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Libro Piante Officinali
Libro Piante Officinali
PIANTE OFFICINALI
nel territorio pedemontano maceratese
a cura di
Andrea Catorci, Demetrio Pancotto, Angelo Recchi
Coordinamento scientifico
Andrea Catorci
Dipartimento di Scienze Ambientali - Sezione di Botanica ed Ecologia, Universit di Camerino
Gruppo di Ricerca
Andrea Catorci, Sabrina Cesaretti, Renata Gatti, Giada Giorgetti, Demetrio Pancotto, Pierluigi Pieruccini,
Alessandra Vitanzi
Dipartimento di Scienze Ambientali - Sezione di Botanica ed Ecologia, Universit di Camerino
Paola Scocco
Dipartimento di Scienze Ambientali - Sezione di Produzioni animali, Universit di Camerino
Gabriella Marucci, Fabrizio Papa
Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Camerino
Marco Menghini, Angelo Recchi
Agerstudio, Ancona
Stefano Censani
Abros, Colli del Tronto (AP)
Partners scientifici
CERMIS, Urbisaglia
Elaborazione del disegno sperimentale
Cooperativa Arch, Macerata
Organizzazione delle attivit divulgative
Autori dei contributi raccolti nel volume
Quadro ambientale ed agronomico del territorio del Gal Sibilla
Sabrina Cesaretti, Angelo Recchi e Alessandra Vitanzi
Il progetto Recupero Sperimentazione e Promozione di piante officinali e medicinali del Gal Sibilla
Andrea Catorci e Paola Scocco
Risultati della sperimentazione
Schede agronomiche
Marco Menghini, Demetrio Pancotto e Angelo Recchi
Una proposta innovativa: lo zafferano
Renata Gatti, Demetrio Pancotto e Paola Scocco
Problematiche commerciali e ipotesi di filiera per le officinali
Unipotesi concreta di filiera
Andrea Primavera
Coordinamento amministrativo
Ivana Pennacchioli, Maria Cristina Favetta
Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit di Camerino
Referenze fotografiche
Demetrio Pancotto, Maurizio Spalvieri e Alessandra Vitanzi
Videoimpaginazione
Maurizio Spalvieri studiografico editoriale
Stampa
Tipografia S.Giuseppe srl
Gli Autori desiderano ringraziare tutto il personale del GAL Sibilla ed in particolar modo il Presidente Luciano Ramadori
ed il Dott. Stefano Giustozzi per la fiducia e la collaborazione; i signori Angeli Mirko, Bonfada Stefano, Cuccagna
Luigi e Renzo, Di Luca Federica per limpegno profuso; le associazioni di categoria per la collaborazione alla divulgazione; Leonardo Virgili e Francesca Fermani per il supporto organizzativo.
Un ringraziamento particolare allAssessore alla Cultura del Comune di Fermo Avv. F. Emiliani e alla Dr. L. Verdoni
della Biblioteca C.le di Fermo per la preziosa collaborazione prestata nella ricerca di testi, erbari e manoscritti storici.
Presentazione
Con la stampa del presente volume giunge a termine un progetto voluto dal
Gal Sibilla nellambito del Programma Leader plus 2000~2006 (Asse 1,
Misura 3, intervento 3.1c) della durata di oltre due anni.
Al di l delle conoscenze scientifiche e tecnico-agronomiche che le attivit progettuali hanno consentito di acquisire, questo progetto ha avuto il merito di
riaccendere il discorso sulla possibilit di inserire le specie officinali nellordinamento colturale delle aziende della fascia collinare e pedemontana del maceratese. La contestualizzazione delle attivit sperimentali e di quelle divulgative,
nonch il rigore scientifico delle attivit progettuali, hanno inoltre consentito ai
processi divulgativi di svolgersi nel solco di una metodologia attenta ad evidenziare, oltre alle opportunit, anche i rischi e le problematiche che la coltivazione delle officinali porta con se.
Questo nellauspicio, condiviso con il coordinatore scientifico del progetto, di
portare un contributo concreto al comparto agricolo maceratese stando ben
attenti a non ingenerare false od eccessive aspettative, che inevitabilmente
avrebbero come conseguenza laccantonamento del settore delle officinali cos
come gi avvenuto in passato.
Grazie anche a questa impostazione i risultati ottenuti possono essere considerati pi che soddisfacenti sia per quanto riguarda linteresse suscitato dal progetto a livello locale e nazionale sia per i risultati ottenuti dalla sperimentazione
agronomica che, esposti nelle pagine di questo volume nella maniera pi didascalica possibile, offrono agli agricoltori un manuale di facile consultazione
che, con il capitolo Schede agronomiche diviene una guida tecnica.
Luciano Ramadori
PREMESSA
Il termine piante officinali indica un numero elevato di specie vegetali di largo impiego sia in
alcuni settori industriali, (farmacologico, cosmetico, liquoristico, alimentare) che nella preparazione
di prodotti erboristici; settore questultimo in continua crescita tanto da lasciare intravedere possibilit di incremento della domanda e conseguente espansione delle superfici coltivate.
Alla base del rinnovato interesse per la coltivazione delle piante officinali ci sono: laumento dei
consumi di prodotti erboristici, il tentativo di contrastare la forte importazione dallestero di materia
prima, la necessit per gli agricoltori di ricercare nuove produzioni ed opportunit commerciali.
LItalia, che vantava una buona tradizione nella coltivazione delle piante officinali e che fino ai
primi anni 50 era considerato uno dei pi forti produttori europei, ha visto diminuire la sua produzione interna, ed oggi tale coltivazione unattivit marginale rispetto alle attivit agricole tradizionali. Nelle Marche, in particolar modo nelle zone interne del maceratese e sui Sibillini, luso delle
erbe officinali da parte della popolazione rurale aveva in passato un significato rituale e gastronomico
importante, con una raccolta spontanea finalizzata anche al mercato. Ne sono esempi luso della
Bardana (Arctium lappa) e della Belladonna (Atropa belladonna) come tonificanti cardiaci, oppure le
radici di Genziana (Genziana lutea) o i fiori e le foglie di Genzianella (Genziana verna) essiccate, che i
pastori vendevano nei mercati francesi e tedeschi, quando vi si recavano alla ricerca degli arieti pi
belli per migliorare le pecore di razza Vissana.
Negli ultimi anni la superficie agricola coltivata a piante officinali in Italia si attestata intorno
ai 1500 ha (escluso il Bergamotto). Questo valore appare tuttavia piuttosto contenuto se si considera
che il settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti finiti (erboristeria soprattutto)
notevolmente cresciuto negli ultimi 10 anni.
Tale discrepanza dipende dal fatto che la produzione italiana deve confrontarsi con quella di altri
Paesi, specialmente dellEuropa dellEst e di quelli in via di sviluppo, dai quali proviene circa il 70%
del prodotto consumato nel nostro Paese. Tuttavia, il forte fabbisogno nazionale offre nuove ed interessanti opportunit di reddito.
Nelle Marche va rilevato un dato in controtendenza in quanto si registra un significativo e
costante trend di crescita, soprattutto negli ultimi due-tre anni, tanto che la superficie coltivata passata dai 60-70 ha degli anni novanta a qualche centinaia di ettari.
Certo, i problemi e le incognite per i coltivatori non mancano, in particolare prima di intraprendere la coltivazione, nel momento in cui bisogna assumere le prime fondamentali decisioni rispondendo ai seguenti quesiti:
Quali piante coltivare, tenendo conto delle condizioni pedoclimatiche dei propri terreni?
Quali investimenti fare, sia in termini di meccanizzazione, sia di strutturazione aziendale?
Quanta manodopera necessaria?
Quali interlocutori commerciali individuare e come?
Come riuscire a garantire quantit e qualit delle produzioni?
Quali i costi di produzione/trasformazione e quali le rese e i redditi?
Per dare risposta a tali problematiche dunque necessario, a livello nazionale e territoriale, intraprendere la coltivazione delle officinali con un approccio di filiera che consideri tutte le fasi della produzione, dalla ricerca di base alla sperimentazione commerciale, dalla coltivazione in pieno campo
alle tecniche per la raccolta, dalla certificazione alla trasformazione, dalla divulgazione dei dati alla
promozione sul territorio dei prodotti.
Inoltre, per vincere la concorrenza dei mercati esteri, la migliore strategia quella di puntare
sulla qualit, attraverso:
sicurezza sulla provenienza del prodotto finito e garanzia sulla assenza di fattori inquinanti;
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Da ultimo, non va esclusa la possibilit di trasformare le piante officinali gi in azienda, per una
vendita diretta di infusi, tisane ed altri prodotti erboristici, pensando a sviluppare un percorso di
organizzazione degli operatori del settore allo scopo di raggiungere una migliore integrazione dellofferta allinterno del territorio di produzione.
Lo sviluppo della filiera delle colture officinali potrebbe cos rappresentare, nellottica della multifunzionalit aziendale, un solido riferimento per il consolidarsi di una fonte di reddito integrativa
ed, allo stesso tempo, uno strumento in grado di favorire il recupero e la valorizzazione di aree marginali del territorio.
In questo quadro tecnico e socio-economico il progetto Recupero, sperimentazione e Promozione di piante officinali e medicinali ha cercato di approfondire le tematiche relative agli aspetti
tecnico-economici della coltivazione delle specie officinali, contestualizzandoli alle caratteristiche
ambientali ed agronomiche del territorio montano ed alto-collinare della Provincia di Macerata.
Tarassaco
(da Matthioli, 1604)
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Substrati arenacei. Il substrato geologico costituito da arenarie in banchi da medi a spessi, che
originano morfologie abbastanza aspre ed acclivi (soprattutto nelle zone sommitali delle colline); i
rilievi raggiungono i 700-800 m di altitudine.
Substrati calcarei. Il substrato geologico costituito da calcari, spesso intercalati con livelli marnosi o
silicei, a cui si devono versanti aspri ed acclivi, che talvolta si placano in ampie sommit semipianeggianti o leggermente inclinate (paleosuperfici); i rilievi superano generalmente i 1000 m di altitudine,
spingendosi oltre i 2000 m nel Massiccio dei Monti Sibillini.
BIOCLIMA
Il territorio del GAL Sibilla ricade nella Regione Macroclimatica Temperata e le sue caratteristiche bioclimatiche sono prevalentemente correlate con laltitudine e le caratteristiche fisiografiche del
territorio, che pu essere suddiviso in cinque Piani Bioclimatici.
Basso-Collinare (mesotemperato inferiore). Interessa quote inferiori ai 450-500 m s.l.m. caratterizzato
da: temperature medie annue di circa 12-14 C; precipitazioni medie annue comprese tra 700 e 900
mm/anno; aridit estiva presente per un mese (luglio) e particolarmente intensa sui versanti meridionali; stress da freddo invernale molto modesto, tanto che in nessun mese la media delle temperature
minime inferiore a 0 C; linnevamento al suolo sporadico e non si protrae per pi di 2-3 giorni
consecutivi. La durata del periodo vegetativo di circa 210-220 giorni. La vegetazione forestale (cerrete, querceti e ostrieti) caratterizzata da caducifoglie termofile e semimesofile miste con sclerofille
sempreverdi. Sui versanti calcarei soleggiati sono presenti estese leccete. In questo ambito ancora
possibile la coltivazione dellolivo (Olea europea).
Alto-Collinare (mesotemperato superiore). Riguarda i rilievi posti a quote comprese tra 450-500 e 9001000 m. contraddistinto da: temperature medie annue di circa 10-11 C; precipitazioni medie generalmente comprese tra 900 e 1100 mm/anno; assenza di un periodo di aridit estiva, che si manifesta sui versanti meridionali delle quote pi basse, generalmente nel mese di luglio; media delle temperature minime invernali dei mesi di gennaio-febbraio prossime o leggermente inferiori a 0 C, con episodi di gelo che possono verificarsi da novembre a tutto marzo e innevamento del suolo relativamente
frequente (4-5 episodi annuali) ma con durata modesta (4-6 giorni). La durata del periodo vegetativo
di circa 180-190 giorni. La vegetazione forestale composta da caducifoglie termofile e semimesofile (querceti, cerrete, ostrieti e castagneti) ed priva di elementi mediterranei, che si possono rinvenire solo nelle aree rupestri calcaree pi assolate, allinterno di lembi boschivi con leccio. Nella fascia
inferiore di questo piano bioclimatico trova il limite ecologico la coltivazione della vite (Vitis vinifera).
Basso-Montano (supratemperato inferiore). Interessa quote comprese tra 900-1000 m e 1350-1400 m
circa. Le sue caratteristiche salienti sono: temperatura media annua di 8-9 C; precipitazioni comprese
tra 1200 e 1400 mm/anno; temperatura media delle minime inferiore a 0 C almeno nei mesi di
dicembre, gennaio e febbraio. Forti gelate si possono verificare da novembre a marzo e sporadicamente fino alla met di aprile. In queste zone la neve pu ricoprire il suolo per diversi giorni consecutivi (10-15), con fasi ripetute e ravvicinate nel tempo, mentre in estate le precipitazioni diminuiscono,
senza tuttavia arrivare ad estremi siccitosi. La durata del periodo vegetativo di circa 150-160 giorni.
La vegetazione forestale composta da caducifoglie semimesofile e mesofile (cerrete, castagneti e faggete), che sovrastano un sottobosco in cui si consociano elementi floristici collinari e specie montane.
In questo ambito trovano il limite ecologico la cerealicoltura e la foraggicoltura.
Alto-Montano (supratemperato superiore). Interessa quote comprese tra 1350-1400 e 1800-1850 m
circa. Le sue caratteristiche salienti sono: temperatura media annua generalmente inferiore a 8 C;
precipitazioni comprese tra 1300-1500 mm/anno; temperatura media delle minime inferiore a 0 C
almeno nei mesi di novembre, dicembre, gennaio e febbraio. Forti gelate si possono verificare da
ottobre alla met di maggio. In queste zone la neve pu ricoprire il suolo per intere settimane, anche
consecutive. La durata del periodo vegetativo di circa 140 giorni. La vegetazione forestale com10
posta da caducifoglie mesofile (faggete) in cui sono assenti gli elementi floristici collinari. Le uniche
forme di coltivazione possibili sono legate alle coltivazioni di alcune leguminose da granella (lenticchia) e foraggere (lupinella o crocetta).
Subalpino/alpino (orotemperato e criotemperato). Interessano quote poste oltre i 1800-1850 m. Le caratteristiche salienti sono: temperatura media annua generalmente inferiore ai 5-6 C; precipitazioni
comprese tra 1400-1600 mm/anno; temperatura media delle minime inferiore a 0 C per oltre 5 mesi.
Forti gelate si possono verificare da settembre alla fine di maggio. In queste zone la neve pu ricoprire il suolo da novembre/dicembre ad aprile/maggio. La durata del periodo vegetativo di circa
100-120 giorni. La vegetazione forestale assente.
