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Le origini della letteratura gauchesca: Bartolomé Hidalgo

Come ho già detto, la letteratura gauchesca e in modo particolare la poesia,


fu un genere praticato da letterati colti che si rifacevano alla tradizione
orale, illetterata dei payadores, cioè dei cantori gauchos anonimi. Prima di
affrontare il corpus letterario gauchesco è quindi utile dire qualcosa a
proposito di questa tradizione orale da cui gli scrittori dell’Ottocento
assimilarono stili, modalità espressive, repertori tematici e più in generale
tutto l’immaginario narrativo del mondo rurale. Abbiamo già visto come
Carrió de la Vandera nella seconda metà del Settecento considerasse
l’espressione lirico-musicale come uno dei tratti più caratteristici della
cultura, giudicata rozza e primitiva, di quelli che lui chiamò gauderios.
Anzitutto bisogna precisare che di questa produzione a noi non è giunto
praticamente nulla, trattandosi di tradizione popolare che si trasmetteva
solo in forma orale (i payadores erano analfabeti, così come la grande
maggioranza del pubblico a cui si rivolgevano). O meglio, noi conosciamo
questa tradizione solo attraverso la rielaborazione artistica che ne fecero i
poeti colti. Sappiamo però che i payadores non inventarono dal nulla le
loro forme espressive. Al contrario, la loro tradizione si venne a formare
attraverso l’adattamento, la trasformazione del repertorio artistico popolare
che i colonizzatori spagnoli portarono con loro quando si stabilirono nel
Nuovo Continente. In un primo tempo, questa letteratura popolare era
costituita essenzialmente da composizioni liriche tendenzialmente
ottosillabiche quali romances, canzoni, villancicos e coplas che erano
spesso accompagnate dalla musica e avevano come soggetto eroi
leggendari, cavalieri, re e pastori tratti dal repertorio europeo classico e
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medievale/rinascimentale (nella tradizione orale di alcune regioni
dell’America Latina rimangono ancora oggi tracce consistenti di questa
letteratura). In terra americana, questo patrimonio letterario tradizionale,
poco per volta si trasformò e ai soggetti, ai temi e al linguaggio di matrice
europea si sostituirono elementi di gusto tipicamente locale. Si può quindi
dire che i modelli su cui i primi gauchos cantori si basavano per comporre
le loro payadas erano le opere più diffuse della tradizione popolare
spagnola, e in certa misura anche della letteratura colta; il materiale
narrativo delle loro storie era invece autenticamente criollo, cioè
americano, argentino. Quindi prendeva spunto dalla vita di tutti i giorni,
faceva riferimento alle varie attività che costituivano il lavoro dei
mandriani, all’ambiente naturale della pampa, a vicende drammatiche o
sentimentali, a fatti di cronaca, a leggende popolari oppure a personaggi
storici nazionali. Il tono delle composizioni era a seconda dei casi
moralizzante, didattico, esemplare o idealizzante, questo naturalmente in
relazione al tema trattato e all’uditorio a cui il cantore si rivolgeva. E in un
ambiente rurale dove i contatti con il mondo civilizzato erano poco
frequenti, dove non esistevano scuole e chiese, dove nessuno sapeva
leggere, la figura del payador aveva agli occhi della gente comune un
certo prestigio. Non soltanto perché la sua attività costituiva una delle
poche, forse l’unica forma di intrattenimento collettivo disponibile, ma
soprattutto perché viaggiando con le sue storie da una comunità all’altra
rappresentava il depositario della cultura popolare e al tempo stesso una
sorta di gazzetta, di giornale orale che informava di ciò che accadeva nel
mondo.

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Un altro aspetto che caratterizzava il payador era la natura performativa
della sua arte. Ciascuno aveva un repertorio di canzoni o racconti che
erano stati imparati a memoria. Ma l’abilità del cantore veniva misurata
soprattutto dalla sua capacità di saper improvvisare nuove composizioni su
temi che venivano proposti al momento. Spesso queste improvvisazioni
nascevano quando in un boliche, in una fattoria o in un accampamento si
incontravano due payadores che ingaggiavano tra loro una sfida artistica.
