whiski
por las orejas del guachimán
También desmantelo las cercas de los campos
por eso estoy en el gang del cobre
y fundo al país y su miseria en Curazao
Miro esos tanqueros fúnebres a travès del humo del gasoil
Y estoy en todas partes como mis tuberías
Y mi sierra se escucha en Punta Iguana o en Punta de Leiva
Y si los guacos se retratan en traje de gala
Los llevo al Ancón de Iturria
Me muevo en todas las direcciones de la muerte
60

per gli steccati dei poveretti


e nel mio camion fantasma dispenso la mia mercanzia clandestina
questi piani me li ha regalati la Mene Grande29
come corrispettivo ai miei titubanti servigi
come riconoscenza alla mia smisurata pazzia di scapezzare
di smantellare
di far uscire
getti di petrolio
getti di birra
getti di whisky
dalle orecchie del guardiano
smonto anche le staccionate dei campi
per questo motivo sono la gang del rame
e fondo il paese e la sua miseria a Curazao
Osservo le cisterne a morto attraverso il fumo del gasolio
e sono dappertutto come le mie condutture
e la mia sega si ascolta fino a Punta Iguana o fino a Punta de Leiva
e se gli indigeni si ritraggono in abito da festa
gli porto Ancon de lturia
Mi muovo in tutte le direzioni della morte

29
Centro petrolifero del Distretto Bolivar, nella conca del lago di Maracaibo.
61

Fig. 3
Una ballena sonríe
y puede suicidarse en
cada roca del infierno30

Una balena sorride


e può suicidarsi in
ogni roccia dell’inferno

Carlos Contramaestre (a cura di Hahuel Valentini), Antología poética, Caracas, Monte Ávila
30

Editores Latinoamericana, 2007.


62

Fig. 4
63

Últimos poemas31

La segunda muerte me embriaga en


las tavernas olorosas a invierno
La distancia descalabra las almas,
enmudece las lenguas del destierro
entre los titubeos de las estaciones fraudulentas.
Retorno a las riberas de la soledad,
Virtuosa tañedora de silencios y ecos de la muerte.
Moro en esa copa sardónica,
incienso de la tribu espectral.
Destilo dolores y heridas antiguas
en serpentina de cobre dulce.

II

Ella suele llegar casi siempre desnuda.


Su olor sube sobre mis columnas trágicas
Y yo empiezo a soñar rosas
y algunos animales híbridos.
Esa mujer no me pertenece
en este continente ni en la otra vida.

III

Agonizo en tu temblor cotidiano


Y la lluvia terminò.
Nadie podía adivinar la rudeza del cielo,
el pavor de seguir casi vivo
casi aliento para retornar al cosmos.
Necesito la mudez de la alquimia,
el incesto de los Dioses,

31
Carlos Contramaestre , “Últimos poemas” in Harold Alvarado Tenorio (direttore),
Arquitrave. Revista colombiana de poesía , n. 49, Cartagena de Indias, junio de 2010. Carlos
Contramaestre scrisse questi versi (i cui frammenti sono apparsi sulla rivista letteraria
sopracitata e trascritti da María Eugenia Sánchez) durante un suo soggiorno a Salamanca,
ospite dell’amico Alfredo Pérez Alencart.
64

Ultime poesie
I

La seconda morte mi ubriaca nelle


bettole odorose d'inverno.
La distanza schianta le anime,
rende mute le lingue dell'esilio
tra gli indugi delle stagioni fraudolente.
Ritorno alle sponde della solitudine,
virtuosa suonatrice di silenzi ed echi della morte.
Giaccio su quella cima beffarda,
incenso della tribù spettrale.
Sudo dolori e ferite antiche
in stelle filanti di dolce rame.

II

Solita è arrivare quasi sempre nuda.


Il suo profumo si alza sopra steli tragiche
e io comincio a vagheggiare rose
e qualche animale ibrido.
Quella donna non è mia
in questo continente, né nell'altra vita.

III

Agonizzo nel brivido tuo di ogni giorno


e la pioggia è finita.
Nessuno poteva indovinare la durezza del cielo,
lo sgomento di essere quasi vivo,
soffio quasi, per ritornare al cosmo.
Ho bisogno del mutismo dell'alchimia,
e l'incesto degli Dei,
65

la primavera del invierno,


el fuego de la invocación.
Soy ese exorcismo dormido sobre el llanto:
nos une el desatre, el extravío.

IV

Desprenderse del cuerpo


y encontrar a nube marcada
que ocupará el espacio medido
para el amor sin frutos.
Océanos agitados y naufragios decididos.
El jordano transportó la dicha y no lo sabía.
Recordó a su toledana en silencio.
Luego, el arquitecto del lecho académico
lo regó con licores y flores churriguerescas.

Mi oficio de basurero
me obliga a buscar mis pergaminos,
mis escombros perfumados.
Y tú eres ese mural
que yo invité;
tú ese sueño bajo tierra
dulce, silencioso
para el abandono arqueólogo
de amores.

VI

Dos manzanas asustan cuerpos


si son de tierras lejanas, como
hijos olvidados,
asuntos de tu vihuela en porfía
y ese sentimento de astro perdido
que no quiere regresar porque
no hay constelación sin amor,
sin aire.
Canta el alma sorda.
66

la primavera dell'inverno,
il fuoco dell'invocazione.
Sono quell'esorcismo assonnato nel pianto:
ci stringa il tracollo e lo smarrimento.

IV

Scrollarsi del corpo


e trovare la nube segnata
che riempirà lo spazio ponderato
per l'amore senza frutti.
Oceani in burrasca e naufragi già disposti.
Il giordano menò con sé tripudio e l'ignorava.
Ricordò alla sua toledana in silenzio.
Dopo, l'architetto dell'alveo accademico
lo spruzzò con liquori e fiori churrighereschi.

Il mestiere mio di spazzino


m'impegna a cercare le mie pergamene,
le mie macerie profumate.
E tu sei quel graffito
che ho concepito;
tu sei quel sogno sotto terra
dolce, calmo
per l'abbandono archeologo
di amori.

VI

Due mele impauriscono i corpi


se provengono da terre lontane, come
figli dimenticati,
faccende del tuo liuto ostinato
e quel sentimento di smarrito astro
che non vuol riapparire, perché
non c'è costellazione senza amore,
senza aria.
Canta l'anima sorda.
67

Lo desperdicio todo, hasta un ratón.


Vuelo vegetal sin espejo,
frío para siempre, sin sintaxis,
traspapelando noches, días, encuentros,
amores, doncellas, recuerdos:
ése cuerpo reproduce tu cuerpo,
tus piernas, tu hilo nostálgico.
Insatisfacción. Era otra María, era
otro olfato para la belleza,
otra línea para vivir
y yo era el paraíso, era
río con piedras, con
árboles.

VII

Depende de tu muelle y
tu ojo amoroso.
Vuelvo a las almendras esenciales,
a tu silencio demencial.
Escarbo en tu vulva,
colecciono piedras y licores,
acerco cuerpos, carnes
puberales, inciensos de
ciudad en viaje sin continente.

VIII

El azar del vuelo inventa el lecho


que el jordano transporta
para la novia y es él quien decide
el norte de los besos, el sur
que deslinda el corazón en el tiempo.
El jordano desaparece como
un fantasma para labrar la materia
de los sueños y planta árboles
del porvenir en tus sienes.
El anillo de tu toledana
es nuestro amuleto.
68

Io tutto dissipo, finanche un topo.


Volo vegetale senza specchio,
gelo infinitamente, senza costrutti,
consumando incontri, notti, giorni,
amori, fanciulle, ricordi:
quel corpo riproduce il tuo corpo,
le tue gambe, il tuo filo nostalgico.
Insaziabilità. Era un'altra Maria,
un altro aroma per l'incanto,
un'altra linea per vivere
e io ero il paradiso,
un fiume ero con pietre,
con alberi.

VII

Dipende dal tuo molo e


l'occhio tuo amoroso.
Torno alle mandorle essenziali,
al tuo silenzio insensato.
Scavo nel tuo sesso,
colleziono pietre e liquori,
accosto corpi, carni
di adolescenti, incensi di
città in rotta senza continente.

VIII

L'accidente del volo congegna il letto


che il giordano trascina
per l'innamorata ed è lui che dispone
il nord dei baci, il sud
che demarca il cuore nel tempo.
Il giordano dilegua come uno
spettro a dissodare la materia
dei sogni e impianta alberi
del futuro nelle tue tempie.
L'anello della sua toledana
è il nostro amuleto.
69

IX

Tugurios abandonados a la lujuria


de la pobreza.
Azar del que sufre en silencio,
oculto de los dioses.
Niebla peccaminosa sussurrando
otro cielo prohibido, alguna
voz de mujer profanada.
Temblor de carburo alabando
los ojos ciegos, la nada del
naufragio, el instinto del árbol
ahogado en savias alcohólicas,
abanicando corazones ramificados
en el duelo.

Tengo una constelación


y una mujer desnuda
que brilla como una hoja de higuera.
Amo ese principio que me une
A ese gran ombligo de la noche
Donde me embriago
De tinieblas.

XI

Espacio ornamentado por mis


gorriones dementes,
con cielos provisionales y
paraíso recién decretado.
Arcillas tranquilas en su
crecimiento para unificar el
latido.
Celebro el encuentro.
70

IX

Tuguri negletti alla lussuria


dell'indigenza.
Il caso di cui si affligge nel silenzio,
occulto degli dei.
Bruma peccaminosa stormendo
altro firmamento interdetto, qualche
voce di donna violata.
Tremore del carburo vantando
i suoi occhi ciechi, il nulla
del naufragio, l'istinto dell'albero
affogato in linfe d'alcool,
sventolando cuori ramificati
nella contesa.

Ho una costellazione
e una donna nuda
che luccica come una foglia di fico.
Amo quel principio che mi unisce
a quel grande ombelico della notte
di cui mi ubriaco di tenebre.

XI

Spazio adorno per i miei


passeri dementi
con cieli effimeri
e paradiso appena consacrato.
Argille serene nel suo
Sviluppo per appaiare
il battito.
Celebro l'incontro.
71

XII

El tiempo desnivela mi silencio.


Grito en grieta.
Me escuchas más allá de los trópicos.
Tu ola anticipa naufragios.
Ausencia de navío escarlata que regresa al Caribe.
Me indulto y me inmolo en langostas.
Techos baldíos, cocodrilo celeste, palma sagrada.
El azar-sortilegio implica encuentros,
hallazgos fortuitos.

XIII

Ayer me arrancò
la tormenta unos
árboles que cantaban
melodías antiguas del
universo como eco
armonioso de un caos.
La sangre brotó de
la tierra para alimentar
los muertos sedientos de
vida porque la deja
a medias
… cuando el amor comenzaba.
Esa tormenta desatada
por los dioses oscurecía
mis sueños y no podía
seguir viendo desnudeces
de tu cuerpo iluminado
por los relámpagos.
72

XII

Il tempo inclina il mio silenzio.


Strillo nella fessura.
Mi ascolti al di là di terre tropicali.
La tua onda precorre naufragi.
Assenza della tua nave rosso vivo che fa ritorno ai Caraibi.
Mi assolvo e mi immolo alle aragoste.
Tetti aridi, coccodrillo celeste, palma consacrata.
Il caso-sortilegio impegola incontri,
scoperte accidentali.

XIII

Ieri mi ha sradicato
la bufera alcuni
alberi che intonavano
melodie arcaiche
dell'universo come un'eco
armoniosa del caos.
Il sangue schizzato
dalla terra per alimentare
i morti avidi
di vita perché la lascia
a metà
… quando l'amore cominciava.
Questo turbine sbrigliato
per gli dei occultava
i miei sogni e non poteva
seguitare a vedere le nudità
del tuo corpo rischiarato
dai lampi.
73

CAUPOLICÁN OVALLES

Si en vez de dormir32

Si en vez de dormir
bailara tango
con sus ministros
y sus jefes de amor,
nosotros podríamos
oír
de noche en noche
su tacón
de archiduque
o duquesa.
Podríamos reír
Sólo de verle,
ridículo como es,
esperar los aplausos
de toda la gendarmería
frenética.
Claro que uno está cansado
y quiere un poco de diversión
mostruosa,
como ésta
de verle
con la lira en el cuello
colgada,
como un romano
o como una romana
ciega de absurdas creencias geniales.
Si en vez de prometer
el descubrimiento de la piedra
filosofal
que ha de producir pan
y billetes de veinte

Caupolicán Ovalles in J. Calzadila, Israel O. Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena.


32

Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008.


74

Se invece di dormire...

Se invece di dormire
ballasse il tango
con i suoi ministri
e i suoi generali d'amore
noi potremmo
ascoltare
di notte in notte
il suo tacchettio
di arciduca
e duchessa.
Potremmo ridere
solo a vederlo,
ridicolo com'è,
attendere gli applausi
di tutta la gendarmeria
frenetica.
Certo che uno è stanco
e vuole un po' di spasso
atroce,
come questo
di vederlo
con la lira a tracollo
pendula,
come un romano
o come una romana
cieca di assurde credenze geniali.
Se invece di stare a promettere
la scoperta della pietra
filosofale
che deve produrre pane
e biglietti da venti

se dedicara,
por lo soberbio que es,
a vender patatas podridas
75

o maíz rancio,
los indios de esta nación
le llamarían
Cacique Ojo de Perla.

Si en vez de llorar
te murieses un día de estos,
como una puerca elegante con sus grasas
importadas del Norte,
nosotros,
que estamos cansados
de tanta estúpida confesión,
pondríamos a bailar las piedras
y los árboles darían frutos manufacturados.

Con tu vieja y putrefacta osamenta,


alimento de ratas,
llenaremos un solo lugar de esta tierra
y la llamaremos
la Cueva Maldita
y será proscrita de ver
y de acercarse a ella
por temor a despertar tus histéricas
ternuras.

Te llaman
José de los sueños,
el de las vacas sagradas,
el dueño de las vacas más flacas
y
Presidente de la «Sociedad Condal del Sueño».
Tus amigos te llaman
Barbitúrico.
¿Hasta cuándo duerme usted, señor Presidente?
Si adora la vaca,
¡duerme!

s'impegnasse,
qual superbone che è,
a vendere patate guaste
76

o mais rancido,
gli indios di questa nazione
lo appellerebbero
Cacicco Occhio di Perla.

Se invece di piagnucolare,
crepassi un giorno di questi,
come la scrofa sciccosa con il suo grasso
importato dal Nord,
noi,
che siamo stanchi
di tanta imbecille ammissione,
faremmo piroettare le pietre
e gli alberi produrrebbero frutti inscatolettati.

Con la tua decrepita e putrida carcassa,


rancio per sorci,
riempiremo un sol buco di questa terra
e lo chiameremo
Antro maledetto
e sarà proscritto alla memoria e
ci sarà il divieto di entrarci
per timore di risvegliare le tue isteriche
tenerezze.

Ti chiamano
Giuseppe, quello dei sogni,
quello delle vacche sacre,
il padrone delle vacche magre
e
Presidente della “Società Patrizia del Sogno”.
I tuoi amici ti chiamano
Barbiturico.
Fino a quando dorme Lei, signor Presidente?
Se adora la vacca,
dorme!

Si al becerro adora,
¡duerme!
77

y si el General le da su almuerzo,
duerme como una lirona
o le da una pataleta de sueño.
Cara de Barro,
Ojo para ver las serpientes
y llamarlas,
Ojo para hacer compañía
y quemarte
con el humilde Kerosene,
Ojo para tenerse a mi servicio
como mozo de alcoba
barato.

¿Duerme usted, señor Presidente?


Le pregunto por ser joven apuesto
y no como usted, señor de la siesta.
Ojo de barro y Water de emergencia
78

Se adora la vitella,
dorme!
e se il generale le concede il suo pranzo,
dorme come un ghiro
le viene una crisi di sonno.
Faccia pustolosa,
occhi per guardare i Serpenti
e chiamarli,
Occhio per far compagnia
e abbrustolirti
con dell'umile kerosene,
occhio per stare al mio servizio
come uno sguattero
da quattro soldi.

Dorme Lei, signor Presidente33?


Le chiedo in quanto sono un bel giovanotto
e non come Lei, principino della pennichella
Occhio merdoso e cesso d'emergenza.

33
Il poeta si riferisce all’allora presidente della Repubblica del Venezuela, Rómulo Betancourt
(1958-1964), capo del partito di sinistra socialdemocratico Acción Democrática (AD).
79

El Presidente34

EL PRESIDENTE vive gozando en su palacio,


come más que todos los nacionales juntos
y engorda menos
por ser elegante y traidor.
Sus muelas están en perfectas condiciones;
No obstante, una úlcera
le come la parte bondadosa del
corazón
y por eso sonríe cuando duerme.
Como es elegido por voluntad de todos
los mayoritarios dueños de inmensas riquezas
es un perro que manda,
es un perro que obedece a sus amos,
es un perro que menea la cola,
es un perro que besa las botas
y ruñe los huesos que le tira cualquiera
de caché.
Su barriga y su pensamiento
es lo que llaman water de urgencia.

34
Ibidem.
80

Il Presidente

IL PRESIDENTE vive spassandosela nel suo palazzo,


più che tutti i connazionali messi insieme
e ingrassa di meno
per essere elegante e traditore.
La sua dentatura resta immacolata;
nonostante, un'ulcera
gli mangi la parte più benevola del
cuore
e per questo sorride quando dorme.
Siccome è stato eletto per la volontà di tutti
la maggioranza dei titolari di ingenti patrimoni
è un cane che comanda,
è un cane che ubbidisce ai padroni,
è un cane che scodinzola,
è un cane che bacia gli stivali
e rosicchia le ossa che qualcuno gli tira
con squisitezza.
La sua pancia e il suo pensiero
è quello che chiamano cesso d'emergenza.
81

Elegía en rojo a la muerte de Guatimocín,


mi padre, alias El Globo
(Primera versión) 35

Mi padre ebrio, mi padre


se muere

A Ernesto Cardenal
y Germán Espinoza

mi padre ebrio habla con los ojos cerrados


camina con los ojos cerrados
cualquiera diría que es un muerto que camina
si él me pregunta qué haría yo si él muere
yo hago pucheros y me le agarro de las piernas
si él me vuelve a preguntar sobre lo que yo haría si
él se muriera
yo mezclo una pequeña risa con un pequeño
puchero
si él me vuelve a preguntar

yo lo digo Que se muera

y él un día que le desobedezco y voy a casa de un


amigo a solicitar sardinas
en su nombre para que se coman las plagas de los
estanques de la casa del abuelo
y cruzo toda la ciudad con mi caja de galletas llena
de sardinas
cuando llego a la casa y él está grave mi papá
él descontento con mi conducta me recuerda que yo
le he dicho un día

Que se muera

entonces él que está grave mi papá me enseña dos


monedas ganadas por mí

35
Caupolicán Ovalles, in Miranda Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía
venezolana del siglo XX, 1907-1996, Universidad de Puerto Rico, 2001.
82

Elegia in rosso sulla morte di Guatimocin,


mio padre, alias Il Globo
(Prima versione)

Mio padre ebbro, mio padre


muore

A Ernesto Cardenal
e Germán Espinoza

mio padre parla con gli occhi chiusi


cammina con gli occhi chiusi
chiunque potrebbe dire che è un morto che cammina
se mi chiedesse che farei se lui morisse
mi metto a singhiozzare e mi afferro alle gambe
se lui tornasse a chiedermi cosa farei
se morisse
mescolo un piccolo riso a un piccolo pianto
se lui torna a chiedermi

io gli dico Che crepi

e un giorno che gli disubbidisco e vado a casa


di un amico a chiedere delle sardine
a nome suo affinché si mangino le zanzare dagli
stagni della casa di mio nonno
e per tutta la città con la mia scatola di biscotti piena
di sardine
quando arrivo a casa e lui è grave mio padre
lui scontento con il mio atteggiamento mi ricorda che
gli ho detto un giorno

Che crepi

allora lui che è grave mio padre mi mostra due


monete che si è aggiudicato per me
83

recitando aquellos poemas con los ojos cerrados


en una escuela
y si mis familiares llegan y me dicen
“Vaya a casa de su papá y pídale perdón
por haberle dicho eso” yo les contesto que él me
hacía sufrir con esa pregunta
Yo sé
mi padre ebrio me quiere mucho a mí
Si él viviera sería mi padre vivo Pero ha muerto hace
Mucho Y pidió agua de cura antes de morir
Pero se confesó con el P. Losano que era su
amigo y el P. Losano dijo que no había confesado
“a otro mozo tan inteligente”

(mi padre ebrio habla de novelas con mi madre y


ella le presta atención)

Yo lloré como un muchachito de ocho años cuando


se le muere su Capitán

Mi abuelo se contentò con el Capitán diez minutos


Antes de morir
y luego hizo grandes alabanzas de él
ellos tenían sus problemas desde hacía lo menos
veinte años

mi padre ebrio es lo mejor que he visto

Me da monedas me presenta a sus amigos y dice


“este indio promete”

y he prometido después de todo y por eso Guati


Domingo también se llamaba tenía razón
Había nacido el cuatro de agosto y esto lo supe
después que sus pulmones
nos lo arrebataron

Estamos en un pueblo y yo lloro de vez en cuando


porque él se ha muerto
84

recitando quelle poesie con gli occhi chiusi


come a scuola
E se i miei parenti arrivano e mi dicono
“Vai a casa di tuo padre e scusati
per avergli detto questo” io gli rispondo che lui mi
faceva soffrire con quella domanda
Io so
mio padre mi vuol molto bene
Se lui vivesse sarebbe mio padre vivo Però è morto
Molto tempo fa E chiese l’acqua del prete prima di morire
Ma si confessò con Padre Losano che era suo
amico E padre Losano disse che non aveva mai confessato
“un altro ragazzo così intelligente”

(mio padre ebbro parla di romanzi con mia madre e


lei lo asseconda)

Io piansi come un bambino di otto anni quando


gli muore il Capitano

Mio nonno si congratulò con il Capitano dieci minuti


Prima di morire
e dopo gli fece grandi elogi
e loro non si parlavano da almeno
vent’anni

mio padre ebbro il migliore che ho visto

Mi dona monete, mi presenta i suoi amici e dice


“questo indio promette”

e dopo tutto ho promesso e perciò Guati


Domingo che anche così si chiamava aveva ragione
Era nato il quattro agosto e questo lo seppi
dopo che i suoi polmoni
ce l’hanno strappato
Siamo in un paese e io piango ogni tanto
perché lui è morto
85

Muchos amigos míos todavía tienen su viejo


Yo no he podido tenerlo
Dicen que tenemos nuestro aire en común
Nuestra cosita
Yo sé
“Indio” ven y toma tu cerveza Yo sé Guatimocín
que estamos en un pueblo Yo sé

Salvaje yo (yo sé)


lo descubro ahora
levanto el velo
para darle cerveza y darle otro beso el segundo
y decirle “este guati promete”

Este es
Cuando le van a llevar a Tibisay (que ya es tarde)
para que se despida de ella a las seis de la mañana
de ese día él con un gesto rechaza tal suplicio
Me digo ahora –No, por favor, no se lo lleven
a él que se va a morir
Este es mi padre en su lecho de rosas veo como
su cuerpo se estremece con la muerte
Y no me importa si nuestras vidas son los ríos
que van a dar a la mar que es el morir
sino que he sido fiel a él y he dicho como vivió

y murió

Sin haber librado una batalla de armas con un solo


año de prisión en la Rotunda no habiendo sido
gobernador claro sino apermisado para ejercer la
odontología que lo trueca por el magisterio y ser
curioso de medicina en los pueblos y teniendo
como tengo la certeza de que no fue algo así
como una persona importante Se entiende murió
habiendo casado una vez habiendo visto morir
a su madre y a dos hijos y habiéndonos contagiado
de sus tisis a Atahualpa –muerto-a Lautaro-vivo
y a mí-vivo-El Guati
86

Molti amici miei tengono il loro vecchio


Io non ho potuto tenerlo
Dicono che ci assomigliamo molto
La nostra cosetta
lo so
“Indio” vieni qui e bevi la tua birra Io so Guatimocin
che siamo in un paese Io so

Selvaggio io (io so)


lo scopro ora
alzo il velo
per versargli birra e dargli un altro bacio il secondo
e dirgli “questo guati promette”

Questo è
Quando lo porteranno da Tibisay (che ormai è tardi)
per accomiatarsi da lei alle sei del mattino
di quel giorno con un gesto rifiuta tale supplizio
Mi dico ora-No, per favore, non portatelo
lui che sta per morire
Questo è mio padre nel suo letto di rose vedo come
il suo corpo è un brivido per la morte
E non mi importa se le nostre vite sono i fiumi
che sboccano nel mare che è il morire
ma sono stato fedele a lui e ho detto come ha vissuto

ed è morto

Senza aver vinto una battaglia con le armi con un solo


anno di prigione nella Rotunda non essendo stato
governatore certo ma gli è stato concesso il permesso di esercitare
l’odontologia che la scambia per il magistero ed essere
curioso di medicina nei paesi e avendo
come ho la certezza che non è stato qualcosa di così
come se fosse una persona importante Si capisce è morto
essendosi sposato una volta e avendo visto morire
sua madre e i due figli e avendoci contagiato
di tisi a Atahualpa-morto-a Lautaro-vivo
e a me-vivo-Il Guati
87

Muy triste, muy triste36


Colombia, julio 1963. Zona de la frontera

Cuando llega EL PRESIDENTE dice:


«Aduladme, que hoy estoy triste.
Buscad a ese guitarrista que me compone
los nervios.
Es que estoy muy triste».
El Mandarín se retira
a sus habitaciones interiores
diciendo:
Muy triste,
muy triste.
Y se agarra la oreja
y dice:
Muy triste,
muy triste.
Y se agarra la barriga
y piensa
en la tristeza.
Se pasa el pañuelo
por la frente
y dice:
«Todos dicen que es mentira que los
quiero».
Cuando está con su amigo El Yanqui,
dentro de su gran gozo,
se le rebrotan los labios,
siente escalofríos de emoción.
Se le nubla la vista
y se siente con deseos de amor,

muy triste,

muy triste.

