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CAMUS FILOSOFO DELLAVVENIRE

MicroMega

Paolo Flores dArcais

Camus filosofo dell'avvenire


con un'intervista a Caterine Camus Mio padre: solitaire, solidaire

Roma, novembre 2013

Gli eBook di MicroMega / 5


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Camus filosofo dell'avvenire di Paolo Flores dArcais

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Mio padre: solitaire, solidaire


Nella casa di Lourmarin, in Provenza, che il padre acquist con il denaro del Nobel per la letteratura, Catherine Camus, da anni impegnata nella pubblicazione degli inediti del grande scrittore, ne passa in rassegna diversi aspetti del pensiero e della personalit: il doloroso isolamento dallambiente intellettuale parigino, la volont di parlare per coloro che non possono farlo da soli, limpegno contro ogni totalitarismo e il rifiuto della neutralit, la vocazione mediterranea e la nostalgia per il sole dAlgeria, il legame con la natura. Catherine Camus in conversazione con Andrea Bianchi e Anna Sansa Nel 1957, ad Albert Camus viene assegnato il premio Nobel per la letteratura; ha 44 anni ed , dopo Kipling, il pi giovane vincitore. Tale consacrazione gli giunge nel pieno di un periodo molto difficile, in cui massimo il suo isolamento allinterno dellestablishment intellettuale francese. Le sue posizioni di sinistra libertaria, egualmente rigorose nellavversare lipocrisia e lingiustizia borghesi e nel denunciare le mistificazioni del socialismo cesariano e totalitario dei paesi dellEst, gli valgono duri attacchi da destra e da sinistra. Pochi anni prima, nel 52, la pubblicazione di Luomo in rivolta, in cui contrappone allidolatria del fatto e del successo, fondata in ultima analisi su di un nichilismo morale e sulla negazione dellindividuo, propria dei sostenitori dei regimi della sinistra poliziesca, la sua difesa di una sinistra eretica ed il suo ideale di rivolta libertaria (Mi rivolto, dunque siamo), era stata allorigine della celebre polemica e della rottura con il gruppo di Les Temps Modernes, guidato da Jean Paul Sartre, allora compagnon de route del Pcf. Le sue prese di posizione ed i suoi sofferti silenzi sulla guerra dAlgeria, che per lui una ferita dolorosa e lacerante, ne acuiscono la solitudine. Sono lontani i giorni dellimmediato dopoguerra, in cui Camus era stato, agli occhi dei suoi compatrioti, per usare le parole dello stesso Sartre lammirevole congiunzione di una persona, di unazione e di unopera. Il cartesiano dellassurdo, lautore dello Straniero e del Mito di Sisifo era anche leroe della Resistenza, il direttore di Combat, che, nelle Lettere a un amico tedesco, aveva fornito le pi limpide ragioni alla lotta contro il nazismo. In pochi anni, le sue posizioni eretiche, nel clima della guerra fredda, hanno portato Camus dalla gloria al quasi totale isolamento. Certo, fuori dalla Francia la situazione diversa e Hannah Arendt, al cui pensiero politico lo legano profonde affinit, manifesta la propria ammirazione per Luomo in rivolta. Ma, a Parigi, Camus si sente in esilio. Un esilio intellettuale, per linattualit della sua difesa intransigente della tradizione libertaria e dellautonomia del fatto morale (di una morale dellassurdo), in piena guerra fredda, quando gli intellettuali engags sacrificano allidolo del realismo politico; ma anche un esilio sociale, per la sua condizione atipica di intellettuale di origine

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pied noir e proletaria, per ci stesso alieno dai torbidi sensi di colpa alla base della cecit di tanti suoi colleghi di estrazione borghese di fronte ai crimini dello stalinismo. Tale sensazione di esilio prende la forma, sul piano esistenziale, di una nostalgia della patria perduta, di quel Mediterraneo nella cui civilt Camus individua lideale di una misura che non affatto il contrario della rivolta, ma lantidoto alla dismisura delle ideologie che, in nome di ipostasi vecchie o nuove ultima la Storia asserviscono e sacrificano il singolo individuo, nella sua concretezza e finitudine. Nel 58, con il denaro del Nobel, Camus acquista una casa nel delizioso villaggio di Lourmarin, in Provenza, regione che ha imparato ad amare anche grazie alla frequentazione di Ren Char, lamico poeta in cui riconosce molte affinit, dallimpegno nella Resistenza alle posizioni anticonformiste del dopoguerra. In questo paesaggio, dove ritrova la luce e i colori dAlgeria, inizia la stesura di Il primo uomo, il romanzo in cui vuole ritrarsi a tutto tondo, partendo dalle proprie radici, nel modo pi autentico possibile, e che lascer incompleto. tornando da Lourmarin a Parigi che Camus, nel 1960, muore in un incidente dauto. Ora, nella casa di Lourmarin, modesta e quasi spoglia, ma con una splendida vista sulle colline del Luberon, vive la figlia Catherine, che da anni cura la pubblicazione degli inediti di Camus; l che labbiamo incontrata. I tratti del viso e il sorriso sono quelli paterni, cos come la cortesia e semplicit dei modi; lattenzione estrema a non sovrapporre le proprie interpretazioni al pensiero del padre e lo scrupolo dautenticit sono in linea con la lezione di chi riteneva che la libert e il dovere di uno scrittore consistano soprattutto nel non mentire.

probabile che Albert Camus abbia scelto di acquistare una casa qui a Lourmarin perch ha trovato in questo paesaggio una luce che gli ricordava quella della sua infanzia, dellAlgeria, gli stessi colori del Mediterraneo, ha voluto in qualche modo ritornare alle origini, ritrovare quello di cui a Parigi soffriva lassenza, non vero? In effetti a Lourmarin si trova una luce particolare. Qui, diceva sempre, dietro le montagne c il mare. un paesaggio che ricorda quello della Toscana, sulla quale ha scritto pagine meravigliose. La Toscana, lAlgeria, il Mediterraneo, insomma. Era profondamente mediterraneo. Era legato a questi luoghi anche attraverso amici molto importanti, come Jean Grenier e Ren Char. Ren Char, s, era molto radicato in Provenza, in Vaucluse. Jean Grenier era venuto al castello e aveva scritto un breve testo, in cui descrive Lourmarin, che sintitola Cum apparuerit, che non si trova pi e fa parte delle pubblicazioni del castello.

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Cerano luoghi dei dintorni che Albert Camus amava in modo particolare? Credo che fosse solito passeggiare con Ren Char nella foresta di cedri, vero? Nella foresta di cedri, mi stupirebbe. Faceva il giro della conca di Lourmarin, il mattino presto, prima di iniziare a lavorare, ma non restato a lungo. Un anno e mezzo, penso. Appena, perch ha fatto fare dei lavori alla casa, lha arredata, ha scelto tutto personalmente: le tende, i letti, le lenzuola vero che amava delle case molto semplici, un po Un po austere. Un po austere, spagnole; ancora cos? Lho resa un po pi confortevole, ma non da molto. Suppongo sia perch sono stata educata da lui, per cui il lusso, il superfluo sono quasi. un peccato, ad ogni modo non valgono la pena. Ci sono molte persone, molti lettori che vengono qui a Lourmarin a vedere la casa che aveva scelto e la sua tomba? S, vengono a vedere la casa dallesterno perch non in visita, conservo un angolino per me e i miei figli e nipoti, poi vanno al cimitero. Vengono da tutto il mondo, ci sono molti coreani, molti giapponesi vero che aveva il biglietto del treno, ma partito in auto su insistenza di Michel Gallimard? S, a Michel non poteva rifiutare niente. Perch Michel Gallimard era una persona adorabile, veramente adorabile. Camus diceva che vi erano due luoghi in cui si sentiva particolarmente a suo agio, lo stadio e il teatro. Ha davvero finanziato la squadra di calcio locale? Paghiamo ancora una quota alla squadra locale, le JSL, una tradizione Camus. Ha offerto delle maglie nuove a ogni giocatore. Andava a tutti gli incontri, quando era a Lourmarin, e aveva accese dispute con il pescivendolo di Bonnieux! Ha iniziato qui Il primo uomo? Penso lo avesse cominciato prima, ma, in effetti, lo ha praticamente scritto tutto qui, seduto in terrazza, stando ai racconti di M.me Ginoux, la donna che lo aiutava nelle faccende domestiche.

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Il periodo in cui ottenne il Nobel fu piuttosto difficile, si sentiva molto isolato negli ambienti intellettuali parigini dopo la rottura con Sartre e Les Temps Modernes. In pi era appena iniziata la guerra in Algeria e credo cercasse a Lourmarin la pace e le energie per completare questo romanzo, che contava molto per lui. Leggendo i Taccuini degli anni Cinquanta, si vede che erano per lui anni alquanto duri. S, erano duri, era molto solo, molto isolato. Cerano delle ragioni politiche, perch Camus ha sempre affermato che era di sinistra, un uomo di sinistra allantica. Diceva: Sono di sinistra malgrado lei e malgrado me. Comunque di sinistra, quindi per la gente di destra era sempre troppo a sinistra; per la sinistra, denunciare i gulag significava tradire lideologia, quindi essere lalleato oggettivo della destra. Era inoltre uno dei rari scrittori francesi che non erano nati borghesi, e questo nei suoi rapporti con lintelligencija parigina costituiva un problema centrale. Veniva dal Sud, dalla periferia di Algeri, con quellaria un po canaglia, troppo persino per dei borghesi di sinistra che amavano molto incanaglirsi. Allepoca, la maggior parte degli intellettuali francesi veniva dallcole normale, erano dei professori o, ad ogni modo, salvo Genet e Guilloux, dei borghesi, che avevano avuto tutto fin dalla nascita. Invece proprio dallorigine sociale di Camus (sua madre era analfabeta) che deriva il suo profondo rispetto della lingua francese. Prima di tutto, perch non ne aveva ricevuto la padronanza per nascita, aveva dovuto acquisirla con fatica. Poi, da scrittore, rivolgendosi ai suoi lettori, non voleva in alcun modo ingannarli. Era quindi molto attento alle parole che usava. E questa attenzione derivava dallambiente sociale in cui, a differenza di quasi tutti gli intellettuali francesi, era cresciuto. In terzo luogo, era un mediterraneo. Occorre ricordare che allora, e anche a lungo successivamente, la Francia voltava la schiena al Mediterraneo. Italia e Spagna erano ancora paesi arretrati e i francesi erano pi affascinati dal Nord, dallInghilterra, dalla Germania. Camus, invece, era profondamente mediterraneo. Daltronde, c un bel testo in cui dice che lEuropa ritorner ad abbeverarsi alle sorgenti del Mediterraneo. Questi tre aspetti erano, ritengo, alla base della sua solitudine. E poi, per un mediterraneo, unoffesa unoffesa, tradire unamicizia tradire unamicizia. Se uno ti offende pubblicamente, il rapporto si chiude. Negli ambienti parigini, tu insulti qualcuno oggi e vai a cena con lui domani. Ma mio padre non era cos, per lui lamicizia era sacra e non intendeva venirle meno. Conobbe un periodo di autentica gloria parigina alla fine della guerra, anche perch aveva avuto un ruolo importante nella Resistenza, in particolare come caporedattore del giornale Combat, mentre, pochi anni dopo, era del tutto isolato S, in pi i suoi libri avevano avuto grande successo. Imperdonabile, soprattutto quando si cresciuti nella periferia malfamata di Algeri, mediterraneo e povero.

