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STATO E MERCATO

Lasciate dunque che io esprima tutta la mia ferma convinzione che quanto dobbiamo soprattutto temere di lasciarci vincere dalla paura, da quella paura senza nome, irragionevole e ingiustificata, che paralizza i movimenti necessari per trasformare una ritirata in un'avanzata. Discorso di insediamento di Franklin Delano Roosevelt (Washington, 4 marzo 1933)

* Il !III secolo si caratterizz", nell'ambito delle teorie economiche, per l'affermazione di una concezione radicalmente li erista dell'economia di mercato. #dam $mith affermava, ad esempio, che l'economia basata sul libero scambio fosse perfettamente capace di autoregolarsi e di procedere senza scosse %ovvero senza crisi& verso una continua implementazione del benessere e della ricchezza sociali. #ll'interno di tale visione %decisamente in controtendenza rispetto alle contemporanee correnti mercantiliste&, lo stato doveva rimanere estraneo al funzionamento economico della societ', occupandosi esclusivamente di mantenere nei propri confini ordine e giustizia( elementi indispendabili per il suo funzionamento anche dal punto di vista economico. ))))) ** Il I secolo vide invece l'affermarsi di teorie socialiste rivoluzionarie %la pi* importante delle quali fu senza dubbio quella mar+ista&, secondo le quali il sistema di mercato capitalista sarebbe caratterizzato da forte instabilit' %ricorrenti crisi& e ingiusto %crescente spere!uazione tra poveri e ricchi& e minato al proprio interno da contraddizioni che ne porteranno infine alla caduta, ovvero alla nascita di una societ' basata sulla cooperazione e l'abolizione della propriet' privata. ))))) *** Il secolo invece, vide sorgere una terza visione del capitalismo e dell'economia, comunemente detta ke"nesiana %dal nome di ,a-nard .e-nes, il primo e principale esponente di tale corrente& e che potremmo definire mista, in quanto basata sull'idea che lo stato e le forze dell'economia capitalista debbano lavorare di conserva. Il capitalismo infatti un'organizzazione economica che se da una parte produce effettivamente benessere %attraverso lo sviluppo industriale e tecnologico&, dall'altra anche profondamente instabile in quanto soggetta a crisi ricorrenti, e pi* in generale non orientata al benessere sociale bens/, quantomeno innanzitutto, al profitto privato. Il capitalismo 0 per dirla con una metafora 0 come un'automobile, capace di lavorare correttamente per chilometri e chilometri %fasi di crescita&, ma anche a un certo punto di incepparsi

e abbandonarci per la strada %crisi&. 1roprio per prevenire tale inconveniente, o per porvi rimedio quando si presenti, necessario a volte l'intervento di un meccanico, di qualcuno che conosca il funzionamento della macchina e sia in grado di farla funzionare al meglio delle sue possibilit'. 2uesto meccanico appunto, nella visione 3e-nesiana, lo stato, che nei momenti di crisi e difficolt' ha il dovere di intervenire con strumenti di politica economica per permettere a tale sistema di continuare a funzionare a #avore dell$intera societ%, piuttosto che per gli interessi di una ristretta classe di capitalisti. 2uesta 4erzia !ia, intermedia tra socialismo ortodosso e capitalismo puro, tra pianificazione economica statale e libert' delle forze cieche del mercato, si tradotta storicamente non solo nelle grandi riforme roosveltiane degli anni '56 in 7$# %riforme di ispirazione apertamente 3e-nesiana, conosciute come &e' Deal&, ma anche 0 secondo alcuni storici 0 nelle politiche economiche dei regimi fascista in Italia e nazionalsocialista in 8ermania, nonch probabilmente in quelle di altri paesi della storia del secolo (su !uesto argomento, c#r W) *chivel usch+ ,3 &e' Deal- . *tati /niti, 0talia e 1ermania+ edizioni 2ropea3. 9on a caso l'espressione 4erza !ia qui utilizzata, si riferisce di solito ai regimi totalitari europei non socialisti %anzi, antisocialisti& sorti tra gli anni venti e quaranta, la cui ambizione era di costituire un'alternativa tanto al blocco socialista sovietico quanto alle potenze europee tradizionali, democratiche e liberali. In sintesi quindi, quello che possiamo chiamare 3e-nesismo fu ed un movimento di pensiero fondato sull'idea che il capitalismo sia un'organizzazione economica imperfetta ma, quantomeno al momento, impossibile da superare, la quale quindi 0 per il bene della comunit' complessivamente intesa 0 deve essere, specie nei momenti di crisi, almeno in parte governata politicamente anzich: totalmente abbandonata a se stessa e alle proprie logiche irrazionali. 2ueste convinzioni sono oggi in gran parte alla base delle politiche riformiste dei partiti della $inistra %ma non solo di essa...& europea e mondiale e costituiscono uno degli orizzonti ideologici della critica politica al capitalismo %quantomeno a quello pi* radicalmente liberista&, specie dopo il collasso e la caduta del blocco dei paesi del $ocialismo reale, eredi della tradizione rivoluzionaria mar+ista. ____ 2ui avanti faremo alcune considerazioni molto generali, di impronta 3e-nesiana. ;i chiederemo innanzitutto in che modo lo stato possa intervenire per tentare di risolvere o almeno attenuare alcuni aspetti negativi dell'economia capitalista %disoccupazione e, sua principale conseguenza sul piano sociale, pauperismo&, aspetti che emergono con particolare virulenza nei periodi di crisi di tale sistema. ,a prima cercheremo di individuare e descrivere le due possibili modalit% di tale crisi, sia

singolarmente, che nelle loro somiglianze. Infine, faremo alcune ipotesi sul possibile #uturo funzionamento delle societ' capitaliste, a partire dalla considerazione delle trasformazioni che esse gi' stanno conoscendo. Due tipi di crisi: crisi di sovrapproduzione e crisi finanziarie In un sistema di produzione capitalistico, tutte le crisi sono in ultima analisi legate alla decrescita dei pro#itti capitalistici %il profitto essendo lo scopo e il motore ultimo di tale sistema&, ovvero sono crisi di contrazione dei mercati %incapaci di generare profitti sufficienti alla propria espansione o anche solo al proprio mantenimento&. 4utto ci" produce una crisi occupazionale, che significa un aumento della disoccupazione e quindi della popolazione priva di un reddito generato dal proprio lavoro %salario&. 2uest'ultimo aspetto quello pi* propriamente sociale, che interessa meno da vicino l'economia pura %quantomeno laddove con tale termine si intenda la scienza del profitto& ma pi* da vicino la scienza della societ' e la politica. ;i" detto, vi sono due tipi essenziali di crisi all'interno dell'economia capitalista( uno %gi' studiato da ,ar+ e in parte dai classici dell'economia& di natura produttiva, e uno %su cui gli economisti si soffermarono solo a partire dal finanziaria e speculativa. a) 4risi di sovrapproduzione Il primo ad essere studiato %perch: pi* antico& fu il tipo di crisi generato da un eccesso di produzione. 1rima dell'effermazione dell'economia industriale %che sorge appunto in concomitanza con le prime fasi di sviluppo del capitalismo&, le crisi di produzione erano crisi di sottoproduzione( le possibilit' tecnologiche infatti, erano cos/ scarse che molto difficilmente l'offerta di merci %cio la produzione& poteva eccedere la domanda. ;asomai accadeva l'opposto, e allora si avevano i periodi di carestia. ,a l'affermazione dell'industria come strumento di creazione seriale gener" la possibilit' di produrre volumi di beni tali, da determinarne una sovrapproduzione( il fatto cio che essi vengano creati in quantit' eccessiva rispetto alla domanda, ovvero alla capacit' dei mercati di assorbirli. 2ual il meccanismo puramente economico capace di generare una tale sovrapproduzione< Il capitalista produce merci attraverso altre merci( sia inanimate %capitali& che animate %lavoro umano&. Le vende a un dato prezzo ricavandone una certa quantit' di ricchezza, attraverso cui deve innanzittto pagare il costo della loro produzione, risultante della somma dei vari elementi di costo. secolo, essendo la finanza divenuta una forza economica preponderante sulla cosiddetta economia industriale o reale solo a parire da esso& di natura

