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Mont
RUSSIA
iU
Mosca
Lozva
Yekaterinburg
iN
Il luogo
La prigione russa Colonia 56,
conosciuta con il nome di
Aquila Nera, si trova negli
Urali, 400 chilometri a nord di
Yekaterinburg e a quasi
2.500 chilometri a nord est
dalla capitale, Mosca. Per
raggiungere la prigione, da
Yekaterinburg, occorrono 8
ore di viaggio in auto.
Attualmente vi sono rinchiusi
260 detenuti. Durante
linverno le temperature
scendono fino a meno 45
gradi centigradi
Le immagini
A fianco: un secondino di
guardia; nella pagina accanto,
dallalto: detenuti allinterno e
allesterno del carcere; la
porta di una cella con le
indicazioni del prigioniero
ri da svolgere. Nessun carcerato mai evaso da Aquila Nera e sono in pochissimi ad averci provato. Solo i pi forti
riescono a sopravvivere in queste condizioni, quelli che
sono pi forti mentalmente, dice a la Lettura Vladimir
Eremeev, 64 anni, condannato per omicidio, che ha trascorso pi di 40 anni nelle prigioni sovietiche e russe.
Un terzo degli ergastolani impazzisce. Tutti gli altri sanno che usciranno di qui solo nella cassa da morto.
Nel 2000 sono stato il primo giornalista straniero ad
avere accesso ad Aquila Nera. Di recente, dopo oltre sei
mesi di trattative per concordare un permesso dalle autorit della prigione, ho fatto ritorno in compagnia di Nick
Read, un regista pluripremiato, e una troupe televisiva.
Insieme, abbiamo trascorso 21 giorni allinterno del penitenziario per realizzare I Condannati, un documentario
su alcuni dei prigionieri rinchiusi in quel mondo desolato. Nessuna troupe straniera ha mai ottenuto il permesso
di restare cos a lungo, e senza vincoli di sorta, in una prigione russa, tantomeno in una fortezza impenetrabile e
remota come Aquila Nera. Abbiamo intervistato oltre 50
detenuti sui loro delitti e castighi, e tra questi abbiamo selezionato sei prigionieri, ai quali abbiamo chiesto di raccontare la loro storia. Abbiamo provato a esplorare come
cambiano la mente e lanimo di un uomo, quando resta
segregato in una cella di quattro metri quadrati per 23 ore
al giorno per decenni. Quale speranza resiste, quando
ogni speranza morta? A che cosa si aggrappa un uomo,
quando viene spogliato di tutto? Esiste il pentimento, esiste la redenzione? E perch taluni carcerati sostengono
che la pena di morte sarebbe una punizione pi umana e
misericordiosa della condanna a vivere ad Aquila Nera?
In Russia la pena capitale rimasta in vigore fino al
1996, quando il presidente Boris Eltsin la revoc per consentire al Paese lingresso nel Consiglio dEuropa. Nellera
sovietica, i criminali come quelli incarcerati ad Aquila Nera venivano giustiziati con un colpo alla nuca e seppelliti
in segreto in tombe senza nome. Quando venne varata la
moratoria, il governo fu costretto a decidere sul destino
dei detenuti richiusi nel braccio della morte in attesa di
esecuzione capitale. Scelse di risparmiar loro la vita e di
commutare la sentenza in 25 anni di reclusione. Sono trascorsi 19 anni da allora e oggi restano solo 170, degli antichi condannati a morte, a scontare la loro pena in un carcere di massima sicurezza, e sono tutti rinchiusi ad Aquila
Nera. Gli altri 90 prigionieri nella prigione sono stati condannati allergastolo per omicidio, dopo la sospensione
della pena di morte. Non tutti i detenuti nel braccio della
morte hanno reagito con sollievo alla notizia che gli era
stata risparmiata la vita, in cambio di 25 anni di carcere
durissimo. Per alcuni, la prospettiva si rivelata insopportabile. Sono stato lultimo dice Eremeev ad avere la condanna commutata. Quando uno dei carcerati che
era con me nel braccio della morte ha visto il decreto presidenziale che trasformava la pena di morte in 25 anni di
reclusione... cinque minuti dopo si impiccato. Un altro
lo ha fatto tre giorni dopo, con le mutande. Il terzo si
conficcato un arnese nel cuore. Pensa che coraggio, trafiggersi a morte. Se mi avessero giustiziato, mi avrebbero
Soglie
di Franco Manzoni
risparmiato tutta questa tortura e questa angoscia. Scontare 25 anni non una sensazione piacevole, nemmeno
per uno come me.