UNIT DI PAESAGGIO
La sovrapposizione degli aspetti geomorfologici e bioclimatici permette di individuare delle porzioni di territorio ecologicamente omogenee, definite unit di paesaggio, che sono di seguito brevemente descritte.
Unit di paesaggio delle pianure alluvionali. Dal punto di vista orografico si tratta delle pianure alluvionali con falda freatica superficiale e detrito da fine a grossolano; la vegetazione potenziale prevalente costituita da boschi ripariali e planiziali (Salicion albae e Alno-Ulmion).
Unit di paesaggio dei versanti pelitico-arenacei con bioclima basso-collinare. Dal punto di vista orografico si
tratta di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 200 e 500 m s.l.m.; il termotipo
corrispondente quello collinare inferiore, con ombrotipo subumido superiore; la vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di cerro e roverella (Lauro-Quercenion pubescentis).
Unit di paesaggio dei versanti pelitico-arenacei con bioclima alto-collinare. Dal punto di vista orografico si
tratta di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 450 e 800 m s.l.m.; il termotipo corrispondente quello collinare superiore, con ombrotipo subumido superiore/inferiore; la
vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di cerro, roverella e/o carpino nero (Laburno-Ostryenion carpinifoliae, Cytiso-Quercenion pubescentis).
Unit di paesaggio dei versanti arenacei con bioclima alto-collinare. Dal punto di vista orografico si tratta
di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 450 e 800 m s.l.m.; il termotipo
corrispondente quello collinare superiore, con ombrotipo subumido superiore/umido inferiore; la
vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di cerro e rovere (LaburnoOstryenion carpinifoliae).
Unit di paesaggio dei versanti marnoso-calcarei con bioclima alto-collinare. Dal punto di vista orografico
si tratta di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 350 e 800 m s.l.m.; il termotipo corrispondente quello collinare superiore, con ombrotipo subumido superiore/umido inferiore; la vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di carpino nero e/o
roverella (Laburno-Ostryenion carpinifoliae, Cytiso-Quercenion pubescentis).
Unit di paesaggio dei versanti calcarei con bioclima basso-collinare. Dal punto di vista orografico si tratta di
aree che si estendono sulla fascia basale dei rilievi appenninici marchigiani, in un intervallo altimetrico compreso tra 300 e 450-500 m s.l.m.; il termotipo corrispondente quello collinare inferiore,
con ombrotipo subumido superiore; la vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a
prevalenza di roverella e/o carpino nero (Lauro Quercenion pubescentis-Carpinion orientalis).
Unit di paesaggio dei versanti calcarei con bioclima alto-collinare. Dal punto di vista orografico si tratta
di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 450-500 e 900-1000 m s.l.m.; il termotipo corrispondente quello collinare superiore, con ombrotipo umido inferiore; la vegetazione
potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di carpino nero, roverella e/o cerro
(Laburno-Ostryenion carpinifoliae-Carpinion orientalis).
Unit di paesaggio dei versanti calcarei con bioclima basso-montano. Dal punto di vista orografico si tratta
di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 900-1000 e 1350-1400 m s.l.m.; il
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termotipo corrispondente quello montano superiore, con ombrotipo umido inferiore; la vegetazione
potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di cerro e/o faggio (Lathyro veneti-Fagion
sylvaticae e Erytronio dentis-canis-Carpinion betuli).
Unit di paesaggio delle conche calcaree carsico-tettoniche con bioclima basso-montano. Dal punto di vista
orografico si tratta di aree che si estendono su altipiani, temporaneamente inondati, a forma di scodella, in un intervallo altimetrico compreso tra 900 e 1300 m s.l.m.; il termotipo corrispondente
quello montano inferiore, con ombrotipo umido superiore/iperumido inferiore; la vegetazione potenziale prevalente costituita da boschi paludosi a salice cinereo (Salicion cinereae).
Unit di paesaggio dei versanti calcarei con bioclima alto-montano. Dal punto di vista orografico si tratta
di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 1350-1400 e 1750-1850 m s.l.m.;
il termotipo corrispondente quello montano superiore, con ombrotipo umido superiore/iperumido
inferiore; la vegetazione potenziale predominante costituita da boschi a prevalenza di faggio
(Aremonio-Fagion sylvaticae).
Unit di paesaggio dei versanti calcarei con bioclima subalpino/alpino. Dal punto di vista orografico si tratta
di aree che si estendono in un intervallo altimetrico compreso tra 1750-1850 e 2259 m s.l.m.; il termotipo corrispondente quello subalpino/alpino, con ombrotipo umido superiore; la vegetazione
potenziale prevalente costituita da praterie primarie a sesleria dellAppennino o festuca dimorfa
(Seslerion apenninae, Festucion dimorphae, Ranunculo-Nardion).
IL PAESAGGIO AGRARIO
Aspetti demografici e socio-economici
Gli aspetti demografici costituiscono unimportante componente nellanalisi del quadro socioeconomico locale (i dati di seguito esposti sono tratti dalle elaborazioni effettuate per la redazione
del Piano di Sviluppo Locale del GAL Sibilla).
La popolazione al censimento 2001 ammontava a 95.861 unit, che rappresentano il 31,82%
dellintera popolazione provinciale. Solo San Severino Marche e Tolentino hanno una popolazione
residente superiore a 10.000 unit, Treia ha circa 9.500 abitanti, Camerino, Castelraimondo,
Pollenza, San Ginesio e Sarnano appartengono alla classe tra 3.000 e 8.000 abitanti, ventinove comuni
hanno meno di 3.000 abitanti e, tra questi, ben sedici meno di 1.000.
Il trend demografico in evidente decremento, con andamento anche di rilievo nei comuni
montani come Bolognola, Monte Cavallo, Ussita e Visso. La percentuale di popolazione anziana e
lindice di dipendenza (rapporto tra popolazione lavorativa e popolazione non lavorativa) sono decisamente superiori al dato medio provinciale.
A fronte di una dinamica demografica decisamente negativa nei comuni della zona interna, nella
zona collinare let media della popolazione diminuisce e la dinamica appare pressoch stabile, con
una cospicua parte degli abitanti occupati nel secondario e nel terziario.
Il trend demografico appena descritto ha un immediato riflesso sulla caratterizzazione dellarea
da un punto di vista socio-economico. Infatti, in un territorio cos strettamente legato allattivit agricola, immediato riscontrare una correlazione tra calo demografico generale e diminuzione degli
addetti del comparto agricolo, in particolare nella aree montane. In realt, i riflessi sul settore primario sono meno evidenti di quanto i numeri lascerebbero supporre, ci in conseguenza di un elevato
numero di operatori non censiti, che svolgono lattivit agricola subordinatamente alloccupazione
principale.
Gli ordinamenti produttivi sono perlopi orientati verso le colture a seminativo (cereali e foraggere) con limitata presenza di colture permanenti e quasi totale assenza del comparto orticolo.
Per quanto riguarda il settore secondario e terziario, escludendo le zone di Tolentino, Pollenza,
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Treia e San Severino Marche, caratterizzate da una decisa crescita anche con realt di un notevole
rilievo, larea si caratterizza per unimprenditoria industriale ed artigianale di piccolo-medio calibro,
quasi sempre a livello familiare.
Comunque, a parte i Comuni appena citati e quelli collinari della valle del Fiastra (da Urbisaglia
a San Ginesio), la quota di occupati in agricoltura costituisce sempre la frazione preponderante.
Il contesto produttivo agro-forestale
Come gi detto, larea del GAL Sibilla si presenta come un territorio decisamente rurale, in cui
la tradizione agricola concorre in maniera fondamentale a determinare gran parte dei fenomeni
sociali ed economici.
Gli operatori del settore, nel 1991 superavano il 13% della popolazione attiva, con punte locali
superiori al 30%; a tali percentuali, per dimensionare correttamente il fenomeno, vanno aggiunte le
unit impegnate principalmente in altre attivit professionali, ma ancora attive nellattivit familiare
di conduzione dei fondi agricoli.
Le produzioni agricole sono decisamente orientate verso le colture erbacee, con ordinamenti
aziendali basati sulle colture cerealicole in rotazione con le foraggere.
Per quanto riguarda le coltivazioni permanenti, vi una predominanza della vite sullolivo, dove
le espressioni produttive tipiche si riconducono ai vini Vernaccia di Serrapetrona, Rosso Piceno
e Verdicchio di Matelica.
In termini di numero di aziende presenti, i dati provvisori del censimento 2000 evidenziano una
diminuzione di circa il 30% delle aziende totali rispetto a quelle presenti nel 1990, con maggiore flessione nei Comuni montani a conferma dellindebolimento del settore primario nellarea di riferimento.
Labbandono delle zone montane e pedemontane sono legate soprattutto alle caratteristiche morfologiche del territorio, che non riesce ad essere sfruttato al meglio, in relazione alle elevate potenzialit
che esso offre. Per contro sono aumentate le aziende che coltivano con metodi di agricoltura biologica.
In sintesi, le principali cause che hanno contribuito alla diminuzione delle aziende agro-zootecniche e forestali, e di conseguenza incrementato lo spopolamento delle aree pi marginali del territorio oggetto di analisi, sono:
invecchiamento della popolazione rurale, con presenza di molti imprenditori agricoli ultra sessantacinquenni, che spesso abbandonano lattivit a favore di aziende pi grandi, con contratti di
affitto a lungo termine o al limite con la vendita dellazienda.
limitata dimensione aziendale che non consente, allimprenditore, di raggiungere profitti tali
da giustificare la continuit e la sussistenza della famiglia contadina che, quindi, si rivolge ad altri
comparti economici per integrare il reddito;
scarsa presenza nel distretto rurale di filiere produttive e di una solida rete di commercializzazione dei prodotti naturali, in particolare di quelli tipici, che permetta alle piccole e medie imprese
agricole di raggiungere pi alti redditi, soprattutto con la vendita diretta in azienda. Da ci scaturisce
che i prodotti sono perlopi venduti con forme di bassa immagine, cio in confezioni semplici o dalla
rifinitura non industriale.
Attraverso un esame dei dati statistici disponibili e gli approfondimenti svolti mediante rilievi nel
territorio di indagine, stato possibile acquisire gli elementi necessari per delineare una articolazione
territoriale in ambiti omogenei dal punto di vista del paesaggio agrario e delluso agro-forestale delle
risorse.
Questi aspetti duso del territorio risentono evidentemente dei principali fattori fisici e geografici
che, strutturando larea e caratterizzando le fisionomie dei pedo-paesaggi, determinano le capacit e
le specificit duso del territorio dal punto di vista agricolo.
Se, infatti, il dato medio vede una decisa dominanza dei seminativi con prevalenza della SAU
aziendale (superficie agricola utilizzabile) rispetto alla SAT (superficie agricola totale), il dato si inverte
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decisamente in ben otto Comuni, a vantaggio di una superficie aziendale forestale (SAF) ben superiore alla superficie agricola utilizzata (SAU) e quasi sempre superiore al 50%.
Appartengono a questa categoria i Comuni della fascia montana interna della dorsale carbonatica (Fiuminata, Pioraco, Sefro) e quelli della zona calcarea dei Monti Sibillini (Visso, Acquacanina,
Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Ussita).
A questi possono essere aggiunti i Comuni in cui, pur rimanendo predominante la superficie
agricola, la forte presenza di superficie forestale (superiore al 30% della SAT) consente una chiara
assimilazione dal punto di vista della caratterizzazione agricolo-produttiva e paesaggistica.
Questi sono: Fiastra, Fiordimonte, Monte Cavallo, Pieve Torina, Sarnano, Serravalle del Chienti.
Analizzando le diverse utilizzazioni allinterno della SAU, si pu individuare una classe di comuni
che si distingue per la netta prevalenza delle superfici a prati permanenti e pascoli, condizione tipica
di zone decisamente montane, caratterizzate da una forte attivit agro-silvo-pastorale e zootecnica
estensiva. Tra questi, Acquacanina, Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Monte Cavallo, Ussita e
Visso presentano una dominanza quasi assoluta delle foraggere, mentre per i Comuni parzialmente
interessati da terreni alluvionali dei fondovalle o da terreni collinari a moderata acclivit, le superfici a
foraggere permanenti, pur rimanendo prevalenti, diminuiscono a favore dei seminativi (Fiastra,
Fiordimonte, Fiuminata, Muccia, Pieve Torina, Sefro, Tolentino).
Nei rimanenti 25 comuni, le colture a seminativo impegnano quasi sempre pi del 80-90% della
SAU, tranne Caldarola, Camerino, Esanatoglia, Gagliole, Pioraco e Sarnano, dove la percentuale
tra il 50% e l80%.
Lanalisi condotta per coltura, riferita ai dati 1990, evidenzia una netta prevalenza dei cereali
sulle altre colture nei Comuni di Castelraimondo, Esanatoglia, Gagliole, Loro Piceno, Muccia,
Pollenza, Ripe San Ginesio, SantAngelo in Pontano, Tolentino, Treia ed Urbisaglia. Le foraggere
avvicendate investono la gran parte della superficie destinata a seminativo nei comuni di
Acquacanina, Belforte del Chienti, Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo,
Fiordimonte, Fiuminata, Monte Cavallo, Pievebovigliana, Pieve Torina, Sarnano, Sefro, Serravalle
del Chienti, Visso.
Le colture ortive hanno quasi ovunque unestensione del tutto marginale ed un livello appena
apprezzabile nei comuni di Tolentino, Treia ed Urbisaglia.
Per le colture permanenti, la vite risulta prevalente sullolivo quasi ovunque, con esclusione dei
territori di Caldarola, Camporotondo del Fiastrone, Cessapalombo, Loro Piceno, San Severino
Marche, Pollenza, SantAngelo in Pontano, Tolentino e Treia dove la coltura dellolivo presenta una
apprezzabile estensione in termini percentuali ed assoluti.
Lanalisi dei dati sinteticamente esposti, valutati anche in relazione ai caratteri pedologici del territorio, consente di operare una prima articolazione del territorio in esame sulla base degli usi agricoli.
Le aree dei crinali, degli alti versanti, delle superfici sommitali della dorsale umbro-marchigiana,
della dorsale marchigiana e dei Sibillini sono caratterizzate da condizioni fortemente limitanti le attivit
produttive primarie, con suoli, ove presenti, estremamente sottili e con forte presenza di scheletro, spesso
in condizioni proibitive di pendenza, con conseguenti limitazioni di lavorabilit ed accessibilit.
In queste zone lattivit del settore primario indirizzata verso le produzioni forestali e quelle
zootecniche, comunque con modeste capacit produttive a causa delle severe limitazioni ambientali.
Nei medi e bassi versanti i suoli non coltivabili diminuiscono a favore di superfici caratterizzate
dalla possibilit di fornire discrete produzioni foraggere e buone produzioni forestali, ma comunque
ancora con forti limitazioni sul piano della lavorabilit e con limitate possibilit di scelta colturale.
