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Il mito di Sisifo
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Disambiguazione Se stai cercando il mito greco, vedi Sisifo.

Il mito di Sisifo
Il mito di Sisifo. Saggio sull'assurdo (Le mythe de Sisyphe. Essai sur
l'absurde) un saggio pubblicato da Albert Camus nel 1942 presso Gallimard
(Parigi), quando non aveva ancora trent'anni, in nuova edizione con aggiunta
del saggio su Kafka nel 1948 e con nuovo confronto critico rispetto al
manoscritto nel 1957. In italiano stato pubblicato per la prima volta nel 1947,
da Bompiani.

Titolo originale
Autore
1 ed. originale
Genere
Sottogenere
Lingua originale

Le mythe de Sisyphe
Albert Camus
1942
saggio
filosofia
francese

Indice
1 Contenuto
2 Indice del saggio
3 Commento
4 Edizioni
5 Note
6 Altri progetti

Contenuto

[ modifica | modifica wikitesto ]

Se vi un destino personale, non esiste un fato superiore o, almeno, ve n'


soltanto uno, che l'uomo giudica fatale e disprezzabile. Per il resto, egli sa di
essere il padrone dei propri giorni. In questo sottile momento, in cui l'uomo
ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella
graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono
divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della
memoria e presto suggellato dalla morte. Cos, persuaso dell'origine
esclusivamente umana di tutto ci che umano, cieco che desidera vedere e
che sa che la notte non ha fine, egli sempre in cammino. Il macigno rotola
ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio
fardello. Ma Sisifo insegna la fedelt superiore, che nega gli dei e solleva i
macigni. Anch'egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza
padrone, non gli appare sterile n futile. Ogni granello di quella pietra, ogni
bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un
mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.
Bisogna immaginare Sisifo felice.[1]
(Albert Camus, Il mito di Sisifo in Opere. Milano, Bompiani, 2003, pp. 318-9)

Sisifo spinge il masso (VI secolo a.C.),


dal santuario di Hera al Sele, conservato al
Museo archeologico nazionale di Paestum. Il
demone alato alle spalle di Sisifo intende
rendere pi dura la punizione del re di fira.
Nell'Odissea (XI, 593 e ss.), Sisifo
tormentato nell'Ade dove viene obbligato a
spingere per l'eternit un enorme masso
fino alla vetta dove questo finisce per rotolare
di nuovo gi a valle. Omero non ci dice nulla
sui motivi della sua condanna da parte di
Zeus, lo scoliaste (cfr. loc. cit.) lo relaziona al
fatto di aver rivelato a Esopo il luogo dove
Zeus gli aveva rapito la figlia Egina. Strabone
(VIII, 6,2) ci parla di un suo sacrario,
Sisypheion, sull'Acorinto; Pausania (II, 2, 2)
ci dice della sua tomba sull'Istmo.

In questa opera Camus negando qualsivoglia valore a un significato trascendente alla vita e al mondo, riconosce come
assurda l'esistenza: senza un significato l'esistenza irrazionale ed estranea a noi stessi. Resta dunque il suicidio, ma quello
"fisico" non risolve il problema del senso; mentre quello spirituale (Kierkegaard con la "speranza" in Dio, e Husserl con la
ragione portata oltre i limiti della propria finitudine) svia dal vero problema. La soluzione per Camus la "sopportazione" della
propria presenza nel mondo, "sopportazione" che consente la libert; e la "protesta/ribellione" nei confronti dell'assurdit
dell'esistenza, quindi contro il "destino", consegna alla vita il suo valore effettivo. Camus non cerca quindi pi Dio o l'Assoluto,
il suo obiettivo diviene "l'intensit della vita". Per Camus Sisifo quindi felice perch nella sua condanna diviene consapevole
dei propri limiti e quindi assume su di s il proprio destino.
quindi una presa di coscienza del sentimento dell'assurdo, attraverso alcune figure chiave della filosofia (anche se l'autore
ci tiene a dire subito che non si considera un filosofo) e della letteratura. Il libro cita estov, Jaspers, Heidegger e
Kierkegaard (nomi in fondo non molto conosciuti all'epoca in Francia), e guarda a certi personaggi simbolo come l'attore, Don
Giovanni, il conquistatore, Aleksej Nili Kirillov (un personaggio nichilista del romanzo I demoni di Dostoevskij) e Kafka
(soprattutto per Il castello e Il processo): "tipi estremi", come dice lui stesso[2] che gli danno modo di affrontare il tema
centrale che appunto l'assurdit della condizione umana.
Egli considera i grandi romanzi (nominando Balzac, Sade, Melville, Stendhal, Proust, Malraux) e il grande teatro (nominando
Shakespeare e Molire) come opere di filosofia e cerca di dimostrare che l'unico problema veramente serio sia il suicidio, atto
di confronto tra "richiamo umano" e "irragionevole silenzio del mondo", quindi quello della libert (la temibile innocenza del
"tutto possibile") e della scelta. La parte dedicata al mito di Sisifo, condannato a spingere un pesante masso per l'eternit,
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offre un'ulteriore riflessione, quella della felicit, poich come Camus disse in Nozze "non c' amore del vivere senza
disperazione di vivere"[3]. Il saggio dedicato a Pascal Pia (1903-79) e porta in epigrafe una frase di Pindaro: "O anima mia,
non aspirare alla vita immortale, ma esaurisci il campo del possibile" (Pitiche III).