36
Ibidem.
88

Molto triste, molto triste


Colombia, luglio 1963. Zona della frontiera

Quando arriva IL PRESIDENTE dice:


« Ossequiatemi, che oggi sono triste.
Andate a trovare quello con la chitarra che mi concilio
i nervi.
Perché sono tanto afflitto»
Il Mandarino si ritira
nelle sue stanze private
e dice:
Tanto triste
tanto triste.
E si agguanta l'orecchio
e pensa:
Che è triste
che è triste.
Si tocca la pancia
e pensa
nella tristezza.
Si passa il fazzoletto
sulla fronte
e dice:
« Tutti dicono che è falso che li
amo».
Quando se ne sta col suo amico Il Yankee,
nel suo gran trastullo,
gli rigermogliano le labbra,
sente brividi di trepidazione.
Gli si annebbia la vista
e si sente tutto gonfio d'amore,

molto triste,
molto triste.
89

Tres Minimodramas37

EL CURA

El cura
se llevó

las manos

al pecho

Y dijo

¡Jesús!
¡Jesús!
Y Jesús
no lo escuchó
porque
Jesús

no escucha
El cura no volvió
a decir
¡Jesús!
¡Jesús!

porque
decía
¡Escuchad cabrón!

Círculo de poesía. Poesía venezolana: Caupolicán Ovalles. URL del sito:


37

www.circulodepoesia.com.
90

Tre minimodrammi

IL PRETE

Il prete
si portò

le mani

al petto

E disse

Gesù!
Gesù!
E Gesù
non lo ascoltò
perché Gesù

non ascolta
Il prete non tornò a dire
Gesù!
Gesù!

perché
diceva
Ascolta, figlio di puttana!
91

FRENTE A LA MANIFESTACIÓN38

El policía
tomó su revólver
en la mano

frente a la manifestación
Y dijo
¡Buena vaina!
Y se pegó un tiro
en la nuca
El policía
dijo
después de muerto

¡MUERA EL MINISTRO!

LA BRUJA DE VEINTE AÑOS39

La cocinera
se pintó los labios

y
salió

como una bruja de veinte años


En la esquina
le dijo
el cartero
¡adiós Bella!

La cocinera
bruja de veinte años

38
Ibidem.
39
Ibidem.
92

DI FRONTE ALLA MANIFESTAZIONE

Il poliziotto
si prese il revolver
in mano

di fronte alla manifestazione


E disse
Che cazzo di roba!
E si sparò
nella nuca
Il poliziotto disse
dopo essere morto

CREPI IL MINISTRO!

LA MEGERA DI VENT’ANNI

La cuoca
si pitturò le labbra

e
uscì

come una megera di vent'anni


all'angolo
le disse
il postino
cosette belle!

La cuoca
megera di vent'anni
93

con sus labios

pintados

que parecían

los de una vaca

primorosa
le dijo

Que va mi amor
hoy no

que voy al Partido.


94

con le sue labbra

pitturate

che parevano

quelle di una mucca

sbarbatella
le disse

levatelo dalla capoccia tesoruccio


oggi no

devo andare al Partito.


95

EDMUNDO ARAY

Carlos Contramaestre 40

Sé que tú inventaste la noche para reconciliarnos


en la casa con palomas benditas y rezos
encalados sonando pájaros que salían de tus árboles
en nevadas donde encendías tu alma generoa
y repartías como miel pan de año y un sordo dolor
que no querías comunicarnos
si no teníamos alpargatas y algún día estrenaríamos
piyamas y calzoncillos gold medal
Preferías oír las comedias las radio novelas que ponerte
a llorar sobre los pasos del viento
o sobre nuestra ignorancia que trataste que superáramos
era preferible vagar correr por el mundo desnudo
como nos habías parido sin conocimientos
el aprendizaje se hace entre los barcos el camino
y un navío que nunca faltó
los consejos que dabas para que no los escucháramos
porque nosotros éramos igual de tercos
y fíjate donde estás bajo tierra en un paraje solitario
que no conozco y no quiero ver [deseo conocer]
Pareciera llegada la hora de hacer balance:
…no tengo país, no tengo nube
océano sí, fantasmas sí
que se pintan la boca y el culo
nostalgia de no sé que dios
de no sé qué noches
de no sé qué ángeles
cuartetos y piélagos.
Rimas que no domino
besos que no di
que sí di.

40
Edmundo Aray, “Carlos Contramaestre. El Techo de la Ballena y un homenaje a la poesía”,
in Agulha Hispánica. Revista de Cultura, Fortaleza, Ceará-Brasil, março de 2010. URL del
sito: http://www.jornaldepoesia.jor.br
96

Carlos Contramaestre

So che tu hai inventato la notte per riconciliarci


nelle case con le palme benedette e le suppliche
incalcinati cantando uccelli che sgorgavano dai tuoi alberi
nelle nevicate dove attizzavi la tua anima munifica
e spartivi come miele l'albero del pane41 e un sordo dolore
che non volevi rivelarci
se non portavamo sandali42 e qualche dì avremmo sfoggiato
pigiami e mutande gold medal
Preferivi ascoltare commedie e radionovele anziché metterti
a piangere sui passi del vento
o sulla nostra ignoranza che hai fatto in modo che la superassimo
era più opportuno vagabondare precipitarsi per il mondo nudo
come se fossimo partoriti senza cognizioni
l'apprendistato si fa strada tra le barche
e una nave che mai mancò
i consigli che davi perché noi non li ascoltassimo
perché eravamo ostinati
e osserva dove sei sottoterra in un posto solitario
che non conosco e non voglio conoscere [desidero conoscere]
Sembrerebbe che l'ora sia arrivata di comporre un bilancio:
… non ho paese non ho una nuvola
oceano sì, fantasmi sì
che si pitturano la bocca e il culo
nostalgia di non so quale dio
di non so che notti
di non so che angeli
quartetti pelaghi.
Rime che non sovrasto
baci che non ho dato
che sì ho dato.

41
Pan de año o albero del pane, pianta originaria del Venezuela. Il suo nome scientifico è
Artocarpues communis della famiglia moraceae. Produce un frutto commestibile e nutritivo,
comunemente conosciuto come “castagna tropicale”. Prende questo nome perchè la polpa del
frutto ha un aspetto e un sapore simile a quello del pane.
42
Nell'originale spagnolo “alpargata”, sandalo di canapa con la suola dello stesso materiale che
si salda al piede attraverso una fascia passante intorno alla caviglia.
97

Sólo queda la máscara de entonces43

Sólo queda la máscara de entonces.


Me siento inválido,
expuesto al reverso,
soportando mi propia voz,
(habitamos la casa otra)
contrariando mis pasos
a cada instante,
como si faltara lugar,

incapaz en el viaje
para todo acto de adivinación.

Resta solo maschera di ciò che fu

Solo resta la maschera di ciò che fu.


Mi sento mutilato,
esposto al rovescio,
sopportando la mia voce,
(abitiamo la casa d’altri)
Intralciando i miei passi
a ogni istante,
come se venisse a mancare lo spazio

inabile al viaggio
e a ogni atto di divinazione.

43
Edmundo Aray, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
98

Fig. 5
99

Páramo44

I
Puertas abiertas para la contemplación.
Purifíquese el entendimiento que de esta
/ tierra
vienen a nuestro encuentro serranos
/ y serranas
gente del sur –geografía de amor
/ entremetido-,
alumbramientos de la imagen.

Veamos. La montaña sobre el horizonte,


mudo el río sobre las arenas.
Debajo del árbol una niña columpia.
Delicado vaivén.
Un niño a merced de su anhelo.

La neblina detrás de la montaña.


Papagayos levantando el aire.
Mudas las casas
como si les llegara la noche.
Echada ya, aunque blanco es el cauce.
Blanca la vastedad del cielo.

Pintura: deidad del artista.

II
Veamos. Hombre es. Niño es.
Manos propiciatorias.
Las miradas se dejan escuchar.

Luego son muchos, como si posaran:


domina la incertidumbre.
Deslizan tristeza, amarguras,
consentimientos.
Cada cual en su cada cual,
como si vinieran del exilio.

44
Edmundo Aray, in “Letras”, Revista Casa de las Américas, n.244, julio-septiembre, 2006.
100

Landa

I
Porte aperte per la contemplazione.
Si purifichi la comprensione che di questa
/ terra
che al nostro incontro vengano montanari
/ e montanare,
gente del sud, geografia d’amore
/ inframmezzato – ,
rischiaramento dell’immagine.

Vediamo. La montagna all'orizzonte,


muto il fiume sulla sabbia.
Delicato andirivieni.
Un bambino alla mercé del suo anelito.

La nebbia dietro la montagna.


Pappagalli che si librano in volo.
Mute le case
come se arrivasse la notte.
Coricata, anche se l’alveo è bianco.
Bianca la vastità del cielo.

Dipinto: deità dell’artista.

II
Vediamo. Uomo è. Bimbo è.
Mani propiziatorie.
Gli sguardi si lasciano ascoltare.

Quindi sono molti come si ponessero in posa:


domina l'incertezza.
Scivolano avvilimenti, amarezze,
i consensi.
Ognuno nel suo ognuno,
come se venissero dall’esilio.
101

Un penacho indígena dice de las simas


Que urdieron los verdugos.

III
Veamos. Rostro de mujer
-surcado por el tiempo-.
Pañolón de rosas, sombrero de moriche.
Sobreviene la imagen de Epifania.
Ojos de dolor adentro, floración de páramo.

IV
La mirada punza.
Viene de muy lejos:
las manos cansadas de aferrar.
A cuesta los hombros.

¿Acaso distrae el ojo


la mulata del sur del lago:
sombrero de ancho cuerpo
y mejor tejido,
flores, y muchas,
en el nacimiento sus orejas?

Imagínela todo de blanco,


lujoso su negro cuerpo
hasta ayer no más desenvuelto y joven.

V
La otra, de otra edad, reza:
las manos sereno puño sobre el pecho.
Dios te salve María, llena eres de gracia.
Dios te salve, mujer, por el pecado
/ concebida.
Escuchemos: es rumor de golondrinas.

Impasible la Virgen.
Respira aromas de margaritas,
calas, crisantemos y claveles,
aunque sean de papel.
102

Un pennacchio indigeno racconta delle profondità


che ordirono i boia.

III
Vediamo. Viso di donna
-solcato dal tempo-.
Scialle di rose, sombrero di palmizi.
Sopravviene l'immagine dell'Epifania.
Iride di dolore dentro, efflorescenza di landa.

IV
Lo sguardo perfora.
Viene da molto lontano:
le mani stanche di afferrare.
In groppa le spalle.

Forse distrae l’occhio


la mulatta del sud del lago:
sombrero di falda larga
ben tessuto,
fiori, e molti,
nella nascita delle sue orecchie?

Se la immagini tutta di bianco,


sontuoso il suo nero corpo
fino a ieri disinvolto e giovane.

V
L’altra, di un’altra età, supplica:
le mani sereno pugno sul petto.
Dio ti salvi Maria, piena di grazia.
Dio ti salvi, donna, dal peccato
/ concepita.
Ascoltiamo: il garrire delle rondini.

Impassibile la Vergine.
Respira aromi di margherite,
calle, crisantemi e garofani,
anche se sono di carta.
103

En el piso las velas encendidas:


Purificación de alma colectiva.

VI
Suene el tambor.
Así lo ordena la mano enguantada.
Baila el sonido entre las piernas núbiles
¿Qué oculta la malla?
¿Las gruesas crinejas bajo el penacho / altivo
portan memoria de algún reino perdido?

De Palmarito como de Tumbes.


Dolido el rostro, apagados los leños de la /ira.
Cada cual interroga.

Legado el collar sobre el tórax.


Un estuario la mirada. Florean el tizne,
el pañuelo que suponemos rojo,
la cruz que dejó de ser
pues la fiesta requiere de ornamento.

-Somos negros,
mestizos de claroscuro,
manos sonoras, cintura ágil,
cuerpo presto al amor.

Cobrizos de alta dotación.

VII
Hágase la ofrenda.
Enciéndase la mecha.
Por los aires el trabuco,
la flecha de hendir el cielo.
Es muy seria la gestión.

Suenen petardos.
Alcen diablos su humareda.
104

Sul pavimento, candele accese:


catarsi di vita collettiva.

VI
Che suoni il tamburo.
Così lo ordina la mano inguantata.
Balla il suono tra le gambe nubili.
Cosa cela la rete?
I grossi crini sotto il pennacchio / altezzoso
Sono memoria di qualche perduto regno?

Di Palmarito come di Tumbes.


Dolente il viso, spenti le braci / dell’ira.
Ognuno interroga.

Legato il collare sul torace.


Un estuario lo sguardo. Infiorano i tizzoni,
il fazzoletto che immaginiamo rosso,
la croce che ha smesso di esserlo
poiché la festa richiede apparati.

-Siamo negri,
meticci di chiaroscuro,
mani sonore, fianchi agili,
corpo apparecchiato all’amore.

Ramati di alti attributi.

VII
Si compia l’offerta.
Si accenda la miccia.
Per aria il trabocco,
il dardo per fendere il cielo.
E’ molto seria la guida.

Suonino i petardi.
Alzino i diavoli la loro fumata.
105

VIII
Bajo la enramada,
para limpiar los aires,
manos curtidas,
aguzadas vocales de violines.

Arrancó el baile.
Imagínese las parejas iguales
y distintas bajo un mismo signo.
A nadie pareciera interesarles.

Véase una María,


los cuentos inasibles de sus ojos:
atractiva es para el regocijo ciudadano.
Tampoco a él le importará mañana.

(Paréntesis)

Llevamos una cámara oculta, un disfraz


-manera ingenua de palpitar el corazón-.
Por detrás el destino asedia.
¿Acaso eludiremos su látigo implacabile?

IX
Son muchas las ocultaciones.
Dispares los rostros de sus máscaras.
De un mismo rubio color
sus barbas cabelleras barbas.

Vendrá el silencio.

¿En el altar encontrará solaz


el alma ayer festiva?

Santísima cruz, imágenes sagradas,


altas ramas, flores, tragaluz,
ardidas lámparas votivas
elevarán nuestro pudor al cielo,
contrito el corazón.
106

VIII
Sotto le fronde,
per nettare l’aria,
mani conciate,
aguzze vocali di violini.

Si diede inizio al ballo.


S’immaginino le copie uguali
e dissonanti sotto il medesimo segno.
A nessuno sembrerebbe interessare.

Si veda a una Maria,


le cavità imprendibili dei suoi occhi:
attrattiva per la gioia cittadina.

(Parentesi)

Portiamo una camera nascosta, una maschera


-maniera ingenua di battere il cuore-.
Da dietro il destino attornia.
Forse sfuggiremo dal suo nerbo implacabile?

IX
Sono tanti gli occultamenti.
Dispari i volti delle loro maschere.
Di uno stesso biondo colore
Le sue barbe capigliature barbe.

Verrà il silenzio.

Sull’altare troverà piacere


l’anima ieri festante?

Santissima croce, immagini sacre,


alti rami, fiori,
Lucernario
Arse lampade votive
solleveranno il nostro pudore verso il cielo,
contrito il cuore.
107

X
La hilandera tiene los hojos por dentro.
Su madeja es blanca
como los socorros del perdón.

Cordero de Dios.

Su gloria está en las manos de tejer.


Así de sencilla es su vida.
Su vida está en las manos de tallar.
Así de sencilla es su gloria.

XI
Esos brazos enjutos,
esas magruras de manos
por años palparon
secretos de la arcilla.

Terso es su contorno.

Un signo alumbra su perfil.

XII
Ni un lamento.
El árbol sin sombra, todo verdor.

-Las rejas me separan del mundo.


No lo quiera mi abrigo.

¿Podrán acaso con mi llama


de ensoñación primera
atada a la madera
y al cabo que ella quema?

XIII
Los dedos sobadores anudan,
ascienden, pulsan, desanudan:
la mueca se escurre por la cara.
El dolor hinca sus raíces.
108

X
La filatrice ha gli occhi in dentro.
la sua matassa è bianca
come gli soccorsi del perdono.

Agnello di Dio.

La sua gloria è nelle mani che tessono.


Così semplice la sua vita.
La sua vita nei fili della trama e dell'ordito.
Così semplice la sua gloria.

XI
Quelle braccia magre,
quelle asciuttezze di mani
per molti anni palparono
i segreti dell’argilla.

Terso è il suo contorno.

Un segno ravviva il suo profilo.

XII
Neppure un lamento.
L’albero senz’ombra, tutto verde.

-Le inferriate mi separano dal mondo.


Non lo voglia il mio cappotto.

Potranno forse con la mia fiamma


di chimera primordiale
legata al legno
e dopo che si accende?

XIII
Dita massaggiatrici annodano,
s’innalzano, pulsano, si sciolgono.
La smorfia scivola dal volto.
Il dolore affonda le sue radici.
109

Ningún lamento.

La luz doró sus sienes.


De surco en surco la frente.
Mediodía de luz sus cabellos.

Su aventura es ese afán.

¡Con qué simpatía|


¡Cuánta nieve ha caído!

Mirada franca, soberana.

XIV
Con el amanecer llegaron a la plaza.
Cargados de granos y de flores.

¿Cuánto pesa el ardor de nuestras vidas?


Anca, aparejo y silla entroncan
con el brazo de labor cumplida.
La pupila derrama esparcimientos.
Pocas veces la ventura es cotidiana.

XV
Frescura de melaza en la estancia.
Él la vierte. Ella crea su ribera,
su cuerpo de moza cobriza y deslumbrante.
Toda dulzura su magma, su intimidad
/ flotante.

Punza. Hurga. Manosea.


El chimó irradia, aroma, cristaliza.
110

Non c'è lamento.

La luce dorò le sue tempie.


Di solco in solco la fronte.
Mezzodì di luce i suoi capelli.

La sua vicissitudine è quell'anelito.

Con quale simpatia!


Quanta neve è caduta!

Sguardo franco sovrano.

XIV
Con l’alba sono arrivati alla piazza.
Carichi di grani e di fiori.

Quanto pesa l’ardore delle nostre vite?


Anca, apparecchio e sedia, si congiungono
con il braccio di un lavoro già fatto.
La pupilla versa sparpagliamenti.

Poche volte la fortuna è quotidiana.

XV
Freschezza di melassa nella tenuta.
Lui la sparge. Lei crea la sua riva,
il suo corpo di giovane donna ramata e splendente.
Tutta dolcezza il suo magma, la sua intimità.
/ galleggiante.

Punge. Fruga. Sfrega.


Il chimò 45 irradia, aroma, cristallizza.

Pasta di estratto di tabacco cotto e sale di urau, che assaporano gli abitanti della Cordigliera
45

Occidentale del Venezuela portandolo alla bocca.


111

XVI
Altas son las hogueras.
Judas arde.
Pronto serán cenizas
los trapos de su cuerpo.

Polvo nuestros huesos consumidos.

XVII
La eternidad vela nuestro asombro.
112

XVI
Alti sono i roghi.
Giuda arde.46
Presto diverranno cenere
gli stracci del suo corpo.

Polvere le nostre ossa consunte.

XVII
L’eternità vigila sulla nostra meraviglia.

46
Tradizione religiosa popolare venezuelana che consiste nella costruzione di un pupazzo che
rappresenta la figura dell’apostolo Giuda e che viene bruciato in piazza il giorno di Pasqua.
113

EFRAIN HURTADO

el animal47

A veces
me derriba un gran vértigo.
A medianoche
me veo deshauciado en los espejos,
el monstruo me abandona a una muerte atroz.
Para olvidarme, ambulo por lugares
muy quietos
o me voy por años a otros poblados,
para olvidarme,
aunque soy la víctima de siempre,
mi cómplice más cruel.

47
Efrain Hurtado, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
114

L’animale

A volte
mi atterra una grande vertigine.
A mezzanotte
mi vedo spacciato negli specchi,
Il mostro mi abbandona a una morte atroce.
Per dimenticare, me ne vado per luoghi
molto quieti,
o mi allontana per qualche anno in altri paesi,
per dimenticare,
anche se sono la vittima di sempre,
il mio complice più crudele.
115

FRANCISCO PÉREZ PERDOMO

Somos las máscaras48

Maldigo esta lengua


incapaz de murmurarte al oído
la palabra evidente
Aparte de la economía o derroche del lenguaje
toda lengua a la hora precisa
pierde el control de sus propias palabras
Es la hora en que desde las profundidades
ascienden los monstruos dominantes
Y por más singular que se afirme
todo lenguaje propio
en suma carece de propiedades
Sólo somos las máscaras en donde resuenan
las desaparecidas voces de antaño.

48
Francisco Pérez Perdomo, in Miranda, Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía
venezolana del siglo XX, 1907-1996, Universidad de Puerto Rico, 2001.
116

Siamo le maschere

Maledico questa lingua


incapace di sussurrarti all'orecchio
la parola evidente
Oltre che la sobrietà la dissipazione del linguaggio
ogni lingua al momento esatto
perde il controllo delle sue stesse parole
E' l'ora in cui dalle viscere
salgono i mostri dominanti
e nonostante si affermi in modo singolare
ogni loro linguaggio
insomma manca di proprietà
Solo siamo le maschere in cui risuonano
le voci disperse del tempo che fu.
117

Para escapar49

Para escapar al pánico de las noches


y la incriminación de los vocablos
me acuesto
me levanto
mis pasos resuenan como una fiebre
minuciosamente ordenada en el laberinto de las calles
me extravío en los barrios apartados

Pero el acoso de las voces


me sigue como una balada fatal

De nada han servido mis arrodillamientos


mis silbidos y mis brazos en jarras
y estos hojos tan tristes y escamados
deslizándose bajo la luna y las bombillas eléctricas
hasta una hora tan impropiamente avanzada

Sobresale en particular una voz enconada


voz anonadante
una voz muy estridente que repta como un cáncer
por las capas cerebrales

En las aceras y sobre las basura que levanta el viento


me rindo a mis fantasmas

49
Ibidem.
118

Per scappare

Per scappare dal panico delle notti


e dall'incriminazione dei vocaboli
mi corico
mi levo
i miei passi riecheggiano come una febbre
scrupolosamente ordinata nel labirinto delle strade
mi perdo nei quartieri acquattati.

