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Arnaldo Momigliano
Indice
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• 1 Cenni biografici
o 1.1 La famiglia
• 2 Gli anni torinesi
• 3 Gli anni romani: libera docenza ed Enciclopedia Italiana
• 4 L'esilio britannico
• 5 Oxford e l'Ashmolean Museum, le lezioni di Cambridge
• 6 Opere
• 7 La biblioteca
• 8 Note
• 9 Bibliografia
• 10 Studi su Momigliano
Nacque in una famiglia di ebrei piemontesi che – originaria del villaggio savoiardo di
Montmélian – aveva alle spalle una storia plurisecolare di spostamenti attraverso le valli
della regione, alla ricerca di una sede sicura a riparo da persecuzioni e vessazioni.
« Tra gli Ebrei della mia generazione io sono stato uno dei pochi che hanno avuto
un'educazione strettamente ortodossa »
(Arnaldo Momigliano)
Tra i fratelli del nonno Donato figurava quel Marco Momigliano che, come rabbino
maggiore, aveva riorganizzato nel 1866 la comunità di Bologna e che fu l'autore di
Autobiografia di un Rabbino italiano (1897) [2]. Il familiare più influente per il futuro
storico fu comunque l'altro fratello del nonno: Amadio, modesto uomo d'affari e
modesto proprietario di terre. Talmudista, legato alla cultura cabbalistica, appassionato
lettore dello Zohar, in rapporti di amicizia con Elia Benamozegh, lo zio Amadio, che
negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Arnaldo visse nella sua stessa casa
caragliese, si occupò della prima educazione del fanciullo precoce e studioso, a cui
insegnò l'ebraico, ponendolo in grado di conoscere ben presto l'intero Antico
Testamento, facendogli apprendere nel contempo a mente i Proverbi di Salomone e le
massime del Pirkei Aboth.
Si è supposto che rilevante debba essere stata anche la presenza, oltre che
l'insegnamento, del «cugino prediletto» Felice Momigliano [3], che al dodicenne Arnaldo
leggeva e commentava il non ortodosso Spinoza [4].
L'ambiente familiare in cui il giovane Arnaldo era venuto formandosi univa quindi il
rispetto rigoroso della tradizione religiosa ebraica a una convinta accettazione della
realtà statuale italiana senza soluzione di continuità tra lo stato liberale e il regime
fascista. Solo nell'ambiente universitario torinese e poi, soprattutto a Roma, tra gli
intellettuali impegnati nel lavoro di redazione dell'Enciclopedia Italiana, il giovane
Momigliano conobbe l'opposizione antifascista, le cui ragioni intese progressivamente
fino ad assumerle come proprie al manifestarsi della persecuzione razziale antisemita
che gli avrebbe resa assurda l'identificazione tra patria e regime fascista.
Nei primi anni di università, Momigliano attese a studi letterari e filosofici. In una
lettera del 9 agosto 1926 indirizzata all'amico Dionisotti scriveva: «Ho letto i
Prolegomeni di Kant nell'edizione mirabilmente commentata da Piero Martinetti. È
lettura non troppo difficile e davvero vivificante. Tu ti accorgi che un nuovo infinito
mondo di meditazioni ti si apre».
E in una successiva lettera, sempre da Caraglio: «confesso che, per quanto non ignori i
tentativi crociano-gentiliani di dare un significato umano anche all'impossibilità di
raggiungere l'assoluto, non riesco a vincere quel senso della trascendenza, che in me
spesso torna», confessione giovanile in cui traspare già il nodo, caratteristico di tutta
l'opera di Momigliano, di una preoccupazione insieme filosofica e religiosa. Solo al
terzo anno di università Momigliano si orientò decisamente alla storia antica,
dedicandosi allo studio dello storico greco Tucidide, argomento poi della sua tesi di
laurea. La scelta nell'ambito degli studi classici della letteratura e della storia greca, se
importava maggiore difficoltà tecnica, consentiva al contempo, come osserva
Dionisotti, «un prudente distacco dall'abuso che il regime fascista veniva facendo della
tradizione romana».
