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LA CONTRAPPOSI)IONE TRA CITTA E CAMPAGNA

NEL PENSIERO DI QUESNAY

1- Valore naturale e valore umano

Per comprendere la visione di Quesnay in merito al rapporto tra citt e campagna, tra luogo della
produzione e dello smercio di manufatti (oltre che di prodotti agricoli provenienti delle campagne) e luogo
della produzione di materie prime, necessario comprendere innanzitutto la sua concezione del valore ,
ovvero il suo concetto di ricchezza.

Quesnay e i fisiocratici distinguono tra loro due tipi di valore: uno primario, costituito dalle materie prime, e
uno secondario, costituito dai beni lavorati dalluo o .

Non necessario sottolineare che il primo tipo di valore, gi dotato di u utilit intrinseca e allo stesso
tempo fondamento del secondo, frutto dellope a della Natura e si divide in alcune tipologie: i prodotti
propriamente agricoli; quelli animali; quelli estratti dal suolo. Sommariamente, chiamiamo questi tipi di
beni, beni agricoli.

Il secondo tipo di valore invece, si identifica con le attivit trasformative umane che hanno luogo (almeno a
livello industriale e specialistico) nelle citt, e la cui precondizione costituita appunto dalle materie prime,
che il lavoro umano, la cui natura per Quesnay non creativa ma meramente trasformativa, assembla in
modo da creare i vari tipi di manufatti.

Dal momento che la prima forma di ricchezza, do igi e naturale, precondizione pe lesiste za dellalt a,
do igi e umana, se ne deduce che nella prima pi che nella seconda consister lo igi e della ricchezza
della societ, e che una nazione per essere ricca dovr favorire innanzitutto lo sviluppo della ricchezza
agraria e solo in seconda battuta quello di quella industriale.

Dal he tuttavia o de iva affatto he i e i lavo ati, p odotto delli dust iosit e delli geg o u a i,
sia o p ivi di ualsiasi valo e affe a lo sa e e u evide te assu dit: o e si pot e e soste e e che
un vestito o una casa non siano utili!?) ma che in ogni caso essi sono meno fondamentali di quelli naturali,
ovvero delle materie prime, in quanto questi ultimi sono necessari alla creazione dei primi, ma non
viceversa (e sono inoltre spesso dotati di valore in s, qualora ad esempio siano usati per fini alimentari).

Il lavoro umano dunque, meno fondamentale di quello della Natura, cos come quello cittadino lo meno
di quello agricolo.

2- Il surplus produttivo

Quesnay inoltre, afferma che solo lag i oltu a termine da intendersi in senso ampio) pu produrre
surplus, ovvero un aumento della ricchezza che alla base delle sue stesse attivit. Perch? Semplicemente
pe h solo lag i oltu a i g ado, a pa ti e da u e to i vesti e to o utilizzo di ate ie p i e
(principalmente, sementi e alimenti per i lavoratori agricoli) di produrre una quantit maggiore di ricchezza
rispetto a quella (naturale) impiegata per produrla.
Al o t a io, la tigia ato p esuppo e lesiste za delle ate ie p i e p e o dizio e pe i suoi a ufatti
ma non ne pu affatto creare, anche se al contempo ne consuma necessariamente una certa quota (di cui
una parte utilizzata come materia da modificare e assemblare, e una parte consumata al fine di
alimentare i lavoratori).

Dunque, secondo la visione di Quesnay (non condivisibile, ma certamente dotata di una sua logica) le
attivit agricole sono intrinsecamente produttive e, se ben svolte, capaci di produrre pi di quanto
consumano (surplus), mentre quelle urbane sono improduttive e sterili, poich richiedono (e consumano)
materie prime senza produrne.

3- Rapporto tra campagna e citt

A partire da quanto detto, non difficile capire che, nello scambio dei rispettivi prodotti, la citt dar, in
cambio dei beni della campagna, dei beni meramente derivati e secondari, meno fondamentali di quelli
ricevuti. Lo scambio dunque appare in certo qual modo impari!

