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Le parole e i pensieri si modellano
sciogliendo nellaria
faticose parole
Si nutrono di verticalit,
vuoti, spazi ed orizzonti,
musica e silenzio.
M.P.
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Conosci te stesso
1 Serge Ginger, Iniziazione alla Gestalt l'arte del con-tatto, Roma, 2005, Ediz.
Mediterranee, p 27
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e comportamenti che variano in funzione della cultura di riferimento.
In un contesto europeo, la tendenza di valorizzare maggiormente la
parte razionale, mentre, nelle aree orientali, vi una certa preminenza
per la dimensione corporea e spirituale. Il vertice del pentagramma
rappresenta la testa, ovvero, la parte razionale, il mondo delle idee e la
parte creativa. Quelli laterali raffigurano le braccia, che restituiscono
l'idea della dimensione relazionale, in cui, da un lato, (quello sinistro)
troviamo l'affettivit, il cuore, il mondo dei sentimenti, dall'altro, la
dimensione propriamente sociale, i luoghi culturali, gli altri, la polis in
generale. I vertici inferiori rimandano alle nostre radici: quello
posizionato a sinistra si riferisce al corpo materiale, mentre spetta al
polo opposto condensare l'area metafisica e la capacit di attribuire
senso alla vita. Questa rappresentazione non solamente uno schema
astratto di carattere filosofico-concettuale. Per lo psicoterapeuta
francese uno strumento di conoscenza pratico e creativo che ha
suscitato in me vivo interesse. Egli lo utilizza adattandolo in contesti
anche molto differenti fra loro: individualmente, in ambito di coppia, in
azienda o in una istituzione e persino riferendolo ad oggetti. La visione
organica esplora le aree che compongono il pentagramma (che
rimangono gli assunti di base con i quali valutare una situazione),
riferendole al peculiare contesto preso in esame. In una coppia, ad
esempio, il polo fisico riguarder l'intimit tra i due partner, quello
affettivo si riferir alle modalit relazionali con le quali vivono il
rapporto, la parte razionale, invece, terr in considerazione le idee e gli
interessi condivisi. Quella sociale l'apertura con il mondo esterno e la
socialit, le interazioni con gli amici, le attivit interrelazionali. Il
mondo spirituale rappresenter la loro visione del mondo circa i valori
e le idee che orientano le scelte di fondo. L'obiettivo di questo
strumento quello di osservare le dinamiche per far emergere i bisogni
e se vi armonia, o meno, fra i poli che compongono l'organismo,
individuando l'area eventualmente problematica, o carente, e quale tipo
di sofferenza (bisogno) esprime. Accenno brevemente al concetto di
cambiamento, al quale dar ampio spazio in questo mio lavoro. Spesso
le persone che chiedono sostegno lamentano problemi sul luogo di
lavoro. Pensiamo, quindi, ad una azienda come ad un organismo in cui
una persona (un altro organismo) in movimento e vive. La prima
considerazione da fare semplicemente riconoscere che i lavoratori
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sono, in primis, degli esseri umani, secondariamente delle persone che
hanno un determinato ruolo sociale. Da qui il valore dato alle relazioni
interpersonali all'interno dell'organismo/azienda. Secondariamente,
osservare da un punto di vista evolutivo l'organismo/azienda: a quale
fase di questo processo si trova? Per crescere si passa attraverso
l'incertezza. Pertanto, in che modo, per evolvere, l'organismo/azienda
attraversa o potrebbe attraversare una crisi? Il tema dell'incertezza
assume un ruolo fondamentale per la comprensione dei processi di
cambiamento. Vale la pena ricordare che la parola crisi intesa come
krisis, separazione, ovvero scelta, decisione. La crescita, secondo
questa prospettiva, quindi la capacit di rimanere centrati, attingendo
alle proprie risorse, nelle esitanti fasi di incertezza insiti in un difficile
momento. In un organismo/azienda, sostenere questa processo di crisi,
ovvero di cambiamento ed evoluzione, significa sostenere le persone
ad essere consapevoli della situazione che stanno vivendo, orientandole
verso il soddisfacimento dei loro bisogni. Creare la crisi vuol dire
favorire questo passaggio verso nuove scelte. In concreto, focalizzarsi
sulla situazione attuale, sulle relazioni/aspettative di cambiamento
possibili nell'organismo/azienda. In breve, alzare il livello di
consapevolezza rispetto ai bisogni non soddisfatti. Questo processo
permette di mettere in luce i vecchi schemi che impediscono di liberare
energie creative tali da generare nuovi e pi funzionali equilibri. Il
passaggio da un equilibrio ad un altro necessita l'abbandono della zona
di comfort a cui si era abituati: per questo serve fiducia e coraggio.
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Pentagramma di Ginger
La testa
polo razionale
Il cuore
polo affettivo e relazionale
Gli altri
polo della socialit
Il corpo
polo fisico e materiale Il mondo
polo spirituale
metafisico
posizioni ideologiche
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Per la Gestalt, il presupposto organismico evidenzia la necessaria
dipendenza dall'ambiente con il quale stabiliamo uno scambio
continuo. A livello fisico dobbiamo considerare il cibo, l'aria e tutte le
altre componenti biologiche necessarie alla vita, mentre, per quanto
riguarda la dimensione sociale, relazionale ed emozionale, ci troviamo
in un'altra situazione di dipendenza perch le azioni, gli atteggiamenti,
le considerazioni e le emozioni di un altro influenzano notevolmente le
nostre. La mia realt intersoggettiva e per conoscere il mondo ho
bisogno necessariamente degli altri, del loro sguardo e della loro
imprescindibile presenza. Questa interdipendenza trova espressione nel
concetto africano di Ubuntu, secondo il quale definisco me stesso e
cresco attraverso il dialogo ed il confronto con gli altri che alimentano
significativamente la costruzione della mia visione, identit e
comprensione del mondo. All'interno di questa dimensione troviamo la
dialettica fra dipendenza ed autonomia; bench differenti, sono
concetti in realt interrelati che formano una polarit. Costituiscono un
processo in cui gesti, azioni idee ed emozioni dialogano fra loro:
autonomia la libert di affermare me stesso e riconoscere che le
persone o altro da cui dipendo non sono in grado di soddisfare tutti
i miei bisogni e, pertanto, passo da una dipendenza ad unaltra;
indipendenza, significa che io vado da solo, scelgo e faccio a meno del
processo con cui interagisco con le mie dipendenze e autonomie. Un
legame dipendente limita la libert, genera insicurezza e fragilit,
poich una persona crede di non riuscire a farcela da sola: si svaluta e
autocensura. Si sente invischiata in legami limitanti, nei quali la novit
vissuta come una insidia ed un pericolo da evitare. Volgendo lo
sguardo al mondo mitologico, Atena, nascendo gi adulta dalla testa di
Zeus, l'immagine ideale di questa autonomia e libert. Se possibile
raggiungere un certo grado di autonomia, molto difficile realizzare
l'indipendenza, a causa dei bisogni e dei legami che instauriamo e che
sentiamo agire in noi continuamente. Questa dipendenza la sentiamo
nel momento in cui ci allontaniamo da norme, rapporti e regole sociali
ai quali siamo abituati, le quali tendono ad imporsi alla nostra
coscienza. Sono vincoli potenti, radicati nei nostri processi educativi.
Un bisogno di primaria importanza certamente quello di essere
riconosciuti e rispettati nella nostra unicit. I dubbi sulle nostre
capacit, alimentati da paure o limiti imposti dagli altri, sono i nostri
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peggiori nemici capaci di condizionarci e oscurare parti del nostro s,
inibendo il nostro coraggio sociale di ricercare soddisfazioni, scegliere
obiettivi e vivere con passionalit. In gioco c' la nostra felicit e
salute.
Oscar Wilde diceva che la vita troppo breve per vivere quella degli
altri. Il suo pensiero uno stimolo a scegliere una direzione da seguire,
costruendo autonomamente il nostro cammino. A livello educativo e
relazionale, un atteggiamento che sostenga e rinforzi l'autostima e
l'espressione di s di fondamentale aiuto nel processo di crescita della
persona. Afrodite un altro esempio che incarna, da un lato,
l'esuberante e seducente bellezza, dall'altro, rappresenta la forza che
nasce dalla consapevolezza della propria indipendenza, alimentata da
quel complesso di forze vitali che costituiscono la sua prorompente
natura. Attingere alla fonte inesauribile del mito2 significa riconoscere,
in ognuno di noi, quella porzione di mondo alimentato da energie
potenti ed invisibili che le vicende mitologiche sanno sapientemente
svelare. E' un modo speciale per imparare a conoscersi. Jung parla di
archetipi, ovvero impronte, modelli, modi di essere che appartengono
ad una conoscenza universale che ci supera e che si perde agli albori
della nostra storia collettiva. Jean Bolen3 studia e descrive con abilit e
mirabile intuito questo universo affascinante e complesso, facendoci
specchiare nelle suggestive immagini degli dei, dee ed eroi che
metaforicamente vivono in noi, ora come preziosi alleati, ora come
agitatori inquieti del nostro spirito. Essere parte di un corpo significa
sentirsi in un contesto valoriale che esprime una tensione dialettica fra
etica ed estetica, capace di dare forma e orientare il nostro andare.
Attraverso i miei sensi/emozioni (la dimensione di percezione estetica)
entro in contatto con cosa sento e reputo importante per me, sino a
diventare etica scelta fra giusto/ingiusto, bene/male. Un corpo, con i
suoi organi, in realt un organismo/noi confluente con se stesso. Un
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organismo non si rende conto di questa fusione e non stabilisce un
confine al suo interno. Spetta a noi percepirlo. Il
confronto/responsabilit nel contesto di un gruppo/noi deve alimentare
un dialogo per rompere la confluenza ed essere consapevole di s,
prendere decisioni, darsi dei confini: questa attivit pu indurre ad
esprimere (es-pressione, premere verso l'esterno, far uscire) esigenze
non sempre facili da declinare e da reggere emotivamente. Perls, alla
luce di questa concezione multidimensionale, sottoline l'importanza
dei bisogni umani e la capacit dell'organismo di selezionare ed
organizzare le proprie risorse, finalizzate alla crescita e alla
sopravvivenza. Seguendo quella che il noto esponente della Psicologia
Umanista Carl Rogers chiamava Tendenza Attualizzante, l'energia,
espressa per soddisfare i propri bisogni e le proprie potenzialit, uno
slancio vitale teso all'espressione e all'accrescimento di s. Questa
spinta connaturata in ognuno di noi: ogni individuo, ogni pianta,
ogni animale, ha solo una meta implicita, un solo obiettivo innato:
attualizzarsi per quello che .4 Ora mi accingo a delineare alcune
tematiche che costituiscono i presupposti di fondo metodologici,
epistemologici e concettuali della teoria e dell'approccio della Gestalt.
Al di l di una crescita individuale, attraverso il quale si acquisiscono
nozioni e tecniche, sperimentando allo stesso tempo metodi creativi e
lavorando su processi relazionali, la Gestalt pu essere definita una
vera e propria arte: arte del contatto e della consapevolezza, come ha
ben sintetizzato Serge Ginger e che utilizzo come titolo del presente
lavoro. La dimensione artistica e creativa, per me, molto importante,
perch la sento vitale, liberante ed esercita in me un forte fascino
attrattivo. Rappresenta una modalit polisemica da cui discende un
preciso modo di essere e di intendere i rapporti con me stesso, gli altri e
l'ambiente in cui vivo. Per Erich Fromm un'attivit collegata a "forze
insite nell'uomo, qualcosa che d vita, che fa da levatrice a
potenzialit sia somatiche che affettive, intellettuali ed artistiche.5 Per
quanto mi riguarda, il senso di questa prospettiva di sviluppare la mia
creativit per costruire me stesso come progetto di vita.
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La consapevolezza: un percorso di risveglio emozionale alla scoperta
di noi stessi
Mi hai raccontato
della tua vita mai nata
specchio distorto di altre esistenze
perse in quei tumidi vicoli
lungo i quali
allimbrunire
si pensa di trovare ancora qualcosa.
M.P.
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evitativi ed automanipolatori.6 Marcel Proust affermava che il vero
viaggio di scoperta non vedere nuovi mondi, ma cambiare occhi. La
capacit di osservare e il lavoro sulla consapevolezza, pertanto, sono le
caratteristiche salienti ed epistemologiche della Gestalt: sono la chiave
attraverso la quale accedere al nostro multicolore universo emozionale,
per comprendere il nostro modo di funzionare e di essere nel mondo.
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sua natura anche divina, ma non per questo gli viene risparmiata la
sofferenza. E' medico e sa formulare rimedi con le erbe, ma non riesce
a trovare una medicina che possa guarirlo e lenire il suo intenso dolore.
La ferita ha interessato una parte che cerca di dimenticare, poich gli
ricorda il trauma del rifiuto e dell'abbandono materno di cui stato
oggetto, a causa della sua duplice natura. E' una ferita nell'anima,
profonda e desolante, che porta consapevolmente. Ogni giorno, prima
di impegnarsi con i suoi allievi, costretto a dedicare del tempo a se
stesso per curarsi. Si ascolta. Impara ad aspettare, con pazienza, il
momento giusto e a mantenere il proprio orientamento interiore. E' una
responsabilit che accetta e che gli consente di sviluppare qualit come
l'empatia, l'ascolto, il coraggio di guardare la realt per quella che . La
sua forza consiste nella gentilezza, sensibilit ed apertura verso gli
altri, mantenendo il rispetto e la fiducia in se stesso.
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Esserci nella differenza. Identit, ascolto e osservazione
Portami con te
le tue note
oggi
vanno molto lontano
M.P.
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risoluzione o organizzazione creativa del campo.9 In altre parole,
esprime un'attenzione alla totalit del sentire nel momento presente,
sotto il profilo emozionale, corporeo e cognitivo. E', in un certo senso,
una rivelazione.
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di confronto e meditazione che ho trovato molto intensi. Il labirinto
un simbolo antico e potente. Molte sono le metafore ad esso collegate,
ma in quel momento risuonata in me la dimensione del perdersi per
ritrovarsi. Evoca le svolte, gli incontri, lo smarrimento, l'orientamento,
il cambiamento. E' luogo di luci e di ombre. I suoi sentieri e le sue
volute riflettono il viaggio interiore verso il centro di se stessi. E' un
percorso che richiede tempo. Il proprio. La meditazione della danza si
svolge in un contesto di gruppo per utilizzarne la risonanza, le
vibrazioni, l'energia e la potenza comunicativa capace di sciogliere,
alimentare intuizioni, facilitare il contatto, aiutare a rielaborare vissuti.
Le emozioni trovano un proprio spazio dove espandersi e prendere
forma. E' come se fosse un mandala in movimento. Altre, pur
svolgendosi collettivamente, hanno una dimensione psichica differente
e sono centrate molto di pi a livello individuale, come la Kundalini, la
Marcia Tibetana, oppure la danza di Osho delle 4 vie. Queste sono
meditazioni dinamiche con le quali possibile sentire, esprimere e
scaricare molta energia. Anche la tradizione Sufi, con la vorticosa e
affascinante danza dei Dervisci, si inserisce in questo attraente filone.
La meditazione uno strumento che pu essere utilizzato con il cliente,
ma si medita, in primo luogo, per se stessi. Ho trovato particolarmente
coinvolgente la Vipassana, una pratica introspettiva che appartiene alla
tradizione buddhista e che abbiamo sperimentato a Rosta. La descrivo
brevemente. Si compone di due parti della durata complessiva di
quaranta minuti, ma il tempo pu essere variabile. Nella prima, dopo
avere trovato una posizione comoda, mantenendo gli occhi chiusi si
porta l'attenzione e si sostiene il respiro, percependo l'espirazione e
l'inspirazione: il ritmo aiuta a svuotare la mente dai pensieri, dai sogni
e dalla notte, con l'obiettivo di non lasciare spazio a quelli che premono
per affollarla e riconquistarla. L'aria deve essere percepita in quella
piccola superficie a triangolo, posta fra il labbro superiore e la base del
naso. Succede che i pensieri, instancabili compagni del nostro andare,
con la loro voce tornino a disturbare, arrecando fastidio e distrazione.
Non bisogna, per questo, giudicarsi, ma riportare nuovamente
l'attenzione sul respiro, cercando di dargli armonia ed un ritmo
costante. Concentrasi sul respiro la chiave della meditazione. Nella
seconda parte si utilizza la voce. Si inspira e, al momento
dell'espirazione, si emettono le cinque vocali utilizzandole come un
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mantra, pronunciandole senza una precisa sequenza, con tono, ritmo e
intensit variabili. Non si segue alcuna sequenza prestabilita. Ogni
vocale vibra in modo diverso e stimola differenti chakra, formando
un'armonia che entra in risonanza con il corpo. Si sperimenta questa
modalit vocale per percepire la vibrazione a livello individuale e di
gruppo, sentendo dove queste risuonano e quali effetti producono.
L'esercizio termina con il suono di una campanella, scossa dal
conduttore, che segnala, in realt, non la fine immediata dell'esercizio,
ma il momento in cui iniziare il distacco. La meditazione si conclude
con gradualit, lasciando ad ognuno la libert e lo spazio necessari per
seguire i propri ritmi. Osservare come interrompiamo un esercizio ci
pu dire molto di noi. Anche questa meditazione stata profonda ed
intensa. I miei polmoni li sentivo espandersi come mantici forti e
leggeri, mentre il respiro ritmato pervadeva il mio corpo. Mi ha
trasmesso un senso di armonia, facendomi percepire differenti
vibrazioni nel naso, in gola e nel plesso solare. Particolarmente intense
e vibranti erano quelle che sentivo nella zona del ventre. Ho anche
avvertito la potenza del gruppo, che lasciava tuttavia integra la
percezione del mio senso di identit.
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vento urlante che deformava i miei pensieri, facendo tremare quelle che
erano diventate per me fragili pareti di carta. La figura emersa stata
una rabbia nera, intensa e dolorosa, collegata ad un vissuto che in quel
momento era riemerso con tutto il suo carico denso di ricordi, dolore e
pesanti emozioni. Mi sentivo allagato dalla rabbia, e quell'emozione
l'ho agita prendendo ripetutamente a calci la borsa di colore nero di una
mia compagna, scaraventandola da una parte all'altra della stanza. E'
stata una catarsi travolgente e liberante.
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persona al mondo.11 Questa prospettiva risalta la complessit e
l'unicit dell'esperienza individuale. Due persone, pertanto, non
possono vivere e percepire allo stesso identico modo la realt di cui
stanno facendo entrambe esperienza.
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una persona entra nell'altra. Il processo di identificazione con le
emozioni di un altro. Con l'empatia io sento il tuo stato d'animo come
se fosse il mio e la tua storia diventa la mia storia, le mie corde vibrano
alla stessa frequenza delle tue. Una modalit empatica pu essere
vissuta anche attraverso un'esperienza estetica ed artistica, quando
sento un oggetto che si trova di fronte a me, o fremo in una tensione
teatrale che mi trasporta in un'altra dimensione. Se guardo un fiore, io
divento quel fiore che sto osservando. I miei confini si dilatano. E' una
confluenza, come una goccia che stilla solitaria e si fonde nel mare. In
realt, la Gestalt, con il suo sguardo fenomenologico, preferisce
maggiormente lavorare con la simpatia. Per Max Scheler, nella sua
Fenomenologia della vita morale la simpatia, al contrario della
fusione emotiva (o contagio emotivo) una forma di partecipazione
affettiva che non comporta l'assimilazione dello stato emotivo altrui.15
Simpatia significa, pertanto, essere in grado di entrare in contatto con
l'altro senza essere come lui. E' provare a comprendere l'altro da un
altro punto di vista, da una differente posizione, da un'altra storia.
Attraverso questo processo di contatto entro in risonanza sentendo
quanto sta provando l'altro, ma senza identificarmi in lui: io guardo
quel fiore, lo osservo, lo sento, lo accarezzo ma non divento come lui
poich ne sono comunque distante.
