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La Dipendenza Affettiva:
come leggerla per lo Psicologo,
come uscirne fuori per lo Psicoterapeuta. 1
Luca Napoli
Indice
5 1. Legami d‟amore
5 1.1 Che cos‟è l‟amore?
6 1.2 Normalità e patologia nei rapporti di coppia
7 2. Attaccamento e scelta del partner 3
7 2.1 Concetto di sé e difficoltà relazionali
8 2.2 I modelli di attaccamento e la scelta del partner
9 3. La dipendenza affettiva
9 3.1 Che cos‟è la dipendenza affettiva
12 3.2 La diagnosi
13 3.3 Le tipologie di dipendenti affettivi
14 3.4 L‟uomo dipendente
14 3.5 La donna dipendente
26 Bibliografia
Parte I:
Uno sguardo alle relazioni d‟amore ed alla
dipendenza affettiva
Amore romantico, amore ossessivo, amore appassionato, infatuazione, colpo di
fulmine. Uomini e donne di ogni epoca e cultura sono stati stregati da questa
forza irresistibile. 4
Nel Simposio, Platone narra la nascita di Eros. “Il giorno in cui nacque Afrodite,
gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros, che
rappresenta l’espediente e l’abbondanza, figlio di Metis che rappresenta la
saggezza e la creatività. Dopo il banchetto, Penìa, che rappresenta la
mancanza, era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra
abbondanza. Poros aveva bevuto molto nettare e, un po' ubriaco, se ne andò
nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa si sdraiò al fianco di Poros e,
approfittando di lui, restò incinta di Eros.”
E‟, come dice nel mito Platone, il ricongiungimento all‟altra metà smarrita?
“Personalmente mi piace pensare all'amore come ad una danza i cui il
movimento dell'uno accompagna quello dell'altro; una danza mossa dal ritmo
delle emozioni, in alcuni momenti più veloce, in altri più lento, un passo a due
intervallato da momenti di assolo in cui uno dei due si lascia andare a una
danza solitaria, consapevole che l'altra metà è in attesa di continuare il loro
passo a due”.
1. LEGAMI D’AMORE
Il padre della psicoanalisi riteneva che la persona amata fosse scelta seguendo
criteri selettivi che reiteravano le prime relazioni d‟amore, quelle genitore-
bambino (Freud, 1915).
Jung (1921) concettualizza l‟amore come l‟incontro fra due componenti della 5
psiche umana contrapposte: Anima e Animus. L‟Anima rappresenta l‟affettività,
mentre l‟Animus la razionalità, dalla cui unione scaturirebbe il legame amoroso.
Per Erich Fromm (1956) l‟amore sarebbe alla base di tutte le relazioni umane,
sentimento che pervade l‟individuo in modo improvviso ed inaspettato, con la
caduta di tutte le barriere.
Secondo Kernberg (1995) l‟amore sessuale maturo si può avere se ci sono dei
fattori che si integrano, come l‟eccitazione sessuale, la tenerezza,
un‟odentificazione con l‟Altro, una forma matura di idealizzazione e una certa
passionalità. L‟amore immaturo si fonda sulla psicopatologia o sulla difficoltà a
conoscere se stessi e gli altri.
Per Kohut (1971), autore di riferimento della Psicologia del Se‟, l‟adulto che
dipende patologicamente da un‟altra persona non sarebbe riuscito, nel corso
dell‟infanzia, a sviluppare una struttura psichica adeguata, a causa di esperienze
affettive negative. In questo senso tenderebbe a sopravvalutare
irrealisticamente l‟Altro, perdendo contatto con la realtà.
Nel corso dello sviluppo della specie, l‟uomo ha selezionato quelle che, secondo
la teoria evoluzionistica, sono le strategie più adattive per la riproduzione.
Ovviamente i comportamenti dei due sessi non sono uguali e le scelte durante
la selezione dei partner seguono logiche diverse.
Gli uomini sono molto più sensibili a bellezza e giovinezza, oltre a sperimentare
partner diversi: questo garantirebbe loro una maggiore possibilità di riprodursi.
Allo stesso tempo, le donne ricercano maggiormente la sicurezza nella
relazione, quindi partner più stabili, più solidi economicamente che possano
garantir loro protezione e tranquillità.
La dipendenza affettiva affonda le sue radici durante l‟infanzia, nel rapporto con
i genitori; coloro che da bambini sono stati dipendenti hanno ricevuto il
messaggio di non essere degni d‟amore o che i loro bisogni non siano
importanti.