I centri urbani cedono alle campagne, in un certo senso, ci che esse hanno in precedenza procurato loro,
ovvero materie prime (anche se in una forma elaborata e sofisticata); e le campagne quindi, sembrano
cedere alle citt la loro ricchezza solo per riaverla indietro. Sembrerebbe insomma che la campagna
mantenga la citt, dal momento che uestulti a o pu da e alla p i a al u h di ileva te tanto
bassa era la o side azio e fisio ati a delli dust iosit u a a!

Da qui derivava lidea di Ques ay he le itt vivo o sulle spalle delle campagne.

Sembrerebbe quasi che, laddove le campagne cedono i propri prodotti alle citt in cambio dei loro
manufatti, cedono valore in nome di nulla , o meglio per riavere indietro qualcosa che gi loro, che gli
appartiene di diritto in quanto solo loro possono crearlo.

Quale ruolo positivo per la societ possono allora svolgere le citt attraverso le proprie attivit economiche,
oltre al fatto di rifornire la societ di prodotti lavorati, il cui valore Quesnay sembra tuttavia stimare molto
poco?

Lu i o appo to positivo che esse possono dare alli e e to del e esse e so iale quello di stimolare la
produzione delle campagne, incoraggiando gli imprenditori agricoli ad aumentare la loro produttivit, il che
significa la loro capacit di creare un surplus sempre maggiore di prodotti agricoli.

Quanto pi la campagna investe in ampliamenti produttivi, tanto pi essa accresce il numero e la


disponibilit delle merci agricole e con esse la possibilit, sia di alimentare la popolazione nel complesso, sia
di rifornire dei materiali alla base della propria produzione le attivit (sterili) che hanno luogo nei centri
urbani. E la domanda di beni agricoli proveniente dalle citt costituisce un incentivo, attraverso la moneta,
allincremento di questa produzione. *

4- Il ruolo del danaro

Ma qual il trade du io tra questi due poli: investimenti e produzione di surplus agricolo da una parte, e
itt dallalt a? Esso il da a o, i ua to valo e si oli o della i hezza he d a esso a ogni tipo di
merci attraverso la spesa.

La citt cede s manufatti alla campagna, restituendole quelle stesse materie prime che essa stessa ha in
precedenza prodotto. Ma al tempo stessa essa cede anche danaro, ovvero potere di spesa. E nello stesso
momento in cui la campagna acquisisce potere di spesa, essa guadagna in ricchezza, ovvero in capacit di
mobilitare uomini e acquisire quel tipo di merci (in prevalenza agricole) che le servono per svolgere le sue
attivit.

Se la ricchezza monetaria che finisce nelle campagne venisse invece spesa pe la uisto di manufatti o di
prodotti non derivanti dalle attivit agricole della nazione (ad esempio in prodotti agricoli esteri), non
potrebbe svolgere alcuna funzione di stimolo della produzione agricola interna e quindi di incremento della
ricchezza della nazione!

Qualora invece tale ricchezza dopo he la a pag a lha riversata nelle citt) ritornasse alla campagna,
essa finirebbe, in qualit di potere di spesa aggiuntivo, per favorire il proseguimento e la plia e to delle
attivit agricole attraverso la prospettiva per gli imprenditori agricoli, di un accrescimento dei propri
guadagni (pi beni prodotti = pi beni venduti = pi introiti).

Il Tableu Economique sostie e alli i a uesto: le itt svolgo o u uolo positivo elle o o ia so iale
anche (e soprattutto) nella misura in cui riversano nelle campagne una massa di potere di spesa,
proveniente dalle stesse campagne in quanto prodotto della vendita dei loro beni, che queste potranno poi
impiegare al fine di potenziare ulteriormente le proprie attivit, base ultima della ricchezza sociale.

dunque necessario che le citt acquistino pi beni dalle campagne, di quanti queste ultime ne acquistino
dalle citt, in modo che la ricchezza monetaria agricola sia superiore a quella urbana e le attivit agricole
crescano cos pi speditamente di quelle urbane, dipendenti dalle prime.

