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CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

CENTRO INTERNAZIONALE ANTINOO PER LARTE

ELOGIO DEL NERO


Marguerite Yourcenar, LOpera al Nero la sua alchimia attraverso le arti

Roma, dicembre 2005

ELOGIO DEL NERO


Marguerite Yourcenar, LOpera al Nero la sua alchimia attraverso le arti
Roma, dicembre 2005

Comitato donore ANDREA MONDELLO FABRIZIO AUTIERI YVON BERNIER CARLO SAVINI Comitato scientifico GIOVANNA BONASEGALE CLAUDIO CRESCENTINI DOMINIQUE GABORET-GUISELIN GIULIANA GARDELLI RAFFAELE MAMBELLA Comitato promotore LUIGI ROMITI ANGELA NICOSIA LAURA MONACHESI MASSIMO DOMENICUCCI Catalogo a cura di CLAUDIO CRESCENTINI LAURA MONACHESI Sezioni mostre CLAUDIO CRESCENTINI (arte contemporanea) GIULIANA GARDELLI (ceramica) Traduzioni RITA JOS SCANDALIATO Coordinamento redazionale DANIELA NONNIS CORRADO SABATO Coordinamento grafico ALFONSO ALLEGRINI Impaginazione VALENTINA CICILLETTI Fotografie CORRADO DE GRAZIA AUGUSTO SELVAGGI Organizzazione e ufficio stampa CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI ROMA CENTRO INTERNAZIONALE ANTINOO PER LARTE Stampa e fotolito TIPOGRAFICA ARTIGIANA - ROMA Prima e quarta di copertina EXPLICIT.it, Roma

UN PARTICOLARE E VIVO RINGRAZIAMENTO A MICHAEL E DORIS LABSCHER ANTONIO E MIRELLA DE ASTIS PAOLO SALUZZI CENTRO DOCUMENTAZIONE MARGUERITE YOURCENAR - ROMA www.cdmyourcenar.it

Sommario
7... 8... 10... 11... 12... 21... 30... 38... 46... 54... 57... 67... 72... 135... 146... 160... 166... 187... 190...
Introduzione
FABRIZIO AUTIERI Segretario Generale Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura

Lalchimia come metafora


CARLO SAVINI Presidente del Centro Internazionale Antinoo per lArte

Prefazione - I Taccuini di appunti de LOpera al nero


YVON BERNIER

Avant-propos - Les Carnets de notes de lOEuvre au noir


YVON BERNIER

Taccuini di appunti de LOpera al Nero - estratti


MARGUERITE YOURCENAR

Carnets de notes de LOeuvre au Noir - extraits


MARGUERITE YOURCENAR

Marguerite Yourcenar e il cinema


Intervista di DOMINIQUE GABORET-GUISELIN e JEAN-PIERRE EMERY a ANDR DELVAUX

Marguerite Yourcenar et le cinema


Propos recueillis par DOMINIQUE GABORET-GUISELIN et JEAN-PIERRE EMERY a ANDR DELVAUX

Dalla magia alla scienza moderna nel 500


LINA LO GIUDICE SERGI

LOpera al Nero: immagini dalla pittura


GIOVANNA BONASEGALE

Della melancolia o di Saturno


CLAUDIO CRESCENTINI

Kiefer al nero: una scelta ed altro ancora


FRANCA CALZAVACCA

Introduzione allalchimia
RAFFAELE MAMBELLA

Lincanto dellopera di Placido Scandurra


J. BALLET

La ceramica fra magia, alchimia e raziocinio


GIULIANA GARDELLI

Metalli per lalchimia


GIULIANA GARDELLI

10 EXEMPLA 10 BIOGRAFIE POESIA


CARLA GUIDI

Opus Niger versus Rubedo

CLAUDIO CRESCENTINI

Calligramme (rduit 79%) compose de devises hadrianiques dessin et corrig par M.Y. pour servir de base lavers de la mdaille dite par la Monnaie de Paris en 1978, uvre de Madeleine-Pierre Querolle.

Siamo al quarto evento che la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma dedica alla scrittrice Marguerite Yourcenar, della quale conserva un vasto archivio librario e documentario. La manifestazione dellanno in corso rievoca LOpera al Nero, ambientato a Bruges nel tardo Medio Evo, e una ricerca nelle arti che, ha consentito di realizzare una mostra ispirata allalchimia ed ai misteri che da secoli affascinano luomo. La nostra istituzione che da sempre coniuga il commercio con le arti spera che nel pathos (passione), come ha scritto Eschilo nellAgamennone, si fonda il sapere delluomo.

FABRIZIO AUTIERI
Segretario Generale Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura

Lalchimia come metafora


CARLO SAVINI
Presidente del Centro Internazionale Antinoo per lArte

Forse, dopo il suo capolavoro Memorie di Adriano, lopera pi importante di Marguerite Yourcenar LOpera al Nero per la ricchezza di personaggi che contornano Zenon il vero protagonista, di eventi, di situazioni, di ideologie e di eresie vere e presunte, di ambientazioni geografiche in vari luoghi dEuropa, di ideali o pregiudizi in un tempo di rinnovamento umanistico rinascimentale ancora carico di retaggi medioevali. Lelemento focale del romanzo senzaltro la figura di Zenon, dalla sua nascita nel 1510 alla sua giovinezza, dalla sua maturazione religiosa variegata fra aspirazioni e dubbi alla sua vita turbolenta, ai suoi viaggi, dai suoi studi teologici e medici ai suoi contatti con il mondo dellalchimia, dalle sue esperienze carcerarie alla sua malattia e morte. Tutto questo in un continuo intersecarsi con altre figure piene di variegate esperienze, ciascuna delle quali appare come una serie di romanzi nel romanzo. Come sempre, pur nella fantasia inventiva ed in parte reale dei personaggi stessi, Marguerite Yourcenar dimostra una acuta indagine storica ed interpretativa del tempo che fa da sfondo alla narrazione. Ma ci che appare di particolare importanza il richiamo allalchimia che pervade il romanzo stesso; una alchimia che in quel periodo ha molte connotazioni ed equivoci, intesa come scienza e utopia, ricerca della verit e conquista del potere sulle cose, aspirazione al dominio della materia e della vita. In questo c tanta attualit nella ricerca scientifica, chimica, medica e genetica di oggi. Tuttavia, ai tempi di Zenon veniva interpretata, in molti casi, anche come negromanzia e soprattutto eresia, leresia del peccato originale biblico, ossia la superbia senza limiti della conoscenza e delle sue applicazioni in bene e in male. lalchimia della materia e della vita, passata e moderna, dietro la quale si cela il bisogno istintivo dellessere umano di conoscere lessenza delle cose, il dominio di essere anche per capire la natura umana stessa, il senso dellesi-stenza, le leggi che regolano il cosmo. Peccato originale ed attuale quando ci si pone al posto del Creatore e si usa la conoscenza acquisita senza limiti etici. Un bisogno umano che influisce profondamente nella psicologia individuale e collettiva, nelle scelte e nei comportamenti, sul discernimento dellessere intelligente fra bene e male. La scrittrice sembra, ne LOpera al Nero, usare i riferimenti allalchimia e alla personalit di Zenon come metafora che unisce passato e presente, sembra, nella sostanza conclusiva del testo, aver letto ci che ha scritto il grande filosofo, matematico e scienziato francese Blaise Pascal: gli uomini alla fine si trovano sconfitti da qualcosa pi grande di loro.

Il Centro di Documentazione Marguerite Yourcenar ed il Centro Internazionale Antinoo per lArte, non sono soltanto promotori di raccolta documentativa e di manifestazioni artistiche e culturali - che accompagneranno anche questo nostro volume - ma anche fautori di ricerca, approfondimento conoscitivo ed interpretativo della vasta produzione letteraria, saggistica, drammaturgica ed in ultima analisi anche psicologica e filosofica della Yourcenar. In tale contesto prende forma e motivazione il presente libro arricchito, oltre che da preziose immagini, dai testi di Yvon Bernier, Giovanna Bonasegale, Franca Calzavacca, Claudio Crescentini, Dominique Gaboret-Guiselin, Giuliana Gardelli, Lina Lo Giudice Sergi e Raffaele Mambella, che ringraziamo per il loro competente e specialistico contributo non secondarizzando per altro il ruolo di sostegno offertoci anche in questa occasione dalla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Roma. Marguerite Yourcenar non finisce mai di stupire quando non soltanto si leggono i suoi testi, ma ancor pi quando si analizzano nei risvolti dei personaggi, dei tempi storici cos puntualmente descritti, nelle metafore che la scrittrice usa; in questo caso lAlchimia. Se siamo riusciti a contribuire in questa ottica di lettura de LOpera al Nero, avremo compiuto lintento che da sempre ci proponiamo.

Prefazione
YVON BERNIER

I TACCUINI DI APPUNTI DE LOPERA AL NERO

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Ho ricavato questi Taccuini dagli Appunti di composizione de LOpera al nero che Marguerite Yourcenar mi aveva affidato nel corso dellestate 1984 affinch ne presentassi una analisi descrittiva al primo colloquio di Tours dedicato alla sua opera e tenutosi a maggio dellanno seguente. Come altre persone che ebbero lopportunit di sfogliare questo manoscritto in occasione di una visita a Petite Plaisance, avevo notato che sul retro delle sue pagine generalmente dattilografate ne conta circa duecento si trovavano degli appunti manoscritti a partire dai quali si poteva pensare di stendere dei Taccuini analoghi a quelli delle Memorie di Adriano e di Elettra o la Caduta delle maschere. La scrittrice ne era, certo, consapevole ma, quando le chiesi perch non si adoperava a prepararli in vista di una pubblicazione, mi rispose che non aveva semplicemente tempo da dedicare a questo lavoro. Fu allora che le offrii di farmi carico di codesto compito come lo avevo appena fatto per I Doni di Alcippe, che furono pubblicati quellautunno, ma la cui pubblicazione aveva tardato per lo stesso motivo. Qualche mese pi tardi, in ottobre, le sottoponevo un primo testo di quarantacinque pagine. Esso raggruppava non solo gli appunti manoscritti ma anche altri passi tratti dagli appunti dattilografati che, nello spirito, potevano esser loro assimilati. Liniziativa richiedava una certa audacia da parte mia e mi aspettavo che Marguerite Yourcenar la disapprovasse. Non and cos. Di fatto, inizialmente non oper nessun taglio, limitandosi a modificare la prima frase del testo e una decina di altre frasi qua e l, a sostituire una ventina di parole e a rinviare alla fine cinque pagine che non riteneva fossero al posto giusto allinizio del testo. Nel maggio 1985, nel corso di unaltra seduta di lavoro sulla seconda versione, decise, questa volta, di eliminare otto pagine che trovava troppo didattiche nel tono. In occasione di quella seconda revisione, venne soppresso un lungo parallelo tra Memorie di Adriano e LOpera al nero. Per il resto, non apport alcun cambiamento al testo che, una volta eliminate quelle pagine , iniziava a prendere una forma definitiva. Come spiegare, allora, che la pubblicazione dei Taccuini sia stata a tal punto differita? Bisogna, innanzitutto, ricordarsi che la fine dellanno 1985, ed anche una parte dellanno seguente, si rivel particolarmente difficile per Marguerite Yourcenar per gravi problemi di salute. Fu soltanto nel maggio 1987, mentre studiavamo la possibilit di rifare la Cronologia della Pliade, che le riparlai dei Taccuini. Mi rispose che, avendoli lei riletti, riteneva che fosse assolutamente necessario ammorbidirne alcuni passaggi prima di darli alla stampa. Purtroppo, non avrebbe avuto il tempo di apportare al testo quelle ultime correzioni. Come per il dossier de LOpera al nero, i cui brani furono assembrati dopo la fine del romanzo, la maggior parte degli appunti che compongono questi Taccuini sono stati redatti tra il 1965 ed il 1968, cio nel periodo in cui la scrittrice aspettava la definizione della controversia tra Plon e Gallimard. Ma ve ne sono di posteriori, a volte datati, come potremo constatare. Comunque, leggendo queste pagine, essenziale tenere sempre presente che Marguerite Yourcenar aveva intenzione di modificarle in pi punti perch non le trovava ancora di sua intera soddisfazione. Ciononostante, bisogna ora accettare i Taccuini di appunti de LOpera al Nero cos come sono.

