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INCONTRO CON UN UOMO STRAORDINARIO - 12

tratto dal blog http://ilgrandeignoto.blogspot.com di Angelo Ciccarella

Come il miele attira l'orso, così Scandurra attirava una tipologia di persona ben nota negli ambienti
spiritualistici ed esoterici. Provo a disegnarne il profilo e credo che voi, amici del blog, riconoscerete i
tratti tipici di quel personaggio che compare ogniqualvolta si vuole formare un cenacolo spirituale.
Non credo di esagerare, ma lo aggiungerei tra i tipi psicologici junghiani.
Innanzitutto battezzerei così il tipo: il sinistro. Proprio perché tale, il sinistro non vuole essere
catalogato sotto etichette semplificatorie. L'uomo sinistro è uno specialista di dubbi e sottigliezze, un
cacaminuzzoli, un formulatore di obiezioni e di distinguo, e talvolta anche un azzeccagarbugli.
Il sinistro, come gli è connaturato, deve arrivare alla scelta finale – appartenere o non appartenere a
quella comunità? - attraverso un complicato processo mentale e psicologico, che affronta incertezze
ontologiche, logistiche, e alla fine non scioglierà comunque i suoi dubbi, le sue riserve, rimanendo
sospeso perennemente tra essere battitore libero e coscienza superiore, oppure infiltrarsi con tutte le
cautele del caso. Di solito il sinistro è uomo di cultura forte ma di mente debole.

Di sinistri ne abbiamo incontrati diversi all'epoca della nostra avventura, a me davano un fastidio
insopportabile, ma anche per i miei amici non era facile convivere con tali rompicoglioni specializzati.
Scandurra non amava chi si adoperava solo per il gusto di veder distrutto ogni tentativo di amicizia e
di crescita; lui era aperto ad ascoltare, ma fino ad un certo punto.
Affermava di non essere depositario della verità, ma di una potenza ancestrale, da millenni trasmessa
selettivamente maestro/allievo e poneva una condizione: non doveva essere interrotta. Respingeva
quelle intrusioni di perdigiorno e spie. Ci avvertiva che quando un domani avremmo dovuto
ritrasmettere il dono, non dovevamo indugiare con i potenziali candidati: o dentro o fuori.
Le dispute accademiche, i tentennamenti amletici, erano banditi dal nostro lavoro. Le cose serie erano
per le persone serie.
Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, non dobbiamo fondare né una chiesa né una scuola, ma
soltanto esser degni di ricevere il dono, e basta. Filosofie, esoterismi, seghismi, se non strumentali
alla comprensione, non erano di casa nella bottega magica.

Ammusato, altro nomignolo del gatto, era entrato come una furia in bottega. Due clienti si
spaventarono e Scandurra fece loro cenno di star tranquilli.
“Avrà combinato qualche casino e lo stanno inseguendo col lansagnolo. Se lo beccano lo spellicciano
tutto e gli starebbe pure bene a quel faciolone”.
Il gatto si imboscò dietro a delle cassette accatastate. Mi venne da ridere visto il muso del felino.
Era quasi ora di chiusura serale e il tempo non era certo clemente. Tramontanina targata Viterbo. Del
resto era inverno.
Il maestro dopo aver servito i clienti, indossò il cappottone da profugo, prese dal bancone sigarette
fiammiferi chiavi e un pacco marrone che aveva destato la mia curiosità. Uscimmo dal negozio e gli

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chiusi, come ero solito fare, la saracinesca.
Chiesi del gatto.
“Quando incontri il tuo nemico, senti il sangue scorrere e cantare in un ritmo inebriante, perdi così
ogni pesantezza terrena. Non ti importa della vittoria, non temi morte né dolore delle ferite. Zampilla
dentro una droga che impregna il tuo sangue, la mente e l'anima. Diventi un freddo testimone e
questo è il primo passo in battaglia, è il senso del combattimento. Se possiedi l'inizio, il resto è
inevitabile. Il gatto, in questo momento, attende questo primo passo, il suo sangue si sta trasformando
per andare incontro al nemico. Oppure si sta cacando sotto... ehhhhhhh”.
Sì, vabbé.
Ci salutammo per quella sera. Me ne tornai un po' deluso dal pomeriggio. Mi creavo sempre delle forti
aspettative dal maestro. Ero animato da una fretta, da un desiderio profondo di concludere, di sapere,
di fare. Volevo pure io il dono. Ecco, questo volevo.

Scandurra aveva una logica da mago, la prova concreta della possibilità di un principio ordinatore del
cosmo, che tutto il reale – soprattutto la parte ignota – è razionale, che ci sono sintesi a priori del tutto
incommensurabili.
Un oggetto malefico/negativo, secondo una sua definizione, va distrutto ritualmente così le
circostanze dietro di esso si calmano e ogni volta che applicherai il principio, il problema si risolverà.
Un principio organizzatore degli eventi del mondo è quello di aggregazione e disgregazione della
materia. Neutralizza una cosa attraverso il fuoco e il suo potere si disgregherà. Cambio di stato.
Sciogli una sostanza in acqua corrente e il complesso egoico si semplifica, come un algoritmo.

Il portato dell'insegnamento scandurriano, sembrava in buona parte nuovo e comunque fuori dai
canoni occultistici dell'Ottocento e del Novecento. Nuovo non solo nel linguaggio, ma nei contenuti:
filosofia naturale + scienza eretica + alchimia pratica + etnobotanica + metapsichica, il tutto miscelato
con un potere personale incredibile.
Chiamatelo pure carismatico, io lo chiamerei magico, semplicemente. Ma di un realismo magico, se
mi consentite l'accostamento, che ti consente di leggere le cose di questo mondo in una chiave
incantata, ma che ti risuona dentro, mostrandosi vera, schietta, sperimentale; un realismo magico
dove la vita è rappresentata da un mondo di segni, simboli, incontri fatidici.
È la sapienza di Atlantide di cui Scandurra era l'erede, quel mitico continente scomparso e non
sommerso. Il mio maestro, riuscendo ad insediare a Viterbo una piccola roccaforte atlantidea, aveva
compiuto un'opera grandiosa nascosta però a tutti, o quasi. Una continuità illuminante con il lontano
passato dell'umanità, avvolta in una necessaria nuvola di imponderabilità, utilissima per meglio
operare indisturbati.
Aveva stabilito un ponte-radio con lo spaziotempo, creata una nuova linea temporale nella matrice
cosmica, e tutto questo in una bottega di frutta e verdura, situata in un quartiere popolare di una
cittadina dell'Alta Tuscia, poco nota in Italia. Così, semplicemente. Letteratura, immaginazione,
mitologia? Come no!

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La sera cenai insieme ai miei, poi scartabellai il diario sui compiti scolastici fatti o da farsi. Ero
spompato, come quando attendi qualcosa che ritieni importante e poi la delusione, niente.
Uno squillo improvviso al citofono e mi fiondai a rispondere. Mia madre sbuffava. Era Zac, un sodale
della gilda di Scandurra, che mi invitava ad un incontro notturno presso la Fontana del Boia, poco
fuori la città. In tutta fretta mi preparai e scesi.
Zac era di 12anni più grande di me, lavorava presso uno studio di architetti, etruscologo e
metapsichico di vaglia, amante della buona cucina – 130kg di buon umore e ciccia – e delle comodità,
ma per Scandurra avrebbe fatto qualsiasi cosa, pure buttarsi in un fosso melmoso e puteolente, se
fosse stato necessario. Quella sera fu necessario.

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