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Urbino, aprile 2014

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Quo vadis, Darwin?


LORENZA F. PELLEGRINI

il Ducato
dossier
mance computing, medical informatics, neuromorphic computing e neurorobotics. La ricerca si articola in 13 sottoprogetti. Ad esempio, quello che vuole spiegare il modo in cui alcune funzioni cognitive, come percezione, motivazione e decisione, vengono processate allinterno del cervello umano. Studiando lattivazione e le dinamiche di risposta a determinati impulsi, i ricercatori vogliono capire quali aree cerebrali si attivano per poter mappare lattivit dellascatola nera. Nera perch in questa scatola si sa con esattezza solo cosa entra e cosa ne esce, mentre si ignora, anche se non del tutto, cosa avviene esattamente al suo interno. Un altro sottoprogetto riguarda la neurorobotica e ha come obiettivo quello di creare dei burattini in silicio per avere dei corpi su cui simulare le attivit neurali. A questo elenco si aggiungono anche i lavori che porteranno alla nascita di un supercomputer, che dovrebbe essere in grado di funzionare come il nostro "calcolatore" biologico. I nanziamenti per costruire questo simulatore molto dettagliato, e per il progetto nel suo complesso, provengono prevalentemente dalla Commissione europea, che ha stanziato oltre 54 milioni di euro per i primi 30 mesi di lavoro, periodo necessario per lo studio della fattibilit dell'impresa scientica. L'investimento totale sar di circa 1,2 miliardi di euro, una somma considerevole che dipende dal fatto che lo Human brain uno dei sette cosiddetti agship projects promossi dallUnione. Si tratta di progetti strategici per dare supporto alla scienza e produrre beni e servizi innovativi, incoraggiando la cooperazione tra gli istituti di ricerca europei. Eccellenze italiane in campo scientico e tecnologico ce ne sono, ma le risorse che lo Stato mette a disposizione sono scarse: l1,25% del Pil (dati Eurostat 2011). Cos scarse da spingere il nostro Paese in fondo alla classica europea. La nostra una percentuale molto lontana da quel 3% richiesto dall'Europa, obiettivo che gli Stati membri si sono impegnati a raggiungere entro il 2020. I risultati che lo Human brain project si pregge di ottenere entro il 2023 dovrebbero consentire lo sviluppo di un nuovo approccio alla siologia e alla patologia del sistema nervoso, e, allo stesso tempo, portare alla creazione di terapie innovative e pi efcaci per la cura di malattie neurodegenerative e mentali. Se cos fosse, la vita di molti uomini e donne, e la salute degli Stati cambierebbero radicalmente. Basti considerare che in Europa sono 165 milioni, circa un terzo della popolazione totale, a soffrire di patologie come Alzheimer, schizofrenia, depressione, e che queste pesano come macigni sulle casse dei Paesi membri dellUnione. Una cifra che si commenta da sola: 797 miliardi di euro lanno (European Brain Council, 2011). Una conoscenza tanto dettagliata del cervello potrebbe avere delle conseguenze meno entusiasmanti. Si pu immaginare un futuro non troppo lontano in cui la salute e le azioni delle persone saranno valutate in base al circuito neuronale di ciascun individuo. Pi concretamente, se l'architettura cerebrale di un uomo non dovesse corrispondere al modello considerato "normale", cosa succederebbe? Verrebbe, ad esempio, arrestato preventivamente perch naturalmente portato a delinquere? A queste fantasiose speculazioni ne seguono anche altre. Tutte per sollevano quegli interrogativi morali studiati dalla bioetica, che, a sua volta, cerca di individuare i criteri e i limiti di liceit della

Periodico dellIstituto per la formazione al giornalismo di Urbino

e hai un problema, e quel problema si chiama psicosi, tieni duro ancora un po: tra dieci anni i cartogra del cervello avranno brevettato un sistema per eliminare alla radice la causa del tuo male. Quel che non funziona come dovrebbe verr rimosso e ladattamento del tuo comportamento avverr attraverso un apprendimento senza esperienza. Tutta la fatica lavr fatta al tuo posto un computer, su cui verr testata la soluzione pi adatta alle tue necessit. Innestare la salute e la felicit potrebbe essere la nuova frontiera dellevoluzione umana, dove larticiale prender il sopravvento sul naturale. Quo vadis, Darwin? Questo interrogativo non frena il progresso, tutt'altro. Oggi la scienza alla ricerca della chiave per accedere alla cabina di comando di ogni essere umano: il cervello. una battaglia che si gioca sul tavolo della competenza scientica, delle innovazioni tecnologiche e dei nanziamenti. Cos, senza badare a spese, hanno preso il via due imponenti progetti: lo Human brain project (Hbp) europeo e la Brain Initiative (Bi) statunitense, nanziata dallamministrazione Obama, che solo per il 2014 ha deciso di investire 100 milioni di dollari e di aggiungerne altri 300 ogni anno, per il prossimo decennio. Quella tra Europa e Stati Uniti, in realt, non una competizione spietata che non ammette confronti costruttivi, anzi. Recentemente stata diffusa la notizia che questi due Paesi intendono mettere a fattor comune il capitale umano e la tecnologia necessaria per scoprire i segreti della mente. Una collaborazione internazionale dai contorni ancora non del tutto deniti. Intanto, nel Vecchio Continente, lo Human Brain Project, un progetto scientico nel campo dellinformatica e delle neuroscienze, punta ad analizzare, nellarco dei prossimi dieci anni, lintera attivit cerebrale per simularne lorganizzazione e il funzionamento con un supercomputer. La ricerca, nel suo complesso, diretta da un gruppo scientico svizzero, Lcole polytechnique fdrale di Losanna, guidato da Henry Markram, e viene portata avanti grazie a una vasta collaborazione che coinvolge 87 istituti di ricerca, di cui quattro italiani. Si tratta di un progetto internazionale ma anche interdisciplinare, perch i diversi centri sono specializzati in una particolare branca del sapere tecnico-scientico: neuroscienze, medicina e informatica. Si fa leva sullinterdipendenza di queste specializzazioni con l'obiettivo di avere una visione globale, anche se non esaustiva, su un tema articolato come il funzionamento del cervello. Inoltre, come scriveva Cartesio, tutte le scienze sono cos connesse tra loro che molto pi facile apprenderle insieme piuttosto che separarne una sola dalle altre. Bisogna dare alla scienza la tecnologia che si merita. Cos, allinterno dello Humna brain project sono state costituite anche sei piattaforme operative high-tech, dedicate rispettivamente a neuroinformatica, brain simulation, high perfor-