Se guardo attentamente
vedo il nazuna che fiorisce
accanto alla siepe.
Matsuo Basho
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stupefacente luce improvvisa del contatto. Tornando alle emozioni, in
termini generali una manifestazione emotiva una reazione
psicofisiologica a stimoli interni, o esterni, percepiti dai nostri organi
sensoriali ed elaborati dal cervello e dalla neocorteccia. L'insorgenza di
questa reazione a uno stimolo emotigeno di breve durata, ma pu
manifestarsi con grande intensit. Le radici pi antiche della nostra vita
emotiva affondano, agli albori della nostra esistenza, nell'organo
sensoriale dell'olfatto che si dimostr di importanza enorme ai fini
della sopravvivenza.16 E' uno strumento potente che pu riservare
inaspettate sorprese. Ricordo la soluzione creativa trovata il giorno in
cui, dopo le giornate di selezione per accedere al corso di counseling, si
dovevano costituire i gruppi di lavoro. E' una fase molto delicata e
complessa e, in quell'occasione, emergeva la difficolt di sceglierci.
Dopo un momento di contatto e ascolto di noi stessi, di osservazione e
movimento nella stanza, mi stup l'idea di bendarci e di annusarci per
cercare i compagni. L'effetto stato curioso e nello stesso tempo
sorprendente. Al termine di questa fase di interazione, durata alcuni
minuti, avevamo formato una figura che assomigliava ad una specie di
otto. Questa forma definiva chiaramente due insiemi di persone
piuttosto omogenei. La scelta si era delineata e in un modo
decisamente inconsueto.
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Dove siamo?
Valentina Cortese
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nostre emozioni. Jung affermava che il problema questo, che alla
fine della mia vita non mi ritrovi con le mani vuote. Questa frase non
esprime unicamente un invito a riflettere sul tempo che inesorabilmente
scorre, ma ci pone di fronte ad una realt esistenziale: essere se stessi.
La prospettiva molto ampia. In gioco ci sono le nostre scelte e i nostri
valori. Essere se stessi, quindi, una responsabilit: significa che ho la
possibilit di scegliere chi essere, senza attribuire o proiettare ad altri
colpe o modalit che dipendono, in realt, da me. Io sono responsabile
delle scelte che continuamente opero e per le quali nessuno pu
sostituirmi. Lo sguardo duplice. Da un lato, significa cercare dentro
di me soluzioni adattive, dall'altro, comporta scoprire cosa mi
impedisce di trovarle e agirle.
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vista, essere se stessi una consapevolezza nella quale mi sento
congruo ed autentico con quanto sto provando. Sono in sintonia nel
senso che quanto affermo ci che sto realmente sentendo in questo
preciso momento. Pertanto, non dissimulo manipolando, distorcendo,
oppure mentendo su quanto sta avvenendo in me, ma mi relaziono in
modo vero, assertivo e rispettoso di me stesso e di chi mi sta di fronte.
Se mi comportassi diversamente (e succede molto spesso...), dovrei
domandarmi a cosa mi serve dissimulare i miei sentimenti per
mantenere delle maschere, magari rinforzandole con robusti fili di ferro
perch non cadano. Nell'Amleto di Shakespeare, le parole di Polonio
esprimono poeticamente questa disposizione d'animo, capace di svelare
nuovi ed insperati orizzonti: "Questo ci che conta pi di tutto; sii
vero con te stesso, e ne seguir, come la notte segue il giorno, che tu
non potrai esser falso con alcuno." Quando mi permetto di essere me
stesso mi sento libero ed affrancato con il mondo.
Milan Kundera
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pondere: l'etimo ci porta al coraggio di operare delle scelte e ad
accettare le conseguenze delle azioni intraprese. Ma, nello stesso
tempo, inteso anche nel significato di abilit a dare una risposta
(respons-abilit) congrua, capace di dare valore anche a me stesso. Una
frase del famoso mito platonico di Er, posto alla fine de La Repubblica,
illuminante: la responsabilit di chi sceglie, il dio non
responsabile." Certamente ci sono state situazioni e persone che hanno
condizionato le mie scelte, impedendomi di agire come avrei voluto.
Ma, dipanare gli eventi del mio passato, significa fare luce sul mio
vissuto riconducendolo nell'alveo della consapevolezza del tempo
presente, riconoscendo le cose che sono mie e che sarebbe ingiusto
attribuire ad altri. Vuol dire gettare uno sguardo sul mio destino
personale cercando la ragione che regge la mia storia. Assumermi la
responsabilit comporta l'accettazione (o meno, perch potrei sentirne
il peso eccessivamente gravoso e, quindi, non riuscire a sostenerlo)
delle conseguenze dei miei comportamenti. Se, ad esempio, provo
rabbia verso me stesso, responsabilit significa osservare cosa avviene
in me e comprendere le mie reazioni: fuggo, aggredisco, mi paralizzo,
mi disprezzo, smetto di respirare? Un esercizio di consapevolezza
consiste nel pormi la seguente domanda: queste modalit cosa
comunicano di me? In genere la lotta rivolta contro i nostri difetti,
verso i quali difficile mantenere uno sguardo sincero. Se imparassimo
ad osservarli senza giudicarli malamente, riconoscendoli come alleati
in grado di comunicarci qualcosa di importante di noi, riusciremmo,
come in certe arti marziali, ad utilizzarli sfruttando a nostro vantaggio
l'energia utilizzata (e sprecata) nel giudicarci.
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le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno
dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li port di nuovo a stare
insieme, si ripet quell'altro malanno di modo che venivano sballottati
avanti e indietro tra due mali, finch non ebbero trovato una moderata
distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
Il breve racconto mette in luce il bisogno di contatto e accettazione che
tutti noi sperimentiamo. Nel contempo, ci restituisce la difficolt,
spesso dolorosa, che comporta l'incontro con l'altro. La scoperta della
differenza, l'illusione che sia come vorremmo e la disillusione nello
scoprire che quella persona diversa da come l'avevamo immaginata,
destabilizzante. E' molto difficile accettare idee e modi di essere diversi
dai miei, ed un processo narcisistico tentare di rendere un altro uguale
me stesso. Molte volte la paura dell'aggressivit il timore di
incontrare la mia. Rimango in una zona laterale di apparente sicurezza
in cui retrofletto i miei bisogni, proiettando la mia aggressivit e
dicendo tu sei aggressivo! La relazione perde di significato diventando
vuota o, peggio ancora, rancorosa. A volte posso sentire di non
possedere strumenti sufficienti per confrontarmi. Altre volte
predominano sentimenti di orgoglio che mi impediscono di mostrare la
parte di me che stata ferita. In altri casi l'ambiente familiare che
struttura modalit relazionali di evitamento del conflitto. Uno di questi
rappresentato dall'introietto secondo il quale non si deve litigare.
Diventa importante, pertanto, contattare la mia paura accettando la mia
reattivit: necessario attraversare questo difficile ed incerto terreno,
lasciando andare ed allentando vecchi confini per cercarne di nuovi. Il
conflitto ha le sue radici nella differenza, la quale rappresenta tuttavia
anche il suo punto di forza: non ci pu essere vero contatto e crescita se
non sei diverso da me. Gli aculei non sono unicamente strumenti di
difesa, ma, in questa prospettiva, diventano un modo per conoscere e
stabilire giusti confini, per definire me stesso e non perdermi di vista.
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Le emozioni: un mare vibrante nel quale navigare
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quale il cuore conosce ragioni che la ragione non pu comprendere. Le
emozioni posseggono un volto, mascherato dalla mia personalit, che
rappresenta il mio modo adattivo di interpretare il ruolo pi funzionale
che ho scelto nel mondo.
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unire generando apertura, quanto pu farci sentire soli ed in pericolo.
Ed proprio in un contesto di relazioni umane favorevoli, facilitanti,
impegnate a valorizzare l'altro, che la mia tendenza attualizzante trova
il terreno migliore per esprimersi. E' come creare il giusto contesto per
promuovere la crescita e prendersi cura di un bella piantina, per
consentirgli di germogliare e fiorire.
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strumentale, manipolatoria o narcisistica, ma concretizza un'esperienza
autentica e disinteressata capace di illuminare ed espandere le
coscienze. La relazione con un altro parte da un ritorno a se stessi,
inteso come consapevolezza e dialogo: secondo le parole dello studioso
della cultura chassidica, non c' un Io senza un Tu che lo riconosca. E'
la storia di un incontro speciale, ed in quest'ottica che si pu anche
intendere la teshuv ebraica, il bisogno di ritornare alle proprie sorgenti
interiori. Il dialogo la dimensione centrale che caratterizza la realt di
un essere umano orientato ad una relazione responsabile: dialogare, per
Buber, significa accettare l'altro come condizione necessaria per
accettare se stessi e costruire la propria identit. Erich Fromm ritiene
che dialogare non sia solo un piacere nello stare insieme, ma una
condivisione. Per lui significa essere in contatto autentico con un'altra
persona (non avere, secondo la sua famosa dicotomia), senza imporsi a
tutti i costi e non escludere l'altro, isolandosi all'interno della propria
mente. Il dialogo un moto armonico, assume la forma di una danza
dove i tempi tendono a dilatarsi, lasciando ad ognuno quel giusto
spazio per esprimersi. Significa, molto semplicemente, parlare di s in
prima persona aprendo la propria anima, confrontandosi e facendo
cadere le maschere che normalmente indossiamo. E' un modo per
rispettare se stessi e gli altri, nel senso etimologico del termine
respicere, saper vedere, accogliere e restituire le qualit che vediamo
nellaltro, apprezzandone il giusto valore. Io mi sento invisibile e provo
una sensazione di vuoto inesistente quando vengo sminuito o, peggio
ancora, non riconosciuto. Quando non sono visto o ascoltato per quello
che realmente sono. Il mio senso di identit si costruisce e si sostiene
mantenendosi attraverso le conferme che ricevo dagli altri. E' un
bisogno vitale. Gli Zulu di lingua bantu sudafricani del KwaZulu-
Natal, quando si incontrano si salutano dicendosi Sawubona (ci sei),
ricevendo come risposta Sikona (sono qui). Larmonioso saluto
testimonia l'importanza dell'incontro ed esprime apertura e
riconoscimento verso i bisogni dell'altro: finch non mi vedi io non
esisto. Dialogare, per me, significa percorrere un pezzo di strada
insieme ad unaltra persona: le parole camminano e costruiscono un
percorso, creano realt, e noi ci muoviamo con loro.
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Sono belli gli sguardi
come appunti solitari
M.P.
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e consapevolezza differenti. Pertanto, le manifestazioni emozionali, da
un lato, si radicano nel mio passato filogenetico, dall'altro sono frutto
del mio vissuto e della mia peculiare storia individuale. Una stretta di
mano va al di l del gesto in se stesso, che pu variare da cultura a
cultura, ma esprime una realt immateriale dotata di senso, percepita
soprattutto quando autentica. E' inserita in un contesto in cui sono, in
ultima battuta, l'unico interprete.
Gratiliano Andreotti
Un'emozione vola con le ali del vento. Non palpabile ma, anche se ci
sfugge la sua reale ed impalpabile sostanza, produce effetti tangibili.
Un campo magnetico non lo posso toccare con mano, ma sono evidenti
i suoi effetti, cos come non possibile definire la forma di un
profumo, ma ne sento lo stimolo sensoriale capace di riportare alla luce
antichi ricordi. La domanda, tuttavia, la seguente: cosa significa
quanto sto provando, quali corde sta toccando in me? E' normale, per,
non avere chiaro cosa si stia realmente provando, poich difficoltoso
tradurre cognitivamente un processo che pu mantenersi per molto
tempo vago. La consapevolezza e la pazienza di rimanere su quanto
provato ancora la modalit e la chiave di lettura verso la quale
volgere lo sguardo. E' importante distinguere la sensazione provata
dall'emozione: da un lato posso avvertire e fornire una descrizione,
magari anche molto accurata, delle sensazioni corporee, ad esempio
un fremito caldo localizzato nel ventre, magari piacevole oppure
fastidioso , dall'altro posso incontrare difficolt a dare un nome a cosa
sto sentendo ed averne coscienza: provo tristezza, gioia, paura, etc. A
volte, alcune locuzioni comunemente utilizzate nel lessico quotidiano
31
per esprimere determinati stati d'animo, o il temperamento di certe
persone, rivelano una saggezza immediata che ci porta ad un livello di
intuizione pi profondo della personalit. Voglio richiamare la
metafora del sangue, ponendo in primo piano la sua etimologia -
emazia-globulo rosso - per evidenziare i simboli ad essa connessi. E'
questo un filone interessante da esplorare. Ad esempio, la locuzione mi
bolle il sangue restituisce efficacemente lo stato di rabbia che sta per
prendere il sopravvento e bruciare tutto. Anche quando definisco
qualcuno come una persona sanguigna, riconosco un particolare tratto
di personalit incline a manifestare senza troppi filtri le proprie
emozioni, se non addirittura propenso alla collera. Voglio ricordare che
il sostantivo simbolo, etimologicamente, rimanda al greco syn-ballein,
legare, unire insieme. Nell'antica Grecia era un mezzo di
riconoscimento tra famiglie, clan o citt. Spezzando in due parti un
oggetto permetteva, a chi ne portava una singola parte, di farsi
riconoscere facendola combaciare con chi ne portava laltra. Un
simbolo, pertanto, trasforma il fenomeno osservato in un'icona
portatrice di significato, condensando in una realt semantica
molteplici informazioni in grado di farci intuire un senso. Il contenuto
(il rapporto fra significato e significante) non univoco, ma pu
mutare in funzione del momento storico personale o culturale. La
scomposizione e ricomposizione dell'oggetto aiuta a comprendere che
si tratta di un mezzo per condensare una forza nascosta ai sensi, un
mezzo attraverso il quale una realt immateriale e interiore diventa
figura. Possiede una forma ed una sostanza che pu essere sonora,
tattile, iconografica ed una potente forma di linguaggio. Nella Gestalt
una modalit espressiva molto valorizzata. Una persona, un albero,
una musica, oppure un arcobaleno, sono segni che veicolano profondi e
molteplici significati, attivano sentimenti, suscitano emozioni. Nel caso
della rabbia, il liquido ematico, velocemente riscaldato dall'emozione
che divampa, coinvolge la persona con un flusso che pu diventare
inarrestabile. A livello fisiologico richiama un'energia formidabile e
travolgente come un ariete. Riempie in modo particolare i vasi
sanguigni delle mani, predisponendoci a sferrare con forza un attacco.
Utilizzando un riferimento mitologico, Ares che si attiva. La rabbia
un'emozione potente che fiammeggia e brucia tutto. E' vitale, ma
impulsiva e difficile da gestire. Quando le nostre aspettative vengono
32
frustrate oltre una certa soglia limite, che rappresenta il nostro punto di
non ritorno, la rabbia pu esplodere violentemente, incendiando tutto.
E' un meccanismo che cerca di riparare ad un sentimento di ingiustizia
che stiamo vivendo e, solitamente, si genera dopo avere provato un
altro sentimento: offesa, dispiacere, tristezza, frustrazione, imbarazzo,
impotenza, invidia, etc. E' un'emozione che pu sedimentare sino a
diventare rancore. Emblematica certamente la figura di Medea, in
coppia con l'altrettanto mitico Giasone. La figlia del re della Colchide,
che con la sua intelligenza e i suoi poteri magici aiut Giasone ad
impossessarsi del famoso Vello d'Oro, un'immagine possente,
complessa, carica di passione, magia, potere ed astuzia. Ma la vicenda,
nello svolgersi degli eventi, si tinge dei colori di una tragica ed
impietosa crudelt. Quando l'eroe degli Argonauti la tradisce, la rabbia
di Medea si trasforma in un desiderio inarrestabile di vendetta: le sue
emozioni divampano impetuosamente. E' una donna che agisce
violenza. Alla rivale Glauce invia una veste la quale, appena indossata,
prende fuoco uccidendola tra mille tormenti. Ma la sua ira non si placa.
E' una donna tradita, umiliata, arrabbiata, annullata, forse confusa, ma
certamente desiderosa di regolare i conti per l'infamia subita. La sua
brama di distruggere, annientare. Ancor pi spietata e terribile
l'azione riservata al suo uomo, leroe Giasone. L'azione che intraprende
assume i toni di una lucida, quanto orrenda follia: per punirlo uccide i
figli avuti con lui. Un modo con il quale affrontare la rabbia consiste
nel comprenderla, riportandola al sentimento originario che la suscita e
nell'imparare a gestirla. Accade di nasconderla sotto forma di senso di
colpa: , questa, rabbia passiva, repressa e non riconosciuta ma che
produce effetti. L'obiettivo di scioglierla, magari per recuperare un
rapporto a cui tengo, riaccendendo la speranza in quel legame. Una
strada speciale per andare oltre la rabbia perdonare, nel senso di avere
una visione pi ampia ed aperta per lasciare andare quanto mi sta
facendo soffrire. Il senso di cercare una via d'uscita, alternativa alla
fuga o alla vendetta, liberando la situazione senza trattenere
quest'emozione particolarmente coinvolgente, cieca e nociva. Non
significa di certo fingere che non sia successo nulla, consegnando il
torto subito all'oblio. Ma un dono autentico, gratuito, che innanzitutto
faccio a me stesso. La ruminazione ossessiva, il rancore e il desiderio
di vendetta possono, se covati per lungo tempo, diventare fonte di
33
malessere e nevrosi in chi stato ferito. Quando parlo di sangue e
cuore, il riferimento all'organo cardiaco e al liquido ematico mi
conduce a profondi archetipi. Questa parte liquida e vitale una linfa
nutriente che scorre e alimenta ogni cellula: mi rimanda al mare e ai
suoi molteplici moti, energie ed umori. Il mare una metafora efficace
per esprimere un cambiamento emotivo sostanziale, ed il movimento
delle onde simboleggia la mutevole natura umana incline al
cambiamento. La poesia, la filosofia o la religione considera, invece, il
cuore quale centro pulsante di vita, sede dell'anima, custode trepidante
dell'amore che movimenta liquidi tanto nutrienti, quanto densi di
significati. Le trame mitologiche e l'arte comunicano, con le loro
fantasiose immagini, questa vastit complessa carica di sogni ed intrisa
di grandi suggestioni. Il cuore rappresenta un luogo privilegiato da
visitare con attenzione e rispetto. E' uno spazio misterioso, vibrante,
mistico e poetico, capace tanto di suscitare movimenti impetuosi ed
incandescenti come lava, quanto sentimenti dolci, puri e vellutati come
il miele, tanto delicati e struggenti come l'aurora, quanto neri e crudeli
come uno sguardo invidioso e tagliente che non sa perdonare.
Conoscere il cuore di un uomo significa conoscerlo nella sua parte pi
intima, autentica e nascosta.
34
Emozioni e cambiamento: appunti di un viaggio
Part la goccia
dalla patria, e torn
trov la conchiglia
e divenne una perla.
O uomo! Viaggia
da te stesso in te stesso
ch da simile viaggio
la terra diventa purissimo oro.