P op io la dipe de za delli dust ia dallag i oltu a dalt o de, di ost a he un tale tipo di sviluppo
elli te esse a he al e o sui te pi lu ghi delle itt stesse. Co e pot e e o difatti ueste ulti e
t a e va taggio dallassottiglia si p og essivo dei ifo i e ti ag i oli i te i alla azio e evide te e te
Quesnay conside ava i t i se a e te sva taggioso la uisto di ate ie p i e dalleste o ?

Quesnay quindi, afferma e dimostra, sulla base della sua teoria del valore fisiocratica, la preminenza di
principio della campagna rispetto alla citt.

5- Laissez Faire, Laissez Passer

Se gli investimenti agricoli sono intrinsecamente pi importanti di quelli urbani (in quanto pi importante
ne il prodotto), ne deriva che le campagne non devono essere tassate a favore delle citt (come secondo
le teorie mercantiliste e colbertiste) bens al contrario che le citt devono essere tassate a favore delle
campagne.

Ma poi davvero necessario che a questo proposito intervenga lo stato, con le sue tasse dirette e indirette
vi oli p oduttivi e di e ato ? No fo se le o o ia ag i ola, in quanto pi fondamentale quanto ai
suoi prodotti, gi naturalmente portata a prevalere, sul piano della spesa, rispetto a quella artigianale?

Da ui lidea he lo stato o de a i te ve i e elle o o ia, se o o e ga a te del ispetto delle leggi


e della concorrenza leale e della facilit, normativa e fisica, degli scambi. Da qui la famosa formula,
presmithiana, del Laissez Faire, Laissez Passer p i a affe azio e dellesiste za di u a Ma o I visi ile,
regolatrice automatica del mercato al fine di un incremento naturale della produttivit e della ricchezza
sociali.

* [Come si sar notato, manca pressoch interamente in Quesnay (o in ogni caso scarsamente
tematizzata) la percezione del fatto che i beni lavorati o secondari, oltre a poter retroagire positivamente
sulla p oduzio e ag i ola i ualit di st u e ti dipe de za dellag i oltu a dalli dust ia , possa o
gode e o osta te li dis uti ile dipe de za da uesti ulti i sul pia o della p oduzio e di u valo e o
di u utilit non minori di quelli agricoli: considerazioni queste che, per nulla funzionali al suo
o ie ta e to ideologi o e politi o, atte ue e e o fo te e te li postazio e di fo do di tutto il suo
discorso!]
OSSERVAZIONI AGGIUNTIVE SU: DANARO; VALORE O PREZZO DELLE MERCI; IDEA
(ERRATA) DI MERCE IN QUESNAY
Quelle che seguono sono delle osservazioni libere, e forse scorrette o in ogni casto troppo audaci, sul
pensiero di Quesnay: estrapolazioni credo plausibili sulla base di quanto detto fin qui e riguardanti alcuni
temi del suo pensiero, che sono al tempo stesso temi universali del pensiero economico. La pietra di
paragone principale sar costituita dal pensiero smithiano, di poco successivo al suo, ma teoricamente
fondamentalmente molto pi maturo.

A) Il danaro secondo Quesnay

Come si detto, per Quesnay la campagna scambia con la citt i suoi prodotti: prima essa vende i propri
alla citt (e in parte anche a se stessa e i seguito a uista uelli di uestulti a o i soldi guadag ati i
precedenza vendendo le sue merci.

Semplificando, facciamo finta che per Quesnay le merci prodotte dalla citt siano prive di ogni valore
economico (mentre abbiamo detto che esse ne hanno uno minore, in quanto derivate e secondarie rispetto
a quelle agricole). Ne seguirebbe in tal caso, che la campagna riverserebbe nelle citt una quantit di
danaro, acquisita per mezzo del valore da essa prodotto, in cambio di nessun valore. Ovvero che cederebbe
valore in cambio di non-valore.