Charles Darwin visto da da Andr Gill. Copertina del numero di agosto 1878 de La petite Lune, rivista satirica francese
ricerca scientica, afnch il progresso avvenga nel rispetto di ogni persona umana e della sua dignit. Etica, scienza, tecnologia: tre termini che non sempre riescono a coesistere pacicamente.Scienza ed etica sono due dimensioni distinte, spiega il professor Umberto Eco. Le valutazioni etiche non incidono sulla scienza e sulle sue scoperte, semmai sui suoi risultati. Letica non serve a stabilire se latomo fatto di neutroni o no, serve casomai a negare lutilit della ricerca sullatomo. In ogni rivoluzione tecnologica e scientica ci sono dei rischi che luomo chiamato a valutare. Un giudizio che per nulla ha a che fare con lipotetica efcienza della nuova macchina o della nuova cura che viene proposta. Biotecnologie e intelligenza articiale hanno il potere di inammare il dibattito pubblico. Ancora oggi, se attribuite a un computer, parole come intelligenza e apprendimento sono spesso accolte con scetticismo, anche se non da tutti. Agli albori della rivoluzione informatica, Vittorio Somenzi, losofo della scienza, gi rietteva sulla possibilit di simulare nei nuovi calcolatori la capacit dadattamento e le funzioni cognitive umane. Oggi, il suo allievo Roberto Cordeschi nutre in gran parte la stessa convinzione. Non ci resta che chiederci cosa succederebbe se le prossime generazioni di calcolatori dovessero essere in grado di pensare, di decidere e se, allo stesso tempo, quella articiale non sia diventata la strada maestra intrapresa dall'evoluzione umana. Quo vadis, Darwin?

il Ducato

Se il gioco si fa duro...
Dalla mappatura del cervello allelaborazione dei dati, dalla creazione di modelli matematici allo sviluppo di hardware e software. Ecco di cosa si occupano gli istituti di ricerca italiani coinvolti nello Human brain project
posti chimici, cio farmaci, o attraverso una manipolazione che pu essere elettrica, ottica e via dicendo. Manipolazione, controllo della mente hanno un suono poco rassicurante Il controllo di una zona del cervello, ad esempio attraverso impulsi luminosi, pu avere una doppia valenza. Mi spiego meglio. Una delle aree scientifiche di recente sviluppo loptogenetica: la luce viene usata per stimolare segnali elettrici nel cervello, cio per eccitare i neuroni. Una sua applicazione positiva potrebbe essere la creazione di un pacemaker ottico per gli epilettici. Lepilessia unattivit elettrica disordinata di una parte del cervello - cos come la fibrillazione lo per il cuore - che grazie agli sviluppi delloptogenetica, potrebbe essere regolarizzata dallesterno. Ma potrebbero esserci anche applicazioni negative di questo pacemaker, con dei risvolti neuroetici notevoli. Anche bioetici Esatto. Anche dal punto di vista forense questa ricerca produrr delle conseguenze significative. Ad esempio, se un ossessivo-compulsivo entra in un supermercato e fa fuori tutti con una mitragliatrice, e poi si scopre che la struttura del suo cervello era anomala, si pone un problema: definire fino a che punto era padrone delle proprie azioni. Pensi che gi adesso lintroduzione della risonanza magnetica nelle perizie forensi sta assumendo una connotazione sempre pi importante e che un domani le informazioni sul funzionamento cerebrale potrebbero essere molto pi precise. Che succederebbe se si scoprisse che la struttura cerebrale di un uomo anomala? Lo metto in prigione in via preventiva perch prima o poi delinque?. Il vostro un progetto non privo di criticit. Quali sono, al di l dei risvolti bioetici, le difficolt che vi trovate ad affrontare? Il fatto che il cervello un organo estremamente complesso, che ci si imbatte nella variabilit biologica, e che si ha ancora una conoscenza povera dellorgano. Ci saranno anche delle difficolt economiche. Oltre ai finanziamenti europei, riuscite ad attirare altri investimenti? Diciamo che cerchiamo fondi in ambito pubblico e privato, nazionale e internazionale. Ancora non ci sono case farmaceutiche coinvolte, ma credo perch siamo solo agli inizi. Al momento ci sono delle fondazioni bancarie che sovvenzionano la nostra ricerca. Per quanto invece riguarda lapporto economico europeo, parliamo di un finanziamento iniziale di 54 milioni di euro in totale, per tutti i Paesi dellUnione, per i primi 30 mesi di ricerca. Poi si dovrebbe passare a 100 milioni lanno, quasi il triplo. E qual la quota che lEuropa ha destinato allItalia? Circa un milione di euro per la ramp-up fase, cio la fase relativa allo studio di fattibilit. In quanti lavorate al progetto? Il mio gruppo di ricerca composto da circa venti persone e una buona parte lavora allo Human brain project. Qual let media? Sono tutti italiani? La met sono italiani, gli altri vengono da Asia, Stati Uniti, India, Europa. Let media 27 anni. E voi lavorate confrontandovi con altri istituti di ricerca? Noi lavoriamo in contatto con Losanna, ma anche con molti gruppi americani: Harvard, il Massachusetts Institute of Technology, il Brain Institute di Seattle. Ma gli Stati Uniti non sono il vostro antagonista principale? Tra rivali si collabora? La Brain iniziative statunitense non lunico progetto sfidante. Ne stanno nascendo altri, ad esempio in Cina. E poi la scienza fortunatamente non una setta: puoi collaborare con chi vuoi. Tecnologia avanguardistica per un progetto ambizioso La storia ci insegna che solo quando abbiamo degli obiettivi che sembrano irraggiungibili riusciamo a ottenere risultati che credevamo impossibili.

