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Quando le pietre diventarono uomini- Ovidio (Libro I, vv.

318-334, 343-415)

AUTORE
Publio Ovidio Nasone, nato nel 43 a.C. a Sulmona, in Abruzzo, trascorre la vita a Roma, entrando a far parte del circolo
letterario di Messalla Corvino, che riunisce gli intellettuali più importanti dell’epoca. Colpito da un decreto d’esilio, emanato
dall’imperatore Augusto per motivi mai del tutto chiariti, il poeta conclude la sua esistenza nel 18 d.C. a Tomi, sul mar Nero.
Tra le sue opere ricordiamo le raccolte Heroides e Amores, di argomento mitologico e amoroso; l’Ars amatoria, poema
sull’arte di sedurre; il poema mitologico Metamorfosi, che in quindici libri racconta oltre duecento storie di trasformazioni di
dèi e di eroi.

Un terribile diluvio ha ricoperto d’acqua la Terra: neppure la Grecia è stata risparmiata dalla collera degli dèi,
che in tal modo hanno punito gli uomini per la loro malvagità. Solo due esseri umani, Deucalione e Pirra, si sono
salvati, giungendo con un’imbarcazione sul monte Parnaso, situato a nord del golfo di Corinto e sede delle Muse,
le divinità ispiratrici delle arti.
Nelle complicate genealogie del mito, Deucalione figura come re di Ftia e figlio del titano, cioè del gigante,
Prometeo che rubò agli dèi una scintilla di fuoco per donarla agli uomini. Pirra invece era figlia di Pandora, la
prima donna, e di Epimeteo, il fratello di Prometeo.