4ali elementi sono( il prezzo dei capitali inanimati e il costo del lavoro degli operai %salario&. 2uel che resta dopo questa sottrazione l'utile o profitto d'impresa. 4ale utile %di solito& viene dal capitalista reinvestito al fine di accrescere la produzione delle proprie merci e di conseguenza, almeno nelle sue intenzioni, il volume dei suoi utili. $econdo ,ar+, e non solo secondo lui %.e-nes fu il primo economista a essere scettico a riguardo& fino a quando il capitalista ricava degli utili dalla vendita dei suoi prodotti portato pressoch: inevitabilmente a reinvestirli per accrescerli ulteriormente. ,a fino a quando egli ha bisogno di accrescere la produzione, ha bisogno anche di maggior manodopera. = poich: il lavoro umano una merce %pagata in salari&, come ogni altra merce tende a crescere di valore finch: ve n' richiesta, ovvero fino a quando ve n' scarsit'. >inch: quindi il capitalista investe in nuova produzione, i salari aumentano e con essi aumenta il potere d'acquisto degli operai. 9on essendovi difatti abbastanza operai rispetto alla richiesta di lavoro dei capitalisti, questi cercano di attirali attraverso dei buoni salari. # un certo punto per", si ha una rottura( alcuni capitalisti si accorgono di avere investito eccessivamente nella produzione delle proprie merci, dal momento che alcune di esse restano invendute. ?anno cio speso troppi capitali per la loro produzione e parte di essa in eccesso rispetto alle reali esigenze del mercato. $ono quindi eccedenti anche alcuni lavoratori, che perci" vengono licenziati. ?a cos/ inizio la fase recessiva@ I lavoratori licenziati infatti, sono senza lavoro ma devono lavorare, ragion per cui sono disposti a farlo a prezzi pi* bassi di coloro che gi' lavorano, facendo cos/ scendere i salari. La concorrenza tra lavoratori porta insomma, in una fase recessiva, all'abbassamento di questi ultimi. Ara, conseguenza di questo abbassamento un ulteriore abbassamento della capacit' di acquisto delle merci, dal momento che i lavoratori, che complessivamente costituiscono la gran massa degli acquirenti delle merci, sono pi* poveri. ,a tutto ci" comporta anche che il volume complessivo della produzione sociale inizi a scendere ulteriormente( altri capitalisti infatti si troveranno, in conseguenza del calo delle vendite dei propri prodotti, nella condizione di avere sovrapprodotto merci e saranno quindi costretti a licenziare dipendenti. $i crea cos/ una spirale recessiva( sovrapproduzione B licenziamenti B sovrapproduzione B licenziamenti, e cos/ via all'infinito... $i instaura insomma un meccanismo di decrescita dei profitti, che impone di limitare la produzione e quindi di licenziare, portando cos/ a una nuova decrescita dei profitti e cos/ via. Avviamente questo meccanismo pu" valere per un settore specifico dell'economia, ma non per il complesso delle produzione sociale di un dato stato o di una data regione. ,a se invece la spirale recessiva riguarda settori trainanti per l'intera economia, tale decrescita si diffonde a tutta la produzione sociale, creando uno stato di crisi generalizzato. 9el primo caso, la crisi di un settore

produce una disoccupazione che pu" essere assorbita da altri settori in crescita, nell'altro invece tale disoccupazione non pu" essere riassorbita e produce quindi un effetto domino che peggiora sempre di pi* lo stato dell'economia sociale. ,ar+ non aveva elaborato strategie di uscita da tali crisi. 1ensava a riguardo che ci" fosse possibile solo attraverso i meccanismi autoregolativi del mercato che pure comportavano secondo lui atroci sofferenze sociali. Il suo discorso era essenzialmente questo( se i lavoratori cadono sempre pi* nella povert', inevitabile che la loro vita sia sempre pi* dura e segnata da fame e malattie. ;i" comporta che col tempo il loro numero diminuisca. $e una merce %e il lavoro umano 5 una merce& diminuisce quantitativamente, il suo valore %posto che vi sia richiesta& aumenta. Il fatto che vi siano pochi operai implica quindi che, ad un certo punto, i capitalisti inizino ad avvertire una carenza strutturale di manodopera. 1er attrarla, essi saranno allora costretti ad aumentare i salari, ma cos/ facendo porranno le basi per un incremento della ricchezza dei lavoratori e perci" anche della domanda aggregata di merci. 2uindi, tornando ad alzarsi i salari, ritorner' a crescere anche la produzione, ovvero torneranno ad aumentare le merci prodotte, i profitti e gli investimenti produttivi. $i ha cos/ l'inizio di una nuova fase di crescita %come la precedente destinata prima o poi a finire& durante la quale la produzione sar' inferiore alla domanda di merci, e il lavoro umano sar' pagato a livelli tali da consentire l'assorbimento delle merci prodotte e di conseguenza un'ulteriore crescita dell'occupazione %spirale della crescita&. 2uella qui proposta una versione estremamente tragica del decorso della crisi( altri economisti, ideologicamente meno avversi al capitalismo, immaginano meccanismi regolativi decisamente meno spaventosi %essenzialmente basati sulla diminuzione dei prezzi delle merci e su una conseguente ripresa economica& ma tutti, fino a .e-nes, diedero per scontato il fatto che dalle crisi il capitalismo potesse uscire solo attraverso meccanismi endogeni, non esogeni. 4utti del pari, mar+isti e non, riconoscevano la natura oscillante e instabile di tale organizzazione economica, seppure secondo gli economisti liberali tali oscillazioni avevano un carattere molto pi* contenuto ed effetti molto meno devastanti che secondo la scuola mar+ista. ) 4risi #inanziarie L'altro tipo di crisi costituito dalle crisi finanziarie, che sono invece generate dalla scomparsa improvvisa di grandi somme di liquidit'. ;onsiderando che i soldi sono il motore stesso della produzione capitalistica sia lato utenti finali %spesa dei consumatori& sia lato aziende %investimenti capitalistici&, una tale scomparsa ha effetti catastrofici sull'andamento dell'economia, poich: i consumatori non sono pi* in grado di acquistare grandi quantit' di merci, mentre i capitalisti hanno