Vincitore nel 1936 del concorso per la cattedra di storia romana all'Università di Torino,
Momigliano tornò come professore nell'alma mater che lo aveva laureato sette anni
prima. Se la sua carriera universitaria fu rapida, intensissima in ogni caso era stata la sua
produttività scientifica che, solo nei primi sette anni dalla laurea, annoverava più di 180
pubblicazioni, tra cui tre monografie, Prime linee di storia Maccabaica (Roma 1930),
L'opera dell'imperatore Claudio (Firenze 1932), Filippo il Macedone. Saggio sulla
storia greca del IV secolo (Firenze 1934) e un fortunato Sommario di storia delle civiltà
antiche per la scuola media, a comprova di un'attività di ricerca e interpretazione che fin
dall'inizio si applicava all'intera disciplina: storia orientale, greca e romana.
Il meritato successo accademico del Momigliano che tornava alla sua Torino nel 1936
«splendeva – come ha ricordato Carlo Dionisotti - su di uno sfondo buio […] Fra i
nostri compagni d'università e di facoltà, nei tardi anni venti, uno solo, Leone
Ginzburg, era stato paragonabile a Momigliano per la precoce maturità e autorità
intellettuale. … Davanti a lui era spalancata, non soltanto socchiusa, la porta di una
carriera universitaria. Ma nel gennaio 1934 Ginzburg rifiutò il giuramento richiesto
anche ai liberi docenti e rinunciò a quella carriera. Il seguito, fino alla morte in
carcere nel febbraio del 1944 a Roma, è noto. Quelli che negli anni trenta si proposero
una carriera universitaria dovettero scegliere fra la minestra che il regime fascista
imponeva come primo piatto e la finestra».
Il suo insegnamento a Torino – inaugurato dalla prolusione del dicembre 1936, intitolata
Koiné Eirene, Pax Romana, Pax Christiana (pubblicata dal Dionisotti in appendice al
suo Ricordo di Arnaldo Momigliano, Bologna 1989, più volte citato) – durò meno di
due anni. Nel 1938 la "dispensa dal servizio", ossia l'esclusione degli Ebrei dalla vita
pubblica, era tale da stroncare la vita di un uomo come Momigliano che non soltanto si
era votato interamente a una carriera di studioso e di maestro, ma aveva anche creduto
di potere essere in tale carriera, meglio che in ogni altra, italiano ed ebreo.
In una recensione del 1933, apprezzata da Gramsci, al libro di Cecil Roth, Gli ebrei in
Venezia, Momigliano aveva sostenuto la tesi che «la storia degli Ebrei di Venezia – che
cooperano all'organizzazione e alla difesa della Repubblica del '48 – come la storia
degli Ebrei di qualsiasi città italiana è essenzialmente … la storia della formazione
della loro coscienza nazionale … parallela alla formazione della coscienza nazionale
nei Piemontesi o nei Napoletani o nei Siciliani. … Gli uomini politici del Risorgimento
dimostrarono anch'essi coi fatti di capire che momento essenziale della costituzione
della nazionalità italiana era la parificazione degli Ebrei agli altri cittadini.» Questa
tesi, pur opinata, è stata addotta ad asserita dimostrazione che a quella data Momigliano
escludeva il sospetto di un residuo isolamento della minoranza ebraica nella società
italiana. A trent'anni, nel 1938, appena raggiunta la meta con enorme sforzo,
Momigliano si trovò a dover ricominciar da capo, fuori d'Italia. Questo evento si
ripercuote nella sua bibliografia, in cui dal 1928 innanzi manca un solo anno, il 1939,
l'anno dell'esilio.
Momigliano trovò rifugio in Inghilterra, e in una città universitaria, Oxford, dove erano
esuli con lui alcuni tra i maggiori studiosi tedeschi dell'antichità classica da Fraenkel, a
Jacoby, a Maas, a Pfeiffer e dove, anche durante gli anni del secondo conflitto
mondiale, non gli mancarono gli strumenti e gli stimoli necessari al suo lavoro.
Arnaldo Momigliano fu uno dei tanti pubblici dipendenti iscritti al PNF che vedevano
crescere nel loro intimo il rifiuto del regime e di ogni sua manifestazione. La coscienza
della propria condizione di ebreo rendeva il giovane Momigliano particolarmente
attento a ogni manifestazione esteriore che potesse provocare reazioni, ma un esame
dello sviluppo del suo pensiero – in quegli anni costantemente rivolto al remoto passato
di Ebrei, Greci e Romani –, non lascia dubbi al riguardo. [senza fonte] È discusso quanto
della sua produzione scientifica dal 1929 al 1939 possa rivelare una sua adesione o
accettazione del fascismo, sia nella dimensione dell'ideologia che in quella della pratica
politica; amici come il Dionisotti trovarono sempre illeggibile il suo contributo alla
voce Roma, impero (1936) dell'Enciclopedia Italiana, «abnorme voce, veramente
vescica degna della capitale di un impero fascista».