Gli ergastolani condannati dopo la moratoria del 1996
sono rinchiusi in celle, mentre gli antichi condannati a
morte, ai quali stata risparmiata la pena capitale, vivono
in comunit, in una vecchia caserma di legno, costruita in
epoca sovietica. Gli scampati, come vengono chiamati
gli antichi condannati a morte, dormono in stanzoni sovraffollati, mangiano in mensa ma soprattutto hanno il permesso di passeggiare allaperto e godersi un po
di sole e di aria fresca. I detenuti malati di tubercolosi sono isolati in un edificio a parte. Il regime pi mite accordato agli ex condannati a morte semplicemente il risultato di incongruenze legali, scaturite dalle modifiche apportate al codice penale sovietico quando il Paese si lasci
alle spalle il regime comunista. Le differenze non riflettono la convinzione, tra le autorit, che i detenuti scampati siano meno pericolosi degli ergastolani, n i loro crimini meno raccapriccianti. Sono tutti uguali, hanno
commesso reati inenarrabili, dice Subkhan Dadashiov,
direttore di Aquila Nera dal 1986. Sono qui da 29 anni e
non ho mai provato compassione per nessuno di loro.
Francamente, preferivo la pena di morte. Se qualcuno
non mi capisce, vuol dire che non ha mai guardato negli
occhi uno di questi assassini. Per me la pena di morte
lunica soluzione.
Dadashiov, 53 anni, vive in una casetta di legno a poche
centinaia di metri dal perimetro del penitenziario, in un
paesino di meno di 200 abitanti, per la maggior parte
guardie carcerarie. Dalla sua stanza da letto gli giunge il
ronzio dei sensori del perimetro esterno. Insieme alla
moglie ha allevato tre figlie in questo cupo isolamento e
quando gli ho chiesto se, dopo quasi tre decenni, non fosse diventato anche lui un carcerato, ha sorriso, sfoggiando due incisivi doro. Sono arrivato qui che avevo 24 anni, adesso ne ho 53, niente male. Perfino gli ex condannati a morte fanno solo 25 anni, io ne ho fatti 29. Buffo, no?
Ci scherzo su, dicendo che loro sono arrivati con una condanna, io con un contratto. Quando siamo arrivati qui, allinizio, mia moglie mi ha fatto una sola domanda mentre
ci inoltravamo sempre pi nella foresta: perch non ci sono macchine che viaggiano in direzione opposta?.
La prigione talmente isolata che quando la sua vecchia Volga sovietica in panne, Dadashiov non ha altra
scelta che farsela aggiustare dagli ex condannati a morte
nel cortile del carcere. Il direttore si fa tagliare i capelli dal
barbiere del penitenziario che, in un raptus di gelosia, ha
ammazzato moglie e suocera. Si fa servire i pasti in ufficio
dal suo maggiordomo, un uomo sulla sessantina, pacato e cortese, che ha ammazzato sei persone e che mi ripete, in tono paterno, che non mangio a sufficienza.
I detenuti si attengono a una severa gerarchia e a un insieme di tacite regole assai complesse. In fondo alla graduatoria ci sono gli emarginati, ovvero coloro che hanno ucciso donne e bambini, oppure hanno commesso crimini a sfondo sessuale. Nella palazzina degli scampati,
costoro dormono in disparte e mangiano al loro tavolo,
Melodie e preghiere
Un affresco di camere dellinfanzia. Come in
un sogno ritrovano fisicit i genitori e la
nonna, riappaiono oggetti, specchi, mobili, si
sentono gli odori della cucina e del pane nella
raccolta Stanze con case di Letizia Dimartino
con i loro piatti e posate. Gli altri non si degnano di stringere loro la mano n di accettare alcunch da loro, nemmeno una sigaretta. Uno degli emarginati Andrei Lebedev, che nei primi anni Novanta ha stuprato e ucciso una
ragazza e ha passato sei anni nel braccio della morte, per
poi vedersi commutare la pena in 25 anni di carcere. Qualche anno fa la vittima di uno stupro gli ha scritto, nel tentativo di scavare nella mente di uno stupratore e assassino. I due hanno tenuto in vita una corrispondenza, dalla
quale nata unamicizia che ha portato al loro matrimonio dietro le sbarre.