perso gran parte dei propri capitali e quindi della possibilit' di investirli ai fini della crescita delle proprie aziende %sempre ammesso che ci" convenga, in tempo di recessione dei consumi... ma si deve anche ricordare che la recessione, per quanto grave, non pu" riguardare tutte le aziende e tutti i settori produttivi.& ,a cosa causa una tale improvvisa decimazione delle risorse monetarie di un paese< =ssenzialmente le crisi finanziarie sono causate dal fallimento a catena dei titoli della finanza speculativa. C nota difatti la pericolosit' delle manovre finanziarie borsistiche, capaci di creare grandi quantit' di moneta dal nulla, sulla base della semplice richiesta dei titoli di una determinata azienda %pi* i titoli sono richiesti infatti, pi* sale il loro valore nominale&. Il rischio insito in tale tipo di manovre sta nel fatto che i possessori di un determinato titolo od obbligazione potrebbero decidere tutti assieme o comunque in grande quantit' di ritirare i soldi corrispondenti al valore nominale dei titoli acquistati. # tale valore difatti, non corrisponde mai una equivalente quantit' di contante reale, ragione per cui in una tale eventualit' non si potrebbero in alcun modo soddisfare le richieste degli azionisti, mentre il valore delle azioni si ridurrebbe improvvisamente allo zero. Il diffondersi del panico borsistico, tipico di situazioni in cui la speculazione raggiunge livelli molto alti, porta spesso come conseguenza al ritiro immediato di grandi somme di danaro da parte degli azionisti, con il conseguente azzeramento del valore dei titoli e in generale dei prodotti finanziari in questione. 4anto pi* la finanza penetrata nel tessuto dell'economia, tanto pi* cio aziende, banche e piccoli risparmiatori hanno investito i propri risparmiDcapitali in titoli di borsa o prodotti consimili, tanto pi* un tale collasso finanziario avr' effetti disastrosi sull'andamento dell'economia. L'azzeramento del valore dei titoli difatti, significher' azzeramento di gran parte della ricchezza circolante, ovvero degli strumenti utili per acquistare prodotti di consumo finali %piccoli risparmiatori&, per investire in crescita produttiva %aziende&, per prestare danaro %banche&. C inutile dire poi, che una tale carenza di liquidit' all'interno della societ' ha come effetto quello di frenarne pesantemente le attivit' affaristiche ed economiche. #nche qui, come nel caso delle crisi di sovrapproduzione, si ha un calo della domanda aggregata %cio della capacit' di acquisto complessiva& e quindi una sorta di sovrapproduzione delle merci, dal momento che esse divengono in eccesso rispetto alla domanda reale. ,a vi una grande differenza( questo calo della richiesta non si deve a un eccesso della produzione reale, ma a una diminuzione improvvisa della disponibilit' di liquidit'. In pi*, le crisi di sovrapproduzione si sviluppano lentamente %ci si accorge chiaramente di esse solo quando sono gi' in uno stato avanzato e la disoccupazione un fenomeno evidente& mentre le crisi finanziarie si sviluppano molto pi* rapidamente e sono subito evidenti %si pensi alla crisi americana

del 'EF che suscit" in poche settimane disperazione e suicidi&. !i inoltre un'altra differenza( le crisi finanziarie possono riguardare in prima battuta le aziende, non i consumatori. 1oniamo ad esempio che i consumatori, magari perch: poco propensi a investire i propri risparmi in titoli e azioni, non abbiano subito perdite finanziarie rilevanti dalla crisi, ma che aziende eDo banche invece ne siano state coinvolte in gran numero. In questo caso il risultato dell'improvvisa perdita finanziaria non sar' un repentino calo della domanda. ;i" non toglie per", che la carenza di capitali render' difficile la sopravvivenza di gran parte del sistema produttivo, comportando il licenziamento di una parte dei lavoratori e quindi 0 sui tempi lunghi 0 un calo della domanda aggregata. #nche per questo secondo tipo di crisi dunque, vediamo che la causa della recessione costituita sempre in ultima analisi dall'impossibilit' di vendere parte delle merci prodotte, dal licenziamento di parte dei lavoratori e dal conseguente ulteriore calo della domanda e dei profitti d'impresa. Il paradosso di molte crisi di tipo finanziario peraltro, risiede nel fatto che abbiano luogo in periodi storici di forte espansione dei consumi, nei quali quindi la situazione obiettiva della domanda favorirebbe l'espansione dei mercati, e che il tracollo finanziario causa delle recessione interrompa in modo improvviso e inaspettato un trend di crescita ben avviato. 2uesto fu vero per la crisi americana del 'EF come lo stato per quella, partita sempre dall'#merica, del E66G( in entrambi i casi i mercati stavano conoscendo una forte espansione( nel primo perch: l'#merica stava vivendo il primo grande decollo della propria economia industriale %fino ad allora gli 7sa erano stati un paese a economia prevalentemente agricola& ed era inoltre favorita nelle esportazioni dal fatto che l'=uropa, uscendo da un lungo periodo di guerra, avesse bisogno di importare merci che non poteva pi* produrre da solaH il secondo dal recente avvio del processo di globalizzazione dell'economia, che favoriva un'enorme espansione della domanda attraverso l'apertura di nuovi mercati %anche se si deve riconoscere l'esistenza del fenomeno, in se stesso negativo per le economie sviluppate, della fuga di aziende e lavoro verso i paesi pi* poveri, caratterizzati da un minore costo della manodopera&. Le misure contro la crisi !ediamo quindi che, seppure per ragioni differenti, entrambi questi tipi di crisi producono contrazione della domanda, licenziamenti e di conseguenza ulteriore contrazione della domanda... in altri termini determinano una spirale recessiva, che a sua volta comporta la pauperizzazione di una parte crescente della popolazione lavoratrice. ;ome interrompere una tale spirale< La prima risposta , di nuovo, basata sull'idea che il sistema recuperi in modo autonomo la sua