Avant-propos
LES CARNETS DE NOTES DE LOEUVRE AU NOIR
Ces Carnets ont t tirs par mes soins des Notes de composition de lOEuvre au noir que Marguerite Yourcenar mavait confies au cours de lt 1984 afin que jen prsente une analyse descriptive au premier colloque de Tours consacr son oeuvre et tenu en mai de lanne suivante. Comme dautres personnes qui il fut donn de feuilleter ce manuscrit la faveur dune visite Petite Plaisance, javais remarqu quau verso de ses pages gnralement dactylographies il en compte quelque deux cents figuraient des notes manuscrites partir desquelles on pouvait envisager dtablir des Carnets analogues ceux des Mmoires dHadrien et dlectre ou la Chute des masques. Lcrivain en tait videmment conscient mais, quand je lui demandai pourquoi il ne semployait pas les prparer en vue dune publication, il me rpondit navoir tout simplement pas de temps consacrer ce travail. Cest alors que je lui offris de me charger de la besogne comme je venais de le faire pour les Charits dAlcippe, qui parurent cet automne-l, mais dont la publication avait tard pour la mme raison. Quelques mois plus tard, en octobre, je lui soumettais un premier texte de quarante-cinq pages. Il regroupait non seulement les notes manuscrites ellesmmes mais aussi dautres passages extraits des Notes dactylographies qui, par lesprit, pouvaient leur tre assimils. Linitiative nallait pas sans une certaine audace de ma part et je mattendais ce que Marguerite Yourcenar la dsavout. Il nen fut rien. En fait, elle neffectua dabord aucune coupure, se contentant de modifier la premire phrase du texte ainsi quune dizaine dautres ici et l, de remplacer une vingtaine de mots, et de renvoyer la fin cinq pages quelle nestimait pas leur place au dbut. En mai 1985, loccasion dune autre sance de travail sur la deuxime version, elle dcida cette fois de retirer huit pages qu'elle trouvait trop didactiques de ton. Pour lessentiel, cest un long parallle entre Mmoires dHadrien et lOEuvre au noir, qui fit les frais de cette seconde rvision. Autrement, elle napporta pas le moindre changement au texte qui, une fois amput des pages supprimes, commenait prendre un tour dfinitif. Comment expliquer, ds lors, que la publication des Carnets ait t ce point diffre? Tout dabord, il faut se rappeler que la fin de lanne 1985, de mme quune partie de celle qui suivit, savra particulirement difficile pour Marguerite Yourcenar en raison dennuis graves de sant. Ce nest quen mai 1987, au moment o nous tudiions la possibilit de refaire la Chronologie de la Pliade, que je lui reparlai des Carnets. Elle me rpondit que, les ayant relus, elle croyait quil fallait absolument en draidir certains passages avant de les donner paratre. Malheureusement, elle ne devait pas avoir le temps dapporter au texte ces ultimes corrections. Tout comme le dossier de lOEuvre au noir, dont les pices furent rassembles aprs lachvement du roman, la plupart des notes composant ces Carnets ont t rdiges entre 1965 et 1968, cest--dire pendant que lcrivain attendait le rglement du litige entre Plon et Gallimard. Mais il sen trouve aussi de postrieures, parfois dates, ainsi quon le remarquera. En tout tat de cause, ce qui importe au premier chef, la lecture de ces pages, cest de toujours garder lesprit que Marguerite Yourcenar comptait les modifier en plus dun endroit parce quelle ne les trouvait pas encore son entire satisfaction. Nanmoins, force nous est prsent daccepter les Carnets de notes de lOEuvre au noir tels quils existent.

YVON BERNIER

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Taccuini di appunti de LOpera al Nero


MARGUERITE YOURCENAR

ESTRATTI
I Taccuini di appunti de LOpera al Nero che leggeremo qui sotto sono inediti: conformemente alla volont di Marguerite Yourcenar, essi verranno successivamente incorporati alle varie edizioni del suo romanzo. (Questultimo aveva fatto ottenere allautrice, nel 1968, il premio Femina assegnato per la prima volta allunanimit.) La prima versione de LOpera al nero, La Mort conduit lattelage del 19231924, ritoccata nel 1934: testo cos imperfetto, e soprattutto cos scarno, cos poco sviluppato e cos debolmente motivato, in particolare per quanto riguarda Znon e Nathanal, che mi sembra oggi ammirevole che nonostante le tante lacune e le tante imperfezioni, un critico allepoca abbia potuto riconoscere e dare un nome al tema di ogni parte della trilogia: la mente, il corpo, lanima. Io stessa non ci avevo pensato. * Lanima, la mente, il corpo. Trilogia ammirevole, certo, e si pensa subito, con quel lungo fremito che lasciano dietro di s le frasi dei poeti, allammirevole Natale di Rimbaud in Una stagione in inferno: I Re della vita, i tre magi, il corpo, lanima, la mente S. Ma quando ci accostiamo molto ad un personaggio, ci accorgiamo di quanto queste allegorie ben definite contraddicano la realt. Il corpo, lanima, e la mente, intrecciati; di pi, forme diverse assunte da ununica sostanza viva e senziente. C, sicuramente, tra i tre elementi, diversit di dosaggio allinterno di ogni essere, come esiste in ogni essere diversit di dosaggio tra le componenti del sesso. In Znon domina la mente, ma la mente in un certo qual modo attivata dallo slancio continuo e quasi furioso dellanima, e non si svilupperebbe neanche senza le esperienze ed il controllo del corpo. * (Ci non significa che n io n Znon neghiamo lanima. Ma lanima una realt alla quale quasi nessuno forse riuscito ad accedere.) * Pi vado avanti negli anni, pi questa follia che consiste nel rifare libri antichi mi appare una grande saggezza. Ogni scrittore porta in s solo un certo numero di esseri. Piuttosto che rappresentare questi esseri con le sembianze di personaggi nuovi, che sarebbero solo personaggi gi conosciuti chiamati con nomi diversi, ho preferito approfondire, sviluppare, nutrire questi esseri con i quali ero gi abituata a vivere, imparare a conoscerli di pi via via che conosco meglio la vita, perfezionare un mondo gi mio. Non ho mai capito che ci si sazi di un essere, faccio dire ad Adriano parlando dei suoi amori. Non ho neanche mai creduto che mi possa saziare di un personaggio che avessi creato. Non smetto di guardarli vivere. Essi mi riserveranno delle sorprese fino alla fine dei miei giorni. * Adriano poteva fino ad un certo punto chinarsi fino a noi nelle sue speculazioni; noi potevamo, daltra parte, per il tramite della saggezza antica che dipende da noi utilizzare ancora, avvicinarci ad Adriano. I personaggi de LOpera al nero rispondono solo di se stessi, soli, contradditori, delimitati dalle loro accettazioni, e anche dai loro rifiuti, segnati dal loro tempo, ed a volte

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anche da ci per cui sfuggono al loro tempo, a costo qualche volta di ferirsi contro le pareti entro le quali sono prigionieri. Cosciente in Znon, che si serve per uscire dal suo tempo dei mezzi dialettici che gli ha procurato, tale movimento di evasione non cosciente in Anna, legato alla vita profonda del corpo; in Nathanal, ho tentato di mostrare quella strana libert dellanima, che non ha bisogno delle parole e delle rappresentazioni. LOpera al nero un tentativo di mostrare questa strana libert che si sviluppa a poco a poco in noi, quando non le rifiutiamo lesistenza, e che permette di sfuggire a certe tirannie e di essere qualunque siano le circostanze noi stessi, ma feriti, deformati, quasi sfigurati dalla consuetudine e dalla necessit. * Bisogna sperimentare la dissolutezza per superare la dissolutezza, bisogna sperimentare lamore nel senso convenzionale del termine per giudicare lamore; bisogna sperimentare la storia per liberarsi dalle trappole della storia e cio da quelle della societ umana stessa di cui la storia non che una serie di archivi. Sfociare in quel tempo dove luomo non c. * Nel 1971, ho ripercorso nelle strade di Bruges ogni orma di Znon. In che modo, ad esempio, variava il proprio itinerario per recarsi alla fucina, per curarvi Han. A che punto si trovava la locanda dove prendeva i pasti. A quale angolo di strada ha visto passare Idelette prigioniera. Passeggiate del mattino, un intero mese di aprile, qualche volta al sole, pi spesso sotto la bruma o la pioggia sottile. E con me Valentine la bella, la dolce, la bionda, colei che abbaiava con forza contro i cavalli ( e glielo impedivo), colei che correva allegra nel cortile del Gruuthuse, colei che faceva grandi salti di gioia nel giardino del Bguinage tra le giunchiglie e adesso (sei mesi pi tardi, 3 ottobre 1971) morta come Idelette, come Znon, come Hilzonde. E nessuno mi capir se dico che non me ne consoler mai, come non mi consolo di una morte umana. * Dove, quando, e come? Ovunque sia, a che data e poco importa come, sono certa di avere al mio capezzale un medico e un prete Znon e il Priore dei Cordiglieri. * Fu nel giugno del 1964 a Salisburgo, mentre assistevo (inginocchiata sul pavimento) alla messa nella chiesa dei Francescani che ho visto per la prima volta delinearsi tutto intero il personaggio del Priore dei Cordiglieri. Ne avevo fino a quel momento intravisto soltanto i contorni (le mansioni del Priore in Il ritorno a Bruges). * LOpera al nero iniziata (con un altro titolo) allepoca in cui avevo let del giovane Znon, del giovane Henri-Maximilien dellinizio del libro. Terminata quando ho un po pi dellet che hanno Znon e Henri-Maximilien quando incappano nella loro morte. * Ripetizioni (mantra). Allepoca in cui scrivevo la seconda e la terza parte di questo libro, mi capitato spesso di ripetere silenziosamente o a bassa voce

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a me stessa: Znon, Znon, Znon, Znon, Znon, Znon Venti volte, cento volte, di pi. E di sentire che a furia di dire questo nome si coagulava un po pi di realt. Non mi stupisco delle pratiche mistiche tramite le quali i fedeli, a furia di ripetere migliaia di volte il suo nome, chiamano Dio, o, nella magia popolare, degli amanti che chiamano loggetto che hanno perduto. * Ogni conversazione un modo di arricchire la figura del personaggio. * La visita a Mnster del 1956 lautunno di Suez quasi altrettanto scura che limmagine stessa del passato. * Uno dei passi riguardanti il bambino delle notti bianche tratto da un poema di Teofilo. * La mia vita immobile dura da circa dieci anni. (1978) * Per certi aspetti, prigione piuttosto che vita immobile poich non dipende pi da me varcare la soglia della porta aperta. * Lossessione della malattia osservata su altri. * Znon e Henri-Maximilien muoiono tutti e due, me ne accorgo al momento della rilettura, in febbraio. Ho invano cercato di cambiare mese per questultimo. La scena era percepita come una scena di fine inverno italiano. * Znon e Henri-Maximilien (me ne accorgo anche in questo caso al momento della rilettura) ci lasciano entrambi con un rifiuto: Henri rifiuta gli onori e si impantana nella sua vita di capitano povero, Znon rifiuta la ritrattazione che gli salverebbe la vita. Entrambi hanno impiegato molto tempo prima di accorgersi che il rifiuto andava fatto. * Le numerose ragioni pretestuose o se preferiamo motivazioni intermedie che Znon si d prima di trovarsi faccia a faccia con Hic Zeno, poi Zeno in aeternum. * Allo stesso modo che pensiamo in linguaggio articolato, Znon pensa in latino del Medio Evo. Bisogna, ogni tanto, dare il la. * Queste gemme di cui ognuna simboleggia un momento della Grande Opera in una delle prime battute di Znon una menzogna. Non esistono simili gemme. Tra queste gemme mantenute nel 1956 e fino al 1967 dalla versione del 1924, e gli attuali metalli, intercorrono dieci anni di letture alchemiche. Nella versione maldestra ed ancora ingenua del 1924 pubblicata nel