Si tratta delle zone caratterizzate dalla dominanza delle superfici forestali sulla SAU e, nella SAU,
da prevalenza delle foraggere permanenti (prati e pascoli) sui seminativi. Le superfici forestali appaiono decisamente minori nella porzione orientale della dorsale marchigiana. Dove localmente i depositi alluvionali degli stretti fondovalle consentono migliori condizioni, si registra un aumento delle
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colture a seminativo, anche se a dominanza di foraggere avvicendate, ed assumono una certa importanza le colture permanenti, in particolare lolivo.
Nella zona medio-collinare, che si protende dal crinale settentrionale sulla valle del Chienti in
Comune di Camerino, Castelraimondo e verso nord fino a Matelica, dove il substrato dapprima
marnoso-calcareo poi pelitico-arenaceo, gli usi agricoli testimoniano una maggiore coltivabilit, con
capacit produttive anche buone. Queste prerogative si ritrovano spesso, anche su substrato di diversa
natura, in porzioni del territorio dei Comuni di Esanatoglia, Pioraco e Gagliole.
Qui i seminativi vedono la prevalenza dei cereali autunno-vernini e si registra la presenza di
buone superfici occupate da colture legnose permanenti, come la vite nelle aree vocate e lolivo altrove.
Lintensit colturale raggiunge valori anche apprezzabili, sospinta da una meccanizzazione perlopi
agevole.
Va poi distinta la fascia dei rilievi collinari al margine orientale della dorsale marchigiana che,
da Gualdo e Sarnano a sud, si estende verso nord-ovest attraverso San Ginesio, Ripe San Ginesio,
Cessapalombo, Colmurano, Camporotondo, Belforte del Chienti, Serrapetrona, Tolentino fino a
San Severino Marche, dove i substrati pelitico-arenacei dei rilievi collinari e i cospicui lembi alluvionali sui fondovalle, conferiscono ai sistemi colturali la connotazione tipica dellagricoltura marchigiana di medio-bassa collina, con estese superfici a seminativo ed assoluta prevalenza dei cereali sulle
colture foraggere o sulle legnose permanenti. I suoli si presentano infatti prevalentemente coltivabili
con moderate limitazioni, le scelte colturali e le produttivit sono solo parzialmente ridotte, pur
richiedendo una certa attenzione sul piano delle tecniche di conservazione e tutela.
In queste aree lincremento dellattivit colturale intensiva ed un inadeguato modello di conservazione del suolo, concorrono a determinare frequenti fenomeni di dissesto gravitativo, mentre nella
strutturazione del paesaggio le formazioni naturali o seminaturali diminuiscono la loro presenza a
favore di una decisa antropizzazione di parte delle superfici utilizzabili.
In definitiva, i punti di forza relativi alle risorse del territorio in esame, con specifico riferimento
al comparto agricolo ed ambientale, risiedono principalmente nei seguenti aspetti:
un paesaggio rurale ben conservato ed espressione del modello marchigiano di integrazione
tra agricoltura ed altri settori produttivi;
un tessuto infrastrutturale ed insediativo atto a favorire la multifunzionalit del territorio, la pluriattivit degli operatori agricoli e in particolare forme di integrazione sinergica tra agricoltura e
turismo, principalmente del tipo enogastronomico, ambientale, culturale;
la presenza di vaste aree interessate da pascoli e boschi, in cui riavviare o potenziare attivit agrosilvo-pastorali e/o integrative del reddito agricolo;
una buona porzione di territorio ambientalmente tutelato;
una elevata presenza di aziende medio-piccole suscettibili di sviluppo differenziato del reddito;
la diffusione di allevamenti di bovini, da carne, appartenenti alla razza Marchigiana e di ovini di
razze italiane, oltre alla sopravissana come razza tipica locale;
la promozione di prodotti agroalimentari gi tutelati da denominazioni di origine o protette
(DOC, DOP e IGP) e in via di tutela.
la persistenza di fenomeni di erosione su ampie aree, di riduzione della fertilit fisica e biologica
dei suoli;
una sostanziale marginalit o scarsa riconoscibilit e visibilit sui mercati delle produzioni tipiche tradizionalmente presenti nellarea;
linsufficiente diversificazione delle produzioni e scomparsa di ecotipi locali;
il profondo squilibrio economico e territoriale tra aree di fondovalle ed aree collinari e montane;
la carente qualificazione della forza lavoro;
la scarsa efficienza delle aziende agricole, con limitata diffusione di metodi di controllo, di gestione
e informatizzazione.
Le migliori opportunit, intese come elementi indipendenti dalle caratteristiche intrinseche del
settore e del territorio, ma collegati principalmente a fattori esterni (tendenze economiche e/o politiche regionali, nazionali, internazionali ecc.) possono essere individuate in:
una crescente attenzione da parte dei consumatori e dei mercati verso le produzioni di qualit e
tipiche (legame con il territorio di origine), con conseguente allargamento e miglior accesso,
anche per le realt locali, dei relativi canali di commercializzazione;
una sempre maggiore interesse per unofferta ricreativa integrata e sinergica tra agricoltura e
turismo, principalmente del tipo enogastronomico, ambientale e culturale;
la possibilit di uno sviluppo agro-industriale basato su filiere territoriali;
lattuazione, nel breve-medio periodo, di politiche regionali, nazionali e comunitarie e dei relativi
strumenti di programmazione finanziaria, volti allo sviluppo economico e sociale delle aree interne
rurali, attraverso strategie di difesa e valorizzazione delle risorse locali e a favore di ordinamenti
produttivi agricoli maggiormente estensivi.
Sicuramente strategiche, dunque, potranno risultare le iniziative tendenti a favorire la identificazione delle produzioni con il proprio territorio dorigine e la creazione di filiere produttive riconoscibili e tracciabili. In questo quadro, quindi, le piante officinali possono rappresentare un elemento
innovativo, di prodotto e di processo, utile a qualificare lauspicato paniere di prodotti veramente
tipici dellalto-maceratese.
16
IL PROGETTO
RECUPERO, SPERIMENTAZIONE E PROMOZIONE
DI PIANTE OFFICINALI E MEDICINALI
DEL GAL SIBILLA
MOTIVAZIONI E FINALIT
Il progetto Recupero, sperimentazione e promozione di piante officinali e medicinali, nasce nel
2003 nellambito delle iniziative attivate dal GAL Sibilla sotto il regime di sostegno finanziario del
programma Leader Plus 2000-2006.
Il GAL Sibilla, individuando le potenzialit di un intervento strategico nel settore, gi dalla redazione del Piano di Sviluppo Locale aveva previsto lattivazione di una misura che individuava come
obiettivo generale quello di offrire agli agricoltori una ricerca finalizzata alla valutazione della possibilit di inserire nei propri ordinamenti colturali la produzione delle specie officinali.
Il progetto stato articolato in pi fasi, ognuna delle quali ha previsto il raggiungimento di uno
o pi obiettivi, necessari per concorrere al conseguimento dellobiettivo strategico generale.
Questi erano:
individuazione di sei specie officinali che rappresentassero, allo stato attuale delle conoscenze, il
miglior punto di incontro tra compatibilit ecologica con gli ambienti in esame, praticabilit della
tecnica colturale, richiesta di mercato;
valutazione delle problematiche agronomiche connesse con la coltivazione di queste specie,
attraverso lallestimento di quattro campi sperimentali di durata biennale;
individuazione delle pi opportune forme di commercializzazione e dei canali commerciali, nonch delle esigenze di filiera (trasformazione, conservazione, etc.), a cui gli agricoltori debbono
porre attenzione per aspirare alla realizzazione di una produzione commerciabile;
sensibilizzazione del mondo agricolo sulle opportunit e le problematiche connesse con la coltivazione delle specie officinali.
Sulla base di tali obiettivi lorganizzazione esecutiva del progetto, curata dal Dipartimento di
Scienze Ambientali - Sezione di Botanica ed Ecologia (UNICAM), stata suddivisa nelle seguenti
cinque fasi, ognuna articolata nello svolgimento di specifiche attivit come viene di seguito descritto.
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Esperienze e nuove proposte nel settore agricolo, presenti i rappresentanti di: enti locali, associazioni di categoria, aziende agricole locali.
Maggio 2005, intervento presso la Scuola Regionale Alberghiera di Tolentino con presentazione
del progetto nellambito del convegno Sinergie per la valorizzazione e la salvaguardia del territorio: agricoltura e turismo nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, organizzato dal P.N.M.S.progetto Agricoltura Sostenibile. Presenti: operatori turistici e della ristorazione, Comunit
Montane di Camerino e San Severino, Universit di Camerino, associazioni di categoria.
Maggio 2005, Sala Convegni dellAbbadia di Fiastra, presentazione del progetto nellambito delliniziativa Herbaria con presenza di un folto pubblico eterogeneo.
Giugno 2005, Giardino Botanico di Oropa, Biella, presentazione del progetto e dei primi risultati sperimentali nellambito delle giornate di studio su Tradizione, scienza, culture della fitoterapia.
Settembre 2005, Parco Nazionale dello Stelvio, Rabbi, presentazione del progetto e dei primi
risultati sperimentali nellambito di un Convegno internazionale sul paesaggio di montagna ed
i suoi cambiamenti.
Novembre, 2005, Muccia, allestimento di uno stand informativo e divulgativo sulla sperimentazione relativa allo zafferano, nellambito dellevento Le terre del Tartufo.
Dicembre 2005, Norcia, presentazione del progetto e dei risultati sperimentali nellambito del
convegno di chiusura del Progetto di Agricoltura Sostenibile del Parco Nazionale dei Monti
Sibillini.
Febbraio 2006, Dipartimento di Scienze Ambientali - Sezione di Botanica ed Ecologia dellUniversit di Camerino, incontro con le erboristerie della Provincia di Macerata, presenti: titolari
delle erboristerie, rappresentanti delle associazioni di categoria, proprietari dei campi oggetto
della sperimentazione.
IPOTESI SPERIMENTALI
Come evidenziato nelle premesse, il progetto Recupero, sperimentazione e promozione di piante
officinali e medicinali nellarea del GAL Sibilla si inserisce in maniera estremamente coerente nel
quadro delle esigenze segnalate dal territorio. Infatti, lobiettivo principale del progetto era quello di
arrivare, dopo il biennio di sperimentazione, alla raccolta di informazioni, esperienze ed idee da mettere a disposizione delle aziende agricole locali che intendessero valutare la possibilit di introdurre
nel proprio ordinamento colturale, anche la coltivazione delle specie officinali.
In relazione a queste premesse, la sperimentazione si principalmente orientata su due ambiti
di indagine: verificare leffettiva adattabilit delle specie alle condizioni stazionali delle sedi di
impianto scelte; valutare la praticabilit e la resa della coltura, soprattutto in relazione agli aspetti tecnico operativi della pratica colturale ed agli effetti sullorganizzazione aziendale in relazione alle peculiarit e novit di questo tipo di filiera.
In particolare, lindagine a carattere agronomico ha concentrato linteresse su due specifici fattori,
entrambi fondamentali e concorrenti nel determinare la resa in condizioni di coltivazione: limportanza della competizione (intraspecifica ed interspecifica) e la disponibilit nutrizionale. Da questa
scelta sono derivate le due prove agronomiche basate rispettivamente sugli obiettivi di:
verificare leffetto della densit di impianto sul controllo delle infestanti e sulla resa delle colture;
verificare leffetto di una concimazione organica sulla risposta produttiva delle piante.
Lobiettivo della prima prova stato quello di valutare gli effetti di diverse distanze sulla fila e
tra le file, in relazione alle migliori performances produttive delle specie sia in termini quantitativi
che qualitativi, valutandone le conseguenze in relazione alla minore competizione intraspecifica, al
miglior contenimento naturale delle specie indesiderate (competizione interspecifica), alla ottimizzazione delle operazioni meccaniche di controllo delle infestanti.
La seconda prova, che riguardava la concimazione, aveva lobiettivo di valutare la risposta pro19
duttiva di parcelle e sub-parcelle trattate con dosi diverse di concime organico, distribuito a seconda
delle esigenze nutrizionali delle singole specie riportate in letteratura e sulla base della fertilit potenziale dei terreni, valutata sulla base di apposite indagini analitiche.
LE SPECIE SPERIMENTATE
Le specie vegetali sottoposte a sperimentazione sono state scelte sulla base di requisiti di compatibilit ecologica con le unit ambientali preventivamente individuate nel territorio di riferimento,
facilit di coltivazione, richiesta da parte del mercato, opportunit di valorizzazione del prodotto.
Sulla base di tali considerazioni, a partire da una lista preliminare di oltre cinquanta specie si giunti
alla scelta delle sei di seguito descritte.
Anice verde (Pimpinella anisum L.)
Caratteristiche botaniche. Lanice verde una pianta annuale appartenente alla famiglia delle
Apiaceae, che pu raggiungere il metro di altezza, ma che in genere non supera i 60 cm. Il fusto, cavo,
rotondeggiante e spesso pubescente; le foglie basali con lunghi piccioli, sono reniformi e dentate,
le intermedie sono trifogliate e dentate, mentre le superiori sono bi-tri-pennatosette lineari o intere.
I piccoli fiori bianchi-giallognoli sono disposti in ombrelle. La fioritura estiva; il frutto formato
da due acheni ovoidali coperti
di peli setolosi.
Habitat. una specie originaria dellEgitto e delle regioni
del Mediterraneo orientale.
Cresce in terreni asciutti, poveri
e marginali. In Italia si largamente diffusa e cresce spontanea.
Storia. una delle pi antiche spezie coltivate, soprattutto
al fine di prevenire e curare indigestioni, dagli egizi, dai greci,
dagli arabi e dai romani; Virgilio ne riporta luso per aromatizzare liquori e pietanze. I suoi
pregi erano tali da venir utilizzata per pagare le tasse. Nel Medioevo trov impiego come carminativo e nella composizione
di miscele afrodisiache.
Parti utilizzate. Si utilizzano i
frutti.
Propriet. I principi attivi
sono costituiti da resine ed olii
sono raccolti in fascetti ascellari, hanno la corolla formata da cinque petali, il calice di sei sepali e un
peduncolo lungo alcuni cm. Il frutto costituito da numerosi acheni a forma di spicchio.
Habitat. Cresce spontaneamente su terreni particolarmente ricchi in nitrati, in zone erbose e ben
esposte, quali i margini delle strade o i prati annessi alle abitazioni che vengono arricchiti dalla fioritura che si protrae da marzo ad ottobre.
Storia. Dioscoride la consigliava sia per i disturbi dellapparato digerente che per le punture degli
insetti. I Romani sfruttavano le propriet evacuanti ed antinfiammatorie della malva dopo lauti pranzi
associati a generose bevute. NellVIII secolo si riteneva che la sua presenza in casa fosse sufficiente
per guarire tutti i mali; in realt il suo nome avrebbe derivazione dal latino malum va cio il male va via.
una delle quattro specie bechiche delle antiche farmacopee: malva, altea, parietaria e tasso barbasso.
Parti utilizzate. Della malva si utilizzano foglie, fiori e radici.