Uno di loro iniziava un tema e dopo aver cantato alcune strofe (in genere
una quartina) l’altro doveva proseguire rispondendo per così dire a tono al
suo rivale, cercando di fare meglio di lui. La contesa andava avanti fino a
quando il tema era esaurito o uno dei due aveva dimostrato la sua
superiorità. Ciò naturalmente richiedeva al payador di avere un grande
prontezza sia nel ribattere alle arguzie e alle allusioni dell’avversario, sia
nel rispettare lo schema metrico che la composizione imponeva. VEDERE
ULTIMI 10 MIN DI “SANTOS VEGA” Questo tipo di esercizio tendeva a
produrre repertori di formule espressive, di modi di dire e di immagini a
cui i cantori attingevano per cavarsela quando la fantasia veniva meno e si
trovavano in difficoltà. Per questa ragione la poesia dei gauchos presentava
una marcata standardizzazione che influenzò anche, come vedremo, la
letteratura gauchesca scritta dagli autori colti che rielaborarono
nell’Ottocento il patrimonio folclorico orale.
La letteratura gauchesca nasce nei primi anni dell’Ottocento con
Bartolomé Hidalgo, che viene riconosciuto come il suo iniziatore. La sua
opera si lega al periodo storico delle lotte per l’Indipendenza dalla Spagna
e riflette gli eventi politici e bellici. Il processo che porta i paesi
dell’America Latina a liberarsi dal giogo coloniale è piuttosto lungo e
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complesso e non è il caso di ricostruirlo in modo dettagliato. Per quanto
riguarda la regione rioplatense e i territori limitrofi, possiamo dire che le
cause economiche e politiche che innescarono i moti indipendentisti
furono in parte le stesse che spinsero gli altri paesi latinoamericani a
seguire la strada dell’emancipazione dal governo centrale di Madrid. Alla
fine del Settecento la Spagna si trovava in una grave crisi economica e
soprattutto politico-istituzionale. Sul piano del commercio internazionale
stava subendo la concorrenza schiacciante di potenze coloniali donimanti
come l’Inghilterra e la Francia, le quali stavano avviando anche un
processo dinamico di industrializzazione in senso moderno. La Spagna da
questo punto di vista era una nazione arretrata che non aveva una società,
una cultura e istituzioni capaci di affrontare questi cambiamenti. In altre
parole, mentre l’Inghilterra si stava avviando verso un’economia e una
società fondata sul capitalismo imprenditoriale e sul liberismo, la Spagna e
le sue colonie erano ancora vincolate a un modello semifeudale. Per la
verità, alla fine del Settecento, sotto Carlo III, erano state avviate nella
penisola iberica una serie di riforme progressiste, ma con l’avvento del suo
successore Carlo IV il rinnovamento si arresta e la situazione precipita, sia
a causa dell’incapacità del re sia perché il paese si imbarca in una serie di
conflitti contro la Francia repubblicana che gli saranno fatali. Napoleone
infatti nel 1808 occuperà militarmente la Spagna, che per cinque anni
cadrà in un caos di guerre civili che la renderanno debole anche sul fronte
dei rapporti con le colonie americane.
Nell’ultimo decennio del Settecento ciò che teneva a galla l’impero
spagnolo erano 1) un rigido controllo amministrativo delle colonie,
presidiate da un esercito di occupazione e con vicerè, governatori,
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funzionari nominati direttamente dall’autorità regia, a cui dovevano
rispondere 2) l’applicazione di un rigido regime di monopolio
commerciale. Le colonie infatti producevano poche materie prime, quelle
che il mercato spagnolo richiedeva (per il viceregno del Río de la Plata
cuoio, carne e cereali), ed erano costrette a venderle solo alla madrepatria.
Cioè non potevano avere rapporti commerciali liberi con altre nazioni
europee. Questo ostacolava enormemente la possibilità da parte dei
vicereami di svilupparsi e di modernizzarsi, come chiedevano gli
intellettuali illuministi e la piccola élite borghese e progressista criolla.