35
casa, - rispose lei. Stupito l'uomo le disse - ma, allora, perch la cerchi
qua fuori. Perch c' pi luce che dentro casa. Per favorire e
stimolare lo sviluppo di una sensibilit emotiva, necessaria
un'educazione che inizi sin dai primi anni di vita fra il bambino e le
figure di attaccamento significative. Queste persone dovrebbero
insegnare un linguaggio appropriato ad esprimere, nominare e
riconoscere il proprio universo emozionale, al fine di saperlo gestire
come fonte di vita, energia e benessere interiore. A queste figure si
dovrebbero affiancare anche le istituzioni scolastiche e, pi in generale,
educative, ognuna con il proprio specifico ruolo. L'obiettivo di
sostenere un processo di comprensione di s e degli altri, centrato alla
contestualizzazione degli eventi per favorire relazioni adeguate,
creative e soddisfacenti, promuovendo, nel contempo, una sana ed
autentica espressione delle proprie potenzialit. La tendenza alla
autorealizzazione di ogni essere umano deve essere stimolata ed
assecondata, attraverso un processo che nutra l'autostima intesa come
valore dato a se stessi e favorisca la costruzione della propria
assertivit. I genitori sono chiamati, pertanto, a partecipare attivamente
a questo processo creando un clima di fiducia ed accoglienza dei
bisogni, di valorizzazione personale, sollecitando l'espressione verbale
deivissuti emozionali del figlio a cui egli non ancora in grado di
dare un nome e, nel corso della crescita, di parlare serenamente delle
emozioni e dei sentimenti propri e altrui, sottolineando risvolti e
sfumature.21 In altre parole, necessario un percorso di
alfabetizzazione emotiva e relazionale che inizi molto presto, attraverso
il quale i genitori siano un esempio concreto per il bambino e, nello
stesso tempo, un modello di riferimento valoriale verso il quale
tendere. In questo processo, spesso i bambini, se sono in disaccordo
con i genitori, nascondono i propri veri sentimenti per paura delle loro
reazioni e questi, di conseguenza, si trovano in una posizione falsa.22
36
profonde e durevoli sulla loro vita emotiva.23 In gioco c' l'immagine
di se stessi ed il rapporto con i propri bisogni, gli altri e la propria
interiorit, poich, gi intorno all'et di tre anni, in un bambino si sono
impressi la maggior parte degli elementi caratteriali costitutivi che
determineranno il suo modo di reagire alle situazioni che incontrer nel
corso della vita. Ad esempio, un bambino che ha sperimentato
l'aggressivit eccessiva del suo ambiente pu sviluppare, per ridurla, un
meccanismo di inferiorizzazione che scatta automaticamente in certe
situazioni nelle quali c' da mettersi in gioco: se sono inferiore non
rappresento un pericolo e, quindi, non sono pericoloso. Al contrario,
potr sviluppare tratti caratteriali reattivi ed irascibili, se non violenti.
Per me, un metodo che rappresenta un valido strumento educativo
orientato in questa direzione quello centrato sul discorso attivo,
l'ascolto e la comunicazione empatica autentica, nutriente e non
giudicante, come quello sviluppato e suggerito da Thomas Gordon24 per
aiutare i genitori ad essere efficaci nella relazione con i propri figli.
37
Figura e sfondo
38
illusione. La dinamica che sottende questo processo di tipo
esperienziale, simbolica ed associativa: elementi che simboleggiano
una realt o ne suscitano il ricordo equivalgono a quella stessa
realt.25 Un classico esempio letterario l'episodio contenuto
nell'opera monumentale di Marcel Proust Alla ricerca del tempo
perduto26. Il protagonista, nel riassaporare una dolce madeleine che
non mangiava dall'infanzia il sapore del pezzetto di maddalena
inzuppato nel tiglio che mi dava mia zia... sente riaffiorare dentro di
se un intero periodo della sua vita che risuona con un'eco forte ed
improvvisa. Nel racconto sono dipinte bellissime immagini, intrecciate
di ricordi e sensazioni, che sgorgano riportate alla luce dalla memoria
sensoriale viva e limpida come acqua di fonte. Il senso del tempo
trascorso, collegato ad un vissuto emotivo, riemerge in molteplici
forme: nostalgia, desiderio, inquietudine, etc. Passando ad un piano
relazionale e comunicativo, molto difficoltoso confrontarsi con chi
turbato emotivamente. Osservando il processo, le distanze possono
diventare fossati incolmabili. Le argomentazioni tendono ad irrigidirsi
autoconvalidandosi, restringendo di molto le prospettive sino a
deformarle. Una persona in preda all'ira, o innamorata, si dice che
cieca. Il luogo comune coglie il focus della situazione, nel senso che
una persona innamorata tender ad osservare nel suo amato solo certi
aspetti e non altri. L'innamoramento una specie di psicosi, una
distorsione travolgente nella quale percepisco l'altro in un modo
assoluto e privo di difetti. La realt, per, pu essere ben diversa,
poich i filtri che utilizzo sono in funzione del mio angolo di visuale: la
voce a cui do ascolto quella del mio bisogno e della mia
idealizzazione che prevale su tutto. Lo stesso processo avviene in senso
inverso: quando nei confronti di qualcuno nutro avversione, altre
persone possono, invece, riconoscere aspetti del tutto differenti dai
miei, magari belli o migliori di quanto io non riesca o non voglia
vedere.
39
Albero di sangue,
l'uomo sente, pensa, fiorisce e d insoliti frutti: parole.
S'intrecciano sensi e pensiero,
tocchiamo le idee: sono corpi e sono numeri
Octavio Paz
40
L'arte di incontrare l'altro
41
liquidit, secondo la famosa espressione di Bauman30, la caratteristica
che contraddistingue questa realt priva di punti di riferimento anche
dal punto di vista sociale. Imparare ad osservare, rimanendo a livello
dei fatti concretamente visibili, indipendentemente da una loro
interpretazione, la tematica di fondo di questo approccio che fissa il
suo sguardo sul fenomeno direttamente osservabile. Questa prospettiva,
tuttavia, considera da un lato lo sfondo e dall'altro osserva la trama
relazionale con l'ambiente. Il fatto stesso di partecipare come
osservatore mi inserisce nel campo e nelle sue dinamiche,
influenzandole. Se questo principio vale nell'ambito delle osservazioni
scientifiche, tanto di pi sar importante nelle relazioni umane. Questo
presupposto apre interessanti riflessioni. Ad esempio, riesco a cogliere
la realt? Che cos' realt? Ci che osservo soltanto apparenza?
Come dice lo psicoterapeuta Giulio Font, la fenomenologia
l'incontro con l'esperienza diretta, con ci che accade e si vive
all'interno di un incontro con il fenomeno stesso (es. nella
relazione).31 Il suo un invito ad esserci autenticamente, e in prima
persona, con quanto stiamo osservando e che vogliamo conoscere, a
vivere, prima di parlare, a sentire, prima di esprimersi32. E'
necessario, tuttavia, porsi unulteriore domanda. La mia comprensione
uno sguardo solitario, oppure necessita anche dei colori di altri
occhi? Io posso toccare il fenomeno, entrando in contatto con la realt
osservata, attraverso lo sguardo e i sensi degli altri. Posso sentire per
arrivare a com-prendere (prendere insieme) una verit comune
attraverso le emozioni, i sensi e la comunicazione capaci, nel loro
complesso, di ampliare il processo di conoscenza. Per la Gestalt la
coscienza una finestra dinamica aperta sul mondo che necessita di un
altro per assumere una forma. L'intersoggettivit di questa prospettiva
rappresentata dalla nota metafora dell'elefante e dei ciechi, la quale
insegna che, per comprendere quanto sto osservando, ho bisogno del
confronto e di prospettive sensoriali diverse che concorrono a
comporre un pi vasto quadro d'insieme.
42
Un essere umano controllato dall'ambiente e controlla a sua volta
l'ambiente che influenza lui e gli altri.
43
celata, logorante, dolorosa come una spina conficcata nell'anima che
pu essere occultata e retroflessa, anche per una vita intera. Altre
espressioni corporee sono manifestazioni, pi o meno permanenti, che
interessano direttamente la barriera fisica posta alla frontiera del
contatto. Ad esempio, la vitiligine o la psoriasi. Che significato pu
assumere quello sbiancamento? Cosa comunica l'ispessimento della
pelle? Hanno una storia? Portano un vissuto? Questo genere di
prospettiva appartiene alla psicosomatica che riconosce una soluzione
di continuit fra corpo e mente. Da questo punto di vista, ogni malattia
che affligge il corpo interessa, nel contempo, la psiche, o meglio, il s.
Un disturbo fisico un segnale che qualcosa sta avvenendo anche nella
mia vita. Cosa sta succedendo? Cosa vuol comunicare quella malattia?
E' chiaro che ci possono essere patologie o traumi non correlati
direttamente a sofferenti stati d'animo, ma le domande attraverso le
quali gettare uno sguardo potrebbero essere: perch ho avuto
quell'incidente, cosa mi stava distraendo? perch ho abusato di quello
stile di vita? cosa mi ha impedito di prestare ascolto ai miei bisogni?
perch sono cos distratto e disattento? da cosa sto sfuggendo? cosa mi
impedisce di smettere con una dipendenza che mi logora e mi fa
soffrire? che significato ha, per me, questa sostanza stupefacente o
alcoolica? qual la sua natura: alimentare, estetica, relazionale o
affettiva? Imparare ad osservare questi messaggi costituisce un'abilit
preziosa ed uno strumento utile per acquisire informazioni, le quali
possono rivelarsi fonti preziose nel processo di counseling.
44
Questo tipo di ascolto non attivo: non si danno rimandi e non si
comunica, nemmeno con semplici cenni, di avere compreso quanto
viene riportato. Tuttavia, una presenza attiva che utilizza una
modalit relazionale particolarmente impegnativa: gli occhi sono lo
strumento di incontro e contatto privilegiato. L'esercizio prevede due
momenti della durata di pochi minuti ciascuno. Dopo una prima fase
preliminare di contatto e concentrazione su se stessi, chi ascolta cerca
una posizione comoda per rimanere con i piedi ben radicati a terra,
mantenendo la schiena comoda e diritta. Questa relazione
caratterizzata dalla centratura sul respiro che sostiene la percezione
visiva. Sono le condizioni essenziali per iniziare ad osservare, senza
fissare vacuamente il partner, ma ponendosi in un atteggiamento di
ascolto con la pancia per sentire cosa succede ed entrarne in contatto.
Si accetta e si accoglie semplicemente l'altro, permettendogli di
esprimersi senza mostrare alcun cenno di consenso o disapprovazione.
Ascolto, in questo esercizio, inteso come capacit di attivare i sensi:
pu colpirmi una piega del volto, il cambiamento del ritmo del respiro,
un fremito, il colore della pelle. Quello che conta l'esserci per
cogliere i segnali pi sottili con i quali il s si manifesta. Come esprime
con viva intensit Carl Rogers, ascoltare un arte che procura piacere
in chi ascolta e gioia in chi si sente ascoltato in un modo profondo ed
autentico. Sentire che qualcuno veramente interessato a noi, ancor
prima di un bisogno un desiderio. Ascoltare anche un'occasione
speciale per arricchirsi di quello straordinario bagaglio che solo
un'esperienza umana sincera sa donare: Credo di sapere perch mi
piaccia cos tanto ascoltare qualcuno. E' stato grazie all'ascolto delle
persone che ho imparato tutto ci che so circa gli individui, la
personalit, le relazioni interpersonali.34
45
Un battito dala
come un accordo di pianoforte
segna limpercettibile vibrazione del vento.
M.P.
46
Il s gestaltico e la frontiera del contatto: io, es e personalit
Marcello Bernardi
47
La teoria del s considerata un processo che caratterizza in modo
particolare ogni singola persona. Attiene al suo modo di essere nel
mondo e reagire, in un dato ambiente, alle situazioni che incontra
attraverso un adattamento creativo. Questa interazione direttamente
collegata alla formazione di una figura emergente. Il s, pertanto,
l'esserci al confine di contatto dove percepisco cosa sta avvenendo in
me e fra me e l'ambiente esterno. E' un luogo di incontro fra
intenzionalit. Questo confine non , come gi accennato, un luogo
fisico. Un esempio rappresentato dalla distanza invisibile che
intercorre fra un leone ed una zebra nella savana: in questo sottile
equilibrio si incontra, da un lato, l'intenzionarsi del predatore
(avvicinarsi), dall'altro, quello della preda (non farsi prendere). E' a
questo limes, dove ci sono completamente con le mie funzioni io, es e
personalit, che volgo lo sguardo per comprendere questo processo di
adattamento creativo che produce crescita e cambiamento,
caratterizzato da emozioni, pensieri, comportamenti che percepisco e
definiscono me stesso. In un contesto di confluenza (fluire-con,
insieme), dove i miei confini sfumano come nuvole ed il contatto
ridotto, o nullo (non tocco nulla), il s si riduce o minimo. Al
contrario, in una situazione conflittuale, o caratterizzata da forte
eccitazione, in cui sento con intensit l'emergere di una figura con la
quale tocco la realt, vi molto s. In base alla concezione
organismica, una membrana rappresenta un valido ed efficace modello
per definire il confine di contatto. Nello specifico, l'efficacia di questo
strumento concettuale consiste nel considerare proprio la funzione
peculiare di una membrana, ovvero la possibilit che questa permetta, o
impedisca, l'interazione e lo scambio fra mondo interno ed esterno.
Questa dinamica individua, nelle due modalit estreme della iper o
della im-permeabilit di membrana, la polarit fondamentale entro cui
le funzioni discriminative si debbono muovere per assolvere
efficacemente alla funzione fondamentale di frontiera/contatto, dove
frontiera sta per separazione, blocco nel passaggio di elementi concreti
o informazioni e contatto sta per facilitazione al passaggio degli
stessi.35 In particolare, la mia pelle un organo sensibile e di contatto
che ben si presta con le sue metafore a rappresentare, non solo a livello
epistemologico, ma concretamente, questo modello: ad esempio,
48
quando dico che a pelle quella persona proprio non la sopporto,
oppure in quella situazione mi si sono rizzati tutti i peli. Con queste
locuzioni comunico verbalmente cosa mi sta accadendo in termini fisici
alla frontiera del contatto, attraverso precise sensazioni trasmesse dal
mio corpo, ma che rimandano ad una percezione interiore.
36 Serge Ginger-Anne Ginger, La Gestalt terapia del con-tatto emotivo, Roma 2009,
Ed Mediterranee, p 138
37 Perls-Hefferline-Goodman, La terapia della Gestalt, op cit, p 30
49
organismo manifesta questo tipo di confronto. Intuizione, analogia,
corrispondenza sono i caratteri di questa funzione. E' l'intelligenza
organismica, slegata dal pensiero o da scelte di tipo logico, che si
esprime attraverso la comprensione immediata di cosa sta avvenendo
nel mio ambiente: io provo paura perch sento che intorno a me c' un
pericolo. Oppure, mi comunica chiaramente quando ho necessit di
bere o dormire. Un evento psicotico caratterizzato da un disturbo, o
da una alterazione di questa funzione, che deforma di molto la
percezione della realt, sino a stravolgerla drasticamente nei casi pi
gravi. L'organismo consapevole di ci che succede, mentre la
funzione io pu non esserlo, alterando la visione d'insieme. Il controllo
che molte volte agisco il tentativo dell'io di gestire questa funzione o
di riappropriarsene.
50
Il ciclo del contatto
51
madre terra. Il mondo naturale d forma e contenuto anche ai ritmi
umani e sociali che assumono simboli e rituali peculiari. Alla moglie di
Zeus era collegato il rituale del matrimonio, il parto, il legame con il
mondo femminile e ai cicli della sessualit. Come dea delle donne e del
matrimonio assumeva nel culto tre aspetti, corrispondenti ai cicli della
natura e messi in relazione a tre momenti fondamentali della vita di una
donna: nell'et primaverile era venerata come Pais, o Parthenia (la
fanciulla), come Antheia (quella in fiore) ed Ebe (la giovinezza); in
quella estiva, o della maturit, veniva contemplata come ninfomane
(colei che brama un compagno), come Teleia (la compiuta), Ilizia,
protettrice del parto; in ultimo, nella fase definita autunnale, Theria
(la vegliarda), la donna che ha amato, generato figli e vissuto la propria
vita facendo tesoro delle esperienze. In questo momento conclusivo
dell'esistenza veniva raffigurata con un melograno in mano (ultimo
frutto autunnale). E' il simbolo delle donne che vivono la loro
realizzazione e creativit attraverso lo stupefacente evento della
maternit. Anche la storia di Persefone-Kore, rapita e strappata anche a
se stessa da Ade, molto ricca di simboli e di suggestive metafore.
Rimanda alla tematica dell'eterno ritorno, che nel mito si traduce nella
spola che la figlia di Demetra costretta a fare tra la luce del sole, per
rivedere la madre, e le oscure tenebre degli inferi, per stare comunque
con il signore del sottosuolo. La dea, accettando i semi del melograno
sceglie di rimanere accanto al dio del mondo sotterraneo, negazione
dell'essere, della vita e della luce. La metafora ci porta all'alternanza fra
la soleggiata primavera ed il freddo e oscuro inverno, al difficile
confronto fra le nostre parti luminose e vitali e le zone d'ombra nere,
inquiete ed inquietanti. Ogni stagione della vita genera forze, differenti
consapevolezze, secondo una prospettiva dinamica. Creativit,
pertanto, significa aprirsi al nuovo che nutre e d la possibilit di
rigenerare la nostra esistenza. Ma, che cosa significa essere creativi?
Daniel Goleman39 d alcuni spunti interessanti sulla creativit e sulle
proprie risorse personali a cui attingere per cercare nuove idee,
considerandole un atteggiamento verso se stessi e lambiente, sia per la
soluzione di problemi quotidiani che relativamente a modalit
relazionali. La creativit un desiderio che sorge dallanima ed
39
D. Goleman, P. Kaufman, M. Ray, Lo spirito creativo, 1999, Milano, RCS Libri
52
innata, basta osservare lo spirito che anima un bambino e la naturalezza
con cui lo spinge a sperimentare, manipolare, inventare, scoprire cose
nuove. E anche un bisogno di comunicare autobiografico che definisce
un luogo, uno spazio da plasmare nel quale limmaginazione diventa
identit concreta fatta di corpo e mente. Esprime un contatto nel quale
si muovono calore ed energia e che si risolve in una tensione fra
lorizzonte della percezione interna e quella esterna. Ognuno possiede
affinit, predisposizioni e talenti peculiari che danno la misura della
propria originalit e che trovano un personale linguaggio estetico.
Soprattutto, bisogna credere nella loro evocativa presenza che si
trasfonde nella fiducia in se stessi e nelle proprie capacit. Non
appartiene solamente a pochi artisti, ma una qualit a tutto tondo che
trova espressione tanto nel comporre una poesia, quanto nel preparare
una ricetta in cucina o risistemare un vecchio mobile di casa. Anche un
semplice gesto, come potare una rosa, un atto creativo che necessita
cura, poesia e stupore. In realt, non si tratta di essere dei talentuosi
super-dotati, ma di aver chiaro che lo sfondo della creativit la
curiosit, la sensibilit, lesperienza e la passione verso qualcosa che ci
attira, che sentiamo appartenerci e che va sollecitata e nutrita. In
particolare, importante assumere quello che viene chiamato pensiero
laterale, ovvero la capacit di guardare da differenti angolature ed
assumere differenti punti di osservazione. Tuttavia, il sostegno nasce da
noi stessi, pertanto, necessario non autocensurarci (, questo, il vero e
subdolo limite che ostacola la propria espressivit) e credere nelle
nostre abbondanti risorse e alla possibilit di cambiamento. Alcune
componenti lo caratterizzano e sono essenziali. In primo luogo, bisogna
avere maturato una certa esperienza e capacit in unarea che sentiamo
particolarmente nostra, diventando consapevoli delle nostre abilit,
anche le pi semplici. Un dipinto, oppure una fotografia nasce con la
conoscenza tecnica di comporre i colori verso i quali siamo attratti,
oppure nellabilit di scegliere adeguate impostazioni della macchina
per ottenere un certo effetto. Secondariamente, importante avere una
mente proiettiva, aperta a soluzioni, idee, prospettive e possibilit
differenti da quelle che comunemente appaiono o che ci vengono
dette come la normale soluzione. Per questo necessario saper
osservare e darsi del tempo, lasciando che ci a cui stiamo pensando
assuma forma e significato: il nostro. La caratteristica essenziale
53
lesigenza impellente di fare qualcosa per il semplice piacere di farla e
non per ricavarne un premio o un consenso. Questultima affermazione
di Teresa Amabile , forse, il valore aggiunto a questa breve riflessione
che apre una prospettiva molto interessante sul senso e il valore che
diamo alle cose e ai nostri rapporti interpersonali.