Una caratteristica che accomuna i rapporti dei dipendenti affettivi è la paura del
cambiamento. Sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non
realistiche e ritengono che occupandosi sempre dell‟Altro la loro relazione sarà
stabile e duratura.
Bisogni Essere accudito, essere protetto, non restare Amare ed essere amato, proteggere ed essere
solo, essere amato protetto
Nuclei centrali Essere abbandonato, essere preso in giro, Crescere insieme all‟Altro in maniera sana senza
(fantasie sull‟altro) fallire, essere giudicato, essere fagocitato timori di essere fagocitato 8
(fagocitare l‟Altro)
Meccanismi cognitivi Non sono degno d‟amore se non mi dedico Sono degno d‟amore come è degno d‟amore il
completamente all‟Altro, gli altri non possono mio partner
rispettarmi se rimango solo
corrispondente.
Egli ha paura della solitudine, della separazione e della distanza; presenta sensi
di colpa e rabbia. Senza l‟Altro non ha la percezione di esistere: i propri bisogni 10
vengono annullati e negati in una relazione simbiotica
L‟ Altro, spesso, è una persona forte e almeno in apparenza sicura di sé, con un
ego ipertrofico e importanti tratti di tipo narcisistico. Generalmente tende ad
avvilire le debolezze del dipendente, sul piano del fisico, del carattere, della
bellezza e dell‟intelligenza, operando frequentemente un confronto con
un‟ipotetica altra persona sempre migliore di lui; alla lunga questo
atteggiamento determinerà nel dipendente affettivo una maggiore insicurezza
che porterà a reazioni di gelosia, rabbia e paura.
3. LA DIPENDENZA AFFETTIVA
CODIPENDENZA
3.2 La diagnosi
La persona sente di esistere solo quando c‟è l‟Altro e non riesce a controllare il
proprio comportamento. Ciò comporta una riduzione della lucidità e della
13
3.3 Le tipologie di dipendenti affettivi
Gli uomini dipendenti danno l‟impressione di essere sicuri di sé e che non sono
troppo interessati alla relazione. Odiano il conflitto cercando il compromesso.
È sulla vulnerabilità della partner che fa leva l‟uomo: tanto più lei sarà fragile,
tanto più sarà sottomessa e dipendente nella relazione; arrivando a tollerare
anche violenti maltrattamenti sia fisici che psicologici da quell‟uomo sfuggente e
rifiutante.
Parte II
Il percorso psicoterapeutico con il dipendente
affettivo secondo il modello umanistico e
bioenergetico
“Ed è questa forse la strada che indichiamo alle persone. 16
Liberarsi dei propri pesi, e vivere pienamente la gioia e il momento attimo per
attimo,
con se stessi e con l’altro.”
Uno degli errori che facilmente potrebbe compiere un terapeuta è quello di far
percepire il proprio intervento contro l'amato o contro la persona da cui il
paziente è dipendente, piuttosto è necessario portare la propria attenzione sulle
sensazioni, i sentimenti e il modo di amare della persona stessa.
Indichiamo qui di seguito i punti chiave per una buona alleanza terapeutica:
Attenzione alla persona e alla sua esperienza soggettiva
Assenza di giudizio
Valorizzazione delle risorse di ciascun individuo
Interesse verso qualità individuali come l‟autorealizzazione e la capacità
di scelta
Ci sono anche altri segnali che possono aiutare a rendersi conto di vivere
all'interno di una relazione dipendente come:
la mancanza di una progettualità comune in quanto spesso solo il DA
vorrebbe sposarsi, comprare casa, avere figli, ecc
la mancanza di reciprocità nella comunicazione e di sostegno emotivo
infatti il DA si pone completamente a disposizione dell‟altro anche a livello
economico
la mancanza di spazi condivisi in quanto il DA costruisce la propria vita
intorno agli spazi e ai momenti concessi dal partner che invece è poco
coinvolto nella sua vita
la mancanza di una sessualità di qualità.
Nel corso del tempo la persona, mossa dal principio di piacere, reagisce e si
protegge dalle esperienze dolorose limitando le proprie potenzialità espressive.
Sviluppa così tensioni fisiche che vanno a costituire un‟armatura o corazza
caratteriale.
Parte III
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UNA PROPOSTA DI TRATTAMENTO:
GLI OTTO PASSI VERSO IL CAMBIAMENTO
Mi piace a tal proposito citare il caso di V., una ragazza di 30 anni, intimorita
dalle proprie emozioni a tal punto da celarle dietro una maschera bianca e
impenetrabile.