Fu proprio la crisi politica interna della Spagna e l’inizio in Europa delle
guerre napoleoniche a spingere, nei primi anni dell’Ottocento, l’Inghilterra
a cercare di approfittarne per procurarsi sul continente americano nuove
basi commerciali che avrebbero dovuto servire da centri di rifornimento e
di sbocco per l'economia britannica. Fu così che nel giugno del 1806 le
truppe inglesi sbarcarono a Buenos Aires con l’intento di occupare la città
portuale e di prendere il controllo della regione. Dopo un apparente
successo iniziale che portò alla destituzione del vicerè spagnolo,
l’invasione inglese provocò la reazione degli abitanti di Buenos Aires che
organizzarono una milizia popolare, costituita anche da gauchos, e in pochi
mesi riuscirono a respingere gli invasori. Questa prova di resistenza
valorosa, che si ripeté nel 1807 dopo un seconda attacco inglese, fomentò
nella popolazione rioplatense il desiderio di raggiungere l’autonomia
politica dalla madrepatria. Tre anni più tardi le vicende della Spagna, dove
Ferdinando VII era stato detronizzato, provocarono nuovi fermenti
patriottici a Buenos Aires: nei primi mesi del 1810 i cittadini si riunirono
in un’assemblea rivoluzionaria, il vicerè fu destituito e venne proclamato
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un governo autonomo rispetto alla Spagna. Il 25 maggio di quello stesso
anno fu concordata la nomina di una giunta provvisoria delle Province
Unite del Río de la Plata, di cui erano membri leader militari e politici
criollos come Manuel Belgrano e Bernardino Rivadavia, che insieme al
generale José de San Martín furono tra i principali artefici
dell’indipendenza.
La decisione di creare uno stato argentino con un governo centralizzato
sotto il controllo della provincia di Buenos Aires suscitò la diffidenza delle
province dell'interno (hacendados e gauchos). Queste infatti non avevano
intenzione di rinunciare alla loro autonomia e di sottomettersi all’autorità
di Buenos Aires. Tanto più che temevano – e si trattava di un timore
fondato - di dover subordinare i loro interessi a quelli di una città portuale
che, per la sua posizione geografica, aveva il pieno controllo dei traffici
commerciali ed esercitava il diritto di dogana. Questo motivo di attrito fra
Buenos Aires e le altre province venne però messo da parte di fronte alla
reazione del governo di Madrid, che nel 1810 inviò truppe militari per
cercare di riprendere il controllo delle colonie ribelli. I patrioti americani
organizzarono a loro volta un esercito che venne guidato dal generale José
de San Martín e che per cinque anni affrontò in numerose battaglie e
scontri i soldati spagnoli. Alla fine l’esercito dei patrioti – fra cui
militavano molti gauchos che si dimostrarono combattenti valorosi – ebbe
la meglio su quello spagnolo, che nel 1815 dovette arrendersi e
abbandonare definitivamente la colonia del Río de la Plata. Nel frattempo
però un’altra potenza militare, il Brasile, approfittò dalle difficoltà della
situazione, e occupò la Banda Oriental, cioè l’attuale Uruguay, che era
appunto una delle province liberate. Nel luglio del 1816, un'assemblea
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costituente delle provincie argentine fu convocata per scongiurare lo
sfaldamento della compagine politico-territoriale costituita dal governo
rivoluzionario del 1810. L’assemblea costituente si riunì a Tucumán e
sancì formalmente l'indipendenza delle Provincias Unidas de América del
Sur. Questo atto però innescò un periodo di turbolenze e conflitti, riaccesi
dall'antagonismo fra porteños e provincianos. La contrapposizione ebbe al
centro la forma del nuovo Stato: si lottò cioè per configurare un'Argentina
unitaria, quale la volevano i porteños, o un'Argentina federale secondo le
richieste dei provincianos; unitarios e federales furono chiamati i due
partiti che innescarono le lotte di potere e le guerre civili che per buona
parte dell’Ottocento caratterizzarono il processo formativo del Paese.