Ma il fiato sul collo delle voci


m'insegue come una ballata fatale.

A nulla son serviti i miei inginocchiamenti


i miei sibili e le mie braccia nelle brocche
e questi occhi così tristi e squamati
scivolano sotto la luna e le lampadine
fino a un'ora così impropriamente avanzata

Spicca in particolare una voce esasperata


una voce che strabilia
una voce assai stridente che striscia come un cancro
per gli strati del cervello.

Nei marciapiedi
e sopra il pattume che innalza il vento
mi arrendo davanti ai miei fantasmi.
119

m50

Mi mujer y yo nos estiramos


y sacamos la cabeza de la urna del sueño
sin recursos de magia
Y puestos ya en la superficie
seguimos aquella larga conversación sin causa
que nos lleva en su flujo y nos duerme de nuevo
hasta que vuelve el diálogo
y se para en medio de nosotros dos
a manera de un tercer personaje
y nuevamente nos arrastra
igual
y nos hunde de pronto
y nuevamente nos rescata
y así…

50
Francisco Pérez Perdomo, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de
poesía y teoría poética, nn. 6-7, cit.
120

Mia moglie e io ci stiracchiamo


e tiriamo fuori la testa dall’urna del sonno
senza ricorrere alla magia
E una volta che siamo in superficie
proseguiamo con quella lunga conversazione senza scopo
che ci trasporta nel suo flusso e ci addormenta di nuovo
fino a quando non rispunta il dialogo
e si ferma in mezzo a noi due
come un terzo personaggio
e di nuovo ci trascina
uguale
e d’un tratto ci sprofonda
e di nuovo ci redime
e così …
121

Una soledad 51

No, no era un ser humano,


era algo incorpóreo, un espectro
sostenido por su congoja,
un grito más allá del dolor, unos
hojos huecos detenidos
en la absorta reflexión de la muerte,
una forma olvidada
de otra forma, sin peso y sin edad
y a horcajadas sobre una tierra
seca y neutra, sobre una calle
como bestia leprosa que olfateara
entre los aires podredumbre,
no, era más que un quejido,
eso, tal vez una soledad inmune
a los límites del tiempo
y sonando en una extraña dimensión.

Una solitudine

No, non era un essere umano,


era un che d'incorporeo, uno spettro
tenuto in piedi dalla sua angoscia,
un grido al di là del dolore, alcuni
occhi cavi inchiodati
all'assorta riflessione della morte,
una forma dimenticata
di un'altra forma, senza peso e senza età
e a cavalcioni sopra una terra
arida e neutra, su una strada
come bestia lebbrosa che annusa
nell'aria il putridume,
no, era più di un lamento,
questo, forse una solitudine immune
ai limiti del tempo,
che risuona in una dimensione inconsueta.

51
Francisco Pérez Perdomo, in Miranda, Julio E. (a cura di), Antología histórica de la poesía
venezolana del siglo XX, 1907-1996, cit.
122

cl 52

Creciendo, creciendo, desalojando espacio, me desplazaba


hacia la superficie. Tenía el hábito de la autoestructuración
feroz y del análisis. El desplome de ciertas partes (evoco
ahora las piernas) me trasladaba de ese conocimiento frío
y cerebral a un sentimiento nostálgico. El último recuerdo
personal se instaló no sé por cuánto tiempo en los escombros
de mi brazo.

cl

Crescendo, crescendo sgomberando lo spazio, mi muovevo


verso la superficie. Avevo l’abito dell’autostrutturazione
feroce e dell’analisi. Il crollo di certe parti (evoco
ora le gambe) mi distaccavo da quella conoscenza fredda
e celebrale a un sentimento nostalgico. L’ultimo ricordo
personale si è insediato non so per quanto tempo tra le
macerie del mio braccio.

52
Francisco Pérez Perdomo, Joven poesía venezolana, nn.6/7, Valencia, 1972.
123

Fig. 6
124

Fig. 7
125

GUILLERMO SUCRE

SINO GESTOS 53

plume solitaire éperdue


MALLARMÉ

Las notas que tomo en mi memoria


y luego olvido o traslado
torpemente,
desasistido ya
de ese relámpago que enardecía mi infancia,
las veo llenarme de ruinas, frases
que no logro hilvanar
con hechizo,
y así se deslizan,
discurren con crueldad.
Lo extraño: su tenaz compañía,
los gestos, los sueños que hacen
nacer en mí
y las furias, las cóleras
que en mí sepultan.
Para decirlo todo: añaden no
la confusión
sino el espejo
transparente
del fracaso.
Donde me miro y reconozco
mi rostro.

Guillermo Sucre, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía hispanoamericana,


53

México, Fondo de Cultura Económica, 1985.


126

SOLO GESTI

plume solitaire èperdue


MALLARMÉ

Le note che mi entrano nella memoria


e dopo dimentico o metto da altra parte
crudelmente,
abbandonato ormai
da quel lampo che accendeva la mia infanzia,
le vedo colmarsi di rovine, frasi
che non riesco a imperniare
con un sortilegio,
e così scivolano
discorrono con crudeltà.
La stranezza: la loro tenace compagna,
i gesti, i sogni, che fanno
nascere in me
e le furie, le collere
che in me sotterrano.
A dirla tutta: aggiungono non
la confusione
bensì lo specchio
trasparente
della disfatta.
Dove mi osservo e riconosco
il mio viso.
127

a igual podredumbre condenados


el poema
la mano que lo escribe
y la que lo borra
la mirada que lo sigue
y la que lo rechaza
el que lo sueña
solamente
el que además lo inventa
128

a eguale putridume condannati


la poesia
la mano che la scrive
e quella che la cancella
lo sguardo che la segue
e quello che la rinnega
quello che la sogna
soltanto
colui che inoltre la inventa.
129

EL ÚNICO ESPLENDOR54

Escribir algo tormentoso y deslumbrante


El recuerdo de aquel paraje me hace ser humilde
Como el sol declinábamos hacia el poniente
Recorriendo alucinados territorios
En el espejo del verano la herrumbrada
Extesión de un planeta
Entre vegas jardines pastizales
Figuramos una desconocida primavera
Pero en aquel paraje apareció el único
Solitario esplendor
El clima estallaba en los araguaneyes
Otro fuego nunca fue más dorado
La soledad el silencio la inmensidad
Forjaban allí su cólera
Como decir su paciencia
No eran pátinas sino bruscas
Resplandecientes espadas del tiempo
No hubo más sol en ese soleado atardecer
Ni más cielo
Cetrería inmortal aún vuelan en la memoria
Aquellas aves de oro
Dama de cuerpo blanco
cuando de la cascada del baño
sales
desnuda (oh delgada) te veo destilando
transparencia
la penumbra asciende y florece en la
frescura
de tus piernas
las secas las arqueas
las alargas
piedras lisas en medio del Manacal
allí resbalo me baña la felicidad
no quiero que te cubras

54
Ibidem.
130

L’UNICO SPLENDORE

Scrivere qualcosa di torrenziale e abbagliante


Il ricordo di quel luogo mi fa umile
Come il sole declinavamo verso ponente
Traversando regioni allucinate
Nello specchio dell'estate l'arrugginita
Estensione di un pianeta
Tra lande giardini pascoli
Ci figuriamo un' ignota primavera
Ma in quel posto apparve un unico
Isolato splendore
Il clima erompeva tra gli araguaneyes55
Altro fuoco non fu mai più indorato
La solitudine il silenzio l'immensità
Forgiavano lì la loro collera
Come a dire la loro pazienza
Non erano patine bensì aspre
Rifulgenti spade del tempo
Non c'è stato altro sole in quell'assolato imbrunire
Né altro firmamento
Falconeria imperitura ancora si librano nella memoria
Quegli uccelli d'oro
Dama dal corpo bianco
quando dalla cascata del bagno
esci
nuda (oh esile) ti osservo stillando
chiarezza
la penombra sale e sboccia nella
frescura
delle tue gambe
le asciughi, le inarchi
le allunghi
pietre lisce in mezzo al Manacal56
lì scivolo m'irrora la felicità
non voglio che tu ti copra

55
Albero della zona torrida venezuelana. Il suo nome scientifico è tecoma spectabilis, dal legno
molto duro e immarcescibile.
56
Da Manaca, nome volgare con il quale si indica una specie di palma il cui nome scientifico è
euturpe oleracea. Il Manacal è il luogo dove abbondano le manacas.
131

te ríes
con un fulgor triste en tus ojos
sacudes tu pelo
largo todavía empapado
helechos del mediodía
me besas sabes (me dices)
que soy bello (“mi bello”)
me abrazas (como me abrasa tu frescor) “tú
bella”
me llevas en tus brazos
me vistes y vamos
a jugar al patio (otra vez) bajo el parral
rodeados por la pasión

del calor
Ya uno sólo tiene derecho a muy pocas cosas
Sé o algo me lo hace saber que no puedo hablar
de la felicidad
Abandoné mi casa y no he vuelto a ella
la cubrirán ahora las hiedras y en aquel traspatio
ni fuego ni mano que lo encienda
algún día la borrarán las lluvias y no estaré
allí para levantarla de nuevo
(qué nos hace partir y cómo podemos partir)

Cómo entonces siquiera mencionar esa palabra


que necesita del amparo de una fidelidad para ser
real
Pero sé o creo saber que la felicidad existe
justamente allí donde no existe
que mantener el calor de su presencia prepara
(si) no su destello su limpidez
Así pues no puedo hablar de la felicidad pero
puedo callarme en ella
recorrer su silencio la vasta memoria de no
haberla tenido.
132

tu ridi
con uno sfolgorio cupo negli occhi
scuoti i capelli
lunghi ancora impregnati
felci del mezzogiorno
grava il sopire
mi baci sai (mi dici)
che sono bello (“mio caro”)
mi abbracci (come mi accende la tua ombra) “tu
bella”
mi porti alle tue braccia
mi vesti e andiamo
a giocare nel cortile (di nuovo) sotto la pergola
serrati nella passione

dell'afa
Ormai uno ha diritto a pochissime cose
So o qualcosa me lo fa sapere che non posso discutere
della felicità
Ho lasciato la mia casa e non ci sono più tornato
la ricopriranno ora le edere e in quel cortile di dietro
né fuoco né mano che lo accenda
qualche giorno la cancelleranno le piogge e non sarò
lì per ricostruirla di nuovo
(cosa ci fa partire e come possiamo partire)

Come fare a meno di menzionare quella parola


che necessita di una fedeltà per essere
reale
Però so o credo di sapere che la felicità esiste
proprio lì dove non esiste
che mantenere il calore della sua presenza prepara
(se) non il suo bagliore la sua chiarezza
Così dunque non posso parlare della felicità ma
posso placarmi in lei
percorrere il suo silenzio l'ampia memoria di non
averla posseduta.
133

La felicidad ahora me doy cuenta no es el tema


de un discurso sino el discurso mismo
un discurso que siempre se aparta de su tema o
que después de haber sido escrito descubre
discurre
que debe ser escrito de nuevo
la ciudad de mi infancia,
ha borrado las fronteras, los confines.
A veces, en la inminencia del clima, se destronan
las grandes lluvias:
nos sobrecoge entonces un silencio, anterior
y distinto al silencio de estos muros.
Nadie que fulgure vive aquí su destello,
sino su abismo;
cada ser engendra su distancia, su reflejo.
Sin cólera tal vez, aislados de paciencia,
interrogamos a la noche;
su temible imperio pesa como un destino,
pero nada amanece que no sea la faz monótona
de otro día.
134

La felicità ora me ne rendo conto non è il tema


di un discorso che di continuo si allontana dal suo tema o
che dopo essere stato scritto svela
desume
che debba essere riscritto
la città della mia infanzia,
ha estinto le frontiere, i confini.
A volte, nell’imminenza del clima, si detronizzano
le grandi piogge:
allora ci investe il silenzio, anteriore
e diverso dal silenzio di questi muri.
Nessuno che risplenda vive qui il suo bagliore,
bensì il suo abisso;
ogni essere partorisce la sua distanza, il suo riflesso.
Senza rabbia forse, isolati di pazienza,
interroghiamo la notte;
il suo impero temibile pesa come un destino,
ma nulla fa spuntare il giorno se non l’aspetto monotono
del giorno che segue.
135

estamos solos en medio de la tierra 57

Estamos solos en medio de la tierra,


en la gestación del verano;
ausentes, precipitados, como los días,
en el desierto del tiempo.
El viento que se levanta del Oeste y estremece
la ciudad de mi infancia,
ha borrado las fronteras, los confines.
A veces, en la inminencia del clima, se destronan
las grandes lluvias:
nos sobrecoge entonces un silencio, anterior
y distinto al silencio de estos muros.
Nadie que fulgure vive aquí su destello,
sino su abismo;
cada ser enegendra su distancia, su reflejo.
Sin cólera tal vez, aislados de paciencia,
interrogamos a la noche:
su temible imperio pesa como un destino,
pero nada amancece que no sea la faz monótona
de otro día.

57
Guillermo Sucre, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
136

siamo soli in mezzo alla terra

Siamo soli in mezzo alla terra,


nella gestazione dell’estate;
assenti, precipitati, come i giorni,
nel deserto del tempo.
Il vento che si leva da Occidente e scuote
la città della mia infanzia,
ha dissolto le frontiere, i limiti.
A volte nell’imminenza del clima si detronizzano
le grandi piogge:
allora ci coglie un silenzio, anteriore
e diverso dal silenzio di queste mura.
Nessuno che sfolgora, vive qui il suo chiarore,
ma il suo precipizio;
ogni essere partorisce la sua distanza, il suo riverbero.
Forse senza collera, isolati di pazienza,
interroghiamo la notte:
il suo temibile impero pesa come un destino,
ma nulla si desta che non sia la faccia monotona
del giorno che segue.
137

JESÚS SANOJA HERNÁNDEZ

Dios, es de día, vengo58


Dios no existe en lunes, desenvuelto sobre tierra
en tono tierno o abriendo los quejidos del veneno.
Dios oculto en su cuchillo y dejando una tinta siena
sobre el buey tirado en la sábana, comedor del cielo.
Dios que vino a bordo y púsose a oler pasionarias
y a escalar muros y a darle vueltas y más vueltas a la casa.
Dios mate, Dios que quiso besarte cuando dormías
y decirte eres flor, eres sigilo, carga, desamparo.

Dios a quien, si lo sorprendo, habrá de hincarse


y pedirme perdón y explicarme llagas de los mártires,
Dios que prosigue en el ser, pero que atonta.
Dios como un sombrero sobre el grito de todo el mundo.

Dios
y su alfiler,

Dios, es de día, vengo.

58
Jesús Sanoja Hernández, La mágica enfermedad y otros poemas, Monte Ávila Editores
Latinoamericana, Caracas, 1997.
138

Dio, è giorno, vado

Dio non esiste di lunedì, srotolato sulla terra


teneramente o schiudendo gemiti di veleno
Dio nascosto nel suo coltello e lasciando un inchiostro ocra
sul bue sbalzato sul lenzuolo, mensa del cielo.
Dio che è salito a bordo e si è messo a odorare la passiflora
e a scalare le mura e a girare sempre di più intorno alla casa.
Dio mate, che ha voluto baciarti mentre dormivi
e dirti sei un fiore, sei un sigillo, una carica, un abbandono.

Dio colui che se lo sorprendo, si dovrà inginocchiare


e chiedermi perdono e spiegarmi le piaghe dei martiri,
Dio che prosegue nell'essere, ma che istupidisce.
Dio come un sombrero sull'urlo di tutto il mondo.

Dio
e la sua spilla,

Dio, è giorno, vado.


139

Máquinas de ahora59
Va naciendo temor en el engranaje, el no de la pausa,
y perdiéndose la esperanza de vencer, el sí de la pelea,
tragaluz en el candado, herraje en las ciudades,
posibilidad trunca en cada cuarto.

En un hermoso abrazo el escogido felicita al héroe


Y éste se conturba; porque le falta tiempo,
porque no puede visitar a su madre, porque junta sueldos
y vive en ínfima condición, filtrado por el miedo.

A punto de que lo consideren abatido, brinda y exalta


y va sentándose con el segundo, con el quinto,
y canta como si fuera día de fiesta y en su voz
no hay limadura, ni afrenta, ni violencia.

Adentro está la máquina. Exaspera. Y por más


que él se balance a la derecha, algo lo inclina a la izquierda,
y la substancia se hace hiladiza
y el aceite se sobrepasa en lo profundo.

Allí está la fábrica sacando azules enlatados


y amores con tuercas y rígidos maniquíes de pasión.
Allí los mecanismos dando saltos salvajes
en frascos con mapas de lujuria, en paraísos
con serpientes de cien hojas.

Y el héroe no alcanza el cielo,


lo agarran manos, pinzas, hierros de amplia boca:
y así goza, no tanto a solas como fecundado
por multitudes que aman con piezas voladoras.

59
Ibidem.
140

Le macchine di adesso

Va nascendo il terrore dell'ingranaggio, il no della pausa,


e perdendosi la speranza di vincere, il sì della lotta,
il lucernario nel lucchetto, ferrature nelle città,
possibilità tronca in ogni stanza.

In un superbo abbraccio il prescelto ossequia l'eroe


e questo si conturba; perché gli manca il tempo,
poiché non può visitare sua madre, perché racimola il salario
e vive in una condizione infima, filtrato dalla paura.

Al punto che lo reputano abbattuto, brinda ed esulta


e va sedendosi con il secondo, con il quinto,
e canta come se fosse un giorno di festa e nella sua voce
non c'è limatura, né affronto, né furia.

Dentro c'è la macchina. Esaspera. E per quanto


si bilanci a destra, qualcosa lo inclina alla sinistra,
e la sussistenza si fa sfilacciata
e l'olio sopravanza nella profondità.

Là si trova la fabbrica producendo azzurri inscatolati


e amori con bulloni e rigidi manichini di passioni.
Lì ci sono meccanismi che spiccano salti selvaggi
in barattoli con coperchi di lussuria, in paradisi
con serpenti di cento foglie.

E l'eroe non perviene al cielo,


lo agguantano mani, pinze, ferri dall'ampia bocca:
e così gode, non tanto da solo come fecondato
dalle moltitudini che amano con pezzi volanti.
141

JOSÉ BARROETA

todos han muerto60

Todos han muerto.


La última vez que visité el pueblo
Eglé me consolaba
y estaba segura como yo,
de que habían muerto todos.

Me acostumbré a la idea de saberlos callados


bajo la tierra.
Al comienzo me pareció duro entender
que mi abuela no me trae canastos de higo
y se aburre debajo del mármol.

En el invierno
me tocaba visitar con los demás muchachos
el bosque ruinoso,
sacar pequeños peces del río
y tomar, escuchando, un buen trago.

No recuerdo con exactitud


Cuándo empezaron a morir.
Asistía a las ceremonias y me gustaba
Colocar flores en la tierra recién removida.

Todos han muerto.


La última vez que visité el pueblo
Eglé me esperaba
dijo que tenía ojeras de abandonado
y le sonreí con la beatitud de quien asiste
a un pueblo donde la muerte va llevándose todo.

Hace ya mucho tiempo que no voy al poblado


No sé si Eglé siguió la tradición de morir
o aún espera.

60
José Barroeta, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y teoría
poética, nn. 6-7, cit.
142

tutti sono morti

Tutti sono morti.


L’ultima volta che ho visitato il paese
Eglé mi consolava
ed era sicura, come me,
che fossero morti tutti.

Mi avvezzai all’idea di saperli in silenzio


Sotto terra.
All’inizio mi fu difficile abituarmi all’idea
che mia nonna non mi portasse più i cesti di fichi
e si annoia sotto il marmo.

D’inverno
Mi toccava visitare assieme agli altri ragazzi
Il bosco in rovina,
tirar fuori dal fiume piccoli pesci
e bere, ascoltando, un bel sorso.

Non ricordo precisamente


quando cominciarono a morire.
Presenziavo le cerimonie e mi piaceva
disporre i fiori sulla terra appena rimossa.

Tutti sono morti.


L’ultima volta che ho visitato il paese
Eglé mi aspettava
disse che avevo le occhiaie da negletto
e le sorrisi con l'estasi di chi assiste
a un paese dove la morte si porta via tutto.

E’ da ormai molto tempo che non vado al villaggio.


Non so se Eglé ha continuato con la tradizione di morire
o se ancora attende.
143

Fig. 8
144

Fig. 9
145

JUAN CALZADILLA

Oruga 61

Prácticamente estoy obligado a arrastrarme para


realizar, como si se tratara de una proeza, hasta la
más insignificante de mis maniobras. Mi desliza-
miento, empero, es demasiado lento y, encima, se
ve que a cada momento es interrumpido por un

se

fo
ro

Escalera hacia el olvido62

Jerarquizar la memoria atendiendo a los niveles de


olvido que nos van alejando en sentido descendien-
te de ella y conforme a la distancia establecida de
mayor a menor

por
cada
uno
de
sus
peldaños.

61
Juan Calzadilla, Fragmentos para un magma, Caracas, Ministerio de la Cultura, Conac,
Artes Visuales, 2005.
62
Ibidem.
146

Bruco

In pratica sono obbligato a strisciare per


realizzare, come se si trattasse di una prodezza, fino
alla più insignificante delle mie movenze. Il mio
scivolìo tuttavia è troppo lento e per giunta, si
vede che ogni momento è interrotto da un

se
ma
fo
ro

Scala verso l'oblio

Gerarchizzare la memoria considerando i livelli della


dimenticanza che ci vanno allontanando in senso discenden-
te da lei secondo la distanza stabilita di
maggiore e minore

da
cias
cuno
dei suoi
gradini
147

Ran ura63

Entre lo que te propones


y lo que puedes hacer hay un gran abismo
no lo vas a salvar sal tando de orilla a orilla

Puñal64

Me hacen culpable como si yo


Hubiera elegido ser el que
soy y como si por haber
elegido ser el que soy
fuera culpable de haber
hecho lo que he hecho.
Pretenden ignorar que
todo esto fue desde
un comienzo una
coartada
de la
provi
den
cia

Consejo aeronáutico65

Más seguro que volar es caminar.


Pero, si puedes, arrástrate.

63
Ibidem.
64
Ibidem.
65
Ibidem.
148

Fes sura

Tra ciò che ti proponi


e ciò che puoi fare c'è un grande abisso
non lo vai a superare sal tando da una sponda all'altra.

Pugnale

Mi rendono colpevole come se io


avessi scelto di essere quello
che sono e come se per aver
scelto di essere quello che sono
fossi colpevole di aver
fatto quello che ho fatto
pretendendo di ignorare
che tutto questo è stato
dall'inizio un
alibi
della
provvi
iden
za

Consiglio aeronautico

Più sicuro che volare è camminare,


ma, se puoi, striscia.
149

Espiral 66

Fig. 10

Una forma en espiral cuya circonvolución ensanchándose en torno a un centro


fijo, avanzando más y más, pone en marcha sin prisa una línea de palabras que
permite estructurar – hasta donde lo permiten las palabras – la firma
volu(n)ta(d) con que se desplaza este caracol.

Una forma a spirale la cui circonvoluzione dispiegandosi intorno a un centro


fisso, avanzando sempre di più, mette in moto senza fretta una linea di parole
che consente di articolare – fino al punto in cui lo concedono le parole – la
ferma volo(n)t(à) con cui si sposta questa lumaca.