Abbiamo ideato la Tecnica dei contatti affettivi per aiutare la persona a gettar
luce sul proprio modo di vivere e gestire le emozioni. Essa prende spunto da
tecniche psicocorporee denominate Massage Points Positions.
Sulla base di tali presupposti si articola la tecnica dei contatti affettivi. Essa
prevede due stadi in quattro fasi che vedono il terapeuta entrare in contatto con
la persona secondo quattro modalità, rappresentative dei quattro diversi stili
relazionali, che il paziente ricercherà, facendosi guidare dalla memoria del
corpo, nel proprio bagaglio di esperienze affettive significative.
Dopo gli esercizi della ripresa, chiedo: "Hai incontrato il tuo cuore?", e Laura:
"sì mi ha parlato, mi ha parlato di Roberto, mi ha detto che non devo più
regalarlo a lui, mi ha detto che è una persona capace di fargli tanto male, la
stessa persona che l’ha fatta sentire tanto importante e che poi l’ha trattata
peggio delle altre. Mi è chiaro…mi ha preso in giro, non mi amava davvero
perché ha sempre maltrattato il mio cuore, ho sentito oggi, grazie a questa che
sono io che devo prendermi cura del mio cuore".
“Metti le radici nella terra così potrai ergerti alto nel cielo,
metti radici nel mondo visibile così da poter raggiungere l’invisibile” (Osho)
Dopo aver creato con il paziente una solida alleanza terapeutica, procediamo
con alcuni esercizi volti a risvegliare le emozioni bloccate, in virtù della memoria
emotiva del corpo. Diamo quindi la possibilità alla persona di dar voce a
sensazioni e emozioni da tempo sopite favorendo, mediante il corpo, la loro
libera espressione e lo stabilirsi di un sano equilibrio emotivo.
"Ho avvertito tutti i nodi del mio tronco...nodi che non si riescono a
sciogliere...ho percepito le mie radici come volenterose di spostarsi, di fare poco
le radici e di essere gambe veloci...un desiderio di evasione...radici che però si
rifanno alla mia famiglia e che per quanto non siano profondamente salde nel
terreno, hanno buone pendici che a loro modo sanno essere stabili e affidabili 23
per farmi crescere".
“Diventa una causa, non un effetto di ciò che accade nella tua vita.
Vivi al centro, non alla periferia del tuo universo personale.
Sii chi tu sei, non un’eco di ciò che gli altri desiderano o si aspettano da te”
I nostri NO possono uscire allo scoperto in vari modi, ma il canale più semplice
e immediato è sicuramente il corpo. Per fare ciò è possibile utilizzare un
esercizio, che affonda le sue radici nella bioenergetica di Alexander Lowen.
porta di casa.
“Ci hanno fatto credere che ognuno di noi è la metà di una mela
e che la vita ha senso solo quando riusciamo a trovare l’altra metà.
Non ci hanno detto che nasciamo interi,
che mai nessuno nella nostra vita merita di portarsi sulle spalle la responsabilità
di completare quello che ci manca: si cresce con noi stessi.
Se siamo in buona compagnia è semplicemente più gradevole.”
Questa si basa sul presupposto che il proprio nome, parte costitutiva della
propria identità, possa diventare un «catalizzatore emozionale», in grado di
elicitare nella persona vissuti legati alla percezione che questa ha di sé, del
proprio essere nel mondo, inserito all‟interno di una rete relazionale. Nella
tecnica qui proposta si utilizza il nome e le risonanze emotive per rieducare il
paziente a riappropriarsi della propria identità.
“Solitudine amica
quante parole, quanti silenzi, quante illusioni, quante passioni, avvinto all’albero
della vita,
dipendente da un seno mobile che il vento allontana ogni volta e ogni volta mi
chino per prenderlo,
poi il deserto all’improvviso
mi sceglie inesorabile
e dichiaro guerra alla paura
infine solo, disabitato nel tempo
solo con il terrore di incontrarmi
come un filo d’erba nella sabbia
come un sorso di vita nell’agonia 25
come un dono inatteso
come l’oblio del passato
come se non avessi mai visto il sole
sulla terra tremante echeggia una voce
vibra, come freccia scoccata
verso il centro del cuore…
è una richiesta una preghiera un addio
un incontro assoluto tra anima e corpo
e che si libera dalla morte nascendo…”
Il ruolo del terapeuta è quello di guidare la persona nei suoi sentieri più bui alla
ricerca di «mostri» con cui scontrarsi fino a percepire ogni sfaccettatura. Nel
momento in cui la persona si sente pronta a farlo, quelle ombre si trasformano
in luci e diventano importanti catalizzatori di cambiamento.
BIBLIOGRAFIA
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