Questo è, molto in sintesi, il quadro storico e politico nel quale si inscrive
l’opera del poeta Bartolomé Hidalgo, considerato l’iniziatore del genere
letterario gauchesco. Hidalgo era nato a Montevideo nel 1788 da una
modesta famiglia di origine argentina. Non sappiamo quasi nulla circa gli
anni della sua formazione, ma sembra probabile che l’istruzione formale
gli venne impartita in una scuola di frati francescani. Quel che è certo,
perché lo si può desumere dalla sua stessa opera, è che Hidalgo assimilò
dagli autori spagnoli del tempo l’estetica neoclassica. Al tempo stesso,
però, doveva avere acquisito anche una certa familiarità con i romances
della tradizione iberica e, più in generale, con la letteratura popolare. La
sua vita, piuttosto breve, fu strettamente legata ai principali eventi politici
e militari che determinarono l’indipendenza Argentina e la nascita
tormentata di quella che sarebbe diventata la nazione uruguayana.
Sappiamo infatti che nel 1804 – quando era ancora un ragazzino -
partecipò alla difesa militare contro l’invasione inglese. Alcuni anni più
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tardi si arruolò nel cosiddetto Batallón de Partidarios de Montevideo e poi
fra le truppe comandate dal generale José Artigas, partecipando alle
battaglie per liberare Montevideo occupata dagli spagnoli e ricoprendo
incarichi di tipo amministrativo. Con la sconfitta dell’esercito spagnolo e
la proclamazione della provincia indipendente della Banda Oriental (che
avrebbe dovuto unirsi alla federazione delle Province Unite del Río de la
Plata), Hidalgo si trasferisce a Montevideo, dove viene nominato ministro
provvisorio delle Finanze e poi direttore della Casa de Comedias, il teatro
della città. Ma il governo indipendente ha vita breve e dopo che nel 1817
l’esercito portoghese-brasiliano conquista Montevideo, la situazione per
Hidalgo, che nei suoi scritti aveva attaccato gli invasori, diventa
insostenibile (il comandante delle truppe di occupazione lo nomina
censore del teatro che dirigeva, cioè censore di se stesso…). Nel 1818
decide quindi di tornare a stabilirsi a Buenos Aires. Qui vivrà molto
modestamente dedicandosi soprattutto alla scrittura, fino a quando nel
1822 una malattia polmonare, probabilmente la tubercolosi, lo condurrà
alla morte.
L’opera letteraria di Hidalgo, che è piuttosto ridotta perché l’autore morì
giovane, quando aveva poco più di trent’anni, è costituita quasi
interamente da composizioni liriche e può essere suddivisa in due fasi
cronologiche. La prima parte, che fu scritta grosso modo tra il 1811 e il
1816, è costituita essenzialmente da composizioni piuttosto brevi chiamate
cielitos a cui si aggiungono alcuni inni o odi. E’ una poesia caratterizzata
da una profonda passione civile e patriottica che prende spunto dagli
eventi storici legati ai moti e alle guerre per l’Indipendenza. Hidalgo scrive
queste liriche per esaltare l’eroismo dei patrioti, per celebrare le vittorie
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che questi ottenevano sul campo di battaglia, per lanciare invettive contro
gli avversari ma soprattutto per esortare le truppe dei criollos – tra le cui
file militavano molti gauchos – e per infondere loro coraggio nei momenti
di difficoltà. Bisogna infatti considerare che queste poesie venivano
composte negli accampamenti militari, prima degli scontri militari o
durante gli assedi e venivano immediatamente diffuse tra i soldati
attraverso volantini o sulle pagine di giornali improvvisati. Coloro che non
erano analfabeti le leggevano ai propri commilitoni che a loro volta le
imparavano a memoria o le mettevano in musica. In questo modo
circolavano in forma orale piuttosto che in forma scritta.
L’opera di Hidalgo è conosciuta soprattutto per i cielitos. Non si può
affermare che questo genere di composizione sia stata inventata
dall’autore, perché deriva da un tipo di canzone popolare sulla cui musica
si danzava e che trattava di temi sentimentali.. Hidalgo si ispira alla ritmica
vivace di questo tipo di musica che era già diffusa nella regione rioplatense
almeno dalla fine del Settecento per creare le sue composizioni. Però,
anziché trattare di vicende amorose, ne fa una poesia militante e
patriottica, immaginando che la voce dell’io lirico sia quella di un gaucho.