66
Ibidem.
150

POEMA67

POEMA CON FORMA DE TRIANGULO


POEMA CON FORMA DE TRAINGU
POEMA CON FORMA DE TRIAN
POEMA CON FORMA DE TRI
POEMA CON FORMA DE T
POEMA CON FORMA DE
POEMA CON FORMA
POEMA CON FOR
POEMA CON
POEMA C
POEMA
POE
P

67
Ibidem.
151

Legítima defensa68

Mi seguridad termina
puertas adentro del ojo del otro
Mi odio se diversifica como una red que tiene
por eje el núcleo de la tormenta
No procedo más que en la legítima defensa de lo que
no soy
Se me permite situarme en un sitio estratégico
de mi cuerpo para vigilarme mejor
Mis movimientos son tuyos, ciudad
Me habitas cruelmente
hostigas mi éxodo
orientas mis pasos hacia los estados de postración
Armas mis equilibrios con frágiles varas
que el fuego alimenta.

Juan Calzadilla, in J. Calzadilla, Israel. O. Oropeza, D. González, El Techo de la Ballena.


68

Antología 1961-1969, Caracas, Monte Ávila Editores Latinoamericana, 2008.


152

Legittima difesa

La mia sicurezza termina


alla soglia di casa dell'occhio dell'altro
Il mio odio si distingue come una rete che ha
per asso il nucleo della tempesta
Non procedo oltre che alla legittima difesa di ciò
che non sono
Se mi si concede di stare in un angolo cruciale
del mio corpo per sorvegliarmi meglio
I miei movimenti sono tuoi, città
mi abiti crudelmente
il mio esodo molesti
orienti i miei passi verso stati di abbattimento
Armi il mio equilibrio con fragili verghe
che il fuoco alimenta.
153

Esperando salvación69

Los números ceros atraviesan las paredes


de los cráneos limpios de conciencia se internan
por el ojo de los funcionarios a quienes atormenta la manía de contar
que padecen en silencio sus miopías con sus trajes limpios
mientras sueñan despiadadamente en sus aulas comunes
sin olvidar sus desvelos de padres múltiples ni su avidez
de contar todo lo que está al alcance de sus manos
agachándose al recibir la orden cuando por distracción
algún número solitario cae al suelo para recogerlo y extenderlo
de nuevo sobre la mesa igual que a un hueso de ballena
que necesita de una exacta comprobación
Allí mismo comienzan a sobrar ceros cifras humillantes
que enloquecen al encargado de poner fuego a los billetes de banco
sucios arrugados billetes sin dueño que derrite la carnicería
de esta llama infamante y ya no hay ceniza en los dientes
sino boletos de tren que después de todo se transforman
en partidas de defunción
en nuestra sociedad de excluidos se ha producido un excedente increíble
de ceros a la izquierda los funcionarios no saben qué hacer
con sus esqueletos retorcidos como hierro viejo
bajo las tormentas de papel
sus esqueletos aguardando salvación
sus esqueletos demasiado grandes donde ya no caben
que no saben qué hacer con su desmedida sed de lucro y su celo
ni qué hacer con el tamaño de todas sus desdichas
Sus cadáveres exageradamente grandes
donde caben todos los difuntos

69
Ibidem.
154

In attesa di salvazione

I numeri zero passano attraverso le pareti


dei crani lindi di coscienza s'addentrano
attraverso l'occhio dei funzionari la cui tortura è la smania di contare
che patiscono in silenzio le loro miopie con le loro vesti pulite
mentre sognano crudelmente nelle loro gabbie comuni
senza scordare le loro insonnie di padri plurimi nella loro avidità
di contare tutto quello che per loro è a portata di mano
chinandosi a ricevere l'ordine quando per disattenzione
qualche numero solitario cade al suolo per raccattarlo e stenderlo
di nuovo sul tavolo come se fosse l'osso della balena
che bisogna di un preciso accertamento
lì stesso iniziano ad avanzare zeri cifre avvilenti
che fanno impazzire l'addetto ad appiccare fuoco alle banconote
impiastricciati spiegazzati bigliettoni senza possessore che scioglie il macello
di questa fiamma obbrobriosa e nei denti con c'è più cenere
ma biglietti del treno che in conclusione si tramutano
in certificati di morte
nella nostra società di esclusi si è prodotta un'eccedenza pazzesca
di zeri a sinistra i burocrati non sanno che fare
con i loro scheletri ritorti come ferro vecchio
sotto i subbugli di carta
i loro scheletri che indugiano in attesa di un affrancamento
i loro scheletri troppo grandi dove già non entrano
che non sanno come agire con la loro smisurata sete di lucro e il loro zelo
né cosa fare con la mole di tutte le loro sciagure
i loro cadaveri smodatamente grandi
dove vanno tutti ad addentrarsi i morti.
155

El invisible sale de casa70

Una vez que se toma el sombrero, la despedida es cosa inevitabile


Entonces el invisible sale de casa ¿Volverá?
las palabras se juegan la vida, se cruzan acertijos como cartas
que otra vez son espadas y así termina el último acto,
pistola en mano, pero no antes de que los invitados lleguen
trayendo flores con esos ademanes discretos que preceden
a la noche de bodas y aun con la gota de vino que salpica
sus ojos y aun al mismo féretro que muy pronto
se ha cansado de esperar, que ya a nadie mete miedo
pues necesita más espacio para respirar, más hormigas
que obliguen su paso
y los amigos deben volver, han vuelto, ya están en casa
sentados con el cuello de la camisa más brillante que mortaja
o caminando de puntillas para no hacerse notar,
andando de esa manera distinguida que no oculta el brillo
de los zapatos detrás de la mesa de comer,
mas alguien debe hacer el resto cuando el pesado traje
se queda sin cuerpo colgando como res muerta en los ganchos
de carnicería cuando falta recoger los vasos rotos, poner la cabeza
en grandes negocios, hacer las cuentas del entierro
llenar nuevamente las tazas de café
que propagan un amable ruido de platos por toda la casa
y que piden dar las buenas noches como a inquilino molestoso
sin olvidar esa flor en el ojal que de pronto asusta más que al muerto
despacio, despacio puesto que la tierra necesita de alimento
y suponemos que todo lo que hagan con ese cuerpo ajeno
harán luego con el tuyo para conformidad de los asistentes
otra vez ese cuerpo enganchado en la noche
que no sabría leer su suerte en la hoja que come un bachaco,
eso mismo que te preocupa mientras ladra tu cabeza
y echas más azúcar en el café arrojando con tu pala tanta tierra,
tanta tierra fría sobre el montón que sobresale alegremente
como si se acabara de decorar el arbolito
y después te callas, te dan por muerto
y después te tienes que sentar, guardando un silencio
conveniente y apagan la luces y no te mueves y sientes

70
Ibidem.
156

L'invisibile esce di casa

Una volta che si piglia il cappello, il commiato è cosa inevitabile


allora l'invisibile esce di casa. Ricomparirà?
Le parole si giocano la vita, si scambiano rompicapi come carte
che ancora sono spade e così termina l'ultimo atto,
pistola alla mano, ma non prima che gli invitati arrivino
recando con sé fiori con quei gesti discreti che precedono
la notte delle nozze e finanche con la goccia di vino che sprizza
i loro occhi e perfino lo stesso feretro che in fretta
stancato si è di aspettare e che ormai più a nessuno mette strizza
giacché necessita di più spazio per respirare, più formiche
che impegnino il loro passo
e gli amici devono tornare, sono tornati, già stanno in casa
seduti con il collo della camicia più terso di un sudario
o avanzando in punta di piedi in quella maniera così distinta che non cela il
[nitore
delle scarpe dietro il tavolo,
ma qualcuno deve compiere il resto quando il vestito pesante
langue senza corpo appeso come un bue trapassato ai ganci
della macelleria quando bisogna raccogliere i bicchieri rotti, infilare la testa
nei grossi affari, fare i conti col sepolcro
riempire di nuovo le tazze del caffè
che propagano un frastuono placido di piatti per tutta la casa
che chiedono di dare la buonanotte come un inquilino irritante
senza scordare quel fiore all'occhiello che lesto impaurisce più del morto
piano piano perché la terra abbisogna di sostentamento
e presumiamo che tutto quel che compiamo con quel corpo alieno
lo faranno in secondo luogo con il tuo per conformità dei presenti
di nuovo corpo agganciato alla notte
che non saprebbe leggere la sua sorte nella foglia che divora un formicone
lo stesso che ti turba mentre abbaia la tua testa
e ci aggiunga altro zucchero al caffè sbalzando tanta terra con la pala,
tanta terra gelida sul cumulo che sporge beatamente
come se si completasse di decorare l'alberello
e dopo ti ammutolisci, ti spacciano per morto
e dopo ti devi sedere osservando un silenzio
conveniente e spengono le luci e non ti muovi e senti
157

bajo tus párpados crecer los pelos del difunto cavando en tu frente
como un agua lustral; y después estamos sobre la alfombra
en esa postura intransigente que molesta como cuerda
demasiado ceñida a una garganta
Si regresas al otro día mucho tiempo se habrá ido
en la amapola seca: las sillas colocadas reflexivamente
ante la mesa donde se jugaba anoche una partida,
tu retrato que se pudre sin que se altere el rostro
teje la araña lo que se desteje en el reloj, mucho tiempo violento
marcado por el vuelo de la mariposa negra en el cuarto
mucho tiempo que no se sabe si ha pasado realmente
por tu rostro o por el lomo del caballo que otro amo
con su ojo engorda plácidamente,
un día desfigurado por las lluvias en que las hormigas
cargan la hoja de tabaco.
158

sotto le tue palpebre crescere i peli del deceduto scavandoti sulla fronte
come un'acqua lustrale; e dopo giaciamo sul tappeto
in quella postura ostinata che infastidisce come corda
troppo stretta a una gola
Se torni il giorno dopo molto tempo sarà andato via
dal papavero secco: le sedie disposte in modo accorto
intorno al tavolo dove ieri sera si giocava una partita,
il ritratto tuo che marcisce senza che se ne alteri il volto
tesse la ragnatela quello che si distesse dell'orologio, molto tempo crudele
impresso dal volo della farfalla nera nella camera
molto tempo che non si sa se è trascorso realmente
sul tuo viso o sul dorso del cavallo che un altro padrone
con il suo occhio impingua sereno
un giorno sfigurato dalle piogge in cui le formiche
caricano la foglia del tabacco.
159

Sobre el derecho a enloquecer71

Decía Pessoa que enloquecer es un derecho natural.


Lo que no me parece natural es que el que enloquezca
por derecho proprio no llegue a estar consciente
de su locura que pueda dar uso de tal derecho para
recobrar la razón.

Por eso, debemos estar siempre listos para enloquecer.


Eso garantiza que la locura no nos coja por sorpresa
ni se convierta en decepción para todos
los que esperaban de ti una cordura
larga y bien remunerada.
Y a tiempo completo.

71
Juan Calzadilla, in Arteliteral. Escritura venezolana hoy. URL del sito: www.arteliteral.com
160

Sul diritto a impazzire

Pessoa ha detto che impazzire è un diritto naturale.


Quello che naturale non mi sembra è che chi perde il senno
per diritto proprio non giunge a essere consapevole
della sua pazzia che può far uso di tal diritto per
recuperare il discernimento.

Per questo, dobbiamo sempre stare attenti a impazzire.


Ciò ci assicura che la pazzia non ci colga di sorpresa
né si converta in delusione per tutti
quelli che speravano da te un buonsenso
ampio e ben corrisposto.
E a tempo pieno.

Fig. 11
161

Asilo en otro cuerpo72

Mi cuerpo es el lugar donde momentáneamente


he encontrado asilo. Lo que más temo en este nuevo
estado es que pueda ser víctima de una orden de
desocupación y que entonces no tenga yo
otro cuerpo a donde ir.
A menos que me asignen cupo en un galpón del cielo.

Paradoja del circunloco73

Yo estoy bastante satisfecho de que


pueda hablarme a mí mismo
y de que, además, pueda ser oído por alguien
que como yo es de mi entera confianza.
Y que me presta tanta tanta atención
como la que yo a mí mismo me presto.

Derecho a réplica74

Cuando la naturaleza respeta tu vida


y te salva por un tris en el momento
en que estás a punto de perecer
es porque ya se habrá arrebatado a otro.
La naturaleza no suelta prendas.
Pero cuando es a ti a quien, en una segunda vuelta,
la arrebata, es porque sabe que
no tienes derecho a replica.
Ni más alternativa.

72
Ibidem.
73
Juan Calzadilla, in Revista Festival Internacional de Poesía Medellín. URL del sito:
www.festivaldepoesiademedellin.org
74
Juan Calzadilla, in Arteliteral, cit.
162

Asilo in un altro corpo

Il mio corpo è il luogo dove momentaneamente


ho trovato asilo. Quello che temo di più in questo nuovo
stato è che possa esser vittima di un avviso
di sfratto e che in tal caso non abbia io
un altro corpo dove andarmene.
A meno che mi assegnino un posto sotto il tendone del firmamento.

Paradosso del circumpazzo

Sono abbastanza soddisfatto di poter


parlare a me stesso
e anche di poter essere sentito da qualcuno
che come me è di mia completa confidenza.
E che mi presta tanta tanta attenzione
come quella che io presto a me stesso.

Diritto di replica

Quando la natura rispetta la tua vita


e ti salva in un battibaleno nel momento
in cui stai per cessare di vivere
è perché se l'è presa già da qualcuno.
La natura non molla l’osso.
Ma quando ti becca una seconda volta
te l'afferra, è perché sa che
non hai diritto di replica.
Né più alternativa.
163

Asuntos de economía metafísica75

- ¿Qué buscabas en los semblantes


perdidos entre los cuerpos de la multitud?

- Alguien que, porque nunca existió,


no ha desaparecido.
O a alguien que, porque no estaba desaparecido,
nunca existió
o a nadie.

Estética de bolsillo76

Si todo está permitido, nada es imprevisible.


Por tanto, no hay secreto, no hay misterio,
no hay enigma, no hay originalidad.
Apenas un catálogo a la mano.

Las puertas del espacio77

No escribo sobre aquello que pasa por mi cabeza.


Más bien escribo sobre aquello por lo que mi cabeza pasa.
Vivo solo, enterrado en mi cuerpo.
Yo soy mi universo y mi solo firmamento.
A veces desde afuera una corriente de aire entra
cuando se abre la puerta y un montón de cosas
viene a instalarse en mi mesa.
¡Cuánto desearía yo que como la puerta
mi cabeza pudiera abrirse siempre!
Pero, ay, esto ocurre sólo algunas veces.

75
Juan Calzadilla, in Fernando Sabido Sánchez, Poetas Siglo XXI – Antología de Poesía
Mundial. URL del sito: poetassigloveintiuno.blogspot.it
76
Juan Calzadilla, in Arteliteral, cit.
77
Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura
Hispánica, cit.
164

Assunti di economia metafisica

- Che vai cercando nei visi


dispersi dentro le spoglie di una moltitudine?

- Qualcuno che, poiché mai è esistito,


non è sparito.
O qualcuno che, giacché non era scomparso,
mai è esistito
o nessuno.

Estetica della tasca

Se tutto è permesso, nulla è imprevedibile.


Quindi, non c'è segreto, non c'è mistero,
non c’è enigma, non c’è novità
Solo un catalogo a portata di mano.

La porta dello spazio

Non scrivo su quello che passa per la mia testa.


Ma piuttosto sopra quello che per la mia testa passa.
Vivo isolato, sotterrato nel mio corpo.
E sono il mio universo e il mio solo firmamento.
A volte da fuori una corrente d'aria entra
quando si apre la porta e un cumulo di cose
s'impianta sul mio tavolo.
Come vorrei che simile alla porta
la mia testa potesse sempre schiudersi!
Ma questo, mannaggia, succede solo talvolta.
165

¿Por qué tengo yo que ir más aprisa? 78

A través de la ventanilla del automóvil


observo los muros, las casas, las calles,
los árboles, los pastos, los cultivos, los baldíos,
que ante mí también pasan raudos
a la misma velocidad a que yo paso
pero en dirección contraria,
como si entre la naturaleza y yo se estableciera
una pugna para decidir
quién se despide y quién se queda.
¡Oh, de ningún modo pretendo ni quiero
permanecer fijo!
Mi movilidad es lo que hace que viva.
Es, así pues, mi carta de triunfo.
Pero ¿por qué tengo yo que ir más aprisa
y dar cuenta de los frutos de mi rápida incursión
en esta vida, de las ganancias y pérdidas
que en el trayecto hice?
En realidad yo a donde quiero ir
es hasta donde mi viaje termine
No hasta donde ustedes quieren
que yo rápidamente vaya
haciéndome creer que con esto me ahorran
más dolores y penas
y que la partida y el final son igualmente fatales.
En realidad, como les digo, yo lo que quiero
es que me dejen llegar a donde mi meta se acabe,
tranquilo, sin que sienta pena por no haberme ocupado
de hacer el balance de ganancias y pérdidas,
subido a mí mismo, sí,
y apenas tan rápido como me lo permiten mis cuatro extremidades.

Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura


78

Hispánica, nn. 49-50, primavera-otoño, Rhode Island, 1999.


166

Perché devo correre così in fretta?

Attraverso il finestrino dell'auto


osservo muri, case, strade,
alberi, pascoli, campi, terre incolte,
che davanti a me ancora sfilano rapidi
alla stessa velocità in cui passo
ma in direzione opposta,
come se tra me e la natura s'istituisse
una lotta per decidere
chi si congeda e chi resta.
Oh, in nessuna maniera pretendo, né voglio
restare inchiodato!
Il mio dinamismo mi tiene in vita,
dunque questo è il mio asso nella manica.
Ma perché io devo andare più in fretta
e rendere conto dei frutti della mia rapida incursione
in questa vita, di ricavi e perdite
che lungo il tragitto ho prodotto?
In realtà dove voglio andare
e fino a dove il mio viaggio ha termine
Non fino a dove voi volete
che io vada di corsa
portandomi a credere che con questo mi dispensiate
più dolori e strazi
e che la partita e il finale siano allo stesso modo fatali.
In realtà, come io vi dico, ciò che voglio
è che mi consentiate di giungere dove la mia meta è compiuta,
quieto, in pace senza che mi vergogni di non essermi occupato
di stilare un bilancio di ricavi e perdite,
salitomi in groppa,
e appena così repentino
come me lo consentono le mie quattro estremità.
167

Itaca: escrito en el álbum de Emily79

Es más fácil llegar para el que está dentro


que para el que viene de afuera.

No es menester que avance andando lentamente


o a la carrera, que sepa la dirección o que la averigüe.

Ni que dé muestra de estar llegando, liviano o exhausto,


a campo traviesa, por avenidas, bosques o encrucijadas.

No importa el medio de transporte, lento o acelerado,


ni la velocidad a que hace el camino ni el paso de las horas.

Bien enterado del sitio, no necesitará cruzar la calle


ni abrir la puerta para informar, como Ulises, que ha llegado.

Y para que, dentro, en el hogar estén junto a él convocados,


al calor del fuego, unos brazos, una mirada, unos labios.

Bastará que esté en su casa


para saber en ese mismo momento

que sin necesidad de venir de afuera


ya ha llegado
ya ha llegado.

79
Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, cit.
168

Itaca: scritto nell’album di Emily

E' più facile arrivare per chi sta dentro


che per chi viene da fuori.

Non è necessario che avanzi camminando lentamente


o di corsa, che sappia l'indirizzo o che lo stia cercando.

Neppure che mostri di stare arrivando, leggero o affaticato,


traverso i campi, i viali, i boschi, o gli incroci.

Non importa il mezzo di trasporto, lento o accelerato,


né la velocità con cui fai il sentiero, né il trascorrere delle ore.

Ben informato del luogo, non ci sarà bisogno di attraversare la strada


né aprire la porta per avvisare, come Ulisse, che è arrivato.

E perché, dentro, nel focolare, siano radunati insieme a lui


al calore del fuoco, delle braci, uno sguardo, delle labbra.

E' sufficiente che sia in casa


per sapere in quel preciso istante

senza bisogno di venire da fuori


che già è arrivato,
che già è arrivato.
169

No tengo excusas para explicar porque no soy otro80

No tengo palabras no tengo excusas por no haber llegado


a tiempo para decir la verdad ni por haber nacido en
otro país
No tengo motivos de vida especiales No tengo
tres manos cien pies nueve bocas siete puñales
Lamentablemente no tengo conversación
No sé con qué frases hechas puedo calmar la furia de mi
doble
No tengo tesoro alguno oculto bajo la piedra del espíritu
No tengo en mi propio cuerpo una escalera para
subir posiciones sobrenaturales
No poseo más que la materia inconfundible
de lo que nunca ha podido levantar vuelo
no tengo inconvenientes en declararme vencido
en hacerme el muerto No tengo excedentes
de culpas que puedan aminorar la velocidad
de mi caída
No tengo piel inasible
No tengo por cierto disposición para los diálogos dura-
deros.

80
Juan Calzadilla, in Giovani poeti sudamericani, Torino, Einaudi, 1972.
170

Non ho parole per spiegare perché non sono un altro

Non ho parole, non ho giustificazioni per non essere arrivato


a tempo a dire la verità né per non essere nato in un altro paese
Non ho motivi di vita speciali Non ho
tre mani cento piedi nove bocche sette pugnali
Malauguratamente non ho dialogo
Non so con quali frasi fatte posso domare la furia del mio
doppio
Non ho alcun tesoro sotto la pietra dello spirito
Non ho nel mio corpo una scala
per innalzarmi a posizioni soprannaturali
Non posseggo altro che la materia inconfondibile
da cui mai ho potuto levarmi in volo
Non ho complicanze a dichiararmi vinto
a fare il morto Non ho eccessi
di colpa che possano ridurre la rapidità
della mia caduta
Non ho pelle inafferrabile
Non ho di certo disposizione per i dialoghi dure-
voli.
171

Con malos modales81

Con malos modales soy tu apariencia interna y externa,


tu verdadero ser, tu virus, tu extrema unción,
el caníbal en que me convierto
sin esperar mucho tiempo en los parques lustrosos
me envilezco sin ninguna razón
me envilezco por nada, me envilezco más pronto que el odio
que actúa bajo el efecto del ácido corrosivo
hago de tu traje mi mejor máscara
te muestro una rosa dentro de un Volcán
bebo para ejercitar mi tino en la escama de la boa
en fin encuentro que me tardo, que he perdido mis días,
que no hay diferencia entre la potencia y el deseo, entre el deseo
y el acto, entre el acto y el crimen
huyo de mis antepasados, los encuentro en todas partes
en los volúmenes de historia en mis camisas en el barniz de la mesa
y en la mesa misma en los paréntesis de lóbulos abiertos,
en las carnicerías, en los perros de presa en los ramos de flores
en la página 4.

81
Juan Calzadilla, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma,
Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965.
172

Con cattive maniere

Con cattive maniere sono la tua apparenza interna ed esterna,


il tuo vero essere, il tuo virus, la tua estrema unzione,
il cannibale in cui mi converto
senza attendere molto tempo in parchi risplendenti
mi avvilisco senza nessuna ragione
mi avvilisco per nulla, mi avvilisco più lesto dell'odio
che agisce sotto l'effetto dell'acido corrosivo
faccio del mio abito la mia maschera migliore
ti mostro una rosa dentro un Vulcano
bevo per esercitare il mio tatto nella squama del boa
infine mi accorgo che ci spendo tanto, che ho smarrito i miei giorni,
che differenza non c'è tra potenza e desiderio, tra il desiderio
e l'atto, tra l'atto e il crimine
fuggo dai miei avi, li trovo da tutte le parti
nei tomi di storia nelle mie camicie nella vernice del tavolo
e nel tavolo stesso nelle parentesi dei lobi aperti,
nelle macellerie, nei cani da caccia nei rami dei fiori
a pagina 4.
173

Los métodos necesarios82

Las costumbres han hecho de mí


un ser abominable
impaciente, aguardo todo el día como un funcionario
privado del sueño a quien se le obliga a permanecer amarrado
eternamente en su silla
el empresario ha cubierto el suelo con un paraguas
ha hecho del mundo el lugar apto para un crimen
he reducido increíblemente a los hombres al tamaño de una bala
más valdría hacer algo, te digo
dispararlos, remover los scombros para buscar una salida
olvidar todo propósito inconcebible y constituir la felicidad
a cualquier precio y del modo más inmediato
con tablas de toda ley de todo naufragio de toda ferocidad
para tener sobre qué morir el día venidero
y adaptar esta muerte a un fin necesario hecho a su propia medida
reducir la dicha a términos humanos como mueble
que entra por casa de pobre
y crearla en nombre de todos
por todos los medios que estén a la vista por los medios lícitos
o ilícitos por medio del bien y por medio del mal
utilizando todos los métodos, los métodos pacíficos
y los métodos bélicos por los métodos más violentos
incluyendo el suicidio.

