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Riprendiamo da Avvenire del 27/12/2009 una riflessione del sociologo della «modernità liquida»,
Zygmunt Bauman, sul lascito del grande scrittore francese, morto prematuramente a 47 anni in un
incidente d’auto il 4 gennaio 1960. L’articolo recava come titolo originario “Camus, la «rivolta»
50 anni dopo”. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Di
Zygmunt Bauman, vedi anche, su questo stesso sito l’intervista dal titolo Zygmunt Bauman: la
società liquida e la Deus caritas est di Benedetto XVI. "L'amore non è liquido".
Mezzo secolo è trascorso senza Albert Camus, senza i suoi giudizi pungenti, provocatori e
stimolanti, che ci pungolano e ci pungono sul vivo. In tutto questo tempo il corpus di libri, articoli e
tesi dedicati all’autore di L’Etranger, La Peste, La Chute e Le Premier Homme non ha smesso di
lievitare. Questia, la «biblioteca on line di libri e periodici» più consultata dai docenti universitari, il
1° ottobre 2009 elencava 3171 titoli, tra cui 2528 libri dedicati al suo pensiero e al posto che occupa
nella storia delle idee; Google Books, sito web ancora più popolare, ne contava 9953. La maggior
parte degli autori finisce per porsi la stessa domanda: quale sarebbe stata la posizione di Camus
di fronte al mondo – il nostro – che si è instaurato dopo la sua morte prematura? Quali
sarebbero stati i suoi giudizi, i consigli, le intimazioni che non ha avuto il tempo di offrirci e che ci
mancano così ferocemente?
Una sola domanda, tante risposte: tante risposte diverse… Non c’è da meravigliarsi. Camus diceva:
«Tutta l’arte di Kafka sta nell’obbligare il lettore a rileggere». Perché? Perché le sue
rivelazioni, o l’assenza di rivelazioni, suggeriscono spiegazioni, ma «che non vengono rivelate
chiaramente» e che, per essere chiarite, richiedono che la storia sia riletta «da una nuova
angolazione».
In altre parole, l’arte di Kafka consiste nell’evitare la tentazione di voler inglobare
l’ininglobabile e chiudere questioni destinate a restare per sempre aperte, intriganti e
lancinanti: e dunque nel non cessare mai di interrogare e provocare il lettore, continuando a ispirare
e incoraggiare gli sforzi di ri-pensare. Grazie a questa peculiarità le intuizioni di Kafka sono
immortali, e le controversie e i dibattiti che continuano a generare sono la migliore approssimazione
possibile alla «pietra filosofale» che sognavano gli alchimisti, dalla quale si può perennemente
estrarre l’«elisir di vita». Nel suo ritratto di Kafka, Camus ha schizzato il modello di ogni pensiero
immortale: il marchio di tutti i grandi pensatori, lui compreso…
Il quadro che dipinge del destino e delle prospettive dell’uomo s’iscrive a metà tra la figura di Sisifo
e quella di Prometeo, lottando – invano, ma con ostinazione indefessa – per riunirli e fonderli.
Prometeo, l’eroe di L’Homme révolté, sceglie una vita per gli altri, una vita di ribellione contro la
loro infelicità, scorgendovi la soluzione a quella «assurdità della condizione umana» che trascinava
Sisifo, sopraffatto e ossessionato dalla propria infelicità, verso il suicidio come unica risposta e via
d’uscita alla sua umana (troppo umana) maledizione (fedele all’antica massima enunciata da Plinio
il Vecchio, e rivolta senz’altro a tutti gli adepti dell’amore di sé associato all’amor proprio: «Nella
miseria della nostra vita sulla terra, il suicidio è il miglior regalo di Dio all’uomo»). Nella
giustapposizione, operata da Camus, di Sisifo e Prometeo il rifiuto diventa un atto di
affermazione: «Io mi ribello – avrebbe concluso Camus – dunque noi esistiamo». È come se gli
uomini si fossero inventati gli ideali della logica, dell’armonia, dell’ordine e dell’Eindeutigkeit solo
per essere spinti dalla loro condizione e dalle loro scelte a sfidarli uno a uno nella pratica… Il «noi»
non potrebbe essere mobilitato da Sisifo il solitario, che ha per tutta compagnia un masso, un pendio
e un compito di autosconfitta.