Fu in questo luogo (l’unico non sommerso) che Deucalione


approdò, portato da una piccola barca, con la sua compagna 1,
e subito invocarono le ninfe coricie2, gli dèi dei monti
e Temi3, che predice il destino e che allora lì teneva oracoli.
Mai ci fu uomo migliore di lui e più amante
di giustizia, mai ci fu donna più timorata4 di lei. E Giove,
quando vide il creato ridotto a un mare d’acque stagnanti 5
e di tante migliaia d’uomini un solo superstite,
di tante migliaia di donne una sola superstite,
due esseri innocenti, due esseri devoti agli dèi,
squarciò le nubi e, dispersi col vento gli uragani,
mostrò di nuovo al cielo la terra e alla terra il cielo.
Cessò la furia del mare e, deposto il suo tridente,
il dio degli oceani rabbonì le acque6, chiamò l’azzurro Tritone7,
che sporge fuori dai gorghi con le spalle incrostate
di conchiglie, e gli ordinò di soffiare nel suo corno
sonoro8, perché a quel segnale rientrassero flutti e fiumi 9.
Tritone ubbidisce all’ordine di suo padre Nettuno e, dando fiato alla tromba, costringe
le acque dolci e salate a rientrare nei propri confini.
Calano i fiumi e rispuntare si vedono i colli,
il mare riacquista un lido e gli alvei raccolgono i torrenti in piena 10;
emerge la terra, ricresce il suolo col decrescere delle acque,
e dopo giorni e giorni mostrano le loro cime spoglie
i boschi, coi rami ancora avvinti da residui di fango.
Restituita era la terra11; ma come12 la vide deserta
e desolata dal cupo silenzio che incombeva, Deucalione
si volse a Pirra trafitto di pianto. Disse:
«O sorella, o sposa, unica donna rimasta,
che dividi con me la stirpe e l’origine di famiglia 13,
il giaciglio delle nozze e qui gli stessi timori,
noi due soli siamo tutti gli esseri della terra
che vede l’aurora e il tramonto, il resto è sommerso dal mare.
Né, certo, questa nostra vita puoi dire sicura,
se ancora e sempre quelle nuvole ci opprimono la mente.
Quale sarebbe ora l’animo tuo, se fossi sfuggita
alla morte senza di me? come potresti sopportare
la paura qui da sola? come consolare il dolore?
E io pure t’avrei seguito, o sposa, se il mare t’avesse
inghiottito, credimi, anche me lo stesso mare avrebbe inghiottito.
Oh se con l’arte paterna potessi ricreare gli uomini
e plasmando la creta infondervi respiro14!
Ora in noi soli vive la qualità dei mortali,
questo il volere degli dèi, restiamo unici esempi».
Disse, e piangevano. Decisero di invocare la volontà
dei celesti15 e di chiedere aiuto agli oracoli.
Senza indugio si accostarono insieme alla corrente del Cefiso 16,
che, pur non ancora limpida, già fluiva nel suo letto.
Attinta un po’ d’acqua, la spruzzarono sulle vesti
e sul capo17; quindi volsero i passi verso il santuario
della dea, scolorito e deturpato18 sino in cima
dal muschio e privo di qualsiasi fuoco sugli altari.
Giunti ai gradini del tempio, si prostrarono fianco a fianco
sino a terra, baciarono intimoriti la pietra gelida
e «Se a preghiere devote», dissero, «le divinità
si rabboniscono, se l’ira degli dèi si placa,
rivelaci, o Temi, come si possa rimediare alla rovina
della nostra stirpe e soccorri, tu così mite, il mondo sommerso».
Commossa la dea sentenziò: «Andando via dal tempio
velatevi il capo, slacciatevi le vesti
e alle spalle gettate le ossa della grande madre 19».
Lungo fu il loro smarrimento, poi Pirra ruppe il silenzio
per prima, rifiutandosi di obbedire a quegli ordini e per sé
invocava, con voce tremante, il perdono divino al timore
di offendere l’ombra di sua madre, disperdendone le ossa.
E continuarono a ripetersi dentro le parole oscure,
impenetrabili, del responso e a girarvi intorno.
Ma a un tratto il figlio di Prometeo rasserena la sua sposa
con queste parole pacate20: «O io m’inganno o giusto
è l’oracolo e non c’induce in sacrilegio21.
La grande madre è la terra; per ossa credo intenda
le pietre del suo corpo; queste dobbiamo noi gettarci alle spalle».
La figlia del Titano22 è scossa dall’intuito del marito,
anche se dubbia è la speranza, tanto incredibile sembra a loro
il consiglio divino. Ma che male s’aveva a tentare?
S’incamminano, velandosi il capo, sciogliendo le vesti,
e, ubbidendo, lanciano pietre alle spalle sui loro passi.
E i sassi (chi lo crederebbe se non l’attestasse 23 il tempo antico?)
cominciarono a perdere la loro rigida durezza,
ad ammorbidirsi a poco a poco e, ammorbiditi, a prendere forma.
Poi, quando crebbero e più duttile24 si fece la natura loro,
fu possibile in questi intravedere forme umane,
ancora imprecise, come se fossero abbozzate
nel marmo, in tutto simili a statue appena iniziate.
E se in loro v’era una parte umida di qualche umore 25
o di terriccio, fu usata a formare il corpo;
ciò che era solido e rigido fu mutato in ossa;
quelle che erano vene, rimasero con lo stesso nome.
E in breve tempo, per volere degli dèi, i sassi
scagliati dalla mano dell’uomo assunsero l’aspetto di uomini,
mentre dai lanci della donna la donna rinacque.
Per questo siamo una razza dura, allenata alle fatiche,
e diamo testimonianza di che origine siamo.
(P. Ovidio Nasone, Metamorfosi, tr. it. di M. Ramous, Garzanti)

1 la sua compagna: la moglie Pirra.


2 coricie: che vivono nella grotta Coricia, sul fianco del Parnaso. Le ninfe sono divinità, spesso raffigurate come giovani donne, che
incarnano le forze della natura.
3 Temi: dea della giustizia e dei giuramenti, figlia del Cielo e della Terra. Il suo antichissimo santuario sorgeva a Delfi e fu dedicato in
seguito al dio Apollo.
4 timorata: rispettosa degli dèi e delle regole morali.
5 stagnanti: ferme.
6 il dio ... acque: Nettuno calmò la violenza delle acque. Il dio impugna un tridente, un forcone con tre denti o rebbi.
7 Tritone: figlio di Nettuno, è una divinità minore. La parte superiore del corpo è umana, mentre quella inferiore ha forma di pesce.
8 corno sonoro: una conchiglia ritorta, detta buccina, che il dio suona come una tromba.
9 rientrassero... fiumi: le acque del mare e dei fiumi tornassero al loro luogo naturale.
10 il mare... piena: il mare ritorna ad avere il litorale e nuovi letti (alvei) sono riempiti dalle acque impetuose dei torrenti.
11 Restituita... terra: il terreno solido era riemerso, asciugandosi.
12 come: quando.
13 dividi... famiglia: Pirra è cugina, oltre che moglie, di Deucalione, perché figlia di suo zio Epimeteo.
14 Oh se... respiro!: se, ricorrendo all’abilità di mio padre Prometeo, che aveva creato con il fango il primo uomo, potessi far esistere di
nuovo gli esseri umani e, modellando la creta, dar loro la vita!
15 dei celesti: degli dèi, che hanno la loro sede nel cielo.
16 Cefiso: fiume che scorre nei pressi di Delfi.
17 Attinta... sul capo: la purificazione con l’acqua era un rito da compiere prima di consultare l’oracolo.
18 deturpato: rovinato.
19 alle spalle... madre: il responso di un dio è sempre oscuro, perciò necessita di un’interpretazione.
20 pacate: calme.
21 non... sacrilegio: non ci spinge a commettere un’azione empia, riprovevole.
22 figlia del Titano: Pirra discende da Epimeteo, il cui padre era il titano Giapeto.
23 attestasse: confermasse.
24 duttile: morbida, flessibile.
25 umore: fluido.