prosperit'. 9el caso delle crisi finanziarie si basa sull'idea che lentamente i capitali persi si possano rigenerare, sia attraverso le attivit' borsistiche %chiaramente emendate da alcuni eccessi di speculazione, come quello di basare il valore di alcuni titoli su quello di altri titoli, in modo che il fallimento degli uni comporti a catena quello di molti altri&, sia attraverso la ripresa delle attivit' imprenditoriali e produttive %nonostante le inevitabili iniziali difficolt' per le aziende d'accesso al credito, data la scarsit' oggettiva di liquidit'&. La risposta 3e-nesiana alla crisi invece, si basa essenzialmente sull'intervento dello stato nell'economia in qualit' di fornitore di nuovo lavoro e nuovi salari, ovvero sulla sua capacit' di impedire la caduta del valore di salari e stipendiH il che significa sulla sua capacit' di ridare una fonte di reddito a coloro che a causa della crisi ne sono rimasti privi %lavoratori licenziati eDo piccoli risparmiatori che hanno visto sfumare i propri risparmi& e fornire, anche %ma non solo, come vedremo& attraverso l'aumentata capacit' di spesa di questi ultimi, nuova liquidit' alle aziende, dando cos/ ad esse la possibilit' di tornare a investire e a far crescere l'occupazione. La priorit' per i governi sta quindi nel non permettere la caduta del costo del lavoro, come si visto vera causa scatenante in entrambi i tipi di crisi della spirale della decrescita, fornendo nuova liquidit' sia ai consumatori finali sia alle imprese, ci" che viene fatto fornendo lavoro sia ai primi %impieghi pubblici& sia alle seconde %appalti per lavori di pubblica utilit'&. 4uttavia, a prescindere dalla specificit' del singolo intervento statale, che cambia da situzione a situazione, questo si basa sempre sull'impiego di danaro pu lico, ovvero sul fatto che lo stato possa corrispondere a privati cittadini e aziende grandi somme di liquidit'. ,a il meccanismo di ripresa non ha solo una componente economica, ma anche una psicologica. 4ali misure di accrescimento del circolante non necessariamente bastano difatti a impedire la diffusione dell'epidemia dei licenziamenti, con tutte le conseguenze del caso, e a disinnescare la spirale della recessione. Lo stato infatti, se deve da una parte immettere liquidit', deve per" allo stesso tempo evitare che essa rimanga improduttiva, ovvero che venga accumulata e non spesa, specie dalle aziende. .e-nes per primo si accorse di come la crisi fosse un fatto legato a meccanismi non solo economici oggettivi, ma anche psicologici o soggettivi. ;i" poich:, una volta creatosi il clima di s#iducia dovuto alla contrazione dei mercati e dei pro#itti, nonostante gli incentivi statali gi% descritti, che danno alle aziende la possi ilit% di accumulare nuovi pro#itti attraverso l$aumento della domanda e del consumo interni e attraverso i #inanziamenti statali, i capitalisti potre ero comun!ue continuare a pre#erire l$accumulazione del danaro a un suo reivestimento in ampliamenti produttivi i !uali (dato appunto il clima di insicurezza di##uso) rischiere ero di tradursi in #allimenti #inanziari) .e-nes insomma, aveva ben compreso come vi fosse nel perdurare della crisi una componente

psicologica, dovuta alla paura sia dei risparmiatori che delle aziende. =ntrambi infatti potrebbero continuare a pensare che risparmiare sia pi* conveniente %cio pi* sicuro& che spendere, ognuno per ci" che attiene alla sua spesa( gli uni per l'acquisto di merci o servizi, gli altri per gli investimenti produttivi o di capitale. 2ueste due paure chiaramente si sostengono a vicenda, o meglio la paura della renitenza alla spesa dei consumatori finali sostiene e costituisce un alibi per quella a investire dei capitalisti. Il primo nemico da sconfiggere in una crisi dunque sempre economico( il pericolo della spirale della disoccupazione, causato dalla sovrapproduzione in un caso, dalla carenza di liquidit' nell'altro. Il secondo nemico invece psicologico( ed la paura che la crisi non finisca pi*, una paura che incentiva meccanismi di tesaurizzazione che impediscono %anche in un contesto in cui l'espansione degli investimenti sarebbe oggettivamente conveniente& una nuova espansione dei mercati. C da notare inoltre come questa posizione temporeggiante non comporti eccessivi svantaggi per i capitalisti, per i quali l'implementazione d'impresa e la crescita dei profitti, in una condizione di relativa stabilit' economica %possibile anche in una situazione di contrazione della domanda&, non costituiscono una necessit' assoluta. 1iuttosto, un tale atteggiamento finisce per creare una situazione che .e-nes chiama e!uili rio di disoccupazione, ovvero una condizione in cui molti individui rimangono privi di lavoro e di reddito, laddove ci" nuovamente finisce per tornare a vantaggio dei capitalisti, nella misura in cui tale esercito di disoccupati fornisce loro lavoro a basso costo e quindi profitti pi* alti dalla vendita delle proprie merci. L'equilibrio di disoccupazione, ovvero l'esistenza di una condizione di disoccupazione stabile per una parte dei lavoratori, uno dei grandi temi del pensiero di .e-nes, ed anzi forse il principale, se consideriamo che le sue teorie economiche miravano in ultima analisi proprio al conseguimento del pieno impiego della manodopera disponibile %mentre secondo gli economisti neoclassici a lui contemporanei, il mercato avrebbe portato di per se stesso alla piena occupazione e al pieno impiego delle risorse produttive@& Da dove vengono i soldi? Moneta A e Moneta B Le soluzioni delle crisi che abbiano prospettato ruotano tutte attorno al fatto che lo stato possa immettere liquidit' nel sistema produttivo. 1er perseguirle infatti, esso sar' costretto a versare un salario o stipendio a privati cittadini rimasti privi di occupazione, in modo da fornire loro nuove entrate di danaro, sostitutive delle precedentiH e dovr' promuovere attraverso appalti la creazione di opere pubbliche che forniscano ad aziende private profitti aggiuntivi rispetto a quelli ottenuti attraverso i mercati ordinari, ormai in crisi. La domanda che sorge spontanea allora( da dove prender' lo stato tutto questo danaro< Le risposte

possibili sono due e ci danno modo di accennare a una teoria della moneta, o meglio a una teoria sull'esistenza di due possi ili #orme di moneta. Lo stato, nella misura in cui non capitalista, ovvero non svolge attivit' che siano fonte di guadagno attraverso i mercati, potr' attingere a due tipi di ricchezza( il danaro ricavato attraverso le tasseH il danaro che lui stesso, in forza della propria sovranit% monetaria, pu" decidere di stampare. Ii che tipo di danaro si tratta< 9el primo caso, si tratta di danaro sottratto, attraverso le entrate fiscali, anche e in primo luogo alle proprie aziende e ai loro lavoratori dipendenti, e messo da parte per fini non produttivi, ovvero per lo svolgimento delle proprie attivit' peculiari %amministrazione, giustizia, polizia, supporto al Jelfare state( salute e previdenza, ecc.& 9el secondo caso invece, si tratta di danaro che esso crea dal nulla, col fine appunto di immetterlo nel sistema economico. $oprattutto questa seconda tipologia di danaro ci induce a una riflessione sulla natura duplice della moneta( da una parte infatti, %#& essa strumento per scambiare merci gi% create, nella misura in cui esse si scambiano vicendevolmente sulla base della quantificazione del loro valore, espresso in danaro %i criteri alla base dell'attribuzione del valore di scambio delle merci sono tutt'altro argomento, che in questa sede non ci riguarda( qui ci interessa solo il fatto che ogni merce, appena creata, assume un valore di scambio e che la moneta permette appunto di dare a tale valore un fondamento oggettivo, come ad esempio K o K.666 euro&H dall'altra %L& essa uno strumento per stimolare la produzione di merci, in quanto la presenza stessa di una certa quantit' di valore di scambio costituisce un allettamento e un incoraggiamento a creare nuove merci o servizi %...laddove peraltro questi ultimi sono merci a loro volta, ma sotto forma di beni immateriali& per appropriarsene. >acciamo un esempio( poniamo che il signor possieda una certa quantit' di danaro e sia disposto a spenderla, e che un altro signor M desideri attingere a parte di quel patrimonio. Il sig. M avr' due possibilit'( o derubare H o allettarlo con merci il cui acquisto da parte sua gli procurerebbe ci" che desidera. C questo semplice meccanismo la ragione per la quale, ad esempio, un negoziante o un artigiano preferiscono, in linea di massima, aprire un'attivit' in una zona ricca che non in una zona depressa. a) 6oneta 7 La moneta di tipo #, la prima, segue le merci, viene dopo esse. =ssa esiste perch: le merci che gi' esistono, possano essere scambiate tra loro in una forma pi* efficiente, pi* comoda del semplice scambio di beni con beni % aratto&( esiste insomma come merce universale o mezzo di scambio dei