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1934, Znon sembra ancora un filosofo liberale che ha sempre la verit materialista e logica dalla sua parte. Concezione simile a quella che i radicali degli anni 1880 si facevano di Giordano Bruno, e falsa anchessa. Il principale cambiamento si prodotto nel corso di una serata da Alf, verso il 1958: durante lascolto di una serie di opere di Bach, ho interamente composto mentalmente, con circa sei o sette anni di anticipo sulla composizione reale, la conversazione tra Znon ed il canonico qualche ora prima della morte di Znon. Una volta uscita da quella serata, finita la musica, ho dimenticato completamente quel dialogo. Ma sapevo che lo avrei ritrovato un giorno. * Il paragrafo, allinizio del capitolo II, che descrive il padre di Znon, era uno dei peggiori pezzi conservati del 1924. Il romanzo storico capito da uno studente di storia. In simile caso, c verit storica solo strettamente specifica. Si era dilettato di interminabili conversazioni con Leonardo da Vinci, allora ingegnere di Cesare molto sciocco; si era dilettato di parlare di cavalli e macchine da guerra con Leonardo da Vinci, allora ingegnere di Cesare, d il tono giusto. Si tratta sempre di mettere a fuoco le lenti dei binocoli di cui ci si serve per vedere da vicino ci che lontano. * Quando G., traduttrice, mi chiede di spiegare perch tale personaggio a tale momento fa tale gesto, esito e cerco una ragione. Io lho visto fare tale gesto. * Quante volte, di notte, non potendo dormire, ho avuto limpressione di porgere la mano a Znon mentre si rilasciava, coricato sullo stesso letto. Conosco bene quella mano bruna tendente al grigio, fortissima, lunga, con le dita a spatola, poco carnose, con le unghie abbastanza pallide e grandi, tagliate cortissime. Il polso ossuto, il palmo abbastanza incavato e solcato da numerose linee. Ne conosco la pressione, di quella mano, il suo grado esatto di calore. (Non ho mai preso la mano di Adriano.) Questo gesto fisico di porgere la mano a questuomo inventato, lho fatto pi duna volta. Aggiungiamo subito per gli imbecilli i quali leggessero questappunto che, se mi successo spesso di guardare i miei personaggi fare lamore (e talvolta con un certo piacere carnale da parte mia), non mi mai successo di immaginare che mi unissi a loro. Non si fa lamore con una parte di s stesso. * Presenza pi distante, ma infinitamente amichevole, del Priore dei Cordiglieri. * Nulla di pi segreto n di pi difficile da raggiungere che la nozione autentica di un Dio personale (o personalizzato) che si estende un po ovunque sotto le sue forme stereotipate. (LIsvara degli yoghin induisti). Znon ci riesce (o perlomeno riesce ad intravederlo come ipotesi) due o tre ore prima della sua morte. * Il lettore intelligente capir senza che glielo debba dire a chi Znon attribuisce i passi nel corridoio nel momento in cui la sua agonia finisce: Ci ritrovavamo al di l delle contraddizioni.

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* Vi del temperamento di mio padre nel temperamento di Henri-Maximilien. * Fintanto che un essere inventato non ci interessa quanto noi stessi, egli non nulla. * Disincarnarsi per reincarnarsi in qualcun altro. E usare per fare ci le proprie ossa, la propria carne ed il proprio sangue, e le migliaia di immagini registrate da una materia grigia. * Tentare di includere, con il minor numero di cambiamenti possibile, gli spaventosi verbali delle sedute di tortura subite da Campanella, e firmate da un certo Precioso, notaio e cancelliere della corte ecclesiastica di Napoli, con i loro dettagli da vomito. Ma queste indegnit - che anche oggi sono banali fornirebbero probabilmente al lettore solo una scena a effetto in pi, e ci farebbe pensare che io abbia intrapreso un romanzo anticlericale. Latrocit non mai pi orrenda che mostrata nei suoi momenti pi moderati usando delle cautele. Un prelato letterato e cortese ed un vecchio prete ansioso di salvare il suo allievo finiscono comunque col lasciare un uomo condannato al rogo, e col trovare normale che lo sia. Stessa osservazione per la tortura. E pi atroce, in un senso, che Znon la eviti, attraverso una protezione particolare, che se la sopportasse, comera lusanza. * Annotazioni: un unico (ma odioso) crimine protestante contro un intellettuale: Serveto (ma Ochin sembra essere sfuggito per un pelo). Meno esecuzioni di quel che che si creda, se si eliminano le condanne politiche come quelle di More o Cranmer (ma questa lista esclude lInghilterra e la Scozia). Tuttavia terrore ed incertezza ben visibili. Gli eretici luterani e calvinisti corrono pi rischi degli scettici e degli atei. Nessuna condanna per mal costume che colpisca degli intellettuali. Vinci era stato denunciato e indagato, ma niente di pi. Michelangelo attaccato da ricattatori come lAretino, ma niente di pi. Tuttavia, Teofilo sfuggito solo per un pelo; la presunzione di reato sembra aver avuto una parte nel processo di Dolet e calunniosamente, cos sembra, in quello di Vanini. Da notare anche attacchi su questo punto contro Paracelso e (nella sua prima giovinezza) Campanella. Per Campanella, le prove nettissime di reato non hanno avuto alcun peso negli ultimi tre processi. Nessuna condanna di intellettuali per magia. * Adriano muore a sessantadue anni e sei mesi, ma la sua malattia si manifesta due anni e mezzo prima. Cova in lui sin dallanno 130. Dunque, sei anni di malessere pi o meno costante, pi due di sofferenze impazientemente sopportate, che sfociano in una morte abbastanza serena. (Alla quale per altro non assistiamo, poich le Memorie si chiudono naturalmente qualche giorno prima di questa morte.) Znon muore a cinquantanove anni meno sei giorni. Salute vigorosa fino alla fine. Il temperamento asciutto e nervoso; quello di Adriano sanguigno e linfatico allo stesso tempo. Un non so che di gonfio per la malattia nei lineamenti, abbastanza presto nel tempo.

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Entrambi giudiziosi, capaci del freddo colpo docchio. * Interesse di Adriano per la medicina. * Adriano a volte tentato dalloccultismo. Paragonato a Znon, egli non tuttavia che un ricco dilettante. * Due esseri profondamente diversi uno dallaltro: uno ricostruito su frammenti di realt, laltro immaginario, nutrito da una pasta di realt. Le due linee di forza, una mossa dalla realt e risalente verso limmaginario, laltra mossa dallimmaginario e affondante nella realt, si incrociano. Il punto centrale esattamente il sentimento dellESSERE. * Astrologicamente: Adriano Acquario, il segno dellabbondanza e del dono. Znon Pesci, il segno segreto e freddo, il passaggio attraverso labisso. Il cielo di Adriano: Saturno Venere Giove. Quello di Znon: Saturno Mercurio. * Entrambi sensualmente attratti, quasi esclusivamente, dal corpo e dal temperamento maschili. Entrambi capaci di relazioni ed amicizie femminili. Adriano si dedica allamore pi di Znon. * Lomosessualit una visione della vita, mi diceva quarantanni fa Edmond Jaloux a proposito di Alexis, e losservazione era tanto pi sorprendente che proveniva, credo, da un uomo dal comportamento totalmente eterosessuale. Nonostante Alexis, ebbi peraltro qualche difficolt a capire ci che intendeva dire, un po come Znon che segue a scoppio ritardato le parole di Don Blas. * In un certo senso, Sign Ulfsdatter per Znon la sua Plotina. Compagna, quasi sua pari e in cui si ha fiducia. Ma Znon ha posseduto Sign. * La pederastia di Adriano ha un vocabolario e dei riti; essa si inserisce in una tradizione culturale: dissolutezza confessata del mondo romano, bench biasimata come ogni vizio dai moralisti; lirismo dei poeti latini e dei poeti greci; infine tradizione filosofica puramente ellenica (e per nulla romana) alla quale Adriano il Fillelenico si ricollega molto consciamente. Se necessario, falsifica un po la propria realt per farla rientrare in questi ambiti poetici ed eroici. Nulla di tutto ci segreto. * La sessualit di Znon senza vocaboli. Egli respinge con violenza le routine dellamore femminile del suo tempo, la dissolutezza stile fabliau, alla buona, o il modello petrarchesco. Daltronde, i suoi gusti pederastici, per frequenti che fossero allepoca e intorno a lui, sono ufficialmente fuori legge. Quei rapporti segreti e spesso sommari non hanno bisogno di parole. Essi tanto pi segnano linconscio e la coscienza. Antinoo per Adriano un amasio uffi-

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ciale, che ha per cos dire una posizione sociale. Alei rimane un servitore. Le relazioni con Gerhart, Franois Rondelet o Fray Juan (e probabilmente Josse Cassel) non differiscono in nulla da ci che sarebbero oggi relazioni analoghe. La paura del discredito sociale produce ancora quasi esattamente gli stessi effetti che un tempo la paura del rogo. Il quale rogo peraltro, per quanto spesso lo si accendesse, rimane allepoca per la massa degli amanti un rischio eccezionale. E da credere che lamante omosessuale del XVI secolo abbia temuto il fuoco come un Americano oggi con le stesse tendenze teme lespulsione dal corpo diplomatico e forse un po meno. * Rimane il fatto che per Znon ogni sentimento viene eliminato da quellassenza di espressione, o assume delle forme quasi invisibili. Solo i poeti (Shakespeare, Michelangelo), e solo i pi grandi o i pi audaci di loro, hanno potuto, allepoca, esprimersi. In Vinci, al contrario, la costrizione dellespressione si allarga a tutti i sentimenti umani. * Le meditazioni di Znon ne LAbisso sono in parte classiche meditazioni buddistiche (lacqua, il fuoco, le ossa). Nel caso di Znon, le audacie eraclitiane del pensiero alchemico aprivano la via verso questa metafisica e questa psicologia diverse. A rigore, avrei potuto fare reinventare queste ultime da Znon, allo stesso modo che Pascal reinvent la geometria di Euclide partendo da alcune premesse, ma un tale modo di procedere sarebbe stato troppo lento per un romanzo, e accresceva ancora i poteri intellettuali gi considerevoli che attribuivo Znon. Ho preferito immaginarlo sottomesso a quellammirevole osmosi, che, di fatto, si produce quasi sempre tra due mondi estranei uno allaltro, e mostrare Znon mentre prende contatto con lOriente grazie ad un musulmano eretico, egli stesso informato su alcuni metodi del pensiero induista, come lo avevo mostrato mentre prendeva contatto grazie al marrano Don Blas con il pensiero ebraico. * Il vegetarianismo e la profonda tenerezza per il mondo animale sono presenti in Leonardo, come tutti sanno. Si dimentica troppo spesso che la tenerezza, espressa in modo squisito, presente anche in Montaigne. Ne avevo trovato molte tracce in dAubign allepoca in cui studiavo les Tragiques. * Lardore di Znon da paragonare allardore di Giordano Bruno. E pi asciutto. Giordano Bruno innanzi tutto illuminato e poeta. * Campanella, che per certi versi in ritardo sulla corrente del suo secolo (forse effetto dellambiente monacale e dellItalia del Sud), si avvicina molto, dal punto di vista dellargomentazione filosofica, al tono che avrei voluto attribuire a Znon. Ma Znon sarebbe stato incapace di calare il suo pensiero in una utopia qualunque. *
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Bruno e Campanella profondamente poeti, Znon per niente.