Laboratorio dell'Universit di Pavia. In primo piano, un microscopio

Il progetto di Pavone, scienziato del Lens

I cartogra della mente e la rivoluzione energetica


edere, discernere le strutture del cervello attraverso la luce. Si chiama imaging ottico ed la tecnica usata dai ricercatori del Lens (European Laboratory for non-linear spectroscopy) di Sesto Fiorentino per cercare di ricostruire la mappa delle connessioni neurali presenti nel cervello. Ma una cartina dettagliata di questi collegamenti, il cui insieme viene chiamato connettoma, non lunico obiettivo che il gruppo fiorentino cerca di raggiungere. Come spiega il responsabile della ricerca, Francesco Pavone, il loro interesse anche quello di misurare la densit delle cellule e il loro numero, disegnare larchitettura delle varie zone del cervello e correlarla con la funzionalit di quelle determinate aree. Il tutto usando delle immagini con una risoluzione mille volte superiore a quella della risonanza magnetica funzionale, che ci permetteranno di vedere dei dettagli prima impensabili e, di conseguenza, di interpretare i dati in maniera diversa. Ma come si fa a tracciare una mappa di qualcosa che si evolve e muta in continuazione come il cervello? Diciamo che c una parte plastica che ha unevoluzione rapida e che non pu essere caratterizzata e immortalata con una fotografia, per c anche una parte pi statica che pu essere analizzata. Ad esempio, la distribuzione delle cellule, che ha una certa importanza perch, quando risulta anomala, pu essere correlata ad alcune patologie come lautismo. Studiando il funzionamento e lorganizzazione del cervello cerchiamo di approfondire anche questi aspetti. Quindi state lavorando su pi fronti. Ma qual il risultato atteso? Il nostro obiettivo fare una mappa multistrato del cervello. Realizzare e poi mettere insieme, perch interdipendenti, le singole mappe e le dettagliatissime

informazioni che riguardano molteplici aspetti del cervello: funzionalit, espressione genica, cellule. Informazioni che riusciamo a ottenere per via ottica marcando con delle molecole fluorescenti le proteine, i geni o il corpo cellulare. Se raggiungerete questo obiettivo, come cambierebbe la nostra vita? Potremmo individuare certe patologie molto prima che si sviluppino. Ad esempio lAlzheimer, che si manifesta nella sua forma pi eclatante solo nel suo stadio ultimo. Una diagnosi precoce consentirebbe una terapia pi efficace. Oppure, se si riuscisse a capire che lautismo effettivamente correlato a una malformazione dellarchitettura cerebrale, questo potrebbe guidare i farmacologi verso nuove tipologie di farmaci in grado di agire direttamente su quellarea. Inoltre, i cambiamenti sarebbero ancora pi incisivi se un domani disponessimo di un supercomputer in grado di simulare lorganizzazione e il funzionamento del cervello con unelettronica neuromorfica. Sarebbe a dire? Un computer neuromorfico una macchina che si ispira al modo di fare computazione nei neuroni. Il vantaggio di ispirarsi al cervello che questorgano per svolgere un ragionamento complesso, unoperazione di calcolo, impiega una quantit di energia inferiore a quella di una lampadina a basso consumo. Se un supercomputer neuromorfico riuscisse a raggiungere la stessa efficienza di questo calcolatore naturale, lenorme problema del consumo energetico mondiale sarebbe risolto. Invece di puntare su nuovi tipi di energia rinnovabile, puntiamo su un consumo un miliardo di volte inferiore: questa s che sarebbe una rivoluzione per lumanit. Risultati del genere nelle mani sbagliate potrebbero avere delle conseguenze negative? Lei mi sta chiedendo: una martello pericoloso o utile? entrambe le cose: un martello serve sia a battere un chiodo che a ferire qualcuno. Daccordo. Ma non teme che la vostra ricerca venga strumentalizzata? Supponiamo per assurdo che una particolare zona del cervello determini una certa manifestazione di aggressivit o di panico: questa pu essere soppressa o amplificata a seconda dello stimolo che viene dato attraverso com-

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il cervello si fa in quattro
Egidio DAngelo e un modo nuovo di fare biologia

Il neurone che vincer lAlzheimer

no degli scopi dello Human brain project creare un modello del cervello che ci aiuti a identificare in anticipo levoluzione delle malattie mentali e neurodegenerative. Egidio DAngelo, docente di fisiologia alluniversit di Pavia, resta in silenzio per qualche istante, poi si allontana dalla sua scrivania e continua: Queste malattie rappresentano un grande problema sociale. Spesso i media si concentrano su aspetti di minore importanza, ma che fanno pi scalpore, come le dipendenze, trascurando le patologie che incidono di pi sulla popolazione. Per le malattie mentali e neurodegenerative lEuropa spende una cifra mostruosa: in media 800 miliardi di euro lanno. Per ridurla non si pu pensare di spendere sempre di pi in nuove terapie. Bisogna prevenirle e per farlo dobbiamo essere in grado di effettuare delle diagnosi pre-cliniche. E come contribuite, qui a Pavia, al raggiungimento di questo obiettivo? Abbiamo dei laboratori di biofisica cellulare, una sezione di neurofisiologia integrativa che studia, con tecniche di risonanza magnetica e stimolazione transcranica, le funzioni integrative del cervello e le patologie. Allinterno dello Human brain project il nostro gruppo inserito nella piattaforma che si chiama Initial Brain modelling. Il nostro compito quello di sviluppare dei prototipi, cio dei modelli matematici, dei neuroni e delle reti neurali, che poi verranno utilizzati per ricostruire le funzioni del cervello. Per la loro elaborazione vengono usati dei supercomputer: tecnologia avanzatissima per un modo nuovo di fare biologia. Premessa biologica, strumento matematico-computazionale, risultato biologico. Siete i primi a realizzare questo genere di prototipi? Ci sono dei precedenti, nulla nasce da zero. I neuroni simulati li realizziamo gi da molti anni e questo uno dei motivi per i quali oggi siamo coinvolti in questo progetto di ricerca europeo. Quindi quale sarebbe lelemento innovativo della vostra ricerca? Non scartare la complessit. Non semplificare per capire, come si tende sempre a fare. Prima si cercava di intuire quale fosse la soluzione a un problema scientifico come quello relativo al funzionamento del cervello analizzandolo dallalto. I risultati per erano molto variabili, difficili da interpretare perch la connessione tra il mondo macroscopico e quello microscopico il vero enigma da risolvere. Una volta risolto lenigma, cosa sareste in grado di individuare? Se ricostruiamo il sistema cervello possiamo capire il suo meccanismo di funzionamento biologico. E simularlo. Quali funzioni cerebrali potrebbero essere simulate? Lobiettivo, o meglio, lambizione quella di arrivare a studiare le funzioni cognitive. Funzioni complesse Certo. Le dinamiche cerebrali sono complicatissime perch le funzioni neurali si sviluppano nel tempo. E per studiare un sistema in continuo mutamento serve un modello danalisi dinamico, come il nostro. Capire cosa fa ogni singolo elemento, tenendo allo stesso tempo presente la sua interazione con gli altri, non banale. Poi c la plasticit del cervello: un sistema che non ha sempre la stessa configu-