E anche pied noir Eh s, bisogna saper stare al proprio posto

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Dunque negli anni Cinquanta si volse di nuovo verso il Mediterraneo, soprattutto grazie alla sua amicizia con Ren Char, che stato probabilmente il suo ultimo vero amico, non cos? Ah no, cera Guilloux; Louis Guilloux molto importante. Per quanto riguarda Ren Char, nella bellissima corrispondenza fra lui e Camus, si pu vedere che fra loro cera una splendida amicizia, non molto frequente fra intellettuali famosi. Cera Char, cera Guilloux, cera un amico di Algeri che si chiamava Robert Jusseaux, da Gallimard cera Brice Parain. Anche se vero che era abbastanza solo, era pur sempre circondato dal Mediterraneo, non ha mai potuto separarsene. A Parigi si sentiva in esilio. Nei Taccuini ci sono delle splendide pagine sullItalia. Oh, magnifiche, ad esempio su Siena: Vorrei ritornare a morire fra quegli italiani che amo. S, anche quando scrive che a Firenze ha capito per la prima volta che al fondo della sua rivolta cera un consenso. Ha visitato le regioni dItalia che suo padre amava particolarmente? Conosce lItalia? S, conosco lItalia: naturalmente sono stata a Firenze, a Venezia, a Milano, a Roma, a Napoli, ma sempre invitata da un regista, perch si rappresentavano delle pices di Camus. A Roma sono stata anche a Villa Medici per luscita di Il primo uomo. Ho poi fatto un viaggio con amici sulle tracce di Piero della Francesca (San Sepolcro, Arezzo) e ho imparato litaliano cos, ascoltandolo, la sera guardavo la Rai per imparare questa lingua cos bella, cos dolce, cos musicale, la adoro. Torniamo al periodo del Nobel che stato per lui, mi sembra, molto difficile da sostenere; era lacerato, cerano state numerose polemiche, probabilmente temeva che la sua opera fosse considerata ormai compiuta. Quando ha saputo di aver vinto il Nobel ha avuto una crisi profonda. Credo che questo riconoscimento labbia angosciato molto, ma potrei anche sbagliarmi, daltro canto ci tengo a precisare che non possiedo delle verit su Camus. Penso comunque che debba essere molto difficile vivere una vita tanto lontana dalle proprie origini, non solo dal proprio paese, ma dalla propria origine familiare: persone che non sanno n leggere n scrivere. Il Nobel segnava una differenza abissale e credo ne abbia sofferto. Il primo uomo un libro con cui voleva ritrovare le sue radici, probabilmente resta sempre in noi qualcosa dellinfanzia. Nei Taccuini, esprime le sue inquietudini, tutti i suoi dubbi, credo fosse molto angosciato, ma, se occorre trovare una ragione per questo, penso sia lo scarto enorme fra la sua situazione e le sue radici. Io ho conosciuto mia nonna, il mio prozio, non avevano proprio nulla a che fare con tutto questo.

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Sua nonna paterna stata una figura molto importante per Camus, ha dei ricordi di lei? S, era deliziosa. La difficolt era far comprendere che qualcuno che analfabeta non per questo un idiota. Semplicemente, non aveva le parole. Era intelligente, parlava molto con le mani, aveva delle parole, ma parlava soprattutto con i gesti. Era spagnola? Di origine spagnola, di Minorca, ma era nata in Algeria. Soprattutto, credo che non sapesse nemmeno cosa fosse la malvagit. Perch era davvero perfettamente, totalmente innocente. Quando ero bambina, avevo paura che le si facesse del male. Avevo paura per lei, perch era fine, delicata, senza difese. E per questo penso che sia stata preoccupazione costante di Camus parlare per coloro che non ne hanno la possibilit. Viveva in Algeria anche dopo lindipendenza? morta nove mesi dopo mio padre.

con il denaro del premio Nobel che Camus ha acquistato la casa di Lourmarin? Ah s, almeno qualcosa di positivo del premio. Aggiungo che, ad ogni modo, era un artista e un artista ha bisogno di essere conosciuto e, in questo senso, il Nobel la consacrazione suprema per uno scrittore. Se non ci fosse una certa soddisfazione nellessere conosciuto, non ci sarebbe il problema cui accennavo prima riguardo alla distanza dalle origini. Il problema questo, ed era davvero una consacrazione incredibile, era molto giovane. Il pi giovane vincitore dopo Kipling. S. Aveva quarantaquattro anni. Nella prefazione alla seconda edizione di Il rovescio e il dritto, Camus scrisse che ci che desiderava di pi era trovare un perfetto equilibrio fra ci che era e ci che scriveva, scrivere soltanto tutta la verit. Paragonando i suoi ricordi con la lettura delle opere di suo padre, trova che sia riuscito a esprimere quella verit totale della sua vita, che ricercava? Dovrei credere che sia possibile esprimere una verit totale, che la si possa individuare e che sia statica. E io penso che mio padre non avesse una tale idea della verit, ma che ritenesse la verit cangiante e in movimento. Un essere evolve, con let, con gli incontri, le situazioni sociali. Non penso fosse una verit totale quella che cercava. Voleva soprattutto una cosa: non mentire, perch pensava che la menzogna sia mortifera e credo avesse ragione. La menzogna, in Camus, la morte. per questo che, nella pice Il malinteso, il figlio muore, ucciso da sua sorella e sua madre, perch aveva mentito. Non ha mai detto loro chi era. Lo uccidono perch non lo

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riconoscono. Penso che oggi si menta troppo, a se stessi e agli altri, in Occidente, e lo pagheremo molto caro. Quello che posso dire che luomo che ho conosciuto era uguale a quello che esprimeva il suo pensiero nei libri che scriveva. Era lo stesso. Quando lo ha letto la prima volta? Aveva letto gi qualcosa prima della sua morte? Quando era vivo ho letto Caligola. Poi ha aspettato anni? No, sei mesi dopo la sua morte ho letto La peste, ma mi ha fatto troppo male. Dopo ho letto tutto a diciassette anni. Quando morto ne avevo quattordici.

Esiste un libro in cui riconosce la sua voce in un modo che la tocca particolarmente? difficile dirlo: nei suoi libri colgo la sua musica, vale a dire che, in situazioni assolutamente impensabili, lo riconosco, dico: Questo di Camus. Una volta stato davvero incredibile, durante una trasmissione su TF1, tra mezzogiorno e luna, colgo al volo una frase detta da un uomo e distinto penso che di Camus. Subito mi sono detta: Devo smettere un po di lavorare, questa paranoia totale, sono malata. Ma una donna ha risposto alluomo chiedendo: Bello questo concetto. Di chi ? e lui: di Camus . Sono rimasta molto colpita. In ognuno dei suoi libri c qualcosa di lui, dovunque lo ritrovo, sempre presente. Non posso dire ci sia un testo in particolare. Personalmente, amo molto i Discorsi di Svezia e adoro La caduta. Trovo che La caduta sia perfetto. Perch ha deciso di curare la pubblicazione di Il primo uomo una quindicina d anni fa? E perch ha atteso tanto prima di pubblicarlo? Prima di tutto perch avevo quattordici anni quando morto e non avevo voce in capitolo. Mia madre ha chiesto agli amici di pap (Robert Gallimard, Jean Grenier, Ren Char eccetera), tutti erano contrari a pubblicarlo perch era solo un abbozzo. E siccome per denigrarlo si diceva che era uno scrittore finito, il testo incompiuto poteva fornire nuovi argomenti ai detrattori. Penso che a mia madre sia rimasta questa paura. morta nel 79, e per tutti era evidente che io avrei dovuto occuparmi dellopera di mio padre. Per tutti tranne che per me; ma, alla fine, ho imparato il mestiere. Quando io ho ripreso in mano lopera un anno dopo, il pensiero dominante era sempre lo stesso: Camus era un boy-scout con una morale da Croce Rossa. Faccio questo lavoro da trentanni, con umilt e ostinazione, un lavoro enorme e non mi riesce mai di staccare. Quando ho riletto Il primo uomo mi sono detta che era sconvolgente e che bisognava pubblicarlo, perch per me Il primo uomo una sorta di libro di liberazione totale, come se Camus dicesse: Ecco chi sono veramente. un libro molto lirico, molto sensuale. Per dire chi , dice da dove viene. Secondo me un libro davvero importante e, anche se era ben lungi dallaverlo terminato, dato che pensava a unopera dalle 600 alle 800 pagine, vi si possono ritrovare i segni del suo impegno e il suo stile di scrittura tutto intero. Quel miscuglio di sensualit e austerit,

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la volont di parlare per coloro che non possono farlo da soli. Mi sembra, osservando lo stile di Il primo uomo, che assomigli moltissimo a ci che era lui come uomo, lo ricorda davvero molto. Comunque, quando il libro uscito, ho avuto paura per lui, perch non avrei potuto difenderlo, non potevo parlare, ero lultima persona a poter dire qualcosa. E lei sente ancora dei legami con le radici algerine? Ah, certo, lAfrica, s. Da l viene il mio lato selvaggio. LAlgeria, lAfrica, quella sorta di soffio nella schiena, quella selvatichezza, che trovo tuttavia meno pericolosa della ferocia che sincontra a volte a Parigi.

Perdere suo padre a quattordici anni, quando era uno scrittore cos conosciuto, le ha mai dato limpressione di essere obbligata a dividere il suo ricordo con molte altre persone, vale a dire tutti i suoi lettori? Non sapevo che mio padre fosse famoso. Era scrittore, ma, un bambino, a scuola, non ha poi tanta voglia di dire che suo padre scrittore. Cosa fa tuo pap? Scrive, scrittore. Per chi ascolta non vuol dire niente. Ho capito che era celebre quando morto. Un uomo celebre come lui non ha famiglia, quindi per gli altri io non avevo perduto mio padre. Quando vostro padre muore ed celebre, a nessuno viene in mente che voi avete perduto vostro padre. Non vostro padre, appartiene a tutti. Quando sono tornata al liceo, qualcuno mi ha detto: Peccato, volevo chiedervi di farmi autografare La peste. Mentre voi non potete nemmeno esprimere il vostro dolore, perch nessuno ne vuole sapere. Certo lo divido con molte persone, ma per me pap pap. Da giovane, non stato facile, ero in rivolta permanente, sempre messa fuori dalla porta in classe, al liceo, una rivolta che mi ha salvato, credo. Nel contempo, la solitudine era abominevole: nessuno ha mai considerato che mio fratello e io avevamo perso nostro padre. Ma bisogna passare attraverso tutto questo. Dopo si molto pi attenti, sensibili, completamente ricettivi al dolore degli altri; si cerca di non ferire nessuno, di non dire del male. Da questo punto di vista, stata unesperienza positiva. Era un padre severo? S. Vi ha insegnato il rispetto del denaro, cos? Del denaro non si parlava. Daltronde, non ne avevamo. Avevamo un franco alla settimana, io ero molto golosa, ma con quel franco dovevamo comprare il biglietto dellautobus per andare al liceo e io andavo sempre a piedi perch desideravo dei dolci. Con un franco alla settimana potevo comprarmi un dolce. Quindi facevo delle economie. Ma bene cos, pap non voleva che avessimo del superfluo. Diceva che avevamo tutto e aveva ragione: avevamo un tetto, non avevamo fame, avevamo dei libri, facevamo delle domande e sapevano risponderci, avevamo tutto. Quindi niente superfluo. A Natale, a partire dai dieci anni, dei regali utili, ad esempio una cartella.