C da hiede si allo a uale vantaggio essa trarrebbe da tale operazione. Non avrebbe forse pi
convenienza nel tenere per s (tesaurizzare) la moneta acquisita vendendo il proprio valore, espressione
astratta di un valore concreto, piuttosto che nel cederla alla citt in cambio di nessun valore aggiuntivo (i
beni lavorati difatti, sono sempre alla fine prodotti agricoli)?

e o. I fatti, se da u a pa te la a pag a o a uisis e al e o i uestotti a al u valo e ate iale


aggiuntivo, e sembra quindi pagare per riavere indietro quanto era gi stato suo in precedenza (come uno
che venda un oggetto a qualcuno per poi ricompe a lo , dallalt a pe essa trae paradossalmente
vantaggio dal fatto di cedere moneta per riaverla indietro.

Perch questo fatto? Perch la moneta, a causa del suo intrinseco potere di mobilitare la ricchezza
materiale (in qualit di astratto potere di spesa), d i suoi maggiori frutti non quando venga immobilizzata e
tesaurizzata ma quando al contrario venga spesa, favorendo cos altra spesa o domanda di beni, che funga
da stimolo a una nuova produzione.

Anche se dunque la a pag a ede soldi alla itt i a io di ulla , lo fa in ogni caso nella speranza che
questi soldi la citt li rispenda di nuovo a suo favore (crescita della domanda di beni agricoli), ovvero che li
utilizzi per far crescere gli utili dei suoi imprenditori e con essi le loro aspettative di guadagno attraverso
nuovi investimenti.

Emerge qui una concezione della moneta molto diversa rispetto a quella smithiana. Per Smith il danaro non
che un mero intermediario, qualcosa di neutro, alla cui base vi qualcosa di concreto, ovvero una certa
quantit di valore economico (che per lui si identifica essenzialmente con una certa quantit di lavoro
umano). Essa facilita in ultima analisi lo scambio di lavoro con lavoro, ovvero di valore con valore. Cedere
moneta/valore in cambio di nessun valore quindi, non avrebbe per lui nessun senso da un punto di vista
economico.
Per Quesnay invece, la moneta s questo ma anche pi di questo. In qualit di promessa di ricchezza
(con essa si possono, per definizione, acquisire beni in quantit corrispondente a quanta ne possediamo)
essa anche un moltiplicatore di ricchezza, uno stimolo alla sua produzione, ovvero uno stimolo
allau e to della p oduttivit. (Non un caso che le zone pi ricche di una nazione siano solitamente
anche quelle in cui fioriscono pi facilmente nuove attivit economiche.)

Anche se dunque, in un certo senso, le campagne regalano moneta alle citt, traggono in ogni caso anche
giovamento da tale operazione, almeno nella misura in cui queste ultime utilizzano tale moneta per
alimentare ulteriormente la produttivit agricola, riversandola nuovamente nelle campagne sotto forma di
domanda di merci agricole.

Quesnay allora, sembra collocarsi, quanto allidea moneta, in una posizione intermedia tra la scuola
mercantilista e quella smithiana.

Come i mercantilisti (e come molti economisti antichi e moderni, tra cui ricordiamo ad esempio John Law e
Jhon Maynard Keynes) egli attribuisce al danaro un potere intrinseco, un valore quasi demiurgico, anche se
a differenza dei mercantilisti non ne fa assolutamente il fine ultimo delle politiche economiche. Esse difatti
dovranno avere come scopo quello di favo i e lau e to della p oduttivit sociale (tema presmithiano) e
non quello di accumulare quanto pi danaro possibile.

Come Smith, appunto, Quesnay non fa del danaro un fine per se stesso ma un mezzo, un mezzo per
alimentare la produzione e quindi la ricchezza sociale; e ci pur avendo i due autori una visione in parte
differente sulla sua natura, come si appena mostrato.

B) Determinazione del valore/prezzo delle merci per Quesnay

Mentre per Smith e per gli economisti classici in genere, il valore di una merce (in concreto, il suo prezzo sul
mercato e uivale alli i a al te po di lavo o u a o i piegato pe p odu la, pe Ques ay e pe i
fisiocratici in genere, non essendo (fino a prova contraria) il tempo o la fatica della Natura una quantit
misurabile, e non costituendo la fatica umana una fonte se non secondaria del valore dei beni, tale valore
non potr avere una determinante precisa.