razione, la modifica. E in questo diverso da un sistema computazionale standard. Come si pu simulare un sistema che si automodifica? Introducendo delle regole di modifica. Regole che esistono, studiate in biologia, di plasticit sinaptica o di apprendimento sinaptico, che consentono a un sistema di automodificarsi. Quindi un computer sar in grado di apprendere Apprendere, in ambito software, gi una realt. In via sperimentale, lo fanno anche i processori. Si tratta per di un apprendimento che non consente di formulare previsioni inusuali. Per essere creativo, il sistema deve esporsi allinstabilit della soluzione, cio non deve valutare solamente le relazioni causa-effetto, predeterminate e stabili. Questo il mondo del sistema biologico, probabilistico per natura. Cos, se noi costruiamo una macchina prevalentemente biologica questa dovrebbe essere probabilistica, e se probabilistica dovrebbe essere creativa. Tra dieci anni potrebbero esistere dei computer creativi? assolutamente plausibile. Una rivoluzione tecnico-scientifica che avr delle conseguenze Penso che ci saranno tre tipi di ricadute. La prima in ambito tecnologico: se si riuscissero a realizzare artefatti che funzionano sulla base di principi biologici, si avrebbe una nuova generazione di macchine in grado di pensare, di decidere. Ma questa non una previsione scientifica, ci che immagino. Laltra ricaduta importante si pu avere in ambito biomedico, attraverso unanalisi molto pi precisa di alcune malattie. Tutte le patologie sono per natura complesse, ma ce ne sono alcune che lo sono molto pi di altre. Nel caso dellAlzheimer, ad esempio, i disordini cognitivi sono rilevabili clinicamente intorno ai 65 anni. A quel punto, quando si capito che la persona non sta bene, si fanno degli studi post hoc sulle sue funzioni cerebrali: encefalogramma, pet, risonanza magnetica, test psicologici. E biopsie, se il soggetto deceduto. Ma il problema non capire che la malattia c, prevenirla. E la terza ricaduta di questa ricerca quale sarebbe? La sperimentazione virtuale dei farmaci. Le industrie farmaceutiche oggi sono frenate dal fatto che produrre nuove molecole molto oneroso: sintesi chimica, test preliminari e di laboratorio a tutti i livelli richiedono almeno dieci anni di lavoro e spese enormi. E come se non bastasse, gli esisti sono incerti, cio non detto che si ottengano gli effetti desiderati. I modelli sviluppati allinterno dello Human brain project dovrebbero essere, visto il modo dettagliato in cui verr riprodotto il funzionamento del cervello, pi affidabili per la valutazione dellimpatto di un farmaco.

Il cervello di un topo visto in 3D. Screenshot di un video fornito da Cineca e Lens. In alto a destra, un neurone che non un neurone. L'illustrazione prende a modello e gioca con una delle opere simbolo di Ren Magritte, Ceci n'est pas une pipe, 1926
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Giovanni Erbacci e lhigh performance computing

Blue Gene Q, re del supercalcolo

isogna dare alla scienza la tecnologia che si merita. Ne convinto Giovanni Erbacci, responsabile della divisione progetti di High performance computing del Cineca di Bologna. Si tratta di un consorzio interuniversitario nato nel 1969 che opera sotto il controllo del Ministero dellIstruzione universit e ricerca. il maggior centro di calcolo in Italia ed coinvolto nello Human brain project. Supportiamo questo progetto mettendo a disposizione dei ricercatori europei delle macchine fondamentali per il calcolo scientifico, in grado di gestire, cio di elaborare e memorizzare, unenorme quantit di dati. Di che macchina stiamo parlando? un Blue Gene Q, chiamato Fermi in onore del celebre scienziato, Nobel per la fisica. Un sistema Ibm composto da 163mila processori e con una memoria centrale di 160 terabyte. al quindicesimo posto tra i 500 calcolatori pi potenti al mondo. Quando lo testammo, tre anni fa, era al settimo. Quanto costa un supercomputer del genere? Tra i 25 e i 30 milioni di euro. Inoltre, questi sono calcolatori soggetti a una rapida obsolescenza, cio sono macchine che vanno sostituite ogni tre, massimo tre anni e mezzo. E chi le paga? Il Ministero. A cosa servono esattamente questi supercalcolatori? Per gestire i dati ed effettuare cos le simulazioni di geni, proteine, cromosomi fino ad arrivare ai meccanismi sinaptici e alle funzioni cerebrali. E per ciascuno di questi livelli richiesto lintervento del supercalcolatore. Su quali dati state lavorando al momento? Per il momento su quelli del Lens di Firenze. Scannerizzano il cervello di un topo e noi recuperiamo le immagini. I dati prodotti nel loro laboratorio vengono trasferiti grazie a una linea di connessione dedicata, diretta, e poi memorizzati sulle macchine di Cineca. Ma non solo. Abbiamo collaborato con loro anche per creare degli strumenti che consentono ai ricercatori di visualizzare, analizzare e navigare tra i dati grazie a una ricostruzione tridimensionale del cervello. Una visualizzazione in 3D? S. Si possono vedere i singoli neuroni, le diverse connessioni, che un esperto in grado di riconoscere e di marcare grazie a uninterfaccia grafica. linterfaccia che gli consente di accedere ai dati e di scegliere il tipo di analisi pi adeguata. Una tecnologia e dei supercomputer cos potenti che anni fa si potevano solo immaginare. Come si sono evolute queste macchine negli ultimi decenni? Nel 1985, la prima macchina per il calcolo scientifico che acquistammo, allora allavanguardia, costava svariate centinaia di milioni di lire e faceva delle operazioni che adesso possono essere fatte con un telefonino. Oggi i calcolatori sono molto pi potenti e ci consentono di risolvere problemi pi complessi. Rispetto a trenta anni fa, i supercomputer odierni sono un miliardo di volte