82
Juan Calzadilla, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, Departamento de Literatura de la U.C., Valencia (Venezuela), mayo-
agosto, 1972.
174

I modi necessari

Le abitudini hanno fatto di me


un essere abominevole
smanioso aspetto il giorno come un funzionario
privato del sonno a cui è imposto di rimanere legato
in eterno su una seggiola
l'impresario ha coperto il cielo con un ombrello ha reso
il mondo un luogo acconcio al misfatto
ha ridotto per assurdo gli uomini alla dimensione di un proiettile,
sarebbe meglio far qualcosa, ti dico
di sparargli, sgombrare le macerie per trovare un'uscita, dimenticare
proponimento impensabile e costruire la felicità a qualsiasi prezzo
e alla maniera più diretta con le tavole di ogni legge di ogni naufragio
di ogni efferatezza per avere qualcosa su cui perire il giorno appresso
e conformare questa morte a un fine necessario fatto su misura
ridurre la felicità in termini umani come un mobile
che entra attraverso la casa di un povero
e plasmarla in nome di tutti
con tutti i mezzi che sono in vista con i mezzi leciti
e illeciti mediante il bene e mediante il male
adoperando tutti i metodi, i metodi pacifici
e i metodi di guerra traverso i metodi più efferati
compreso il suicidio.
175

Andamio sin alas83

“Agárrese de la brocha y deme la escalera”.


Eso me dijeron que hiciera, durante tantísimos años.
Y junto con decirlo pasaban a la demostración.
¿Y cómo tubiera podido darles la escalera
estando yo subido en ella,
en el más alto de los peldaños?
Por eso mis caídas fueron fatales
pues ni siquiera tuve tiempo
de pintar unas alas
para, cual Icaro, agarrarme a ellas .

Impalcature senza ali

“Afferri il pennello e mi dia la scala”.


Mi hanno detto di farlo, per tantissimi anni.
E dicendolo passavano alla prova.
E come avrei potuto dare la scala
standoci io sopra,
nel più alto dei suoi gradini?
Per questo mi sono state fatali
perché neppure ho avuto il tempo
di pitturare delle ali
per, come Icaro, afferrarmi a queste.

Juan Calzadilla, in Roger B. Carmosino (direttore-editore), INTI, Revista de Literatura


83

Hispánica, cit.
176

Fig. 12
177

JUAN SÁNCHEZ PELÁEZ

Filiación oscura84

No es el acto secular de extraer candela frotando una


piedra.
No.

Para comenzar una historia verídica es necesario atraer


en sucesiva ordenación de ideas las ánimas, el
purgatorio y el infierno.

Después, el anhelo humano corre el señalado albur.


Después, uno sabe lo que ha de venir o lo ignora.

Después, si la historia es triste acaece la nostalgia.


Hablamos del cine mudo.

No hay antes ni después; ni acto secular ni historia


verídica.

Una piedra con un nombre o ninguno. Eso es todo.

Uno sabe lo que sigue. Si finge es sereno. Sin duda,


caviloso.

En la mayoría de los casos, uno no sabe nada.

Hay vivos que deletrean, hay vivos que hablan tuteándose


y hay muertos que nos tutean,
pero uno no sabe nada.

En la mayoría de los casos, uno no sabe nada.

84
Juan Sánchez Peláez, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía
hispanoamericana, México, Fondo de Cultura Económica, 1985.
178

Filiazione oscura

Non è l'atto secolare di estrarre fuoco strofinando una


pietra.
No.
Per iniziare una storia autentica è necessario attrarre
in ordine successivo di idee le anime, il
purgatorio e l'inferno.

Dopo, l'anelito umano corre verso il destino segnato.


Dopo, uno sa ciò che è da venire o l'ignora.

Dopo, se la storia è triste subentra la nostalgia.


Parliamo del cinema muto.

Non c'è prima né poi; né atto secolare né storia


autentica.

Una pietra con un nome o nessuno. Questo è quanto.

Uno sa quel che cerca. Se finge è sereno. Se tentenna,


contorto.

Nella maggior parte dei casi, uno non ne sa nulla.

Ci sono vivi che scandiscono, ci sono vivi che parlano dandosi del tu
e ci sono morti che ci danno del tu,
ma uno non ne sa niente.

Nella maggior parte dei casi uno non ne sa niente.


179

Mi padre partió una tarde a España85

Antes de partir, me dijo:


Hijo mío, sigue la vía recta,
Tú tienes títulos.
En esta época tan cruel
No padecerás.

Por dicha experiencia de años anteriores


Van y vienen voces ligadas a ti,
Padre.
Y me basta ahora y siempre
El salvoconducto de tu sangre
Mi partida de nacimiento con las inscripciones dúctiles
Del otro reino.

Ahora te digo:
No tengo títulos
Tiemblo cada vez que me abrazan
Aún
No cuelgo en la carnicería.

Y ésta es mi réplica
(Para ti):
Un sentimento diáfano de amor
Una hermosa carta que no envío.

85
Ibidem.
180

Mio padre partì un pomeriggio per la Spagna

Prima di partire, mi disse:


Figlio mio, segui la retta via,
Tu hai titoli.
In quest’epoca così spietata
Non soffrirai.

Riguardo a cose già dette in tempi passati


Vanno e vengono voci che ti riguardano
Padre.
E mi basta ora e per sempre
Il salvacondotto del tuo sangue
Il mio atto di nascita con le iscrizioni duttili
Dell'altro regno.

Ora ti dico:
Non ho titoli
Tremo ogni volta che mi abbracciano
Ancora
Non sono appeso nella macelleria.

E questa è la mia risposta


(Per te):
Un sentimento diafano d'amore
Una bella lettera che non spedisco.
181

Y todas las chimeneas nostálgicas86

Y todo el pajarillo de existir


Y todo el verde ribazo marítimo
(En las bahías el zumbido de una flor)
Y todo cómplice
Preciso
Creciente
Y uno exclama
Y se envanece
Al margen
De rodillas en el país.

86
Ibidem.
182

E tutti i camini nostalgici

E tutto questo spappagallare sull’esistenza


e tutta la verde ripa del mare
(e nelle baie il ronzio di un fiore)
E tutto complice
Preciso.
Crescente
E uno esclama
E si monta la testa
al margine
Prostrato nel paese.
183

LUIS ALBERTO CRESPO

Espejismos87

De qué aguas
las tejas
el largo sobre nosotros

El paso del lino


por las manos, el paño
mojándonos

O más de noche,
en lo último

Y las palabras de agua


con que hablábamos y los relámpagos
entre los dientes,
por última vez

Entre nosostros el áspero


La puerta,
su marca en las manos,
llaves perdidas
Esta, la otra, su polvo
El día, en el reloj, igual de noche
De cuarto en cuarto,
caminos cerrados
Hablando como tierra
Palabras de quedarse, de irse,
pero, adentro, más adentro

87
Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, Caracas, Monte Ávila Editores, 1977.
184

Miraggi88

Di che acque
le tegole
la lunghezza su di noi

Il passo del lino


sulle mani, il panno
impregnandoci

O ancora più notte


in ultimo

E le parole d'acqua
con le quali parlavamo e i lampi
tra i denti,
per l'ultima volta

Tra di noi l'aspro


La porta,
la sua impronta nelle mani,
chiavi perdute
Questa l'altra, la sua polvere
Il giorno, nell'orologio, pari alla notte
Di stanza in stanza,
strade serrate,
Parlando come terra
Parole per restare, per andare,
ma dentro, più addentro.

88
Luis alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.
185

Me doy con amargura

Me doy con amargura


donde dice Aregue
Y me arde aquel sucio
como una herida
Digo palabras con cabras
El viento apura todo
Sólo el crujido del monte
es como ser.

Mi riconsegno all'amarezza89

Mi riconsegno all'amarezza
dove dice Aregue90
E mi brucia quello sporco
come una ferita
Scambio parole con le capre
Il vento affretta tutto
Solo lo scricchiolo dell’erbaccia
è come essere.

89
Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.
Villaggio che si trova nei pressi della città di Carora, capitale del municipio Torres dello stato
90

Lara. Fondato nel 1616 dal governatore della provincia del Venezuela, Francisco de la Hoz
Berrio.
186

Fig. 13
187

Mucha luz91

Hice fundos con cachos de ganado


en lo último del solar. A golpes
los saqué de las vacas muertas del matadero.
Venía de la escuela,
el bulto de piedras atrás,
y me miré en los espejos del recibo,
debajo del sombrero de hacendado.
Ordeñaba con unos potes amarillos
y embrollé el algodón de mi abuela
al abrirme la mano buscando entre los peroles
una res perdida.
De los albañales salieron los gatos recién paridos
y se bebieron la leche de agua de mi fundo.
Mi hermanito estaba detrás de los pilares.
Para espantarlo, le di en la frente. Se le perdió la cara.
Me dejaron encerrado con los bichos de la despensa.
Vi cuando tiraron mi fundo a la basura,
asomado a la rendija,
como un perro.

91
Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.
188

Molta luce

Ho creato un fondo con le corna del bestiame


nella fetta recondita della casa. A colpi
gliel'ho estratto dalle mucche morte del mattatoio.
Giungevo dalla scuola,
uno zaino tirato a tracolla come un macigno,
e mi sono guardato negli specchi della sala,
sotto il cappello del latifondista.
Mungeva con vasetti gialli
e ho intricato il cotone della nonna
mentre aprivo la mano cercando tra i barattoli
una bestia smarrita.
Dalle fogne sono usciti i gatti nati che è poco
e hanno bevuto il latte d'acqua del mio fondo.
Mio fratello stava dietro i pilastri.
Per impaurirlo, lo centrai sulla fronte. Gli sparì la faccia.
Mi han rinchiuso con gli insetti delle dispense.
E ho visto quando han gettato il mio fondo nell’immondizia,
affacciato alla grata,
come un cane.
189

Señales92

Vengo de lugares ásperos,


de sitios quemados hasta lo último,
hasta los palos de la luz.
El día no siguió en la parte de hojas
Donde estuve hundido,
en las puyas de la quebrada.
Grande,
la mitad oscuro,
el camino me va a dejar baboso,
rayado.
¡Quién cantara
La canción que hace correr a los duendes!
Esos señores me siguen
y mueven cerros para perderme.
Desde mi casa me llaman.
Hasta en el humo de la comida.
Allá, sobre unos terrones,
me esperarán con un rejo.

El temblor93

Cuando vinieron los temblores


y la gente se mudó para la calles,
los zaguanes; aquel aguacero
de dos días y las matas rotas,
tu familia tenía las camas, los chinchorros
enfrente. Estaba tapada con sábanas,
con cobertores.
Vi cuando te echaron la colcha
Y la amarraron en las puntas de la cama,
cuando te levantaste, embatada, muy tarde
y escuché tu bulla, en los nísperos.

92
Ibidem.
93
Ibidem.
190

Segnali

Vengo da luoghi asprigni,


da posti bruciati del tutto,
persino i pali della luce.
Il giorno non andò avanti dalla parte delle foglie
dove me ne stavo affondato,
nei pungoli del torrente.
Grande,
la metà oscura,
il cammino mi lascerà bavoso,
raschiato.
Chi canterebbe
la canzone che fa correre gli gnomi!
Quei signori mi tallonano
e smuovono le montagne per smarrirmi.
Dalla mia casa mi chiamano.
Fino al vapore del cibo.
Là, sopra alcune zolle,
mi attenderanno con una spranga.

Il terremoto

Quando son giunti i terremoti


e la gente sfollò per strada
negli atri; quell'acquazzone
di due giorni e le piante spezzate,
la tua famiglia aveva i letti, le amache,
di fronte. Era protetta con le lenzuola,
con le sovraccoperte.
Ho visto quando ti hanno gettato la trapunta
e l'hanno legata alle punte del letto,
quando ti sei alzata con la vestaglia, molto tardi
e ho ascoltato il tuo strepito, tra i nespoli.
191

Mi cama, un carro de mula


con aquella sábana amarrada a los copetes;
y tú de venida, sin tocar el suelo, ese bulto,
esa mujer que te volviste,
se perdió en el corredor
y no volvió más.

El oro94

Los encandilados que fuimos.

Nadas tantas veces,


sin volver al patio.

Sin la sombra,
sobra la carta, la sequedad

Agarrados a los techos


distintos
y no así, pálidos,
sin aparecer, tocados de ceniza.

94
Luis Alberto Crespo, Costumbre de Sequía, cit.
192

Il mio letto, un carro di mula


con quel lenzuolo legato alle strisce;
e tu che venivi, senza lambire il suolo, quel fardello,
quella donna che sei diventata,
si è persa nel corridoio
e non è tornata.

L’oro

Gli abbagliati che fummo

Nuoti tante volte,


senza tornare dal cortile

Senza l'ombra,
avanza la faccia, la siccità

Aggrappati ai tetti
diversi
e non così, pallidi,
senza apparire, cosparsi di cenere.
193

LUIS CAMILO GUEVARA

diablo de verdún95

Es el final de la calle
y ni siquiera hay rosas
la candela brinca
de un lugar a otro
Nadie osa mirar
ni las rejas ni los portones
abiertos

¿Para qué se hicieron esas telarañas


esos ventanales
esos jardines
y esas intensas amapolas al aire?

Anda conmigo
sombra de los vendavales
y condúceme condúceme pronto
a la mansión
donde retienes mi otra parte inmortal

95
Luis Camilo Vergara, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía
y teoría poética, nn. 6-7, cit.
194

diavolo di verdun

Qui finisce la strada


e nemmeno ci sono le rose
il fuoco saltella
da un posto all’altro
nessuno osa guardare
né le inferriate né i portoni
aperti

Perché sono state fatte quelle ragnatele


quei finestroni
quei giardini
quegli intensi papaveri per aria?

Vieni con me
Ombra dei venti
e portami presto
alla dimora
dove trattieni la mia altra parte immortale
195

LUIS GARCÍA MORALES

ciertos instantes96

A pesar de los errores del tiempo,


a pesar del tiempo que ordena y desordena la vida
persiguiendo idéntico fin,
hoy es marzo detrás de esas paredes azules,
hoy es marzo alrededor de esa llama que brota en los suburbios.

A pesar de la carne que se esfuma en el tiempo


y del tiempo que levanta sus ruinas
mezclando los placeres a la súplica
hay un árbol que no da sombra sino luz,
hay un océano sin término
cuyo oleaje es la luz,
hay una palabra en la tiniebla
y la tiniebla es luz.
Te esperaba. He aguardado entre semejantes
y la semejanza con el otoño
fue llegar y partir, regresar y partir
como un río invisible que el tiempo arrastra.
Y he visto las ciudades cambiar su mercadería en la sombra,
envejecer los puertos,
el agua sonando sus náufragos contra las rocas,
los seres cada vez más iguales al viento.
No esperaba este delirio de casas ahogadas ardiendo
No esperaba estos perros aullando en la bahía
detrás de silbidos que nadie oye.

Y el fuego duerme en la penumbra,


la nieve entre las rosas,
la huella de los peces y el rastro de las aves
se esfuman en los mismos corredores de invierno.

96
Luis García Morales, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
196

certi istanti

Nonostante gli errori del tempo,


nonostante il tempo che combina e scombina la vita.
Inseguendo un medesimo fine,
oggi è marzo dietro a quelle pareti azzurre,
oggi è marzo intorno a quella fiamma che sboccia tra i borghi.

Nonostante la carne che si dilegua nel tempo


e del tempo che leva le sue rovine
mischiando i piaceri alla supplica
c’è un albero che non fa ombra ma luce,
c’è un oceano senza fine,
il cui ondeggiare è la luce,
c’è una parola nella tenebra
e la tenebra è luce.
Ti aspettavo.
Ho atteso tra simili
e la similitudine con l’autunno
è stata arrivare e partire, tornare e partire
come un fiume invisibile che il tempo trascina.
E ho visto le città mutare la loro mercanzie nell’ombra,
degradare i porti,
l’acqua che rievoca col suono suoi naufraghi tra le rocce,
gli esseri sempre simili al vento.
Non mi aspettavo questo delirio di case affogate mentre bruciano
Non mi aspettavo questi cani ululanti nella baia
dietro ai fischi che nessuno ascolta.

E il fuoco dorme nella penombra,


la neve tra le rose,
l’impronta dei pesci e la traccia degli uccelli
si dileguano negli stessi corridoi d’inverno.
197

MIYÓ VESTRINI

deja que el periódico resbale bajo el brazo97

Deja que el periódico resbale bajo el brazo,


para ganar tiempo,
recogerlo,
buscar la llave,
entrar,
evitar el sofá roto y los platos sucios,
mientras en el otro extremo de la ciudad,
pese al brusco estupor que lo asalta,
el hombre está a punto de despertarse.
No podías entonces, Giovanna, sino guardar
silencio en la oscuridad
recordando lo leído en la revista,
como una historia confusa y extraña,
de un hombre que había muerto en el sur.

97
Miyo Vestrini, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
198

fa’ che il giornale scivoli sotto il braccio

Fa’ che il giornale scivoli sotto il braccio,


per guadagnare tempo
raccattarlo,
cercare la chiave,
entrare,
evitare il divano rotto e i piatti sporchi,
mentre dall’altra parte della città,
nonostante il busco stupore che lo assale,
l’uomo è quasi per svegliarsi.
Allora non potevi, Giovanna, se non tacere
nell’oscurità
ricordando quanto letto sulla rivista,
come una storia confusa e strana,
di un uomo che era morto a sud.
199

Fig. 14
200

Fig. 15

Fig. 16
201

RAFAEL CADENAS

Derrota98

Yo que no he tenido nunca un oficio


que ante todo competidor me he sentido débil
que perdí los mejores títulos para la vida
que apenas llego a un sitio ya quiero irme (creyendo que mudarme
es una solución)
que he sido negado anticipatamente y ayudado de manera
humillante y escarnecido por los más aptos

que me arrimo a las paredes para no caer del todo


que soy objeto de risa para mí mismo
que creí que mi padre era eterno
que he sido humillado por profesores de literatura
que un día pregunté en qué podía ayudar y la respuesta fue una
risotada
que no podré nunca formar un hogar, ni ser brillante, ni triunfar
en la vida
que he sido abandonado por muchas personas porque casi no hablo

que tengo vergüenza por actos que no he cometido


que poco me ha faltado para echar a correr por la calle
que he perdido un centro que nunca tuve
que me he vuelto el hazmerreír de mucha gente por vivir en
el limbo
pues no encontraré nunca quien me soporte
que fui preterido en aras de personas más miserables que yo
que seguiré toda la vida así y que el año entrante seré muchas
veces más burlado en mi ridícula ambición
que estoy cansado de recibir consejos de otros más aletargados
que yo («Ud. es muy quedado, avíspese, despierte»)
que nunca podré viajar a la India
que he recibido favores sin dar nada en cambio

98
Rafael Cadenas, in Jole Tognelli, Gianni Toti (a cura di), “Poesia contemporanea del
Venezuela”, in Galleria, rassegna bimestrale di cultura, nn.5-6 Caltanissetta – Roma,
Salvatore Sciascia Editore, Settembre-Dicembre 1965.
202

Fallimento

Io che mai ho avuto un mestiere


che davanti a ogni rivale mi son sentito fragile
che ho perso i migliori attestati per la vita
che appena arrivo in un luogo già voglio andarmene (credendo che mutar
baracca sia una
soluzione)
che sono stato rifiutato anzitempo e aiutato in maniera
umiliante e schermito dai più idonei

che mi addosso alle pareti per non cadere del tutto


che sono oggetto di sarcasmo per me stesso che ho creduto
che mio padre fosse eterno
che sono stato avvilito dai docenti di letteratura
che un giorno ho chiesto in cosa potessi aiutare e la replica fu una
risata
che non ho potuto mai farmi una famiglia, né essere brillante, né esultare
nella vita
che sono stato mollato da molte persone perché quasi non parlo

che mi vergogno degli atti che non ho commesso


che poco ci mancava che mi buttassi a correre per la strada
che ho perduto un centro che mai ho avuto
che sono tornato ad essere lo zimbello per molta gente per annaspare
nel limbo
che mai incontrerò qualcuno che mi sopporti
che fui escluso da persone più miserabili di me
che ho passato la vita in modo tale che l’anno prossimo sarò molte
volte beffato nella mia ridicola ambizione
che sono stanco di ricevere consigli da altri più letargici di me («Lei è molto
indietro,si dia una mossa, si svegli»)
che non potrò mai viaggiare in India
che ho ricevuto favori senza ricambiare nulla
che vado per la città da un capo all'altro come una piuma
che mi lascio condurre dagli altri
che non ho una personalità né voglio averla
che tutto il giorno tappo la mia ribellione
che non mi sono aggregato a una guerriglia
203

que ando por la ciudad de un lado a otro como una pluma


que me dejo llevar por los otros
que no tengo personalidad ni quiero tenerla
que todo el día tapo mi rebelión
que no me he ido a las guerrillas
que no he hecho nada por mi pueblo
que no soy de las FALN y me desespero por todas estas cosas y
por otras cuya enumeración sería interminable

que no puedo salir de mi prisión


que he sido dado de baja en todas partes por inútil
que en realidad no he podido casarme ni ir a París ni tener un
día sereno
que me niego a reconocer los hechos
que siempre babeo sobre mi historia

que soy imbècil y más que imbécil de nacimiento


que perdí el hilo del discurso que se ejecutaba en mí y no he
podido encontrarlo
que no lloro cuando siento deseos de hacerlo
que llego tarde a todo

que he sido arruinado por tantas marchas y contramarchas


que ansío la inmovilidad perfecta y la prisa impecable
que no soy lo que soy ni lo que no soy
que a pesar de todo tengo un orgullo satánico aunque a ciertas
horas haya sido humilde hasta igualarme a las piedras

que he vivido quince años en el mismo círculo


que me creí predestinado para algo fuera de lo común y nada
he logrado
que nunca usaré corbata
que no encuentro mi cuerpo
que he percibido por relámpagos mi falsedad y no he podido
derribarme, barrer todo y crear de mi indolencia, mi flota-
ción, mi extravío una frescura nueva, y obstinadamente me
suicido al alcance de la mano
me levantaré del suelo más ridículo todavía para seguir burlán-
dome de los otros y de mí hasta el día del juicio final.
204

che non ho fatto nulla per il mio popolo


che non sono delle FALN99 e mi dispero per tutte queste cose
e per altre che a enumerarle sarebbe interminabile

che non posso uscire dalla mia prigione


che sono stato esentato come inutile da tutti
che in verità non mi sono potuto sposare né andare a Parigi né avere un
giorno sereno
che mi nego di riconoscere i fatti
che farfuglio parole sempre sulla mia storia

che sono imbecille e più che imbecille fin dalla nascita


che ho perso il filo del discorso che eseguivo dentro di me e non ho
potuto riprenderlo
che non piango quando sento il desiderio di farlo
che arrivo di continuo tardi a tutto

che sono stato rovinato da tante marce e contromarce


che ho bramato l’immobilità perfetta e la premura impeccabile
che non sono quel che sono né quel che non sono
che ciononostante ho un orgoglio satanico anche se a volte
sono stato umile fino a equipararmi alle pietre

che ho vissuto quindici anni nello stesso cerchio


che mi sono inventato predestinato per qualcosa d’altro fuori dal comune e
non ho ottenuto niente
che non indosserò mai una cravatta
che non trovo il mio corpo
che ho percepito a sprazzi la mia ambiguità e non ho potuto
abbattermi, spazzare via tutto e creare della mia indolenza,
il mio stare a galla, mi sono dirottato verso un vigore nuovo, e
ostinatamente mi suicido con ciò che mi è a portata di mano
mi leverò dal suolo più ridicolo che mai per seguitare a sbeffeggiare gli altri
me stesso fino al giorno del giudizio finale.