Che cosa determiner allora in concreto il prezzo delle merci? Anche se Quesnay (credo) non si sofferma
esplicitamente su tale problema, lasciandolo piuttosto nel vago, poste tali premesse la determinante che
egli avrebbe potuto individuare non avrebbe potuto essere che il rapporto tra la domanda e lofferta di ogni
singolo bene sul mercato. Egli quindi, implicitamente, anticipava con la sua teoria le moderne teorie del
valore, di stampo marginalista, per le quali appunto esso sarebbe funzione non della fatica umana ma del
libero gioco della domanda e dellofferta: lidea io he una merce si vende a prezzo tanto pi alto quanto
pi razionata rispetto alloffe ta.

Il che implica anche (cosa di cui dubito fortemente che egli fosse consapevole) che la crescita da lui tanto
auspicata della produttivit del settore agricolo, avrebbe comportato una decrescita dei prezzi delle
materie prime e, quindi, un sempre minore incentivo alla loro produzione da parte delle campagne.

C) Lesiste za di due tipi di erci, ovvero lo sdoppiamento del concetto di merce in Quesnay

Sempre legata allasse za di u o etto defi ito e u ifi a te di valo e uale uello s ithia o e classico)
o e ase dellesiste za delle e i, la iguit fisio ati a sul o etto stesso di merce.
Esisto o e i eate dalla Natu a, le pi fo da e tali, e e i eate dalluo o, le e o. Poi h tuttavia,
entrambe si scambiano sulla base di un unico mezzo, la moneta, questo crea una palese difficolt nel
giustificare lesiste za stessa di u tale scambio reciproco.

Essenzialmente, infatti, se non esiste che un unico mezzo di scambio, non potr esistere che un unico tipo
di merce.

Nelle o o ia lassica difatti, e secondo lo stesso buon senso, come non pu esistere che un unico valore
di scambio, non potr esistere ontologicamente che un unico tipo di bene scambiato. La merce in quanto
merce non pu essere altro che una sola cosa, o meglio tante cosa unificate da una medesima natura: ci
che appunto le rende scambiabili tra loro.

La filosofia economica di Quesnay invece, cade in un errore madornale nel porre due distinte nature per un
medesimo tipo di realt: la realt merce.

Se questo sdoppiamento da una parte errato e fonte delle ambiguit e delle difficolt gi analizzate in A e
in B, dallalt a tuttavia a he il iflesso di u dato eale, il fatto io he sta poi alla ase di ua to detto
fi ua he i e i duso o si collocano assolutamente tutti sullo stesso piano: le materie prime difatti,
sono indiscutibilmente primarie dal punto di vista della produzione rispetto ai beni che da esse si possono
ricavare, att ave so lappo to aggiuntivo del lavo o e delli geg o umani.

Ques ay du ue, pu o p e de do la atu a a st ati della produzione, non riusc a distinguerla


teoricamente dal piano affatto differente della distribuzione delle merci, le quali infatti dalla produzione
dipendono per la propria esistenza, ma non in quanto merci o puri oggetti di scambio sul mercato.

chiaro difatti che al u i e i duso so o pi fo da e tali di altri, sia sul pia o del o su o fi ale he su
quello della produzione di altri e i duso (ad esempio, con il legno si fanno le sedie, ma con le sedie non
si fa il legno). Ma anche chiaro che, in qualit di merci o beni di scambio, tutti i beni sono equivalenti in
quanto dotati tra loro di una natura indifferenziata.

La confusione tra produzione e scambio (mercato) ostituis e fo se, alla fi e, la ve a piet a di ia po di


tutta la peraltro geniale costruzione economico-filosofica di Quesnay e ci che al fondo la distingue in
peggio rispetto a quella, di poco successiva, di Adam Smith.

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