pi potenti. Ma dei calcolatori cos potenti non potrebbero essere impiegati, oltre che per delle simulazioni scientifiche, anche per altri scopi? Ad esempio per decriptare alcuni codici complessi come quelli della National security agency statunitense? Dipende dagli algoritmi e dalle applicazioni con cui vengono eseguiti. In ogni caso, unoperazione che richiede molto tempo, anche diversi anni, perch le combinazioni da provare sono tante. Sicuramente un sistema come questo a essere utilizzato dalla Nsa: ma per creare dei codici, non per decodificarli. Questo sistema viene utilizzato anche in Italia? Non glielo so dire. In ogni caso sarebbero informazioni coperte dal segreto militare. Tornando alla vostra ricerca, come saranno i supercomputer del futuro? Pi performanti dal punto di vista della memoria, della tecnologia dei circuiti, del consumo energetico. Il problema che le macchine come Fermi hanno al loro interno centinaia di migliaia di processori collegati tra loro e per utilizzarli tutti allo stesso tempo oggi il supercomputer consuma circa un megawatt. Un domani, per simulare lintero cervello umano, servir una macchina mille volte pi potente, in grado per di rispettare il vincolo imposto al consumo energetico che di 20 megawatt. Problema, questo, che si potr risolvere integrando dei cosiddetti 'acceleratori' allinterno dei processori. Ma il vero ostacolo da superare non sar tanto la potenza, cio la velocit, ma la complessit dei calcoli che dovranno essere effettuati per lelaborazione di un'enorme quantit di dati. Il cervello umano contiene circa 100 miliardi di neuroni e milioni di miliardi di connessioni sinaptiche: una considerevole mole di dati, appunto.E questo pone anche il problema della loro memorizzazione. Per capirci, basti pensare che il cervello di un topo, che misura circa un centimetro cubo, quando viene scannerizzato ne produce una quantit che si aggira intorno ai cinque terabyte. Oltre alle difficolt ci saranno dei benefici, anche in campo tecnologico Dalla simulazione del cervello umano ci aspettiamo di ricavare tutta una serie di informazioni che saranno utili per le prossime generazioni di calcolatori. In particolare, per quanto riguarda la tecnologia di memoria. Le macchine calcolano molto pi velocemente del cervello umano, ma, al tempo stesso, il cervello in grado di memorizzare una quantit enorme di dati in uno spazio molto ridotto. Quindi si tratterebbe di un modello da imitare S, anche sotto laspetto del consumo energetico, grazie a delle nuove architetture neuromorfiche. Posso immaginare che nel prossimo futuro ci saranno dei circuiti ispirati allattivit cerebrale, con uninterazione pi stringente, o meglio unitegrazione, tra sensori e componenti biologiche. Tutto a beneficio dellattivit informatica.

Il supercomputer Blue Gene Q, sistema Ibm composta da 163mila processori. al 15esimo posto tra i 500 calcolatori pi potenti al mondo A destra, il maxi schermo per la realt aumentata del Cineca di Bologna

Macii, Calimera e Poncino. Tre ingegneri nella rete del bio-bit

Il cervello una macchina, le emozioni dei segnali

o Human brain project ha due anime: una scientifica, laltra tecnologica. Enrico Macii, 48 anni, un professore ordinario di ingegneria elettronica e informatica del Politecnico di Torino. Noi ci occupiamo di realizzare delle 'architetture' per il calcolo non tradizionale. Sviluppiamo hardware e software per dei coprocessori multicore, cio un sistema composto da migliaia di processori interconnessi, dove il software serve a rendere comprensibile quello che viene simulato dallhardware. Ma questa non lunica strada intrapresa per lelaborazione dei dati. Ci sono diversi ingegneri coinvolti nello Human brain project che in Europa usano altri metodi, come il sistema neuromorfico analogico, realizzato prendendo a modello lattivit dei neuroni. Nella stanza, insieme a Macii, ci sono altri due docenti di ingegneria, Massimo Poncino e Andrea Calimera, il pi giovane del trio. Professor Poncino, come vengono elaborati i segnali allinterno dei neuroni, e come riesce la tecnologia a simularne il funzionamento? E poi, parlando di simulazione, quali sono le differenze tra un sistema neuromorfico e quello da voi adottato? Un neurone riceve degli stimoli in ingresso, elabora questi segnali, che sono dei picchi di corrente, per poi emetterne uno in uscita. Mentre nella rete neurale lelemento di calcolo il neurone, in un circuito digitale lelemento di calcolo quello che si chiama porta logica: effettua un certo numero di funzioni e ragiona sui vari 'vero/faslo'. Quello che fa la tecnologia simulare il trasferimento dei segnali nei e tra i neuroni. Poi, ci sono diversi modi di 'digitalizzare' questo funzionamento. I picchi di corrente, i cosiddetti spike, possono essere captati singolarmente, con un sistema analogico, o nel loro insieme, con un sistema multicore digitale. Calimera, come si trasforma un segnale bio-

logico in un segnale digitale? I dati, che siano quelli cerebrali o quelli di unimmagine, per un calcolatore sono sempre bit, combinazioni di zero e uno. la codifica che cambia. Qual la codifica che mi permette di trasformare un segnale biologico in bit? Con il sistema analogico si trasforma ogni singolo segnale biologico in un segnale digitale. Si usano circuiti costruiti ad hoc per emulare il comportamento di alcune porzioni del cervello, che funzionano come elementi specializzati e quindi non hanno bisogno di un software. Emulano alcune caratteristiche, ma non il neurone o le sinapsi. Invece, nel nostro caso, per simulare le interconnessioni, vista la complessit del modello, c bisogno di un software. Non ci interessa lassoluta fedelt del segnale, ma la dimensione, cio il numero di neuroni che vogliamo simulare. Ed per questo che si utilizza una tecnologia affidabile, e che in scala consuma meno: un sistema multicore digitale. Macii, vuole aggiungere qualcosa? In realt questi due sistemi di calcolo, neuromorfico analogico e multicore digitale, si 'parlano'. Ed su questo che ci stiamo concentrando adesso. Conclusa questa prima fase, si potrebbero avere dei circuiti digitali, quindi non analogici, senza dei software a bordo. Non sappiamo se funzionerebbe, ma vale la pena investigare. Facendo un passo indietro, qual lo svantaggio nel lavorare usando tanti processori come fate voi? Aumenta la velocit e la potenza, ma la mappatura diventa molto pi complicata. Dividere il modello per il numero dei processori fa sorgere la necessit di trovare un software in grado di gestire un flusso di informazioni cos distribuito, parcellizzato. Calimera, lei che ne pensa? Il problema nellarchitettura dei processori attuali. Hanno una parte computazionale, da una parte, e una memoria, dallaltra.

QUO VADIS, DARWIN?

Per lavorare, la parte computazionale deve accedere alla memoria, prendere i dati, incamerarli, elaborarli e riscriverli in memoria. Il passaggio da unit centrale a memoria occupa molto tempo e riduce la performance del sistema. Inoltre, questi passaggi fanno lievitare i costi, soprattutto in termini di consumo energetico. Il cervello non lavora cos. Memoria e processore sono un tuttuno. Se riuscissimo a ricreare questo tipo di architettura, estremamente connessa, dove il calcolo viene fatto vicino alla memoria, si potrebbe ridurre il consumo. Si pu dire che quello che svilupperete sar un sistema a basso consumo, professor Poncino? Non si possono fare delle previsioni. Quello che posso dire che se noi realizzassimo un processore ispirandoci al modello di calcolo del cervello potremmo ottenere la stessa funzionalit a un costo energetico molto inferiore. Quindi qual il vostro obiettivo di informatici? Pi che la prestazione o la velocit di calcolo, credo che linteresse principale della nostra ricerca sia quanto e cosa dell'attivit cerebrale saremo in grado di emulare tra dieci anni. Parlo anche di funzioni specifiche come, ad esempio, lacquisizione di unimmagine da parte del cervello. Ritiene possibile l'intera simulazione del cervello umano entro il 2023, professor Macii?