Indice del saggio

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Un ragionamento assurdo
L'assurdo e il suicidio
Le muraglie assurde
Il suicidio filosofico
La libert assurda
L'uomo assurdo
Il dongiovannismo
La commedia
La conquista
La creazione assurda
Filosofia e romanzo
Kirillov
La creazione senza domani
Il mito di Sisifo
Appendice
La speranza e l'assurdo nell'opera di Franz Kafka

Commento

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L'assurdo per Camus non la deduzione di un ragionamento logico o la sintesi di esperienze di vita: esso il punto di
partenza. Lo start avviene da una nuova concezione della vita, una nuova forma di conoscenza. possibile la conoscenza,
vera e profonda? La risposta senz'altro negativa. Camus cita Jaspers: "Questa limitazione mi conduce a me stesso, l dove
non mi ritraggo pi dietro un punto di vista obiettivo, che riesco soltanto a rappresentare, l dove n io stesso n l'esistenza
altrui pu ormai divenire un oggetto per me".
L'uomo si scontra col muro dell'impenetrabilit della realt, del significato intimo della stessa vita. Davanti al non-senso,
all'assurdo, la domanda nasce spontanea: ha senso vivere?
Il suicidio. Ecco ci di cui si vuole occupare Camus, "l'unico problema filosofico veramente serio". Il punto di partenza di tale
ragionamento proprio l'assurdo. Il suo primo segno? "Quel particolare stato d'animo in cui il vuoto diviene eloquente, in cui
la catena dei gesti quotidiani viene interrotta e il cuore cerca invano l'anello che lo ricongiunga".
Questo vuoto esistenziale, questo nulla eloquente circonda l'uomo fino a isolarlo da tutto e da tutti. E quando lo cinge e lo
soffoca, penetra al di dentro al punto da scrivere: "L'abisso che c' fra la certezza che io ho della mia esistenza e il contenuto
che tento di dare a questa sicurezza, non sar mai colmato". il rovesciamento del " " ("conosci te stesso") di
Socrate. Allora si pu intuire l'umiliazione che sorge entro l'animo dell'uomo assurdo, tanto piccolo al confronto di una realt
cos immensa.
L'assurdo una divergenza irrimediabile fra termini di paragone. Una divergenza che squarcia ogni plausibile luce (scienza,
fede, religione) e non lascia spazio nemmeno alla speranza. L'assurdo non conosce domani. Altri filosofi, che pure si erano
avvicinati ad esso, non superano questo punto. Kierkegaard ripiega nella religiosit, "divinizza l'assurdo", gli d un volto,
quello di Dio. Per Camus invece non esiste Dio: " l'assurdo il peccato senza Dio". Non esistono pi termini di confronto,
punti di riferimento, valori assoluti. Anche questo costituisce un punto di rottura con alcuni filosofi: Husserl, ad esempio, arriva
a razionalizzare tutto, a creare valori assoluti.
Come approcciare una vita assurda? Per Camus "essa sar tanto meglio vissuta in quanto non avr alcun senso".
L'atteggiamento dell'uomo assurdo non quello del suicida, ma del suo contrario: il condannato a morte. Egli ha in mano la
libert assurda, la libert da ogni spiegazione, da ogni obiettivo. "Prima di incontrare l'assurdo l'uomo quotidiano vive con
degli scopi e con il pensiero dell'avvenire o della giustificazione (...). Egli valuta le proprie possibilit, fa assegnamento sul pi
tardi, sulla pensione o sul lavoro dei figli, crede anche che nella sua vita qualche cosa possa avere una direzione. In realt