* Suicidio. Znon si suicida, non per principio o per una particolare inclinazione, ma imprigionato tra un compromesso inaccettabile e una morte atroce ed inutilmente tale, fa ci che faremmo tutti al suo posto, ci che fece, ad esempio, la madre di K. Lwith minacciata di essere mandata a Dachau. (E nello stesso modo, tagliandosi le vene). Adriano, che si fa segnare sul petto il posto del cuore nel caso cadesse tra le mani dei suoi nemici, avrebbe fatto lo stesso, ed allo stesso modo ad occhi aperti. * Ma Adriano in punto di morte guarda verso il suo passato di uomo, e non verso quei grandi rumori e quelle grandi luci che gi lo portano via. * Il suicidio. Znon, Mishima, Montherlant (morto il 21 settembre 1972, 5 giorni fa scrivo questo il marted 26, 1972). Il corpo straziato, aperto, liberando lanima. (Mishima morto nel novembre 1970. La sua ultima intervista, ne Le Figaro, credo, pubblicata dopo la sua morte, menzionava Memorie di Adriano.) * Znon sullestremo confine del pensiero dinamico e vitalistico e sul limitare del pensiero materialistico e meccanicistico di tipo moderno; noi, che attraverso un lungo cammino siamo tornati a concezioni mentali vicinissime a quelle di un Geber o di un Paracelso, con dietro di noi il mondo della scienza del XVIII e del XIX secolo, ci incontriamo con lui su quei confini. * Innsbruck un periodo di crisi: ultimi trasalimentii dellio. A Bruges, la conversione quasi compiuta. * Personaggi visti dallinterno e dallesterno. Il Priore continuamente visto dallesterno. Solo le sue parole rivelano linterno. Differenze enormi tra linterno e lesterno in Znon, persino senza alcun elemento di ipocrisia. Il capitolo LAbisso deve rivelare lessere interiore. (Stesso effetto in parte per il capitolo Gli ozi estivi.) Ne La conversazione di Innsbruck, linterno si rivela attraverso le parole, ma di conseguenza i pensieri, anche se espressi senza alcun controllo, sono gi formulati. Quando c riflessione data come tale in alcuni altri capitoli, una riflessione nata dallazione ed essa stessa in parte esterna. Nelle conversazioni con il Priore, le parole stesse vengono poste nellambito di riferimento del Priore anche quando Znon contraddice costui, e non vediamo del personaggio che un aspetto, langolo di rifrazione e langolo di incidenza con il suo tempo. Leffetto curioso in un simile caso che il genio cede il posto alla saggezza. * Straordinaria difficolt di mostrare langoscia dellabisso quando langoscia non emozionale, ma metafisica. La maggior parte dei lettori rischia di pensare che non c qui di che preoccuparsi. E quel che succede daltronde in parte a Pascal: la maggior parte dei lettori si sofferma sul Mistero di Ges in

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cui regna lemozione, o sulla parte argomentativa che piace alla loro mente disputativa. Ma si parla de labisso di Pascal come se si fosse prodotto di colpo un buco nella sua camera. Largomento centrale non viene quasi mai affrontato. Altra difficolt quasi insormontabile: presentare la visione mentale invece del concetto intellettuale, senza che il lettore creda che ci sia stata regressione piuttosto che progresso, in Francia soprattutto, dove il concetto intellettuale predomina ad esclusione di quasi ogni altra forma di pensiero. C nella visione mentale una lentezza, e quasi una immobilit che respinge coloro per i quali lintelligenza qualcosa di veloce, anche a costo della superficialit che ci comporta. Gide ha toccato, per eccezione, qualcosa di profondo in I Nutrimenti terrestri, ed egli ha sicuramente pensato che si trattava solo di un paradosso, quando ha detto: Il saggio colui che si commuove per delle prugne. Avere il coraggio di mostrare un personaggio assorto in una contemplazione estenuante e sacra delle prugne o di loro equivalenti. Mostrare quanto lentamente e irreversibilmente una mente si accorge della stranezza delle cose.

NOTA I Taccuini di appunti de LOpera al nero sono stati pubblicati ne La Nouvelle Revue Franaise di settembre 1990, n 452, pp. 40-53, e in quella di ottobre 1990, n 453, pp. 54-67. La presentazione, firmata da Yvon BERNIER, stata pubblicata nel primo di questi due numeri, pp. 38-39. Gli estratti riprodotti qui, inediti in lingua italiana, lo sono con il permes-so di Yannick Guillou, esecutore letterario della scrittrice, e delle Edizioni Gallimard.

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Carnets de notes de LOeuvre au Noir


EXTRAITS
Les Carnets de notes de luvre au noir quon lira ci-aprs sont indits. Conformment la volont de Marguerite Yourcenar, ils seront par la suite incorpors aux diverses ditions de son roman. (Ce dernier avait mrit lauteur, en 1968, le prix Femina dcern pour la premire fois lunanimit des voix.) La premire version de lOEuvre au noir: La Mort conduit lattelage de 1923-1924, retouche en 1934: texte si imparfait, et surtout si maigre, si peu dvelopp et si vaguement motiv, particulirement en ce qui concerne Znon et Nathanal, quil me parat aujourdhui admirable quen dpit de tant de lacunes et de tant de bavures, un critique lpoque ait pu reconnatre et nommer le thme de chaque partie de la trilogie: lesprit, le corps, lme. Je ny avais pas pens moi-mme. * Lme, lesprit, le corps. Trilogie admirable, certes, et lon pense aussitt, avec ce long branlement que laissent derrire soit les phrases des potes, ladmirable Nol de Rimbaud dans Une saison en enfer: Les Rois de la vie, les trois mages, le corps, lme, lesprit Oui. Mais quand on sapproche de trs prs dun personnage, on saperoit quel point ces allgories bien dfinies contredisent la ralit. Le corps, lme, et lesprit, imbriqus; bien plus, formes diffrentes prises par une seule substance vivante et sentiente. Il y a, coup sr, entre les trois lments, diffrence de dosage lintrieur de chaque tre, comme il y a dans chaque tre diffrence de dosage entre les components du sexe. Lesprit domine davantage chez Znon, mais lesprit est en quelque sorte activ par llan continu et presque furieux de lme, et ne se dvelopperait pas non plus sans les expriences et le contrle du corps. * (Ce qui ne veut pas dire que Znon ni moi niions lme. Mais lme est une ralit laquelle presque personne na peut-tre encore accd.) * Plus je vais, plus cette folie qui consiste refaire des livres anciens me parat une grande sagesse. Chaque crivain ne porte en soi quun certain nombre dtres. Plutt que de reprsenter ceux-ci sous les traits de personnages nouveaux, qui ne seraient gure que des personnages anciens prnomms autrement, jai mieux aim approfondir, dvelopper, nourrir ces tres avec qui javais dj lhabitude de vivre, apprendre les mieux connatre mesure que je connais mieux la vie, perfectionner un monde dj mien. Je nai jamais compris quon se rassasit dun tre, fais-je dire Hadrien parlant de ses amours. Je nai jamais cru non plus que je pusse me rassasier dun personnage que javais cr. Je nai pas fini de les regarder vivre. Ils me rserveront des surprises jusqu la fin de mes jours. * Hadrien pouvait jusqu un certain point dans ses spculations sincliner jusqu nous; nous, dautre part, par la passerelle de la sagesse antique quil dpend de nous dutiliser encore, nous pouvions nous approcher dHadrien. Les personnages de lOEuvre au noir ne rpondent que deux-mmes, seuls, contradictoires, dlimits par leurs acceptations, et aussi par leurs refus, mar-

MARGUERITE YOURCENAR

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qus par leur temps, et parfois aussi par ce en quoi ils chappent leur temps, quitte parfois se meurtrir contre les parois dont ils sont prisonniers. Conscient chez Znon, qui se sert pour sortir de son temps des moyens dialectiques quil lui a fournis, ce mouvement dvasion est inconscient chez Anna, li la vie profonde du corps; chez Nathanal, jai tent de montrer cette trange libert qui est celle de lme, et qui se passe des mots et des reprsentations. LOEuvre au noir est une tentative de montrer cette trange libert qui se dveloppe peu peu en nous, quand nous ne lui refusons pas lexistence, et qui permet dchapper certaines tyrannies et dtre quelles que soient les circonstances nous-mmes, mais meurtris, dforms, presque dfigurs par la coutume et la ncessit. * Il faut passer par la dbauche pour sortir de la dbauche, il faut passer par lamour au sens conventionnel du terme pour juger lamour; il faut passer par lhistoire pour se dgager des piges de lhistoire cest--dire de ceux de la socit humaine elle-mme dont lhistoire nest quune srie darchives. Dboucher sur ce temps o nest pas lhomme. * En 1971, jai refait dans les rues de Bruges chacune des alles et venues de Znon. Comment, par exemple, il variait son itinraire pour se rendre la forge, pour y soigner Han. quel point se trouvait lauberge o il prenait ses repas. quel angle de rues il a vu passer Idelette prisonnire. Promenades du matin, tout un mois davril, parfois au soleil, plus souvent sous la brume ou la pluie fine. Et avec moi Valentine la belle, la douce, la blonde, celle qui aboyait avec force contre les chevaux (et je len empchais), celle qui courait joyeusement dans la cour du Gruuthuse, celle qui bondissait dans le jardin du Bguinage parmi les jonquilles et maintenant (six mois plus tard, 3 octobre 1971) aussi morte quIdelette, que Znon, quHilzonde. Et personne ne me comprendra si je dis que je ne men consolerai jamais, pas plus que dune mort humaine. * O, quand, et comment? O que ce soit, quelle date et peu importe quels moyens, je suis sre davoir mon chevet un mdecin et un prtre Znon et le prieur des Cordeliers. * Cest en juin 1964 Salzbourg, en assistant (agenouille sur les dalles) la messe dans lglise des Franciscains que jai vu pour la premire fois se dessiner tout entier le personnage du prieur des Cordeliers. Je nen avais jusque-l entrevu que les abords (les mentions du prieur dans Le Retour Bruges). * LOEuvre au noir commence (sous un autre titre) lpoque o javais lge du jeune Znon, du jeune Henri-Maximilien du dbut du livre. Termine quand jai un peu plus de lge quont Znon et Henri-Maximilien quand ils butent sur leur mort. * Rptitions (mantras). Au temps o jcrivais la seconde et la troisime

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partie de ce livre, il mest souvent arriv de me rpter silencieusement ou mi-voix moi-mme: Znon, Znon, Znon, Znon, Znon, Znon Vingt fois, cent fois, davantage. Et sentir qu force de dire ce nom un peu plus de ralit se coagulait. Je ne mtonne pas des pratiques mystiques et par lesquelles les fidles, force de rpter des milliers de fois son nom, appellent Dieu, ou dans la magie populaire, des amants qui appellent lobjet quils ont perdu. * Chaque conversation est une manire dajouter au model du personnage. * La visite Mnster de 1956 lautomne de Suez presque aussi sombre que limage du pass elle-mme. * Une des lignes concernant lenfant des nuits blanches est tire dun pome de Thophile. * Ma vie immobile date de prs de dix ans. (1978) * certains aspects, prison plutt que vie immobile puisquil ne dpend plus de moi de franchir la porte ouverte. * Lobsession de la maladie observe sur autrui. * Znon et Henri-Maximilien meurent tous les deux, je men aperois la relecture, en fvrier. Jai vainement essay de changer le mois pour ce dernier. La scne tait perue comme une scne de fin dhiver italien. * Znon et Henri-Maximilien (je men aperois aussi la relecture) finissent tous deux par un refus: Henri refuse les honneurs et senlise dans sa vie de capitaine pauvre, Znon refuse la rtractation qui lui sauverait la vie. Tous deux ont mis longtemps sapercevoir que le refus devait tre fait. * Le nombre de mauvaises raisons ou si lon prfre de motivations intermdiaires que Znon se donne avant de se trouver face face avec Hic Zeno, puis Zeno in aeternum. * Autant quon pense en langage articul, Znon pense en latin du Moyen ge. Il faut, de temps en temps donner le la. * Ces gemmes dont chacune symbolise un moment du Grand OEuvre dans lune des premires rpliques de Znon est une bourde. Il ny a pas de pareilles gemmes. Entre ces gemmes maintenues en 1956 et jusquen 1967 de la version de 1924, et les prsents mtaux, il y a dix ans de lectures alchimiques.

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* Dans la version gauche et encore nave en 1924 publie en 1934, Znon fait encore figure de philosophe libral ayant toujours la vrit matrialiste et logique de son ct. Conception voisine de celle que les radicaux des annes 1880 se faisaient de Giordano Bruno, et galement fausse. Le principal changement sest produit durant une soire chez Alf, vers 1958: pendant laudition dune srie doeuvres de Bach, jai entirement compos en esprit, avec environ six ou sept ans davance sur la composition relle, la conversation entre Znon et le chanoine quelques heures avant la mort de Znon. Une fois sortie de cette soire, la musique finie, jai compltement oubli ce dialogue. Mais je savais que je le retrouverais un jour. * Le paragraphe, au dbut du chapitre II, dcrivant le pre de Znon, tait lun des pires morceaux gards de 1924. Le roman historique compris par un tudiant dhistoire. En pareil cas, il ny a de vrit historique qutroitement spcifique. Stait complu dinterminables entretiens avec Lonard de Vinci, alors ingnieur de Csar est fort sot; stait complu parler chevaux et machines de guerre avec Lonard de Vinci, alors ingnieur de Csar, donne le ton juste. Il sagit toujours de mettre au point les verres des jumelles dont on se sert pour voir de prs ce qui est loin. * Quand G., traductrice, me demande dexpliquer pourquoi tel personnage tel moment fait tel geste, jhsite et je cherche une raison. Je lai vu faire tel geste. * Que de fois, la nuit, ne pouvant dormir, jai eu limpression de tendre la main Znon se reposant dexister, couch sur le mme lit. Je connais bien cette main dun brun gris, trs forte, longue, aux doigts en spatules, peu charnus, aux ongles assez ples et grands, coups ras. Le poignet osseux, la paume assez creuse et sillonne de nombreuses lignes. Jen connais la pression, de cette main, son degr exact de chaleur. (Je nai jamais pris la main dHadrien.) Ce geste physique de tendre la main cet homme invent, je lai plus dune fois fait. Ajoutons tout de suite pour les imbciles qui liraient cette note que, sil mest arriv souvent de regarder mes personnages faire lamour (et parfois avec un certain plaisir charnel de ma part), il ne mest jamais arriv de mimaginer munissant eux. On ne couche pas avec une partie de soi-mme. * Prsence plus distante, mais infiniment amicale, du prieur des Cordeliers. * Rien de plus secret ni de plus difficile atteindre que la notion authentique dun Dieu personnel (ou personnalis) qui stale un peu partout sous ses formes strotypes. (LIsvara des yogis hindous.) Znon y arrive (ou en tout cas arrive lentrevoir en tant quhypothse) deux ou trois heures avant sa mort. * Le lecteur intelligent comprendra sans que je lui dise qui Znon attribue les pas dans le corridor linstant o son agonie prend fin: Nous nous retrouvions au-del des contradictions.