Quanto la tecnologia si svilupper e quanto la modellistica sar in grado si seguirne il passo non si pu prevedere. Anche se tra dieci anni non dovesse esistere un simulatore completo del cervello umano, avremo comunque un calcolatore che consentir di verificare, validare alcune funzionalit cerebrali. Mi chiedo se un calcolatore artificiale ispirato a quello naturale sar in grado di azionare quel meccanismo biologico che si chiama evoluzione. Lei che ne pensa, Poncino? Le macchine e i circuiti che oggi possiamo costruire si basano su un algoritmo. I sistemi di calcolo costruiti in silicio non possono adattarsi, autoevolversi. Ladattamento scritto da qualche parte: un algoritmo? Un software? Un hardware? Ancora non si sa. E un giorno potreste essere in grado di simulare il pensiero umano? Credo di s. Alla fine, il cervello una macchina e i pensieri, le emozioni, sono comunque dei segnali. Calimera, lei stava per aggiungere qualcosa Volevo dire che non sappiamo come il nostro cervello elabora i pensieri e, di conseguenza, qual la struttura dati che meglio potrebbe rappresentarli. Per raggiungere questo obiettivo, noi mettiamo a disposizione la tecnologia, altri sapranno come disporne.

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Italia fanalino di coda dEuropa per ricerca e sviluppo

Linnovazione scientica ha un suo prezzo


Se i fondi scarseggiano, i giovani ricercatori se ne vanno allestero in cerca di fortuna

are impulso alla crescita economica, sostenibile e inclusiva, e ottenere un alto livello di occupazione, produttivit e coesione sociale. Orizzonti di gloria che lUnione europea ritiene raggiungibili se gli Stati membri investiranno in ricerca, sviluppo e istruzione una quota considerevole della loro ricchezza nazionale: il 3 per cento del Pil. Un risultato atteso per il 2010, ma che non si concretizzato nei tempi previsti. Per questo, posticipando di dieci anni il termine per conseguire lobiettivo, nata Europa 2020, un strategia comunitaria per uscire dalla crisi. La Commissione europea ha investito in sette flagship projects, tra cui lo Human brain. Si tratta di progetti strategici per dare supporto alla scienza e produrre beni e servizi innovativi, incoraggiando la cooperazione degli istituti di ricerca. Eccellenze italiane in questo campo ce ne sono, ma le risorse che lo Stato mette a disposizione sono scarse, tanto da spingere il nostro Paese in fondo alla classifica europea. Quanto spendono gli stati dellUnione per ricerca e sviluppo? Nel 2010, stando ai dati Eurostat, 245.673 milioni di euro, quasi il doppio rispetto al 2000 (il 43,5% in pi). Tra i Paesi virtuosi, la medaglia al merito va alla Finlandia, che ha investito in questo settore il 3,87% del Pil. Una porzione molto pi consistente di quella italiana che nel 2010 era dell1,26% e lanno successivo dell1,25. Numeri questi che hanno relegato lItalia al 17esimo posto in graduatoria, lontano dal podio su cui campeggiano Finlandia, Svezia e Danimarca, e sempre pi vicina allultima classificata,la Romania (0,50%). Le percentuali citate comprendono risorse che vengono sia dal settore pubblico che da quello privato. Prendendo in considerazione solo la spesa sostenuta dalle imprese europee, dai dati emerge che questa rappresenta pi della met della somma complessiva (il 54,1%) e che, nei singoli Stati, gli investimenti per ricerca e sviluppo crescono allaumentare della partecipazione dei privati. Partecipazione che in Giappone incide sul totale per il 78,2% e negli Stati Uniti per il 67,3 (Eurostat, 2008). Una situazione diametralmente opposta si trova in paesi come Bulgaria e Polonia, dove la maggior parte dei fondi destinati alla ricerca vengono elargiti dallo Stato. Anche in Roma-

nia funziona cos, tanto che la partecipazione delle imprese dello 0,18%. In Italia dello 0,69, contro il 2,68% della Finlandia. La fuga dei giovani cervelli, un fenomeno figlio, oltre che della mancanza di posti di lavoro, del debole sostegno che nel Bel Paese si d a ricerca e sviluppo. Gli investimenti sono diminuiti costantemente perch i tagli sono stati tanti e incisivi. Tuttavia, in molti sostengono che nel 2014 ci dovrebbe essere uninversione di tendenza. I buoni auspici devono per fare i conti con il passato che non ha visto brillare lItalia nel firmamento europeo. Dal 2010 a oggi infatti i fondi destinati alluniversit hanno subto drastiche riduzioni, per un totale di circa un miliardo di euro. An-

che il numero dei ricercatori diminuito: 12mila in meno, contro i duemila neoassunti. I pochi sopravvissuti (2,7 su 1000 lavoratori), se riescono ad aggiudicarsi i finanziamenti che lEuropa mette a disposizione per ricerca e sviluppo spesso e volentieri decidono di giocarsi queste opportunit in altri Paesi. Opportunit da non sottovalutare perch per questi progetti lUnione disposta a investire cifre considerevoli. Basti pensare al piano Horizon 2020: 15 miliardi per il 2014/15, 80 entro il 2020 di cui beneficeranno universit, enti di ricerca, industrie e piccole e medie imprese. Una buona notizia, ma non troppo, dato che negli ultimi due anni i progetti italiani che hanno avuto dei finanziamenti europei sono stati solo il

2,7%, contro una media europea del 12. Parlando invece dei fondi italiani dedicati ai progetti di ricerca di interesse nazionale, siamo passati da un investimento di 75 milioni di euro per il biennio 2010/2011 a 38, quasi la met. Per cambiare una situazione che definire stagnante risulta riduttivo, lex ministro Carrozza aveva puntato sul Piano nazionale della ricerca. Allinterno di questo programma stato previsto un budget di 500 milioni di euro per finanziare la ricerca libera di giovani ricercatori under 40 in tre settori: scienze della vita (a cui va il 40% del budget); scienze fisiche e ingegneria (altro 40%) e scienze umanistiche e sociali (20%). Il panorama, in materia di fon-