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Parlavate della scuola, dei compiti? Non molto, perch se andavamo male eravamo rimproverati, ma se andavamo bene era normale, perch avevamo tutto. Era molto severo, soprattutto sul rispetto degli altri. Ci lasciava liberi, ma responsabili, come normale. Ma quando da bambini dite o fate una sciocchezza e vostro padre vi dice: Che cosa ne pensi?, non cos semplice. Avrei preferito le sberle, si pagato e si pu ricominciare tranquilli. Essere responsabili dei propri atti e delle proprie parole: uneducazione molto severa, perch non ci sono scappatoie. Ma era anche divertente, scherzava con voi? Era divertente, era tenero e, soprattutto, era giusto. Ci parlava molto, io stavo benissimo con lui. Avete avuto uneducazione laica? Ah s, totalmente. Cerano dei libri che secondo lui dovevate leggere? Potevamo leggere tutto, tutto quello che volevamo. Lo stesso valeva per il cinema, la musica. Tutti si stupivano perch, a dodici anni, cantavo le canzoni di Georges Brassens. Allepoca Brassens era un anarchico, considerato pericoloso e volgare, e io cantavo Il gorilla senza nemmeno comprendere le parole. Dove lhai sentita? A casa? Ma dove lhai trovata?. Ma pap che ci ha portato il disco. Nessuno ci credeva.

Camus amava Brassens? Lo adorava. Ci ha portato Brassens e ce lo ha fatto ascoltare quando avevamo dodici anni; allepoca era del tutto scioccante, era un libertario, come Camus del resto. Nellultima edizione della Pliade c un inedito, Limpromptu des philosophes, che piuttosto divertente, una satira della Saint-Germain-des-Prs esistenzialista. Ma anche di se stesso.

S. E di Sartre, monsieur Nant. Monsieur Nant, s, abbastanza trasparente. Non se ne parlato molto. In Francia ci sono stati degli ottimi articoli su questa edizione della Pliade, stata bene accolta, ma ho trovato sorprendente che nessuno abbia parlato di Limpromptu des philosophes. Penso che sia unautocensura inconscia che non deriva

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pi dallinfluenza di Sartre, ovviamente, ma dai tanti sartriani rimasti. un testo curioso, perch divertente, non un capolavoro, ma divertente, Camus si prende un po gioco di se stesso e un po di Sartre. vero che Sartre ha proposto di aiutarvi, dopo la morte di Camus? S, Robert Gallimard che ci ha detto che Sartre ha sempre chiesto: Come vanno Francine e i ragazzi? e che, se ci fosse stato un problema, ci avrebbe aiutati. Io di questo sono convinta. Ci sono ancora persone che pensano fosse meglio avere torto con Sartre che ragione, si diceva con Aron, ma si potrebbe dire con Camus? S, molte. un peccato per loro, avrebbero un p pi dossigeno se pensassero diversamente. Pensa che il pensiero di Camus sia adesso pi attuale, pi di moda? Ci sono sempre dei lettori e ci sono anche molte persone che comprendono veramente quello che ha detto. Bisogna distinguere fra la Francia e gli altri paesi. Negli Stati Uniti, in questo momento, c un crescendo di interesse. Ho visto uno studente americano, di Yale, che arrivato per studiare Camus e Simone Weil e mi ha chiesto: Che cosa fate in Francia? Perch da noi, a Yale, il professore migliore, e uno dei pi importanti degli Stati Uniti, fa un corso su Camus, questanno. E abbiamo dovuto rifiutare molti partecipanti, perch vi sono accorsi numerosi non solo gli studenti, ma anche i docenti. Una partecipazione, mi ha detto, assolutamente enorme. Anche in Inghilterra linteresse in crescita, idem in Spagna. Rappresentano spesso le sue pices in India, in Giappone; hanno fatto un adattamento di Lo straniero in srilankese per la televisione srilankese. In Italia, i suoi testi teatrali vengono spesso rappresentati. Io adoro venire in Italia, perch gli italiani amano davvero fraternamente Camus. Ma la Francia Che cosa vuole che le dica? Arrivo a Milano allIstituto culturale francese, e mi dicono: Abbiamo preso una sala piccola, perch non ci sar nessuno. E poi arriva un sacco di gente e ogni volta la stessa cosa. Questa la Francia. Ma occorre dire che, anche in Francia, non mai stato abbandonato dai suoi lettori. Camus estremamente letto. lautore pi venduto dellintera collezione Gallimard ed cos da ormai molti anni. Le vendite non sono mai calate, quindi parlare di riscoperta lascerebbe intendere che in precedenza non sia stato letto, il che non vero. Certo che pochi sono gli universitari che frequentano il Centro di documentazione su Camus di Aix-en-Provence. La Francia cos, ci mette del tempo. Comunque fra i giovani sempre lo scrittore, anche in Francia, pi amato e molti che lo hanno letto da giovani ritornano a lui da adulti. Anche nei paesi dellEst sempre stato molto amato. Per il suo sostegno ai dissidenti. S, era il loro ossigeno. Ci sono persone che sono morte perch hanno tradotto Camus, lhanno divulgato, o che sono state rinchiuse in ospedali psichiatrici. E, dicono, il che ancora pi sorprendente, che oggi nei paesi dellEst, che sono giunti al capitalismo, ancora Camus che li aiuta a sopportare la disillusione riguardo al

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capitalismo. In generale, ci che fa che si ritorni a lui la sua posizione nei confonti dellideologia: ha mostrato i suoi limiti e anche i suoi morti. Camus ha sempre detto che lideologia dovrebbe essere al servizio delluomo e non il contrario. Oggi, dunque, che cosa pu proporre? Propone di trovare ciascuno il proprio cammino e dice che, essendo data lassurdit, il tragico della condizione umana, esistere e scegliere ogni giorno il proprio cammino gi molto coraggioso. Non assume mai una posizione estrema, ma quando si dice che la pense de midi, cio il concetto di misura espresso in Luomo in rivolta rappresenta il ventre molle del pensiero, io dico no. La misura nella quotidianit, significa scegliere fra molte contraddizioni e trovare un movimento, unazione valida, in costante verifica, permanentemente in allerta: questo Camus. per questo che aiuta. Dice: Reggetevi sulle vostre gambe e cercate di trovare ogni giorno, fra le vostre proprie contraddizioni e le contraddizioni che la vita vi oppone, un movimento. Cos un movimento? Due forze opposte, esattamente questo in fisica e nella vita lo stesso. Bisogna trovare una soluzione alle contraddizioni che tenga conto del contesto umano. Guardate leconomia. Leconomia vuole appoggiarsi sulla teoria, senza considerare i criteri umani, il parametro uomo. Ma, se si fa astrazione delluomo, le cose non vanno. per questo che Camus pi alla moda oggi, perch dice sempre: S, ma c luomo. la prima cosa: perch io sono uomo; e sta in questo, la solidariet.

In Francia c ancora un pregiudizio riguardo al suo valore come filosofo, mentre non c dubbio che sia stato un autentico filosofo, non soltanto uno scrittore che si occupa di filosofia. Ha sempre detto che non era un filosofo, se per filosofia si intende un sistema, non aveva esprit de systme. In questo senso non un filosofo. Se la filosofia riflettere sulla condizione umana, allora un filosofo. Che per non ha mai edificato sistemi. In pi, non amava molto la filosofia tedesca, vero, salvo Nietzsche? Eccezione di non poco conto. Ma non amava molto la tradizione hegeliana. Camus insisteva sempre sul fatto che i criteri storici e largomentazione storica non erano le sole cose che occorreva considerare, che non erano onniscienti e che la storia poteva sempre ingannarsi di fronte alluomo. cos che cominciamo a pensare oggi, ma, a quel tempo, era abbastanza solo. Tuttavia, quando Hannah Arendt venuta a Parigi, ha scritto che voleva vedere solo Camus. Aveva apprezzato molto Luomo in rivolta Dicono pi o meno la stessa cosa e sono stati altrettanto malvisti, perch pi confortevole

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Riposarsi su unideologia. S, avere il bene e il male belli e pronti a colazione. Hannah Arendt, come Camus, dice: Non cos semplice. E condividono lo stesso odio per la menzogna. Come cercava Camus di vivere il paradosso di essere, nel contempo, solitaire et solidaire? Penso che Camus si sentisse molto solitario. Si pu vederlo in tutti i suoi libri. Lo straniero non Camus, ma in Lo straniero ci sono degli elementi di Camus. C questa impressione di esilio. E non da Parigi n da altrove che in esilio, ma dal mondo intellettuale, a causa delle sue origini. E questo un esilio completo. E, tuttavia, una cosa che evidente che Camus non poteva mai essere un uomo neutrale. Si impegnato veramente e fisicamente nella Resistenza, nella lotta contro il nazismo. E ha conservato sempre un impegno profondo, unautentica resistenza contro ogni totalitarismo. Si dimentica spesso che Camus era un oppositore accesissimo del regime di Franco, e fino allultimo. Rifiutava di recarsi in Spagna, ha lasciato lUnesco perch lUnesco aveva accettato la Spagna di Franco e aveva permesso un discorso al dittatore. Camus era del tutto intransigente questa non affatto neutralit. schierarsi, essere un uomo che si impegnato. Certo, non era esistenzialista, ma era impegnato, un uomo che si batteva. Non per niente dirigeva il giornale della Resistenza intitolato Combat. In Il rovescio e il dritto, si pu leggere: Fui posto a met strada fra la miseria e il sole. La miseria mi imped di credere che tutto bene sotto il sole e nella storia, il sole mi insegn che la storia non tutto. E, nellEstate: Viviamo cos il tempo delle grandi citt. Deliberatamente, il mondo stato amputato di ci che costituisce la sua permanenza: la natura, il mare, la collina, la meditazione delle sere. Tra le cose che hanno impedito a Camus di essere schiavo di unideologia, di idolatrare la storia, di credere che tutto sia storico e la storia sia tutto, di farne unipostasi, e che gli hanno sempre fatto preservare nelluomo, senza rifiutare le lotte del suo tempo, ci che non appartiene alla storia, c senza dubbio la presenza della natura, molto forte nella sua opera e nella sua sensibilit. Condivide questo sentimento? Completamente. Lurbanizzazione sempre pi tentacolare mi fa paura, perch separa luomo da tutta una parte della sua umanit e, soprattutto, dalla dolcezza e dalla bellezza. Quando la vita difficile, e lo di frequente, se non avete la dolcezza e la bellezza, allora davvero atroce. Ha spesso detto che, nelle citt, non il meglio di noi che viene alla luce. Ed io sono del tutto daccordo. Penso anche che, nellinfanzia, stesse meglio fuori che in casa e penso che, quando cos, quando casa vostra non davvero un luogo rassicurante, quando pi rassicurante lesterno, allora il vostro mondo il mondo, il cosmo, vale a dire che casa vostra fuori, con il cielo, la terra, gli alberi, gli animali Credo che anche questo possa aver avuto un peso.

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Lassurdo e la rivolta: Albert Camus filosofo del finito


Il percorso filosofico del grande scrittore francese vincolato alla finitezza e alla temporalit dellesistenza. Lassurdit della condizione umana e la necessit della rivolta. La politica del riformismo libertario. Paolo Flores dArcais 1 Lternit nest gure plus longue que la vie Ren Char

Dallabitudine allesistenza
Il percorso filosofico di Albert Camus una testimonianza di lucida fedelt: al finito dellesistenza, al disincanto del mondo, allessere-per-la-responsabilit quale ineludibile orizzonte per lindividuo. Riconoscere qualche evidenza, e pensarla fino alle conseguenze estreme. Nulla di pi, nulla di meno. Questo il compito in apparenza mediocre che Camus si assegna. Nessuna pretesa di originalit, infatti. Altri hanno pensato lesistenza finita come punto di partenza della filosofia. Camus si vincola per al dolore appassionato della coerenza. Assumere il finito non basta, infatti. Si tratta piuttosto di tenerlo fermo, contro la tentazione di eluderlo proprio dopo averlo affermato. Tentazione ricorrente e dominante della filosofia dopo (e contro) Kant, che alle illusioni dellinfinito si era illuso di aver decretato un definitivo ostracismo. Quella di Camus dunque una filosofia che si impegna a non barare, a non almanaccare nuove vie postmetafisiche (oggi potremmo aggiungere: postmoderne) per evadere dal finito. E che perci disegna anche la mappa dei molteplici tradimenti del finito operati dalla filosofia a noi pi vicina, spesso proprio in nome della temporalit dellesistenza. In questo lavoro critico, per, la fedelt al finito diviene originalit. Isolata, rara, controcorrente. E perci pi che mai necessaria nella sua sconcertante inattualit.

