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Concetto Marchesi
dare allo stesso il suo nome, quasi volessero imprimere a questo luogo un carattere libero,
protestante, militante ma non dogmatico, il carattere del compagno Professore Concetto
Marchesi. Non esistono, n a Milano n altrove, molti luoghi come questo, anche perch non
esistono pi figure come Concetto Marchesi ed , inoltre, stato colpevolmente dissolto il
grande partito di massa articolato sui tre famosi pilastri: gli operai e i contadini, gli intellettuali,
i rivoluzionari di professione. I primi ci sono ancora, sono tanti, oggi di tutte le razze, ma non
contano niente, nessuno pi li considera soggetti propulsori del cambiamento. I secondi non
escono dalle loro cattedre universitarie, fanno comparsate televisive, si infilano nei vari consigli
di amministrazione, ma, se si ricerca, non si trova traccia pi di un Geymonat, di un Banfi, di
un De Sanctis. N, invano, in campo artistico si trova traccia di un Guttuso, di un De Grada, di
un Mucchi. Il tutto si commercializzato e spettacolarizzato, in questa era di segni e di
immagini dove, pur circolando miliardi di messaggi, nessuno pi approfondisce e studia. E lera,
questa, degli ignoranti informati. In quanto ai rivoluzionari di professione intervenuta nei
decenni, a partire dagli anni Ottanta, una mutazione genetica in quanto hanno preso la scena i
funzionari, quelli che tuttora misurano con il bilancino il tornaconto personale delle cose che
dicono. Crollati i tre pilastri,m i partiti da essi sostenuti e la politica arte del possibile si
ridotta a pratica screditata di sopravvivenza di ceti politici lontani dalla gente. In versione
italiana siamo allamericanizzazione della politica e alla trasformazione dei partiti, tutti, in
comitati elettorali.
Ragionare oggi su Marchesi e Togliatti, Gramsci e Berlinguer non significa perci fare
unoperazione nostalgia, ma guardare al futuro non rassegnandoci a ripetere la litania della
societche cambiata, il che vero, ed cambiata in peggio, ma i rivoluzionari come
Concetto Marchesi ci insegnano che possibile cambiare la societ cambiata. E unutopia?
Forse, ma noi del Centro Culturale CM non ci rassegniamo, noi ci sforziamo di essere concreti
utopisti.