In alcuni casi questa attribuzione artificiosa è implicita, mentre in altre
composizioni viene esplicitamente indicato nel titolo che il cantore è un
gaucho. Come per esempio nel “Cielito patriótico que compuso un gaucho
para cantar la acción de Maipú”, importante battaglia avvenuta nel 1818 in
Cile (ottenuta l’indipendenza dell’Argentina, l’esercito guidato da San
Martín andò in soccorso degli altri paesi, a cominciare dal Cile, che erano
ancora occupati dall’esercito spagnolo). In genere i cielitos hanno la forma
di una poesia popolare: il linguaggio è quello della quotidianità, di basso
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registro, con molte espressioni, immagini e vocaboli tratti dal gergo dei
gauchos. Il tono è quasi sempre ironico o sarcastico, soprattutto quando
l’intento dell’autore è quello di schernire gli occupanti spagnoli, come
vedremo nel breve cielito che leggeremo. Il termine cielito deriva dalla
presenza nella composizione di un estribillo, di un ritornello giocato
appunto sulla parola cielo, che si ripete costantemente
LEGGERE IL CIELITO
Accanto ai cielitos, in questo periodo Hidalgo scrive anche altre
composizioni che formalmente possiamo considerare affini alle odi o agli
inni della tradizione letteraria colta. Un esempio è il famoso “Himno o
Marcha Oriental” del 1811 per il quale l’autore venne proclamato
“benemérito de la patria”. Sul piano estetico, questa parte della
produzione lirica di Hidalgo si caratterizza per l’adozione di uno stile
essenzialmente neoclassico, decisamente lontano dal tono rustico dei
cielitos; si tratta quindi di poesie dove è sì presente l’elemento popolare,
ma dove il tono tende comunque ad essere aulico, dove si trovano anche
immagini e riferimenti tratti dalla cultura greca e latina, dove la struttura è
formalmente equilibrata, con uso di rime regolari e di forme metriche
proprie della poesia colta (mentre nei cielitos Hidalgo usa versi
ottosillabici, secondo la tradizione dei payadores, nelle composizioni
celebrative si avvale di una versificazione di arte mayor, che risulta più
solenne).
La “Marcha Oriental” fu composta in occasione di un evento bellico
importante che rappresentò, alla fine del 1811, una sconfitta grave ma
soprattutto demoralizzante per i patrioti americani impegnati a liberare
l’attuale Uruguay dall’occupazione spagnola. Alcuni mesi prima, un
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esercito costituito da volontari rioplatensi guidati da José Artigas si era
mosso verso Montevideo per espugnare la piazzaforte presidiata dalle
truppe realiste. La conquista della cittadina fortificata fu impedita dalla
reazione dell’esercito spagnolo. Artigas, che contava anche sull’appoggio
della popolazione della provincia che accompagnava il suo esercito, decise
allora di iniziare un assedio. Il nemico asserragliato dietro le mura riuscì
però a resistere per alcuni mesi, finché la campagna militare dei
rivoluzionari americani subì una battuta d’arresto su scala nazionale,
dovuta ad alcune pesanti sconfitte. Ciò costrinse José Artigas a togliere
l’assedio a Montevideo e trasferire fuori dal territorio della Banda Oriental
il suo esercito, che rimase accampato per mesi nella provincia argentina di
Entre Ríos. Questa ritirata, conosciuta come “Éxodo oriental”, fu un
evento drammatico perché ai militari si unirono migliaia di civili
uruguayani che fuggirono temendo le ritorsioni degli spagnoli. Vecchi,
donne e bambini dovettero lasciare tutto ciò che avevano e vivere in
condizioni disperate per molti mesi. La composizione di Hidalgo nasce
quindi da un episodio tutt’altro che trionfale della campagna bellica
indipendentista; nonostante ciò, l’autore prende spunto da questo evento
per esortare la popolazione che ha dovuto subire un esilio di massa a non
abbandonare la speranza di ritornare presto da vincitori nelle terre che
hanno dovuto abbandonare. In particolare Hidalgo celebra l’eroismo
dimostrato dai propri compatrioti e descrive con partecipazione emotiva,
ma anche con un certo realismo, i sacrifici che questi hanno dovuto patire
durante il loro esodo.