1 Questo testo una versione rivista della conferenza - mai pubblicata - presentata a Grosseto il 25 maggio 1984, in occasione del convegno internazionale dedicato a: Albert Camus: la scrittura e limpegno. Tranne che per le pagine conclusive, aggiunte ex novo, le modifiche consistono di ininfluenti correzioni stilistiche.

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Due dunque gli oggetti privilegiati della riflessione di Camus. Da una parte la dimensione ontologica del finito, come orizzonte ineludibile dellesistenza, e le sue implicazioni etiche e politiche allinsegna del disincanto. Dallaltro, linterminabile vicenda del tradimento del finito che accompagna lesistenza delluomo moderno, nella forma di negazione della realt, consolazione dalla realt, disprezzo per la realt. Oppio e ideologia. Vediamo. Nella filosofia di Camus la condizione finita delluomo si presenta due volte, come assurdo e come rivolta. Descrizione dapprima di un essere e prescrizione poi di una scelta, un dover essere che non si trova gi dato ma di cui ciascuno si assume la responsabilit. Del resto, ogni filosofia si caratterizza innanzitutto come scelta: per i problemi che privilegia e la gerarchia che fra essi stabilisce, prima ancora che per le risposte che formula. La filosofia per Camus nasce comunque shakespeariana: Essere o non essere. Giudicare che la vita valga o non valga di essere vissuta, significa rispondere alla domanda fondamentale della filosofia (99)2. Dunque sapere la realt per quello che , senza pagare dazio allumano desiderio di favole, ma per decidere coerentemente come viverla. Come viverci. Questo diventa in Camus lheideggeriano esserci. Il mondo assurdo, dir Camus. E tuttavia il punto di partenza, levidenza da assumere, dovr essere un altro: il mondo . Perch mai questo mondo, che semplicemente , deve valere come assurdo? Perch interrogarlo significa riconoscerlo indifferente. Universo di cose, non gi dimora per luomo. Universo estraneo, dove dunque straniero luomo. Ma la domanda era una domanda di senso. E la risposta invece un vuoto che diventa eloquente (106). Nellesperienza individuale lassurdo si manifesta come rottura dellabitudine. Lovviet quotidiana viene improvvisamente percepita come insensata. Dentro labitudine luomo fa tuttuno col mondo, poich non se lo pone come problema. Ma quando il vivere lascia irrompere linterrogare, il mondo collassa come mondo familiare. Cominciare a pensare vuol dire cominciare a essere minati (100). Si rotto lincanto. Lasilo del mondo diventa lesilio nel mondo. Luomo che interroga un uomo alla lettera spaesato: Il mondo ci sfugge poich ritorna se stesso () questo spessore e questa estraneit del mondo lassurdo (108). Non tutto. Unaltra forma di abitudine e opacit anche vivere sullavvenire: domani, pi tardi, quando avrai una posizione (107). Anche su questo versante, per, si spezza lincantesimo e lincessante domani cessa di fornire illusorio senso alloggi, poich il domani del domani del domani il nulla. Non un fine che possa dare senso, ma la fine, il non senso per eccellenza. La logica dellavvenire si regge solo su mirabili incongruenze, poich alla fine si tratta di morire (ibid.). Dunque, lestraneit del mondo diventa ostilit ed orrore, non appena si presenta come finitezza nel tempo. Non appena il domani si rivela come la fine che destituisce di senso ogni pretesa di trovare nel domani il fine di un oggi altrimenti insensato. Il mondo non dimora per luomo anche e soprattutto perch il suo tempo non quello dellesistenza delluomo. Il tempo della cosa inumano, perch va sempre oltre lesistenza. Questa presa di coscienza, che risveglia dallopacit e sottrae allabitudine, in qualche modo inevitabile. Prima o poi, arriva comunque il momento della

Per le citazioni di Camus i numeri si riferiscono sempre alle pagine del volume Essais, Bibliothque de la Pliade, Paris, Gallimard, 1977.
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domanda, del darsi pensiero. E la semplice preoccupazione, la cura nel senso heideggeriano, allorigine di tutto (107 e 1433).

La scoperta del finito


Quello che Camus chiama lassurdo, altro non che il finito, dunque. Lesistenza che separata dal tutto e collocata nellorizzonte di un tempo chiuso. Perch mai, tuttavia, il finito non potrebbe rivelarsi come finito e basta? Perch mai il finito dellesistenza anche e in primo luogo assurdo, qualcosa contro cui rivoltarsi? Il mondo non ha senso, ma non ha neppure bisogno di senso. Il mondo . Luomo, invece, la sola creatura che rifiuti di essere ci che (420), ha un bisogno inestinguibile che il mondo non sia quello che , alla lettera in-sensato. La sua natura contro natura: dover chiedere conto alla realt. Ma questa domanda di senso riposa poi sullabisso fra la misura dei desideri delluomo e la misura in cui il mondo pu soddisfarli. Cio, non pu soddisfarli. Lassurdo nasce da questo confronto fra la richiesta delluomo e il silenzio irragionevole del mondo (117-118). Luomo, ricorda Camus, desiderio di felicit e di ragione (117). Al primo desiderio, quello di felicit, si oppone la condizione di straniero fra le cose e nel tempo. Lassurdo essenzialmente un divorzio. () So cosa vuole luomo, so cosa gli offre il mondo (120). La felicit viene identificata col sottrarsi a questo destino di separazione, col ritrovare lunit, col ricongiungersi alla totalit. Porre fine allesilio. Non si tratta, si badi, di notazioni psicologiche, di umori adolescenziali. Gran parte del pensiero occidentale dalla caverna di Platone alla fenomenologia di Hegel, alloblio dellEssere di Heidegger non fa che raccontare questa stessa storia, di esilio dalla totalit e di ritorno ad essa, come storia dellalienazone. Dunque: luomo finito, ma capace di pensare linfinito e soprattutto di desiderarlo. Nel cuore della condizione umana si apre una lacerazione costitutiva. Lassurdo dunque non nelluomo n nel mondo, ma nella loro presenza comune (120). Alla radice dellassurdo, perci, la dismisura del desiderio delluomo, la pretesa che il mondo sia per luomo (a sua immagine e somiglianza!). La tentazione ricorrente: perch vivere se non sono Dio? Prepotente appetito di assoluto, di familiarit con la totalit del mondo e con leterno. Sono questi i colori dellumano desiderio di felicit che si dispiegano in tutti gli affreschi metafisici. O tutto possedere o a tutto appartenere. Essere partecipe del tutto, non avere separata esistenza, poich essere individuo vale essere in-sensato. Felicit sar dunque non nascere, non separarsi dalla madre. Ma, se nati, partecipare dellonnipotenza di Dio o di un suo surrogato. Condividere la potenza della specie, invece che vivere i limiti dellindividuo. Quanto sia insopportabile alluomo il riconoscimento della sua finitezza in un mondo in-sensato, proclamato del resto da millenarie e inestirpabili tradizioni di religione. Ma si faccia attenzione. La loro testimonianza riabilita in qualche modo anche lesistenza priva di interrogativi, lesistenza nellabitudine (il si heideggeriano), che poi lesistenza acritica che precede limprovviso risveglio alla coscienza dellassurdo. Di contro: labitudine il finito dellesistenza che riesce a distrarsi, che prova a non pensarci (a non pensarsi!), cio a non pensare n la fredda oggettivit del mondo, n la costitutiva e irredimibile separazione del-

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lindividuo dallinfinito e dalleterno. Lopacit dellabitudine funziona dunque come rimozione preventiva per non guardare in volto lorrore del finito. Non diversamente le tradizioni religiose e metafisiche, per. E infatti: lassurdo nasce con e dalla domanda sul senso. Per rimuoverlo, dunque, e restituire alluomo lillusione che luniverso sia apparecchiato per lui, si tratta di annientare la domanda stessa. Ma questo pu avvenire sia impedendo che la domanda affiori, soffocata nellopacit dellabitudine, sia schiacciandola sotto il tripudio della Risposta, nello splendore accecante della Verit. I due meccanismi spesso convivono, si combinano, si rafforzano a vicenda. Del resto, congiurano allo stesso scopo: distrarre e consolare dalla finitezza. E cos, una volta che religione e metafisica abbiano fornito la risposta, lesistenza si sentir legittimata e nobilitata a svolgersi nellabitudine, poich ora sa che ogni curiosit in anticipo appagata. La cultura che nega il finito si intreccia perfettamente con lopacit dellabitudine, poich entrambe tengono a distanza linquietudine della curiosit critica. Luniverso del sacro si concilia perfettamente, e si confonde, proprio con lorizzonte opaco dellabitudine. Autenticit sar perci la fedelt al finito che tiene ferma la dimensione della domanda, che disincanta il mondo e lo smantella quale destinata dimora, che congeda le illusioni di ogni pienezza dei tempi. Di contro a questa possibilit di autenticit, lavora infaticabile la pulsione delluomo che rifiuta di staccarsi dal tutto, di riconoscersi finito e in-sensato frammento. La volont di potenza come prepotente volont di non essere individuo. A seconda che privilegi il passato o il futuro, il desiderio di totalit imboccher allora le strade (non di rado circolari) della nostalgia o della profezia. Poich lo spirito desidera ma il mondo delude (135), il finito che luomo non rinuncer allinfinito ma lo sposter in altri tempi e in altri mondi: terra promessa o paradiso perduto, Gerusalemme celeste o futura umanit, dove il confine tra essenza ed esistenza scolora.

Tra scienza e desiderio


Nella dimensione del presente, tuttavia, familiarit e possesso del mondo sembrano a portata di mano nella forma, surrogatoria ma praticabile, di conoscenza. In realt, anche per luomo desiderio di ragione (117) e non di chimerica felicit, si apre solo lorizzonte di un nuovo dissidio. Capace di soddisfare lappetito di infinito, infatti, sar solo una scienza che fornisca la verit completa, globale, esaustiva, definitiva. Un Sapere-Tutto. Che la realt sia almeno totalmente trasparente, perch luomo possa viverla, se non altro intellettualmente, come propria dimora. Ma la scienza non ci fornisce neppure questo simulacro di assoluto (per questo, forse, metafisiche e postmetafisiche si pretendono scienze e verit di ordine superiore). La conoscenza scientifica, come a pi riprese Camus sottolinea, ci fornisce solo conoscenza di frammenti. Ci sono delle verit, ma niente affatto la verit (111). Non si tratta, per, di una inadeguatezza della scienza (bench in qualche occasione Camus sembri flirtare con languori antiscientifici). Poich la verit parziale e sempre provvisoria della scienza non appaga il bisogno di assoluto, lumana nostalgia di totalit, si tratter non gi di mettere sotto processo la scienza, ma di rinunciare alla dismisura che occupa dispoticamente il cuore delluomo. Di non chiedere alla scienza ci che non pu darci, e che pure resta il pi importante (come ricorder anche Wittgenstein): la risposta alla domanda sul senso. E di tener ferma