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* Il y a du temprament de mon pre dans le temprament dHenriMaximilien. * Tant quun tre invent ne nous importe pas autant que nous-mmes, il nest rien. * Se dsincarner pour se rincarner en autrui. Et utiliser pour le faire ses os, sa chair et son sang, et les milliers dimages enregistres par une matire grise. * Tenter dinclure, avec le minimum de changements, les pouvantables procs-verbaux des sances de torture subies par Campanella, et signs par un certain Prcioso, notaire et greffier de la cour ecclsiastique de Naples, avec leurs dtails vomir. Mais ces indignits qui de nos jours aussi sont banales ne fourniraient probablement au lecteur quune scne sensation de plus, et ferait croire que jai entrepris un roman anticlrical. Latrocit nest jamais plus affreuse que montre dans ses moments les plus modrs gardant des mnagements. Un prlat lettr et courtois et un vieux prtre anxieux de sauver son lve aboutissent quand mme laisser un homme condamn au feu, et trouver normal quil le soit. Mme remarque pour la torture. Il est plus atroce, en un sens, que Znon lvite, par une protection particulire, que sil la subissait, comme ctait lusage. * Remarques: un seul (mais odieux) crime protestant contre un intellectuel: Servet (mais Ochin semble avoir chapp de justesse). Moins dexcutions quon ne le croirait, si lon limine les condamnations politiques comme More ou Cranmer (mais cette liste laisse de ct lAngleterre et lcosse). Nanmoins terreur et incertitude bien visibles. Les hrtiques luthriens et calvinistes courent plus de risques que les sceptiques et les athes. Pas de condamnations de moeurs frappant des intellectuels. Vinci avait t dnonc et inquit, mais sans plus; Michel-Ange attaqu par des matres chanteurs comme lArtin, mais sans plus. Toutefois, Thophile na chapp que de justesse; la prsomption semble avoir jou un certain rle dans le procs de Dolet et, calomnieusement, semble-t-il, dans celui de Vanini. Noter aussi attaques sur ce point contre Paracelse et (dans sa premire jeunesse) Campanella. Pour Campanella, la conviction trs nette na jou aucun rle dans les trois derniers procs. Pas de condamnations dintellectuels pour magie. * Hadrien meurt soixante-deux ans et six mois, mais sa maladie se dclare deux ans et demi plus tt. Elle couve en lui ds lanne 130. Donc, six ans de mal-tre plus ou moins constant, plus deux de souffrances impatiemment ressenties, aboutissant une mort assez douce. ( laquelle dailleurs on nassiste pas, les Mmoires se terminant comme de juste quelques jours avant cette mort.) * Znon meurt cinquante-neuf ans moins six jours. Sant vigoureuse jusquau bout. Le temprament est sec et nerveux; celui dHadrien sanguin et

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lymphatique tout ensemble. On ne sait quoi de gonfl par la maladie dans les traits, dassez bonne heure. * Tous deux judicieux, capables du coup doeil froid. * Inttt dHadrien pour la mdecine. * Hadrien parfois tent par locculte. Compar Znon, il ny est pourtant quun riche amateur. * Deux tres profondment diffrents lun de lautre: lun reconstruit sur des fragments de rel, lautre imaginaire, mais nourri dune bouillie de ralit. Les deux lignes de force, lune partie du rel et remontant vers limaginaire, lautre partie de limaginaire et senfonant dans le rel, sentrecroisent. Le point central est prcisment le sentiment de lTRE. * Astrologiquement: Hadrien Verseau, le signe de labondance et du don. Znon Poissons, le signe secret et froid, le passage par labme. Le ciel dHadrien: Saturne Vnus Jupiter. Celui de Znon: Saturne Mercure. * Tous deux sensuellement attirs, presque exclusivement, par le corps et le temprament masculins. Tous deux capables de liaisons et damitis fminines. Hadrien a plus de loisirs pour lamour que Znon. * Lhomosexualit est une vue sur la vie me disait il y a quarante ans Edmond Jaloux propos dAlexis, et la remarque tait dautant plus frappante quelle provenait, je crois, dun homme au comportement totalement htrosexuel. En dpit dAlexis, jeus dailleurs quelque mal comprendre ce quil voulait dire, un peu comme Znon ne suit qu retardement les propos de Don Blas. * En un sens, Sign Ulfsdatter est pour Znon sa Plotine. Compagne, presque gale, et qui lon fait confiance. Mais Znon a possd Sign. * La pdrastie dHadrien a un vocabulaire et des rites; elle est installe dans une tradition de culture: dbauche avoue du monde romain, bien que blme comme toute dbauche par les moralistes; lyrisme des potes latins et des potes grecs; enfin tradition philosophique purement hellnique (et nullement romaine) vers laquelle Hadrien le Philhellne remonte trs consciemment. Au besion, il falsifie un peu sa ralit lui pour la faire entrer dans ces cadres potiques et hroques. Rien de tout cela nest secret. * La sexualit de Znon est sans vocabulaire. Il rejette violemment les routines de lamour fminin de son temps, la dbauche style fabliau, la bonne franquette, ou la quintessence ptrarquiste. Dautre part, ses gots pdras-

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tiques, si frquents quils fussent lpoque et autour de lui, sont officiellement hors la loi. Ces rapports secrets et le plus souvent sommaires se passent de mots. Ils ne marquent que davantage linconscient et la conscience. Antinos est auprs dHadrien un romne attitr, qui a pour ainsi dire une position sociale. Ale reste un valet. Les liaisons avec Gerhart, Franois Rondelet ou Fray Juan (et probablement Josse Cassel) ne diffrent en rien de ce que seraient de nos jours des liaisons analogues. La peur de la dconsidration sociale produit encore peu prs exactement les mmes effets quautrefois la peur du bcher. Lequel, dailleurs, si souvent quil sallumt demeure pour la masse des amants un risque exceptionnel lpoque. Il est croire que lamant homosexuel du XVI sicle a craint le feu comme un Amricain de nos jours et de mmes tendances craint le renvoi hors du corps diplomatique et peut-tre un peu moins. * Reste que pour Znon tout romanesque est limin par ce manque dexpression, ou prend des formes quasi invisibles. Seuls les potes (Shakespeare, Michel-Ange), et seulement les plus grands ou les plus audacieux dentre eux, ont pu, lpoque, sexprimer. Chez Vinci, au contraire, la contrainte de lexpression stend tous les sentiments humains. * Les mditations de Znon dans LAbme sont en partie de classiques mditations bouddhiques (leau, le feu, les ossements). Dans le cas de Znon, les audaces hraclitiennes de la pense alchimique ouvraient la voie vers cette mtaphysique et cette psychologie diffrentes. la rigueur, jaurais pu faire rinventer ces dernires Znon, comme Pascal rinventa la gomtrie dEuclide en partant de certaines prmisses, mais une telle dmarche et t trop lente pour une oeuvre romanesque, et survoltait encore les pouvoirs intellectuels dj considrables que je prtais Znon. Jai prfr le supposer soumis cette admirable osmose, qui, en fait, se produit presque toujours entre deux mondes trangers lun lautre, et montrer Znon prenant contact avec lOrient grce un musulman hrtique, lui-mme renseign sur certaines mthodes de la pense hindoue, tout comme je lavais montr prenant contact grce au marrane Don Blas avec la pense juive. * Le vgtarisme et la profonde tendresse pour le monde animal sont dans Lonard, comme chacun sait. On oublie trop que la dernire, exprime dexquise faon, est aussi dans Montaigne. Et jen avais, lpoque o jtudiais les Tragiques, trouv nombre de traces chez dAubign. * Lardeur de Znon est comparer lardeur de Giordano Bruno. Elle est plus sche. Bruno est avant tout illumin et pote. * Campanella, qui certains points de vue retarde sur le courant de son sicle (effet du milieu monacal et Italie du Sud, peut-tre), se rapproche beaucoup, du point de vue de largumentation philosophique, du ton que jaurais voulu donner Znon. Mais Znon et t incapable de couler sa pense dans une utopie quelconque.

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* Bruno et Campanella profondment potes, Znon pas du tout. * Suicide. Znon se suicide, non par principe ou du fait dune particulire attirance, mais coinc entre un compromis inacceptable et une mort atroce et inutilement telle, il fait ce que nous ferions tous sa place, ce que fit, par exemple, la mre de K. Lwith menace dtre envoye Dachau. (Et de la mme manire, en souvrant les veines.) Hadrien, qui se fait marquer sur la poitrine la place du coeur pour le cas o il tomberait entre les mains de ses ennemis, et fait de mme, et mmement les yeux ouverts. * Mais Hadrien mourant regarde vers son pass dhomme, et non vers ces grands bruits et ces grandes lumires qui dj lemportent. * Le suicide. Znon, Mishima, Montherlant (mort le 21 septembre 1972, il y a 5 jours jcris ceci le mardi 26, 1972). Le corps dchir, ouvert, librant lme. (Mishima mort en novembre 1970. Sa dernire entrevue, dans le Figaro, je crois, publie aprs sa mort, mentionnait Mmoires dHadrien.) * Znon sur lextrme bord de la pense dynamique et vitaliste et lore de la pense matrialiste et mcanistique de type moderne; nous, qui par un long chemin sommes revenus des conceptions mentales trs proches de celles dun Geber ou dun Paracelse, avec derrire nous le monde de la science du XVIII et du XIX sicle, nous nous rencontrons avec lui sur ces confins. * Innsbruck est une priode de crise; derniers soubresauts du moi. Bruges, la conversion est peu prs accomplie. * Personnages vus de lintrieur et de lextrieur. Le prieur est continuellement vu de lextrieur. Ses paroles seules rvlent lintrieur. Diffrences normes entre lintrieur et lextrieur chez Znon, mme sans aucun lment dhypocrisie. Le chapitre lAbme doit rvler ltre intrieur. (Mme effet en partie pour le chapitre Les loisirs de lt.) Dans La conversation Innsbruck, lintrieur se rvle par les paroles, mais par consquent les penses, mme exprimes sans aucun contrle, sont dj formules. Lorsquil y a rflexion donne comme telle dans certains autres chapitres, cest une rflexion ne de laction et elle-mme en partie extrieure. Dans les conversations avec le prieur, les paroles elles-mmes sont places dans le champ de rfrence du prieur mme lorsque Znon contredit celui-ci, et nous ne voyons du personnage quune face, langle de rfraction et langle dincidence avec son temps. Leffet curieux en pareil cas est que le gnie cde la place la sagesse. * Extraordinaire difficult de montrer langoisse de labme lorsque langoisse nest pas motionnelle, mais mtaphysique. La plupart des lecteurs risquent de penser quil ny a pas l de quoi sinquiter. Cest ce qui arrive

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dailleurs en partie Pascal, o la plupart des lecteurs sattachent au Mystre de Jsus o lmotion rgne, ou la partie argumentative qui plat leur esprit disputatif. Mais on parle de labme de Pascal comme sil stait produit soudain un trou dans sa chambre. Le sujet central nest presque jamais abord. Autre difficult presque insurmontable: prsenter la vision mentale au lieu du concept intellectuel, sans que le lecteur croie quil y a eu rgression plutt que progrs, en France surtout, o le concept intellectuel prdomine lexclusion de presque toute autre forme de pense. Il y a dans la vision mentale une lenteur, et presque une immobilit qui rebute ceux pour qui lintelligence est quelque chose de rapide, mme au prix de la superficialit que cela entrane. Gide a touch, par exception, quelque chose de profond dans les Nourritures terrestres, et sans doute a-t-il cru quil ne sagissait que dun paradoxe, quand il a dit: Le sage est celui qui smeut pour des prunes. Avoir le courage de montrer un personnage qui sabsorbe dans une contemplation puisante et sacre des prunes ou leurs quivalents. Montrer combien lentement et irrversiblement un esprit saperoit de ltranget des choses.