99
Sigla per Fuerzas Armadas de Liberación Nacional, braccio militare del movimento
rivoluzionario venezuelano che negli anni Sessanta guidò la guerriglia contro i governi filo
americani di Betancourt e di León, con l'ambizioso proposito di scatenare l'insurrezione
militare per abbattere il sistema capitalista venezuelano, sostituendolo con uno Stato socialista.
205

Fracaso100

Cuanto he tomado por victoria es sólo humo.

Fracaso, lenguaje del fondo, pista de otro espacio más


exigente, difíil de entreleer es su letra.

Cuando ponías tu marca en mi frente, jamás pensé en el


mensaje que traías, más precioso que todos los triun-
fos.

Tu llameante rostro me ha perseguido y yo no supe que era


para salvarme.

Por mi bien me has regalado a los rincones, me negaste fáci-


les éxitos, me has quitado salidas.

Era a mí a quien querías defender no otorgándome bri-


llo.

De puro amor por mí has manejado el vacío que tantas


noches me ha hecho hablar afiebrado a una ausente.

Por protegerme cediste el paso a otros, has hecho que una


mujer prefiera a alguien más resuelto, me desplazaste de
oficios suicidas.
Tú siempre has venido al quite.

Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en


mi más pura forma para entregarme a la nitidez del

Rafael Cadenas, da False Manovre (1966), in Gina Saraceni (a cura di), Un’isola e altre
100

poesie, Roma, Edizioni Ponte Sisto, 2007.


206

Disfatta

Quel che ho considerato vittoria era fumo soltanto.

Disfatta, linguaggio del fondo, pista di un altro spazio più


pretenzioso, difficile spulciare tra le righe la tua lettera.

Quando mettevi il tuo marchio sulla mia fronte, non ho mai pensato al
messaggio che portavi più prezioso di tutti i trionfi.

Il tuo fiammante viso mi ha incalzato e io non ho saputo che poteva


salvarmi.

Per il mio bene mi hai relegato agli angoli, mi


hai negato facili successi, mi hai sottratto ogni uscita.

Ero io che volevi difendere non dandomi lustro.

Con sincero amore mi hai condotto il vuoto che tante


notti mi ha fatto parlare nel farneticamento di una febbre a un'assente.

Per proteggermi hai ceduto il passo ad altri, hai fatto sì che una
donna scegliesse qualcuno più risoluto,
mi hai disorientato da mansioni suicide.
Tu sei sempre venuto per scansarmi.

Sì, il tuo corpo piagato, da sputarci addosso, odioso, mi ha ricevuto nella


mia chiara forma per consegnarmi alla nitidezza del
207

desierto.

Por locura te maldije, te he maltratado, blasfemé con-


tra ti.

Tú no existes.

Has sido inventado por la delirante soberbia.

Cuánto te debo!

Me levantaste a un nuevo rango limpiándome con una


esponja áspera, lanzándome a mi verdadero campo
de batalla, cediéndome las armas que el triunfo aban-
dona.

Me has conducido de la mano a la única agua que me


refleja.

Por ti yo no conozco la angustia de representar un papel,


mantenerme a la fuerza en un escalón, trepar con esfuer-
zos propios, reñir por jerarquías, inflarme hasta reventar.
Me has hecho humilde, silencioso y rebelde.

Yo no te canto por lo que eres, sino por lo que no me


has dejado ser. Por no darme otra vida. Por haberme
ceñido.

Me has brindado sólo desnudez.

Cierto que me enseñaste con dureza ¡y tú mismo traías el


cauterio!, pero también me diste la alegría de no
temerte.

Gracias por quitarme espesor a cambio de una letra


gruesa.

Gracias a ti que me has privado de hinchazones.


208

deserto.

Per pazzia ti ho maledetto, ti ho strapazzato, ti ho bestemmiato


contro.

Tu non esisti.

Sei stato concepito da una vaneggiante superbia.

Quanto te ne sono obbligato!

Mi hai alzato a un nuovo rango strofinandomi come una


spugna ruvida, scaraventandomi al mio vero campo di
lotta, concedendomi le armi a cui il trionfo si piega.

Mi hai condotto per mano all'unica acqua che mi


rifletta.

Grazie a te conosco l'angoscia di recitare una parte,


mantenermi a forza su un gradino,
arrampicarmi con le mie forze, lottare per le gerarchie, pomparmi
fino a scoppiare.
Mi hai fatto umile, silenzioso, ribelle.

Non ti canto per quello che sei, ma per quello che non mi hai lasciato
essere. Per non avermi offerto altro vivere. Per avermi
avvinghiato.

Mi hai concesso solo nudità.

Certo che mi hai istruito con asprezza e tu stesso portavi


al cauterio! Però oltre a ciò
mi hai dato la gioia di non temerti.

Grazie per avermi tolto consistenza in cambio di una scrittura


fitta.

Grazie a te che mi hai privato di gonfiori


209

Gracias por la riqueza a que me has obligado.

Gracias por construir con barro mi morada.

Gracias por apartarme.


Gracias.

El otro veredicto101

Tu patria, la vida
no concede premios.

Sólo
te sostiene.

Cuanto más suyo,


más extranjero.

Así te afianzas
y dices: hay algo
en lo que no puedo equivocarme:
sobre mi país de origen.

Como quien camina según un designio


que no es suyo
y diseña una figura
que él mismo no puede leer,
hace un trayecto
el que debe explicar.

Rafael Cadenas da Intemperie (1977), in Gina Saraceni (a cura di), Un’isola e altre poesie,
101

Roma, Edizioni Ponte Sisto, 2007.


210

Grazie per la ricchezza a cui mi hai obbligato.

Grazie per aver costruito col fango la mia dimora.

Grazie per avermi messo da parte.


Grazie.

L’altro verdetto

La tua patria, la vita


non dispensa premi.

Solo
ti tiene su.

Quanto più suo,


più straniero.

Così ti aggrappi
e dici: c'è un che
su cui non mi posso sbagliare:
sul mio paese d’origine.

Come chi cammina secondo un disegno


che non è suo
e abbozza una figura
che lui stesso non può intuire,
compie il suo tragitto
chi deve esplicitare.
211

¿Cómo pudo
volverse tribunal
de su vida
(no es sino la sala
donde se reúne
a rumiar fallos)
el
que menos juzga,
el
que existe desde su cuerpo,
el
menos concluyente
de los nacidos?.

Flacos dedos
me asuelan.
El cielo se estanca
en mi pozo.
La magia está herida.

Vivo como la tierra


como la tierra de donde vine,
la tierra que recorrí con mi padre.

Las palabras
no dicen en este confín.

18

Es tan corta la distancia entre nosotros y el abismo, casi


inexistente, una delgada lujuria. Basta detenerse y ahí está.
Somos eso.
Ni necesitamos mirarlo de cerca. Que no haya engaño. La
separación nos pertenece.
212

Come ha potuto
divenire tribunale
della sua vita
(non è se non la sala
dove si raccoglie
a rimuginare sentenze)
colui
che meno giudica
lui che esiste dal suo corpo,
il meno concludente
tra i nati?

Magre dita
mi abbattono.
Il cielo s'impaluda
nel mio pozzo.
La magia è ferita.

Vivo come la terra


da dove arrivo,
la terra che ho attraversare con mio padre.

Le parole
non dicono in questo confine.

18

E' tanto corta la distanza tra di noi e il baratro, quasi insussistente, una sottile
libidine. Basta arrestarsi ed è lì.
Siamo quello.
Non occorre che lo osserviamo da vicino. Che non ci sia un imbroglio. La
separazione ci appartiene.
213

20

Somos los jornaleros incansables. Cavamos, cavamos y


mientras más cavamos más crece nuestra tarea. Cavamos
buscando un agujero. Nuestra marca en este caminar tropezado.
Estamos hasta los huesos de tinieblas.

24

Tuve que disentir,


ocultarme
desaparecer.

Tuve
que ser una disonancia.

Tuve que dejarme ir


a la deriva
sin explicar.

Tuve que esconder


el rostro,
volverme
huidizo,
callar, acallar
(cuando acaso era útil
una simple aclaración).

Se me juzgaba con ley de hombre


pero nunca fui interrogado.

Todo
fue por ti,
y no te he visto.
214

20

Siamo i braccianti infaticabili. Scaviamo, scaviamo e mentre scaviamo, si


accresce di più il nostro compito. Scaviamo cercando un buco. Il nostro
marchio è questo camminare incespicando.
Siamo sino alle ossa di tenebre.

24

Ho dovuto dissentire,
occultarmi,
scomparire.

Ho dovuto
divenire una dissonanza.

Ho dovuto lasciarmi andare,


alla deriva
senza esplicazioni.

Ho dovuto celare
il viso,
diventare,
fuggiasco,
ammutolire, azzittire
(quando forse era utile
una spiegazione chiara).

Mi si giudicava con leggi umane


ma mai fui interrogato.

Tutto
è accaduto per te,
e non ti ho visto.
215

25

Se hunde uno,
se atasca,
se desoye,
y vuelve a unirse. Un pantano.
No es broma.
Hay encallamientos
peores que la ilusión.

Se ahoga uno
en su magno deseo
y alguien lo levanta,
exhausto, confundido, disperso
y sin haber aprendido.

Se queda uno
a mitad de camino, reptando
bajo el resplandor.

26

Hazte a tu nada
plena.
Déjala florecer.
Acostúmbrate
al ayuno que eres.
que tu cuerpo se la aprenda.

29

Vida
Arrásame,
barre todo,
que sólo quede
la cáscara vacía, para no llenarla más,
limpia, limpia sin escrúpulo
y cuanto sostuviste deja caer
sin guardar nada.
216

25

Uno sprofonda,
si arresta,
si disattende
e torna a ricongiungersi. Un pantano.
Non è uno scherzo.
Ci sono intoppi
peggiori dell'illusione.

Uno affoga
nel suo vasto desiderio
e qualcuno lo solleva,
esausto, confuso, disperso
e senza aver imparato.

Uno resta
a metà strada, strisciando
sotto lo splendore.

26

Fatti al tuo nulla


pieno.
Lascialo fiorire.
Abituati
al digiuno che sei.
Che il tuo corpo lo apprenda.

29

Vita
sfasciami,
spazza tutto,
che solo rimanga
la scorza vuota, per non colmarla più,
pulita, tersa senza scrupolo
e quanto hai sostenuto ignoralo
senza conservare nulla.
217

32

Que cada palabra lleve lo que dice.


Que sea como el temblor que la sostiene.
Que se mantenga como un latido.

No he de proferir adornada falsedad ni poner tinta dudosa


ni añadir brillos a lo que es.
Esto me obliga a oírme. Pero estamos aquí para decir
verdad.
Seamos reales.
Quiero exactitudes aterradoras.
Tiemblo cuando creo que me falsifico. Debo llevar en peso
mis palabras. Me poseen tanto como yo a ellas.

Si no veo bien, dime tú, tú que me conoces, mi mentira,


señálame la impostura, restrégame la estafa. Te lo agrade-
ceré, en serio. Enloquezco por corresponderme.
Sé mi ojo, espérame en la noche y divísame, escrútame,
sacúdeme.
218

32
Che ogni parola porti quel che dice.
Che sia come il tremito che la sostiene.
Che si mantenga come un palpito.

Non ho da esprimere agghindata menzogna neppure da porre tinta incerta


né aggiungere chiarezza a quel che c’è.
Questo m'impegna ad ascoltarmi. Ma siamo qui per dire la verità.
Siamo reali.
Voglio esattezze terrificanti.
Tremo quando suppongo di contraffarmi. Devo portare di peso le mie parole.
Loro mi possiedono come io loro.

Se non vedo bene, tu dimmi, tu che conosci, mia menzogna, segnalami


l’impostura,
strusciami l'inganno. Ti sarò grato, seriamente.
Impazzisco per corrispondermi.
Sii il mio occhio, aspettami nella notte e scorgimi, scrutami,
sbattimi.
219

Reconocimiento102

Me veo frente a este paisaje parecido al que protejo.


No soy el mismo. Debo comprenderlo de una vez.
He de encajar en mi molde.

He acechado la aceptación súbita de mi realidad.

Despedí la poesía que se cuelga en los brazos.


Incendié los testimonios falaces.
Adopté la forma directa.

Una convergencia prospera en mí.

Abandono mi caminar intrincado. Me dilato en vastedades


blancas.
Sirvo en silencio a un solo rey.

He sentido ráfagas de otra region sin culpa.

Me hago a la lentitud, al gesto consciente, al rumor del


desierto.

102
Ibidem.
220

Riconoscimento

Mi osservo di fronte a questo paesaggio affine a quello che proteggo.


Non sono lo stesso. Devo capirlo una volta per tutte.
Devo adattarmi alla mia forma.

Ho paventato l'accettazione repentina della mia realtà.

Ho dato congedo alla poesia che mi si è appesa alle braccia,


Ho incendiato i testimoni ingannevoli.
Ho adottato la forma diretta.

Una convergenza prospera in me.

Abbandono il mio camminare intricato. Mi dilato in bianche


vastità.
Servo in silenzio un solo re.

Ho sentito raffiche di un'altra regione senza colpa.

Mi arrendo alla lentezza, al gesto cosciente, al frastuono


del deserto.
221

Routine103

Me fustigo.
Me abro la carne.
Me exhibo sobre un escenario.
Allí no ofrezco el número decisivo.
Devorarme ¡Mi gran milicia!, pero soy también un
armador tenaz.
Sé reunirme pacientemente, usando rudos métodos de
ensamblaje.
Conozco mil fórmulas de reparación. Reajustes, atornilla-
mientos, tirones, las manejo todas.
A golpes junto las piezas.
Siempre regreso a mi tamaño natural.
Me deshago, me suprimo, displicente, me borro de un plu-
mazo y vuelvo a montar, montar al carafresca.
(No se trata de rearmar un monstruo, eso es fácil, sino de
devolverle a alguien las proporciones.)
Planto mi casa en medio de la locuacidad.
Me reconstruyo con un plomo inefable.
Calma. Ya está. Entro a la horma.

103
Ibidem.
222

Routine

Mi fustigo.
Mi lacero la carne.
Mi ostento sulla scena.
Lì non mostro il numero decisivo.
Dilaniarmi, il mio grande reggimento! Ma sono anche un
armatore tenace.
So riunirmi con pazienza, usando modi rudi
di assemblaggio
Conosco mille formule di riparazione. Ritocchi,
avvitamenti, strappi, li manovro tutti.
A suon di colpi riassemblo i pezzi.
Sempre ritorno alla mia dimensione normale.
Mi disfaccio, mi sopprimo, cinico, mi depenno
e torno e mi rimonto in un faccia tosta.
(Non si tratta di riarmare un mostro, questo è facile,
ma di ridare a qualcuno le proporzioni).
Pianto la mia casa in mezzo alla loquacità.
Mi ricostruisco con un piano ineffabile.
Calma. E' fatto. Penetro nell'impronta.
223

RAFAEL GUERRERO

Intento a Vallejo104

intento ir a tu palabra tan llena de nostro


irme con ella por las calles. Desnudar los seres y las cosas
y darles la vestidura de su estatura Americana. Sorprendo
un instante de un eco suyo que resuena como anegado pleamar
un poco de tu perfil.

perfil peruano del perú


de venezuela de cuba

intento entonces en atestiguar de cada célula, de cada hueso


la legalidad de su existencia. Verificar la solidez de cada
paso quebrado en arcos desiguales.

intento desmentir los decires de mi sangre disfrazada de


decires. Las voces que de oídas engañan cada instante y que
como un alcohol de mala ley enturbian la ebriedad de vida
y muerte de que somos prueba.

intento refugiarme en mi piel y sus arrugas, en la vastedad


abrasiva de su abrazo. En su hambre de superficie que sostiene
a duras penas su edad, de hambre una vez, de hambre siempre,
de mi siempre.

intento cegarle las pupilas a la luz para que sin paisajes la


pueda conducir nuestra mirada y descubrir qué hay de nosotros
en cada uno de nosotros y esculcar en la sombra para saber qué
roba de nostro.

intento encontrar otro párrafo. De añadirme a otro párrafo


a continuación del punto final de mi ataúd.

104
Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, in Espéculo.
Revista de estudios literarios, n.20, Facultad de Ciencias de la Información, Universidad
Complutense de Madrid, marzo-junio, 2002. URL del sito:
http://www.ucm.es/info/especulo/numero 20/guerrero.html
224

Intento verso Vallejo

mi sforzo di tendermi alla tua parola così gonfia di noi


uscire con lei per le strade. Svestire gli esseri e le cose
e porgergli la veste della loro grandezza Americana. Sorprendo
un istante di una sua eco che risuona come affogata alta marea
un poco del tuo profilo.

profilo peruviano del perù


del venezuela di cuba

cerco allora di attestare in ogni cellula, in ogni osso


la legittimità del suo esistere. Sondare la saldezza
di ogni passo interrotto in archi disuguali.

cerco di smentire le voci del mio sangue mascherato


di voci. Le voci che per sentito dire irretiscono ogni istante e

come un liquore clandestino intorbidiscono l'ebbrezza della vita


e della morte di cui siamo la verifica.

cerco di rifugiarmi nella mia pelle e le sue rughe, nella vastità


abrasiva del suo abbraccio. Nella sua fame di superficie che sostiene
a malapena la sua età, di fame una volta, di fame di sempre,
di me sempre.

cerco di accecare le pupille alla luce acciocché senza paesaggi


possa condurre il nostro sguardo e scoprire cosa è rimasto di noi
in ciascuno di noi e scrutare nell'ombra per sapere cosa
ci depreda.

cerco di rinvenire un altro paragrafo. Di aggiungermi a un altro paragrafo.


dopo il punto terminale della mia cassa da morto.
225

intento de camarada para denunciar lo que esté falsificado


y con los metales nuestros en piezas encontradas fundir el
metal de nuestro propio grito su acerada consistencia.

intento
intento no de llanto ni sollozo intento de borrar la pena
la familia de penas abatidas intento.
226

cerco da compagno di smascherare ciò che è contraffatto


e con i nostri metalli raccattati dai rottami fondere
il metallo del nostro grido nella sua consistenza d'acciaio.

cerco
cerco non di pianto né di singhiozzo cerco di espungere la pena
la stirpe delle pene demolite cerco.

Fig. 17
227

Oda a U.S.A. 105

United States. Testimonio


1965
Cualquier año de este siglo
USA.
Cohetes espaciales
y negros apaleados.

USA.
Desgraciadamente Walt Whitman
Y fósforo asesino en Viet Nam
De tal manera
que venimos a decirte:
Déjanos en paz!
Guarda tus bombas asesinas
USA guarda tu mundo para USA.
United States Carnicería
Lava tu alma de matarife
déjanos soñar
no pesadillas
sino sueños!

Somos jóvenes
Millones de jóvenes
Con una novia
y una canción
en el recuerdo.

Porque tú United States


nos robas el derecho a vivir
Y para recobrar lo que no pertenence
ya empezamos a empuñar fusiles
por culpa de tu instinto
homicida!
USA Vete!
Lía tu fardo de miseria
o te echaremos.

105
Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, cit.
228

Ode agli U.S.A.

United States. Testimoni


1965
Qualsiasi anno di questo secolo
Usa.
Razzi spaziali
e negri bastonati.

USA.
Per sfortuna Walt Whitman
e il fosforo killer in Viet Nam
a tal punto
che ti diciamo:
Lasciateci in pace!
Riponi le tue bombe assassine
USA riponi il mondo vostro per gli USA
United States Mattatoio.
Nettate la vostra anima di beccaio
lasciateci sognare
non turbamenti
ma sogni!

Siamo giovani
Milioni di giovani
con una fidanzata
e una canzone
nei ricordi.

Perché voi United States


ci rubate il potere di vivere
E per riottenere ciò che ci appartiene
stiamo già iniziando a brandire i fucili
per colpa del vostro istinto
omicida!

USA andatevene via!


Avvolgete il vostro fardello di miseria
o vi sbatteremo fuori.
229

Te largaremos
no vamos a permitir
que sigas
destruyendo nuestras vidas
saqueando nuestra tierra.

USA

John y Jane
a orilla de cualquiera de tus ríos
o del mar
Unidos para el amor
para la vida
Y al mismo instante
en cualquier parte de la Unión
Unidos Ku Klux Klan
crucificando un hombre de color

USA
Sangriento tramposo
inquilino de nuestra geografía
que has hecho inhabitable
por la ponzoña que destilas
Alimaña!

Eso
eres
USA
Y así te conocemos
Ni te podemos
decir:

USA eres un matón de siete suelas


No sabes ni siquiera de la dignidad del matón
Que no utiliza golpes bajos y cobardes

Por eso te decimos


Yanki go home
Vete o te echaremos
No quisiéramos que nuestras manos
230

Vi licenzieremo
Non consentiremo
che persistiate
a distruggere le nostre vite
razziando la nostra terra.

USA

John e Jane
sulla sponda di qualsiasi dei tuoi fiumi
o del mare
Uniti per l'amore
per la vita
E allo stesso tempo
in qualsiasi luogo dell'Unione
Uniti Ku Klux Klan
crocifiggendo un uomo di colore

USA
Sanguinari e impostori
inquilini della nostra geografia
che avete reso inospitale
dal veleno che distillate
Bestiacce!

Quello
siete
USA
E così vi conosciamo
Nemmeno vi possiamo
dire:
USA siete un teppista lestofante che non vale un moccolo
Non conoscete nemmeno la dignità del teppista
che non fa uso di colpi bassi e vigliacchi

Perciò vi diciamo
Yankee go home
Andatevene o vi cacceremo
Non vorremmo che le nostre mani
231

en vez de acariciar la vida


De construir en el campo
en el taller
en la escuela
el futuro
tengan que cerrarse en un puño
para golpearos!

Canto al acero106

Canto al acero del fusil


materia ciclópea del arado
Al metal de azuladas resonancias proletarias.
Constructor de cohetes y tractores
para defender el mundo conquistado.

Canto al metal de ígneos resplandores


que forja nuestro corazón y nuestro pensamiento.

Al metal con temple de amor


y barricada.
Para ganar el mundo que florece
solidario y terrestre en otras latitudes.

Al metal de azuladas resonancias proletarias,


con timbre de sudor y de combate.

106
Pablo Mora, “Rafael Guerrero, poeta venezolano descubierto en España”, cit.
232

invece di carezzare la vita


Di erigere nella campagna
nell'officina
nella scuola
il futuro
si debbano chiudere in pugno
per malmenarvi!

Canto l'acciaio

Canto l'acciaio del fucile


materia ciclopica dell'aratro
Al metallo dalle azzurrognole risonanze proletarie
Costruttore di razzi e trattori
per difendere il mondo conquistato.

Canto il metallo dagli ignei bagliori


che ci forgia cuore e pensiero

il metallo con tempra d'amore


e di barricata.
Per conquistare il mondo che fiorisce
solidale e terrestre in altre latitudini.

Il metallo dalle azzurrognole risonanze proletarie,


con timbro di sudore e di combattimento.
233

RAMÓN PALOMARES

El Patiecito107

A Pedro Parayma

Me dijo mi padre el Dr. Ángel


—¿Qué haces Rómulo?
—Estoy desyerbando el patiecito
voy a sembrar
Pero …
—¿Adónde está lo que te di Rómulo?
¿De qué estás viviendo?
—Bueno soy escribiente padre
Escribiente
—Entonces
no fuiste lo que yo soñé
lo que soñaste se lo llevaron las aguas
Ahora sólo hay malezas
malezas ¿ves?
Estoy limpiando el patiecito

Ramón Palomares, in Juan Gustavo Cobo Borda, Antología de la poesía Hispanoamericana,


107

México, Fondo de Cultura Económica, 1985.