COMPRENDERE IL TESTO
Distruzione e rinascita
Lo scenario del mito narrato da Ovidio ha un carattere davvero apocalittico: prima dell’intervento di Giove e Nettuno,
che rimettono gli elementi naturali al loro posto, gli uragani squarciano il cielo, il mare è in burrasca e le acque sono
uscite dai loro confini naturali. L’ordine del mondo insomma è stato alterato: persino i templi appaiono in rovina e i
fuochi che bruciano in onore delle divinità sono tristemente spenti.
L’umanità era diventata malvagia, suscitando l’ira degli dèi che avevano sommerso la Terra con le acque di una terribile
inondazione. Al centro del racconto si pone dunque l’evento del Diluvio, che appartiene al patrimonio mitico di molti
popoli, dai Sumeri agli Ebrei ai Greci, dalle civiltà precolombiane agli isolani della Polinesia.
Tuttavia la parte centrale della storia ne fa un mito antropogonico, che spiega cioè la nascita, ma più propriamente
bisognerebbe dire la rinascita, dell’umanità dalle pietre scagliate dai protagonisti, Deucalione e Pirra, discendenti dalla
stirpe dei giganteschi Titani.
Le pietre si trasformano in uomini e donne: fenomeno che spiega anche la loro forza e resistenza alle fatiche. La
metamorfosi qui descritta istituisce dunque un legame profondo tra gli esseri umani e la Madre Terra: infatti è dalle sue
ossa, ovvero le pietre, che essi hanno tratto la carne e le ossa del corpo; è da questa che sono nati, proprio come le piante
e i frutti.
Deucalione e Pirra riescono nell’impresa perché chiedono e ottengono l’appoggio di Temi. La dea li istruisce, spiegando
come devono comportarsi: l’atto di nascita dell’umanità deriva così da un gesto di venerazione e di rispetto del divino.
Come sempre nel mito, le strade degli dèi incrociano quelle degli uomini.
Il mito s’inserisce in un’opera, quella di Ovidio, in cui le trasformazioni, cioè i processi di metamorfosi, disegnano
l’immagine di un universo che si trasforma incessantemente e nel quale gli esseri umani mutano in piante, animali o
statue e gli oggetti o gli elementi della natura a loro volta si animano e diventano uomini.

ATTIVITÀ
1 Che cosa fanno Giove e Nettuno dopo il Diluvio?
2 Deucalione e Pirra progettano di far rinascere l’umanità: che cosa suggerisce loro l’oracolo di Temi? Come devono
essere interpretate le parole della dea?
3 Spiega la trasformazione delle pietre in esseri umani.
4 Come appare il mondo subito dopo il Diluvio?
5 Quando finalmente la Terra comincia a riemergere dalle acque, Deucalione e Pirra osservano un paesaggio:
a verde e lussureggiante.
b cupo e deserto.
c piacevole, anche se disabitato.
d abitato da strane creature.

6 Le caratteristiche di Deucalione e Pirra sono:


a amore per la giustizia, onestà, moralità.
b amore per il denaro, malvagità, ipocrisia.
c amore per l’inganno, egoismo, indifferenza.
d amore per la natura e ansia per il genere umano.

7 Qual è il rapporto di Deucalione e Pirra con gli dèi?


8 Le pietre sono le ossa della Terra: a ciascuna espressione della prima colonna abbina il
termine corrispondente della colonna di destra.
1 Di persona, personalmente: a avere le ossa rotte.
2 Nell’intimo, nel profondo: b farsi le ossa.
3 Essere stanchissimo: c in carne e ossa.
4 Abituarsi a qualcosa: d fino all’osso.

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