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limmagine del mondo che la scienza moderna ci presenta, malgrado essa faccia a pezzi le illusioni che il nostro desiderio produce, e ci racconti il mondo come estraneo, indifferente, privo di anima e di finalismo, questo caos, questo caso re (136). Con le stesse parole si esprime infatti la scienza moderna. Scrive Jacques Monod: Il caso puro, il solo caso, libert assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dellevoluzione: oggi questa nozione centrale della biologia non pi unipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili, ma la sola concepibile (113)3. E invece noi uomini vogliamo essere necessari, inevitabili, preordinati da sempre. Tutte le religioni, quasi tutte le filosofie, perfino una parte della scienza, sono testimoni dellinstancabile, eroico sforzo dellumanit che nega disperatamente la propria contingenza (52). una leggenda, dunque, quella che racconta il dominio della scienza nel mondo moderno. Le nostre societ hanno accettato le ricchezze e i poteri che la scienza svelava loro () ma non ne hanno accettato il messaggio pi profondo () lesigenza di una revisione totale delle basi delletica (163), la radicale separazione tra fatti e valori. La logica di un definitivo e irredimibile disincanto. E anzi, le societ liberali dellOccidente propugnano ancora a fior di labbra come base della loro morale una scoraggiante miscellanea di religiosit giudaico-cristiana, di progressismo scientistico, di fede in alcuni diritti naturali delluomo e di pragmatismo utilitaristico (164) Letica del disincanto, fedele alla scienza, affiora invece nitida in Camus. Cercare ci che vero pur sapendo che non coincide e anzi si oppone a ci che desiderabile (128). Luomo deve vivere solamente con ci che sa, farcela con ci che , senza far intervenire nulla che non sia certo e in questa lucidit del finito ritrovare infine il vino dellassurdo e il pane dellindifferenza, di cui si nutre la sua grandezza (137). Luomo ha incontrato ci che , ma non desiderabile, fin dal momento dellimprovvisa rottura che lo strappa allopacit dellabitudine: lestraneit, il molteplice, la morte. La sua esistenza finita, irrimediabilmente e irredimibilmente. Questo ci dice anche la scienza moderna. Si tratta allora di non tradirla, poich lesistenza stessa che verrebbe tradita. Camus rifiuta dunque la sirena di Kierkegaard quando, a imitazione di Ignazio di Loyola, predica che lintelletto sacrifichi il suo orgoglio e la ragione si pieghi (127). La ragione bens vana, se pretendiamo che la scienza ci riveli il senso delluniverso. Ma vana solo perch la dismisura del nostro desiderio di assoluto e di consolazione la ha caricata di un compito che non il suo. Quanto al resto, non vi nulla oltre la ragione (124) e lassurdo altro non che la ragione lucida che prende atto dei suoi limiti (134). Monod scriver che le idee dotate del pi elevato potere di penetrazione sono quelle che spiegano luomo, assegnandogli un posto in un destino immanente, in seno al quale la sua angoscia si dissolve (159), ma proprio in ci consiste la menzogna di una modernit in definitiva ostile alla scienza (164). La filosofia di Camus tessuta con opposta fibra. Non concede spazio alla consolazione e alla sua logica. Meglio la disperazione alle rose dellillusione di cui si nutre lasino e con cui ci si rassegna alla menzogna (128). Contro questa menzogna, anche Camus tiene

Qui e in seguito, le citazioni di Jacques Monod sono tratte da: Il caso e la necessit, Milano, Mondadori, 1974.
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fermo che il destino delluomo non scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre (Monod, 172)4.

Filosofie dellevasione
Luomo ha ormai assaggiato la mela del disincanto. Di fronte ad un universo che non (cor)risponde alla sua domanda di senso, si aprono alluomo due possibilit: la coerenza o la fuga. Le filosofie che pure si dicono dellesistenza scelgono, secondo Camus, questa seconda. Sono, alla lettera, filosofie dellevasione. Invece che tenere ferma la realt vogliono consolarci, e condannarci alla speranza forzata (122). Per Kierkegaard e per Sestov, per Husserl e per Jaspers, la nostalgia pi forte della scienza (133). E poich si tratta di filosofie che partono dallassurdo () in un universo chiuso e limitato allumano, merita che ci si soffermi (122) sul rovesciamento mistico che costituisce lesito della loro avventura. Il punto di partenza lassurdo, abbiamo visto. Rotto con la scienza moderna quellincanto che era un mondo animato, simile a noi, apparecchiato per noi, si elude lassurdo non pi negandolo ma divinizzandolo. Lassurdo come sappiamo la lucidit che riconosce labisso incolmabile tra il mondo qual caso pi necessit e quale lo vagheggia la nostalgia inesauribile di totalit e di assoluto dimora intessuta di finalismo. Ma poich la nuda realt di un mondo disincantato risulta, come scriver Freud, una ferita inferta al narcisismo delluomo, lintollerabile verr dapprima dichiarato irrazionale, e infine santificato in assoluto: lirrazionale Reale, lirrazionale Dio. Cos, quando Sestov scopre lassurdit fondamentale di ogni esistenza, non esclama: Ecco lassurdo, bens: Ecco Dio (123). Si trattava di una relazione tra la smisurata richiesta delluomo e il silenzio del mondo e diviene unipostasi. Attraverso cui lebbrezza dellirrazionale e la vocazione allestasi (124), rinnova il tradimento dellassurdo e del finito anche in seno allesistenzialismo, che di essi si presenta dapprincipio come intransigente custode. In Kierkegaard il paradosso stesso dellesistenza, lantinomia della condizione umana (126) che viene ipostatizzata e riconosciuta nel Dio cristiano. Poich vivo il mondo come paradosso e scandalo, allora paradosso e scandalo costituiscono lessere, sono la verit del mondo. Verit, perci, sar proprio quella religione che pone al suo centro il paradosso per eccellenza, lo scandalo della croce. Abbiamo a che fare con versioni esistenzialiste della prova ontologica. Funzionano cos: la realt vana, come pure la ragione. Dunque, vi una Realt oltre la ragione e oltre la realt mondana del molteplice e del finito. Mi prendo la libert di chiamare suicidio filosofico questo atteggiamento esistenziale (128), dichiara Camus. Si tratta, infatti, di negazioni redentrici (129) della realt. Un ragionamento non predisposto a conclusioni misticometafisiche suonerebbe invece: realt e ragione ci appaiono vane, poich vanamente ci attendiamo che soddisfino le

4 Una considerazione a margine: Camus e Monod, entrambi premi Nobel, entrambi di sinistra ma critici senza diplomazie dei regimi dellEst e dei loro orrori, una sola volta si impegnano direttamente ed esplicitamente in una campagna elettorale. A distanza di molti anni, ma luomo lo stesso: Pierre Mends-France.

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nostre smisurate esigenze. In questo scarto costitutivo fra realt e desiderio, in questo appetito di assoluto, si radica langoscia per la fine che caratterizza quel finito che tutti noi siamo. Per sfuggirla, la frustrazione diviene prova. Se vi mancanza, vuol dire che una misura soddisfacente deve esistere. Poich ferisce riconoscere che la vita finisce con la morte, ci dimostra leternit. Il concetto di Dio implica la sua esistenza, ragiona Anselmo. Il desiderio di assoluto dimostra lassoluto, completano i filosofi di una infedele vocazione al finito dellesistenza, a cui devono tutta la loro esistenza filosofica. La volont di evasione, assuma essa veste filosofica o si rifugi nellopacit dellabitudine, ora per messa in scacco. Ne conosciamo i trucchi. E allora: se non si fugge, ci si rivolta. La lucidit che abbiamo visto come assurdo e disincanto sar anche rivolta. Mi rivolto, dunque siamo (432). E infatti. Questo mondo dove contingenza luomo, e non compimento di un creato-per-lui, resta tale cio disincantato solo per una coscienza costantemente esercitata a rifiutare le seduzioni dellabitudine e il miraggio delle ipostasi. Ma una coscienza costantemente vigile una coscienza che necessariamente rimette il mondo in questione a ciascuno dei suoi istanti (138). In altri termini. Una esistenza priva di necessit in un mondo privo di scopi, unesistenza per necessit giudicante. Cosa possa essere il senso del mondo e della propria esistenza viene scelto, momento per momento. Poich non dato, non pu accadere altrimenti. Venire al mondo equivale a far nascere un dover essere. Respirare giudicare (417). Laddove non si d giustificazione deve inevitabilmente darsi giudizio. E il giudicare non pu tradirsi in accondiscendere, accomodarsi, rassegnarsi, perch se Dio non , il male comunque . La rivolta si presenta perci come la dimensione etica cui lindividuo non pu sfuggire non appena abbia riconosciuto e tenuto fermo il finito. Non c pi un Dio o una Verit/senso cui affidarsi, infatti, cui obbedire, presso cui coltivare la propria irresponsabilit. Lesserci allora fatalmente normativo, a meno di non ricadere nel cerchio magico che lo trasfigura in pastore dellessere. Dunque: il disincanto comanda lelaborazione di unetica del finito, dove lindividuo non pu sfuggire al potere di giudicare, proprio in virt del non senso del mondo. Luomo, cio ogni uomo, padrone e signore della norma. Questa lineludibile conseguenza del disincanto. Questo linsostenibile potere delluomo assurdo. Ma si tratter allora di affrontare il problema: se il disincanto non ci trascini nel gorgo di un nichilistico relativismo morale, dove si possono attizzare i forni crematori esattamente come ci si pu dedicare a curare i lebbrosi (415). La risposta sar inequivoca: lassurdo, la coerenza nel tener fermo il finito e nel rifiutare ogni finalismo, non mette affatto necessariamente capo al nichilismo, ma semmai alla rivolta. Il tema della rivolta diventa allora cruciale non solo perch ineludibile problema dellindividuo, ma perch decisive culture della nostra epoca a lungo egemoniche si presentano proprio come rivolta contro quella abitudine secolare che rimuove il finito e preferisce perci Dio alluomo. Ma Camus capovolge linterpretazione tradizionale. La sua tesi che proprio le filosofie che percorrono la modernit, e che pi si presentano come negazione e critica di una tradizione secolare che si retta su Dio, a un esordio che rifiuta ogni ordine metafisico, facciano seguire sistematicamente una conclusione che rovescia le premesse. E costituiscano, dunque, non gi filosofie della rivolta ma culture del conformismo e della resa. Filosofie che anzich rinunciare a Dio, e rifiutare lidea di un dover essere gi geneticamente

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iscritto nello svolgersi finalistico del mondo, elaborano surrogati di spiegazioni teologiche. Ennesimo capitolo del tradimento del finito, perpetrato questa volta nella forma di tradimento della rivolta. Seguiamo la vicenda in alcuni suoi tratti salienti.