234

Il cortiletto

A Pedro Parayma

Mi disse mio padre il Dr. Angel


 Che fai Romolo?
 Sto diserbando il cortiletto
 voglio seminare
Ma...
Dov'è quello che ti ho dato Romolo?
Di cosa vivi?
- Beh sono scrittore, padre
Scrittore
 Allora
non sei quello che avevo sognato
 Ahimè padre
quello che hai sognato l'acqua se l'è portato
 Ora ci sono solo erbacce
Erbacce. Vedi?
Sto pulendo il cortiletto
235

Abandonado108

A Vicente Gerbasi y Augusto


Payares

Ay, que no tengo un patio para asolearme,


que no tengo cuarto,
que no tengo ni una ventana;
yo que tenía tantos patios como limones,
tantos naranjos,
tantos zapotales;
que era rico, que tenía animales en casa,
que me acostaba en el café y me reía y me ponía rojo de reír
y me estaba bajo las matas oliendo el monte,

pero ya se me fue,
ya me quedé solito,
ya el sol me dijo que no.
—¿Y qué vas a hacer ahora? —me dijeron los gallos—,
ya nosotros nos vamos, ya te dejamos,
aquí no nos vamos a estar.

Voltié de la cama y miré


y me dijo la cama que se iba,
y quedé en el suelo y me dijo el suelo: —Me voy,
y quedé en el aire
y me dijo el aire: —No te sostengo,
y me quedé en los naranjos y los naranjos me dijeron:
—Nosotros nos vamos.
Yo que tenía tanta luz,
yo que me vestía con lunas
y tenía la fuerza en mi nuca.
Una vez me vi en las montañas como piedra encendida
y tenía coraje y vigor,
ay, que me metí en la niebla, que estoy apagado:
—Qué se me hicieron las casitas,
qué se me hicieron?
Yo tenía tanto ganado que se veía
108
Ibidem.
236

Abbandonato
A Vicente Gerbasi y Augusto Payares

Ah, che non ho un cortile dove prendere il sole,


che non ho una stanza,
non ho una finestra;
io che avevo tanti cortili quanto limoni,
tanti aranceti,
tanti sabotigli;

che facoltoso ero, che avevo animali in casa,


che mi coricavo all'ora del caffè e ridevo e divenivo rosso dal ridere
e che stavo sdraiato sotto i cespugli odorando l'erba

ma ormai tutto è finito,


ormai sono rimasto solo,
persino il sole mi ha detto di no.
 E cosa farai ora? - mi dissero i galli -
ormai noi ce ne andiamo, ormai ti abbandoniamo,
qui non staremo ancora.
Mi sono girato nel letto e ho osservato
e il letto mi ha detto che se ne andava,
e sono rimasto a terra e il pavimento mi disse – Me ne vado,
e sono rimasto in aria
e l'aria mi disse: - Non ti sostengo,
e sono rimasto negli aranceti e gli aranceti mi dissero:
 Noi ce ne andiamo.
Io che avevo tanta luce,
io che mi vestivo con le lune
e avevo il vigore nella nuca.
Una volta mi sono visto sulle montagne come pietra infuocata
e avevo coraggio e vigore,
ah, che sono finito nella nebbia, che sono spento:
- Dove sono finite le casette,
dove sono andate a finire?
Io possedevo tanto bestiame che si vedeva
237

como un pueblo
cuando llegaba,
y se veían montes en el polvo
y se entusiasmaban los días, y era que tenía
tantas casas que cada sueño lo vivía en una y no se me acababan.

Hasta que me fuera dejando


y fue esa luna roja, esa piedra negra,
esa rosa que me venía iluminando, iluminando.
238

come un paese
quando giungeva,
e si vedevano le colline nella polvere
e si galvanizzavano i giorni, ed era perché avevo
tante case che ogni sogno lo vivevo in ciascuna e mai finivano.

Fino a quando mi abbandonavo


e fui quella luna rossa, questa pietra nera,
quella rosa che mi andava illuminando, illuminando.

Fig. 18
239

Mi padrino oye unos forasteros109

A Pancho Crespo

— ¡Encarnación!, ¡Encarnación! —dijeron de la calle—.


¡Encarnación, salga rápido que hay un muerto!
—Vienen a matarte Encarnación Son ellos!
Me acuerdo de mis comisiones Me acuerdo de mis deudas
Por los andurriales de El Callao, San José de Guaribe, Río Negro,
Barlovento…

—Encarnación!
Al momento dieron las doce
—Encarnación salga que allá lo esperan por el muerto.
“Son ellos –me dije-. Al fin vienen. Cierto Cierto…”

Oímos relinchos y la inquietud de los caballos


Crujían los arreos
Ai nos quedamos quietos
Yo en el portón Oyendo
Y ellos fijos también Espera que te espera
Pasaron horas de horas
Nos quedamos dormidos
Todavía estamos dormidos Todavía me esperan Todavía
Estoy detrás del portón
Oyendo…

109
Ibidem.
240

Il mio padrino ascolta dei forestieri

A Pancho Crespo

 Incarnazione! Incarnazione! - fecero dalla strada-


Incarnazione esca subito che c'è un morto!
Vengono a ucciderti Incarnazione Sono loro!
Rammento i miei affari Rammento i miei debiti
a casa del Diavolo, di El Callao, San Josè di Guaribe, Rio Negro,
a Barlovento...

 Incarnazione!
Sono appena scoccate le dodici
 Incarnazione esca che l'aspettano per il morto.
“Sono loro-mi dissi-alla fine vengono. Certo Certo...”
Ascoltiamo i nitriti e le inquietudini dei cavalli
Stridono gli arnesi.
Ahi siam rimasti sereni

e nel portone io ad Ascoltare


e anche loro fissi Ad aspettare e ad aspettare
Ore e ore passarono
Noi stiamo ancora a dormire
Siamo rimasti a dormire Ancora mi aspettano Ancora
Sono dietro al portone
Ad aspettare...
241

Asuntos de teatro: máscaras110

He aquí que existimos en el límite de la mentira


que nuestra vida es impalpable
que estas personas representadas pertenecen
a un dueño de otro orden.

Cumplidos cabalmente en escena


ante el gran público. Así recreamos bajo los astros
y acudimos a una cita en los vientos
saliendo al paso de nuestras fiestas.

Nuestro corazón está prestado a otros personajes


murmuramos un sueño y nuestros labios no son respon-
sables,
somos bellos o nobles según la circunstancia.

Nos asalta un delirio azaroso


Y caemos en los escenarios bajo una voluta extraña.
Y no tenemos vida,
pues andamos sobre ruedas en un país desconocido
cuyas flores nos interesan de manera frívola
y cuyas mujeres nos aman en alcobas de falsedad.

Producimos un fuego y su corazón azul


crepita con más fuerza que el nuestro
en tanto arden los leños a la manera de sangre.

Nos permitimos ser extraños. Falsos.


Llevar una emoción no sincera.
Mientras andamos, desterrados de nuestro cuerpo
en un interminabile paseo.

110
Ramón Palomares, in Hugo García Robles, Umberto Bonetti (a cura di), Giovani poeti
sudamericani, Torino, Einaudi, 1972.
242

Argomenti sul teatro: maschere

Ecco che esistiamo al limite della menzogna


che la nostra vita è impalpabile
che queste persone rappresentate appartengono
a un titolare di altra specie.

Realizzati a pennello in scena


davanti alla grossa platea. Così ricreiamo sotto gli astri
e ci rechiamo a un appuntamento nei venti
uscendo al passo delle nostre feste.

Il nostro cuore è stato dato in debito ad altri personaggi


sussurriamo un sogno e le nostre labbra non sono respon-
sabili,
siamo belli o nobili a seconda delle circostanze.

Ci assale un delirio incerto


e precipitiamo nei palcoscenici sotto una volontà estranea.
E non abbiamo vita
poiché andiamo su ruote in un paese ignoto
i cui fiori ci allettano in maniera frivola
e le cui donne ci amano in alcove di falsità.

Elaboriamo un fuoco e il suo cuore blu


crepita con più forza del nostro
intanto arde la legna alla maniera del sangue.

Ci permettiamo di essere estranei. Falsi.


Rinserrare un'emozione non sincera.
Mentre andiamo esiliati dal nostro corpo
in un interminabile passeggio.
243

Muerte111

Vas a poner tus pies en mi casa


vas a dejar tu bastón
vas a decir: ¡Hipa! ¿No hay gente?
Me toqué la frente y me encontré como vidrio
y miré mis pierna y vi dos torcaces negras en vez de piernas
y me fui nadando y me encontré en una música.
Yo vi antes este zaguán
que le cantaban al ángel
y escuché silbar por entre las cortinas
y me senté y puse cuidado:
escuchaba conversar, escuchaba la noche.

111
Ramón Palomares, Vuelta a casa, Caracas, Biblioteca Ayacucho, 2006.
244

Morte

Metterai piede a casa mia


lascerai il tuo bastone
dirai: Ehilà! Non c’è gente?
Mi son toccato la fronte e mi ritrovai come vetro
e mi guardai le gambe e vidi due colombi neri dov’erano le gambe
e mi misi a nuotare e mi scoprii dentro una musica.
Ho già visto prima questo cortile
che gli cantavano all’angelo
intesi un fischio tra le tende
e mi sedetti e rimasi in attenzione:
ascoltavo conversare, ascoltavo la notte.

Fig. 19
245

RAMÓN QUERALES

si comenzaras un viaje112
Si comenzaras un viaje
no te detendrías hasta agotar la vida
en algún país parecido al otoño
recibirías la vejez
pero no podrías ocultar la nostalgia
por las montañas de oro
que enriquecieron tu piel
de inigualables soles
y ya próxima tu vida a agitar
su último y más viejo pañuelo
una cabra melancólica bailaría parada sobre tu corazón.

112
Ramón Querales, in Alejandro Oliveros (direttore), Poesía, revista bimensual de poesía y
teoría poética, nn. 6-7, cit.
246

se tu cominciassi un viaggio

Se tu cominciassi un viaggio
non ti fermeresti fino a esaurire la vita
in qualche paese simile all’autunno
riceveresti la vecchiaia
ma non potresti celare la nostalgia
per le montagne d’oro
che accrebbero la tua pelle
d’incomparabili soli
e la tua vita già prossima ad agitare
il suo ultimo e più logoro fazzoletto
una capra malinconica belerebbe dritta sul tuo cuore.
247

VÍCTOR VALERA MORA

El martillo de los utópicos113

El socialismo no existe
pero de que vuela vuela
El capitalismo sí
y hay que matarlo

Puntos sobre las iiiiii114

En este país las putas no son


algunas mujeres desgraciadas
por el execrable sistema
En este país las putas son
y han sido hombres honorables
y larga es la nómina

113
Luciana Mc Namara, “Víctor Valera Mora: Chino de amor y revolución”, in Encontrarte,
fascículo 105, edición del 16 de abril de 2014. URL del sito:
http://www.encontrarte.aporrea.org/105/personaje/
114
Ibidem.
248

Il martello degli utopici

Il socialismo non esiste


ma di sicuro vola
Il capitalismo sì
e bisogna freddarlo

Punti sopra la iiiiiii

In questo paese le puttane non sono


delle donne afflitte
dall'esecrabile sistema
In questo paese le puttane sono
e sono stati uomini d'onore
e lunga è la lista
249

Comienzo115

La lucha de clases. Los grandes monopolios imperialistas.


Los malditos muñones de la generación del 28
que tanto daño nos han hecho.
El policía del parque, los enamorados están
en la posibilidad de iniciar el terrorismo.
El recuerdo desde la llanura, caballo
llorando sangre recomenzada. Triste cuestión.
Este asunto de llevar una guitarra bajo el brazo.
La libertad de morirse de hambre doblemente.
Aquiles el escudero de la ternura
últimamente se ha dado muy duro en el alma.
Esto nos obliga a hablar
el más terrible de los lenguajes.
Hacer de la poesía un fusil airado, implacable
hasta la hermosura.
No hay otra alternativa,
la caída de un combatiente popular
es más dolorosa que el derrumbamiento
de todas las imágenes.
Cuando el pueblo tome el poder, veremos qué hacer,
mientras tanto sigamos en lo nuestro.

115
Ibidem.
250

Inizio

La lotta di classe. I grandi monopoli imperialisti


i dannati monconi della generazione del 28116
che tanto danno ci hanno fatto.
La polizia del parco, c’è possibilità
che gli innamorati si diano a fare i terroristi.
Il ricordo dalla pianura, cavallo
piangere sangue risgorgato. Lugubre circostanza.
Questa faccenda di portare una chitarra sotto il braccio.
La libertà di schiattare di fame doppiamente.
Achille lo scudiero della tenerezza
ultimamente si è picchiato duro l'anima.
Questo ci impegna a parlare
il più atroce dei linguaggi.
Fare della poesia un fucile furente, impietoso
fino alla bellezza.
Non c'è altra alternativa,
la caduta di un combattente popolare
è più penosa del tracollo
di tutte le immagini.
Qualora il popolo prenda il potere, vedremo il da farsi,
mentre persistiamo con il nostro operato.

Si riferisce alla generazione di poeti precedenti a quella degli anni ’60 (Guzmán Blanco),
116

fortemente criticati dai poeti avanguardisti, perché considerati modelli che non consentivano
un’evoluzione stilistica della letteratura venezuelana.
251

Relación para un amor llamado amanecer117

En la galaxia espiral de Andrómeda existe


un florido planeta donde los ríos no ahogan el mar
Donde fuego y hielo queman las contradicciones
Donde no hay necesidad de regreso
Donde 0 x 0 es más que el infinito
Donde los puntos cardinales son más de 100 millones
Norte y Lia Sur y Símbolo Espliego y Araceli
Miguel y Adriana Orfeo y Atabal Cedro y Valquiria
Misterio y Prodigio Neón y Asfalto Rosa Ercilia y Dionisius
Antonio y Elena mis pobres padres mis pobres Virreyes de Indias
Mi viaje a Europa Este y Adelfa Oeste y Clavicordio
Donde todos viven en éxtasis
Donde nada ni nadie es vil
Donde el sol es anillo y ritual de bodas
Donde somos ráfagas de luz y nos desplazamos en silbos
Un planeta limpio y pulido
Donde los enamorados viven en palacios flotantes
Donde Dios tiene un puesto de revista mal atendido y mata el tiempo hablando
del pasado con Buda y Mahoma y el Vendedor de verduras de la esquina
y la gente ya los conoce y la gente cuando pasa dice
“esos cuatro vagos son panita burda”
Donde el hijo de Dios y los ángeles del desenfado
Beben el aire de las avenidas sobre sus motos trepidantes
Donde no hay academias militares ni policías ni cárceles ni monedas
Donde somos sabios
Donde somos Buenos
Donde los últimos insidiosos
escaparon por un túnel y cayeron al vacío
Astro paradisíaco amado y defendido
por francotiradores y poetas
Donde la muerte está de capa caída
Donde los hombres son gentiles
Donde las mujeres son ramos de jacintos
de labios y de ojos cambiantes de colores

Víctor Valera Mora, dal poemario Amanecí de Bala (1971), in Luciana Mc Namara, “Víctor
117

Valera Mora: Chino de amor y revolución”, cit.


252

Relazione per un amore chiamato alba

Nella galassia a spirale di Andromeda esiste


un florido pianeta dove i fiumi non affogano il mare
Dove fuoco e gelo ardono le contraddizioni
Dove non si sente la necessità di un ritorno
Dove 0x0 è più che l'infinito
Dove i punti cardinali sono milioni e milioni
Nord e Lia Sud e Simbolo Espliego e Araceli
Miguel e Adriana Orfeo e Atabal Cedro e Valchiria
Mistero e Prodigio Neon e Asfalto Rosa Ercilia e Dioniso
Antonio ed Elena i miei poveri genitori i miei poveri Viceré delle Indie
Il mio viaggio a Europa Est e Adelfa Ovest Clavicordo
Dove tutti vivono in estasi
Dove niente né nessuno è abietto
Dove il sole è anello e rituale di nozze
Dove siamo raffiche di luce e ci trasliamo in fischi
Un pianeta chiaro e pulito
Dove gli innamorati vivono in palazzi fluttuanti
Dove Dio tiene un chiosco trasandato e ammazza il tempo conversando del
passato
con Buddha e Maometto il Venditore di verdure dell'angolo
e la gente già li conosce e la gente quando passa dice:
“quei quattro scioperati sono dei gran amiconi”
Dove il figlio di Dio e gli angeli del gran portamento
bevono l'aria dei viali sulle moto trepidanti
Dove non ci sono accademie militari né polizia né carceri né monete
Dove siamo assennati
Dove siamo buoni
Dove gli ultimi agitatori d'insidie
sono fuggiti per un tunnel e sono caduti nel vuoto
Astro del paradiso amato e custodito
da franchi tiratori e poeti
Dove la morte sta piantata lì
Dove gli uomini son gentili
Dove le donne sono rami di giacinto
dalle labbra e occhi dalle tinte cangianti
253

Un astro moderato cantabile


Donde la noche es vino y alegría hasta el amanecer
Su capital es una ciudad resplandeciente llamada Estefanía
Donde tú tienes señorío
Donde eres reina
Ese planeta es mi corazón errante
254

Un astro moderato cantabile


Dove la notte è vino e allegria fino all'alba
la sua capitale è una città splendente chiamata Estefania
Dove tu hai potestà
Dove tu regni
Quel pianeta è il mio cuore errante

Fig. 20
255

Amanecí de bala118

Amanecí de bala
Amanecí bien magníficamente bien todo arisco
hoy no cambio un segundo de mi vida por una bandera roja
mi vida toda la cambiaría por la cabellera de esa mujer
alta y rubia cuando vaya a la Facultad de Farmacia se lo diré
seguro que se lo diré asunto mío amanecer así
esta mañana cuando abrí las puertas con la primera ráfaga
alborotando tumbando todo entraron a mis pulmones
los otros poetas de la Pandilla de Lautréamont
grandes señores tolerados a duras penas por sus mujeres
al más frenético le pregunto por su libro vagancia city
como me gusta complicar a mis amigos los vivo nombrando
el diablo no me llevará a mí solo
ella antiguamente se llamaba Frida y estaba residenciada en Baviera
en una casa de grandes rocas levantadas por su amante vikingo
sus locuras en el mar de los sargazos
hay sol hasta la madrugada y creo que jamás moriré
sin embargo deseo que este día me sobreviva
soy desmesurado o excesivo y no doy consejos a nadie
pero hoy veo más claro que nunca
y quiero que los demás participen
hermoso día me enalteces desenfrenada alegría
no tengo comercio con la muerte no le temo
llevo en la sangre la vida de cada día soy de este mundo
bueno como un niño implacable como un niño
guardo una fidelidad de hierro a los sueños de mi infancia
en este punto soy socrático él y yo elevamos volantines
restituimos la edad de oro el “qué habrá”
al final del arco suspendido
ahora mismo se está mudando un río

118
Víctor Valera Mora, in Harold Alvarado Tenorio (direttore), Arquitrave. Revista
colombiana de poesía, n.42, vol.8, abril de 2009.
256

Mi sveglio tutto carico

Mi sveglio tutto carico


Mi son svegliato bene magnificamente bene tutto scontroso
oggi non scambio un secondo della mia vita per un vassoio rosso
tutta la mia vita la do in baratto per la chioma di quella donna
alta e bionda quando andrà alla Facoltà di Farmacia glielo dirò
sicuro che glielo dico è affar mio se mio mi sveglio così
stamane quando ho aperto le porte con la mia prima raffica
scombinando abbattendo tutto mi sono entrati nei polmoni
gli altri poeti della Pandilla de Lautrémont119
grandi signori a mala pena tollerati dalle loro donne
al più frenetico gli chiedo del suo libro vagancia city
siccome mi piace complicargli la vita agli amici li vivo nominandoli
il diavolo non si porterà solo me
lei tempo fa si chiamava Frida e abitava in Baviera
in una casa di grandi rocce messe su dal suo amante vichingo
le sue pazzie nel mar dei Sargassi
c’è il sole fino all’alba e credo che non morirò mia
tuttavia voglio che questo giorno mi sopravviva
sono senza misura o smodato e non do consigli a nessuno
ma oggi ci vedo più chiaro
e voglio che gli altri partecipino
un bel giorno mi esalti sfrenata allegria
non ho rapporti con la morte e non la temo
porto nel sangue la vita di ogni giorno sono di questo mondo
mite come un bambino implacabile come un bambino
conservo una fedeltà di ferro verso i sogni della mia infanzia
sotto questo aspetto sono socratico lui e me facciamo volare gli aquiloni
restituiamo l’età d’oro quel “cosa ci sarà”
alla fine dell’arco sospeso
in questo preciso istante sta traslocando un fiume

119
Nelle cantine del quartiere commerciale più in della Caracas degli anni ’60 (Sabana
Grande), Víctor Valera Mora, Luis Camilo Guevara, Mario Abreu, Pepe Berroeta e Caupolicán
Ovalles, fantasticavano appartenere a una immaginaria “Repubblica dell’Est”. Mossi da questa
idea, essi spiegheranno una intensa attività culturale dando vita al gruppo di poesia che
prenderà il nome di “La pandilla de Lautréamont”.
257

hoy una morena de belleza agresiva


me dijo pero si estás lindo
entonces yo le dije acaso no sucede cada
dos mil años pierdo el hilo
día de advenimiento de locos combates
de amor a altas temperaturas
desnudos nos hundimos en las aguas del mismo río

despedida con metales120

Reconocerme marcado por las pasiones


y por mi culpa confundido tu corazón
borro al agónico de alas frenéticas
sin cielo ni ubicación zoológica
coronado sobre una silla de ruedas
ya que tú lo has querido
Pero no más te pongas así de triste
y menos esos ojos para llorar
Porque reconozco mis manos sin gobierno
mis canciones por mis estridencias
mis sales por mis agujas de oro
No más por eso te lo digo y estas ganas
locas de pegarle bien duro a la vida
cuando me sobra vida para regalar
y mucha más vida para matarme al pie
de las ventanas de Campo dei Fiori
desde donde dices quererte abrirte al sueño
y ver pasar abrigos y bufandas en busca
de los vagabundos equivocados de planeta
o planetas ellos mismos o qué se yo
No más por eso te reconozco y parto
como una armadura vestida de caballero.

Víctor Valera Mora, in Gabriel Jiménez Emán (a cura di), Antología de Víctor Valera Mora,
120

Caracas, Fundarte, 1987.


258

oggi una mora dall'indocile incanto


mi ha detto ma sei proprio bello
allora gli ho risposto forse non succede ogni
duemila anni perdo il filo
giorno d’avvento di pazzi combattimenti
di amore ad alte temperature
nudi affondiamo nelle acque dello stesso fiume

commiato con metalli

Riconoscermi segnato dalle passioni


e per colpa mia confuso il tuo cuore
cancello l'agonico delle ali frenetiche
privo di cielo e di tassonomie
sopra una sedia a rotelle incoronato
poiché tu lo hai deciso
Ma non appena ti fai così afflitto
con gli occhi quasi alle lacrime
Perché riconosco le mie mani senza comando
le mie canzoni dalle mie stonature,
i miei sali dai miei aghi d'oro
Così te lo dico e questa smania
di prendere a pugni la vita
quando mi avanza vita da offrire
e molto più vita per farmi fuori ai piedi
delle finestre di Campo dei Fiori
da dove dici di volerti schiudere al sogno
o vedere sfilare cappotti, sciarpe alla ricognizione
dei vagabondi sbagliati di pianeta
o loro stessi pianeti. O che ne so
solo per questo ti riconosco e mi avvio
come un'armatura vestita di cavaliere.
259

Si llueve o llueve entonces llueve121

A Carlos Contramaestre y Luis Cornejo

La muerte mientras más muerte más necia


invitar a Alberto Brandt a semejante jolgorio
Cuchillo para su necia garganta de muerte
Cuando Alberto le consiga su lado flaco
que por regreso sabemos la muerte tiene
un solo gesto suyo bastará
para
derribar
las tiranías
del terror
armará tal zafarrancho que la muerte
ya no podrá escapar y la muerte saltará
en su ley en su proprio insulto
Así nosotros lo hacemos con la vida

Víctor Valera Mora, in Obra poética de Víctor Valera Mora, Caracas, Talleres de la
121

Asamblea Nacional, 2006.