beni finali del consumo, e per tale ragione li presuppone gi' esistenti. =ssa viene magari anche creata in continuazione, ma solo nella misura in cui il volume delle merci, in un regime economico basato sulla concorrenza di mercato e sul reinvestimento dei profitti capitalistici nella produzione di nuove merci, tende costantemente ad aumentare. $e il volume delle merci aumenta, sar' ovviamente necessario che aumenti anche il circolante monetario, per permettere che alcune merci non rimangano invendute per carenza di strumenti di scambio. 4uttavia, il principio che presiede alla creazione di nuovo danaro, laddove esso sia di tipo #, il fatto che prima le merci siano aumentate. 4ale principio richiede un rapporto costante tra merci e danaro( se le prime crescono, dovr' crescere proporzionalmente a esse anche la quantit' di moneta disponibile %...non altrettanto facile tuttavia, sarebbe distruggere danaro in una situzione di diminuzione delle merci&. ) 6oneta 8 La moneta di tipo L, invece, precede le merci, motore e stimolo della loro produzione. 9on lei che esiste perch: esistono loro, ma al contrario sono le merci che esistono perch: lei esiste, perch: stata creata e diffusa nel sistema produttivo. Avviamente non necessario dire che la funzione primaria della moneta quella di supportare lo scambio di merci, e che quindi la moneta # primaria rispetto alla L. La moneta nasce come mezzo di scambio e tale rimane in prima istanza. 4uttavia, in seconda battuta, essa svolge anche, con la sua stessa presenza, una preziosa funzione di stimolo alla produzione di nuove merci e quindi all'ampliamento dei mercati. C inoltre importante osservare che la moneta L al tempo stessa moneta #. 7na volta immessa sul mercato infatti, anche se creata e immessa al fine di stimolare la produzione, e a prescindere dal fatto che abbia o meno raggiunto il suo scopo, essa diviene automaticamente anche moneta di tipo #, cio mezzo di scambio delle merci, al pari della liquidit' gi' presente. ;osa accade allora se una certa quantit' aggiuntiva di moneta viene immessa al fine di favorire la spesa e quindi gli investimenti, ma ci9 non avviene< #vviene che la quantit' di moneta circolante essendo aumentata, automaticamente e in breve tempo anche i prezzi delle merci si alzeranno in quantit' proporzionale alla moneta immessa( si avr' cio un #enomeno in#lattivo. #l tempo stesso, se il fine di quest'immissione era quello di risolvere una situazione di stagnazione o crisi %come quelle descritte in precedenza& attraverso l'aumento della produzione e dell'occupazione, si pu" dire che tale fine non sia stato raggiunto, se non nella misura in cui i fenomeni inflattivi possono avere un ritorno positivo sulla crescita produttiva %torneremo avanti sull'argomento&.

Modalit e problemi dell'intervento statale 4ornando allo stato e al suo intervento economico in tempo di crisi, abbiamo visto %e vedremo& che tale intervento in ultima analisi si basa sulla possibilit' di immettere nuova liquidit' nel sistema economico)produttivo, al fine di stimolare nuova produzione e nuova occupazione, e con esse la ripresa o ricrescita economica. 4ale liquidit' possiamo definirla una moneta di tipo L, sia che provenga dalle tasse %che sia quindi moneta #, frutto cio di attivit' produttive, congelata, non spesa e tenuta dallo stato come riserva per finanziare le proprie spese&, sia che venga appositamente creata per stimolare lo sviluppo economico. ;' per" un'altra possibilit' per lo stato di approvvigionamento di capitali per finanziare la ripresa( il prestito. 2uesta possibilit' tra tutte la pi* rischiosa, poich: implica che esso debba restituire entro una certa scadenza la somma ricevuta in prestito con degli utili %de ito&. =ssa richiede quindi che gli investimenti di danaro pubblico siano efficaci e che, attraverso le tasse, data l'accresciuta quantit' di profitti e di redditi da lavoro, fruttino quanto basta a pagare il debito. ,entre, se questa crescita non vi stata, per onorare il suo debito lo stato sar' costretto ad accrescere la pressione fiscale su un'economia gi' compromessa, determinandone cos/ un ulteriore arretramento, o a tenere in sospeso il debito, vedendo di solito aumentare gli interessi da pagare. 4ornando alla definizione di moneta L, possiamo allora de#inire moneta 8 ogni moneta il cui scopo primario sia !uello di stimolare lo sviluppo economico, a prescindere dalla sua provenienza( tasseH debitoH nuova emissione di danaro. La forma pi* estrema di moneta L tuttavia costituita senza dubbio da quest'ultimo tipo, in quanto in tal caso essa viene stampata dallo stato senza avere in alcun modo origine dal lavoro, bens/ esclusivamente da decisioni di politica economica.
(7ltra osservazione importante: !uesto tipo di moneta ha notevoli somiglianze strutturali con la ricchezza che sorge dalle attivit% di 8orsa e dalle manovre ancarie (!uali, ad esempio, !uella di prestare a interesse al soggetto 7 una somma di danaro posta in giacenza, sempre a interesse, dal soggetto 8, in modo da aumentare esponenzialmente la disponi ilit% di moneta)) 7nche in !uesto caso in#atti, si ha una moneta creata, se non dal nulla, in ogni caso da altra moneta e non dal lavoro vero e proprio) 7nche in !uesto caso poi, tale moneta pu9 servire per la creazione di nuove imprese o per il loro ampliamento, per la produzione di nuove merci o per la spesa in generale (anche dei piccoli consumatori)) 6a tale ricchezza #inanziaria pu9 essere anche semplicemente tesaurizzata o messa da parte, andando a creare cos; un capitale improduttivo o rendita (e !ui torniamo al pro lema, particolarmente vivo nei periodi di crisi, di stimolare la spesa e la produzione contro la tendenza all$-e!uili rio di disoccupazione-)) <a grande di##erenza tra !uesta moneta #rutto di manovre #inanziarie e !uella di cui a iamo parlato #inora, 5 l$assenza all$origine di !uest$ultima di un piano economico generale o sociale) =ssa viene cio5 alla luce per assecondare scopi economici privati, magari anche di vasta portata, ma in ogni caso slegati da un progetto (politico) di crescita e sviluppo complessivi della societ%)3