Propriet. I principi attivi sono rappresentati da mucillagini, tannini, antociani, malvina, vitamine
A, B, C, resine e pectine. Le foglie si raccolgono prima della fioritura, i fiori si raccolgono in boccio,
mentre le radici debbono essere estratte in inverno. I principi attivi presenti nelle foglie e nei fiori
attribuiscono alla malva propriet antinfiammatorie, leggermente lassative, emollienti e lenitive.
Trova applicazione come infuso nei casi di iperacidit gastrica, nelle coliti, nelle bronchiti e nelle cistiti.
Luso esterno come colluttorio previsto nei casi di ascessi dentari, stomatiti, nei gargarismi, nelle
infiammazioni agli occhi ed anche come lavanda vaginale, mentre le foglie ed i fiori cotti vengono
utilizzati nei casi di arrossamento e prurito cutaneo e per facilitare la maturazione di foruncoli e di orzaioli. Aggiungendo allacqua del bagno il decotto di fiori e foglie si ottiene un effetto emolliente ed
idratante. La radice, che ha propriet leggermente analgesiche, viene sfruttata in farmacia, ma strofinata
sulle gengive aiuta anche la pulizia dei denti, trova infatti impiego nella preparazione di dentifrici.
In cucina. Si possono utilizzare le foglie pi tenere ed i germogli per insalate, cotte con altre erbe,
o per preparare delle frittate, ma in quantit moderata visto il potere lassativo. Le foglie, private della
costolatura e bollite, possono essere impiegate nella preparazione di risotti, minestre e suppl. I boccioli vengono marinati in aceto e serviti come condimento.
In amore. Si dice che un mazzetto di malva messo davanti alla casa, faciliti il ritorno di un amore
che ci ha lasciato. Nel De secretis mulierum di Alberto Magno si riporta un singolare utilizzo della malva
per stabilire la verginit di una fanciulla Fac eam mingere super quandam herbam quae vulgo dicitur malva
de mane, si sit sicca, tunc est corrupta
Citazioni. Nella traduzione delle Regole salutari Salernitane di Pietro Magenta si legge:
Malva detta al tempo prisco
fui, perch l ventre ammollisco.
Le mie radiche il potere
Han di scior le feci intere,
deccitar lutero scusso
e di trarne il mensil flusso
Anche il Matthioli esalta le propriet della malva scrivendo:
utile la malva alle interiora, E alla vescica. Le sue foglie crude masticate con un poco di sale, E fattone impiastro con mele guariscono le fistole lacrimali: ma nel saldare la cicatrice susano poscia senza sale. ... Sedendosi nella
sua decottione mollifica le durezze de i luoghi segreti delle donne: E facendone cristeri giova i rodimenti delle budella,
del sedere, E della madrice
Nel De cultu hortorum di Columella, tradotto da Renzo Gherardini, si legge:
... la Malva che a testa china segue il sole ... in cui si evidenzia il portamento eliotropico della pianta.
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26
27
SPERIMENTAZIONE AGRONOMICA
Individuazione degli appezzamenti
Lindividuazione degli appezzamenti idonei ad ospitare le parcelle sperimentali, ha richiesto un
sopralluogo preliminare presso le aziende selezionate allo scopo di valutare in loco e in maniera sintetica, le caratteristiche pedologiche, topografiche ed agronomiche dei vari siti proposti e disponibili.
In quella sede si tenuto conto, oltre alle evidenti necessit di carattere organizzativo aziendale,
anche di aspetti di tipo spaziale, logistico e metodologico, funzionali allesecuzione delle prove
(dimensione dei campi, precessione colturale, prossimit tra le diverse specie in funzione dei cicli
vegetativi, prossimit con il centro aziendale e possibilit di vigilanza, ecc.). Dal punto di vista agronomico i vari appezzamenti sono stati selezionati, in sede di sopralluogo, valutando principalmente
laspetto pedologico e scegliendo quelli caratterizzati da suoli aventi le migliori propriet fisiche, in
relazione alle esigenze delle specie da testare.
Sulla base di tali considerazioni i siti prescelti sono stati i seguenti: Azienda agricola Angeli
Mirko, localit Capriglia, Pievetorina (MC); Azienda agricola Bonfada Stefano, localit Podalla,
Fiastra (MC); Azienda agricola Bioagriturismo Rambona, di Cuccagna Luigi e Renzo s.s., localit Rambona, Pollenza (MC); Azienda agricola Di Luca Federica, localit Vallato, San Ginesio (MC).
In generale, i suoli dei
siti sperimentali sono contraddistinti dalle seguenti
caratteristiche. Tessitura: fra
argillosi e tendenzialmente
argillosi, pur con diversa
presenza di scheletro. Ph:
leggermente alcalino. Calcare
attivo: fra elevato e molto
elevato. Sostanza organica: fra
Capriglia
Podalla
media ed elevata. Fosforo assimilabile: medio (Capriglia),
molto basso (Vallato), basso
(Podalla), molto elevato
(Rambona).
In pratica, il parametro di maggiore variabilit
quello del fosforo assimilabile, mentre tutti gli altri
Rambona
Vallato
si mantengono in un range
di valori abbastanza ristretto. A tal proposito deve essere ricordato che i terreni argillosi, grazie alla
loro elevata capacit di ritenzione idrica, si riscaldano con difficolt in primavera e di conseguenza
rendono pi difficile lassorbimento del fosforo da parte delle piante, anche se in realt la disponibilit di fosforo assimilabile nel terreno, dipende dalla quantit di calcare attivo presente, a causa del
ben noto fenomeno della insolubilizzazione provocato da questo sale.
Altro carattere con una notevole variabilit la presenza di scheletro, un aspetto strettamente
associato alla natura dei processi pedogenetici e tipico di una caratterizzazione del pedopaesaggio largamente rappresentato nella fascia del territorio maceratese dei substrati Marnoso-Calcarei tra i 450
e i 900 metri di altitudine. La presenza di scheletro fortemente collegata al grado di marginalit dei
terreni; infatti, allaumentare dello scheletro diminuisce la terra fine e quindi la capacit produttiva
del terreno, mentre possono aumentare le perdite di azoto e potassio, linsolubilizzazione del fosforo
29
e lossidazione della sostanza organica, per cui il tenore in humus risulta probabilmente inferiore a
quello normalmente riscontrabile in suoli aventi analoga composizione granulometrica della terra
fine. I terreni ricchi di scheletro sono in genere anche poco profondi e spesso fanno parte di quella
rete poderale di media e alta montagna, decisamente extra-marginali per le produzioni ordinarie,
attualmente occupati da prati permanenti fuori rotazione e in via di abbandono. La presenza di scheletro da considerare abbondante nel sito di Vallato, sensibile in quello di Podalla, irrilevante
negli altri casi.
Nella tabella 1 sono riportati sinteticamente gli elementi descrittivi dei siti sperimentali.
Tab. 3a
Tab. 3b
Tab. 3c
32
Tab. 3d
Per i siti al secondo anno di sperimentazione, la richiesta di fornitura di nuove piantine ha riguardato tutte le specie annuali (malva e cardo mariano), mentre per quelle biennali limitatamente alle
esigenze di ricostituzione delle parcelle diradate (tarassaco e valeriana).
Solamente per lanice verde, visto il comportamento negativo delle piantine in tutti i siti nel
corso dellannata 2004 (come verr illustrato in seguito), si ritenuto di ricorrere, nel 2005, alla
semina diretta manuale e meccanica.
Nella nuova sede di impianto, sita in localit Rambona, stato ripreso lo schema parcellare del
primo anno, mettendo a dimora le piantine delle specie annuali e biennali, tranne lanice verde dove
stato, per lappunto, effettuata la semina con seminatrice universale.
In questo caso i dati rilevati, pur riferendosi ad un solo anno di coltivazione, sono risultati utili
per mettere a confronto non solo un ambiente pedoclimatico compatibile con unagricoltura di tipo
intensivo e un ordinamento colturale orticolo specializzato, ma anche per valutare il comportamento
vegetativo e produttivo delle stesse specie annuali e di quelle biennali in coltivazione annuale.
34
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Tab. 4 - Scheda della banca dati relativa alla melissa (Campo di Capriglia)
39
Tab. 5 - Scheda della banca dati relativa al cardo mariano (Campo di Podalla)
Tab. 6 - Scheda della banca dati relativa al tarassaco (Campo di Rambona)
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Tab. 7
Schede sintetiche
dei risultati
produttivi
41
degli oli essenziali rispetto alla raccolta in estate. Lunica eccezione la possiamo notare per il campo
di Rambona (Pollenza) in cui la raccolta primaverile in entrambe le file 50 e 70 pi ricca in oli
essenziali di circa il 50% rispetto a quella estiva.
Analizzando la tabella 9 possiamo notare che la percentuale p/p dei diversi principi attivi cambia a seconda del periodo di raccolta della melissa. In particolare il citrale -, il citronellolo, il geraniolo e il citronellale aumentano nel secondo periodo di raccolta (estate) principalmente per quanto
riguarda il campo di Rambona (Podalla), mentre i principi attivi, in tutte le aree di raccolta, come il
cariofillene, il germacrene e il -cadinolo sono quantitativamente maggiori nel primo periodo (primavera) rispetto al secondo (estate).
Tab. 9 - Percentuale peso/peso dei principi attivi presenti negli oli essenziali nella melissa proveniente da diverse aree
di coltivazione, nei due periodi di raccolta.
42
43
delle piante, ma anche limportanza dellapplicazione di una corretta pratica agricola nella coltivazione
di queste particolari essenze, evidenziata, tra laltro, dalla criticit di alcuni aspetti agronomici riscontrati nelle diverse fasi di sviluppo delle piante.
In generale si pu dire che tutte le specie, tranne lanice verde, hanno dimostrato una buona
capacit di adattamento alle diverse condizioni pedoclimatiche, ma, nello specifico delle situazioni
testate, il comportamento vegetativo e la risposta produttiva, a parit di tecnica colturale adottata, si
sono manifestate in modo differenziato, coerentemente con le caratteristiche di marginalit pi o
meno spinta dei siti sperimentali.
Da questa valutazione va differenziato il dato relativo al campo di Rambona, dove le caratteristiche pedogentiche del substrato, le condizioni climatiche e quelle orografiche dellarea, permettono
di confrontare la produttivit delle piante officinali in un contesto prossimo ad una agricoltura di
tipo intensivo.
Confrontando le esigenze pedoclimatiche delle singole specie (Tab. 10) con le caratteristiche
pedoclimatiche dei terreni utilizzati nelle prove sperimentali, unitamente ai risultati di campo possibile effettuare alcune considerazioni generali.
Sulla malva, pur dimostrando una ampia capacit di adattamento ai diversi ambienti e una
discreta resistenza alle intemperie, stata osservata una certa sofferenza delle piante in condizioni di
forte aridit. Allo stesso modo, leccesso periodico di umidit dei terreni argillosi pu costituire un
problema importante, a causa dellinstaurarsi di un microclima favorevole allo sviluppo della ruggine
(Puccinia malvacaerum) sulle foglie. Tale malattia si manifesta con climi caldo-umidi, soprattutto verso
Attacco di ruggine su foglia di malva
44
la mancanza di un know-how diffuso e condiviso tra i diversi operatori del settore sulla migliore
tecnica colturale da utilizzare nella coltivazione delle piante officinali.
A proposito del materiale di propagazione, per le piante officinali notoria la scarsa disponibilit sul mercato di variet selezionate e certificate. Nel nostro caso il problema si evidenziato, in
particolare, sulla malva, in quanto a fronte di una esplicita richiesta di Malva sylvestris, in pratica nei
due anni di sperimentazione si dovuto lavorare quasi esclusivamente con Malva verticillata, il cui
comportamento vegetativo e produttivo molto diverso dalla prima. Infatti, mentre la M. sylvestris
diffusamente presente nei nostri ambienti anche allo stato spontaneo, la verticillata una specie esotica introdotta nel Vallese (Svizzera) per la coltivazione. Molto diffusa al nord, una specie spiccatamente biennale che va a fiore e muore rapidamente se sottoposta a basse temperature nella prima
fase di crescita.
Il secondo aspetto si riferisce, soprattutto, alle fasi di trapianto delle piantine e raccolta dei vari
prodotti (fiori, foglie, capolini e radici). Queste operazioni nel corso del biennio di sperimentazione
sono state effettuate a mano a causa della mancanza di attrezzatura e mezzi specifici, sia per lindisponibilit da parte delle aziende, sia per le difficolt di adattare quelli esistenti ed utilizzati per altre
colture da reddito, anche in ragione dellesiguit delle superfici coltivate.
Anche per quanto riguarda il controllo delle malerbe, solo raramente le aziende hanno fatto
ricorso allausilio di un mezzo meccanico lungo linterfila per agevolare il lavoro manuale sulla fila.
In questo modo, lattivit competitiva delle infestanti nei confronti delle specie officinali si dimostrata in alcune situazioni molto forte, in particolare per le specie da foglia, non solo ostacolando
Fase di ripulitura dalle infestanti
47
loperazione di taglio della coltura e la pulizia del prodotto raccolto, ma anche interferendo competitivamente sulla crescita e conseguentemente sulla qualit dellessenza.
Allo stesso modo, la difesa dagli attacchi parassitari nel campo delle officinali abbastanza difficoltosa, non solo per la quasi totale assenza di prodotti specifici, ma anche per la carenza di informazioni e sperimentazione nel settore. A questa situazione si fa fronte ricorrendo ai prodotti classici
ammessi dallallegato II del Reg. 2092/91 e s.m., in particolare rame e zolfo, ma soprattutto confidando sulla notoria rusticit delle piante officinali e sulla capacit di resistenza agli agenti biotici e
abiotici. Nel nostro caso, attacchi di oidio su tarassaco, afidi su cardo mariano, ruggine su malva e
septoria su melissa, sono stati contrastati solo parzialmente, con conseguente perdita di prodotto. In
concomitanza con le forti e persistenti nevicate del 2005, inoltre, sul tarassaco si sono dovuti registrare anche i danni di piccoli animali terricoli, in particolare di microti (arvicole), evidenziati dai fori
sul terreno e dalle tipiche gallerie, notoriamente pericolosi per le radici delle piante di questa specie.
Come intervento immediato e diretto si provveduto ad interrompere le gallerie create dai roditori
utilizzando un motocoltivatore o zappando manualmente.
Dal punto di vista agronomico emersa tutta limportanza della scelta del sito in relazione alle
possibili difficolt operative legate non solo alle caratteristiche pedologiche, ma anche al verificarsi
di eventi meteorologici spesso imprevisti o imprevedibili. Il problema particolarmente cogente
negli ambienti pedemontani e montani, a causa di pedoclimi spesso poco compatibili con alcune
delle pi importanti fasi del ciclo colturale delle piante. Cos, ad esempio, la preparazione del terreno
per la semina o trapianto delle piantine in primavera pu risultare difficoltoso in concomitanza di
inverni prolungati o stagioni molto piovose. In questi casi pu essere utile prevedere una aratura estiva
dei terreni, con eventuale letamazione, o una semplice rippatura, in modo che nella primavera successiva risulti sufficiente una lavorazione superficiale del terreno, anche in prossimit della semina o
trapianto.