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno del 1940 Momigliano venne internato per
alcuni mesi, in quanto appartenente alla categoria degli "stranieri nemici" per essere poi
rilasciato nel novembre dello stesso anno.
Momigliano s'era molto adoperato, anche dopo l'ottenimento della borsa di studio
oxoniense, per ottenere un asilo negli Stati Uniti; era consapevole della precarietà della
propria posizione e della provvisorietà del sussidio inglese e sapeva che il mondo
accademico britannico non offriva molte possibilità di inserimento stabile. In America
era invece convinto che avrebbe avuto maggiori opportunità di trovare una sistemazione
duratura o forse pensava di trovare oltreoceano un ambiente in cui potersi inserire con
maggior facilità rispetto a quello oxoniense.
Peter Brown ha rievocato con grande efficacia i primi mesi trascorsi ad Oxford:
«Momigliano had never been out of Italy. In these first months, he found himself in a
cold and distant world. Conversation in English was a torment to him. Italian
newspapers were nowhere to be found. … Though fostered and genuinely esteemed by a
scholar so authoritative, on the English scene, as Hugh Last, Momigliano was younger
and less well established than were the refugees from Hitler's Germany» [9].
« Toute ma vie, j'ai été fasciné par une catégorie professionnelle étonnamment proche
de la mienne, dotée d'une vocation dont la sincérité est si transparente, d'un
enthousiasme si compréhensible et dont, néanmoins, les buts ultimes demeurent
profondément mystérieux : il s'agit de ces hommes qui s'intéressent aux faits historiques
sans pour autant s'intéresser à l'histoire. De nos jours, le pur antiquaire est une pièce
rare. Il faut, pour le trouver, se déplacer dans les provinces d'Italie ou de France, et être
prêt à entendre des vieillards donner d'interminables explications dans des chambres
inconfortables, froides et obscures. »
(Arnaldo Momigliano, Les fondations du savoir historique)
Opere [modifica]
• Philippe de Macédoine. Essai sur l'histoire grecque du IVe siècle av. J.-C.,
Combas, 1992 [1ère éd., Florence, 1934].
• Contributi alla storia degli studi classici, 9 t. en 12 vol., Rome, 1955-1992.
• Studies in Historiography, Londres, 1966.
• Essays in Ancient and Modern Historiography, Oxford, 1977.
• Problèmes d'historiographie ancienne et moderne, Paris, 1983.
• Les fondations du savoir historique, Paris, 1992.
• The Development of Greek Biography, Cambridge (Mass.) - Londres, 1993
[1ère éd., 1971].
• Sagesses barbares. Les limites de l'hellénisation, Paris, 1979.
• New Paths of Classicism in the Nineteenth Century, History and Theory. Beiheft
21, 1982.
• A. D. Momigliano, Studies on Modern Scholarship, ed. by G.W. Bowersock -
T.J. Cornell, Berkeley - Los Angeles, 1994.
• Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico,edizioni
Storia e Litteratura, Roma 1969.[1]
Fondamentale la serie dei Contributi alla storia degli studi classici e del mondo antico
pubblicati dalle Edizioni di Storia e Letteratura a partire dal 1955 (sono stati editi i
primi 9 volumi in 11 tomi; il Decimo contributo verrà pubblicato a cura di Riccardo Di
Donato - vai alle schede dei volumi).
• Pace e libertà nel mondo antico, a cura di R. Di Donato, Firenze, La Nuova Italia
1996
• Le radici classiche della storiografia moderna. Sather Classical Lectures, a cura
di R. Di Donato, Firenze, Sansoni 1992
• Saggi di storia della religione romana. Studi e lezioni 1983-1986, a cura di R. Di
Donato, Brescia, Morcelliana 1988.
La biblioteca [modifica]
La biblioteca di Momigliano fu arricchita dal lascito testamentario di Gaetano De
Sanctis; si compone di più di 17.000 volumi, raccolte di periodici e di estratti
sull'antichità classica, con una quota rilevante di testi relativi alla storia dell'ebraismo e
di altre religioni, all'antropologia ed alla sociologia.
Fu acquisita nel 1989 dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, che oggi la detiene.