a) <o stato immette danaro #bbiamo visto che compito primario dello stato l'immissione di nuova moneta nel sistema economico, al fine di favorire la ripresa della spesa e degli investimenti, quindi dell'occupazione. 4ale azione pu" avvenire in vari modi, ad esempio stampando moneta che sar' poi compito delle anche distribuire sotto forma di prestiti %maggiore sar' la disponibilit' di moneta e minore sar', per logica conseguenza, il costo del danaro&. Appure lo stato pu" promuovere attraverso appalti pu lici la creazione di opere di interesse comune, quali strade, scuole, ospedali, ecc. In questo modo esso ottiene due vantaggi( in primo luogo, pagando le aziende che hanno ricevuto l'appalto, fornisce contante sia a esse sia, indirettamente, ai loro dipendentiH in secondo luogo, attraverso tali opere %in#rastrutturali& investe sul futuro della societ', sulla sua crescita sociale e civile, nonch: economica %tali opere hanno infatti quasi sempre ricadute positive anche sullo svolgimento delle attivit' economico)produttive&. #ltra soluzione pu" essere la creazione di posti di lavoro da parte dello stato, cosa che pu" avvenire sia in senso produttivo %e allora esso diviene capitalista a sua volta&, sia in senso improduttivo. 2uanto a questa seconda opzione, lo stato pu" assegnare ad esempio ai cittadini disoccupati lavori di carattere amministrativo, i quali, pur avendo un certo ritorno pratico, hanno come scopo primario %quantomeno al momento della loro creazione& l'assegnazione di un reddito e di un'occupazione a coloro che ne sono sprovvisti. 1er inciso si deve notare che queste, che potrebbero a uno sguardo affrettato apparire come misure improntate a una visione statalista estrema dell'economia e della societ', costituiscono invece, nei periodi di crisi capitalistica pi* nera, una risorsa notevole, sia economica che psicologica, per la popolazione, in particolare per le fasce di essa pi* impoverite dalla recessione. 9e prova il fatto che nel periodo della 8rande Iepressione americana lo stesso Noosvelt %acceso anticomunista e politico di orientamento decisamente conservatore& assegn" a una parte della popolazione pi* povera lavori di pulitura dei boschi che, pur forse non del tutto privi di utilit', avevano come scopo primario quello di fornire a tali persone uno stipendio per sfuggire alla miseria, tenendole inoltre attive e ridando loro fiducia nel futuro %per farsi un'idea delle condizioni di assoluta miseria non solo materiale ma anche morale, del sottoproletariato americano di quegli anni, si legga ad esempio il romanzo >urore di $teinbec3&. ,a perch: lo stato sceglie di non divenire a sua volta capitalista< 1erch: non entra anch'esso nella mischia della produzione e della concorrenza di mercato< Intanto perch:, soprattutto laddove la crisi abbia origine in un problema di sovrapproduzione, ci" facendo rischierebbe %sempre che non trovi un tipo di merci o servizi non ancora sperimentato o in ogni caso molto marginale all'interno della

produzione nazionale& di peggiorare ulteriormente la situazione, essendo appunto la radice di tale crisi una creazione gi' sovrabbondante di merci. In secondo luogo, data la sua posizione privilegiata lo stato rischierebbe di portare avanti una concorrenza sleale, in quanto drogata dai propri privilegi, nei confronti delle aziende private, finendo cos/ per deprimerle anzich: aiutarle a crescere. 1er queste e altre ragioni, lo stato pu" non volersi trasformare in imprenditore capitalista, preferendo delegare ai privati il compito di incrementare le attivit' produttive. Nesta tuttavia l'incognita cui si accennava sopra( anche se incentivati, i capitalisti possono scegliere di assumere una posizione attendista, evitando investimenti che comporterebbero comunque un certo grado di rischio, preferendo invece tesaurizzare il danaro guadagnato. 1roprio per fronteggiare questa incognita, lo stato pu" allora scegliere di scendere in campo e divenire a sua volta imprenditore capitalista. !i poi un'altra possibile insidia, molto elementare, ed che gli investimenti produttivi, sia privati sia statali, non vadano a buon fine, risolvendosi in fallimenti finanziari. In tal caso l'occupazione da essi momentaneamente creata andrebbe a perdersi, a favore di un ritorno %si spera parziale e non definitivo& della disoccupazione e della crisi. ) <o stato come produttore capitalista >inora abbiamo analizzato alcuni possibili modi di intervento dello stato, tutti sostanzialmente basati %quantomeno nell'immediato& su spese a fondo perduto. ,a lo stato pu" 0 come si gi' detto 0 anche diventare capitalista, ovvero produttore di merci e servizi che si riversano sul mercato, attraverso imprese dotate di bilanci al pari di quelle private. ;on tale decisione esso ottiene il vantaggio, tramite i salari, di sostenere la domanda, avendo al tempo stesso la garanzia che si facciano sforzi concreti per investire una tale ricchezza monetaria aggiuntiva in direzione di un accrescimento della produzione e dell'occupazione. =sso dunque, in questo caso, si sobbarca non solo il compito, suo peculiare, di immettere soldi nel sistema, ma anche quello di investire tale danaro in attivit' produttive di mercato. 9on crea dunque solo redditi da lavoro per sostenere indirettamente la crescita economica, ma si occupa direttamente anche di questo secondo aspetto. ;ome si gi' detto, soprattutto nel caso di crisi di sovrapproduzione, esso dovr', qualora decida di seguire questa soluzione, muoversi con particolare cautela e tentare di percorrere strade poco battute, dal momento che quelle tradizionali hanno creato la crisi corrente. Iovr' quindi investire i propri soldi in attivit' insolite e poco sviluppate, magari perch: considerate troppo rischiose da parte degli investitori privati %oggi, ad esempio, tale strada potrebbe essere costituita dalle energie rinnovabili@&, ma in grado di dare risposta a esigenze effettive della societ' e quindi

presumibilmente dotate di reale prospettive di crescita %aumento della domanda e nuovi investimenti&.
(Del resto, il grande economista austriaco >oseph *chumpeter sosteneva che, all$origine dei periodi di declino economico, vi #osse spesso l$assenza di vera innovazione produttiva, ovvero un$assue#azione della domanda a merci oramai divenute desuete e prive di interesse, e che da un tale stato si uscisse proprio per merito del talento di imprenditori innovatori, capaci di inventare e commercializzare nuovi tipi di prodotti, in grado di suscitare nuovo interesse e un$ondata poderosa di domanda, e con essa un$altrettanto poderosa mole di investimenti, occupazione e enessere) &egli ultimi decenni, senza du io, potremmo annoverare tra !uesti geniali imprenditori gli inventori e i di##usori dei personal computer, dei tele#oni cellulari e di internet, veri motori trainanti dell$economia mondiale di !uesti ultimi decenni)3