54
distaccarsene sino all'emergere di una nuova figura. E' questo
l'ipotetico percorso. In realt, questa suddivisione concettuale e
puramente metodologica: non vi un vero punto esatto di partenza, nel
senso che i vari momenti che compongono il ciclo di formazione della
Gestalt sono molti. Inoltre, queste stesse fasi sono fluide, possono
scivolare ed essere sfumate l'una nell'altra, seguire percorsi differenti,
confondersi, interrompersi per poi riprendersi. Nella prospettiva della
Gestalt, ovunque vi sia una fase in evidenza le altre sono in secondo
piano.40 Non hanno neppure una durata prestabilita: possono persistere
per una vita intera, oppure svanire sfumando in pochi brevi bagliori.
Infine, il processo del ciclo del contatto stato osservato, suddiviso ed
affinato in modi differenti da autori diversi. Perls e Goodman hanno
proposto di dividere ogni esperienza in quattro fasi principali
articolate intorno alla nozione di contatto: il pre-contatto, la presa di
contatto, il contatto pieno e il post-contatto.41 Altri ancora hanno
sviluppato ulteriormente questo processo, come Joseph Zinker che
distingue sei momenti: sensazione, presa di contatto, mobilizzazione
dell'energia, azione, contatto pieno, ritiro. Serge Ginger individua
cinque fasi principali, rappresentandole graficamente con l'immagine di
una sorta di greco: pre-contatto, engagement (impegno,
mobilitazione delle energie organismiche), contatto pieno,
desengagement (disimpegno, smobilitazione), assimilazione
dell'esperienza. Seguo, pertanto, un ideale sviluppo utilizzando il
modello circolare a sette stadi indicato da Petruska Clarkson, basato su
di una integrazione con quello di Zinker e Goodman.
55
percezione, segnando l'inizio della formazione di una figura.
56
separano dal distacco dalla figura con la quale, sino a quel momento,
ero in contatto e che ora va dissolvendosi. In questa fase, in cui il
tempo sembra sottile, sospeso e fluttuante, il processo di
metabolizzazione in atto: gusto ed assimilo (rendo simile a me)
l'esperienza che sta per esaurirsi, rifiutando quanto non considero
nutriente. A questa fase segue quella del ritiro, preludio ad un nuovo
ripetersi del ciclo.
Mobilizzazione
Consapevolezza
Azione
Sensazione
Contatto finale
Ritiro
Soddisfazione
57
Il corto circuito della consapevolezza: le interruzioni disfunzionali
del contatto
58
quando il processo di riconoscimento/formazione/dissolvimento della
gestalt disturbato in qualche sua fase: il soddisfacimento del mio
bisogno , pertanto, reso difficoltoso, deviato, impedito. Una Gestalt
rimane sospesa, o aperta, quando un mio bisogno rimasto
insoddisfatto senza che io abbia utilizzato completamente, ed
efficacemente, la mia energia. La figura, pertanto, rimasta nel mio
organismo e non si , per cos dire, liberata in modo soddisfacente tanto
da fissarsi e rimanere bloccata. Un classico esempio rappresentato dal
bambino al quale non stato permesso di piangere ed essere triste (un
bel introietto!), con la motivazione che i bimbi non devono piangere
mai, perch, altrimenti, sono cattivi. Siccome stata impedita una sana
espressione dei sentimenti, questa inibizione pu causare con il tempo
problemi a contattare, manifestare e gestire le emozioni. Ancora di pi
quando un bambino non viene accettato o inibito nella sua sfera
emozionale, non riconosciuto per quello che , amato per le sue
potenzialit, la creativit e l'intelligenza di cui interprete e portatore.
59
Confluenza
60
indurre a non esprimere quanto si prova per paura di ferire o di essere
giudicati. In una relazione counselor-cliente, quest'ultimo tende a
portare la comunicazione dove vuole e a chiudere quando si arriva ad
un punto focale. Quando aggancia il counselor nella sua interruzione di
contatto, il cliente lo invischia in una dinamica di confluenza che
bene riconoscere. Nei momenti iniziali della seduta, tuttavia, questo
meccanismo pu essere considerato una modalit facilitante il processo
di contatto. La consapevolezza mi permette, pertanto, di gestire cosa mi
sta capitando: pu servirmi per mantenere la giusta distanza e sostenere
il cliente.
Proiezione
61
seguito verifico chiedendo se corretto, o meno, quanto sto pensando.
Pu essere funzionale quando cerco di immaginare situazioni future,
oppure quando lascia spazio alla fantasia artistica, progettuale e
creativa. Perls affermava che a caratterizzare in maniera particolare
gli individui nevrotici una fondamentale paura di essere respinti.43
La paura di non essere accettati dolorosa e condizionante. Inoltre,
quando proietto, tender a cercare elementi, a trovare giustificazioni,
individuare dettagli e prove che confermino la mia convinzione.
Quando non reggo l'ansia della mia aggressivit posso proiettarla
all'esterno sottoforma di aggressivit passiva. Anche in questo caso
non mi prendo la responsabilit e mi manca il coraggio, a causa del
livello d'ansia elevato, di riconoscerla. La dinamica secondo la quale io
in qualche modo te la faccio pagare, ma indirettamente, avviene molte
volte a livello inconscio e si traduce in svariati atteggiamenti: arrivare
in ritardo, non presentarsi ad un appuntamento, non fare qualcosa di
richiesto, non partecipare a qualche attivit alla quale avevamo dato la
nostra adesione. Ma, la possiamo riconoscere anche quando poniamo
delle condizioni: ad esempio, quando minacciamo di andarcene qualora
non si faccia quello che vogliamo.
Dimmi e io dimenticher
Fammi vedere e forse non me ne ricorder
Coinvolgimi e capir
Lao Tse
43 Ibidem, p 483
44 Generalmente si tende a considerare come sinonimi la fiaba e la favola, mentre, in
realt, queste due tipologie di narrazioni appartengono a differenti generi culturali,
costruite con differenti strutture comunicative. Una favola una narrazione
piuttosto breve, in versi o in prosa, in forma scritta e con un autore preciso. La
finalit di trasmettere un insegnamento etico o una morale, sovente sottoforma
di metafora e con l'uso di allegorie. Non comunica intense emozioni e non ha
62
inserendola nell'area della proiezione, perch la trovo molto
interessante per il counseling e perch mi piace molto. Mi soffermer,
in modo particolare, a descrivere in nota pi dettagliatamente l'invidia,
un sentimento che sviluppa un argomento, dal mio punto di vista,
importante per quanto concerne i desideri umani e, di conseguenza, i
rapporti interpersonali.
63
nei protagonisti. In questo processo culturale e sociale risuonano vivi i
tracciati delle nostre mappe relazionali, emozionali e valoriali. E'
l'immaginazione, e non la realt dei fatti, cos come vengono descritti,
la dimensione nella quale un bimbo ed un adulto si immergono, per
sentire risuonare quelle parti che desiderano ardentemente ascoltare. E'
come viviamo il racconto o una piccola parte di esso ad assumere
significato. Sean Hall analizza e compara, con altri racconti in cui
compaiono delle fate, le parole salienti della Bella Addormentata, le
quali rivelano una paura inconscia generalizzata (di cui v' traccia in
altri racconti del genere) che il male possa trionfare sul bene.45 Le
fiabe, con i loro riflessi, mettono in luce caratteri e polarit che
agiscono in ognuno di noi: in quella di Cenerentola la fata rappresenta
la mamma buona mentre la matrigna quella cattiva, archetipo della
madre che non ama il suo bambino; il leone simbolo di forza e
potere; la volpe di astuzia; l'agnello l'immagine di mitezza e candore,
mentre il lupo incarna quello dell'aggressivit e cattiveria. Un eroe
quel vessillo di bont e gentilezza che vorremmo vincesse sempre. Il
cattivo, invece, simboleggia quel male che ci aspettiamo, alla fine, sia
sconfitto senza alcuna possibilit di rivalsa. Una persona bella, l'altra
brutta; c tristezza e gioia, odio e amore. C' la vittima, il salvatore
ed il persecutore, il forte ed il debole, il dipendente e l'autonomo. Il
bello a volte cattivo e senza scrupoli, mentre il brutto pu essere
buono e pronto a sacrificarsi affinch il bene trionfi. Cenerentola mette
particolarmente in luce l'invidia46, un tratto che Melanie Klein
64
relazione, giocare e scendere in profondit con l'ausilio di questo genere di
linguaggio. Altre volte hanno permesso di risalire per alleggerire egoticamente le
emozioni legate a vissuti, a volte molto pesanti da sostenere. L'invidia, come la
vergogna, la vendetta, il senso di colpa o il sentimento di piet, sono frutto di un
processo cognitivo di elaborazione e sedimentazione di tipo culturale che pu
variare nel tempo. La trasformazione e ridefinizione simbolica delle Erinni
(Megera, Tisifone e Aletto) nelle Eumenidi (le benevole), cos come Eschilo ce la
rappresenta nell'Orestea, indica nella mitologia greca questo genere di evoluzione
sociale e culturale per interrompere il circuito distruttivo della vendetta che
caratterizzava le culture arcaiche. Queste emozioni vengono chiamate secondarie
o complesse e sono legate all'introiezione di norme e valori. Ognuno di noi
vive questo tipo di emozione, a vari livelli di intensit e gradi di consapevolezza,
ed certamente funzionale se gestito in modo consapevole e costruttivo. Tuttavia,
il superamento di una certa soglia diventa rigidit e sofferenza strutturando un
tratto di personalit. L'invidia invidere, guardare di traverso mira a ferire e
distruggere, ad annullare, e chi si sente invidiato prova un senso di svuotamento:
privato della sua identit e dei suoi sentimenti. Nel momento in cui invidiamo
sveliamo quello che non siamo e che non riusciamo ad essere: il nostro ideale si
consuma e si sfibra, specchiandosi narcisisticamente nell'oggetto vanamente
desiderato. Il desiderio rimane, pertanto, impotente e lontano, come le stelle di cui
vediamo il luccichio, ma che non brillano per noi. E' questa la consapevolezza
necessaria per comprendere cosa manca nella nostra vita. Cosa vorremmo? Cosa
sentiamo? Come ci fa stare invidiare ed essere invidiati? L'invidioso rifiuta ci
che gli stato dato in sorte per cercare qualcos'altro in qualcun altro, in un modo
per cieco, sordo e persino distruttivo. Ma, cos facendo, perde la propria
autenticit e inibisce lo sviluppo e l'espressione delle proprie potenzialit, vero
fulcro sul quale contare per affrontare e costruire la propria realt. Questo
sentimento, nero e sotterraneo, ben descritto nella letteratura ottocentesca russa,
sensibile rivelatrice dellanimo umano: avviluppa il giovane nichilista Bazarov nel
romanzo di Turgenev Padri e Figli, in Tolstoi gioca un ruolo importante nella vita
di Pierre Bezukhov e Andrej Bolkonskij, in Guerra e Pace. Emerge anche nei
tratti di Vronskij, il bell'ufficiale protagonista del romanzo Anna Karenina. E'
stato molto bello utilizzare questi riferimenti letterari durante i dialoghi. L'invidia
uno sguardo torvo, penetrante, giudicante. E' carica di tinte drammatiche
l'immagine degli invidiosi descritta da Dante, nel 13 Canto del Purgatorio.
Questi uomini, resi ciechi e febbrilmente anelanti la luce, sono intenti a girare
intorno ad una montagna, disorientati, ognuno con la testa appoggiata sulla spalla
dell'altro: "E come agli orbi non approda il sole, cos come all'ombre dov'io
parlav'ora luce del ciel di s largir non vuole, ch a tutti un fil di ferro i cigli fora
e cuce s, come a sparvier selvaggio si fa per che questo non dimora (...) che per
l'orribile costura premevan s, che bagnavan le gote". Per il sommo poeta la
condanna colpisce proprio lo sguardo: per chi nella vita ha avuto occhi invidiosi,
sono proprio le palpebre ad essere sigillate, in modo da non vedere la luce. E
nemmeno le stelle. Viene cos meno la bellezza e il desiderio. E' una sofferenza e,
65
considera una dimensione costitutiva del desiderio umano e illustrer
come in questa dimensione attecchiscano tutti i fantasmi di distruzione
pi arcaici.47 Ma, nella fiaba, emerge anche la forza della bont
perseverante che alla fine prevale sulla bieca cattiveria. In ogni cultura
questi racconti risaltano mettendo in luce le nostre ansie, paure,
desideri. Ci parlano della vita e del nostro bisogno di amare e di essere
amati, protetti e rassicurati. Desideriamo possedere proprio quella
forza, coraggio, seduzione e potere, bont e saggezza, fortuna e salute
che ci attira in quel racconto che ci emoziona e ci fa lungamente
in realt, l'invidioso soffre poich invidia quello che un altro possiede e che
invece lui non ha. Vive un senso di inferiorit, insoddisfatto di s ed
pessimista. Prova una bassa autostima e tende a non controllarsi, anche se appare
preciso e meticoloso. Soprattutto molto attento a cogliere negli altri i minimi
difetti, trasformandoli in frecce velenose da scagliare al momento opportuno.
Tipica espressione di questo sentimento , in primo luogo, l'esigenza di
distruggere. Secondariamente, la maldicenza ad essere inesorabilmente agita.
L'invidioso spera, con le sue azioni, di ristabilire una sorta di giustizia
ripristinando, dal suo punto di vista, una situazione di equit, rispetto a ci che
non o che non ha, ma che pensa sia suo diritto avere. Per l'invidioso il mondo
non lo riconosce come dovrebbe, poich pensa di esserne escluso. Considera la
realt sociale in cui vive un sistema perverso, dove il successo frutto di
favoritismi e privilegi. Si sente una vittima e prova una rabbia crescente. Egli,
perdendo lucidit nel valutare la realt, finisce per giustificare qualsiasi azione
senza attingere alle proprie risorse per far fronte alle difficolt e alle iniquit, che
certamente esistono, ma che potrebbero essere superate e gestite con un
atteggiamento responsabile e creativo. Se riesce ad ottenere un piccolo potere
diventa inesorabilmente spietato. Figlio dell'invidia il rancido respiro del
rancore, profondo e tenace risentimento capace anch'esso di accecare e di fare
molto male. Si pu invidiare un bene, o le capacit possedute da un altro, ma pu
esserci un'invidia anche di carattere sociale, quando l'oggetto invidiato
rappresentato da un determinato status. Si invidiano anche le qualit interiori.
Come nella fiaba di Cenerentola. Si pu invidiare il cuore, l'anima o lo spirito di
un'altra persona: l'invidioso vorrebbe anche lui essere cos, ma consapevole del
limite dovuto al proprio vuoto che non riesce a colmare. Il poeta e drammaturgo
inglese Christopher Marlowe, nel portare in scena individui isolati dal contesto
sociale e intrisi di passioni estreme, fa dire ad un suo personaggio: "non sono
capace di leggere, quindi vorrei che tutti i libri fossero bruciati", mentre il
filosofo tedesco Max Scheler, in un suo saggio sul risentimento, afferma che la
peggior forma di invidia quella "esistenziale": "potrei perdonarti qualunque
cosa, tranne il fatto che io non sono ci che tu sei, che io, in fin dei conti non sono
te".
47 Massimo Recalcati, Ritratti del desiderio, Milano, 2012, Cortina Editore, p 36
66
sognare. Abbiamo paura di essere soli, al buio, di non essere voluti e
amati e di essere abbandonati come nella storia di Hansel e Gretel.
Essere abbandonati un dolore assoluto ed la paura pi grande per un
bambino. Essere amati e accettati, invece, il cardine su cui si fonda
un'esistenza sana ed armoniosa. Le trame fiabesche sanno illuminare
tratti di personalit con i quali possiamo identificarci. Ci parlano di
valori maschili e femminili, di conquiste, avventure, magie, poteri,
sogni, passioni, gioie e sofferenze. Come nei bambini, ci aiutano ad
elaborare le nostre ansie, contraddizioni, paure e desideri. Le fiabe
raccontano, con i loro simboli e le suggestive metafore, cose vere che
ci riguardano molto da vicino. Anche quelle terribili e considerate
detestabili, o proibite, come in Pelle d'asino di Perrault. Kafka diceva
che tutte le fiabe sono uscite dalla profondit del sangue e della
paura. Sotto la superficie delle trame e dei racconti svelano il nostro
teatro interiore. Possono condurci con il loro linguaggio sul terreno
della consapevolezza e del cambiamento, della ricomposizione di un
conflitto, suggerendoci vie di fuga e prospettive con le quali
confrontarci. La potenza della narrativa fantastica quella di
costituire un luogo dove conscio ed inconscio si incontrino48. Con le
fiabe, i sentimenti considerati negativi quali l'odio, l'invidia, la
vergogna, possono essere proiettati, vissuti e rielaborati attraverso le
parole e le vicende di un personaggio che le incarna attraverso la storia
narrata. Ma ci si pu lasciare andare a sentimenti caldi e amorevoli,
come l'abbraccio rassicurante di una mamma. Una fiaba uno spazio
speciale, nutriente, all'interno del quale emozioni forti ed intense
possono essere sperimentate e ritualizzate: l'ambiente fantastico, il
gioco di proiezioni, la dimensione onirica e la presenza della persona
che legge e che infonde sicurezza, nonch il lieto fine, garantiscono
un'adeguata protezione e contenimento alle emozioni che prendono
vita. I contesti e le tematiche sono molteplici e risentono del contesto
storico e dei mutamenti sociali e culturali. Queste sedimentazioni
creano, modellano e alimentano i racconti. Anche le paure, pertanto,
cambiano. La fiaba, pur nella sua dimensione fantastica, comunica con
una forma di linguaggio universale straordinariamente comprensibile
ad ogni latitudine. E' in assoluto la narrazione che pi vicina alla
realt storica: l'unica narrazione dove la realt storica, di qualsiasi
67
tipo, sia stata rappresentata.49 Non vi solamente l'ancestrale timore
raggelante dell'abbandono, della fame, di diventare orfani o di non
sentire la protezione di cui abbiamo bisogno. Ora, la chiave di lettura
delle paure pu essere quella di non corrispondere adeguatamente alle
pressanti aspettative dei genitori, di non farcela a raggiungere
determinati traguardi sociali o di non essere accettati dal gruppo o,
peggio ancora, di sentirsi rifiutati, disapprovati, derisi o disprezzati
perch diversi, come nel Brutto Anatroccolo. La solitudine e
l'isolamento di questa societ liquida, l'insicurezza generalizzata e la
spinta alla ipercompetizione, nonch la mancanza di punti di
riferimento e di appartenenza sufficientemente solidi, generano ansia e
confusione, soprattutto in un adolescente che molto dipende dai giudizi
e dall'approvazione degli altri. E' difficile il percorso per giungere a
riconoscere che, quanto viene considerato e giudicato come un difetto e
che suscita solo derisione come nel film d'animazione Dumbo , in
realt possa ribaltarsi diventando una clamorosa opportunit e risorsa:
le sproporzionate e striscianti orecchie del piccolo elefantino, ad un
certo momento smettono di essere delle inutili ed abnormi appendici,
per diventare delle splendide ali che gli permettono di stupire e di
volare. La tematica ancora quella dell'accettazione del diverso. Nel
bellissimo racconto di Tolkien, Il Signore degli anelli, trovano spazio
molte altre tematiche quali la speranza, il sacrificio, l'amicizia, la
morte, oltre agli altri tipici elementi della mitologia celtica e norrena.
Ma, nella saga, la paura che la guerra conduca alla distruzione del
mondo e al genocidio di massa , forse, una delle tematiche pi forti e
sconvolgenti del racconto. La terra di mezzo ovunque ed ognuno di
noi ne pu fare parte, come tristemente ricordano le purtroppo
innumerevoli vicende della nostra recente storia.