Rivolta, ipocrisia, solidariet


Camus riconduce la rivolta alla sua manifestazione pi elementare, quellimprovviso no! che intende stabilire un limite invalicabile poich afferma lesistenza di una frontiera (423). Qualcosa diventa intollerabile. Non perch porti in s tale qualit, tuttavia, ma perch un gesto la rivolta, appunto lo decreta intollerato. In nome di che cosa? Non di una natura violata (anche il comportamento contro cui ci si rivolta manifestazione della natura umana) bens di ci che viene deciso come umanamente intollerabile. Dietro quel semplice basta! agisce in realt un ideale positivo di umanit. Una realt di umanit non deducibile dalla realt, ma progettata dalla rivolta, implicita in essa lo si sappia o meno. Nessuna rivolta senza un implicito dover essere dellumanit, senza una norma di umanit. Quel mero no! gi lespressione di un articolato s. Ma questo vuol dire che la rivolta non pu essere semplice rovesciamento delle parti. Se dice no! a un comportamento lo dice per tutti. La rivolta definisce infatti un territorio di comportamenti rivoltanti, che tali restano anche se sovrano e suddito, padrone e schiavo, libert e soggezione si scambiano i ruoli. La rivolta e il risentimento sono intessuti di fibre incompatibili. Ma la rivolta soprattutto rivolta contro lipocrisia. La rivolta vive infatti di un paradosso: diventa concretamente possibile solo laddove gi in qualche modo presente come valore (sebbene nella forma di extrema ratio). Solo in societ dove siano affermati (o meglio: stiano contraddittoriamente emergendo) valori che definiscono lindividuo come ambito di dignit umana inviolabile. Laddove, al contrario, il singolo venga percepito (e indotto a percepirsi) come mero momento di un ordine complessivo superiore e gi dato, qualsiasi dismisura di potere purch coerente a quellordine non potr neppure essere avvertita come umiliazione e negazione di dignit. Sar vissuta, piuttosto, come natura, come destino, che incardina ciascuno al posto che gli spetta. Unicuique suum, questo inevitabile tautologico del teologico, contro cui impensabile, vano, bestemmia linsorgere. Ecco perch il problema della rivolta sembra prendere un senso preciso solo allinterno del pensiero occidentale e dilaga quando una eguaglianza teorica ricopre grandi diseguaglianze di fatto (429). E ancora. La dimensione della rivolta comunque collettiva. Anche lisolato gesto esemplare vuole comunicare e suscitare. Una rivolta radicalmente individuale sarebbe anche radicalmente silenziosa. Neppure avvertibile. Anche lo scandalo pi estremo ha bisogno del consenso di qualche discepolo. Altrimenti, non verr neppure registrato. La rivolta, inoltre, stabilisce un territorio di inviolabile dignit per tutti. Lo schiavo che diventa padrone rendendo il padrone schiavo non produce rivolta, abbiamo visto, ma realizza risentimento. La fratellanza gi un contenuto della rivolta. Ma a differenza che nella sartriana Critica della ragion dialettica, la fratellanza lunificazione di chi entra in rivolta non governata in Camus da quel fuori che il nemico da rovesciare, ma da un dentro di valori diffusi e calpestati. Le parole di una societ, umiliate e offese dai fatti del potere. La rivolta

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lazione contro lo scarto fra parole e fatti, quello scarto che percorre e costituisce lOccidente. Non dunque la fratellanza contro, sempre in precipizio verso una ricaduta nella serialit, non appena lunificante nemico sia stato rovesciato, ma la fratellanza per, autonomamente fondata su valori scelti e non strumentali. La rivolta anche un contro, beninteso. Ma, soprattutto, lagire umano che decide il per irrinunciabile di ci che vale (cio vuole) come uomo. E bench una rivoluzione possa permanere nella rivolta, la rivoluzione sar pi spesso una rivolta tradita. Mancano dunque le precondizioni della rivolta, laddove venga riconosciuto come indiscutibile un ordinamento della societ (perch della natura o del cosmo, magari). Dove la domanda non trova spazio, gi occupato dalla totalit della risposta. Dove c senso, perch domina lopaco e onnilaterale con-senso dellabitudine. Perch la rivolta venga ad esistenza, infatti, necessario che possa venir formulata la domanda sulla giustizia. Ma lorizzonte del sacro anche gi sempre una risposta anticipata che neutralizza tale domanda. Il sacro teologia, infatti, ma, insieme e soprattutto, teodicea. Il sacro non solo rimozione dellassurdo, cio consolazione rispetto alla finitezza, ma anche prevenzione della rivolta come progetto di un ordine fondato su valori scelti anzich subiti.

Le metamorfosi del sacro


E torniamo, cos, allinestricabile connessione tra interrogazione e rivolta. Ambedue appartengono alla logica del finito, alla coscienza che il mondo non animata persona o te(le)ologica finalit. Di contro invece la logica del sacro, dove tutte le risposte sono gi date in una volta sola (430). Due logiche che si escludono. Di modo che per uno spirito umano sono possibili solo due universi, quello del sacro (o, per parlare il linguaggio cristiano, della grazia) e quello della rivolta (ibid.). Aut aut. Tutto o Niente (431). Se assumiamo lesistenza nel senso di Camus, fuori e contro labitudine, lesistenza come assurdo e rivolta, allora: il sacro lannientamento dellesistenza. Ma il sacro, beninteso, anche in tutti i suoi travestimenti, le sue forme sconcertanti (430-431). Sono le inesauribili fantasie mimetiche del sacro, le sue metamorfosi laiche e i suoi atei travestimenti, che Camus insegue e disocculta in tanta parte della cultura contemporanea. In questo labirinto di apparente disincanto, il finito viene tradito secondo modalit diversissime, il cui tratto comune la dismisura. Nella forma di ipostasi, innanzitutto. Vediamo. Luomo individuo, luomo solitudine. Questa condizione, questi predicati dellesistenza, vengono trasmutati in sostanza. La solitudine diventa lUnico, e la clinica precisione con cui Stirner aveva diagnosticato come astrazioni di menzogna le ipostasi Dio, Stato, Societ, Umanit, conclude con unennesima menzogna e ipostasi: un io che si leva contro tutte le astrazioni, divenuto esso stesso astratto (474). La solitudine dellindividuo di fronte alla natura e agli altri, questo duplice smarrimento di fronte ad un mondo privo di scopi, viene assolutizzata e personificata. Battezzata Unico, indica in realt niente altro che il farsi Dio di un individuo rispetto agli altri individui. Perch lUnico sia, la molteplicit umana deve dileguare. LUnico sar dunque il Tutto, a rovesciamento e soppressione di quella solitudine degli individui finiti da cui aveva preso le mosse.

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Nel frattempo, questo individuoTutto avr giustificato il suo diritto a compiere qualsiasi azione, ad annientamento del molteplice gli altri. Vivere trasgredire (ibid.). Ci arriviamo attraverso una seconda ipostasi. Luomo finito frammento della natura, impasto di istinti e passioni. Di pulsioni. per tener ferma questa finitezza che deve essere riconosciuta lillusione di un ordinamento divino. Questa lucidit clamorosamente tradita, per, non appena listinto, questo finito per eccellenza, viene intronizzato al posto di Dio. Questa lastuzia metafisica che Camus smaschera nel marchese de Sade: gli istinti che diventano essi cosmo, nomos, necessit. Lordine divino sembra negato, in realt muta solo nome. Lordine istintivo, divinizzato, sar altrettanto vincolante. La scelleratezza diventa norma. La trasgressione dovere. Segue, puntualmente, lannientamento del molteplice che sempre accompagna lipostasi. La libert illimitata del desiderio significa la negazione dellaltro (453). E non solo: Ogni potenza tende ad essere unica e solitaria. Bisogna uccidere ancora: i dominatori si scanneranno a loro volta (455). Attraverso questo stoicismo del vizio (ibid.) Sade secondo Camus con due secoli di anticipo e su scala ridotta, ha esaltato le societ totalitarie in nome di una libert frenetica che la rivolta in realt non esige affatto (457). Ma anche lineludibile necessit di giudicare il mondo, di non subirlo, che abbiamo visto caratterizzare luomo in rivolta e ogni esistenza autenticamente finita, pu, in bala della dismisura, rovesciarsi nel suo opposto. Diventa il delirio di onnipotenza con cui lideologia pretende di creare il mondo daccapo. Quello esistente diventa allora la pagina bianca buona per ogni esperienza in corpore vile. lossessione di Mao Zedong e la logica delle rivoluzioni totalitarie. Creare il mondo, cio sostituirsi a Dio: lhybris realizza la mutazione alchemica facendo dellindividuo finito lUnto dellideologia, vaso dinfinito. Malgrado nei casi sopra accennati il primo movimento sembri antimetafisico, lorrore sistematico verso il molteplice segnala che ci troviamo in realt in pieno pensiero superstizioso, in pieno esorcismo contro il finito e la morte, dentro lorizzonte della religione surrogata. E un identico meccanismo di trascendimento e negazione del finito, della molteplicit, degli individui opera in altre categorie, spesso egemoni nella cultura della modernit: il popolo, la volont generale, la storia, il genere umano.

Nel labirinto delle ipostasi


Il popolo sembra un punto di partenza che assume il finito. Nasce infatti contro e a distruzione di una tradizione che vede Dio stabilire i sovrani, e attraverso questi ultimi costituire i popoli, altrimenti introvabile volgo disperso. Dunque, se ci teniamo fermamente al finito, a costituire un popolo non Dio ma sono tanti singoli individui, distinguibili per interessi, passioni, opinioni, volont. Il popolo come molteplicit, insomma. Diversamente il popolo di Rousseau, e ancor pi quello di Robespierre e Saint Just. Qui il popolo il sovrano, una persona non una molteplicit. Uno, come il sovrano di diritto divino. Ma divino egli stesso, dal momento che possiede tutti gli attributi che la teologia attribuisce alla divinit. tutto ci che deve essere (524), causa sui dunque. Pienamente libero, poich nulla trova fuori di s, la sua legge , tautologicamente, volont giusta. Essere e dover essere in lui coincidono, dando mondana soluzione al travagliato problema della teodicea. infatti sommo bene,

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poich in lui liberato dalla corruzione e dagli artifici di un potere che ne negava la sovranit libert e virt finalmente coincidono. Questo Popolo, diventato maiuscolo, parla allora lo stesso linguaggio della Natura. Che nelluomo, beninteso, fa tuttuno con la Ragione. Dunque la morale altro non che la natura infine recuperata dopo secoli di alienazione (531). Il prezzo che si paga quello ormai consueto. Perch la volont generale sia, la volont di tutti deve coincidere con essa. Dileguare, cio. I tutti devono volere allunisono, mutarsi in Tutto. Laddove manchi unanimit opportuno sospettare la corruzione allopera. Qui il peccato di dissenso lequivalente del peccato di orgoglio contro Dio, peccato per eccellenza imperdonabile. Camus coglie nel segno: nella logica della volont generale, il punto di vista non solo crimine ma anche bestemmia. Crimine, anzi, proprio perch bestemmia. La volont generale deve dunque generare lepurazione permanente, per realizzare la virt. LUnico si chiama ora Popolo, ma a patto di fare il deserto delle concrete volont autonome. Camus individua perci valenze fasciste nella linea della volont generale che da Rousseau arriva a Lenin. Il popolo uno implica un solo capo, una sola voce. Perch la volont generale parli, il molteplice empirico e finito i singoli uomini deve tacere. Tali le folle plebiscitarie, dove il silenzio di ciascuno si esprime nellacclamazione collettiva, dove loblio dellopinione grida nella cadenza ritmata delle parole dordine (587-588). Senza perifrasi, perci: realizzare il genere umano vuol dire intanto opprimere i singoli uomini, sopprimere le concrete volont, refrattarie a identificarsi con la loro ipostasi. Tiriamo le fila. Una singolare aria di famiglia accomuna queste diversissime filosofie dellipostasi, costrette dalla loro stessa logica a sacrificare gli uomini concretamente esistenti. Tale il perdersi dellindividuo nella specie e nel divenire, secondo il rovesciarsi nicciano della rivolta in amor fati (482). Tale la sociolatria di Auguste Comte (601). Tale la futura umanit, che dovr scaturire riconciliata (cio priva del male del conflitto) a conclusione del processo rivoluzionario. La logica dellipostasi conosce per insanabili antinomie. Prendiamo il caso della rivoluzione, quello che pi sta a cuore a Camus. La rivoluzione prescrive dedizione per luomo nuovo, che ancora non esiste, e intanto repressione degli uomini esistenti che nel presente si oppongono ai rappresentanti delluomo futuro. Non a caso. Se luomo diventa il genere umano, la divinizzazione della specie, ovvio che restare individuo, tener fermo il finito dellesistenza con il suo molteplice di opinioni e interessi equivalga a sabotare che lUmanit venga alla luce. Restare individui sar crimine di lesa umanit. Lo sapevamo gi: la minoranza il peccato, chi critica un traditore (534). E tuttavia. Fissiamo lattenzione su una svista cruciale. Chi sia portatore di critica, di divisione, dunque di tradimento e disumanit, lo si accerter solo dopo. La volont generale non nasce mai tale, infatti. semplicemente lopinione che ha vinto, che diventata potere. Leresia solo la verit che stata sconfitta. Ecco perch il boia e la ghigliottina sono i ministri pi autentici della volont generale. Assicurano che essa diventi Una, e si mantenga tale. Che libert, razionalit, giustizia, sovranit, finiscano tra virgolette, diventino una cosa sola e si identifichino in ci che il potere decide. Qualsiasi cosa decida. Ma soprattutto: chiunque vinca nella lotta per il potere. In altri termini. La logica dellipostasi e della divinizzazione del finito si rivela essere niente altro che una metafisica del successo. Chi ha vinto, per il fatto che ha vinto, lUnto del Signore, sta realizzando lUmanit. Il successo la prova