260

Se piove o piove allora piove

A Carlos Contramaestre e Luis Cornejo

La morte in quanto più morte più idiota


invitare Alberto Brandt122 a una simile baldoria
pugnale per la tua stolta gola di morte
quando Alberto gli colga il suo lato scoperto
che sappiamo la morte possiede quando si ripresenta
un solo gesto basterà
per
abbattere
le tirannie
del terrore

metterà in piedi un subbuglio tale che la morte


non potrà scappare la morte salterà
nella sua legge nella sua stessa ingiuria
Così come noi ci adoperiamo vivendo

122
Alberto Brandt (1924-1970), artista plastico, pittore autodidatta, iconoclasta, pioniere
dell’astrazionismo e dell’informalismo in Venezuela. Molto legato ai movimenti artistici e
letterari come Sardio ed El Techo de la Ballena.
261

Hasta cuando123

Hasta cuándo seguir gritando a esta gente


que el rey y la reina yacen bajo la tierra
Hasta cuándo seguir gritando que no cedo en hipoteca mis sueños
Hasta cuándo seguir gritando que soy incorregible
Hasta cuándo seguir gritando que no reniego de mis actos
Hasta cuándo seguir gritando que nada de lo que tengo
está en venta ni quiero que ningún imbécil corte la soga
Hasta cuándo seguir gritando que no cumplo mis deberes en la tormenta
Hasta cuándo seguir gritando que no exijo futuro

Hasta cuándo seguir gritando a esta gente que me son despreciables


Hasta cuándo seguir gritando que estoy
con los que no tienen la razón porque la tienen a mares llenos
Hasta cuándo seguir gritando que jamás abandonaré mi capa de insurgente
Hasta cuándo si desde siempre mis cartas están sobre la mesa.

123
Luciana Mc Namara, “Víctor Valera Mora: Chino de amor y revolución”, in Encontrarte,
fascículo 105, edición del 16 de abril de 2014. URL del sito:
http://www.encontrarte.aporrea.org/105/personaje/
262

Fino a quando

Fino a quando urlare a quella gente


che il re e il regina giacciono sotto terra
Fino a quando urlare che non ipoteco i miei sogni
Fino a quando urlare che sono ostinato
Fino a quando urlare che non sconfesso nessuna delle mie azioni
Fino a quando urlare che nulla di quello che possiedo
è in vendita né voglio che nessun cazzone tagli la corda
Fino a quando urlare che non assumo i miei obblighi nelle intemperie
Fino a quando urlare che non esigo futuro

Fino a quando urlare a questa gente che mi sono spregevoli


Fino a quando urlare che sono
Dalla parte di chi ha la ragione perché ce l’hanno in abbondanza
Fino a quando urlare che giammai abbandonerò la mia cappa d’insorgente
Fino quando se da sempre le mie lettere sono sul tavolo.
263
264

Notizie sui poeti

ALFREDO CHACÓN: San Fernando, Apure, 1937. Poeta, ricercatore, saggista. Studiò
Sociologia e Antropologia (1954-58), Filosofia (1954-56) all’UCV. Ha realizzato dei master in
Antropologia all’Università di Parigi (!958-60). Formò parte del gruppo Los unánimes (Parigi).
Dal 1960, professore titolare in pensione della Escuela de Sociología y Antropología presso
l’UCV. È stato direttore generale del CELARG e Presidente della Fondazione “Biblioteca
Ayacucho”.

Libri di poesia pubblicati: Saloma (1961); Materia bruta (1969); Principio continuo (1982);
Actos personales (1986); Acta del presagio (1986); Los espacios cálidos (1987, 1992); Decir
como es deseado (1990); Palabras asaltantes (1992); Por decir así (2003); Y todo lo demás
(2005).

ALFREDO SILVA ESTRADA, Caracas, 1933. Poeta. Laureato in Filosofia (UCV124). Master
all’Università della Sorbona, Parigi. Ha formato parte del gruppo Los Unánimes (Parigi).
Professore della UCV (1960 - 1965). Parte della sua produzione letteraria è stata tradotta in
francese.
Libri di poesia pubblicati: De la casa arraigada (1953); Cercos (1954); Del traspaso (1962);
Integraciones, 1954-1957. De la unidad de la fuga (1962); Arácnidos (1963); Literales
(1963); Transverbales I (1967); Lo nunca proyectado (1967); Invisibilia (1967);
Acercamientos: obra poética, 1952-67. Antología (1969, 1977); Transverbales II (1972);
Transverbales III (1972); Los moradores. 1970-74 (1975); Los quintetos del círculo
(1978); Contra el espacio hostil (1979); Variaciones sobre reticuláreas (1979); Dedicación
y ofrenda (1986); De bichos exaltado (1990); Foulées d’exil (1984, antologia);
Acercamientos. Antología poética, 1952-1991 (1992); Saveur des traces (1996). Por los
respiraderos del día,1980-1992 / En todo un momento, 1989-1993 (1998); Al través (2000).

ÁNGEL EDUARDO ACEVEDO: Valle de la Pascua, Guarico, 1937. Poeta. Laureato in


Lettere (UCV, 1972). Professore della ULA. È stato membro del gruppo letterario Tabla
Redonda (1959). Collaboratore d’importanti riviste letterarie: Tabla Redonda (caracas, 1958);
En Letra Roja (Caracas, 1963); Sol Cuello Cortado (Caracas, 1963).
Libri di poesia pubblicati: Mon Everest [Soles y Mont Everest] (1973); Papelera. Tanteos
estéticos sobre el vivir (1991); Flor diversa (2005).

CARLOS CONTRAMAESTRE SALAS, Tovar, Mérida, 1933 – Caracas, 1997. Poeta,


cineasta, pittore. Medico chirurgo (Università di Salamanca, Spagna). È appartenuto ai gruppi
letterari Sardio ed El Techo de la Ballena. È stato direttore della Cultura della ULA125.
Associato culturale dell’ambasciata del Venezuela in Spagna.

124
UCV: Universidad Central de Venezuela, Caracas.
125
ULA: Universidad de los Andes, Mérida.
265

Libri di poesia pubblicati: Salve amigo, salve adiós (1961); Cabimas zamuro (1977); Como
piel de ángel (1980); Metal de soles (1983); Eros y Tánatos - La torre de Babel (1986);
Tanatorio (1993); Costumbre de piedra. Antología poética (1996).

CAUPOLICÁN OVALLES, Guarenas, Miranda, 1936 – Caracas 2001. Poeta, giornalista,


bibliofilo. Avvocato (Università di Salamanca, Spagna). Fondatore dei gruppi El Techo de la
Ballena e Tabla Redonda.
Libri di poesia pubblicati: ¿Duerme usted señor Presidente? (1962); En uso de razón
(1963); Elegía en rojo a la muerte de Guatimocín, mi padre, alias El Globo (1967); Copa
de huesos (1972, antologia); Sexto sentido o diario de Praga (1973); Ha muerto un
colmenar de la colmena (1973); Canción anónima (1980); Para canción y canción de Evita
Paraíso (1980); Convertido en pez viví enamorado del destino (1989).

EDMUNDO JOSÉ ARAY, Maracay, Aragua, 1936. Narratore, poeta, cineasta. Laureato in
Scienze Economiche (UCV). Formò parte dei gruppi letterari Vasudeva (Barquisimeto, 1956-
57) Sardio (Caracas, 1957-1962) ed El Techo de la Ballena (1962-1969). Professore della
Facoltà di Economia della UCV e Direttore della Cultura della ULA (1979). È conosciuto con
lo pseudonimo di Atilio Rey.

Libri di poesia pubblicati: La hija de Raghú (1957); Los huéspedes del tiempo (1959);
Nadie quiere descansar (1961); Twist presidencial: todo está en regla (1963, satire); Salve,
amigos, salve y adiós (1968); Cambio de soles (1968); Tierra roja tierra negra (1968);
Cuerpo de astronauta, convecino al cielo (1969); Libro de héroes (1971, 2004, coautore.);
Crónica de nuestro amor (1973, selezione); Cantata del Monte Sagrado (1983); Efraín, no
te duermes (1986); Versos toscanos (1987, 1997); Lilí, siempre Lilí. Memoria de Peter
Weiss (1987); Siempre febrero (1990); De la identidad. De la integración. Del espacio
audiovisual (1993,poesia-prosa); José Martí, ese soy yo (1997); Una y otra edad. Antología
poética(1956-1990) (1997); Heredades (2001); Simón Bolívar (Desde su nacimiento hasta
la Batalla de Carabobo) (2002); Mi amado Martí (2003).

EFRAÍN HURTADO: Las Mercedes, Guarico, 1934 – Caracas, 1978. Poeta, autore di racconti,
saggista. Antropologo. Professore della UCV e dei Master dell’IPC. Formò parte dei gruppi
letterari Sardio (Caracas, 1958) e El techo de la Ballena (1961). Cofondatore delle riviste
Rocinante e Uno y múltiple.

Libri di poesia pubblicati: Papeles de condenado (1964); Redes maestras (1966, 1969); Salve
amigo, salve y adiós (1968, co-aut.); Libro de héroes (1971, 2004, co-aut.); A dos palmos
apenas (1972); Transparencia del signo (1973); Ojo de buey (1974); Escampos (1979).

FRANCISCO PÉREZ PERDOMO, Sabana Libre, Trujillo, 1930. Poeta e saggista. Avvocato
(UCV). Integrante dei gruppi letterari Sardio (1958), Tabla Redonda (1959) ed El Techo de la
Ballena (1961). Ha svolto la mansione di addetto culturale. Capo redattore della Revista
Nacional de Cultura.

Libri di poesia pubblicati: Fantasmas y enfermedades (1961); Los venenos fieles (1963); La
depravación de los astros (1966); Huéspedes nocturnos (Antología) (1971, 1983);
Ceremonias (1976); Círculo de sombras (1980); Los ritos secretos (1988); El sonido de
otro tiempo (1991); También sin espacio (1996); El límite infinito (1997); La casa de noche
(2001); Antología mínima (2003).

GUILLERMO SUCRE (Guillermo Sucre Figarella), Tumeremo, Bolívar, 1933. Poeta, critico
letterario, saggista e docente universitario. Laureato in Lettere e Filosofia (Santiago del Cile) e
266

in Lettere (UCV, 1958). Dottorato all’Università di Parigi. Professore della USB 126, UCV e
IPC127. Ha coordinato i Laboratori Letterari nel CELARG128. Ha formato parte dei gruppi
letterari Sardio e Cantaclaro. Fondatore e redattore della rivista Sardio (Caracas, 1959). Ha
diretto le pagine letterarie del quotidiano La República (Caracas, 1963) e la rivista Imagen.
Cofondatore e redattore della rivista Zona Franca.
Libri di poesia pubblicati: Mientras sucedan los días (1961); En la profundidad del verano
(1962); La mirada (1970); Aproximaciones a Octavio Paz (1974); En el verano cada
palabra respira en el verano (1975); Serpiente breve (1977); La vastedad (1988); La
segunda versión (1993).

JESUS SANOJA HERNÁNDEZ, Tumeremo, Bolívar, 1930. Poeta, saggista, critico letterario,
redattore e giornalista. Laureato in lettere (UCV). Professore di Letteratura nella Escuela de
Letras y Comunicación Social (UCV). fondatore dei gruppi letterari Cantaclaro e Tabla
Redonda. Co editore delle riviste: En letra Roja, Tabla Redonda, Qué pasa Venezuela,
Cantaclaro, El Venezolano.

Libri di poesia pubblicati: La mágica enfermedad (1969); La mágica enfermedad y otros


poemas (1997).

JOSÉ BARROETA (José María Barroeta Paolini), Pampanito, Trujillo, 1942. Poeta. Avvocato
(UCV). Dottore in Letteratura Iberoamericana (Università di Parigi, 1981). Dal 1975
professore della Escuela de Letras dell’ULA. Formò parte dei gruppi letterari Tabla Redonda
(1959), El Techo de la Ballena (1961), Tropico Uno (1964, Puerto La Cruz) ed En Haa
(1965). Collabora in numerose pubblicazioni periodiche nazionali ed estere.

Libri di poesia pubblicati: Perfiles (1959); Poemas (1966); Todos han muerto (1971); Cartas
a la extraña (1972, poesie in prosa); Arte de anochecer (1975); Fuerza del día (1985);
Antología (1985); Culpas de juglar (1996); Obra poética, 1971-1996 (2001).

JUAN ALBERTO CALZADILLA ÁLVAREZ, Altagracia de Orituco, Guarico, 1931. Poeta,


saggista, disegnatore, critico d’arte. Si è diplomato nella Escuela de Artes Plásticas. È stato
direttore del Museo Emilio Boggio e vicedirettore della Galería de Arte Nacional. Prese parte
nei gruppi letterari Sardio e Tabla Redonda. Ha diretto la rivista Imagen.

Libri di poesia pubblicati: Poemas (1953); Primeros poemas (1954); La torre de los pájaros
(1955); Los herbarios rojos (1958); Dictado por la jauría (1962, 1994); Primero poemas
(1964); Malos modales (1965, 1994); Las contradicciones sobrenaturales (1967);
Ciudadano sin fin. Antología (1970); Manual de extraños (1975); Oh, smog (1977);
Tácticas de vigía (1982); Una cáscara de cierto espesor (1985); Diario para una poesía
mínima (1986); Antología paralela (1988); Agendario. Cuerpos escritos (1988); Diarios,
aproximaciones a un decir siempre aplazado (1990); Tema para el próximo silbido (1991);
Curso corriente (1992); Minimales (1993); El fulgor y la oquedad (1994); Lugar de paso
(1996); Principios de urbanidad (1997); Diario sin sujeto (1997); Corpolario (1999);
Notario al garete (2000); Aforemas (2004).

JUAN SÁNCHEZ PELÁEZ, Altagracia de Orituco, Guarico, 1922 – Caracas, 2003. Poeta.
Studiò Pedagogia a Santiago del Cile. Ha lavorato come addetto culturale nelle ambasciate di
Colombia e Spagna.

126
USB: Universidad Simón Bolívar, Caracas.
127
IPC: Instituto Pedagógico de Caracas.
128
CELARG: Centro de Estudios Latinoamericanos Rómulo Gallegos, Caracas.
267

Libri di poesia pubblicati: Elena y los elementos (1951,2001); Animal de costumbre (1959);
Filiación oscura (1966); Un día sea (1965, antologia); Lo huidizo y lo permanente (1969);
Rasgos comunes (1975); Por cuál causa o nostalgia (1981); Poesía, 1951-1981 (1984,1993);
Aire sobre el aire (1989); Obra poética (2003).

LUIS ALBERTO CRESPO, Carora, Lara, 1941. Poeta, saggista traduttore. Laureatosi in
Scienze della comunicazione (UCV). Ha seguito corsi di specializzazione nella Scuola di Alti
Studi di Parigi. È stato direttore del Foglio Letterario del quotidiano El Nacional e della rivista
Imagen. Dirige la Casa Nazionale delle lettere Andrés Bello.
Libri di poesia pubblicati: Cosas (1968); Si el verano es dilatado (1968); Novenario (1973);
Rayas de lagartija (1974); Costumbres de sequía (1977); Resolana (1980); Entreabierto
(1984); Señoras de la distancia (1988,1996); Mediodía o nunca (1989); Sentimentales
(1990); Como una orilla. Antología poética (1968-1990) (1991); Más afuera (1993); Duro
(1995); Solamente (1997); Lado (1999); Ninguno como la espina (2000); El país ausente
(2004).

LUIS CAMILO GUEVARA: Tucupita, Delta Amacuro, 1938. Poeta. Collabora in numerose
pubblicazioni periodiche nazionali.

Libri di poesia pubblicati: Festejos y sacrificios [opera premiata con il titolo di Vestigios
rurales] (1971); Las cartas del verano (1973); Murales de la tarde (1973); Travesol (1986);
Inocente de los bestiarios (1999).

LUIS GARCÍA MORALES, Ciudad Bolívar, 1929. Poeta. Si è laureate in giurisprudenza


presso la UCV. Formò parte del gruppo e del comitato di redazione della rivista Sardio
(Caracas, 1958). Fondatore e redattore della pagina letteraria del quotidiano La República
(Caracas, 1961). Cofondatore della rivista Zona Franca. Capo redattore della Revista nacional
de Cultura. È stato presidente del CONAC129 (1975-1978).

Libri di poesia pubblicati: Lo real y la memoria (1962); El río siempre (1983); Poesía
(1992); De un sol a otro (1997).

MIYÓ VESTRINI (pseudonimo di María Josefina Fauvell Ripert). Nimes, Francia, 1938 –
Caracas, 1991. Poetessa, saggista, narratrice, articolista. Ha risieduto in Venezuela dal 1947.
Formò parte dei gruppi letterari Apocalipsis, 40 grados a la sombra (Maracaibo) e Sardio
(Caracas). Iniziò a lavorare come giornalista nel 1948 con il quotidiano Diario de Occidente
(Maracaibo). Diresse le pagine d’arte dei quotidiani La República, El Nacional e la rivista
Criticarte (Caracas). È stata addetta culturale dell’ambasciata in Italia.

Libri di poesia pubblicati: Poesías (1964); Las historia de Giovanna (1971); El invierno
próximo (1975); Pocas virtudes (1986); Valiente ciudadano (postumo, 1994); Todos los
poemas (postumo, 1994).

RAFAEL CADENAS, Barquisimeto, Lara, 1930. Poeta e saggista. Formò parte del gruppo
Tabla Redonda (1959). Professore pensionato della Escuela de Letras dell’UCV.

Libri di poesia pubblicati: Cantos iniciales (1946); Una isla (1958); Los cuadernos del
destierro (1960, 2001); Derrota (1963); Falsas maniobras (1966); Anotaciones (1973);
Antología (1977); Intemperie (1977); Memorial (1977); Los cuadernos del destierro; falsas
maniobras; derrota (1979); Amante (1983); Dichos (1992); Gestiones (1992); Poemas
escogidos - Poemes choisies (1994); Antología, 1958-1983 (1996, 1999).

129
CONAC, Consejo Nacional de la Cultura de Venezuela, organismo incaricato nel promuovere
e di<ondere il patrimonio culturale venezuelano.
268

RAFAEL GUERRERO, San Cristóbal, Táchira (1938 - 1969). Poeta autodidatta. Fondatore del
gruppo letterario Cueva Pictolírica (1963). Contribuì a rinnovare i canoni culturali della sua
regione attraverso il confronto, la divulgazione culturale, la creazione letteraria e pittorica.
Negli anni sessanta rende nota la sua produzione poetica che vedrà la luce sul quotidiano El
Centinela, nelle cui pagine, ogni settimana, insieme ai compagni del gruppo letterario,
pubblicava i suoi versi.
Profondo conoscitore della poesia venezuelana. Il componimento Derrota di Rafael Cadenas
nei cui versi si spoglia gli uomini in modo viscerale davanti a certe scelte esistenziali come
quella della lotta armata, lo colpì profondamente. È stato anche un assiduo lettore di César
Vallejo e di Pablo Neruda; dei poeti europei Cesare Pavese, Giuseppe Ungaretti, Artur
Rimbaud, Rainer Maria Rilke, Miguel Hernández, Rafael Alberti, Federico García Lorca; del
russo Vladimir Majakokskij e dell’americano Walt Whitman. Guerrero è stato un poeta dalle
profonde convinzioni politiche e umanistiche, un ribelle nei confronti dell’ingiustizia subita dal
popolo latinoamericano. Questo sentire, forse, ha determinato la sua evasione dall’esistenza.

RAMON DAVID SÁNCHEZ PALOMARES, Escuque, Trujillo, 1935. Poeta, critico letterario,
narratore. Ha studiato per il conseguimento del diploma di maestro nella Escuela Normal
Federal di San Cristobal. Si è laureato nell’IPC come professore di Lingua e letteratura
Spagnola (1958). Formò parte del gruppo letterario Sardio (Caracas, 1958) ed è stato direttore
della rivista culturale Rayado sobre el Techo.

Libri di poesia pubblicati: El reino (1958, 2001); El ahogado (1964); Paisano, 1961-1962
(1964); Honras fúnebres (1965); Santiago de León de Caracas (1967); El vientecito suave
del amanecer con los primeros aromas (1969); Poesía (1973, 1977, 1985, antologia); Adiós
Escuque (1974); Mérida, elogio de sus ríos (1975, 1983, 1986); Poemas varios (1979);
Elegía 1830 (1980, plaquette); Antología poética (1985); El viento y la piedra (1985);
Alegres provincias (1988); Lobos y halcones (antología) (1997); Antología mínima (2003);
Antología poética (2004).

RAMÓN QUERALES (Alberto Ramón Querales Montes). Matatere, Lara, 1938. Poeta,
saggista, ricercatore letterario, storico, compilatore. Fondatore delle riviste Tal, Ciudad
Mercuria, La Espada Rota, El búho dinámico e Sin Límite. Ha collaborato in importanti
pubblicazioni periodiche del paese. Cronista di Barquisimeto.

Libri di poesia pubblicati: Aguas negras (1970); Exiliado del alba (1977); La Guaroa
(1978); Letras secretas y otros poemas (1980); Habitación de olvido (1982); Pájaros de
amor por tierra (1987); No pronuncio tu nombre en vano (1992).

VICTOR VALERA MORA, Valera, Trujillo, 1935 – Caracas, 1984. Poeta. Sociologo (UCV).
formò parte del gruppo El Techo de la Ballena.

Libri di poesia pubblicati: Canción del soldado justo (1961); Amanecí de bala (1971); Con
un pie en el estribo (1972); 70 poemas stalinistas (1980); Antología poética (1987); Del
ridículo arte de componer poesía (1994); Antología poética (2002); Nueva antología
(2005).
269

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Fig. 20. Serie Asfalto-Infierno, 1963, in J. Calzadilla, I. O. Oropeza, D.


González, El techo de la Ballena Antologia 1961-1969, Caracas, Monte
Ávila Editores, 2008.
277

Indice

pag.
Prefazione 5
Introduzione 7
1.POESIA E AVANGUARDIA NEL VENEZUELA DELLA 7
POSTDITTATURA PEREZJIMENISTA
di Vincenzo Paglione
1.1.Venezuela immaginario (I) 7
1.2.Venezuela immaginario (II) 12
2.Contestualizzazione della poesia d’avanguardia venezuelana 13
2.1.Il dibattito ideologico e letterario: Sardio, Tabla Redonda, 18
El Techo de la Ballena
2.2.La poesia del dissenso, la poesia come di (s) senso 20
2.3.Parola … (in)dipendenza orgiastica 21
2.4.Geografia della morte 22
3.IL VUOTO DELLA STORIA, IL VUOTO DELLA 24
PAROLA: IL RITMO DELLA LACERAZIONE
di Roberto Sapienza
3.1. Una poetica dell'abuso 26
3.2. Lo smontaggio estremo, le dissezioni dell'io e 28
dell'insufficienza.
4.CRITERI DI SELEZIONE 33
278

Antologia dei poeti pag.

Alfredo Chacón 35
Alfredo Silva Estrada 37
Ángel Eduardo Acevedo 47
Carlos Contramaestre 51
Caupolicán Ovalles 73
Edmundo Aray 95
Efraín Hurtado 113
Francisco Pérez Perdomo 115
Guillermo Sucre 125
Jesús Sanoja Hernández 137
José Barroeta 141
Juan Calzadilla 145
Juan Sánchez Peláez 177
Luis Alberto Crespo 173
Luis Camilo Guevara 193
Luis García Morales 195
Miyo Vestrini 197
Rafael Cadenas 201
Rafael Guerrero 223
Ramón Palomares 233
Ramón Querales 245
Victor Valera Mora 247

Notizie sui poeti 264


Bibliografia 269
Immagini 274

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