49 Ibidem, p 33
68
storia, soffermandosi su di un aspetto che sentiva particolarmente
significativo del racconto. Ci siamo identificati con il personaggio che
in quel momento risuonava vivo ed interessante. Una seconda fase
consistita nel travestirci per metterlo in scena, muovendoci tutti
insieme nella stanza ed interagendo fra noi, assumendo come meglio
credevamo il ruolo della figura scelta. In un terzo momento abbiamo
assunto il ruolo opposto a quello precedente (se prima avevo scelto di
diventare Cenerentola, ora interpretavo i tratti psicologici di una delle
sorellastre), travestendoci nuovamente. Al termine di quest'ultima fase
abbiamo ricostituito i gruppi e ci siamo dati del tempo per confrontarci.
Infine, ci siamo ritrovati tutti insieme, confrontandoci con i feed-bak ed
esprimendo i vissuti che per qualcuno sono stati molto vivi ed intensi.
Il lavoro di gruppo uno strumento molto efficace per lavorare sulla
consapevolezza della proiezione, data la possibilit di confrontare
immediatamente quanto viene detto: a chi afferma voi non mi capite,
magari con toni vittimistici, pu essergli chiesto di individuare la
persona che veramente gli suscita questa affermazione, su quali
elementi sorretta e come lo fa stare.
Emily Dickinson
69
mi induce a sentire quel giudizio che, in realt, risuona solo in me: non
vali nulla, sei insignificante, non ce la farai mai. Il mio giudice
interiore, nel giudicarmi, proietta in realt l'idea che ho di me stesso
attribuendola agli altri: ecco, mi vedono cos; non ce la posso fare;
mi vergogno troppo..., etc. Il processo retto dalla paura che
costituisce, ancora una volta, il tratto dominante e condizionante: io
temo che se mi comporter in un certa maniera sar considerato
ridicolo, quindi, il mio bravo giudice stabilisce che non devo agire in
quella maniera. La realt che mi creo, pertanto, sorretta da una auto-
svalutazione. Quando mi trovo alla presenza di una persona con la
quale sento che mi vengono i nervi, l'irritazione pu essere dovuta a
qualcosa che si trova nel mio profondo e che impatta in me, di cui,
tuttavia, non sono consapevole. Se riconosco questo stato, ovvero se
riesco a svelarlo e mi confronto per imparare a gestirlo, si ridurr di
molto la possibilit di sentirmi irritato. Questa interruzione di contatto
mi fa venire in mente, come in un gioco di specchi, quante volte ho
vissuto le vite, i bisogni e le paure degli altri proiettati ed agiti su di
me. I meccanismi hanno assunto la forma e la forza di introietti
condizionanti. Un altro racconto chassidico narra che il saggio Rabbi
Sussja, in punto di morte, disse: nel mondo futuro non mi si chieder:
perch non sei stato Mos?; mi si chieder invece: perch non sei stato
Sussja.50 La mia unicit, secondo questo punto di vista, quanto mai
preziosa.
70
Retroflessione
71
Trovo interessante l'affermazione di Perls secondo la quale quando
chiedete a voi stessi qualcosa (con espressioni tipo mi domando
perch..., oppure mi dico...) si tratta di una domanda retroflessiva.
Non conoscete la risposta poich altrimenti non sarebbe necessario
porvi la domanda. Chi nell'ambiente conosce la risposta o, a parer
vostro, dovrebbe conoscerla? Se potete identificare questa persona,
potete quindi essere consapevoli di voler porre la vostra domanda, non
a voi stessi, ma a questa persona? Cosa vi trattiene dal farlo?(...) al
posto di chi vi state sostituendo(...) chi volete criticare(...) chi
volete riabilitare.52 Queste modalit comunicative, secondo Perls,
testimoniano che la personalit sia divisa in due parti, come se due
persone vivessero dentro la stessa pelle e potessero sostenere delle
conversazioni una con l'altra.53 Quando accetto un invito, o
acconsento di fare qualcosa che invece non vorrei, pronunciando la
tipica frase ma certamente, lo faccio con molto piacere, manco
certamente di sincerit. Ma, ancor pi profondamente, sono incapace di
rompere la confluenza con regole sociali e convenzioni introiettate, le
quali mi spingono a fare ci che non desidero. L'impossibilit a dire dei
no, manifesta la mia incapacit a stabilire dei confini. Mi svaluto e non
mi curo di me stesso, dei miei bisogni, mancando di rispetto a quel
luogo della mia esistenza che andrebbe protetto come il sacro fuoco di
Vesta. La retroflessione sana quando consapevole e in sintonia con
il controllo necessario per vivere in societ: a volte necessario, per
stare con gli altri, tollerare alcune piccole frustrazioni. La funzione di
creare relazioni che non mi danneggino: non posso prendere a calci la
prima persona che incontro solamente perch mi infastidisce. E'
funzionale, pertanto, quando mi permette di sfuggire a dei pericoli. Se
rifletto posso considerare questa attivit mentale una forma
retroflessiva, in quanto interrompo il mio esserci spostandomi ad un
livello strettamente cognitivo, per poi rientrare nuovamente in contatto
con l'ambiente ed il mio s. Questa deviazione un modo per
prendermi uno spazio, staccandomi per un po' da una situazione che si
sta caricando eccessivamente. Con questa dinamica inizio un dialogo
interiore con il quale, anche in questo caso, mi divido in due parti. Ma
adeguata. La retroflessione diventa patologica ed insana quando
52 Ibidem, p 424
53 Ibidem, p. 423
72
inibisce sistematicamente i miei bisogni, impedendomi di esprimere
liberamente la mia vitalit. Molti studi sulle somatizzazioni hanno
rilevato che manifestazioni cutanee, crampi allo stomaco, ulcere, o i
famosi mal di testa del fine settimana, sino a considerare patologie ben
pi gravi, come ha rilevato la Simonton, molto spesso sono da porre in
relazione a modalit stressanti che comportano un'eccessiva inibizione
e controllo delle emozioni.
73
se lo invito ad esprimersi con pi energia, restituendogli cosa mi
suscitano le sua modalit. Se la relazione lo consente, ed il cliente
possiede le risorse per poterlo fare, potrei proporgli un piccolo compito
da svolgere nel quotidiano per provare, anche all'esterno del setting, un
modo di agire diverso.
Egotismo
74
incisiva perch tronco di netto le mie sensazioni. Sono nella testa, e le
continue parole non mi permettono di esserci pienamente
nell'esperienza che sto vivendo. E' adeguata quando vivo liberamente la
mia dimensione intellettuale, formulando e difendendo assertivamente i
miei pensieri, ponendo dei giusti limiti alle altrui richieste. Diventa
invece disfunzionale quando questa corazza, a causa di un ambiente
che mi ha procurato sofferenze e che ho vissuto come un pericolo ed
una minaccia (magari anche solo immaginari), diventa rigidit e
chiusura alessitimica al mondo esterno. Devo difendermi per non
sentirmi destabilizzato e minacciato dall'incontro con la diversit. Ed
proprio il mondo delle relazioni che pu fare pi male. Mi indurisco
ispessendo la mia pelle, sino a farla diventare una pesante armatura che
diventa insensibilit, freddezza e cinismo, esclusione e mancato
riconoscimento degli altri. E' importante che io porti la persona a
contattarsi emotivamente per confrontarla con le sue difese. Nella
relazione di counseling necessario bloccare il flusso verbale
sostenendo la persona a restare sull'emozione, a rimanere sul sentire
fisico e su cosa sente a livello corporeo, aiutandolo a dargli voce.
L'egotismo cronico pu sfociare in modelli stabili di personalit
descritti come disordini narcisistici di personalit, nei quali si
riscontrano irrigidite una mancanza di empatia ed una struttura
pervasiva di grandiosit e di ipersensibilit alla valutazione degli
altri.54 Attraverso questo processo cerchiamo di rendere gli altri
uguali a noi, perch non accettiamo le idee diverse dalle nostre. Nel
mito di Ovidio,55 Narciso si specchia nella limpida acqua di fonte e
questa visione lo turba. Questo sguardo ci costringe a riflettere sul
nostro orientamento in rapporto agli altri e sul nostro tipo di equilibrio
psichico. Chi , dunque, per noi, l'altro? Esiste veramente ai nostri
occhi? Quando ci relazioniamo con qualcuno lo ascoltiamo veramente,
lo riconosciamo, oppure lo consideriamo semplicemente uno strumento
per ottenere qualcosa? Attraverso queste domande possiamo
comprendere, in realt, chi siamo noi. In una relazione narcisistica, se
guardo unicamente me stesso gli altri diventano sfondi semplicemente
irrilevanti. Di conseguenza anche i loro bisogni. Sono come specchi
che ci servono per compiacerci di continuo, e per alimentare un
75
sentimento idealizzato di superiorit che si nutre dei loro sguardi. La
nostra realt, pertanto, sostenuta da questi riflessi che diventano i
fragili piedistalli su cui poggia il nostro s e che necessita di continui
rinforzi. Oscar Wilde, nel cogliere questo aspetto, affermava che
l'egoismo non consiste nel vivere come ci pare, ma nell'esigere che gli
altri vivano come pare a noi. La polarit narcisistica si compone di una
diade in cui, da una parte, io non sono nulla, dall'altra mi sento tuttavia
grandioso. In questa dinamica il mio corpo esprime questa polarit
attraverso posture ed atteggiamenti che denotano rigidit e chiusura. Se
organismo ed ambiente non possono essere disgiunti, individuo ed
ambiente s, pertanto un'esperienza narcisistica quella di un individuo
separato dal proprio ambiente in chiave patologica. E una difesa e in
termini relazionali, legati alla percezione della sofferenza, questa
separazione crea una barriera che impedisce di sentirla. Ritornando
propriamente all'egotismo, riporto una dinamica emersa molte volte nel
nostro gruppo di formazione: io vorrei inserirmi in una situazione,
porre una domanda, schierarmi con qualcuno, intervenire ad alta voce,
ma dico molte volte a me stesso che non si deve fare, anche se nessuno
ha posto questa regola. Questa modalit , in realt, un introietto, e se
lo alimento giustificandomi con frasi del tipo non devo interrompere
perch..., utilizzo una modalit egoica che lo sostiene e lo rafforza.
Pertanto, alla frontiera del contatto, sono due le interruzioni che agisco:
un introietto e l'egotismo.
Introiezione
76
intuizioni e le riflessioni sulla somiglianza strutturale delle fasi della
consumazione del cibo con il nostro assorbimento mentale del
mondo.56 E' molto interessante notare che un lattante, non avendo
dentizione, non pu scegliere ci di cui nutrirsi non avendo ancora una
parte attiva e discriminante su cosa ingerire: pu solo espellere,
sputando o vomitando cosa non gli aggrada. Con il manifestarsi
dell'aggressivit dentale57 e della masticazione, diventa possibile
77
destrutturare il cibo che mi viene fornito, dividerlo, frantumarlo,
differenziarlo, rifiutarlo nelle parti che non voglio introdurre nel mio
organismo. Questa azione interessa il cibo, ma una metafora
applicabile anche alle relazioni interpersonali. La possibilit di
scegliere e di impegnarmi per ottenere il nutrimento di cui ho bisogno,
in sintesi, il mio modo di essere a tutto tondo, un aspetto che riveste
un'importanza fondamentale per la mia vita: coinvolge azioni, bisogni,
desideri, esperienze, emozioni. Quando vedo una scena ripugnante che
mi suscita disgusto, il mio organismo la rifiuta reagendo alla sola vista
di quanto mi genera repulsione. Metto in atto una modalit difensiva
naturale, come se la stessi di fatto ingerendo. Questa reazione ben
evidenziata da frasi quali quella cosa mi d il voltastomaco; quella
persona mi ripugna; non digerisco proprio questa situazione. Il cibo
che ci nutre, o che rifiutiamo, altro da noi. Molte sono le metafore,
espressioni o locuzioni verbali che lo richiamano traducendolo in un
esplicito linguaggio: ti mangerei...; me lo sono mangiato...; mi mangio
il fegato...; me lo sono cucinato per bene...; quanti bocconi amari...
78
sono parole, pensieri, emozioni, gesti, immagini, azioni quale risultante
della scomposizione e ricomposizione di tutto ci che introduco e che
diventa parte essenziale di me. Io sono e divento quello di cui mi nutro,
alimentando il mio organismo, leggendo, pensando, respirando,
attivando strategie e mobilitando energie. Definisco e comunico me
stesso in base a quali persone frequento, come mi vesto, quali simboli,
idee, modalit relazionali scelgo. In breve, manifesto il mio modo di
essere nel mondo.
Gli introietti sono memorie che si sono impresse e la figura con cui
identificarli quella dei giudici interiori. Questi censori, in certe
circostanze, agiscono attraverso imperativi quali devi essere, devi
fare..., questo non si deve..., non vai bene se fai cos.... Ne possediamo
molti e sarebbe molto importante dargli un nome e, soprattutto, un
volto. Quelli familiari sono i pi significativi e quelli assorbiti da
bambini i pi potenti. L'espressione non ci si alza dal tavolo se prima
non hai finito tutta la minestra, un classico esempio conosciuto
ovunque. Un bravo figlio deve essere cos, un altro potente introietto
genitoriale che comporta un'accettazione condizionata culturalmente,
soprattutto nelle culture maschiliste dove un bambino, in primo luogo,
deve comportarsi come vuole il padre. Questo imperativo pu imporsi
non solo in forma verbale, ma, anzi, forse ancora pi efficace e
condizionante se la regola interiorizzata attraverso un clima fatto di
sguardi, sensazioni, esempi, che plasmano atteggiamenti e visioni del
mondo. L'alimentazione forzata, l'educazione forzata, la moralit
forzata, le identificazioni forzate con i genitori e i fratelli o le sorelle,
finiscono per costituire in realt una enorme quantit di rifiuti non
assimilati, conservati dall'organismo psicosomatico come introietti.
Questo materiale non stato digerito, e allo stesso tempo, sotto la sua
forma attuale non digeribile. E cos uomini e donne abituati da tempo
a rassegnarsi al modo in cui stanno le cose, continuano a tapparsi il
naso, a desensibilizzare il proprio palato e a inghiottire sempre di
pi.59 Con un introietto posso sostenere una mia retroflessione. Se
ritengo che non si deve esprimere aggressivit introietto, sostengo
una retroflessione rivolgendo la mia rabbia verso me stesso. Mi divido
in due e scindo me stesso: da una parte sono arrabbiato verso qualcuno,
59 Ibidem, p 473
79
dall'altra rivolgo verso di me la mia rabbia. I miei introietti possono
essere anche sociali e culturali. Se da bambino ero spinto ad ingoiare
regole e ad assumere certi atteggiamenti, anche da adulto, se mi sar
richiesto un certo comportamento con espressioni cogenti quali
bisogna sacrificarsi...; devi assumerti le tue responsabilit...; prima il
dovere poi il piacere...; non bisogna farsi vedere deboli...; etc.
tender a mandare gi quanto mi viene domandato in un solo boccone.
Ci sono introietti che esprimono giudizi molto svalutanti, quali: tu sei
un inetto..., tuo fratello molto pi bravo di te... Questi imperativi
possono insinuarsi attraverso stereotipi culturali, o con la pubblicit, di
cui siamo circondati: la cultura giovanilista, con i suoi miti e simboli
che permeano il contesto sociale, un esempio molto attuale. La pi
rappresentativa senza dubbio quella del mito estetico giovanilista:
bisogna essere giovani e belli ad ogni costo, ben evidenziata dallo
slogan pubblicitario vietato invecchiare, utilizzato abilmente qualche
tempo fa da una famosa industria di cosmetici. Ma altrettanto
emblematico quello rappresentato dal devo essere sempre all'altezza in
ogni situazione, altrimenti non valgo nulla. Per una donna, invece, un
esempio di introietto che suona come un imperativo categorico sociale
: devi essere bella e seducente, altrimenti non otterrai mai nulla.
80
alimenta la mia autostima. Un modo creativo per confrontare il cliente
quello di chiedergli di diventare l'introietto stesso, ovvero, di
riconoscere il volto del suo giudice interiore, impersonificandolo ed
esprimendo verbalmente il giudizio che sente risuonare dentro di s.
81
cibo mentale61, considerando la capacit di assimilare una pagina
di testo, o la capacit visiva di assimilare un film.62 La sua, per,
pu essere considerata anche una provocatoria e quanto mai attuale
riflessione: scegliamo veramente cosa leggiamo o vediamo? ne
traiamo piacere e nutrimento? ne siamo consapevoli? beviamo come in
una sorta di trance le scene o le pagine di un libro? e, in ultimo, qual
il nostro reale bisogno?
82
E' la risultante di un processo caratterizzato dalla continua
scomposizione e ricomposizione di tutto ci che introduciamo e che
diventa, pertanto, parte essenziale di noi dotata di senso.
83
Desensibilizzazione
84
tipo non si preoccupi, non si preoccupi, non nulla. Questo
meccanismo, diminuendo l'intensit del contatto, mi impedisce di
accettare la restituzione nutriente che in realt desidererei. Ma,
possibile anche una modalit opposta con la quale accetto solamente
restituzioni positive, deviando con le stesse modalit le critiche
negative. Un'altra forma di deflessione viene attuata quando distolgo lo
sguardo per non entrare in un contatto visivo diretto con un'altra
persona.
85
Camminare nel deserto
Si uniscono
lungo questo trascorrere
la Coerenza ed il Senso
compagni di viaggio
del nostro fragile e continuo divenire.
Mutevoli e sfuggenti
quasi sospesi
con le loro ali seguono il ritmo del Cambiamento
esuli eterni del nostro io.
Irraggiungibili
sono la mela di Saffo
intreccio dell'unico destino
di cui facciamo parte.
E' un flusso
all'interno del quale continuamente scegliamo.
Scegliamo a chi appartenere
decidiamo chi essere
dove recitare.
86
Incessantemente chiediamo l'Armonia
per dividere il tempo
per poterci riconoscere
per non cadere nel nulla.
87
vuol dire tenere stretto e, nel linguaggio marinaresco, far vela
verso una direzione. Ma un atteggiamento difficile, perch contattare
i nostri ricordi e sentimenti, soprattutto quando sono dolorosi, come
scendere nel regno invisibile di Ade, luogo oscuro e tumultuoso della
buia notte dell'anima. Ulisse, su consiglio della maga Circe, discese nel
mondo degli inferi per interrogare ed ottenere, dall'ombra dell'indovino
Tiresia, indicazioni sul proprio destino. La trasposizione simbolica del
racconto quella di ritrovare se stessi dopo tanto e faticoso
peregrinare. Il viaggio di Ulisse la metafora del ritorno, dello
svelamento, considerato nella sua circolarit composta da un inizio, un
cammino ed un rientro. Ma anche della capacit di utilizzare strategie
di coping e di essere resilienti alle avversit della vita.
88
Uno dei pi grandi regnanti dell'antica India, Ashoka, vissuto nel III
sec. a. C., profondamente scosso dalla sanguinosa e devastante
esperienza della guerra condotta a Kalinga, cambi completamente la
propria prospettiva promuovendo, ricercando e valorizzando il dominio
e la conoscenza di s attraverso la meditazione e l'introspezione.