Altro momento cruciale risultato quello della raccolta delle specie da radice, tarassaco e valeriana. Infatti, a causa dei ripetuti eventi meteorologici verificatisi per tutto il periodo autunnale, i
tempi, sia per quelle a ciclo annuale che per le biennali, si sono protratti ben oltre il periodo ottimale
indicato per queste piante. Come tutte le specie da radice, infatti, queste andrebbero estratte dal terreno al termine del loro ciclo colturale, nella fase di pieno riposo vegetativo, indicativamente tra ottobre e primi di novembre, corrispondente al periodo di massimo accumulo dei principi attivi utilizzabili in erboristeria e farmaceutica. Nel nostro caso, un certo anticipo delle precipitazioni nevose
autunnali, associate spesso a quelle piovose nei mesi di ottobre/novembre 2005, hanno reso impraticabili i terreni, obbligando la raccolta delle radici nei brevi periodi di tregua meteorologica e prolungando le operazioni fino a gennaio 2006. La raccolta normalmente viene coadiuvata da un mezzo
meccanico, tipo un piccolo assolcatore, il cui utilizzo, per, richiede terreni asciutti, per evitare dannosi compattamenti e ulteriori difficolt di pulitura delle radici. Nelle nostre condizioni operative,
per i motivi sopra descritti, si dovuti intervenire in tutti i campi esclusivamente a mano, utilizzando
una vanga e potendo liberare sul posto solo parzialmente le radici dal pane di terra. Di fronte a questa situazione va presa in considerazione la possibilit di anticipare la raccolta in periodi meteorologici pi favorevoli, cercando il giusto compromesso tra la perdita di prodotto in termini di contenuto
in principi attivi e la facilitazione nelle operazioni di escavazione e pulitura delle radici, con evidente
risparmio sui costi di produzione della coltura.
Sulla base dellesperienza acquisita nel corso del biennio di sperimentazione, possiamo dire che
i principali aspetti agronomici che andrebbero affrontati da chi si accinge ad iniziare la coltivazione
di piante officinali sono quelli brevemente riassunti nella tabella 11.
Nel corso dei due anni di coltivazione sono state effettuate altre osservazioni di tipo agronomico
sulle singole colture, che possono essere cos sinteticamente riassunte:
La melissa e la malva hanno confermato, in generale, la buona compatibilit ecologica ed agro48
Tab. 11 - Aspetti agronomici da considerare ai fini dellavvio della coltivazione di specie officinali.
nomica con le condizioni testate. Entrambe le colture hanno dimostrato un buon sviluppo vegetativo,
sia post-trapianto che dopo i diversi tagli, ma la risposta produttiva nel corso della stagione variata
per motivi che possono essere ascrivibili non solo allambiente di coltivazione, ma anche allapplicazione di una corretta tecnica colturale da parte delle singole aziende.
In particolare, va ribadita la necessit di tenere sotto controllo le erbe infestanti e va sottolineata
limportanza di uno o pi apporti irrigui, naturali o artificiali, subito dopo ogni raccolto, particolarmente utile per tutte le colture da sfalcio, allo scopo di favorirne il ricaccio.
Anche il taglio molto basso, sotto i dieci centimetri, pu andar bene su queste specie, in quanto in
questo modo il ricaccio viene favorito, ma nello stesso tempo aumenta la parte lignificata del raccolto.
Sulla melissa, allo scopo di escludere il pi possibile le foglie malate della parte basale delle piante,
il taglio potrebbe essere fatto pi in alto, intervenendo successivamente con un secondo sfalcio per
riportare gli steli ad una altezza adeguata dal terreno.
Per i tagli da tisana, inoltre, il secondo taglio, potrebbe essere leggermente anticipato rispetto al
tempo balsamico, in modo da evitare lattacco sia di Puccinia malvacerum (ruggine) sulla malva, favorito dal clima caldo-umido di fine stagione, sia di Septoria melissae (septoriosi) sulla melissa.
In ultima analisi, volendo rispettare il tempo balsamico, sono inevitabili trattamenti chimici con
prodotti rameici, scegliendo tra i p.a. autorizzati nel metodo di coltivazione biologico.
Qualora si volesse effettuare lestrazione dellolio essenziale di melissa, comunque da effettuare
con il secondo o terzo raccolto per dar modo alle piante di ricevere tutto il sole estivo, la septoriosi,
come altre malattie, va tenuta in debita considerazione dovendo aspettare la piena fioritura.
I sintomi di virosi riscontrati su alcune piante di melissa a fine stagione potrebbero rappresentare
un campanello dallarme per gli anni successivi.
Il cardo mariano, anche nel secondo anno di prove, ha confermato la propria compatibilit ecologica ed agronomica con le condizioni sperimentali, cos come peraltro rilevabile dalle fonti bibliografiche. Nel 2005, rispetto allanno precedente, non sono insorti particolari problemi fitosanitari, se
si escludono brevi e sporadici attacchi di afidi. Migliorando la tecnica colturale, inoltre, sia nella preparazione del terreno che nella tempestivit in fase di trapianto, non stato necessario intervenire
con la rincalzatura delle piantine. Alcuni problemi, invece, sono stati creati dalla forte scalarit di matu49
razione dei semi, con ripercussioni sulle quantit raccolte. Con questa coltura, nellottica di una produzione di pieno campo con lausilio di idonei mezzi di raccolta, diventa indispensabile scegliere un
periodo di maturazione intermedio per effettuare la mietitrebbiatura ed, eventualmente, completare
lessiccazione del prodotto in un secondo momento.
Da notare la facilit di ricrescita dei semi di cardo della stagione precedente. Fuori coltivazione,
in effetti, la specie viene considerata una infestante, con notevoli capacit di sviluppo vegetativo e di
colonizzazione dei terreni, oltre a manifestare una minore suscettibilit ad attacchi parassitari rispetto
alle parcelle coltivate.
Lanice verde, ritenuto di facile coltivazione se impiantato da seme ed inserito allinterno dei
normali avvicendamenti con tecniche ordinarie, nel corso del primo anno di sperimentazione ha
dato luogo ad un pessimo risultato con estese morie delle piantine poco tempo dopo il trapianto,
probabilmente dovuto al trasporto dal vivaio alle aziende e al successivo stress da trapianto subito
nella messa a dimora. Le piantine, inoltre, si sono dimostrate particolarmente suscettibili ai ritorni
di freddo.
Per ovviare alle problematiche del trapianto, nel 2005 si ricorsi alla semina diretta delle parcelle. Data la bassa germinabilit del seme, Il periodo migliore indicato in letteratura tra febbraiomarzo, per evitare il pi possibile rischi di competizione con le specie infestanti e di stress idrici
durante i mesi pi caldi del ciclo colturale.
Nel nostro caso, a causa delle forti nevicate di fine inverno, i terreni sono rimasti impraticabili
fino a primavera avanzata, cosicch le semine si sono protratte fino alla seconda decade di maggio,
compromettendo fin da subito la buona riuscita della coltura. Gli effetti della maggiore velocit di
accrescimento delle erbe infestanti, rispetto alle plantule di anice verde, infatti, si sono accentuate con
le semine tardive, in quanto aumentata la competizione interspecifica, non solo per lacqua e i
nutrienti, ma anche per gli spazi e la luce, rendendo difficile e inadeguato qualsiasi intervento di controllo delle infestanti. Questo problema, tra laltro, particolarmente evidente nei terreni condotti in
regime di agricoltura biologica, rispetto ai convenzionali, non potendo intervenire con diserbi chimici.
Dalla prova di coltivazione dellAnice verde, pertanto, non si sono ottenuti dati sufficienti e utili
per una valutazione della sua capacit di adattamento e produttiva nei vari siti sperimentali. Quello
che si pu dire che il trapianto dellanice verde va consigliato ed eseguito solo se i terreni si trovano
in ottime condizioni agronomiche sia dal punto di vista della fertilit che delle condizioni fisiche ed
idrologiche al momento del trapianto. Se si opta per la semina diretta (tecnica normalmente seguita)
bene non tardare loperazione, che va invece effettuata improrogabilmente, anche per i territori considerati, tra febbraio e marzo; in caso contrario preferibile ripiegare su altra coltura primaverileestiva. Il controllo delle infestanti per questa coltura deve essere particolarmente curato: in preimpianto, con apposite precessioni colturali e interventi meccanici sul terreno; durante la coltivazione,
con sarchiature interfila e, possibilmente, zappettature sulla fila, nel caso di superfici ridotte.
Anche il tarassaco ha confermato la propria compatibilit ecologica ed agronomica con le condizioni sperimentali ma, sia nel 2004 che nel 2005, si dimostrato particolarmente suscettibile allattacco di oidio. In tutti i siti sperimentali, tranne che nel campo di Rambona, dove i danni sono stati
pi contenuti e lapparato fogliare rimasto rigoglioso fino al momento dellespianto delle radici,
lapparato vegetativo, a causa di questa malattia, ha subito nel corso della stagione prima una essiccazione e, successivamente, ha emesso una nuova rosetta fogliare con larrivo delle prime piogge
tardo-estive. Tutto ci, chiaramente, a svantaggio dellapparato radicale.
Cosa fondamentale per questa come per tutte le specie da radice, la tessitura del terreno di coltivazione e il periodo di espianto delle radici. I terreni argillosi, pur favorendo laccumulo di mucillaggini, diventano particolarmente insidiosi nella fase di raccolta, soprattutto se in concomitanza con
eventi meteorologiche persistenti. I terreni bagnati, infatti, non solo sono difficili da praticare con i mezzi
meccanici, ma moltiplicano anche il tempo e la manodopera necessaria per la pulitura delle radici.
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ribile a quella delle comuni aziende orticole e, in particolare, quelle che servono alla preparazione del
terreno (trattrice, aratro, erpice), allesecuzione delle operazioni colturali (seminatrici, trapiantatrici),
al controllo delle infestanti (zappatrici, sarchiatrici multiple, motocoltivatori per la lavorazione interfila), il cui numero e la cui potenza dipender dallindirizzo produttivo e dalla dimensione aziendale.
I macchinari, invece, per la raccolta e/o trasformazione delle piante officinali (separatrici
foglie/fusti, trance per taglio tisana ecc.) sono nella maggioranza dei casi di produzione straniera e
quindi molto costosi e non sempre facili da procurare. Una soluzione per ovviare agli alti costi quella
di modificare o da soli o con laiuto di meccanici specializzati, macchine agricole destinate ad altre
piante o alla lavorazione di altri prodotti. Come si pu notare da quanto detto finora, la coltivazione
delle piante officinali richiede un investimento in macchinari pi elevato rispetto alle colture tradizionali perch rispetto a queste ultime necessario un grado di trasformazione pi o meno spinto.
Ancora una volta risulta dunque fondamentale, per la coltivazione delle specie officinali, unattenta
pianificazione aziendale e tecnico-agronomica senza la quale il rischio di perdite economiche estremamente elevato.
Nella tabella 12 si riportano, in breve, i principali aspetti colturali che richiedono una particolare
attenzione da parte dei coltivatori, unitamente ad una valutazione sintetica delle necessit in termini
di manodopera ed attrezzature aziendali.
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Tab. 13 - Valori medi di produttivit riportati in letteratura: * Schede colturali redatte dallISAFA (Istituto
Sperimentale per lAssestamento Forestale e per lAlpicoltura) di Villazzano -Trento; ** Coltivazione delle piante medicinali e aromatiche Patron editore (1986); *** Dati medi forniti da tecnici del settore e produttori di piante officinali.
DENSIT DI IMPIANTO E RAFFRONTO DELLE PRODUTTIVIT
Dalle prove effettuate si deduce che uninterfila di 70 cm sicuramente la distanza migliore per
agevolare lutilizzo di un mezzo meccanico (zappatrice rotativa, sarchiatrice), soprattutto nelle situazioni di terreni grossolani e ricchi di scheletro, e in presenza di colture con sviluppo cespitoso o che
tendono ad occupare parte dellinterfila con il proprio apparato vegetativo.
Queste facilitazioni divengono di fondamentale importanza in regime colturale biologico, dove
il divieto allimpiego di prodotti chimici di sintesi obbliga lagricoltore ad utilizzare mezzi e strumenti
a basso impatto ambientale, con un notevole impiego di manodopera. Tuttavia in quasi tutte le parcelle sperimentali la produttivit maggiore si registrata con linterfila di 50 cm.
Nellottica di un conto colturale dunque di fondamentale importanza la determinazione della
pi appropriata distanza tra le file valutando sia la necessit di meccanizzare il pi possibile le operazioni colturali di diserbo sia quella di massimizzare le produzioni.
In effetti, nel corso del biennio di sperimentazione, quello delle infestanti risultato il principale costo colturale, oltre ad essere il lavoro pi impegnativo, anche per la mancanza di una adeguata
attrezzatura da parte delle aziende.
Con riferimento agli esiti colturali (Tab. 7), per quanto riguarda la melissa, le produzioni registrate nel corso della sperimentazione, espresse come chilogrammi di prodotto essiccato su 100 metri
quadri di superficie, variano dal minimo di 2,31 kg di Podalla al massimo di 14,75 kg di Capriglia
nel 2004. Le produttivit riferite al secondo anno, considerate in termini di prodotto utile raccolto ed
essiccato, vanno dai 20,4 kg/100 m2 di Podalla sulla parcella 70x20 ai 41,6 kg/100 m2 di Rambona, con
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quantitativi maggiori nelle parcelle a maggior fittezza in tre campi su quattro. I risultati ottenuti appaiono leggermente superiori alla media dei dati di riferimento pari a 20-25 kg/100 m2 e per quanto
riguarda Rambona (al primo anno di esercizio) dimostrano come una tecnica specializzata e buone
condizioni pedo-climatiche possono dare risultati eccellenti sin dal primo anno.
Per la malva, la valutazione dei risultati deve tener conto del notevole effetto depressivo conseguente alla presenza di una variet non desiderata, sia nel primo che nel secondo anno di coltivazione.
Le produzioni, sempre espresse in kg di foglie essiccate, vanno dal minimo di 1,15 kg/100 m2 ottenuti a Vallato nel 2005 (parcella 70x20) al massimo di 18,75 kg/100 m2 di Rambona al primo taglio
2005 (parcella 50x20). Le produttivit nel secondo anno sono oscillate tra 9,1 kg/100 m2 di Podalla
(un solo taglio) e 40,8 kg/100 m2 di Rambona (parcella 50x20), dove peraltro sono stati effettuati tre
tagli nel corso della stagione. Al confronto con la media dei dati di riferimento (28-38 Kg/100 m2),
nel sito di Rambona si sono registrati risultati in linea con le migliori performance bibliografiche;
accettabile la produzione ottenuta a Capriglia con due tagli, bench inferiore alle medie bibliografiche,
mentre decisamente bassa quella registrata a Podalla e Vallato, dove si potuto realizzare un solo
taglio. Anche per la malva, i quantitativi maggiori si sono avuti nelle parcelle a maggior fittezza.
