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ZE.US O G!OV� 3.

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le loro nozze nacquero :Minosse e Radamanto, due
dei tre inflessibili giudici del tribunale d'Averno.

Ganimede, coppiero celeste.


Graziosa favola è anche quella del ratto di Gani­
mede. Ganimede era un pastorello del monte Ida in
Troade, che non sapeva far altro che pascere le pe­
core, contarle la sera e la mattina, e trarre dal suo flau­
to di canna suoni dolci e monotoni. Giove lo vide, e
restò affascinato dalla sua meravigliosa bellezza. De­
siderando allietarsi la vista con quell'aspetto ridente . e
fiorito, si .trasformò in aquila e piombò sul ragazzetto,
mentre, come al solito, il piccolo pastore sonava il suo
fl�uto al calar del sole. Non vi dirò il terrore del po­
verelto quando si senti tratto da quegli artigli e da
quel becco adunco per le vie vertiginose del cielo ! Ma
il terrore si cambiò in stupore e poi in delizia, quando
Giove lo fece entrare nella sala dell'Olimpo ove gli
Dei. sedevano a banchetto, e, vestitolo d'una tunica
d'oro e cosparsogli il capo di profumi, gli affidò l'an­
fora del nèttare con cui mescesse agli Immortali. Da
quel giorno l'Olimpo ebbe due coppieri, entraml:>i do­
tati di perenne giovi1tezza : Ebe dal piè leggero e Ga­
nimede dai grandi riccioli biondi.

Urigine degli uomini. Il mito di Prometeo.


Come fu generato il primo uomo ? Ecco un altro di
quei problemi che i popoli primitivi si pongono, e per
i quali s'accontentano d'una risoluzione poetica. L'uo­
mo è figlio della Terra. I primi esseri umani sarebbero
Pelasgo ed E1'etteo, nati dal suolo dell'Attica. Una
perenne primavera regnava allora sul mondo. Gli al­
beri e le zone ·producevano frutti e grano spontanea-
34 MITOLOGIA GRECA E ROMANA

mente. La vita era un idillio. Ignaro di sofferenze e di


passioni, l'uomo era assai simile agli Dei. Ma con la
seconda generazione, alla felice età dell'oro subentrò
la triste età dell'argento , durante la quale gli uomini
conobbero il male e la morte e languivano sopraffatti,
in una specie di torpore che li rendeva simili a bruti.
Qui si delinea il profilo d'un mitu colossale ch'è
tra i piu profondi della favola antica. Prometeo, figlio
d'un Titano e Titano lui stesso, si muove a pietà della
misera condizione umana. Si reca a Lemno, e rapisce
nella fucina di Vulcano una favilla di fuoco, elemento
che sino allora era riservato agli Dei. In una cava can­
na porta quel tesoro ai giacenti mortali, ai quali rivela
l'arte di difendersi dai geli, di combattere le belve e di
plasmare i metalli. In breve gli uomini, con l'aiuto
della magica fiamma, escono dalla loro barbarie . Alla
torpida età dell'argento succede la fremente e feconda
età del bronzo , che conosce i misteri dell'agricoltura,
dell'industria e dell'arte. Ma i mortali, in possesso di
tanta potenza, �algono ora in folle orgoglio, traseu­
rano il culto degli Dei e si paragonano ad essi. Giove
entra in uno di quegli accessi di furore sacro che fanno
tremare l'Olimpo e la Terra. Ordina a Vulcano di fu­
cinare una catena dagli anelli infrangibili, e di recarsi
con essa sul monte Caucaso ove si trova il Titano ri­
belle. 1 Sceglierai 11 , gli dice, , la rupe più esposta al fu­
rore del sole e all'urto gelido dei rovai. E, afferrato
Prometeo, lo avvincerai a quel masso con mille giri
di rame attorto. In quell'orrenda solitudine, abbando­
nato dalla pietà, egli gemerà per mill'anni sull'affronto
che mi ha recato : e un'aquila tufferà senza posa il
becco sanguinoso nel suo fegato immortale » . Prometeo
è incatenato da Vulcano, ma la sua fierezza non piega
nell'angoscia del supplizio. Mentre il vento aspro gli
screpola la pelle, mentre l'ala delle tempeste lo schiaf-
ZEUS O GIOVE 35

foggia con turbini di pioggia gelata o di grandine, men­


tre l'aquila si sbrama del suo rosso viscere, continua
a maledire e sfidare Giove tiranno. Eppure, dopo tren­
t'anni Giove si muoverà a pietà di lui : Ercole ucciderà
l'aquila e scioglierà Titano dalla roccia per introdurlo,
redento dall'ira di Giove, nel regno degl'Immortali.
Che cosa scorgete in quest'epica leggenda ? Null'al­
tro che un bel sogno della fantasia ? Prometeo non è
solo il rapitore del fuoco celeste, è l'uomo nello splen­
dore della sua volontà, della sua attività, del suo ge­
nio, l'uomo che, a rischio di giacere fulminato, osa
emulare gli Dei, incapace di accasciarsi nella servile
adorazione che appaga i suoi compagni volgari. V'è
in Prometeo il poeta ribelle che sfida il Destino, lo
scienziato che cerca di rapire il segreto dell'assoluto,
l'inventore che vuol asservire la natura ai bisogni uma­
ni, e il filantropo che per il bene degli altri si vota
all'ingratitudine ed al martirio. Gli antichi giunsero a
vedere in questo Titano addirittura il creatore dell' uo­
mo . Come Giove plasmò in Pandora, con la molle ar­
gilla, la prima donna, cosi Prometeo avrebbe plasmato
con limo e lacrime il corpo del primo uomo. Ma quel-
1'essere nudo e inerme, rampante come una ranocchia
e pieno di bassi istinti, gli fece tanto pietà che decise
di redimerlo. Quindi il furto del fuoco sacro e la ven­
detta di Giove.
Il nome di Prometeo deriva dal sanscrito prama­
thyus ; colui che ottiene il fuoco con la confricazione.

La leggenda del Diluvio .


Giove, dopo ch'ebbe veduto di che protervia erano
capaci gli uomini, dacché possedevano il fuoco, prese
ad odiarli e deliberò di distruggerli. Gli elementi fu­
rono scatenati. Il mondo restò in preda al tifone e al

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