ENUMA ELISH
EPOPEA DI GILGAMESH
Mondo divino
Sembra, dunque, che all'inizio tutti gli dei erano costretti a lavorare
per soddisfare alle necessit della loro vita.
Il lavoro viene imposto ai soli Igigi
"I grandi Anunnaki, i Sette,
scaricano il lavoro sugli Igigi"
(Tav. I, 5-6).
Gli dei pi grandi, chiamati Anunnaki, pongono rimedio per s
stessi a questa penosa situazione, imponendo il lavoro ai soli dei minori,
chiamati Igigi. poi i primi sorteggiano tra loro i tre regni: ad Anum tocca il
cielo, ad Enlil la terra e a Ea il mondo delle acque sotterranee (l'Apsu).
Questa situazione, che vede gli Igigi impegnati "giorno e notte" nel
lavoro, ha una durata assai lunga.
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Alla proposta di Enki presto si associano tutti gli dei, che pregano la
dea di farlo.
Creazione dell'uomo
Gli dei pi giovani generati da Apsu e Tiamat presto si emancipano
dai loro genitori e, alla fine, si coalizzano contro di loro. Adirato Apsu
decidere di sopprimere la propria discendenza, ma viene ucciso dagli dei
guidati da Ea (= dio della sapienza chiamato anche Enki). Tiamat vuole
vendicare quest'azione e prepara una (punizione?) terribile contro il
consiglio degli dei, formando un esercito di divinit mostruose (Anunnaki, i
grandi dei) guidati da Kingu, suo nuovo sposo. Su consiglio di Ea, viene
posto a capo degli dei Marduk, figlio di Ea, il quale affronta la dea
progenitrice e, dopo una drammatica battaglia, uccide Tiamat. Dal suo
corpo, squarciato in due parti come le valve di un'ostrica, forma il
firmamento
la
terra.
Ea forma l'uomo, affinch, col suo lavoro, provveda al culto degli dei
(inteso come nutrimento di cui gli dei, come gli uomini, hanno bisogno e di
cui devono provvedersi col loro lavoro).
DUNQUE:
l'uomo viene formato dal sangue di un dio cattivo e ribelle
lo scopo per cui viene formato il lavoro, col quale deve provvedere
anzitutto al sostentamento degli dei e poi al suo sostentamento.
Quando Marduk ud la parola degli dei,
decise di creare una grande opera.
Egli prese la parola e parl con Ea
per conoscere la sua opinione sul piano
che aveva progettato:
"Un tessuto di sangue voglio fare, ossa voglio io formare,
per fare sorgere un essere: Uomo sia il suo nome.
Io voglio creare un essere, l'uomo.
A lui sia affidato il servizio degli dei per loro alleggerimento.
Io voglio formare ulteriormente le vie degli dei.
Concordemente siano essi adorati,
(certo) divisi in due (gruppi)".
A lui rispose Ea, rivolgendo a lui la parola:
"Uno dei loro (= degli Anunnaki), fratelli deve essere consegnato.
Costui deve morire, perch sorga l'umanit.
I grandi dei (gli Anunnaki), riuniti, (devono decidere)
se un colpevole deve essere consegnato,
affinch essi restino in vita".
Marduk riunisce i grandi dei,
li guida ragionevolmente, d loro ammaestramento.
Alle sue parole gli dei offrono attenzione.
Agli Anunnaki rivolge il re la parola:
"Se la vostra prima confessione fu verace,
ditemi la verit e giurate.
Chi colui che ha suscitato la guerra,
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re
di
Uruk,
citt
della
Mesopotamia
meridionale.
Costui fortemente scosso dalla morte del suo vecchio amico Engidu, col quale ha
vissuto tante avventure e ha combattuto tante battaglie. Egli prende cos
dolorosamente coscienza della transitoriet dell'esistenza umana e, con ci, della
sua propria mortalit e si chiede se gli possibile sfuggire a tale destino. Si pone
allora alla ricerca dell'immortalit e giunge a Shuruppak (citt a nord di Uruk) presso
il re Utnapishtim e la sua consorte, i quali, unici tra gli uomini, partecipano
dell'immortalit degli dei. Utnapishtim racconta a Gilgamesh come sono giunti a quel
punto: c' stata un tempo una decisione da parte degli dei, in primo luogo Anum dio
del cielo e di Enlil signore della terra, di cancellare l'umanit dalla faccia della terra.
Un motivo per tale azione non chiaro. Ea, dio del mondo sotterraneo e della
sapienza, ha svelato il piano al suo sacerdote e protetto Utnapishtim e gli ha dato il
consiglio di costruirsi una nave quadrata sulla quale troveranno posto, oltre a
Utnapishtim e sua moglie, i rappresentanti di tutti gli esseri viventi e le provviste. Un
fortissimo uragano si scatena per sei giorni e sei notti sulla terra, al settimo giorno
l'opera di distruzione compiuta: ogni essere vivente, uomo o animale, giace sepolto
sotto le acque che coprono la terra, dalle quali spunta solo la cima del monte Nisir
(nell'odierno Kurdistan), sul quale si posata la nave di Utnapishtim.
Il settimo giorno questi invia dalla nave una colomba la quale, non avendo
trovato un luogo solido dove posarsi, poco dopo torna indietro. Lo stesso succede
con una rondine. Infine invia un corvo, che non torna indietro: il segno che le acque
del diluvio si sono ritirate ed riapparsa la terra asciutta. Utnapishtim esce fuori dalla
nave e, sul monte stesso, offre un sacrificio agli dei. Questi, appena annusato il
profumo del sacrificio, si precipitano "come mosche" attorno all'altare.
Dopo un'assemblea degli dei, Enlil sale sulla nave e, toccando la fronte di
Utnapishtim e di sua moglie, pronuncia questa benedizione:
"Finora Utnapishtim era solo un uomo,
da ora in poi egli e la sua donna devono essere simili a noi dei".
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In tal modo l'immortalit riservata, tra gli uomini, solo a Utnapishtim e alla
sua donna, dopo il diluvio, in forza di una decisione da parte degli dei.
Al momento della separazione, Utnapishtim svela a Gilgamesh il segreto di
una pianta che dona la vita e che si trova infondo al mare. Gilgamesh si tuffa e, di
fatto, riesce a trovare e ad impossessarsi di tale pianta. Ma sulla strada del ritorno in
patria, mentre si trova in fondo a un pozzo a rinfrescarsi dopo aver a lungo
camminato, un serpente si impossessa della pianta che d la vita. Il segno
dell'immortalit raggiunta l'abbandono, da parte del serpente, della sua antica pelle
(n.b.: il cambio di pelle del serpente era, per gli orientali, il simbolo della giovinezza
eternamente riconquistata).
Il senso complessivo dell'epopea racchiuso nelle malinconiche parole che
una donna rivolge all'affranto Gilamesh:
"Gilgamesh, dove corri?
La vita che cerchi tu non troverai!
Quando gli dei crearono l'umanit,
all'umanit diedero in retaggio la morte
e trattennero la vita nelle loro mani".
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