Illustrazioni di Elisabetta Cremona

di e ricerca, potrebbe cambiare. Adesso tutto nelle mani del governo Renzi. Per rimuovere gli ostacoli alla crescita economica lUnione europea fa leva anche sul rafforzamento delle partnership tra le istituzioni dei singoli stati membri. Una cooperazione che si pu avere a diversi livelli - dal nazionale al regionale, dal pubblico al privato e che rappresenta uno degli aspetti caratterizzanti delle gi citate iniziative flagship europee. Limportanza della collaborazione interregionale e locale sottolineata a pi riprese nei programmi inerenti gli aspetti critici dello sviluppo: innovazione,digital economy, occupazione, giovent, politiche industriali, povert, efficienza. Linnovazione, che non esisterebbe senza il sostegno di ricerca e sviluppo, gioca per molti un ruolo cruciale allinterno di un mercato globale governato dalle regole del capitalismo per cui il nuovo gi vecchio, perch a livello locale si traduce in una crescita di posti di lavoro e in un miglioramento della qualit della vita. Nel biennio 2008-2010, i dati Eurostat ci dicono che lo stato europeo che si distinto per il numero di imprese cosiddette innovative la Germania (il 79,3% del totale), seguito da Lussemburgo e Belgio. Agli ultimi posti si trovano, invece, Paesi come Polonia e Bulgaria (27,1). Se generalmente riconosciuto, anche a livello sovranazionale, che lunione fa la forza, sorprende che in Europa solo unimpresa su quattro (25,5%) coopera con altre, mentre nella mag gior parte dei casi, come quello italiano, le aziende attingono esclusivamente alle risorse di cui dispongono per foraggiare questo tipo di attivit. Nellera 2.0 linnovazione diventata quasi un sinonimo di high-tech. La produzione e la competitivit dellEuropa in materia di nuove tecnologie, un settore in cui il lavoro qualificato e solitamente ben retribuito, stata misurata dallufficio statistico dellUnione europea. Nel 2010, delle 50.000 imprese operanti in questo settore, il 55% si trovava in Germania, Regno Unito, Italia e Repubblica Ceca. Chi esporta di pi? I tedeschi (dati Eurostat 2012). In generale, i prodotti hightech - come quelli realizzati per i settori farmaceutico, chimico, aerospaziale - rappresentano il 15% dellexport europeo, dove lelettronica e le nuove tecnologie per le telecomunicazioni la fanno da padrone.

QUO VADIS, DARWIN?

Vittorio Somenzi: Luomo una macchina, il cervello un calcolatore

Diversamente intelligenti
Perch per il losofo della scienza i supercomputer saranno in grado di adattarsi, di autoevolversi

Univac, primo computer commerciale prodotto dalla Franklin life insurance company a cui si ispir Isaac Asimov per dar vita a Multivac, il supercomputer protagonista di diversi suoi racconti

ensare umano, ma diversi scienziati hanno sognato di poter un giorno regalare alle macchine questa dote naturale. Ma imitare la Natura non cosa facile perch, come scriveva Jacques Monod, biologo francese Nobel per la medicina, il suo il gioco del caso e della necessit. Ed un gioco in cui la macchina umana in grado di modificarsi in corso dopera, interagendo con lambiente. Ancora oggi, se attribuite a un computer, parole come intelligenza e apprendimento fanno storcere il naso, ma, come si visto, in un futuro non troppo lontano queste facolt potrebbero essere proprie anche di corpprivi di coscienza. Ma cos poi lintelligenza? Se lo chiesto anche Michael Pollan, giornalista del New Yorker, interrogandosi sulla vita delle piante, approdando a due diverse definizioni: una richiede la presenza di un cervello e fa riferimento alla ragione, al giudizio e al pensiero astratto, la seconda, invece, al comportamento, definendo lintelligenza in termini di capacit di reagire al meglio alle sfide dellambiente e alle diverse situazioni. Lo stesso interrogativo si ripropone quando si riflette sulla vita futura dei supercomputer: macchine dotate di un sistema di elaborazione delle informazioni simile a quello del cervello umano, capaci di ragionare sui dati e comportarsi di conseguenza. Parlare di robot antropomorfi, intelligenti, in qualche modo oltrepassare, accompagnati dalla fantasia, i confini del-

la realt. Un mondo ipotetico che il pi delle volte mette a disagio intellettuali e scienziati. Ma non proprio tutti. Agli albori della rivoluzione informatica, Vittorio Somenzi gi rifletteva sulla possibilit di simulare nei nuovi sistemi artificiali, cio riprodurre meccanicamente, la capacit dadattamento e le funzioni cognitive umane. Il filosofo della scienza, primo in Italia a occuparsi di intelligenza artificiale, guardava con attenzione alla bionica. Una nuova branca della scienza che concepiva come limpresa in cui neurologi e biochimici, insieme a informatici e ingegneri elettronici, cominciavano a sperimentare la riproduzione artificiale delle strutture organiche e dei processi evolutivi naturali. Non la materia di cui fatto il cervello, ma la sua organizzazione: una struttura gerarchica di aree funzionalmente specializzate che interagiscono tra loro, attraverso scambi di segnali paralleli e continui. Organizzazione che Somenzi riteneva fosse frutto di un determinato meccanismo biologico: la selezione. Come applicare categorie darwiniane a un computer? Per Somenzi e per il suo discepolo, Roberto Cordeschi, le macchine non sono solo degli apparati meccanici in grado di trasformare lenergia, ma anche dei sistemi capaci, grazie a un programma, di elaborare risposte adeguate agli stimoli ricevuti in ingresso. Di modificarsi interagendo con lambiente, come gli esseri umani. Viste da questa prospettiva, linformatica e la ciber-

netica accorciavano le distanze tra i sistemi naturali e quelli artificiali. Un avvicinamento che rendeva possibile una sorta di analogia tra uomo e macchina, tra cervello e calcolatore. Daltra parte, sosteneva il filosofo, in unintervista rilasciata a La Repubblica il 27 maggio 1989, la cellula essa stessa un piccolo calcolatore elettrochimico. Sei anni pi tardi e a diverse centinaia di miglia di distanza, partendo da unintuizione simile a quella di Somenzi, prendeva il via un progetto scientifico apparentemente bizzarro: creare un potentissimo supercomputer a base di Dna. Lidea, come si legge in un articolo del New York Times dell11 aprile 1995, di impiegare il materiale genetico a questo scopo venne a un gruppo di ricercatori statunitensi, guidati dal dottor Leonard Adleman della University of Southern California di Los Angeles. Oggi, quasi ventanni dopo, gli studiosi della Stanford University sono impegnati nella realizzazione di un biocomputer, un progetto per certi versi non molto diverso da quello di Adleman. Ricerche come quelle di Stanford sollevano molte domande. Nel 1995, dopo la scoperta di Adleman, ci si chiedeva: cos quindi un computer? quello che noi imponiamo esternamente a un oggetto di essere rispondeva sulle colonne del Times il matematico Warren Smith del Nec Research Institute di Princetone. E aggiungeva: Questo vuol dire che quello a base di dna non lunico tipo di computer possibile.

il Ducato

QUO VADIS, DARWIN?