Il vantaggio che avr' lo stato rispetto alle aziende private nell'avviare e condurre un'impresa, e che lo espone a critiche non infondate ogni qualvolta divenga capitalista, sar' la maggiore facilit' nel trovare fondi in fase di avvio e di sostegni finanziari in eventuali periodi di difficolt'. =sso infatti potr' attingere, come del resto per il finanziamento di ogni altra sua attivit', a tasse, prestiti ed in casi estremi anche allo stampare moneta. C d'obbligo, in chiusura, un'osservazione sui possibili risultati dell'immissione di moneta L nel sistema economico. $i gi' detto che il fine di tale decisione quello di creare nuova spesa e nuovi investimenti, quindi nuova occupazione e nuova crescita. ,a anche vero che ci" pu" non avvenire e che se non avviene il risultato che si ottiene semplicemente che la moneta circolante, aumentando in quantit' senza che aumenti in modo corrispondente il volume delle merci prodotte, perda di valore in proporzione a tale divario( pi* moneta in circolazione non significa infatti necessariamente pi* potere d'acquisto, ma solo pi* strumenti per acquistare merci. = se essa aumenta senza che aumentino queste ultime, si svaluta. $i avrebbe insomma, nel caso considerato, un processo in#lattivo. ,a va anche detto che tale processo non sarebbe necessariamente del tutto negativo ai fini dello sviluppo economico. 2ualora dovesse instaurarsi infatti, i salari faticherebbero naturalmente ad allinearsi al pi* basso potere d'acquisto della moneta( il che significa che, pur avendo quest'ultima perso valore, essi continuerebbero a rimanere eguali a prima. 2ualora le merci si vendano a maggior prezzo, ma il costo della manodopera rimanga invariato, i capitalisti ricavano un maggiore guadagno su ogni pezzo venduto %guadagno che per" potrebbe essere compensato in negativo, dal calo del volume delle merci vendute@& I capitalisti quindi, almeno da questo punto di vista, sarebbero favoriti dall'inflazione poich: ricaverebbero maggiori profitti dai propri commerci, accumulando capitali superiori rispetto al periodo ad essa precedente. 4ali utili maggiorati poi, potrebbero facilmente spingerli a investire in una crescita della produzione.
(4he l$in#lazione non sia un #atto necessariamente negativo per lo sviluppo economico capitalstico 5 dimostrato, tra l$altro, dal #atto che il decollo industriale del mondo europeo tra ?@0 e ?@00 secolo #u #avorito in gran parte dall$a##lusso di oro e argento dalle miniere del &uovo 6ondo) 2ale a##lusso di#atti

comport9 un cospicuo aumento del circolante monetario, e una conseguente crescita dei prezzi che, comportando enormi guadagni, #avor; !uei grandi investimenti che portarono alla nascita di un$economia industriale moderna, dominata dalla divisione tra grande capitale e lavoratori dipendenti, con la scomparsa graduale della piccola propriet% indipendente)3

Il ruolo dello stato nei periodi di crisi economica: una sintesi 1ossiamo sintetizzare cos/ quanto abbiamo detto finora sull'intervento dello stato nei periodi di crisi economica, ovvero di contrazione della domanda e dei profitti capitalistici. La soluzione a tali crisi costituita sempre da una ripresa degli investimenti produttivi e quindi dell'occupazione. ,a perch: ci" accada si pu"( o aspettare che la crisi finisca autonomamente, anche se ci" comporta grandi sofferenze sociali %il capitalismo come sistema, invece, in qualche modo al riparo da grandi scosse, laddove pur vedendo diminuiti i propri profitti di mercato, pu" pur sempre in linea di massima contare su una domanda abbastanza consistente da sopravvivere a se stesso e su un esercito di manodopera a bassissimo costo da cui trae indiscutibili vantaggi economici&H o ricorrere a interventi di stato volti a immettere liquidit' nel sistema, al fine di risollevare la domanda e riavviare il circolo virtuoso( spesa A investimenti A crescita dell$occupazione, che solo pu" risolvere la crisi. # questo riguardo, esso utilizza una moneta L, cio un tipo di moneta che non riflesso delle attivit' produttive ma al contrario ne causa, o meglio si propone di esserlo. =sso inoltre, pu"( fornire liquidit' senza investire direttamente in produzione %col rischio che essa resti congelata e non crei nuova occupazione( e!uili rio di disoccupazione&, oppure sobbarcarsi anche questo secondo compito, divenendo a sua volta imprenditore capitalista. Il rischio di una tale immissione di nuova liquidit' che, laddove essa non porti a un effettivo aumento della produzione delle merci, produca in#lazione. 4uttavia, tramite la perdita di valore dei salari, anche l'inflazione pu" avere effetti positivi nel favorire gli investimenti e la crescita economica. C inutile osservare poi, come questi incentivi di stato non possano andare avanti all'infinito %ci" porterebbe infatti, soltanto a una crescita esponenziale dell'inflazione&, ma debbano a un certo punto concretizzarsi in un effettivo riavvio della produzione tramite investimenti produttivi capaci di soddisfare esigenze reali del mercato, in grado quindi di innescare un circolo economico virtuoso basato su( investimenti A spesa A investimenti))) che possa poi continuare anche senza l'intervento statale. Un'ipotesi sul futuro del capitalismo

Ara chiediamoci quale possa essere il futuro delle societ' capitalistiche di mercato, a partire dalla considerazione del peso sempre maggiore che nell'ambito della produzione delle merci assumono le macchine, e quindi complementariamente del ruolo quantitativamente sempre inferiore svolto dal lavoro umano. La sovrapproduzione si ha quando la domanda aggregata non sufficiente a ripagare quantomeno le spese di produzione delle merci prodotte. ,a pi* cresce la disoccupazione e pi* la domanda aggregata tende a decrescere. In un sistema produttivo in cui l'occupazione %cio l'impiego di lavoro umano& decrescente, sar' decrescente anche la domanda, e la carenza di moneta 7, in ultima analisi prodotto proprio del lavoro umano, diventer% cronica. I prezzi delle merci difatti, hanno senso solo nella misura in cui vi sufficiente moneta per acquistarle. = tale moneta %se parliamo di moneta di tipo #&, si crea solo nella misura in cui esiste il lavoro umano, cui si attribuisce un valore quantificato in una certa quantit' di moneta. 4hi lavora !uindi guadagna col suo lavoro una certa !uantit% di ricchezza monetaria, che sorge solo dopo che egli ha lavorato (moneta 7) e con la !uale pu9 ac!uistare merci per un valore e!uivalente (o in#eriore) al valore guadagnato) Le macchine invece, pur producendo merci, non guadagnano. =sse implicano dei costi per essere create, per funzionare e per essere riparate, manutenute e smaltite. 4uttavia esse non ricevono un compenso corrispondente al valore del lavoro svolto, che si traduca poi in spesa in direzione delle merci #inali o eni d$uso umani %primo e fondamentale anello della catena della spesa, che giustifica e sostiene tutte le spese successive, di carattere produttivo strumentale, il cui fine ultimo appunto la creazione di questi beni finali&. =sse perci" non producono moneta # se non indirettamente, nella misura in cui la loro esistenza richiede un apporto di lavoro umano. ,a se la creazione delle merci %sia quelle per il consumo finale, sia quelle strumentali o capitale& implica sempre meno l'impiego di quest'ultimo tipo di lavoro, tale creazione, pur comportando in ogni caso dei costi, contribuir' in maniera decrescente a creare moneta #, laddove tuttavia quest'ultima costituisce %in assenza di moneta L& ci" attraverso cui soltanto tali costi potranno essere ammortizzati dai capitalisti, con un eventuale guadagno aggiuntivo o profitto. # partire da queste considerazioni, chiaro come l'impiego quantitativamente sempre maggiore di macchinari a scapito del lavoro umano comporti, affinch: l'istituzione del mercato non collassi su se stessa, la necessit' di una sempre maggiore immissione di moneta L nel sistema. Il capitalismo insomma, nella misura in cui utilizza in maniera crescente la tecnologia per la creazione delle merci, si trova a dover fronteggiare sia il problema di una disoccupazione permanente e crescente %disoccupazione tecnologica& sia, conseguenza di ci", quello di una costante e crescente carenza di domanda effettiva, ovvero di possibilit' di acquisto delle merci in base ai