A differenza degli ergastolani di Aquila Nera, agli
scampati sono concesse visite coniugali in una foresteria tenuta sotto chiave. Lebedev e la moglie hanno avuto
anche due figli, un maschio che oggi ha nove anni e una
femmina di sette. Il padre gli ha parlato per telefono, ma
non li ha ancora incontrati di persona: troppo giovani per
visitare la prigione. Non gli stato ancora detto per quale
motivo il padre si trova dietro le sbarre. Nel fabbricato degli ergastolani, dove i detenuti possono vedere un congiunto per un totale di 8 ore lanno (le visite qui sono ancor pi rare che nel settore degli scampati), abbiamo
filmato due riunioni. La prima tra Maksim Kiselev e sua
madre. Un sociopatico, Kiselev si ricorda soltanto di essersi ubriacato, di aver iniziato una rissa e di essersi svegliato con un coltello in mano e 6 persone a terra, tra le
quali anche una donna e un bambino di 10 anni. La donna
non vedeva il figlio da cinque anni e aveva percorso 8 mila
chilometri, tra andata e ritorno, per potergli parlare per 4
ore dietro un divisorio di vetro spesso. In lacrime, dice
che sar lultima volta che vedr suo figlio, perch non ha i
soldi per rifare il viaggio.
Se tu fossi rimesso in libert, saresti un pericolo per la
societ? chiedo a Kiselev, 33 anni, che preferisce restare
chiuso in una cella singola da quattro metri quadrati, dove sopravvive sepolto in un suo mondo immaginario.
Certo che lo sarei mi risponde senza esitare . Vedrei
la gente che si gode la bella vita e vorrei farlo anchio. Ma
io non ho mai lavorato. Allora mi metterei a rubare, a
ubriacarmi e ad ammazzare di nuovo. Perch se hai ucciso
una volta, ucciderai ancora.
Ho imparato ad apprezzare lonest brutale con la quale
si sono aperti a me per parlare dei loro reati, rimpianti,
redenzione, mancanza di rimorsi, libert e famiglia, pazzia e speranza. Io ho ucciso, come faccio a pentirmi?,
dice Eremeev, il vecchio detenuto con pi di 40 anni di
carcere sulle spalle. Che senso ha parlare di pentimento?
Come fanno assassini e sadici come noi a chiedere perdono? Un uomo che ha ammazzato 3 o 4 persone, che ha ammazzato donne e bambini che senso ha il pentimento?
Nessuno cambia. Una volta tornato libero, un uomo potrebbe anche non commettere pi reati e condurre una vita normale, ma quello non pentimento. Se vuoi davvero
pentirti, vai a spararti oppure prendi una corda e impiccati. Quello s che sarebbe pentimento per i tuoi peccati.
solo davanti a Dio che ci pentiremo. Nellaltro mondo.
(traduzione di Rita Baldassarre)
RIPRODUZIONE RISERVATA
Il reportage
Corrispondente da Mosca del
Sunday Times, il
giornalista Mark Franchetti
aveva visitato la prigione
russa Aquila Nera nel 2000.
Un anno fa vi tornato e si
fermato per tre settimane per
girare un documentario, The
Condemned. Oltre a
Franchetti, produttore, hanno
lavorato al documentario
anche il regista e direttore
della fotografia Nick Read,
leditor Jay Taylor, i
compositori Smith & Elms e il
fotografo Dmitry Beliakov,
autore delle immagini qui
pubblicate (www.
thecondemneddoc.com). La
gallery completa delle foto
sul sito online de la Lettura
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