NOTE Les Carnets de notes de lOEuvre au noir ont paru dans la livraison de La Nouvelle Revue Franaise de septembre 1990, n 452, p. 40 p. 53, et dans celle doctobre 1990, n 453, p. 54 p. 67. La prsentation, signe par Yvon BERNIER, a t publie dans le premier de ces deux numros, p. 38 et 39. Les extraits reproduits ici, indits en langue italienne, le sont avec la permission de M. Yannick Guillou, excuteur littraire de lcrivain, et des Editions Gallimard.

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Marguerite Yourcenar e il cinema


Seguito dallintervista del cineasta Andr Delvaux riguardo il suo adattamento di una parte de LOPERA AL NERO.

Intervista di DOMINIQUE GABORET-GUISELIN e JEAN-PIERRE EMERY a ANDR DELVAUX


20 marzo 1987

MARGUERITE YOURCENAR E LAUDIOVISIVO


I rapporti di Marguerite Yourcenar con laudiovisivo sono sempre stati complessi, spesso difficili, a volte disastrosi. In una lettera prefazione al disco che ha realizzato con la cantante di Gospel Marion Williams e il cui titolo anglo-sassone precious memories (ricordi preziosi), Marguerite Yourcenar annota: uno scrittore appartiene al mondo della parola scritta e non della parola enunciata o cantata. Questa registrazione a due voci presenta testi cantati a cappella da Marion Williams, ed altri recitati da Marguerite Yourcenar. Il lavoro realizzato negli Stati Uniti avrebbe dovuto essere integrato con una o due rappresentazioni allEspace Cardin a Parigi. Lo spettacolo non fu mai eseguito per sopraggiunti problemi di salute della cantante afro-americana. Dopo la morte di Marguerite Yourcenar ho tentato invano di avviare una corrispondenza con Marion Williams; desideravo conoscere i dettagli di realizzazione di questa registrazione. Marion Williams morta Filadelfia il 2 luglio 1994. Questo disco ha avuto scarsa circolazione e viene menzionato di rado. In quanto alle altre partecipazioni di Marguerite Yourcenar a trasmissioni radiofoniche o televisive, lei stessa dice di averle accettate per fare cosa gradita a qualche amico, in Francia, in Italia, in Inghilterra. Per la Francia segnaliamo Radioscopie, chiacchierata di 5 ore con Jacques Chancel, le due puntate di Apostrophes con Bernard Pivot, i due cortometraggi, uno riguardante i gospel e i neri americani del sud degli Stati Uniti, laltro riguardante lisola di Mount Desert lIsola felice. Prima di affrontare la questione cinema, bisogna fare un cenno particolare ai colloqui realizzati per France Culture da Patrick de Rosbo. Trasmessi dall11 al 16 gennaio 1971, verranno pubblicati nel 1972 dalla casa editrice Mercure de France. Furono realizzati in condizioni difficili sia per la scrittrice (che aveva problemi gravi di salute e serie preoccupazioni) che per Patrick de Rosbo per il quale era il primo lavoro importante. Sia una che laltro conserveranno un ricordo amaro di questo lavoro le cui qualit sono importanti, come primo approccio di analisi letteraria di unopera ancora poco conosciuta nonostante limmenso successo delle MEMORIE DI ADRIANO. Alcuni malintesi porranno fine ai loro rapporti. Per quanto riguarda il cinema possiamo affermare senza paura di sbagliare che i rapporti di Marguerite Yourcenar con la settima arte sono stati per lo pi problematici. In MONETA DEL SOGNO e nellopera teatrale DARE A CESARE, i cui temi sono identici, la scrittrice fa il ritratto senza artifici n indulgenza di unattrice di cinema: Angiola Fides, tipo umano che sacrifica tutto alle apparenze e al successo. Andr Malraux alla fine del suo saggio Studio di una psicologia del cinema cos scriveva: Il cinema unarte, anche unindustria; i preconcetti di Marguerite Yourcenar nei confronti delle fabbriche di sogni sono espressi spesso direttamente nei suoi colloqui e in filigrana nelle sue opere. Essa aveva tuttavia accettato di affidare a Vlker Schlndorf ladattamento del suo romanzo IL COLPO DI GRAZIA. Le conversazioni riferite da alcuni amici intimi, tra cui Yvon Bernier, e la corrispondenza a nostra disposizione,

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dimostrano quanto Marguerite Yourcenar non sia stata soddisfatta delladattamento del suo libro al cinema. Da quel momento avrebbe rifiutato ogni altra proposta limitando i suoi interventi a conversazioni filmate e registrate con alcuni giornalisti. Risult, perci, sorprendente, nel 1986, la notizia delladattamento cinematografico di una parte de LOPERA AL NERO, libro che le stava particolarmente a cuore, da parte di un cineasta; il regista prescelto era Andr Delvaux, cineasta belga. Sollecitai allora un incontro con Andr Delvaux. Egli in quel periodo lavorava per via epistolare e con contatti diretti con Marguerite Yourcenar nel corso dei brevi passaggi di questultima a Parigi. La data dellappuntamento venne fissata per il 26 marzo 1987 e il testo che segue fu riletto da Andr Delvaux. Al momento delluscita del film non volle per che le sue parole fossero divulgate. Esse fanno luce su un lavoro che, personalmente, giudico fallito. Marguerite Yourcenar non vedr mai il film uscito pochi giorni dopo la sua morte nel dicembre 1987. Si tratta oggi di un lavoro di memoria e di esattezza che il lettore interpreter attraverso il proprio giudizio e a seconda del suo personale parere riguardo al film. Intervista con ANDR DELVAUX: DOMINIQUE GABORET-GUISELIN Sta per adattare al cinema LOPERA AL NERO di Marguerite Yourcenar. Cosa Lha portata a pensare a questo adattamento? La densit dellopera non rende difficile il suo adattamento? Tanto pi, credo, che solo la parte finale de LOPERA AL NERO il soggetto del Suo film. ANDR DELVAUX Il film non restituir il romanzo de LOPERA AL NERO. Il fatto che veramente inutile, superfluo e aberrante fare una traduzione cinematografica di unopera esistente che unopera compiuta. Lopera fatta ed presente, diceva Baudelaire. Non penso di fare IL ROSSO E IL NERO di Autan-Lara. Ho una formazione letteraria e musicale. Ho studiato la filologia germanica e mi sono nutrito di letteratura fiamminga, tedesca, anglo-sassone, e poi francese. Potevo diventare un musicista, ma le circostanza hanno fatto s che io non abbia intrapreso tale via. Lamore per il cinema mi ha tuttavia portato a fare un primo film solo tardivamente. Nutro rapporti quotidiani e felici con la letteratura e la musica, al di l delle mie attivit cinematografiche. La scelta dei soggetti che ho adattato non mai stata fatta in funzione di una richiesta commerciale e le opere che ho privilegiato non hanno nessuna apparenza immediatamente cinematografica. Come per esempio, LHOMME AU CRNE RAS che una riflessione egocentrica di uno scrittore fiammingo, un flusso di coscienza. Allo stesso modo, APPUNTAMENTO A BRAY di Julien Gracq. Ladattamanto che faccio di unopera non un doppione dellopera. Mi servo dellopera come punto dappoggio per un sogno. E una sorta di rapporti di parentela che si sviluppano. Quando, circa sei anni fa, ho parlato di un adattamento possibile de LOPERA

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AL NERO di Marguerite Yourcenar, coloro che non avevano letto il romanzo hanno trovato lidea eccellente, ma la prima reazione di coloro che conoscevano il romanzo stata di chiedere come ladattamento potesse operarsi. La cosa non mi preoccupa. Quando unopera mi colpisce profondamente e mi ha fatto riflettere molto, mi pu venire lidea di trasformare questo nutrimento letterario in linguaggio cinematografico, ben sapendo che tale linguaggio assolutamente diverso dal linguaggio scritto, letterario. Infatti, se LOPERA AL NERO fosse adattata musicalmente per diventare una sinfonia, a nessuno verrebbe in mente di cercare un nesso necessario con lopera letteraria. Per ladattamento cinematografico, il rapporto con lopera identico. Dopo una lunga maturazione e una lunga riflessione sullopera letteraria, questultima pu eventualmente diventare unopera cinematografica. Il problema delladattamento non ci che si intende solitamente. Per esempio, per quanto riguarda IL COLPO DI GRAZIA, adattato al cinema da Vlker Schlndorf, esiste una certa fedelt letteraria, ma ci sono delle digressioni nei confronti dellopera. Marguerite Yourcenar non daccordo con questadattamento perch gli attori scelti sono molto meno giovani che nel romanzo e dunque, per questo motivo, la loro psicologia non pi credibile. Inoltre, latmosfera non pi specificatamente baltica, lo stile scivolato verso uno stile pseudo-austriaco. LOPERA AL NERO mi ha profondamente colpito, in particolare attraverso litinerario di Znon in quanto personaggio dissidente, che nasce come europeo. E un personaggio che parla il mio linguaggio e benissimo dei miei problemi. Inoltre, la mentalit fiamminga del XVI secolo stata restituita benissimo. Al limite, ho ritrovato in questo romanzo qualcosa di pi ricco che nei romanzi dei miei compatrioti, bench Marguerite Yourcenar non sia fiamminga. E unopera essenziale nella letteratura fiamminga anche se di lingua francese. Sono visceralmente molto vicino a quest'opera. Avevo un insieme di idee precise prima di scrivere a Marguerite Yourcenar per chiederle l'autorizzazione ad adattare questo romanzo. Le mie idee miravano a spianare il terreno. Non voglio fare un film storico con messinscena sfarzosa, che dia di quellepoca lidea che siamo soliti averne. Non mia intenzione per due motivi. Quando c uno sfoggio spettacolare, come nel film IL NOME DELLA ROSA di Jean-Jacques Annaud per esempio, film che per altro apprezzo, il tragitto personale del personaggio si smarrisce. Ora, ci che voglio, realizzare un approccio intimista a Znon: un personaggio ed i suoi rapporti con gli altri. Daltra parte, i personaggi non saranno obbligatoriamante posti nel quadro storico proposto da Marguerite Yourcenar. Non vi sar fedelt alla Storia. In caso di ricostruzione storica, si crea poi un problema economico di produzione. Rifiuto inoltre di utilizzare la fine del Medio Evo come pretesto per scene tipiche e sfondi ambientali (tendaggi, rogo, inquisizione). Ho scritto una lunga lettera a Marguerite Yourcenar a questo proposito per spiegarle che pensavo a questo tipo di approccio, cio un approccio possibile dellinsieme dellopera. Ci che a me sembrava possibile, era adattare il punto di vista di Znon. LOPERA di Marguerite Yourcenar partecipa al tempo stesso del dialogo di Platone e del dialogo di Erasmo. E un mondo interamante costruito dallautrice e, nel caso specifico, la fedelt allopera significa capirne lo spirito e