redditi da lavoro. 7n paradosso ulteriore poi, risiede nel fatto che alla domanda decrescente di merci %in base alla quantit' di moneta # creata dal lavoro& si affianchi una produzione in crescita di beni d'uso, data la capacit' di produzione decisamente maggiore delle macchine e della tecnologia avanzata rispetto alle forze produttive umane. L'unica via d'uscita da questo tipo di situazione, oltre a quella %assolutamente priva di senso pratico ed etico& di diminuire la produzione fino a farla coincidere con la domanda effettiva, oramai ristrettissima, appare allora l'immissione costante e massiccia di moneta L nel sistema economico. 9on sarebbe allora pi* il lavoro umano, se non in misura trascurabile, a creare la moneta circolanteH sarebbe piuttosto lo stato a farlo, attraverso una massiccia creazione di moneta di tipo L, che distribuirebbe poi alla popolazione %in forme non necessariamente egualitarie& nella quantit' necessaria a coprire le spese di produzione e in generale a reiterare i meccanismi alla base dell'economia capitalista %ammortamento spese B pro#itti A investimenti&. $e ci" che si detto vero, se cio il lavoro umano destinato se non a scomparire %cosa che probabilmente non avverr' mai& quantomeno a divenire sempre pi* marginale all'interno della catena produttiva delle merci e dei servizi, tanto da non bastare pi* la moneta # a coprire le spese di produzione e a garantire utili alle aziende, posto che la futura societ' industriale e tecnologica voglia continuare ad avere un'organizzazione concorrenziale e di mercato, l'unica via d'uscita sar' per essa quella di organizzarsi come una societ% composta in gran parte di piccoli rentiers, di individui foraggiati cio dallo stato attraverso una forma di salario o pensione sociale. L'altra possibilit', che ai lavori sempre pi* estesi svolti dalle macchine si affianchino sempre nuove occupazioni umane %di carattere inevitabilente sempre pi* immateriale o intellettuale& e con essi nuovi redditi da lavoro, in grado di creare una domanda aggregata sufficiente a sostenere %come finora stato& la domanda di mercato delle merci prodotte. = tuttavia, anche se questo sar' il futuro delle societ' capitalistiche, appare difficile credere che in un contesto cos/ fortemente tecnologico, e con mestieri che richiedono un cos/ alto livello di specializzazione, tutti possano lavorare. Il problema della disoccupazione tecnologica quindi, pur non arrivando secondo questo scenario a toccare gli estremi sopra delineati %la scomparsa stessa dei mercati&, non potrebbe in ogni caso essere assoltamente risolto alla radice, costituendo pur sempre inevitabilmente una piaga sociale di vastissima portata. # ci" si aggiunga il fatto che questi nuovi mestieri, ad alto contenuto intellettuale, porterebbero inevitabilmente a un costante avanzamento della tecnologia e dell'automazione produttiva, con la conseguenza 0 di nuovo 0 di un sempre minor spazio d'azione all'interno dei processi produttivi per il lavoro umano.
(@ersione alternativa: 4aratteri del capitalismo del #uturo: crescita della produzione tecnologica, diminuzione del numero dei lavoratori salariati (unico sostegno dei mercati con la loro spesa)))) a causa

della disoccupazione tecnologica) <a tecnologia produce molte merci ma esse restano in gran parte invendute) C si #rena la produzione (ma ci9 sare e assurdo) o si crea di nuovo moneta 8, cio5 lo stato crea il di##erenziale tra il costo delle merci e !uel che manca alla domanda aggregata derivante dai salari per ac!uistarle) <o stato !uindi, stampa moneta e la distri uisce ai cittadini non lavoratori (salario sociale) per ac!uistare le merci che altrimenti andre ero invendute, con relativa crisi di sovrapproduzione e #allimento delle aziendeD *i arrivere e cos; a una situazione in cui il reddito da lavoro tende a scomparire, o comun!ue a essere a##iancato da una immissione costante e massiccia di moneta 8 (ovvero di moneta creata dal nulla per porre rimedio all$insu##icienza dei salari da lavoro a ac!uistare l$o##erta aggregata di merci) da parte dello stato) Euesta moneta diventere semplicemente scomparire e dun!ue sempre piF indispensa ile per sostenere i mercati, ancor prima che per ero, data l$enorme sproporzione esistente tra domanda aggregata e prezzo ero le merci desiderate, e le aziende le entrate #avorirne la crescita) *enza di essa in#atti !uesti ultimi, piF che smettere di crescere o tendere a contrarsi, complessivo delle merci prodotte) 0l sistema si asare e insomma su una sorta di rendita di ase data a tutti i cittadini, attraverso la !uale essi si procurere *i avre necessarie a #are rientrare le spese produttive e a investire in nuova produzione) e cos; alla #ine, un capitalismo ,senza lavoratori- (ovvero con un numero troppo asso di lavoratori, per poter sostenere con i propri salari (per !uanto eventualmente alti) e !uindi con la propria spesa il mercato delle merci)) Gotre e essere !uesto il #uturo dell$economia industriale, se essa vorr% continuare a asarsi sui meccanismi di mercato, sulla li era competizione produttiva e sulla logica del pro#itto privato, a meno che ai lavori sempre piF estesi svolti dalle macchine non si a##ianchino anche sempre nuove occupazioni umane (di carattere inevita ilente sempre piF immateriale o intellettuale) e !uindi nuovi redditi da lavoro, in grado di creare una domanda aggregata su##iciente a sostenere (come #inora 5 stato) la produzione delle merci)3

Differenze tra il capitalismo attuale e uello futuro La differenza tra il capitalismo quale stato fino ad oggi e quello del futuro %sempre se le previsioni qui fatte sono corrette& consiste nel ruolo sempre pi* centrale che verr' svolto dalla moneta L %prodotta dallo stato& ai fini del sostegno della domanda. 9el sistema precedente, basato essenzialmente sul lavoro umano come fonte di reddito e, attraverso quest'ultimo, come fonte della domanda di merci sul mercato, l'intervento dello stato con l'iniezione di moneta L costituiva un evento eccezionale, che aveva come scopo quello di riequilibrare uno squilibrio momentaneo tra la domanda aggregata, composta in massima parte da reddito da lavoro %moneta #&, e i prezzi delle merci poste sul mercato %offerta aggregata&. 4ale momentanea immissione di moneta infatti, prefigurava nelle intenzioni dello stato una ripresa del normale meccanismo di produzione della moneta attraverso il lavoro umano, come base del ciclo economico di produzione delle merci. $enza questa ripresa, tali provvedimenti avrebbero portato solo a uno squilibrio del rapporto tra circolante e merci, ovvero a una svalutazione del valore della moneta

stessa %inflazione&. 9el capitalismo del futuro invece, stante la precedente previsione, l'immissione di moneta L diverr' un fatto strutturale e costante, per nulla eccezionale, dal momento che un allineamento tra domanda e offerta, sulla base della quantit' di moneta # prodotta dal sistema, sarebbe impossibile. $enza una tale immissione supplementare dunque, i mercati non potrebbero nemmeno pi* esistere, vista la scarsissima capacit' di domanda della popolazione lavoratrice. 7driano 2orricelli, 1HIJ1IKJ14

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