Anzich perseguire e consolidare il proprio potere sugli altri uomini,
mettendo da parte il profondo turbamento provato dalla tragica realt
che lo ha visto protagonista, accett ed assunse la responsabilit di
quanto stava avvenendo dentro di s: comprese l'importanza del
rispetto per ogni forma di vita, quale sublime forma di bellezza e
premessa per essere felici. Successivamente, rielabor raccogliendo in
14 editti i fatti che riassumevano pubblicamente il prezzo pagato, in
termini di sangue e sofferenza, per le inutili e quanto mai effimere
vittorie. Rese pubblici gli editti in tutto il suo regno attraverso epigrafi
incise su rocce e colonne. La consapevolezza alla base del
cambiamento della sua vita personale e pubblica, libera da qualsiasi
costrizione e svincolata da opportunismo politico. Gli editti
rappresentano le conseguenze di una profonda riconsiderazione
interiore, capace di orientare un preciso progetto politico volto a
fondare l'ordinamento sociale su basi completamente nuove: indic
valori quali la verit, bont e giustizia che avrebbero dovuto costituire
le basi di una rinnovata etica pubblica da lui stesso definita Dhamma.
Questa norma disegna una regola di vita63 che promuoveva la
tolleranza religiosa, l'altruismo, la non violenza ed il rispetto e la
protezione di ogni forma di vita.
89
liberalit verso gli umili e i conoscenti,
i parenti,i brahmani e gli asceti,
astensione dalla violenza verso gli esseri animati.
90
L'arte di costruire una relazione: il processo di counseling
91
in cui non contano solo le caratteristiche della situazione in s, quanto
la persona, con il suo modo di considerarla, sia sul piano emotivo che
cognitivo.64 Il mio impegno, in qualit di counselor, di rimanere
attivamente in contatto con il cliente: cosa mi sta portando (paura,
frustrazione, ansia, senso di abbandono, confusione, rabbia,
insofferenza, etc), deve essere accolto restando in una dimensione
relazionale dialogica. Pertanto, anche io sono in contatto con il mio
mondo interiore e con le mie emozioni ed importante, in questo
processo, riconoscere la mia sofferenza e la forma che potrebbe
acquisire. Il contatto il cardine della psicologia della Gestalt. Essere
in contatto, in breve, significa restare nel qui ed ora con quello che c'.
92
Ascolto
il suono di musiche e danze.
Guardo
con gli occhi della poesia
per vedere oltre l'orizzonte
per credere che il mondo
non sia cos lontano.
93
energia per sostenerlo. E' un esserci che coinvolge il mio corpo ed il
mio s consapevolmente orientato. Utilizzo anche quella delicatezza e
sensibilit che nasce da uno sguardo attento a cosa succede nell'altro.
La relazione di counseling un gioco di equilibri, sguardi, sensazioni,
intuito, metodo ed esperienza che si acquisisce col tempo attraverso
una costante crescita personale. E' un incontro in cui la partecipazione
unica e speciale, libera, aperta, senza barriere ed opacit. Pu essere
uno strumento di conoscenza, crescita, cambiamento per entrambe i
partecipanti, la cui caratteristica principale l'esserci. Ho sperimentato
che, se non sono autentico nei sentimenti che provo, corro il rischio di
inibire, diventare dominante e non accogliere l'emozione in procinto di
uscire. Al contrario, se non provo ad instaurare un confronto pi
impegnativo, fidandomi di cosa sta succedendo ed osando un po' di
pi, invece di grattare solamente la superficie, l'effetto sar comunque
quello di non permettere al cliente di esprimersi. Cosa mi attrae
legato alla mia sensibilit, del tutto differente rispetto ad un altro che
sentir, invece, di volgere lo sguardo in un'altra direzione. L'intuizione
e la metafora sono aspetti creativi che possono fornirmi interessanti
spunti su cui confrontare il cliente. Ad esempio, frasi del tipo mi sento
costretto, sento di girare a vuoto, possono suscitarmi l'immagine di un
criceto in gabbia che spinge una ruota. Questa figura la posso restituire
attraverso frasi del tipo mi sembra quasi che..., quanto mi dici mi
suscita la fantasia..., con le quali iniziare un percorso esplorativo.
Queste restituzioni mi permettono di accordare e focalizzare pi
chiaramente quanto sto intuendo e percependo. Le intuizioni sono
come il sale, ed importante che io le dia una forma ed abbia il
coraggio di seguirle, allenandomi ad assecondarle, per poi lasciarle
andare quando perdono intensit. Certamente possono essere frutto di
proiezioni, ma una buona cosa seguirle fidandomi di cosa sento,
superando la paura narcisistica di fare brutta figura, sbagliare, apparire
inadeguato o di essere fuori contatto. Possono rivelarsi sbagliate, ma
correre il rischio una responsabilit che mi assumo verso il cliente.
Pertanto, se avverto una resistenza (un tentativo del cliente di non
entrare nel terreno verso il quale, invece, io cerco di addentrarmi) che
mi induce a credere che la mia intuizione sia giusta, posso scegliere se
procedere forzando un po' le barriere che sta erigendo. Il cliente tende a
portarmi dove vuole, a chiudere in fretta o deviare quando si tocca un
94
punto focale che non vuole contattare. E' importante che non mi faccia
agganciare in questo schema, perch riprodurrebbe sterilmente lo
stesso meccanismo. Prestare attenzione alle parole significa andare
dove queste ci conducono, seguendo il saggio consiglio di Shakespeare
che rivela la complessit fuorviante del processo di conoscenza:
talvolta le parole ne nascondono altre. Una massima nel counseling
suggerisce di prendere sul serio il cliente, ma di non credere ad una
sola parola di quanto dice, nel senso che quanto viene detto pu anche
non corrispondere ad una realt fattuale, ma tuttavia vero, poich
quanto viene portato vissuto in quel momento come tale, diventando
pertanto, la sua verit psicologica.
Gary Zukav
95
spiegare o fornire alcun giudizio. Lo sperimento rimanendo
semplicemente sull'ovvio. In realt, potrei anche utilizzare una
interpretazione, ma molto pi difficile seguirla perch corro il rischio
di difenderla e non usarla come un semplice stimolo o strumento di
indagine. A volte si tende a generalizzare: un modo per dialogare,
sostenendo un discorso, ma pu anche essere un meccanismo di
resistenza e difesa. In una generalizzazione non capisco dov' la
persona, cosa sente realmente. La persona non porta se stessa e non mi
dice nulla di s. L'arte del counseling consiste nell'aiutare a cambiare
registro, sostenendo il passaggio da un livello generico ad un altro di
tipo emotivo e personale. Con l'aiuto della precedente verbalizzazione
sviluppo questa dinamica: affermando che le persone solitarie sono pi
felici... generalizzazione io rimango su di un costrutto mentale; le
persone solitarie sono libere, ed io ho paura di perdere la mia libert
porto in primo piano le mie emozioni e le esprimo. Il mio livello
cambiato ed emerge cosa nasconde la mia paura. E questo il focus dal
quale posso partire. Posso iniziare da un bisogno esplicitato
direttamente dal cliente all'inizio della seduta, oppure attraverso un
messaggio inviato dal corpo che attiva un processo interattivo facendo
nascere la mia curiosit. Le domande attraverso le quali sondo ed
esploro sono certamente molte e non costituiscono un corpus
predefinito da utilizzare pedissequamente. Alcune, tuttavia, sono un
cardine a cui fare comunque riferimento: come ti crei questa
situazione? a cosa ti serve? come ti fa stare? Sostengo il cliente
efficacemente quando rimango sull'ovvio, osservando cosa accade sulla
superficie (ci pu dire molto su cosa succede in profondit), cio sulla
situazione cos come appare, senza tentare rielaborazioni complesse
che potrebbero rivelarsi voli pindarici infruttuosi e fuorvianti. La
domanda perch... molte volte sorge spontanea, ma difficile da gestire
poich, se non collegata ad una autentica curiosit, facilmente innesca
nel cliente una giustificazione che pu indurre una chiusura. Posso
esplorare il focus, ad esempio, amplificando la figura che sta
emergendo: se una persona parla continuamente (egotismo,
deflessione), posso confrontarla con questo suo bisogno (cosa
riempiono queste parole?) proponendole una situazione opposta,
invitandola a non parlare, sperimentando il silenzio. Se mi riconosco in
un vissuto del cliente non significa necessariamente che mi stia
96
identificando con lui. Semplicemente sto partecipando ai suoi moti
interiori. La mia esperienza pu essere una valida risorsa per entrare in
contatto e comprendere cosa sta succedendo: posso esplicitare cosa
provo sottoforma di rimandi verbali del tipo ti capisco, lo sento, mi
arriva.
97
dare alla luce attraverso la dialettica. Ma preferisco il termine greco
paideia, inteso come costruzione di un percorso, accompagnamento
per scegliere una strada. Ad esempio, se il cliente in quel momento non
riesce a scorgere soluzioni diverse, o esprime contraddizioni che
rappresentano la sua sofferenza, posso stimolare un confronto con le
sue resistenze mettendogli a disposizione le mie risorse per
prospettargli altre possibilit, magari da me gi sperimentate. Questo
non significa dare consigli o fornire soluzioni. Non confondo le mie
esperienze di vita identificandole con le sue. Non tento di persuaderlo
che una modalit sia migliore di quella che sta adottando, ma il mio
vissuto e le mie conoscenze sono strumenti indiretti che metto nel
campo per stimolare altre possibilit. Il senso del confronto quello di
sostenerlo a sperimentare nuove soluzioni che sappiano orientarlo e
siano per lui pi funzionali. L'esperienza di un confronto di counseling
uno spazio relazionale nel quale il tempo dato e rappresenta un
confine nel quale si manifesta il ciclo del contatto. Ma la sua
percezione sfaccettata e mutevole. In questo procedere Kronos, il
tempo cronologico che si sussegue facendo la spola fra passato e
futuro, pu scivolare sullo sfondo per lasciare emergere Kairos, il
tempo del qui ed ora, caratterizzato da un orientamento ed un ritmo
peculiare, influenzato dalle emozioni del momento che ne distorcono la
percezione. Questo tempo retto dal nostro corpo ed lui, infatti, che
scandisce tempi e mostra visibilmente i propri limiti, quali, ad esempio,
i disturbi psicosomatici. Quando diventiamo consapevoli del nostro
corpo, in termini di presenza, sensazioni, respiro, etc, percepiamo un
altro ritmo: il nostro.
98
metaforicamente la copertina illustrata che illustra il libro della mia
vita a caratteri indelebili. Io, non posseggo solamente, ma sono il mio
corpo, oggetto della mia psiche che si relazione con il mondo. Ancora
di pi, come diceva Merleau Ponty, io vivo il mio corpo e non posso
fare altro per conoscerlo viverlo nella sua irripetibilit ed esclusivit.
Necessita di essere incontrato ed accettato. Con il mio corpo sento e
vengo percepito, tocco e vengono toccato, esisto e segnalo la mia
esistenza. E' spazio interno e luogo esteriore con il quale agisco sul
mondo, cercando di modellarlo in funzione delle mie esigenze. Le
contratture muscolari che si strutturano per bloccare emozioni,
sottendono un conflitto che mi frammenta e chiede di essere risolto. A
volte, veramente troppo pesante entrare in contatto con emozioni
logoranti. In modo particolare, il viso e gli occhi riflettono questi stati
d'animo con espressioni che lasciano poco spazio al dubbio in chi
osserva. Ascoltando con tutti i sensi mi incuriosisco di qualcosa che
cattura la mia attenzione: posso chiedere al cliente di ripetere quel
gesto per indagare un vissuto, domandare cosa rappresenta, se ne
consapevole, come lo fa stare, se aumenta, diminuisce, svanisce. In
breve, cosa sente. Tuttavia, pu non esserci sintonia in questi messaggi.
Se posso utilizzare parole che non corrispondono a quanto realmente
penso, e se queste possono sfuggirmi senza che io ne abbia realmente
intenzione, allo stesso modo il mio corpo pu non comunicare quanto,
invece, sta avvenendo silenziosamente nel mio organismo. Io stesso,
inoltre, lo posso utilizzare per camuffare artatamente i miei stati
d'animo e non mostrare le mie reali intenzioni. Un sorriso pu
esprimere dolcezza, oppure celare abilmente il desiderio di ferire.
Fidarsi del corpo, dunque, non n pi n meno ragionevole delle
parole del cliente,67 ma uno strumento molto proficuo, capace, nel
qui ed ora, di rivelare moti interiori.
Ogni volta che proponiamo esercizi sulle tensioni del corpo lavoriamo
anche sulle funzioni integrate es e personalit: da una parte entra in
gioco la sensibilit verso le mie parti fisiche, dall'altra ascolto le
emozioni cercando di interpretarle. Il processo si compone di parti
integrate fra loro, ma che posso scomporre nella seguente dinamica.
Inizio un processo di decodificazione quando sento, ad esempio, la mia
99
mano tesa, il collo irrigidito, le gambe molli, per poi interpretare non
cognitivamente le sensazioni, ma rimanendo a livello di es: questa
interpretazione immediata e non integrata dal pensiero logico. Ad
esempio. Se mi comporto in un dato modo contatto la mia rabbia, noia,
oppure sento paura, pericolo, ansia. Se avverto paura emozione
significa che per me esiste un pericolo, ma rimango sulla sensazione.
Una interpretazione a livello cognitivo, invece, viene formulata quando
fornisco una spiegazione logico-razionale: mi succede questo perch ho
mal di testa a causa di... Questi tre livelli sensazione, emozione,
interpretazione cognitiva seguono un processo sequenziale da
rispettare: se inizio con il livello interpretativo blocco l'espressione
degli altri due. Contattare le tensioni corporee un metodo per scoprire
che funzioni svolgono nell'equilibrio complessivo del mio organismo:
le scopro, le contatto e poi decido cosa fare. Gli occhi sono il primo
elemento di contatto che abbiamo a disposizione. Noi guardiamo il
nostro mondo ed essere presenti significa osservare cosa ci succede.
Molto spesso, invece, vediamo senza esserne consapevoli, ad esempio
quando guidiamo l'automobile o camminiamo tranquillamente per
strada. Abbassare gli occhi (oppure ridere, grattarsi, etc.) un
meccanismo per abbassare l'intensit emotiva. E' da considerare nel
processo di counseling, perch, a volte, molto impegnativo reggere
uno sguardo. E' possibile ridurre questa intensit emotiva, quando
troppo elevata, suggerendo di trovare un luogo interiore (anche per il
counselor) protetto, una sorta di temenos, nel quale rifugiarsi e stare al
sicuro con se stessi, per tutto il tempo ritenuto necessario. La creativit
e l'intuito mi permettono di utilizzare parole e frasi per sostenere il
cliente, chiedendogli di diventare cosa sente. Posso invitarlo a rivivere
i panni di quel bambino che si sentito rifiutato e ferito, oppure
iniziare un dialogo con l'organo del corpo sofferente. Tuttavia, se
questa modalit conduce ad una dimensione troppo profonda, questo
tentativo di far regredire ad un livello intrapsichico non di
competenza di un counselor, ma sfocia nella psicoterapia.
100
rappresenta una Gestalt, della quale anche noi, con la nostra presenza,
siamo parte integrante. Deve essere sufficiente, comoda, sostenente,
accogliente e trasmettere un senso di sicurezza e fiducia, sia per il
cliente che per il counselor stesso. In sintesi, significa disporre di un
luogo adatto per creare un clima di fiducia che faciliti l'iniziativa
verbale, la creativit e l'esplorazione per entrambe. Alcuni spazi
prevedono cuscini, materassini o tatami per lavorare con il corpo.
Anche i colori, i profumi, gli oggetti presenti nell'ambiente
rappresentano un modo personale altrettanto importante per
caratterizzare lo spazio. Nulla casuale e in questa dimensione la
prossemica molto indicativa. Saper osservare la distanza che
intercorre fra counselor e cliente, osservando se questa si modifica nel
corso della seduta e in quale occasione, uno sguardo capace di
rivelare utili informazioni. Il termine cliente non ha connotati di natura
economica, come forse potrebbe sembrare, ma si riferisce ad una scelta
autonoma e volontaria della persona che vuole intraprende un percorso
terapeutico. Inoltre, il termine non patologizzante come paziente,
comunemente affine alla pratica medica. Chi si rivolge per un
counseling non lo fa solamente per un problema personale, di coppia o
familiare, per difficolt nelle relazioni interpersonali o perch si trova
di fronte a difficili problemi esistenziali, lutti, situazioni conflittuali da
sciogliere. Chi sceglie di intraprendere questo tipo di cammino lo pu
fare semplicemente per acquisire una maggiore conoscenza di s e per
migliorare la propria qualit di vita.
101
decisioni68 su come gestirle e verso quale specialista, eventualmente,
102
indirizzare la persona. Inoltre, importante capire se il cliente in
grado di reggere il confronto per affrontare quanto gli viene chiesto. Se
lui stesso a riconoscere di non possedere le necessarie risorse, deve
essere indirizzato ad uno psicoterapeuta. Una persona non pu tirar
fuori ci che non possiede, o che non riesce proprio ad utilizzare in
quel particolare periodo della sua vita, come, ad esempio, quando sta
vivendo uno stato depressivo che gli sta consumando l'anima. Queste
informazioni si ottengono direttamente con i colloqui. Con un percorso
di counseling il cliente sostenuto e stimolato ad osservare con occhi
diversi la situazione che sta vivendo. Riveste molta importanza lo
spazio dedicato alla supervisione dei casi, che avviene con l'ausilio di
specialisti ed esperti in grado di dare un valido supporto: porto
problematiche, dubbi, tensioni, ripeto scene e fornisco le informazioni
emerse nel corso di una seduta, con lo scopo di mettere a fuoco
situazioni, contenere e dare un senso all'ansia, confrontarmi sulle
difficolt sorte durante il colloquio. La supervisione un sostegno
tecnico ed emotivo, ed il counselor ad essere al centro della relazione:
portando il caso, il counselor in realt dice molto di s. Un modo per
facilitare il processo consiste nel raccontare la tematica, la storia, il
vissuto in prima persona, identificandosi con la problematica per
entrare in contatto e cogliere l'alterit del proprio cliente: emozioni,
posture, gesti, espressioni del corpo. E' altrettanto fondamentale
mantenere un percorso formativo individuale che, di fatto, non
terminer mai. Infatti, se il counselor sente l'incertezza del cliente che
103
gli sta chiedendo aiuto, dal lato opposto esiste l'incertezza personale di
chi vuole intraprendere una professione molto impegnativa che
richiede tempo, crescita, acquisizione di sempre maggiori esperienze e
capacit. Il vuoto fertile dell'incertezza il coraggio di stare con la
sofferenza del cliente e, nel contempo, essere consapevole delle ansie,
insicurezze, paure ed inadeguatezze che si annidano nei territori
sconosciuti che mi accingo ad attraversare. In questo senso, coraggio
non significa buttarmi nel vuoto, ma consapevolezza del percorso
intrapreso e dei miei limiti. In altre parole, mantenere il contatto con la
situazione che sto vivendo in quel momento, integrando le esperienze
che acquisisco. Concretamente, darsi sostegno significa continuare a
svolgere un lavoro personale, confrontarsi, sviluppare la propria
originalit, creativit e competenza, frequentare corsi di svariata natura,
crearsi una rete di collegamento e di appoggio con gruppi ed altri
professionisti, quali psichiatri, psicoterapeuti, counselors, etc.
104
valgono in generale) inserito in uno spazio condiviso che va protetto
con il rispetto e la consegna del riserbo di quanto viene detto. E' pi
della somma delle sue singole parti e rappresenta una forte cassa di
risonanza emotiva attraverso la quale imparare a conoscersi. E'
imprevedibile per la ricchezza di stimoli e per le possibilit che si
attivano attraverso la creativit dei giochi psicologici. Rappresenta
un'occasione per sperimentarsi concretamente (ed anche
simbolicamente), con l'ausilio degli altri, in situazioni temute o al
contrario desiderate. In questa dinamica, i bisogni individuali
influenzano il gruppo stesso e, quest'ultimo, a sua volta, condiziona
ogni singolo elemento. E' l'esperienza e la partecipazione il valore
fondante che permette di vivere sulla propria pelle l'unicit degli
incontri. Un noi gruppo, collettivit, polis, etc un'entit
interdipendente che muta ed assume forma, sostanza e significato
diversi. La presenza, o meno, di qualcuno dei singoli componenti
aggiunge, o toglie, energia, creativit e risorse a tutto il campo. Un
gruppo cambia ed diverso al cambiare/alternarsi delle persone. Offre
un luogo per confrontarsi, dialogare, scegliere, condividere,
confliggere, specchiarsi, scambiarsi ruoli. E' un'agor, uno spazio
abitato e costituito da scambi ed interazioni, energia e vitalit, nel quale
il fatto psicologico principale costituito dal complesso dei bisogni
individuali e dal rapporto che ogni singolo individuo ha con gli stessi.