Note [modifica]
1. ^ Honorary Knight Commander of the Order of the British Empire (KBE)
2. ^ Riproposta nel 1986 dall'editore Sellerio
3. ^ socialista, studioso di Mazzini, di Renan e del profetismo, docente di Filosofia
all'Istituto Superiore di Magistero Femminile di Roma
4. ^ Ottavo Contributo, p. 431.
Angariato dal regime fascista, Felice Momigliano finì col suicidarsi nel 1924,
accompagnato alla tomba dal velenoso e poco caritatevole auspicio del fondatore
dell'Università Cattolica, Agostino Gemelli: «Un ebreo, professore di scuole
medie, gran filosofo, grande socialista, Felice Momigliano è morto suicida [...].
Ma se insieme col Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero e con il
Momigliano morissero tutti i giudei che continuano l'opera dei giudei che
hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?»
[senza fonte]
Bibliografia [modifica]
• Pedro Amorós, "Notas sobre Arnaldo Momigliano: la tradición histórica
italiana", in Panta Rei (1997) pp. 95-103;
• Carmine Ampolo, «Il contributo di A. M. alla comprensione di Roma arcaica»
in: Rivista Storica Italiana (1988) pp, 283-296
• Silvia Berti, «Autobiografia, storicismo e verità storica in A. M. », in: Rivista
storica italiana (1988) pp. 297-312;
• H. Bracke, «Il problema della libertà nella vita e nel pensiero di A. M.»,
in:Ancient Society 23, (1992), pp. 297-323;
• Peter Brown «A. Dante Momigliano», in Proceedings of the British Academy,
LXXIV, 1988, pp. 405-442;
• Luciano Canfora, «L'ellenismo di M.», in: Studi storici, 1989, pp. 53-58.
• Guido Clemente, «A. M. e la storia della cultura», in: Archivio di storia della
cultura, II, 1989, pp. 85-88.
• Lellia Cracco-Ruggini, (a cura di), Omaggio a Momigliano, Como 1989;
• Riccardo Di Donato, «Materiali per una biografia intellettuale di A. M.», in:
Athenaeum n. s. LXXXIII, I, pp. 213-244;
• Carlo Dionisotti Ricordo di Momigliano, Bologna, Il Mulino, 1989;
• Emilio Gabba, «Aspetti della storiografia di M.» in: Rivista Storica Italiana, 100,
1988, pp. 362-80;
• Leandro Polverini, (a cura di), Arnaldo Momigliano nella storiografia del
Novecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2006 scheda volume;
• Livio Sichirollo, «L'infinita misura dell'inatteso», in: Annali Istituto Antonio
Banfi, I, (1986-87), pp. 62-65;
• L'archivio Arnaldo Momigliano, Inventario analitico, a cura di Giovanna
Granata, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2006 scheda volume;
Arnaldo Momigliano
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He became Professor of Roman history at the University of Turin in 1936, but as a Jew
soon lost his position due to the anti-Jewish Racial Laws (enacted by the Fascist regime
in 1938), and moved to England, where he remained. After a time at Oxford University,
he went to University College London, where he was Professor from 1951 to 1975.
Momigliano visited regularly at the University of Chicago where he was named
Alexander White Professor in the Humanities, and at the Scuola Normale Superiore di
Pisa.
In addition to studying the ancient Greek historians and their methods, he also took an
interest in modern historians, such as Edward Gibbon, and wrote a number of studies of
them. With respect to identifying and explaining the forces held responsible for the
gradual disintegration of the Roman Empire, Momigliano stressed the wasteful futility
of said endeavor while redirecting his students' focus:
Historians, one must admit, were not created by God to search for causes. Any search
for causes in history, if it is persistent, ...becomes comic--such is the abundance of
causes discovered. ...What we want is to understand the change by analyzing it and
giving due consideration to conscious decisions, deep-seated urges, and the interplay of
disparate events. But we must have a mental picture, a model of the whole situation as a
term of reference, and here, I submit, is where Gibbon helps us.[1]
In 1974 he was made an honorary Knight Commander of the Order of the British
Empire (KBE). A number of his essays were collected into volumes published
posthumously.
[edit] Notes
1. ^ "After Gibbon's Decline and Fall," in The Age of Spirituality: a Symposium,
(New York: Metropolitan Museum of Art; Princeton Univ. Press, 1980), 7-16, at
14.