LEGGERE E COMMENTARE LA “MARCHA”

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La seconda fase della produzione letteraria di Hidalgo coincide con la
permanenza dell’autore a Buenos Aires e va dal 1818 fino alla sua morte,
nel 1822. E’ un periodo difficile per l’autore. In primo luogo perché questo
sua trasferimento a Buenos Aires corrisponde in fin dei conti a un esilio;
mentre l’Argentina era ormai una nazione formalmente indipendente,
l’Uruguay dove era nato era ancora occupato da eserciti di potenze
straniere. In secondo luogo, questo periodo coincide per la giovanissima
repubblica Argentina con l’inizio di quella fase di lotte intestine che poi
sfoceranno nelle guerre civili degli anni Trenta e Quaranta. Questo clima
di divisioni politiche, di corruzione e di ingiustizie sociali innescato dalle
lotte per il potere genera in Hidalgo un senso di sfiducia e di sfiducia che
contrasta con l’entusiasmo e l’ottimismo degli anni precedenti. E questo
diverso atteggiamento si riflette nella sua opera poetica. Mentre nelle
composizioni scritte durante gli anni del suo coinvolgimento attivo nelle
azioni militari dei patrioti rioplatensi il tono era appassionato, esortativo e
con accenti trionfali, in molte delle composizioni scritte dopo il 1818
emerge un senso di amarezza, di disincanto, di disillusione che si esprime
attraverso la critica alla società e alle istituzioni (fra l’altro bisogna
ricordare che, durante la sua permanenza a Buenos Aires, Hidalgo rifiutò
diversi incarichi pubblici, anche di prestigio, che gli furono offerti perché
ciò andava contro i propri principi etici; quindi si dovette guadagnare da
vivere in modo precario, al punto che morì in miseria).
In effetti Hidalgo in questo periodo non rinuncia del tutto a scrivere poesia
celebrativa e patriottica –il cielito che acclama l’esercito di liberazione del
Perù e quello dedicato alla battaglia di Lima (ambedue del 1821) sono due
esempi celebri – ma le opere più originali ed emblematiche sono di altro
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genere. Si tratta dei cosiddetti dialoghi patriottici, composizioni poetiche
costruite per l’appunto in forma di un dialogo immaginario tra due
personaggi, due gauchos provetti payadores (cantori). Queste due voci
narranti – perché si tratta di una narrazione in versi - nel loro linguaggio
arguto e ironico che rappresenta in modo mimetico la parlata quotidiana,
esprimono il proprio punto di vista e le proprie considerazioni su
particolari eventi di rilevanza pubblica ma soprattutto sulla situazione del
paese, nella quali si trovano loro malgrado coinvolti e di cui sono costretti
a subire le conseguenze. Il tono di questi dialoghi è generalmente
disincantato e pervaso da un senso misurato di amarezza e di fatalismo. Al
tempo stesso, queste composizioni sono l’occasione per presentare al
pubblico – in particolare quello più colto delle città – la realtà rurale e il
mondo dei gauchos: le loro abitudini, la loro mentalità, la loro cultura
popolare.
I dialoghi più conosciuti e meglio riusciti dal punto di vista artistico sono
due. La Relación que hace el gaucho Ramón Contreras a Jacinto Chano
de todo lo que vio en las fiestas Mayas de Buenos Aires en 1822 descrive,
attraverso lo sguardo incuriosito e un po’ falsamente ingenuo di un gaucho,
le manifestazioni pubbliche e popolari organizzate nella città per celebrare
la festa nazionale dell’Indipendenza. Si tratta quindi di una composizione
di carattere prevalentemente costumbrista. Il secondo dialogo, che
vedremo adesso, è invece una composizione di carattere marcatamente
politico, civile. Nel Dialogo patriotico interesante entre Jacinto Chano,
capataz de una estancia en las islas del Tordillo, y el gaucho de la
Guardia del Monte, uno dei due protagonisti rievoca con amarezza il
periodo delle guerre d’Indipendenza ed esprime tutta la sua indignazione
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nei confronti della classe dirigente argentina, colpevole di aver tradito gli
ideali per i quali i patrioti avevano combattuto e di aver generato un clima
di ingiustizia sociale.
LEGGERE E COMMENTARE IL Dialogo patriotico interesante

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