Il gruppo il luogo, per certi versi privilegiato, nel quale si possono
esprimere e soddisfare, o veder frustrati, l'intera gamma dei bisogni
degli individui: il gruppo attrae, per le opportunit di soddisfazione
che offre e, allo stesso tempo, respinge per il limite che viene fissato
dalla presenza dell'altro.70 Tanto pu aiutare l'apertura e la relazione,
sostenere, proteggere e nutrire, quanto pu rappresentare un vincolo ed
un pericolo per la propria individualit. Pu inibire per il timore di
essere giudicati, svalorizzati, disconfermati, derisi. Pu attivare ansie e
paure, oppure innescare processi di identificazione capaci di toccare
corde molto profonde. Pu farci vacillare, facendo riaffiorare situazioni
laceranti del passato nelle quali ci troviamo ancora impantanati. Ma
possiamo sentirne il calore del sostegno, dellattenzione e dellarmonia
che pu sorgere al suo interno. A volte, durante gli incontri di
105
formazione, ho sperimentato il disagio di sostenere uno sguardo. Se
non avverto un clima di fiducia, o un legame sufficientemente saldo,
sicuro e condiviso, oppure se percepisco un livello di tensione o
aggressivit troppo eccessivo, per me molto difficile aprirmi.
Tuttavia, in un lavoro di gruppo sono tanto pi nutrito quanto pi
partecipo e mi metto in gioco in prima persona. L'atmosfera del gruppo
fondamentale: deve essere valorizzante, flessibile, genuina,
costruttiva, sostenente, autentica. Deve permettere la crescita, la
comprensione dei vissuti e dei processi in atto. Creare, o meglio, co-
creare questo clima una responsabilit verso noi stessi e verso gli
altri, poich, ognuno di noi parte attiva capace di agire ed influire
significativamente nel proprio ambiente. In un gruppo, un confronto
soddisfacente e costruttivo , in massima parte, legato alla disposizione
e motivazione dei partecipanti a sperimentarsi, mettersi in gioco
abbandonando vecchi schemi di comportamento e costrutti mentali. In
un contesto di gruppo fare delle richieste non semplice, per paura di
essere giudicati, di non ricevere ascolto o sentirsi rifiutati. In realt,
sono io che agisco un rifiuto (ed probabile che io stesso sia incline a
rifiutare) poich non do la possibilit agli altri di rispondere alla mia
richiesta. Lo spazio nel quale sono inserito assume un ruolo rilevante.
In generale, il setting nel quale si svolgono gli incontri deve garantire
silenzio, trasmettere accoglienza, sicurezza, armonia e riservatezza.
Durante le giornate di corso ci sediamo quasi sempre a terra, senza
scarpe e disponendoci in cerchio: questa circolarit una situazione
informale che sento libera e che mi trasmette armonia, fiducia ed un
senso di apertura che facilita la condivisione di quanto provo.
106
considero i miei sentimenti come degni di valore e sostegno. La paura
di non essere ascoltati pu metterci sulla difensiva e bloccarci. La
fiducia e l'autenticit dei rapporti sono parte essenziale del processo,
anche quando si tratta di esprimere irritazione, critica, noia. Mi fido di
chi non mi dice cosa realmente pensa o sente? Se chiedo ad una
persona di proteggermi dalle mie paure devo potermi fidare di lei. Il
coraggio di esprimermi consiste sia nel criticare che nel riconoscere e
valorizzare un altro. In un contesto di gruppo, la conflittualit una
tappa del processo di crescita molto importante, fisiologica e salutare:
in questa fase, tuttavia, il formatore che deve essere abile a gestire
questo processo, canalizzando le energie che si attivano affinch non
diventino distruttive. Deve saper stimolare la consapevolezza delle
modalit comunicative, dei bisogni personali, del senso di
responsabilit, sostenendo la ricerca della propria assertivit. Il campo
rappresenta uno spazio in cui si pu collaborare ad un livello differente.
Di fatto, questo percorso apre ad un'esperienza autentica di s e
dell'altro. La Gestalt esprime una componente educativa anche nel
mostrare a chi mi sta di fronte cosa mi sta succedendo e cosa mi sto
aspettando da lui: l'invito quello di prendere spunto da quanto sto
facendo, mostrandolo in prima persona. E' una difficile posizione di
apertura, poich, spesso, le dinamiche conflittuali non sono del tutto
consapevoli e avvengono a livello di potere: l'imperativo che risuona
devo vincere il confronto, non posso permettermi di perdere, non gliela
devo dare vinta. Un confronto educativo, invece, un modo con il
quale abbasso le barriere difensive per esprimere autenticamente cosa
sento. Mantenendo, invece, una modalit di confronto nella quale mi
trincero dietro le mie idee egocentrate, irrigidisco ancora di pi la
situazione innalzando il livello di incomunicabilit. Nel caso di una
persona idealista le sue convinzioni diventano assolute, facendola
diventare reattiva verso chi la pensa diversamente. In questo caso le
distanze aumentano ancora di pi e si perde la possibilit creativa di
costruire un dialogo. Un modo per uscire da questa conflittualit di
potere quella di assumere una conflittualit dialogica, autentica, co-
creativa. Il fine di ribaltare la situazione mostrando, esponendo e
rivelando me stesso ed il mio cuore per uscire dalla trincea posta a
baluardo delle mie posizioni. Dialogo significa scambio, legame fra
intelligenze per giungere ad un punto di incontro. Scegliendo questa
107
prospettiva si accetta la differenza fra vincere e con-vincere, cio
vincere insieme, attraverso una modalit relazionale che sappia andare
oltre le apparenze, sapendo leggere fra le righe (intus-legere) per
cogliere un orizzonte pi ampio e libero. Se caparbiamente rimango
fisso su me stesso, difendendomi ostinatamente, in realt non mi
arricchisco della possibilit di crescita offerta da uno scambio
costruttivo. Rimango immobile su di un cono visivo ristretto.
Personalmente condivido l'affermazione di Borges, secondo la quale le
armi da guerra non presuppongono coraggio, ma buona mira. La
modalit dialogica sostiene l'espressione dei propri bisogni,
avvalendosi dellausilio di frasi del tipo: mi piacerebbe che...; vorrei
sapere che; mi sento di...
108
bisogno dell'altro, ma che, in realt, mio. E' una modalit relazionale
attraverso la quale esercitare un potere. Una frase del tipo non andiamo
a trovare tua madre perch parla troppo, ti innervosisce e ti fa fare
tutto ci che vuole, potrebbe invece sottendere che io non voglio
incontrarla, perch le sue modalit mi irritano e mi sento impotente di
fronte a lei. Unaltra dinamica manipolatoria rappresentata dal
cosiddetto doppio legame. In questo tipo di relazione, qualsiasi cosa io
faccia per corrispondere al bisogno di un altro non va bene: una
persona attira in qualche modo l'attenzione su di s, ma, quando mi
avvicino, vengo respinto. Subito dopo, per, mentre mi allontano,
questa adotta altre modalit per indurmi nuovamente a ritornare da lei,
innescando un circolo vizioso che tende ad autoalimentarsi.
Lao Tse
109
E' molto creativo ed efficace confrontarsi sulla consapevolezza e le
resistenze in un contesto di gruppo. Un gioco per confrontare la
capacit/incapacit di stabilire confini, cercando la giusta distanza,
consiste nel dare uno STOP efficace a chi si avvicina, comunicandolo
verbalmente, con il corpo o con altre modalit. Lo stop equivale a dire
no! basta, non invadermi. E' una responsabilit che corrisponde ad un
modo per salvaguardare me stesso. Chi si avvicina libero di fermarsi,
oppure di proseguire se lo stop non gli arriva, nel senso che la forza del
messaggio non percepita come autentica, chiara e risolutiva. Al
termine si condividono le sensazioni, emozioni, difficolt e quanto si
osservato. Definire dei confini significa che posso chiedere/esprimere
le mie esigenze, difendendole. L'assertivit la parola chiave per
difendere e far valere i miei bisogni. Ad esempio, posso domandare al
mio interlocutore di non continuare a inondarmi di parole perch mi
sento schiacciato. Analogamente ad un individuo, anche un noi
necessita di confini e cerca di mantenerli: questa tensione definisce una
forma. In un gruppo/noi, tuttavia, si pu acquisire consapevolezza di
un'assenza di confini (confluenza), oppure sentire che questi sono
troppo rigidi. Affrontare questo tipo di dinamica una responsabilit
che costa fatica ed impegno. Un gruppo un continuo processo
dialettico fra opposte polarit: io e noi. Se vedo solamente un noi,
rischio di non sentire i bisogni di esistenza dell'io e di non rispettare i
confini individuali. Viceversa, se tendo a focalizzarmi solamente su
questa singola dimensione, rischio di smarrire la consapevolezza del
noi. Erich Fromm, nel suo libro Dalla parte dell'uomo, sostiene che
non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te uno dei
principi etici pi fondamentali. Ma sarebbe ugualmente giustificabile
asserire: tutto ci che fai agli altri lo fai pure a te stesso. Questa
una regola aurea, ma anche un modo per stabilire dei confini e sentire
cosa succede alla frontiera del contatto. Aggiungo anche l'ironica
affermazione di Bernard Shaw:Non devi sempre fare agli altri quello
che vorresti che gli altri facessero a te: possono anche avere gusti
diversi.Voglio descrivere una danza meditativa che abbiamo utilizzato
per confrontarci su questa tematica. La danza una modalit espressiva
che mi piace e mi aiuta veramente molto. Inoltre, la formatrice che usa
questo strumento veramente brava.
110
Prima fase. Tutti in cerchio. Rivolgendo l'anca destra verso il centro,
nel quale pu essere posizionato un oggetto simbolico (una pianta, un
oggetto), ci poniamo in ascolto della musica che scandisce il ritmo
della meditazione. Si fanno quattro piccoli passi indietro, ci si ferma e
poi si aprono le braccia innalzandole, descrivendo pi volte un cerchio
fra la testa e le anche e si delimitano ipotetici confini. Nel contempo si
compie un giro completo su se stessi, pi un quarto, per posizionarsi di
fronte al centro. Poi, con le braccia conserte o con i gomiti ad angolo (i
palmi rivolti verso il corpo) si procede in avanti, ci si ferma un
momento, cercando di seguire il tempo scandito dalla musica, e si
ritorna indietro, per poi ripetere nuovamente la figura. Seconda fase. Ci
si muove liberamente nella stanza e ci si sofferma/incontra/evita gli
altri. Terza fase. Nuovamente in cerchio, in piedi, per rimanere in
contatto con quanto si percepito (consapevolezza). La musica pu
essere la cornice bellissima e facilitante per questa meditazione.
Quarta fase. Ognuno, scegliendo dei cuscini, piccole bandane o altro,
delinea un proprio confine in uno spazio che sente sia buono per lui. Ci
si siede all'interno di questa simbolica protezione ad osservare cosa
comunica, come si sta, se i confini rimangono tali, dove sono situati, se
questi si spostano, se si esce dalla delimitazione, se consentono
l'ingresso di altri, se li difendo o li apro per incontrare, se sono rigidi,
fluidi, etc. Al termine si condivide l'esperienza.
111
Sogno o son desto?
112
riconosco tratti della mia personalit o situazioni che mi appartengono.
E una forma di linguaggio prevalentemente notturno che si esprime
con emozioni ed immagini. Un sogno un processo complesso e
misterioso intimamente intrecciato alla persona che lo racconta. Mi
successo che, da un momento iniziale di confusione, creassero una
forma sempre pi precisa, prefigurando ed inscenando simbolicamente
situazioni future. In altre occasioni hanno riattivato eventi sopiti del
mio passato, collegati, tuttavia, a vissuti quotidiani: situazioni che
apparivano sconnesse si sono ricomposte durante il sogno come puzzle,
nel quale i momenti sparsi hanno assunto gradualmente forma e
significato. Anche se legati a momenti trascorsi, Perls sosteneva la loro
valenza nel qui ed ora: da qui la sua insistenza, durante le sedute, per
narrarli al tempo presente per favorire l'attualizzazione dei contenuti.
Ancora secondo Perls, permette di liberare l'eccesso di energia
bloccata agitando il confine di contatto, promuovendo il potere
creativo della persona. Ampliando ancora la prospettiva, importante
tenere presente la tridimensionalit della dimensione temporale del
lavoro sul sogno per le implicazioni che esso comporta.73 Un sogno
dilata la possibilit di comprendere ed elaborare la realt, di sentire
empaticamente, di ritrovare sensazioni, suoni, immagini, volti,
emozioni, anche attraverso minuscoli frammenti. Altri studiosi, inoltre,
evidenziano unattivit autocurativa dei circuiti emozionali, collegata a
vissuti che necessitano di scaricarsi. Ma, centrale, come sempre, il
contatto nel qui ed ora fra il cliente ed il counselor. Un sogno pura
funzione es: arte, fantasia, desiderio e molteplici sono le sue
sfondo per lasciare spontaneamente il posto ad un'altra, sulla quale verr richiesto
nuovamente di concentrarsi. A sostegno di questo processo, il cliente viene
invitato a respirare, intensificando il ritmo per stimolare l'emergere di una nuova
figura. Richard Kitzler, testimoniando il lavoro dei coniugi Perls, descrive che La
psicoterapia della Gestalt rovesciava la situazione: non era il significato ad
essere cruciale, ma quello che il sognatore faceva con il sogno nella seduta,
ovvero nell'esperimento. L'enfasi era sul come del sogno, sulla sua costruzione, su
dove stava andando (autonomamente!): i suoi colori o il chiaroscuro, il
movimento, i suoni e le novit. Soprattutto le sue novit, quelle che non erano
apparse nel sogno, ma che si erano generate all'interno della struttura mentre
questa si rivelava (Ibidem, p 39). Una interpretazione pi fenomenologica ,
invece, meno attenta ai personaggi chiave del sogno, ma focalizza l'attenzione sul
campo, le strutture e al significato delle azioni che lo caratterizzano.
73 R.Zerbetto, La Gestalt Terapia della consapevolezza, op cit, p118
113
sfaccettature. In un gruppo, il confronto con l'ausilio di altre persone (a
scelta) consente di ampliare significativamente la narrazione onirica,
descrivendo ed inscenando personaggi, singole emozioni, sensazioni
fisiche della narrazione. Si pu scegliere di diventare anche un
semplice oggetto che fa parte della scena. E' bene ricordare che, al di l
dellingresso di altre persone e della dimensione estetico/teatrale, il
protagonista sul quale si fissa l'attenzione sempre chi porta il sogno.
Rappresenta, quindi, uno strumento potente e suggestivo per la
conoscenza di s, data la complessa polisemia e l'impatto delle figure
che possono emergere. Il lavoro molto fluido, coinvolgente ed
interattivo. Apre molteplici possibilit ad ognuno dei partecipanti,
offrendo un modo particolarissimo di elaborare e gettare ulteriori
sguardi dentro se stessi. Ogni modalit, posture, personaggi, scelta
verbale o situazionale, comunica qualcosa. La mia sensazione sempre
stata di varcare una soglia misteriosa, per entrare in una dimensione un
po' magica e fatata. A me piace molto ascoltare il racconto di un sogno,
immaginarlo come se stessi guardando un film, lasciandomi
coinvolgere dalle immagini e dalle emozioni, immergermi e farmi
trasportare dalla sua corrente. I sogni fatti nella notte da un membro del
gruppo, durante i giorni di formazione (o in quelli che li precedono o
che immediatamente li seguono), sono considerati sogni di gruppo e
portare a lavori collettivi che riguardano tutti i componenti. Prima di
qualsiasi decodifica e riformulazione bene rimanere sulle emozioni
suscitate, a come queste risuonano nel sognatore e nei protagonisti
della eventuale rappresentazione scenica. Il confronto pu terminare
quando si avverte la sensazione di aver toccato e liberato qualcosa di
importante, che sia avvenuto un cambiamento, che sia nata
un'intuizione.
Il sogno trova il proprio limite nel limite stesso del counselor e nella
complessit del materiale onirico. Un counselor lavora sul qui ed ora,
ed un eventuale scivolamento in aree intrapsichiche va ricondotto alla
consapevolezza del momento. Esplorare troppo in profondit, anche in
questo caso, di competenza di uno psicoterapeuta, peraltro ben
preparato.
114
Questa notte ho fatto un sogno.
Mi rifugiavo
come un tempo,
sotto il grande letto
luogo segreto che mi faceva grande
nascondiglio magico di trepidanti attese
Piangevo.
La mia rabbia fiammeggiava di getto
impetuosa
insieme alle parole urlate
consumate dal pianto.
E tu mi asciugavi le lacrime
con i tuoi capelli
con il tuo sguardo
e il tuo sorriso
quello che avrei voluto sempre vedere
impresso
sul tuo bianco volto.
Parevano veri
tanto da poterli toccare
con queste mie mani
e molto mi sei mancata.
Mi mancano le parole
che non ho avuto il tempo di dirti.
115
Mi mancano gli abbracci,
ormai dimenticati
mi manca la tua voce
che sento meno vera.
116
Nelle esperienze di gruppo si usano svariate tecniche e giochi. Al
termine si procede con la condivisione di cosa risuonato in noi
durante l'esercizio. Sono i cosiddetti feed-back (azione di ritorno) con
la quale restituisco cosa sento e cosa ho provato con un'altra persona.
Questa modalit favorisce una maggior consapevolezza in chi ha svolto
il lavoro, aiutandolo ad ampliare la prospettiva e facilitando una pi
chiara percezione dell'esperienza vissuta. uno spazio importante e
delicato con il quale si entra liberamente in relazione. Un momento
distinto da questo consiste nellesprimere osservazioni, comunicando
in forma diretta e in prima persona io ho visto/osservato... per
rendere chiaro quanto restituisco, assumendomi la responsabilit del
mio sentire.
117
tanto cosa restituisco, ma come lo porto all'altro e nella relazione. Se
affermo ho visto che non hai sostenuto in quel frangente la scena,
perch hai lasciato andare... limpatto differente, poich esprimo
un'osservazione circa un determinato comportamento: non ti giudico,
ma ti restituisco cosa ho visto. Con noi allievi i formatori hanno
insistito molto su questa dinamica. Inoltre, hanno sottolineato
l'importanza di non confondere cosa stiamo effettivamente
comunicando. Un'affermazione del tipo ho sentito la tua delusione
impropria ed errata (e pu anche celare una supponenza): io non posso
sentire cosa senti tu, in quanto la tua esperienza interiore. Certamente
posso decodificare i segnali osservati, interpretandoli come delusione,
integrandoli con le mie emozioni, ma una mia costruzione mentale
interpretativa che serve per orientarmi nel mondo. E' corretto restituire
nel seguente modo, dicendo: l'espressione del tuo viso e le tue parole
mi suscitano delusione... In una relazione la persona di fronte a me
piange e soffre, ma io in quel momento non sento nulla. Senza
giudicare il fatto che non sto provando niente, il feed-back io non ho
provato nulla del tuo pianto...: la mia risposta a ci che l'altro sta
manifestando con la sua sofferenza. Se non mi giudico fornisco a me
stesso un'indicazione importante: in quel momento, mentre soffrivi, io
non sentivo nulla.
118
movimento fra i tanti che cattura lattenzione. Quella analitica
un'altra modalit, ma che risulta, di fatto, troppo complessa per la
quantit di informazioni che si dovrebbe registrare: il rischio di non
cogliere sufficientemente cosa avviene e di perdere dettagli importanti.