Con il cardo, la maggiore produzione stata ottenuta a Capriglia nel 2004 sulla parcella 50x20
con un valore di 9,57 kg/100 m2 di seme essiccato, contro i 6,68 kg/100 m2 ottenuti a Podalla, mentre nel secondo anno si sono registrati circa 4,5 kg/100 m2 in entrambi i siti; decisamente inferiori le
produzioni negli altri campi. Evidente la prevalenza dei siti localizzati nei pedoclimi del piano collinare ed alto collinare con buona esposizione, dove le produzioni si sono collocate in prossimit dei
dati di confronto. Bisogna peraltro considerare le perdite di prodotto per disseminazione spontanea,
conseguenti allestrema scalarit di maturazione, fattore critico per questa coltura. Comunque, quando
la raccolta stata eseguita correttamente (Capriglia e Podalla 2004) le produzioni risultano ricadere
nella media bibliografica (8-12 kg/100 m2).
Per il tarassaco va rilevato che i dati di confronto fanno riferimento al ciclo con semina primaverile e raccolta della radice autunnale, e comunque presentano valori decisamente diversi a seconda
della fonte, per cui risulta difficile esprimere una valutazione. La coltura in ciclo annuale stata effettuata a Capriglia e Rambona, registrando livelli di produzione tra loro neanche paragonabili, infatti nel
primo caso si sono ottenuti circa 12 kg/100 m2 di radici, mentre nel secondo pi di 39 kg/100 m2,
testimoniando levidente predilezione del suolo alluvionale, profondo e soffice nel caso di una coltura
a sviluppo ipogeo. In effetti, il dato peggiore si registrato a Vallato (8,7 e 4,2 kg/100 m2) ovvero
nel terreno con maggior scheletro. La differenza tra la quantit di prodotto in ciclo biennale e quella in
ciclo annuale, registrata nel campo di Capriglia, non sembra giustificare economicamente la pi
lunga occupazione di suolo.
La valeriana in ciclo annuale stata testata a Rambona, Vallato e Capriglia. Escludendo questultimo dalla valutazione, in considerazione dei forti danni da eventi meteorici in fase di post trapianto, essa ha dato un risultato in linea con i valori di confronto a Rambona (21,25 kg/100 m2 di
radici essiccate); decisamente pi bassa la produzione a Vallato (12,5 e 11,7 kg/100 m2), dove la forte
presenza di scheletro e le condizioni fisiche del terreno non hanno favorito laccrescimento dellapparato radicale ed hanno determinato cospicue perdite di prodotto in corso di raccolta. In ciclo biennale, il valore della produzione ottenuta a Vallato risultato pari a circa la met del valore minimo
nel range di confronto (12,6 kg/100 m2 contro 25-35 kg/100 m2), registrando una performance decisamente modesta, perfettamente giustificata dalla forte quota di fallanze. A Podalla si ottenuta,
invece, una produzione assolutamente straordinaria e superiore al doppio di quella ipotizzabile sulla
base dei dati di confronto (81,6 kg/100 m2 contro 25/35 kg/100 m2) a testimonianza del pieno investimento della coltura e comunque di una chiara predilezione per il locale pedoclima, caratterizzato
dallassenza di aridit estiva e da suoli ben drenati.
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SCHEDE AGRONOMICHE
Quanto fin qui riportato sugli elementi di criticit riscontrati e sui possibili fattori correttivi viene
sintetizzato, per motivi di maggior chiarezza, nella tabella 14 mentre di seguito viene proposta, per
ogni specie trattata, una scheda agronomica frutto sia delle esperienze maturate nel biennio di sperimentazione che del loro confronto con i dati disponibili in letteratura.
Tab. 14 - Quadro riassuntivo degli elementi di criticit e dei fattori correttivi
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ANICE VERDE
(Pimpinella anisum L.)
Terreno e ambiente
Pu essere coltivato in zone collinari/pedemontane (fino a 500/600
metri), con clima fresco, ma con
assenza di gelate tardive; preferisce
terreni profondi, freschi, sciolti e permeabili, ben esposti e ricchi di s.o. e
calcare. Tollera male i terreni argillosi e lombreggiamento.
Operazioni colturali allimpianto
Il terreno deve essere ben lavorato nellestate precedente, incorporando abbondante stallatico, in modo che durante linverno subisca lazione disgregante dei geli; in primavera vanno eseguite accuratamente lavorazioni secondarie
di affinamento per la semina diretta.
Tecniche di moltiplicazione
Limpianto viene eseguito per semina diretta senza particolari problemi nel mese di febbraiomarzo. Lemergenza avviene dopo circa 30 gg, ma lo sviluppo vegetativo prosegue molto rapidamente
dopo lemissione delle prime foglie. Se possibile utilizzare i semi pi grossi, in quanto dotati di maggiore energia germinativa.
Sesti dimpianto
Le distanze tra le file variano, secondo i diversi autori, da 50-70 cm e circa 10 cm sulla fila, con
un obiettivo di 14-20 piante/m2. Per la semina pu essere utilizzata una seminatrice da frumento e
una quantit di seme da 15 a 25 kg/ha. possibile anche una semina pi fitta, con circa 40 kg/ha di
seme e successivo diradamento, in quanto il contenuto in olio decresce con la fittezza, senza aumento
ponderale del prodotto raccolto.
Concimazione
Prima di definire il piano di concimazione, sarebbe utile conoscere il grado di fertilit del terreno.
Indicativamente, sulla base di esperienze di coltivazione, la pianta necessit di 50 Kg/ha di N; 40
Kg/ha di P e 70 Kg/ha di K. Concimazioni azotate eccessive provocano allettamento della coltura.
Lanice si avvantaggia della ricchezza di calcio nel terreno.
Cure colturali
Per la scarsa capacit competitiva dellanice, vanno evitati come precessione colturale terreni ricchi di infestanti. Il controllo delle infestanti indispensabile almeno fino alla chiusura dellinterfila.
Le irrigazione non danneggiano la resa in olio essenziale, esse sono utili, soprattutto nei periodi di
pre e post-fioritura.
Epoca e modalit di raccolta
La raccolta si effettua in agosto, quando le ombrelle non sono del tutto secche ed iniziano a avere
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una colorazione scura. La raccolta manuale garantisce un prodotto di qualit superiore, ma con costi
decisamente superiori ed comunque praticabile su piccole superfici. Oggi si ricorre alle comuni sgusciatrici per semi minuti opportunamente regolate, mentre su ampie superfici si utilizzano mietitrebbie appositamente adattate, in quanto il frutto dellanice verde ha un tegumento che si deteriora assai
facilmente; lanice verde decorticato perde molto del suo valore.
Avversit
Le principali malattie sono la septoriosi delle foglie e phoma del fiore.
Resa
La produzione (frutto), riferita a 100 m2, variabile dai 6 ai 12 kg di prodotto lavorato. Il parametro qualitativo lolio essenziale che deve essere presente in misura non inferiore al 2%, con componente ottimale di anetolo dell80%.
In tabella 15 sono sintetizzate le peculiarit pedoclimatiche e lepoca di semina, trapianto e raccolta.
CARDO MARIANO
(Silybum marianum (L.) Gaertn.)
Terreno e ambiente
Originario dellarea mediterranea, lo si trova allo stato spontaneo
nellItalia centrale e meridionale. Si
adatta un po a tutte le condizioni
anche se preferisce ambienti secchi
e caldi, con terreni asciutti e ben
esposti al sole pieno; cresce bene in
terreni vulcanici o con limo e sabbia.
Operazioni colturali allimpianto
Il terreno va preparato in
autunno arando ad una profondit di 40-45 cm; in primavera vanno eseguite accuratamente lavorazioni secondarie di affinamento per la semina diretta.
Tecniche di moltiplicazione
Limpianto viene eseguito per semina diretta senza particolari problemi nel mese di aprile. Data
la notevole scalarit di maturazione dei frutti, per, sembra che, allo scopo di contenerla, sia preferibile una semina autunnale.
Sesti dimpianto
Diverse fonti bibliografiche indicano distanze tra le file di 70-80 cm con un obiettivo di 5-7 piante /m2.
Anche sulla base della nostra esperienza possiamo confermare che il sesto dimpianto consigliabile
il 70 x 20, che corrisponde a una densit dimpianto di 7 piante/m2. La quantit di seme di 10-18
Kg/ha, da mescolare con materiale inerte, utilizzando una seminatrice da frumento.
Concimazione
Pianta che non richiede particolari interventi, ma su cui non esistono neanche prove sperimentali accurate sullargomento. Resta sempre una buona norma quella di conoscere il grado di fertilit
del terreno prima di definire il piano di concimazione. Indicativamente, sulla base di esperienze di
coltivazione, la pianta necessit di 120 Kg/ha di N; 100 Kg/ha di P e 75 Kg/ha di K.
Cure colturali
Solitamente il cardo non teme la competizione con altre piante, ma, almeno fino alla chiusura
dellinterfila, bene effettuare alcune sarchiature di contenimento delle possibili infestanti. Anche
lirrigazione non necessaria di norma, a meno che limpianto non derivi da piantine trapiantate, in
questo caso uno o due interventi irrigui a seconda del decorso stagionale indispensabile fino al
pieno affrancamento delle piante.
Epoca e modalit di raccolta
La raccolta si effettua tra luglio e agosto, quando i capolini cominciano ad aprirsi e i frutti assumono un colore nero uniforme. La raccolta pu essere eseguita a mano in modo scalare, oppure con
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una mietitrebbiatrice o aspiratore quando le piante sono sufficientemente disidratate affinch le macchine possano lavorare correttamente.
Avversit
Le principali malattie sono loidio sulle foglie e la muffa grigia sui capolini. Il cardo mariano,
come tutte le specie della stessa famiglia, abbastanza suscettibile allattacco di afidi. Per evitare
muffe e afidi le concimazioni azotate vanno limitate. Allapertura dei capolini possono essere dannosi
gli uccelli.
Resa
Una buona coltura di cardo mariano pu fornire mediamente dagli 8 ai 12 kg di semi essiccati.
Le produzioni sono riferite a 100 m2. Il principio attivo pi importante la silimarina, il cui contenuto pu oscillare tra 1-1,5%.
In tabella 16 sono sintetizzate le peculiarit pedoclimatiche e lepoca di semina, trapianto e raccolta.
MALVA
(Malva sylvestris L.)
Terreno e ambiente
Pu essere coltivata in zone collinari/montane fino a 1000 metri; si
adatta a quasi tutti i terreni; specie
relativamente ubiquitaria. Essendo
dotata di un apparato radicale profondo, preferisce quelli leggeri, freschi, profondi e ricchi in sostanza
organica; teme i terreni eccessivamente compatti, anche se una buona
presenza di argilla influisce sul contenuto di mucillagini. Cresce bene nelle
esposizioni calde, riparate ed areate.
Operazioni colturali allimpianto
Il terreno va preparato in autunno arando ad una profondit di 40-45 cm; auspicabile, laddove
sia possibile, una concimazione di fondo con circa 500 ql/ha di letame; in primavera vanno eseguite
lavorazioni secondarie di affinamento, in modo accurato se limpianto avviene con semina diretta.
Tecniche di moltiplicazione
Limpianto pu essere eseguito sia per trapianto di giovani piantine, provenienti da un semenzaio
riscaldato seminato alla fine dellinverno, sia per semina diretta (10-15 kg/ha di seme con seminatrice
di precisione) nei climi pi caldi. Il trapianto si esegue a maggio, la semina diretta in primavera.
Sesti dimpianto
Diverse fonti bibliografiche indicano distanze tra le file di 50-60 cm e 30-35 cm sulla fila. Dai
risultati della nostra esperienza il sesto dimpianto consigliabile il 70 x 20, con lobiettivo di 7 piante/m2.
Concimazione
una pianta molto rustica e poco esigente dal punto di vista nutrizionale ma che risponde bene
alle concimazioni, soprattutto quelle organiche di fondo. bene non eccedere nelle concimazioni
azotate poich si possono ottenere foglie e fiori troppo sviluppati che essiccano difficilmente, dando
un prodotto con caratteristiche scadenti, anche se in maggiore quantit. buona norma conoscere
il grado di fertilit del terreno prima di definire il piano di concimazione. Indicativamente la pianta
necessit di 120 Kg/ha di N; 90 Kg/ha di P e 120 Kg/ha di K.
Cure colturali
Controllo assiduo delle infestanti attraverso sarchiature, almeno fino alla chiusura dellinterfila.
La malva richiede una buona disponibilit idrica dopo la semina o il trapianto, dopo ogni taglio per
favorire il ricaccio e irrigazioni di soccorso in caso siccit; con una buona irrigazione si possono effettuare tagli anche ogni 15-20 giorni.
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MELISSA
(Melissa officinalis L.)
Terreno e ambiente
Pu essere coltivata in zone collinari/montane (fino a 900/1000 m);
essendo pianta ombrofila e igrofila,
dovrebbe essere coltivata in luoghi
umidi e in suoli freschi, profondi e
permeabili, senza ristagni. Preferisce
terreni fertili. Data la sua sensibilit
ai freddi intensi, consigliabile scegliere le esposizioni pi favorevoli.
Operazioni colturali allimpianto
Il terreno va preparato in autunno arando ad una profondit di 40-45 cm; auspicabile, laddove
sia possibile, una concimazione di fondo con circa 30 t/ha di letame; in primavera vanno eseguite
lavorazioni secondarie di affinamento.
Tecniche di moltiplicazione
Di norma la semina diretta sconsigliata data la bassa germinabilit del seme. Generalmente si
ricorre al trapianto di piantine provenienti da un semenzaio riscaldato seminato alla fine dellinverno.
La melissa pu anche essere propagata, durante il periodo di riposo vegetativo (ottobre-novembre),
per talea di rizoma o per divisione del cespo, da consigliare, per, solo per piccole superfici.
Sesti dimpianto
Diverse fonti bibliografiche indicano distanze tra le file di 60-70 cm e 25-30 cm sulla fila. Dai
risultati della nostra esperienza il sesto dimpianto consigliabile il 70 x 25, con lobiettivo di 5,5
piante/m2 .
Concimazione
Pianta rustica che produce bene se concimata. buona norma conoscere il grado di fertilit del
terreno prima di definire il piano di concimazione. Indicativamente la pianta necessit di 70 Kg/ha
di N; 70 Kg/ha di P e 100 Kg/ha di K.
Cure colturali
Controllo assiduo delle infestanti nei primi stadi successivi al trapianto. Le piante, infatti, grazie
alla crescita veloce e al notevole rigoglio vegetativo, tendono a coprire rapidamente linterfila.