Etica e (fanta)scienza. Una conversazione con il professor Umberto Eco

Esiste Dio? Adesso s


Il desiderio di simultaneit tra causa ed effetto si trasferito dalla magia alla tecnologia. Sembra la glia naturale della scienza, ma non lo

Dettaglio di Forme uniche della continuit nello spazio (1913), scultura di Umberto Boccioni esposta al MoMa di New York. Foto di Giulio Frittaion

a velocit la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato alluomo scriveva Milan Kundera. un ritmo indiavolato quello che oggi scandisce il cambiamento della posizione di un oggetto, o di un uomo, nel mondo. Ubriachi di immediatezza cerchiamo di accarezzare il divino evitando il tempo della riflessione e della contemplazione. Esperienze e processi che potrebbero perdere la loro ragione desistere se lartificiale dovesse prendere il sopravvento sul naturale. Queste speculazioni fantascientifiche e frettolose sullevoluzione della scienza, della tecnologia e delluomo procedevano a passo sostenuto verso una meta che non mi era ancora chiara. Cercando di immaginare il futuro e futuri quesiti etici mi sono ritrovata nella vecchia Inghilterra dei primi del Novecento, in un passato dai toni del verde e del blu dei tappeti scozzesi, avvolto dal calore delle pareti in legno, illuminato da qualche dettaglio in oro e dalla luce irradiata dalle applique in ottone lavorato. Mi trovavo in un piccolo club, nel centro di Milano, quando il professor Umberto Eco mi ha riportato alla ragione : Scienza ed etica sono due dimensioni distinte. S, la scienza sa, letica valuta. Questa frase di Dario Antiseri, filosofo della scienza, stata il mio mantra per settimane. Due mondi diversi, separati, paralleli, che per a volte sembrano entrare in rotta di collisione, soprattutto quando viene dibattuto il ruolo delle biotecnologie. Anche se il codice etico si basa su valutazioni individuali, scelte di coscienza, e non su argomentazioni razionali, certi imperativi non scientifici sembrano avere il potere di ostacolare la ricerca, quella s, scientifica. Ma in realt questa una paura che, dopo aver ascoltato le parole di Umberto Eco, mi sembra scarsamente legittimata. Le valutazioni etiche, mi ha spiegato il Professore, non incidono sulla scienza e sulle sue scoperte, semmai sui suoi risultati. La scien-

za scopre lenergia atomica e letica pu non volerla, ma di fatto non influisce sulla scoperta dellatomo. Letica non serve a stabilire se latomo fatto di neutroni o no, serve casomai a negare lutilit della ricerca sullatomo. In ogni rivoluzione tecnologica e scientifica ci sono dei rischi che luomo chiamato a valutare. Un giudizio che per nulla ha a che fare con lipotetica efficienza della nuova macchina o della nuova cura che viene proposta. Nel corso di questa conversazione abbiamo anche riflettuto sul tempo che i libri richiedono e, pi in generale, sulla deriva di una societ che corre e non ha tempo di fermarsi a riflettere. Tutto avviene a una velocit cos sostenuta che i giovani si annoiano a sfogliare un romanzo perch lapprendimento troppo lento. per questo che oggi la tecnologia ha un ruolo fondamentale: ci d quello che vogliamo nel momento esatto in cui lo desideriamo. Si riduce tutto allimmediatezza e cos si perde il viaggio, lesperienza, che il vero apprendimento. Perch abbiamo cos fretta di arrivare alla meta? Il professor Eco mi ha fatto notare che questo accadeva anche in passato, anche se ottenere senza fatica quello che si voleva era una funzione delegata ad altre pratiche, come la magia. Un concetto che aveva gi espresso in A passo di gambero, anche se non associato alladattamento alla lentezza della lettura. La fiducia, la speranza nella magia non si dissolta con lavvento della scienza sperimentale. Il desiderio della simultaneit tra causa ed effetto si trasferito alla tecnologia, che sembra la figlia naturale della scienza. Ma non lo . Leccesso di velocit di cui la societ sente il bisogno per lautore de Il nome della rosa un fenomeno transitorio. Sta di fatto che oggi, qui e ora, le persone vogliono tutto e subito, tanto che, parlando di scienza e di chi di scienza deve parlare, difficile comunicare al pubblico che la ricerca fatta di ipotesi, esperimenti di

controllo, prove di falsificazione. Cos spesso i media prendono la scorciatoia del catastrofismo, oppure del trionfalismo. Eco sul punto ha scritto: Quello che della scienza traspare attraverso i mass-media mi dispiace dirlo soltanto il suo aspetto magico, quando trapela, e quando trapela perch promette una tecnologia miracolosa. C quindi bisogno di uninformazione corretta anche in campo scientifico, come gi avevano messo nero su bianco i docenti delluniversit di Pavia nel 1999, in un manifesto per il buon uso delle biotecnologie firmato da Umberto Eco, Dario Fo e Dacia Maraini. Se il risultato della ricerca scientifica non ancora sul piatto bene procedere cautamente, anche se si tratta solo di immaginare scenari futuri alla luce di un progetto scientifico che promette di rivoluzionare il mondo. Ho chiesto a Umberto Eco come si figura un 2023 in cui un supercomputer sar in grado di decidere, di pensare. Con lo sguardo immobile di un cerusico senza attrezzi e con la precisione chirurgica di chi pesa ogni singola parola, il Professore mi ha risposto che queste cose sono gi state raccontate dalla fantascienza degli anni Cinquanta. Ad esempio, c quella bellissima storia della costruzione di un mega mega mega computer a cui alla fine gli scienziati rivolgono la domanda fondamentale: esiste Dio? E la risposta stata: adesso s. Ma oggi non siamo ancora arrivati a questo punto. Quando mi avranno dato un computer in grado di tradurre bene la poesia di Keats ne riparleremo. Le mie erano solo delle fantasie, delle speculazioni. Quale sar il mio posto del mondo se esister un mio replicante in silicio? Una domanda che anche una tentazione: quella di chiedere al presente una soluzione che si potr avere solo domani. Chiedere alla magia di rispondere in nome della scienza. Come ha fatto prima di me la Lorenza Pellegrini, protagonista de Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco, o la Lorenza chiesta in moglie dal conte di Cagliostro davanti alla Santa Trinit dei Pellegrini.

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