E, questa, una difficolt che si presenta anche quando il
coinvolgimento dell'osservatore molto significativo.
119
Brevi cenni al counseling di coppia
120
si perso il senso dello stare insieme e le tensioni si cristallizzano in
asimmetrie, crescono e non si intravedono soluzioni per ricomporle. La
terapia pu essere uno strumento per ridare libert al sistema di
riorganizzarsi creativamente. Alcune domande da porre con una coppia
possono essere: cosa dice la loro sofferenza? cosa li unisce? cosa li sta
allontanando? cosa li porta realmente in terapia. In un rapporto di
coppia ci sono due storie, due modalit di relazionarsi che risuonano.
Una coppia genera un mondo nuovo, nel quale ascoltare, creare e
ricreare queste risonanze che mutano e si evolvono impercettibilmente
nel corso del tempo. Noi tutti cambiamo e, conseguentemente, anche la
coppia.
In generale, vi sono delle tematiche fondamentali che la caratterizzano
e costituiscono ambiti specifici da esplorare.
121
Una coppia formata in realt, da una triade io-tu-noi interrelata: al
cambiare di un elemento cambiano, conseguentemente, anche tutti gli
altri. Pertanto, l'equilibrio cosiddetto omeostatico (ogni componente
presente contribuisce a mantenerlo) a sua volta muta ed il rapporto
tende a modificarsi. Il counselor, pertanto, si impegna per avere
un'ampia comprensione della vita di coppia e della famiglia, che vada
oltre i singoli componenti. Ad esempio, una famiglia in cui qualcuno
soffre di depressione pu essere vista nella sua globalit come una
famiglia che sta vivendo una situazione difficile, di cui la depressione
un sintomo. Senza negare la realt dell'esperienza dell'individuo, il
discorso pu essere allargato alle difficolt che incontra l'intero
gruppo familiare. Da questa prospettiva, un determinato sintomo pu
rappresentare una forma di comunicazione che consente di acquisire
consapevolezza di tutte le pressioni, interne ed esterne, che portano a
un unico elemento visibile74. Ritornando al counseling di coppia,
inizialmente la presenza del counselor rappresenta il vertice della
comunicazione che garantisce un'opportunit per incontrarsi e parlare
della realt che stanno vivendo. Di fatto, il ponte attraverso il quale le
persone possono comunicare: per fare questo deve offrire ad ognuno
uno spazio di ascolto sicuro ed efficace75. Deve saper tradurre la
modalit comunicativa, sovente conflittuale, giudicante, inesistente o
caratterizzata da irrisolti sospesi, in una forma che sia accettata. La
strutturazione del setting, pertanto, di massima importanza, cos come
lo sono i segnali che giungono da ogni componente che partecipa alla
seduta. Se il livello di scontro molto elevato, posso chiedere ad uno
dei partner di rivolgersi direttamente a me, in modo da fungere da
tramite per facilitare la comunicazione con laltro. Se il livello si
abbassa, importante far comunicare direttamente la coppia. Per la
costruzione di un confronto, centrale il clima empatico che si instaura
122
fra i partner: come ci si sente nei panni dell'altro? cosa provi quando ti
dice queste parole Alcuni aspetti che posso esplorare per orientare il
lavoro sono: che tipo di sofferenza stanno portando? di quale conflitto
si tratta? quale episodio pu avere influito sulla loro relazione
cambiandone la struttura? sono consapevoli di questo cambiamento?
E' importante considerare l'asse temporale della coppia: dove si trovano
in questo momento? qual la loro storia? da quanto tempo in atto la
situazione che non viene digerita? Ma le domande sono rivolte anche
direttamente al counselor ed al processo di counseling: cosa/chi
rappresento per questo cliente/coppia? cosa sta avvenendo fra noi?
cosa sto comunicando o meta-comunicando in questo processo? la mia
una posizione orizzontale o di potere/dominanza?
123
mantiene un atteggiamento di chiusura. Non si dialoga e non ci si
confronta sinceramente: prevalgono blocchi, inibizioni, rapporti di
forza e di potere, a volte molto sottili e sommersi. L'ascolto, ancora una
volta, la componente ed il focus centrale su cui facilitare il confronto.
Ci possono essere dei sospesi che non si vuole affrontare, ed un
sostegno consiste nel lavorare in termini proiettivi con l'ausilio, ad
esempio, della classica sedia. Modificare il proprio punto di vista, per
assumerne un altro, in circostanze conflittuali veramente molto
difficile. Nel counseling non viene di certo richiesto di essere
d'accordo, o di accettare quanto viene proposto, ma importante
facilitare l'esperienza di cosa pu provare l'altra persona. E importante
contattare i propri bisogni, impegnandosi a riconoscere/accettare
anche quelli dell'altro. In qualit di counselor procedo, pertanto,
offrendo uno spazio nel quale le persone possano comunicare,
sostenendole a capire/scoprire i loro bisogni, utilizzare nuovi modi per
comunicarli efficacemente, aiutandole a sperimentare soluzioni nuove e
concrete per esporli e soddisfarli. Altre volte, la diversa percezione ed
interpretazione della realt a mettere le persone sulla difensiva,
provocare rigidit, risentimenti e frustrazioni. Quando iniziano ad
ascoltarsi la mia figura lentamente scivola verso lo sfondo, per lasciare
lo spazio necessario al dialogo. E' un momento molto delicato ed
importante. Rimango, comunque, in contatto con il processo che segue
un suo libero percorso. Ritorno come figura se la coppia riprende a non
ascoltarsi, o se uno dei componenti tende a prevaricare nuovamente
sull'altro. Per quanto concerne la gestione del setting sconsigliato
iniziare un percorso con una persona per poi inserire successivamente
il partner: se inizio l'alleanza terapeutica con un cliente bene
mantenerla per tutta la durata del counseling, altrimenti potrebbe
sentirsi tradito e diventare reattivo. Se anche l'altra persona sente
lesigenza di intraprendere un percorso terapeutico, la devo indirizzare
ad un altro counselor. E' invece frutto di scelte condivise iniziare con
entrambe, per poi proseguire singolarmente. Il counseling di coppia
complesso ed impegnativo e il tempo per una seduta, che normalmente
con una singola persona pu variare da quarantacinque minuti ad
un'ora, pu essere ampliato di mezzora.
124
Normalmente il setting formato dalla coppia e da un counselor.
Tuttavia possibile che vi sia una co-conduzione (due counselor) che
rappresenta una modalit diversa, sostenente e creativa di co-terapia.
Certamente si intrecciano molteplici livelli relazionali, ma questa
possibilit interessante per il sostegno possibile fra i conduttori ed il
grande valore emotivo messo in gioco. In termini pratici, un aspetto
senz'altro funzionale dato dalla possibilit per uno dei counselor di
scivolare sullo sfondo, lasciando spazio all'altro e rimanendo ad
osservare sino a quando lo riterr opportuno. La coppia di counselor
rappresenta uno specchio ed unopportunit nella quale rispecchiarsi.
Al contrario, un rischio consiste nella rigidit che uno dei due pu
assumere nel corso della seduta, legata a vissuti personali. La posizione
assunta dalle persone nel setting sempre rilevante, ed un modo
funzionale per dare sostegno quello di posizionare i componenti della
coppia e i counselor uno di fronte all'altro, in modo da formare una
croce.
125
Le colonne su cui si regge il processo di counseling
76 Ibidem, p 9
126
rilevante risonanza per la relazione che si sta co-costruendo. Dando un
nome, riconoscendo, accettando le mie sensazioni corporee favorisco
un processo che tende a lasciar andare ci che trattengo e che inibisce
la mia eccitazione, bloccando la mia energia e le mie potenzialit. Tutto
questo si traduce in modalit creative che tendono a liberare le
emozioni intrappolate in blocchi muscolo-tensivi.
127
Non il dolore che ci uccide ma quello che facciamo per evitarlo.
Non l'errore, la rottura, che ci traumatizza ma ci che costruiamo per
non accettare un evento che, pure, si gi verificato.
128
umilt.79 Il suo pensiero mette in luce la qualit della relazione umana
capace di cogliere ed integrare una pi ampia prospettiva, nella quale
considero sinceramente quello che sento, ma che mi vede impegnato a
trovare una modalit costruttiva e rispettosa per portarlo nel confronto.
L'autenticit, secondo questa visione, differente dalla trasparenza con
la quale riverso direttamente all'esterno ci che provo, senza curarmi di
cosa succede nell'altro e in me. Secondo le parole del teologo e
filosofo, come comporre un'armonia fra il proprio livello di
sensazioni, bisogni ed impulsi interiori, combinando queste
ambivalenze con la necessit di elaborarle ed esprimerle
autenticamente in un pi ampio contesto.
129
Tra arte e tecniche, esercizi, giochi e spazi da scoprire
130
hanno in se stessi ampie risorse per auto-comprendersi e per
modificare il loro concetto di s, gli atteggiamenti di base e gli
orientamenti comportamentali. Queste risorse possono emergere
quando pu essere fornito un clima definibile di atteggiamenti
psicologici facilitanti.80 La Gestalt si contraddistingue per lo stimolo ad
essere concreti, a mettere in scena, sperimentare, muoversi, evocare,
assumersi delle responsabilit nel qui ed ora, perch l'azione, e non
solo la comprensione ideale e teorica, il presupposto per un reale
cambiamento.
131
due o pi figure con le quali ci identifichiamo81, senza che ne prevalga
una. Ad esempio, da un lato vorrei restare in quel luogo, dall'altro non
lo voglio pi, vorrei lasciarlo ma subito dopo sento di mantenere la mia
idea. L'utilizzo della sedia vuota consente di dare voce a questo dialogo
interiore, confrontando il cliente e sostenendo l'identificazione fra le
parti frammentate e in contraddizione, prima con una e,
successivamente, con l'altra. Capita che la richiesta di sperimentare
questa modalit susciti nel cliente una resistenza dovuta a imbarazzo,
vergogna, insofferenza, etc. E' normale che questo accada, tuttavia
importante esplorare l'origine di questa difficolt e che significato
assume nel lavoro. Un'altra tecnica, usata nello psicodramma, consiste
nell'affiancare in una seduta il cosiddetto doppio: questa parte posta
sullo sfondo e la persona che la interpreta interviene esprimendo con
una parola cosa gli suscita il cliente, cosa gli evoca un gesto, quali
emozioni sente risuonare in se stesso e le verbalizza. Il counselor non
chiede meccanicamente di svolgere un esercizio, ma lui stesso parte
attiva del lavoro ed elemento sostenente del campo. Non tanto
importante cosa mi accaduto in una certa circostanza, ma come lo sto
vivendo, come si concretizza e come suona ancora in me in quel dato
momento e in quella determinata situazione. Le domande chiave, a
sostegno del processo, possono essere le seguenti: cosa senti nel
pronunciare queste parole al tuo parente..., che sapore ha dire questa
cosa..., cosa provi dopo avergli detto...., cosa vorresti dirgli...?, cosa ti
sta dicendo...?. Queste frasi sono evocative e possono essere utilizzate
anche per dialogare con il proprio corpo. Ad esempio, per ristabilire
un'unit frammentata a causa di una malattia. Una patologia importante
non produce solo sofferenza, ma rivoluziona l'esistenza di una persona
cambiandole radicalmente lo stile di vita e la scala valoriale. Un
132
confronto con una malattia tuttavia molto impegnativo, sia per la
persona che si trova a riaprire un vissuto doloroso, che per lo stesso
counselor, impegnato a sostenere emotivamente il peso del difficile
trascorso del cliente. Adriana Schnake esprime una visione olistica
quando afferma che in qualsiasi cellula c' la struttura genetica totale
dell'individuo, in ogni organo c' una informazione totale della
persona.82 La prospettiva della psicoterapeuta cilena quella di
mettere in relazione la malattia con il vissuto esistenziale di una
persona: da qui l'interessante metodo relazionale per ristabilire un
dialogo costruttivo con la parte malata (o che lo stata). L'obiettivo
ripristinare un equilibrio organismico, riducendo il senso di confusione,
incertezza e ritrovare un'unit. In altre parole, le persone vanno
considerate nella loro globalit, facendo in modo che diventino attori di
se stessi. Il senso promuovere il riconoscimento, la riappacificazione
e la comprensione del significato vero di quella malattia per quella
persona, in quel momento, e in quell'organo.83 Far parlare la malattia
che per un counselor sempre ricondotto al qui ed ora del vissuto
significa avere il coraggio e allo stesso tempo l'umilt di guardarla in
faccia, di conoscerla, di dialogare con la parte di noi che si
dichiarata in ribellione, un'occasione unica di crescita e sviluppo
personale.84
Ma
non gli stato tolto
133
l'amaro calice.
134
Un'esperienza molto forte legata alla paura e al terrore. Quest'ultimo
uno spazio estremo che necessita di molto sostegno. Metaforicamente
come scendere in un crepaccio ma, per fare questo, occorre una corda
di sicurezza che sappia mitigare il senso di inquietudine riportandolo
sul piano meno pericoloso dellincertezza. Il terrore un'esperienza che
procura eccitazione, ma una manifestazione estrema e pericolosa. E'
possibile suddividere la paura, dal panico e dal terrore. Nel primo caso
avvertiamo intorno a noi un pericolo per il quale attiviamo una serie di
risposte molto diverse fra loro: fuggiamo, ci paralizziamo, aggrediamo,
etc. Nel secondo, la scelta molto pi limitata: la tachicardia e il
respiro affannoso, collegato al senso di pericolo, ci blocca. Nell'ultimo
caso non ho pi possibilit e non sono pi in grado di scegliere. Se
proviamo una forte ansia per qualcuno meglio non toccarlo, perch
gliela trasmetteremo. Quando sostengo la mia eccitazione, il mio ritmo
respiratorio immette un quantitativo elevato d'aria per attivare ed
alimentare le necessarie funzioni corporee e biochimiche. Per
sostenere, e rimanere su questo livello respiratorio, posso chiedere di
aumentare la profondit e la regolarit della respirazione, invitando ad
utilizzare armonicamente l'addome sino a coinvolgere interamente
l'area polmonare. Voglio riportare un esercizio che mi ha stupito
quando stato proposto e per la sensazione che ho vissuto: far respirare
gli occhi. Si inizia sfregando le proprie mani, poi, tenendole concave e
senza premere i palmi, si coprono entrambi gli occhi. Bisogna
immaginare di farli respirare concentrandosi e prestando attenzione al
ritmo e al flusso circolare del respiro: inspiro/espiro entra aria
pura/esce aria impura, mantenendo un contatto con noi stessi. Accade
che, per effetto del rilassamento dei muscoli oculari, si avverte la
sensazione di un ampliamento del campo visivo, di sentirli pi freschi,
di percepire una maggiore nitidezza. E' un esercizio che possiamo
sperimentare anche con altre parti del corpo, mettendo le mani (oppure
una sola) sulla parte dolente, o di cui vogliamo prenderci cura. Altre
ancora suggeriscono di amplificare gesti, o movimenti, che
rappresentano un linguaggio corporeo molto fertile da esplorare. Con
questa modalit chiedo al cliente di rimanere sulla sua sensazione, di
intensificarla, descriverla, confrontarla. Un punto di riferimento per la
Gestalt dato dal pensiero e dalla tradizione orientale, fonte di
creativit a sostegno del counseling e, pi in generale, della persona.
135
Non solo parole
136
cui vengono espressi e allo stile del discorso. Cosa mi sta comunicando
un cliente, che normalmente si esprime in dialetto, mentre con me, ora,
parla in lingua italiana? Freud diceva che impossibile conoscere gli
uomini senza conoscere la forza delle parole. Sono un ponte fra il
nostro mondo interiore e l'esterno: io non solo do valore e potere alle
mie immagini, ma creo e plasmo la mia realt attraverso ci che dico.
Se divento consapevole del mio linguaggio mi riapproprio di me stesso.
La consapevolezza consiste nell'essere coscienti della loro forza e
potenza: tanto possono accarezzare ed essere nutrienti, quanto possono
trasformarsi in lame affilate e fare molto, molto male. Perls
considerava ma e per parole killer, nel senso che queste congiunzioni
avversative, di cui per la pi incisiva, negano tutto quanto stato
detto in precedenza, lasciando il vero contenuto del messaggio e la
vera intenzione di chi sta comunicando nella locuzione che segue.
M.P.
137
Conclusioni
138
termini di contenuti e tempi prestabiliti. Inoltre viene chiesto di
mettersi in gioco, lasciarsi andare, lavorare in prima persona. Trovo
molto coinvolgente sperimentarmi nelle sedute di counseling, ma ne
avverto anche la difficolt dovuta all'ansia che nasce dal timore del
giudizio e dalla paura di non essere all'altezza della situazione. Ricordo
come, per alleggerire l'ansia da prestazione e dal confronto con
emozioni forti, una formatrice, durante le giornate di corso residenziale
a Maruia, utilizz il termine apprendista counselor e come questo fu
molto apprezzato da tutti quanti noi.
Il percorso formativo, per me, stato come intraprendere un'escursione
in montagna molto impegnativa. Ho seguito consigli ed indicazioni e
sono andato per tracce di sentiero molto impervie. Ho sperimentato
attrezzature ed abiti differenti, incontrato persone, vissuto ambienti,
provato fatica, respirato climi e temperature diverse. La montagna, per
me, unesperienza vitale, nella quale si vive la fisicit di un ambiente
a tutto tondo. E una magnifica metafora. Insegna e dice molto di una
persona. Ho fantasticato, mi sono emozionato, ho sognato ed inseguito
pensieri. In montagna cambiano le prospettive, ci si libera del
superfluo, si impara a stare con quello che c, si osserva, si rimane
sull'ovvio e valgono le massime secondo le quali il cammino che si fa
camminando e la carta non il territorio. E lesperienza sul campo, la
strada percorsa, quindi, ad essere educativa e formativa.
I cardini della formazione sono stati: il ciclo del contatto e le sue
interruzioni, la funzione s e la relazione improntata sulla buberiana
dialettica io-tu. Centrale il lavoro sul corpo e la consapevolezza delle
emozioni e del proprio mondo interiore nel qui ed ora. Lungo questo
ipotetico sentiero voglio ricordare anche la Persona come centro e
valore, il campo, il concetto di processo, la dinamica figura/sfondo e la
visione olistica, intesi come esperienza di contatto umano ed interezza
organismica intimamente interconnessi fra loro. E' indispensabile citare
ancora l'osservazione fenomenologica quale caposaldo metodologico,
la visione umanistico-esistenziale, la comunicazione e l'ascolto (di se
stessi, dellaltro e dellambiente). Infine, la responsabilit dell'esserci,
la creativit, interpretati come modalit libere ed autentiche di
rappresentare ed esprimere me stesso, costituiscono altri fondamentali
argomenti sui quali ci siamo confrontati durante questo intenso ed
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arricchente cammino. Il periodo che intercorre tra le giornate di corso,
per me, molto costruttivo: sento che le esperienze vissute continuano
a maturare producendo effetti dinamici che alimentano il mio bisogno
di creativit. Raccogliere in forma scritta quanto ho appena descritto
un modo con il quale confrontarmi. Mi aiuta a fissare l'esperienza che
sto vivendo e, nello stesso tempo, mi serve per rielaborare in un modo
speciale le emozioni, i vissuti e le idee che mi toccano in profondit e
che compongono l'insegnamento proposto dalla scuola.
Scrivendo organizzo e costruisco la mia realt attraverso un processo
che rivela me stesso. E' una sorta di terapia nella quale si fonde il mio
bisogno di raccontare e rievocare, insieme alla necessit di liberare la
fantasia, giocando con le risorse e gli strumenti di cui dispongo.
Sorride
quella camelia
di rosso fiorita
appoggiata al muro
un po' screpolato
mai stanco
di tanta solitaria bellezza.
M.P.
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