restituirlo in un linguaggio diverso, quello del cinema. Il linguaggio letterario e il linguaggio cinematografico sono fondamentalmente diversi. Non era possibile, neanche, concepire lapproccio al mondo esoterico, mondo oscuro per uno spettatore non informato. Inoltre, questi misteri mi sfuggono. Cos, ho presentato la mia visione de LOPERA AL NERO a Marguerite Yourcenar, la quale mi ha risposto con una lettera molto felice. Desiderava incontrarmi, ma mi diceva anche le sue reticenze verso il cinema, e mi faceva tre o quattro domande alle quali ho risposto esaurientemente. Avevo allora in cantiere un film, Benvenuta, un adattamento molto trasformato di unopera di Suzanne Lilar, membro dellAccademia Reale del Belgio che conosce bene Marguerite Yourcenar. Ho aspettato la fine di quel film e di un altro che avevo iniziato, Babel Opra, legato a Don Giovanni, per riprendere contatto con Marguerite Yourcenar, un anno e quattro mesi fa, per chiederle se fosse possibile proseguire la nostra conversazione. Fu deciso un incontro a Bruxelles. Fui sorpreso di incontrare una donna aperta ai miei discorsi e ci siamo intesi subito su LOPERA AL NERO. Lei stessa ha suggerito un certo numero di cose e ha fatto delle considerazioni che sono quelle di un vero cineasta. Era daccordo sul fatto che il discorso storico generale non fosse un buon punto di appoggio per questo film e che fosse necessario ancorare tutto a Znon. A tal fine, mi disse che il metodo migliore era di privilegiare un episodio della vita di Znon. Il bagno in mare di Znon? Sarebbe troppo difficile risalire nel tempo. La morte del Priore? No, piuttosto lincontro con il Priore e il ritorno a Bruges che permette di disporre per il film di una consistente porzione di vita. Il problema di parlare di ci che ha formato Znon (la sua infanzia, i suoi rapporti con Henri-Maximilien). La materia del film nata: il passato di Znon pu affiorare solo attraverso il ricordo, il sogno, eventualmente il suo immaginario. Ma il problema sta nel fatto che Znon non vive del suo immaginario. Egli vicinissimo alla realt. Non dunque possibile adattare una tecnica in contraddizione con questo fatto: bisogna dunque ricostruire lessenziale della vita di Znon senza ricorrere allimmaginario. Ho concluso una prima tappa lanno scorso terminando la scenografia per negoziare la produzione. Ho spedito la scenografia a Marguerite Yourcenar la quale mi ha mandato, tre settimane fa, un telegramma per dirmi che trovava bellissima la scenografia e per darmi il suo pieno accordo. D.G.G. Lei ha conciliato le due esigenze: la Sua e quella di Marguerite Yourcenar? A.D. E indispensabile Znon lei. Lho rivista ieri; siamo in perfetto accordo. Abbiamo esaminato ci che pi laveva colpita. Le ho mostrato alcune localizzazioni degli esterni, di citt e dei luoghi in cui avevo in mente di girare. D.G.G. Bruges, suppongo?

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A.D. La maggior parte del film sar girata nelle Fiandre e a Bruges, nel nord della Francia e in Italia. Conserveremo le scene che si svolgono a Innsbrck ed a Colonia. Ho a lungo cercato un attore per interpretare Znon. Un film una successione di immagini e di suoni: uno Znon non deve avere la faccia di un attore conosciuto e famoso. Ho scelto Gian Maria Volont. E un grande attore, ma non un attore da prima pagina e che annuller Znon con la sua personalit. Gli attori sono nellinsieme poco conosciuti o del tutto sconosciuti ed il film si far in francese. I dialoghi rispetteranno la lingua di Marguerite Yourcenar. Ho cercato delle forme simili a quelle usate dallautrice. Non ho inventato nulla: si tratta de LOPERA AL NERO, ma non di tutta LOPERA AL NERO. D.G.G. Al momento del suo ritorno a Bruges, Znon un uomo relativamente giovane per la nostra epoca e anziano per quellepoca, il XVI secolo: egli ha circa cinquantanni. A.D. Delle retrospettive sono possibili, ma non troppo indietro nel tempo. Znon non sar un personaggio che si trasforma. La fetta di vita di Znon nel film si estender su una decina danni. D.G.G. In quel periodo della sua vita, ci sono dei momenti di grande intensit, come il suo bagno nel mare. A.D. Znon un uomo che si purifica. Lidea del bagno, come tutte le idee pi belle, molto semplice. Znon calcola quanto gli rimane da vivere e il bagno ha per lui un valore metafisico. D.G.G. Adriano, Znon, un uomo oscuro, sono tutti uomini della stessa famiglia di anime. Esiste una parentela nettissima tra questi tre tipi di uomini, nonostante la loro posizione sia diversissima nella societ e nellepoca in cui vivono. A.D. Non sono uno specialista dellopera di Marguerite Yourcenar, che, certo, ho letto, ma LOPERA AL NERO che ho privilegiato. Il dialogo gi scritto. Come ho gi spiegato, in accordo con lautrice, ho adattato un ambito ristretto. Il film non durer pi di due ore. Se mi riferisco al mio modo abituale di lavorare, valuto a 11 settimane la durata delle riprese. JEAN-PIERRE EMERY Znon un contestatario che mette in discussione le istituzioni della societ nella quale vive, nel XVI secolo. Non ci sar qualche difficolt nel presentare questaspetto contestatario?

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A.D. Ci sono molti personaggi ne LOPERA AL NERO e si tratta effettivamente del XVI secolo. Ma il lato contestatario di Znon interiore, ci non implica dunque sviluppi visivi particolari. Sarei pi vicino a Dreyer o a Tarkovski che al Boudartchouk di GUERRA E PACE. La spettacolarit pericolosa. D.G.G. Questo film sar contrastato, in bianco e nero o a colori? A.D. Sar un film a colori, trattato in grisaille, si avviciner molto al bianco e nero. Oggigiorno, bisogna essere ricchi per girare in bianco e nero, come lo fa a volte Woody Allen, perch ci vogliono delle attrezzature particolarmente costose. Inoltre, il finanziamento di un film dipende in gran parte dalle sue possibilit di diffusione in televisione, la quale non compera pi film in bianco e nero. Il mio film sar in chiaro-oscuro, senza colorazione. Il film Una giornata particolare stato venduto come un film a colori, anche se non cera colorazione. Il mio capo operatore sar quello di Alain Resnais in Mlo. J.P.E. Tenuto conto che sar presentata solo una parte della vita di Znon, il titolo del film sar LOPERA AL NERO? A.D. Rimarr strettamente incollato a LOPERA AL NERO e non me ne allontaner come lho fatto per altri adattamenti cinematografici. In queste condizioni, per il momento, mantengo questo titolo. Ma la cosa pu cambiare. D.G.G. Marguerite Yourcenar seguir le riprese? A.D. La terr informata, le presenter le localizzazioni, naturalmente, e le parler della scelta degli attori. LOPERA AL NERO un lavoro notevole. Molto moderno nella sua costruzione, abbina allo stesso tempo riflessioni filosofiche, sociali, metafisiche e storiche. Fino ad oggi, nessuna opera importante di questo filone lha mai superata. La qualit dei dialoghi notevole ed eccezionale, soprattutto quelli tra Znon ed Henri-Maximilien e quelli tra Znon ed il Priore dei Cordiglieri. Come ho gi specificato, sono i dialoghi di Erasmo che, di fatto, sono lunghi monologhi. J.P.E. Marguerite Yourcenar dice in Ad occhi aperti che il Priore dei Cordiglieri complementare di Znon; il dialogo tra Znon ed il Priore di fatto quasi un monologo con se stesso? A.D. Ho trasformato il rapporto tra Znon ed Henri-Maximilien. Il dialogo tra i due

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uomini diventato drammatico poich vi inserisco altri elementi che ho attinto altrove ne LOPERA. Laltro punto di rilievo de LOPERA AL NERO, lalternanza molto libera di capitoli storici (Mnster, Colonia) e di flussi romanzeschi. Il linguaggio scritto de LOPERA AL NERO di una densit estrema e contiene molte informazioni e molte riflessioni. Non di facile lettura. Non unopera narrativa e il mio film non sar narrativo. La narrazione ne LOPERA AL NERO si cela spesso in una proposizione subordinata. Ad esempio, lassassinio di Perrotin viene citato solo tre volte ed necessaria una singolare attenzione di lettura per ricordarsi che Znon ha inferto un colpo di daga a questuomo. Da questo punto di vista, Marguerite Yourcenar machiavellica di intelligenza. Scrive in cripto-Yourcenar, ella si cita senza farcelo sapere. E un libro eccezionale, denso e intrecciato fittamente. E unopera profondamente moderna, e sappiamo che le mode della modernit sono a lei completamente estranee.

MODERNIT DI UNOPERA A proposito de LOPERA AL NERO di Marguerite Yourcenar Zo Oldenburg cos scrive in una critica sobria ed ammirata: Mi piace soprattutto LOPERA AL NERO, che rende con cos tanta vita la ricchezza e la complessit di quella grande epoca che fu il Rinascimento. Lautrice stessa, Marguerite Yourcenar, ha detto pi volte: Amo Znon, il personaggio centrale del libro, come un fratello. Creazione romanzesca nata da uno dei suoi primi libri LA MORT CONDUIT LATTELAGE, a lungo maturato il libro sar finalmente pubblicato nel 1968 e messo in vendita durante la tempesta degli avvenimenti del maggio parigino. Al di l del tumulto degli studenti, per i quali era anche la prima manifestazione internazionale poich essa ha riguardato anche le universit europee, americane e persino il Giappone, il personaggio ribelle di Znon un simbolo struggente della condizione umana. In un libro diventato un classico, di Ren Girard, MENZOGNA ROMANTICA E VERIT ROMANZESCA, il professore analizza il processo di creazione di cui LOPERA AL NERO di Marguerite Yourcenar una illustrazione magistrale. *** La peculiarit di unopera darte quella di appartenere al proprio tempo ed al nostro. Circa quarantanni ci separano dalla pubblicazione del libro che mantiene integra la sua modernit. Dire che Znon una delle figure pi compiute dellopera di Marguerite Yourcenar dire una banalit; come limperatore Adriano o luomo oscuro Nathanal, egli cattura la nostra attenzione e suscita ammirazione e simpatia; perch? Perch, quale che sia il personaggio, ovunque e sempre Marguerite Yourcenar. Medico e umanista, Znon attraversa il secolo della Controriforma in un mondo diviso da barriere politiche e religiose tanto insormontabili quanto le nostre. Le forze del male del nostro mondo e del suo, sciagure di ieri e di domani. Znon una voce alta e ferma che sentenzia: simbolo ed esempio

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delluomo perseguitato per la sua libert di spirito, le sue idee, i suoi scritti. Se pensiamo, allepoca di Znon a coloro che ebbero per nome Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei ed altri, quale lista dare oggi? Ieri come oggi era una di quelle epoche in cui la ragione umana si trova intrappolata in un cerchio di fiamme. Su un piano pi intimo, Znon sogna di scrivere un liber singularis in cui avrebbe minuziosamente raccolto tutto ci che sapeva dun uomo, il quale era lui stesso, la propria costituzione, comportamento, atti confessati o segreti, fortuiti o voluti, pensieri, persino sogni. Riducendo questo progetto troppo ampio, si limit a un solo anno vissuto dalluomo in questione; poi a una sola giornata: limmensa materia continuava a sfuggirgli, e savvide ben presto che di tutti i suoi passatempi quello era il pi periglioso. *** Strana modernit di questa finzione rispetto alle menzogne romantiche. Una vita troppo ricca e troppo povera per essere ridotta cos in capitoli. Gli uomini di oggi come gli uomini di allora passano, scompaiono, come in cielo si fanno e si disfanno le nuvole. Gli uni e gli altri indifferenti davanti allinestricabile ed inesplicabile destino.

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Marguerite Yourcenar et le cinema


Suivi de linterview du cinaste Andr Delvaux propos de son adaptation dune partie de LOEUVRE AU NOIR.