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irrefutabile che viene esibita di fronte allunico tribunale di un mondo senza Dio, ma ancora impregnato di logica religiosa: il tribunale della storia. E la storia in tal modo acquista bens un senso movimento dialettico, inarrestabile malgrado i detours, verso la realizzazione dellessenza umana ma il senso di questo senso coincide poi con lempirica volont del vincitore. Lipostasi che nasce dallorrore per il contingente e dal bisogno di rimuoverlo, mette poi capo alla sacralizzazione di un qualsiasi finito empirico, contingente appunto, purch provvisoriamente sovrano. Quando la Storia o il Genere umano si sostituiscono ai concreti individui, al loro agire libero e improbabile proprio perch contingente, trionfano le filosofie del conformismo e le dottrine dellobbedienza. Con Hegel il fatto compiuto, con Marx il fatto futuro ma gi iscritto nel presente come contraddizione dialettica dallesito ineludibile, con Nietzsche il fatto eterno, listante ciclico dellordine cosmico. Siamo di fronte a filosofie che, tutte, hanno tradito la rivolta per concludere in un grande s. Niente affatto ovvia, perci, la diagnosi camusiana. Queste filosofie surrogano Dio con una Necessit dalle modalit diversissime, ma struttura e conseguenze sono analoghe. Fare di necessit estasi (come in Nietzsche), o di necessit ragione (come in Hegel), o di necessit futuro (come in Marx), pur sempre un fare di necessit virt. Ci che accaduto e ci che accadr, il prodotto delle azioni umane, viene santificato come necessario, sanzionato come universale. Ogni tematica morale qui si dissolve. Tutto lecito e anzi doveroso, purch riesca, purch diventi un fatto. La sconfitta il marchio del male.

Le antinomie del realismo politico


Camus contrappone la rivolta alla rivoluzione non certo per timore di impegnarsi, di opporsi alle ingiustizie dellesistente. Al contrario. Camus convinto che proprio lideologia rivoluzionaria apra la breccia al disimpegno e alla fuga dalla responsabilit. Fornisca, cio, un micidiale arsenale di argomenti ad hoc, capaci di giustificare ogni tatticismo e ogni menzogna, sia verso le iniquit del presente sia verso quelle di una rivoluzione vittoriosa. Lideologia in questione , ovviamente, quella dei partiti comunisti dellepoca, a matrice leniniana. Per Camus il leninismo un impasto dottrinale dove confluiscono ingredienti nicciani e marxisti a fianco del nichilismo alla Necaev. La teoria del comunismo come movimento reale che abolisce il presente stato di cose (un fatto che si sta dialetticamente adempiendo, dunque), accanto alla volont smisurata e omicida del gesto che si pretende esemplare, accomunati dal disprezzo per ogni sentimentalismo e moralismo dei socialismi riformisti o libertari. Anche perch Marx, come Nietzsche, pensava strategicamente e come lui odiava la virt formale (488). Quanto a Nietzsche, la sua definizione paradossale della libert per cui essa diviene ladesione totale a una necessit totale (482) consente a Camus una conclusione allora intollerabile: non sono i fascismi a potersi proclamare eredi di Nietzsche. Altrimenti logici e ambiziosi saranno quanti, correggendo Nietzsche con Marx, sceglieranno di dire s solo alla storia invece che alla creazione tutta intera (488). Il vero nicciano il marxistaleninista ortodosso, insomma. Lo stalinista perinde ac cadaver. Con buona pace delle eresie marxiste che, alcuni decenni dopo, hanno scoperto in Nietzsche il balsamo per guarire la sinistra dal passato di stalinismo.

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Lideologia dei partiti leninisti e stalinisti pu tradursi tanto in ditirambica apologia dei crimini sovietici quanto in smaccato opportunismo moderato sul piano interno. Con ladesione al patto Hitler-Stalin i due aspetti celebrano addirittura i fasti della sinergia. Il realismo e lodio per il moralismo conciliano tutto, del resto. Ecco perch Camus contrappone la rivolta alla rivoluzione leninista: perch questultima non affatto estremista nel denunciare e combattere loppressione (presente e futura). Lideologia leninista si trova in perfetta sintonia con il pensiero conservatore e reazionario, quando teorizza il cinismo politico e ne esalta il corrispettivo realismo, contro ogni impegno che nasca invece da fedelt a valori morali apertamente scelti e dichiarati. In nome del realismo verr condannata come utopica lindignazione della rivolta, e giustificata la violenza delloppressione quotidiana e dellingiustizia. Ma in nome della stessa logica realistica, bench ora arruolata nel campo rivoluzionario, verr legittimata ogni violenza purch riesca per combattere la violenza dellesistente, aggiungendo omicidio a omicidio, fino a rendere la storia ununica interminabile violazione di tutto ci che, nelluomo, protesta contro lingiustizia (575). Sono questi, secondo Camus, i due volti borghese e rivoluzionario del nichilismo morale contemporaneo. Si tratta di un passaggio cruciale. Il realismo politico, infatti, non ha valori da poter contrapporre allunico oro che conosca, quello del successo. Dove la vittoria, ivi luniversale. Per questo i filosofi realisti delle nazioni vinte (da Hitler) si preparavano ad assolverlo (592), a prendere coscienza di un verdetto della storia che non avrebbe perci ripugnato alla loro coscienza. Se la battaglia dInghilterra e quella di Stalingrado non li avessero persuasi ad una moralit diversa. Quanto al realismo politico in veste rivoluzionaria, esso finisce non solo per giustificare ogni crimine del potere nato dalla rivoluzione, ma anche coltivare un inoffensivo burocratismo in seno alloppressione borghese. La rivoluzione sempre pronta, infatti, a sacrificare il presente in nome del futuro. Ma, rileva Camus, lavvenire lunico tipo di propriet che i padroni concedano di buon grado ai loro schiavi (599). La rivolta, al contrario, esige risultati concreti, in quella dimensione del qui e ora che lunica dimensione del singolo, luomo dellassurdo e della rivolta, luomo realmente esistente. Quel ciascuno che tutti noi siamo e per il quale il conchiuso tempo della propria esistenza finita lunico Tutto che possa avere senso. Non tutti i realismi si equivalgono, per. Non giusto osserva Camus identificare i fini del fascismo e del comunismo russo. Il primo presenta lesaltazione del carnefice da parte del carnefice stesso. Il secondo, pi drammatico, lesaltazione del carnefice da parte delle sue vittime. Il primo non ha mai sognato di liberare luomo nella sua interezza, ma solo alcuni uomini assoggettando gli altri. Il secondo, nel suo principio pi profondo, mira a liberare tutti gli uomini asservendoli tutti, in via provvisoria. Bisogna riconoscergli la grandezza dellintenzione. Ma giusto, daltro canto, identificare i loro mezzi con il cinismo politico, che entrambi hanno attinto alla medesima fonte, il nichilismo morale (648-649). Lidolatria del fatto e del successo, appunto. Questa critica senza diplomazie dei comunismi al potere ha finito per farsi largo, sebbene con abissale ritardo, anche nella sinistra occidentale. E oggi, dopo la caduta del Muro, sembra perfino scontata. Ma si faccia attenzione. La critica del leninismo e della logica di ogni rivoluzione-totalit condotta da Camus senza mai nulla concedere alla protervia conservatrice. Non scade mai, perci, a conformismo verso il

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potere perch e purch anticomunista, malgrado sia assai pi rigorosa di tanto anticomunismo di maniera. Il carattere anticipatorio e intrattabile della critica di Camus consiste nella logica libertaria su cui costruita. E si vorrebbe poter dire che in questo risiede la sua attualit, mentre piuttosto da riconoscere come proprio il carattere libertario della sua filosofia politica ne faccia ancora uneccezione5.

La tradizione libertaria
Camus anticomunista senza perifrasi pi che acomunista, come pure preferiva definirsi non ha debolezze nei confronti del mondo borghese. Anzi, proprio lipocrisia di quel mondo finisce per fornire una qualche giustificazione alla fuga metafisica costituita dallideologia rivoluzionaria. Sotto laspetto della critica, il movimento rivoluzionario del nostro tempo in primo luogo una denuncia violenta dellipocrisia formalista che presiede alla societ borghese (543). Se i princpi proclamati si rivelano menzogna, allora sola la realt del lavoro e della miseria resta vera (606). Lipocrisia borghese finisce per diventare corresponsabile della tragedia di un movimento operaio travolto dallegemonia totalitaria, perch quellegemonia ha alimentato, con lo scarto fra le parole e i fatti, i valori solennemente inscritti in ogni moderna costituzione e le pratiche di governo. Corresponsabilit non puramente virtuale, poich per Camus legemonia di un socialismo militare, cesariano, in altre parole totalitario, da imputare anche alla distruzione di una diversa tradizione operaia, quella libertaria appunto. Nella Comune di Parigi del 1871 i marxisti avevano un ruolo insignificante, rileva Camus, e la sanguinosa repressione borghese di quel movimento autenticamente democratico segna, a livello europeo, il tracollo del socialismo antiautoritario. Non dunque per sottrarsi allimpegno, per coltivare un accomodante giardino privato dove il lavoro intellettuale sia al riparo dagli strazi del mondo, che Camus critico cos irriconciliabile della tradizione bolscevica. Anzi. Bisogna impegnarsi. Solo che per Camus questo lopposto del piegarsi alla ragion di partito (che pretende di fare tuttuno con il senso della storia) cui si dedicano i compagnons de route del comunismo. Limpegno che nasce dallassurdo fedelt ai valori libertari dellindividuo, non culto del fatto e del successo, non idolatria di un potere perch si definisce rivoluzionario. Uccidere Dio e costruire una Chiesa, questo il movimento costante e contraddittorio della rivolta (510). Proprio questa contraddizione, che tradimento della rivolta, questa tentazione, che tradimento del finito, Camus vuole riconoscere, combattere, superare. Gi troppe volte la rivoluzione, anche e soprattutto quando si dichiara materialista, solo una smisurata crociata metafisica (517), che allinizio si manifesta attraverso i suoi martiri, e perci si confonde con la rivolta autentica. Ben presto, per, sopraggiungono i preti e i bigotti (578), i funzionari delluniversale cui tutto dunque permesso. Una Chiesa, unobbedienza, insomma un regime, rappresenta lestremo surrogato di Dio, anche se la liturgia si pretende rivoluzionaria.

Esattamente come quella costituita dallesistenzialismo libertario di Hannah Arendt.