egli agisce come se fosse libero, anche se tutti i fatti si incaricano di contraddire tale libert. (...). In quanto immaginava uno
scopo nella vita, si conformava alle esigenze di una mta da raggiungere, e diveniva schiavo della propria libert".
Qual la nuova libert, la libert assurda? la libert del domani, la non speranza, la mancanza di obiettivi, il disinteresse.
Questo il lato pi tragico di Camus: potrebbe essere la disperazione. Eppure lui contrasta ci: per lui non c' disperazione,
c' il vivere per il gusto di vivere. Bruciare l'esistenza, come Mersault nella Morte Felice. Bruciare fin quando c' legna:
quantit al posto della qualit. Una sorta di mercificazione del vissuto? No, rivolta cosciente, rivolta senza nessuno scopo,
senza presunzione di fecondit. "Nel mondo assurdo, il valore di una nozione o di una vita viene misurato in base alla sua
infecondit". Questo aspetto intrigante. la negazione dell'eternit, l'atto che trova giustificazione solamente in s stesso,
slegato dal futuro, dagli obiettivi, dalla logica della funzionalit, dall'interesse, dalla contingenza. il Dongiovannismo, il
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distaccamento dai valori eterni, la creazione fine a s stessa, che rifugge l'eternit, e va incontro all'autodistruzione senza
rimpianti. La vita una causa persa per Camus. Non c' esoterismo, non v' posto nemmeno per la luce di Cristo. Eppure
Camus riconosce l'assurdit del Vangelo, dell'amore, dell'uomo Ges. E lo esalta, perch l'amore non solo contemplazione,
azione slegata dal funzionale, dal ritorno. L'amore assurdo. passione senza domani, creazione che sfugge all'eternit.
L'uomo assurdo sfugge anch'egli all'eternit, rifugge l'unit... Tutto bene.
"Il faut imaginer Sisyphe heureux".

Edizioni

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Albert Camus, Il mito di Sisifo, traduzione di Attilio Borelli, collana tascabili, Bompiani, 2001, pp. 172, ISBN 88-452-4642-6.

Note

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1. ^ S'il y a un destin personnel, il n'y a point de destine suprieure ou du moins il n'en est qu'une dont il juge qu'elle est fatale et
mprisable. Pour le reste, il se sait le matre de ses jours. cet instant subtil o l'homme se retourne sur sa vie, Sisyphe,
revenant vers son rocher, contemple cette suite d'actions sans lien qui devient son destin, cr par lui, uni sous le regard de sa
mmoire, et bientt scell par sa mort. Ainsi, persuad de l'origine tout humaine de tout ce qui est humain, aveugle qui dsire voir
et qui sait que la nuit n'a pas de fin, il est toujours en marche. Le rocher roule encore. Je laisse Sisyphe au bas de, la montagne !
On retrouve toujours son fardeau. Mais Sisyphe enseigne la fidlit suprieure qui nie les dieux et soulve les rochers. Lui aussi
juge que tout est bien. Cet univers dsormais sans matre ne lui parat ni strile ni futile. Chacun des grains de cette pierre,
chaque clat minral de cette montagne pleine de nuit, lui seul, forme un monde. La lutte elle-mme vers les sommets suffit
remplir un cur d'homme. Il faut imaginer Sisyphe heureux. Albert Camus, Le mythe de Sisyphe.
2. ^ cfr. le Note ai testi di Roger Grenier in Opere, Bompiani, p. 1295.
3. ^ ibidem.

Altri progetti

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