Rincalzatura delle piantine allinizio dellinverno nei climi freddi. La melissa ha forti esigenze idriche,
soprattutto nella fase di post-trapianto; dopo ogni taglio utile una sarchiatura e indispensabile una
irrigazione per favorire il ricaccio.
Epoca e modalit di raccolta
Una buona coltivazione pu consentire due o tre sfalci di prodotto dal secondo anno (nellanno
di impianto uno solo alla fioritura); di norma se ne esegue uno in giugno (in prefioritura per tagli
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da tisana) e laltro a settembre (in piena fioritura per lestrazione degli olii). Con una buona disponibilit idrica si possono effettuare anche quattro raccolti. Laltezza del taglio deve essere di 10-15 cm
da terra e pu essere effettuato a mano o con una falciatrice. Raccogliere sempre prima che la pianta
diventi troppo alta e legnosa e, di regola, prima che avvenga il disseccamento delle foglie basali.
Avversit
Le principali avversit sono a carico delle foglie, in particolare ruggine, oidio, septoriosi, cicaline.
Resa
Dal secondo anno la produzione riferita a 100 m2 di 240-300 kg di prodotto fresco, corrispondenti a circa 45-55 kg di foglie essiccate; la resa in olio dello 0,1-0,3%, di cui lacido rosmarinico
rappresenta il componente principale. Per la distillazione migliore il secondo o terzo raccolto, evitando di portare alla distillazione un prodotto troppo lignificato; laltitudine favorisce la concentrazione degli olii.
In tabella 18 sono sintetizzate le peculiarit pedoclimatiche e lepoca di semina, trapianto e raccolta.
TARASSACO
(Taraxacum officinale Weber)
Terreno e ambiente
una pianta che dispone di
una grande capacit di adattamento
alle pi diverse condizioni; prospera
nei suoli da umidi a secchi, purch
profondi e ricchi di elementi fertilizzanti, non troppo argillosi, leggeri e
non acidi. La sua presenza indica che
il terreno che la ospita ricco di calcio.
I terreni sciolti sono favorevoli per
la pulitura delle radici.
Operazioni colturali allimpianto
Il terreno va preparato in autunno arando ad una profondit di 40-45 cm; in primavera vanno
eseguite lavorazioni secondarie di affinamento, compresa una rullatura sia prima che dopo la semina.
Essendo pianta nitrofila si avvantaggia di somministrazioni abbondanti di letame maturo (20-30 t/ha).
Tecniche di moltiplicazione
Limpianto viene eseguito per semina diretta senza particolari problemi nel mese di marzo-aprile.
La quantit necessaria di seme di 5-6 Kg/ha, utilizzando una seminatrice di precisione, 15-25 Kg
con seminatrice da foraggere. La germinazione abbastanza pronta. Meno indicato il trapianto primaverile o autunnale delle piantine per i maggiori costi rispetto alla semina, che avviene, tra laltro,
con buone probabilit di successo.
Sesti dimpianto
Le distanze tra le file variano, secondo i diversi autori, da 45 a 75 cm e circa 10 cm sulla fila,
con lobiettivo di ottenere 12-22 piante/m2. Sulla base della nostra esperienza il sesto dimpianto consigliabile il 70 x 10, che corrisponde a una densit dimpianto di 14 piante/m2 .
Concimazione
Prima di definire il piano di concimazione, sarebbe utile conoscere il grado di fertilit del terreno.
Il tarassaco una tipica pianta nitrofila. Indicativamente, sulla base di esperienze di coltivazione, la
pianta necessit di 100 Kg/ha di N; 90 Kg/ha di P e 150 Kg/ha di K.
Cure colturali
La pianta assai rustica e non richiedere particolari cure colturali. Solo la gestione delle infestanti
deve essere abbastanza pronta e attenta, soprattutto nelle fasi successive alla semina. Con le irrigazioni si interviene nei periodi di maggiore siccit.
Epoca e modalit di raccolta
La raccolta si effettua alla fine del primo anno, al momento del riposo vegetativo (ottobrenovembre) nel caso di una semina primaverile. Con trapianto di piantine autunnale la raccolta avviene
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in autunno del secondo anno (anno prolungato). Lescavazione viene fatta a mano o con scavatuberi.
Lepoca di raccolta va commisurata alla praticabilit dei terreni nel periodo autunnale ed, eventualmente, va anticipata.
Avversit
La principale malattia loidio a carico delle foglie, con la tipica formazione di una patina biancastra (oidio). A volte possono verificarsi attacchi di ruggine. In entrambi i casi una primavera fredda
e piovosa una condizione favorevole allo sviluppo di questi miceti. Terreni argillosi e ristagnanti possono favorire linsorgere di marciumi radicali da rizottonia.
Resa
Del tarassaco si utilizzano soprattutto le radici. La produzione, riferita a 100 m2, variabile da
15 a 31 kg, ma pi verosimilmente, secondo lesperienza diretta di coltivatori, da 8 a 20 kg di prodotto lavorato. Il contenuto in mucillaggini molto importante per uso erboristico. Le foglie verdi
sono commestibili come verdura.
In tabella 19 sono sintetizzate le peculiarit pedoclimatiche e lepoca di semina, trapianto e raccolta.
VALERIANA
(Valeriana officinalis L.)
Terreno e ambiente
Pu essere coltivata in zone collinari e di bassa montagna; preferisce terreni profondi e permeabili,
privi di sassi, liberi da malerbe, fertili, freschi, meglio se sciolti e dove
lacqua non ristagni. Su terreni freschi e fertili sviluppa molto ma con
poco odore, su terreni pi asciutti o
ad altitudini maggiori la pianta sviluppa meno ma lodore pi intenso.
Sopporta anche climi molto freddi.
Operazioni colturali allimpianto
La lavorazione del terreno deve essere effettuata accuratamente, ma non troppo profondamente
(30-35 cm), interrando abbondante stallatico, che viene ben valorizzato da questa specie. Il terreno
va preparato in autunno, in primavera vanno eseguite lavorazioni secondarie di affinamento, con
particolare cura per la semina diretta.
Tecniche di moltiplicazione
Si propaga per seme o per via vegetativa. Limpianto per semina diretta si esegue in primavera
o in autunno con 6-8 kg/ha di seme con seminatrice di precisione. Lesperienza, per, consiglia il
ricorso alle piantine di un semenzaio, seminato a fine luglio, per avere piantine da trapiantare dopo
circa 3 settimane a fine estate. Per via vegetativa si pu propagare in autunno tramite frammenti di
rizoma o per piante ottenute dalla divisione dei cespi di piante madri aventi 2 anni.
Sesti dimpianto
Le distanze tra le file variano, secondo i diversi autori, da 60 a 80 cm e 30-40 cm sulla fila, con
lobiettivo di ottenere 5-7 piante/m2. Sulla base della nostra esperienza il sesto dimpianto consigliabile il 70 x 35, che corrisponde a una densit dimpianto di 4 piante/m2.
Concimazione
Prima di definire il piano di concimazione, sarebbe utile conoscere il grado di fertilit del terreno.
La valeriana, come quasi tutte le piante da radici, una specie potassofila. Indicativamente, sulla
base di esperienze di coltivazione, la pianta necessit di 100 Kg/ha di N; 50 Kg/ha di P e 150 Kg/ha di K.
Cure colturali
La gestione delle infestanti deve essere abbastanza pronta e attenta, soprattutto nelle fasi successive alla semina. La valeriana tollera male prolungati periodi di siccit, per cui importante poter
intervenire con irrigazioni di soccorso. Altro aspetto di rilievo la cimatura delle infiorescenze in primavera, a partire dal mese di giugno in modo scalare, per favorire lingrossamento dei rizomi e laccumulo di principi attivi.
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del Laudano. In antichit era molto usato a fini cosmetici: cos a Creta labbra e capezzoli venivano
tinti di rosso aranciato per aumentare il potere di seduzione femminile, Cleopatra ne faceva largo uso
in forma di profumi. A Roma era un vero e proprio status symbol, nelle domus pi ricche i commensali sedevano su cuscini riempiti di petali di zafferano, polvere di zafferano cadeva sui convitati
che sorseggiavano vino mescolato a stimmi di zafferano. I pi raffinati, come lImperatore Marco
Aurelio, facevano il bagno solo in acqua profumata di zafferano. Lutilizzo culinario si afferm con il
nascere della borghesia. Lo speziare le pietanze era un modo di ostentare la ricchezza da parte del
padrone di casa. Ma anche per i produttori e per i mercanti lo zafferano era una ricchezza loro vermiglio, che veniva messo via e venduto solo in casi di necessit o quando il prezzo di mercato era
pi favorevole. Esistono ricettari del XVII secolo che riportano ricette per la preparazione di inchiostri e colori gialli o dorati a base di zafferano, oltre a ricette che ne prevedono lutilizzo per colorare
tessuti in modo naturale; del resto anche i Romani lo utilizzavano per tingere le vesti nuziali e le toghe
dei magistrati.
Strettamente legata alla storia dello zafferano, la storia delle contraffazioni; lalto costo dello
zafferano ha portato infatti a vari tentativi di contraffazione che risulta piuttosto semplice da effettuare soprattutto nel prodotto in polvere in cui vengono aggiunti fiori di Carathamus tinctorius, ligule
di Calundula officinalis, stimmi di Crocus vernus, antere dello zafferano stesso, ma si pu arrivare anche
ad aggiungere zafferano esausto o polvere di gesso.
Sicuramente luso pi conosciuto di questa spezia quello nella ricetta del risotto alla milanese;
tuttavia si apprezzano moltissimo le qualit organolettiche dello zafferano anche in piatti a base di
pesce, nelle zuppe di legumi, o nelle salse che possono accompagnare carni bianche. Oltre che nella
nostra cucina, lo zafferano trova impiego nella preparazione della Bouillabaisse francese e della
Paella spagnola.
Campo di zafferano allinizio della fioritura
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72
bulbi entro una percentuale accettabile, anche in presenza di terreni argillosi. Sulla presenza delle
arvicole, invece, si pu agire adottando ampie rotazioni dei terreni, ma in generale il decorso della
stagione invernale a determinarne lentit dei danni, soprattutto in relazione alla durata del periodo
di copertura nevosa.
Sul piano produttivo i dati ottenuti, seppur raffrontabili con i dati di altre zone storiche di produzione dello zafferano (Altopiano di Navelli e Cascia), non sono ancora sufficienti per poter definire
uno standard agronomico specifico per larea di coltivazione interessata dal progetto.
In generale, per, possiamo dire che nelle due diverse condizioni altitudinali e pedologiche, il
comportamento vegetativo della coltura stato abbastanza regolare, dimostrando un buon adattamento ai due ambienti di coltivazione.
Come sesto di impianto si utilizzato quello generalmente consigliato per la coltura, che prevede
la costituzione di aiuole a file binate (ma anche a tre o quattro file) con interfila di 30 cm e distanza
dei bulbi sulla fila di 1 cm.
La superficie interessata dai singoli campi prova stata mediamente di 20 m2, ognuno dei quali
costituito da quattro aiuole a file binate.
I risultati produttivi relativi al numero di fiori raccolti e alle quantit di prodotto commerciabile e
di bulbi espiantati a fine ciclo, sono riportati in tabella 21.
Sia nel caso del prodotto commerciale ottenuto che in riferimento ai bulbi raccolti al termine del
ciclo colturale, il dato sperimentale estremamente lusinghiero ed in linea con le produzioni di
Navelli (AQ) e Cascia (PG).
Attualmente la sperimentazione di questa specie prosegue con lattivazione di altre sei aree sperimentali che saranno in grado di definire quanto meno le tecniche colturali pi idonee al territorio
maceratese, con conseguente avvio di una produzione locale, estremamente auspicabile vista la resa
economica del prodotto, che oscilla tra 6 e 12 /grammo con punte anche pi elevate per prodotti
certificati e ben confezionati.
Tab. 21 - Sintesi dei primi risultati ottenuti nella coltivazione dello zafferano
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PROBLEMATICHE COMMERCIALI
E IPOTESI DI FILIERA PER LE OFFICINALI
PROBLEMI E OPPORTUNIT
La coltivazione di piante non alimentari destinate allimpiego come complementi dellalimentazione e della salute pu essere unattivit remunerativa purch si rispettino alcuni criteri di impostazione dellimpresa che tengano in minor conto la logica di massima quantit al prezzo pi basso. Pi
importante invece la corretta individuazione del segmento di mercato e il prodotto finito cui si mira
al di l della fase prettamente agricola. Al pari importante la connessione con una fase post-raccolta
necessariamente evoluta sia in senso tecnologico che scientifico in cui il prodotto agricolo diventa
materia prima eletta. Le piante officinali sono in definitiva dei natural product carriers e pertanto sul
natural product che occorre focalizzare la tecnica colturale e le attivit di post-raccolta, condizionamento
e trasformazione del materiale vegetale grezzo.
Fermo restando quanto detto per laspetto meramente agronomico, dellattivit di produzione
fondamentale individuare preventivamente sul mercato quali piante siano effettivamente le pi
richieste e fra queste quelle che meglio si adattino al sistema agricolo vigente. Questo inteso come
lordinaria organizzazione produttiva dellazienda agricola tipo, in modo tale da non sconvolgere
completamente lassetto di mezzi e competenze dellimprenditore.
necessario, inoltre, approfondire come i prodotti di campo possono essere valorizzati, in un
sistema di operazioni di post-raccolta, trasformazione e commercializzazione. In particolare verranno
presi in considerazione alcuni aspetti utili per cercare di trarre le conclusioni di questa valutazione.
Lo standard agronomico di riferimento (ovvero la tecnica colturale pi efficiente in termini di rapporto
costi/risultati).
Le operazioni di post-raccolta quale elemento necessario allottenimento di un prodotto commerciabile e compatibile con il formato mercantile.
Gli utilizzi principali del prodotto finito e dei suoi derivati onde ricavare un indizio sulla tipologia,
sulla qualit di prodotto finito ottenibile e sulla tecnologia, che deve essere connessa a tale prodotto
per poter arrivare sul mercato.
Le prospettive di mercato sono lattuale situazione (con una panoramica di prezzo) e gli sviluppi futuri,
se presenti, per un tale prodotto. tali informazioni sono valide per un tempo molto breve a causa dellenorme volatilit del mercato stesso.
I plus di prodotto sono le positivit che ragionevolmente possono essere conseguite per garantire
una migliore qualificazione del prodotto e una maggior penetrazione nel mercato.