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La rivolta animata da una logica opposta ed legata ad unaltra, bench minoritaria, tradizione. Camus sar sempre, senza riserve, dalla parte dei lavoratori e dei diseredati, che sono del mio sangue. Ma, di conseguenza, auspica la loro liberazione, non la vittoria di qualche luminare (1708, sott. mia). La posizione politica di Camus non lascia adito a dubbi: Sono nato in una famiglia, la sinistra, nella quale morir. Di questa famiglia, tuttavia, gli difficile non vedere il decadimento (1753). La sua non potr essere che la sinistra eretica, perch fedele ai valori della rivolta, contro la dismisura dellideologia che dimentica gli uomini concreti a vantaggio di unipostasi. Questa, dunque, la scissione inevitabile: ogni rivoluzionario finisce come oppressore o come eretico (651). Due sinistre, perci. E incompatibili. Il comune6 contro lo Stato, la societ concreta contro la societ assolutista, la libert consapevole contro la tirannia razionale (702). La prima quella dello spirito sindacalista e libertario, che poggia in primo luogo sulle realt pi concrete, la professione, il villaggio, dove traspaiono lessere e il cuore vivo delle cose e degli uomini. La politica per una tale sinistra deve sottomettersi a queste verit (701). A questa tradizione libertaria, spesso trattata da sognatrice e velleitaria, Camus fa risalire i risultati concreti che hanno cambiato la condizione operaia, dagli orari di lavoro alla previdenza sociale. Dallaltra sinistra, quella comunista che sembra ai tempi di Camus monopolizzare la scena, la divide solo una nuance: la sfumatura che separa il sacrificio dalla mistica, lenergia dalla violenza, la forza dalla crudelt, e infine quella ancor pi debole sfumatura che separa il vero dal falso (224). Nessuna meraviglia, allora, che si tratti di due sinistre agli antipodi, dove laggettivo misurato senza perifrasi decide di un sostantivo in bilico: la sinistra poliziesca e la sinistra libera (749). La morale borghese, formalista e mistificatrice, merita ogni disprezzo. Ma la follia della sinistra dominante stata di estendere questo disprezzo ad ogni rivendicazione morale (653). Solo il primato della morale, invece di una morale della rivolta, di una morale dellassurdo, di una morale dellesistenza finita pu suscitare una politica di sinistra allaltezza del suo unico, modesto, gigantesco compito: diminuire aritmeticamente il dolore del mondo (706). Questo quasi nulla, agli occhi di chi vuole dare lassalto al cielo e creare luomo nuovo, lunico tutto degno delluomo e che sia dato approssimare al pi estremo sforzo delluomo. Mentre il Tutto dellideologia altro non che lalibi allombra del quale coltivare ogni vilt di potenza. E allora: la misura non il contrario della rivolta (704). Anzi. se la rivolta potesse fondare una filosofia, sarebbe una filosofia dei limiti, dellignoranza calcolata e del rischio (693). Luomo incerto, luomo del relativo, e che perci si impegna. Poich nulla garantito, poich tutto esposto allo scacco, e dunque ciascuno responsabile di quel poco di senso fragile, parziale, definitivamente provvisorio che possiamo consegnare allesistenza. La sinistra di Camus sar perci quella delle piccole riviste eretiche da La rvolution proletarienne a Temoins, da Preuves a Demain, alle quali in misura crescente e dichiarata riserver i suoi interventi politici

Dove va ricordata leco duplice della parola in francese, che fa riferimento ai poteri locali ma anche alla rivoluzione comunarda del 1871 a Parigi, rivolta libertaria esemplare agli occhi di Camus.
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dove sindacalismo di base, anarchismo senza terrorismo, post-trozkismo, danno vita al caleidoscopio libertario di un socialismo antitotalitario.

Giustizia e libert
La rivolta costituisce dunque unazione intransigente e limitata (696). Deve sostenere istituzioni che limitino la violenza (695), proprio perch questo il solo orizzonte in cui la rivolta possa continuare ad operare, giorno per giorno, come lievito e linfa. Nulla di nuovo, dunque. Tranne la coerenza, questintrovabile dellipocrisia borghese e del delirio rivoluzionario. Nulla di nuovo: giustizia e libert. Ma la sinistra deve sapere che talvolta possono entrare in conflitto. Esiste una priorit, dunque. Uccidere la libert per far regnare la giustizia equivale a restaurare il corpo mistico sotto le specie pi basse, mentre perfino quando la giustizia non realizzata, la libert preserva il potere di protestare e salva la comunicazione (694). La possibilit della lotta, questo il bene pi prezioso, perch in questa possibilit risiede la dignit. La libert viene prima, dunque. Ma in vista della giustizia, non come alibi per rinunciarvi. La destra cercher infatti di utilizzare Camus, vista la sua critica impietosa del comunismo, ma invano. Irremovibile la sua scelta per i lavoratori: il nostro posto al loro fianco (706). Troppo refrattario, il suo rigore morale, allo spettacolo dellestablishment: La cupidigia, legoismo infinito, la cecit soddisfatta, i bassi privilegi delle nostre classi dirigenti condannano la vilt della societ borghese (1708). I suoi giornalisti non sono migliori. Camus trova ripugnante che la stampa non consideri notizia la morte di un lavoratore edile che cade da un tetto, e inzuppi le prime pagine nei contrattempi sentimentali della principessa Margaret (lExpress, 8 novembre 1955). Non aveva visto ancora nulla. Moralismo, risponderanno i realisti, ieri come oggi. Ma vale lopposto. Lipocrisia, questa legge dellesistente borghese, anestetizza le libert. Il grande peccato della societ borghese stato di fare di questa parola (libert) una mistificazione senza contenuto (1745). In tal modo, per, si prepara lindifferenza verso le libert e si mitridatizzano i cittadini di fronte al rischio di nuove oppressioni. Contro questa deriva, appogger perci la lista elettorale di Pierre Mends-France, il Front Rpublicain (lExpress, 3 gennaio 1956). Anche perch dalla sinistra dominante lo divider, pi che mai, il suo impegno a fianco delle rivolte dellEst. Gi si sollevata Berlino nel 53, e nel corso dellanno sar la volta di Poznan e infine della insurrezione ungherese (LUngheria sar per noi ci che fu la Spagna ventanni fa, 1782). Contro i comunisti, nuovi conservatori, e contro i conservatori tout court, perci. In entrambi i casi, non per fanatismo ma per misura. Se ci fosse qualcosa da conservare nella nostra societ non vedrei alcun disonore nellessere conservatore. Purtroppo non affatto cos (732). Ecco perch lintellettuale non pu sottrarsi allimpegno, malgrado i compagnons de route con il loro conformismo abbiano inquinato e logorato le ragioni dellengagement. La nostalgia del riposo e della pace deve essere respinta; essa coincide con laccettazione delliniquit (650). Sobrio e definitivo. Guai agli ipocriti che cantano dunque le felici societ dantan. Non erano felici affatto, ma silenziose doppressione. Sia invece lodato il

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tempo in cui la miseria grida e ritarda il sonno dei sazi (ibid.). Contro i conservatori, che hanno fatto dellindividuo unideologia, Camus proclamer perci non le perversioni del collettivismo ma le ragioni di un nuovo individualismo. () Io ho bisogno degli altri che hanno bisogno di me e di ciascuno (700). Lindividualismo della rivolta sar altruista, e combatter la colonizzazione delle masse (702), che ipocrisia borghese e cinismo comunista contribuiscono invece entrambi a realizzare. Malgrado il Nobel e malgrado le alte tirature, a Camus toccher perci un destino di isolamento presso gli establishment di un mondo e di una cultura posseduti dalla guerra fredda e incapaci di pensare al di fuori delle obbedienze di schieramento. Contro un duplice nichilismo di Stato, limperativo politico di Camus sar perci quello di prendere sul serio la democrazia e di mantenere fede ai giorni della Resistenza. Senza alcuna fuga nella nostalgia, ma nel rifiuto ostinato della clorosi degli anni che seguiranno la guerra7, quando i tempi dei monti furenti e dellamicizia fantastica8 lasceranno il posto al vitello doro di un machiavellismo daccatto. Ma questa logica dove il successo sovrano, gi lo sappiamo, eclisse delle libert. Il fine giustifica i mezzi? Pu darsi. Ma cosa giustificher il fine? La rivolta risponde: i mezzi (696). Solo questo rifiuto del realismo politico, che Camus ribadir ad ogni occasione, realizza davvero una politica efficace. Lefficacia della linfa, non quella del tifone, beninteso (ibid.). La politica di Camus sar perci quella di un riformismo libertario. Contro la corrente della storia, che spinge per una fusione della societ poliziesca con la societ mercantile (1747), la libert consiste in primo luogo a non mentire (726). La menzogna, infatti, distrugge la complicit e la comunicazione scoperte attraverso la rivolta (687). Programma minimo, forse. Cui quasi mai i politici sanno restare fedeli, per. Ineludibile lavoro di Sisifo della rivolta che diventa politica quotidiana. Non la Verit, perci, ma il rifiuto della menzogna che si accompagna al rifiuto delle riposanti certezze delle fedi e delle ipostasi. possibile fare il partito di quelli che non sono sicuri di avere ragione? Sarebbe il mio (383), perch completa la sintonia col suo amico Char: Il dubbio si trova allorigine di ogni grandezza9.

Solitaire, solidaire
Torniamo dunque alla domanda prima, da cui nasce la meditazione di Camus filosofo. Luomo pu, da solo e senza il soccorso delleterno, creare i suoi valori? (1696). Lazione politica, questo miracolo che mette al mondo il radicalmente nuovo e (perch) gli uomini in simmetrica solidariet fra loro secondo il senso autentico della politica ricostruito da Hannah Arendt , insieme alla creazione artistica, manifestazione essenziale della rivolta umana (ibid.) capace di creare quei valori. Purch e finch lazione rimane possibile (ibid.), infatti, la rivolta, questa comunit di finitezze, consente di mettere in scacco langoscia senza ricorrere alla dismisura

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Ren Char, Oeuvres compltes, Paris, Gallimard, Bibliothque de la Pliade, 1983, p. 228. Ivi, p. 209 Ivi, p. 224.

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delle fedi, al tradimento del finito. Dare senso allesistenza condividere la rivolta. Solitaire, solidaire (1749). A ciascuno ritrovare, se lo vorr, le incessanti ragioni della fulminante attualit di questa inattuale filosofia della rivolta. Filosofo dilettante, filosofo della domenica, questo invece il verdetto di risentimento con cui Sartre e la Beauvoir invitarono allostracismo verso Albert Camus filosofo. La filosofia ufficiale, a tuttoggi, ha mantenuto quellostracismo con il pi colpevole dei silenzi: quello che nasce da genuina indifferenza. Pure, Camus stato uno dei pochi filosofi capaci di pensare il finito, di tenerlo fermo, di tracciare la mappa dei suoi tradimenti, di fornire il filo dArianna per sfuggire al minotauro delle ipostasi. Cio di affrontare il compito ineludibile della filosofia oggi, se non vuole regredire a teologia o impantanarsi in frivolezze autoreferenziali. Ma proprio per questa fedelt al finito, evidentemente, Camus appare superfluo ad una filosofia spesso pi interessata a spacciare lessere dopo il tramonto della metafisica, o a spaccare in quattro il capello analitico del significato, o a erigere monumenti tautologici a unaccademica giustizia. Nei confronti di una filosofia che irride al pensatore bricoleur scambiando se stessa con la seriet, Camus potrebbe per ricordare Pascal: Prendersi gioco della filosofia fare davvero filosofia10.

Blaise Pascal, Oeuvres compltes, Paris, Gallimard, Bibliothque de la Pliade, 1969, p. 1095.
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Paolo Flores d'Arcais / Camus filosofo dell'avvenire In occasione della nascita del grande scrittore e filosofo francese, sono qui raccolti in un unico volume l'intervista in cui la figlia di Albert Camus, Catherine, ripercorre la vita del padre e le polemiche sulla sua memoria, e il saggio del direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais, pubblicato nell'Almanacco di filosfia 1996 ma che riprende il testo di una conferenza tenuta a Grosseto nel 1985. Quando il testo usc, presentare Camus come un filosofo perfino superiore a Sartre sembrava una impronunciabile "eresia". Ora anche in Francia si comincia finalmente ad apprezzarne la grandezza come pensatore attualissimo e non solo come scrittore.

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