VALUTAZIONE MERCEOLOGICA DELLE SPECIE SPERIMENTATE
Pimpinella anisum L. (anice verde). Talora lanice necessita di essiccazione. La pulitura dei frutti in
tarar pu portare ad un prodotto pulito pronto confezionamento. La distillazione dellanice viene
fatta in corrente di vapore sul frutto intero o meglio cilindrato. Il parametro qualitativo lolio essenziale che deve essere presente in misura non inferiore al 2%, con componente ottimale di anetolo
dell80%. Fra le piante officinali i prodotti dellanice possono essere considerati delle commodities
commerciate a livello internazionale. Le aree di produzione tradizionale nel bacino del Mediterraneo
sono la Francia meridionale, la Turchia, il Nord Africa (in particolare lEgitto). Importanti produttori
extra europei sono lIndia e in minor misura la Cina. Lanice soffre inoltre di concorrenza da parte
dellanice stellato (Illicium verum Hooker) frutto di un arbusto asiatico. In Germania questultimo
pi apprezzato per via della intensit dellaroma e della presenza di altri componenti pregiati nellolio
essenziale. Alcuni prezzi osservati sono sotto tabulati (Tab. 22).
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parati, infusi, bevande e integratori alimentari. La facilit della coltivazione e la produttivit elevata
la rende comunque abbastanza fragile allaggressione di eventuali competitori. I prezzi sono stabili
da un paio di anni (Tab. 24).
servazione sottovuoto. I plus di prodotto sono pertanto conseguibili attraverso la coltivazione di variet
selezionate ad alto olio essenziale, nella individuazione ottimale della fase in cui si ha massimo accumulo di o.e. e il migliore rapporto foglia fusto, e nello sviluppo di tecnologie soft nella fase di essiccazione, sfogliatura e conservazione. Alluopo la coltivazione su scala medio piccola indicato.
Taraxacum officinale Weber (tarassaco, dente di leone). Le radici necessitano di lavaggio, cippatura
ed essiccazione per la conservazione. Il lavaggio necessario in caso di terreni pesanti ed argillosi
che causano contaminazione batterica della droga escludendone luso come infusionale. La droga
pi interessante nel ns. mercato la radice, talora frammista a sommit. Il tarassaco ha un impiego
prevalente come ingrediente minore in tisane composte, ovvero come ingrediente in tinture estratti
e simili dalle propriet depurative e rimineralizzanti. La sua importanza comunque relativamente
contenuta. Recentemente ne stato studiato limpiego per lapporto di inulina nella razione alimentare dei suini come fattore di modulazione dellaroma della carne. Il tarassaco coltivato soffre un
grave svantaggio verso il prodotto da raccolta spontanea proveniente dallEst-Europa e dai Balcani,
il cui prezzo piuttosto basso e la qualit discreta parlando di prodotti non destinati allinfusionale.
Questo, combinato ad una richiesta modesta da parte del mercato (dovuta al suo sapore non proprio gradevole), la rende una coltura poco competitiva, specialmente nella coltivazione nei terreni
marginali dove pu richiedere maggiore manodopera. I prezzi osservati sono indicati in tabella 26.
nicchia e comunque su superfici limitate. Rimane un debole spazio come prodotto da taglio tisana
biologico per il mercato italiano, ma con spazi sufficientemente presidiati da merce tedesca e olandese.
I prezzi sono quelli di una commodity e sono influenzati prevalentemente dal titolo di principi attivi ed
eventualmente dallassenza di contaminanti pericolosi.
Questa droga deve i suoi plus esclusivamente allalto titolo in principi attivi specialmente se combinato con grandi quantitativi e prezzi bassi.
Crocus sativus L. (zafferano). Gli stimmi dello zafferano devono essere essiccati ad una temperatura
moderata di 40-45 C, utilizzando, secondo la tradizione, un setaccio tenuto a debita distanza dalla
brace per 10-15 minuti. La droga rappresentata dallo stimma dello zafferano. Lo zafferano utilizzato da secoli come spezia alimentare di cibi e bevande. Sono noti anche utilizzi come ingrediente di
integratori alimentari (tinture e alcooliti) destinati al controllo delle dislipidemie. I valori di rifermento
sono il contenuto dei principi aromatizzanti come la crocina, la crocetina e i principi amaricanti picrocrocina e safranale. Lo zafferano rappresenta in buona sostanza una commodity commerciata a livello
globale ma che sussiste anche sotto forma di produzioni e commercio locali fortemente caratterizzati. I
maggiori produttori mondiali sono India (dove il mercato interno consuma tutto), lIran (volto allexport) la Grecia e la Spagna. In Italia sussistono realt relitte ancorch vitali, sullaltopiano di Navelli
(AQ), in Sardegna e disseminato nelle province di Siena e Firenze. I prezzi sono estremamente diversi
a seconda delle provenienze, e la differenza di prezzo indice anche della qualit (organolessi, carica
batterica, altri contaminanti).
La grande domanda di manodopera rende questa droga molto costosa e pertanto molto soggetta
a sofisticazioni anche gravi. Cosicch una produzione di qualit e ben caratterizzata dal punto di
vista territoriale ed ambientale pu trovare soddisfacenti sbocchi di mercato. Essendo poi lo zafferano
Essiccazione degli stimmi di zafferano con il metodo tradizionale
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dotazione per la trasformazione del prodotto fresco in olii essenziali puri. Tale equipaggiamento di
semplice conduzione e consente di ottenere un prodotto ad alto valore aggiunto, senza molti passaggi
successivi alla raccolta e con un prodotto di partenza anche non perfetto. In genere linvestimento
importante anche per dotazioni minime (ad es.: 200 lt), e pertanto anche lorientamento della produzione agricola deve essere opportunamente riconsiderato puntando alle specie a duplice attitudine,
ovvero sia da prodotto secco che da olio essenziale (es.: melissa, menta, timo, origano etc.).
I PROCESSI
Essiccazione. Lessiccazione allaria il sistema tradizionale di disidratazione pi usato la mondo.
Esso apprezzato per semplicit ed economicit di esercizio (energia solare) ed idoneo nelle zone
in cui nel periodo di raccolta (giugno settembre) si ha un clima temperato asciutto. Questa situazione quella che si riscontra nellappennino dellItalia centrale. Il sistema pu essere ottimizzato
attraverso ladozione di accorgimenti che consentano di conservare il pi possibile le caratteristiche
peculiari del prodotto. Infatti, dato che impossibile influenzare le condizioni atmosferiche da cui il
processo dipende, per opportuno evitare alcuni inconvenienti tipici del metodo. Innanzitutto
occorre evitare lesposizione diretta alla luce solare che in genere incide negativamente su alcune
caratteristiche organolettiche delle droghe, in particolare il colore, influenzandone anche il contenuto
in sostanze attive (pigmenti, antiossidanti). A tale scopo necessario creare degli ambienti ventilati
chiusi o schermati (anche parzialmente) dalla luce. Secondo accorgimento, evitare una eccessiva
esposizione alle oscillazioni di umidit dovute alla notte che sono causa di scolorimenti e proliferazione di microrganismi dannosi. In tale caso possibile avvolgere il prodotto in teli plastici al calar
del sole per poi scoprirlo in pieno sole. Semplici cabine di legno con graticci o serre adattate sono
alcune soluzioni che combinano il basso costo di realizzazione/esercizio con la conservazione delle
caratteristiche del prodotto.
Lessiccazione con aria condizionata di norma avviene artificialmente allinterno di essiccatoi
come sopra descritti. La durata del processo pu essere indicativamente fra le 36 e le 48 ore, a seconda
del tipo di prodotto e dellessiccatoio impiegato. Le temperature normalmente non devono essere
troppo elevate (max 40 C), pena la perdita di sostanze volatili, importanti fattori di qualit del prodotto. Lerba essiccata fino al 10-11% di umidit (p/p), ovvero la droga greggia, stabile e pu essere
immagazzinata debitamente per un periodo lungo. fondamentale in questa fase collocare il prodotto
in contenitori (sacchi, bins, etc.) chiusi per prevenire sia le infestazione degli insetti delle derrate, che
la re-umidificazione del prodotto con susseguente perdita di qualit. Lessiccazione un processo
energeticamente costoso e la scelta opportuna dellessiccatoio e delle fonti di energia utilizzate (solare,
biomasse) pu essere determinante ai fini della riduzione dei costi di produzione.
Taglio e selezione. Il prodotto essiccato grezzo ha un mercato come tale, ma il valore aggiunto risulta
alquanto basso e la competizione con prodotti esteri indifferenziati notevole. Lavorare un prodotto
secco per portarlo alla conformit con i prodotti finiti o semifiniti normalmente circolanti sul mercato
fondamentale nella strategia della filiera. Le macchine sopra descritte consentono di eliminare parti
indesiderate, come i fusti, steli, polvere fina e pesante, sassi, che sono nel prodotto greggio. Il prodotto lavorato quindi un concentrato di frazioni elette (fiori, foglie, semi, etc.), pronto per limpiego
o persino il confezionamento nelle unit di vendita (tisane). Di regola tali operazioni sono fatte dalle
industrie di commercio allingrosso che pertanto trattengono la gran parte del valore aggiunto per
s. La combinazione delle apparecchiature fondamentale per avere una piena versatilit e un rapporto utile/scarto accettabile.
Distillazione. La distillazione unoperazione effettuata sul prodotto verde che ha lo scopo di
estrarre lolio essenziale mediante limpiego di vapore. Ha il vantaggio della semplicit operativa, dellimmediatezza del prodotto, lolio essenziale, che pronto per la vendita tanto allingrosso quanto al
dettaglio. Questa trasformazione consente di valorizzare molto anche produzioni limitate e con qualit inferiore rispetto al prodotto da tisana. indispensabile per che le specie coltivate contengano
oli essenziali con valore di mercato. La distillazione consente anche di ottenere sottoprodotti interessanti, quali le acque aromatiche, che hanno delle potenzialit dimpiego sotto varie forme (ingredientistica, detergenti, profumazioni).
Magazzinaggio, imballaggio e spedizione. Una fase spesso trascurata della filiera delle piante officinali
quella che riguarda la manipolazione (handling) e il magazzinaggio (housing) dei prodotti lavorati.
importante dire che la disponibilit di spazi e sistemi idonei ad un corretto magazzinaggio tanto
importante quanto la disponibilit di attrezzature per la trasformazione.
Questo per due motivi:
le droghe, grezze o elaborate che siano, sono materiali secchi la cui deperibilit dipende esclusivamente dal sistema di stoccaggio. La durata come prodotti alimentari infatti di 36 mesi, anche
se teoricamente pu essere molto pi lunga;
la capacit di stoccaggio consente allazienda di sfuggire ai cicli economici negativi per eccesso
di prodotto ed attendere tempi e prezzi migliori.
Quindi un sistema di confezionamento allingrosso, manipolazione e stivaggio appropriato sono
una parte sostanziale del processo economico e produttivo.
I PRODOTTI
La piccola azienda che decida di puntare su una produzione di piante officinali in Italia deve
puntare su unimpostazione che consenta di sfruttare al massimo le opportunit offerte dalla qualit
del proprio prodotto, sia in un mercato di materie prime, sia in uno di prodotti finiti. In altre parole,
optare per una diversificazione sia in fatto di gamma orizzontale (pi specie coltivate), sia come
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gamma verticale (pi formati di prodotto) indispensabile. Appare chiaro come la filiera fondamentale per poter seguire questa strada.
Per quanto riguarda le specie vale quanto detto in precedenza, dato che il numero delle coltivabili elevato (oltre 100 nellambiente temperato), opportuno restringere il campo a tre o quattro
entit, sperimentando annualmente almeno una nuova specie, in modo da valutarne la potenzialit
e la vocazione territoriale. Importante sarebbe anche recuperare specie di impiego tradizionale locale
da promuovere attraverso il marketing territoriale.
Una gamma verticale altres importante per sfruttare tutte le opportunit del mercato. In tal
caso, della stessa specie il produttore deve offrire contemporaneamente un prodotto greggio intero
(esempio melissa erba), un prodotto lavorato (melissa foglie), un prodotto preparato (melissa taglio
tisana) o un ulteriore tipologia di trasformato (melissa olio essenziale). Il confezionamento in prodotti
finiti pu avvenire in azienda, in un semplice laboratorio di preparazioni alimentari, ovvero presso
la nutrita schiera di aziende di servizi industriali (contract manufacturing) che in Italia propone soluzioni complete: si spedisce la propria materia prima, si ritira il prodotto finito e confezionato a norma
di legge (Tab. 29).
Tab. 29 - Sintesi delle principali fasi di processo e prodotto nella coltivazione delle specie officinali
STRATEGIA DI MERCATO
Quale sar il mercato delle piante officinali per i piccoli produttori delle Marche? importante
focalizzare i propri sforzi commerciali in un determinato segmento del variegato mercato delle materie
prime vegetali da piante officinali.
Senza dettagliare eccessivamente lanalisi del mercato delle materie di cui si parla, si pu schematicamente seguire la tabella 30:
Ingrosso. Parlando ovviamente di prodotti allingrosso, greggi o semilavorati, il cliente finale ideale
per il nostro piccolo produttore lazienda di produzione o commercializzazione di integratori alimentari (o industria erboristica) che commercializza in proprio. Queste realt (circa 10 maggiori operatori e moltissimi piccoli) competendo fortemente sul mercato, hanno il massimo interesse ad avere
una materia prima di elevata qualit, tracciabile e con legame al territorio. I lotti oggetto di commercio in genere sono medio piccoli, compresi fra i 300 e i 1.000 Kg per prodotto e per anno. I prezzi
in media sono molto pi elevati anche se di volatilit pi elevata.
Dettaglio. Parlando di prodotti al dettaglio pensabile ideare una gamma ristretta di prodotti semplici (tisane o aromi in bustina, bustine filtri, liquori di erbe, oli essenziali in flaconcino) che sfruttando
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Herbolario volgare Venezia Bernardinium Benalio ed. 1526
Hortus Romanus Roma 1774
Hortus sanitatis - Magonza Jacob Meydenbach 1491
Manoscritto 18 Erbario lapidario sec. XV
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INDICE
PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
QUADRO AMBIENTALE ED AGRONOMICO
DEL TERRITORIO DEL GAL SIBILLA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
OROGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
GEOMORFOLOGIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
BIOCLIMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
UNIT DI PAESAGGIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
IL PAESAGGIO AGRARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
Aspetti demografici e socio-economici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
Il contesto produttivo agro-forestale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
IL PROGETTO RECUPERO, SPERIMENTAZIONE E PROMOZIONE
DI PIANTE OFFICINALI E MEDICINALI DEL GAL SIBILLA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
MOTIVAZIONI E FINALIT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
IPOTESI SPERIMENTALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
LE SPECIE SPERIMENTATE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Anice verde (Pimpinella anisum L.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Cardo mariano (Sylibum marianum (L.) Gaertn.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
Malva (Malva sylvestris L.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Melissa (Melissa officinalis L. ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
Tarassaco (Taraxacum officinale Weber) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
Valeriana (Valeriana officinalis L.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
SPERIMENTAZIONE AGRONOMICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
Individuazione degli appezzamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
Densit di investimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
Prova di concimazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
Modifiche e adattamenti sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
Tipologia del materiale di propagazione utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
ELABORAZIONE DEI RISULTATI DI CAMPO: ANALISI QUANTITATIVE . . . . . . . . . . . . . 35
Finito di stampare
nel mese di giugno duemilasei presso la Tipografia S. Giuseppe