Propos recueillis par DOMINIQUE GABORET-GUISELIN et JEAN-PIERRE EMERY a ANDR DELVAUX


20 mars 1987

MARGUERITE YOURCENAR ET LAUDIOVISUEL


Les relations entre Marguerite Yourcenar et laudiovisuel ont toujours t complexes, souvent difficiles, quelquefois dsastreuses. Dans la lettre prface au disque quelle a ralise en commun avec la chanteuse de Gospel Marion Williams et dont le titre anglo-saxon est: precious memories (prcieux souvenirs) Marguerite Yourcenar note: un crivain appartient au monde de la parole crite et non de la parole nonce ou chante. Cet enregistrement ralis deux voix prsente des textes chants cappella par Marion Williams et dautres rcits par Marguerite Yourcenar. Ce travail ralis aux Etats-Unis devait tre complt par une ou deux reprsentations lEspace Cardin Paris. Le spectacle neut jamais lieu en raison de soucis de sant de la cantatrice afro-amricaine. Aprs la mort de Marguerite Yourcenar, jai tent en vain, de correspondre avec Marion Williams, sans succs; il mimportait de connatre les dtails sur la ralisation de cet enregistrement. Marion Williams est morte Philadelphie le 2 juillet 1994. Ce disque, demeur trs confidentiel, est rarement mentionn. Au regard des autres contributions de Marguerite Yourcenar pour la radio ou la tlvision, comme elle le dit elle-mme, il lui est arriv daccepter pour obliger quelques amis, que ce soit en France, en Italie, en Angleterre. Pour la France signalons la Radioscopie, causerie de 5 heures avec Jacques Chancel, les deux numros dApostrophes avec Bernard Pivot, les deux courts mtrages lun sur les gospels et les noirs amricains du sud des USA, lautre sur lle des Monts dserts lIle heureuse. Avant daborder le cinma, il convient de rserver une mention particulire pour les entretiens raliss pour France Culture par Patrick de Rosbo. Diffuss du 11 au 16 janvier 1971, un livre sortira en 1972, publi au Mercure de France. Raliss dans des conditions difficiles la fois pour lcrivain qui avait, ce moment, de graves soucis de sant et des proccupations majeures, mais aussi pour Patrick de Rosbo dont ctait le premier travail important. Lune et lautre garderont un souvenir amer de ce travail dont les qualits sont importantes; premire approche danalyse littraire dune oeuvre encore mal connue malgr limmense succs des MMOIRES DHADRIEN. Une brouille clturera les relations. Pour le cinma on peut avancer sans se tromper que ses relations avec le 7me art ont t pour lessentiel ombrageuses. Dans DENIER DU RVE et dans la pice de thtre RENDRE CSAR, dont les thmes sont identiques, elle brosse le portrait sans fard ni indulgence dune actrice de cinma: Angiola Fides, type humain qui sacrifie tout aux apparences et la russite de sa carrire. Andr Malraux, lissue de son essai Esquisse dune psychologie du cinma, crivait: le cinma est un art cest aussi une industrie; les prventions de Marguerite Yourcenar sur les usines rves sont exprimes de nombreuses reprises soit directement dans les entretiens soit en filigrane dans ses oeuvres. Elle avait toutefois accept de confier Vlker Schlndorf ladaptation de son roman LE COUP DE GRCE. Les propos rapports par quelques amis

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intimes, dont Yvon Bernier, ainsi que les correspondances disponibles ce jour montrent lvidence que Marguerite Yourcenar navait pas t satisfaite par ladaptation de son livre pour le cinma. Ds lors elle avait refus toute autre proposition; ses seules contributions se limitant des rendez-vous avec des journalistes, ses propos tant enregistrs et films. En 1986, linformation vrifie de la mise en scnario dune partie de LOEUVRE AU NOIR, livre qui lui tenait passionnment coeur, par un cinaste avait de quoi surprendre; le metteur en scne choisi tait Andr Delvaux, cinaste belge. Je sollicitai alors une entrevue avec Andr Delvaux alors quil travaillait soit pistolairement soit directement avec Marguerite Yourcenar lors de ses courts passages Paris. Le rendez-vous fut convenu et la date arrte au 26 mars 1987 et le texte qui suit fut relu par Andr Delvaux. Lors de la sortie du film, il navait pas souhait que ses propos soient retenus. Ils clairent un travail, que pour ma part, je juge rat. Marguerite Yourcenar ne visionnera jamais le film qui sortira peu de jours aprs sa mort en dcembre 1987. Il sagit aujourdhui dun travail de mmoire et dexactitude que le lecteur interprtera travers son prisme et du jugement quil portera sur le film.

Propos dANDR DELVAUX:


DOMINIQUE GABORET-GUISELIN Vous allez adapter LOEUVRE AU NOIR de Marguerite Yourcenar. Quest-ce qui vous a amen envisager cette adaptation? La densit de cette oeuvre ne rend-elle pas ladaptation difficile, dautant plus, je crois, que seule la fin de LOEUVRE AU NOIR est lobjet de votre film.

ANDR DELVAUX Le film ne restituera pas le roman de LOEUVRE AU NOIR. La raison est quil est tout fait inutile, superflu et aberrant de faire une traduction cinmatographique dune oeuvre existante qui est une oeuvre acheve. Loeuvre est faite et elle est l, disait Baudelaire. Je nenvisage pas de faire LE ROUGE ET LE NOIR dAutan-Lara. Jai une formation littraire et musicale. Jai tudi la philologie germanique et suis nourri de littrature flamande, allemande et anglo-saxonne, puis franaise. Jaurais pu devenir musicien, mais les circonstances ont fait que ce nest pas cette voie que jai emprunte. Lamour du cinma ne ma toutefois amen faire un premier film que tardivement. Je nourris des rapports quotidiens et heureux avec la littrature et la musique, en plus de mes activits cinmatographiques. Le choix des sujets que jai adapts ne sest jamais fait en fonction dune demande commerciale et les oeuvres retenues nont pas dapparence directement cinmatographique. Par exemple, LHOMME AU CRNE RAS qui est une rflexion gocentrique dun crivain flamand, une coule de conscience. De mme, RENDEZVOUS BRAY de Julien Gracq.

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Ladaptation que je fais dune oeuvre nest pas un doublet de loeuvre: celleci me sert de point dappui pour un rve. Cest une sorte de rapports de parent qui se dveloppent. Quand, il y a environ six ans, jai parl dune adaptation possible de LOEUVRE AU NOIR de Marguerite Yourcenar, ceux qui ne lavaient pas lu ont trouv lide excellente, mais la premire raction de ceux qui connaissaient le roman a t de demander comment ladaptation pouvait se faire. Ce nest pas ma proccupation. Quand une oeuvre me touche profondment et ma beaucoup donn rflchir, lide peut me venir de transformer cette nourriture littraire en langage cinmatographique, tant entendu que ce langage est absolument diffrent du langage crit, littraire. En effet si LOEUVRE AU NOIR tait adapte musicalement pour devenir une symphonie, personne naurait lide de chercher un lien ncessaire avec loeuvre littraire. Pour ladaptation cinmatographique, le rapport avec loeuvre est identique. Aprs une longue maturation et une longue rflexion sur loeuvre littraire, celle-ci peut ventuellement devenir une oeuvre cinmatographique. Le problme de l'adaptation est autre chose que ce quon entend habituellement par adaptation. Par exemple, en ce qui concerne LE COUP DE GRCE, adapt par Vlker Schlndorf, il y a une certaine fidlit littraire, mais il y a des dviations par rapport loeuvre. Marguerite Yourcenar nest pas daccord avec cette adaptation parce que les acteurs choisis sont beaucoup moins jeunes que dans le roman et que, de ce fait, leur psychologie nest plus crdible. De plus, latmosphre nest plus spcifiquement balte, le style a gliss vers un style pseudo-autrichien. LOEUVRE AU NOIR ma profondment touch, plus particulirement au travers de litinraire de Znon comme personnage dissident, qui nat en tant queuropen. Cest un personnage qui parle mon langage et trs bien de mes problmes. De plus, le paysage mental flamand de ce XVIme sicle a t bien rendu. A la limite, jai retrouv dans ce roman quelque chose de plus riche que dans ceux de mes compatriotes, alors mme que Marguerite Yourcenar nest pas flamande. Cest une oeuvre essentielle dans la littrature flamande, bien que de langue franaise. Je suis viscralement trs proche de cette oeuvre. Javais un ensemble dides prcises avant dcrire Marguerite Yourcenar pour lui demander lautorisation dadapter ce roman. Ces ides visaient dabord dblayer le terrain. Ce que je ne veux pas, cest faire un film historique mise en scne historique, grand spectacle, qui donne de cette poque lide quil est convenu den avoir. Ce nest pas mon propos pour deux raisons. Lorsquil y a un dploiement spectaculaire, comme dans LE NOM DE LA ROSE de Jean-Jacques Annaud par exemple, film que japprcie par ailleurs, le trajet personnel du personnage se perd. Or, ce que je veux, cest effectuer une approche intimiste de Znon: un personnage et ses rapports avec les autres. Par contre, ces personnages ne seront pas forcment situs dans le cadre historique propos par Marguerite Yourcenar. Il ny aura pas fidlit lHistoire. Il y a ensuite un problme conomique de production sil y a une reconstitution historique. Je refuse en outre dutiliser la fin du Moyen-Age comme un prtexte scnes typiques et dcors (tortures, bcher, inquisition).

Jai crit longuement Marguerite Yourcenar ce sujet pour lui expliquer que je pensais une telle approche, cest--dire une approche de lensemble de loeuvre possible. Ce qui me paraissait possible, ctait dadapter le point de vue de Znon. LOEUVRE de Marguerite Yourcenar tient la fois du dialogue platonicien et du dialogue dErasme. Cest un monde entirement construit par lauteur et, en lespce, la fidlit loeuvre, cest en comprendre lesprit et le restituer dans un langage diffrent qui est celui du cinma. Les langages littraires et cinmatographiques sont fondamentalement diffrents. Il ntait pas possible, non plus, denvisager lapproche du monde sotrique, qui est obscur pour un spectateur non inform. De plus, ces mystres mchappent. Cest ainsi que jai prsent ma vision de LOEUVRE AU NOIR Marguerite Yourcenar, qui ma rpondu par une lettre trs heureuse. Elle avait envie dune rencontre, tout en me disant ses rticences envers le cinma, et me posait trois ou quatre questions auxquelles jai rpondu longuement. Javais alors en chantier un film Benvenuta qui est ladaptation trs transforme dune oeuvre de Suzanne Lilar, membre de lAcadmie royale de Belgique qui connat dailleurs bien Marguerite Yourcenar. Jai attendu la fin de ce film et dun autre film que javais entrepris, Babel Opra, li Don Giovanni, pour reprendre contact avec Marguerite Yourcenar, il y a un an et quatre mois, pour lui demander si lon pouvait poursuivre la conversation. Une rencontre Bruxelles fut convenue. Je fus tonn de rencontrer une femme ouverte mes propos et lon sest, dentre, bien entendus sur LOEUVRE AU NOIR. Elle a elle-mme suggr un certain nombre de choses et fait des rflexions qui sont celles dun vritable cinaste. Elle tait daccord sur le fait que le propos historique gnral nest pas un bon point dappui pour un tel film et quil fallait tout raccrocher Znon. Pour cela, le meilleur moyen, me dit-elle, est de privilgier un pisode de la vie de Znon. La baignade de Znon dans la mer? Il serait trop difficile de remonter dans le temps. La mort du Prieur? Non, plutt la rencontre avec le Prieur et le retour Bruges, qui permet de disposer dun film anecdotique continu. Le problme est de parler de ce qui a nourri Znon (enfance, ses relations avec Henri-Maximilien). La matire du film est ne: le pass de Znon ne peut revenir qu travers le souvenir, le rve, ventuellement son imaginaire. Mais le problme est que Znon ne vit pas de son imaginaire. Il est trs proche du rel. Il nest pas possible, de ce fait, dadapter une technique qui soit en contradiction avec cela: il faut donc reconstruire lessentiel de la vie de Znon en ne faisant pas appel limaginaire. Jai achev une premire tape lan pass en terminant le scnario pour ngocier la production. Jai envoy le scnario Marguerite Yourcenar qui, il y a trois semaines, ma envoy un tlgramme par lequel elle me signifiait quelle trouvait cela trs beau et me donnait son accord complet. D.G.G.
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Vous avez concili les deux exigences: la sienne et la vtre? A.D. Cest indispensable Znon cest elle. Je lai revue hier dans un accord complet. Nous avons pass en revue ce qui lavait frappe. Je lui ai montr des reprages des extrieurs, de villes et des lieux o jenvisageais de tourner. D.G.G. Bruges, je suppose? A.D. La plus grande partie du film sera tourne en Flandre et Bruges, dans le nord de la France et en Italie. Les scnes se passant Innsbrck et Cologne seront maintenues. Jai longuement cherch un acteur pour interprter Znon. Un film est une succession dimages et de sons: il ne faut pas un Znon ayant la tte dun acteur connu et clbre. Mon choix sest port sur Gian Maria Volont. Cest un grand comdien, mais ce nest pas un comdien qui fera la une des journaux et qui oblitrera Znon par sa propre personnalit. Les comdiens sont dans lensemble peu connus ou inconnus et le film se fera en franais. Les dialogues seront trs respectueux de la langue de Marguerite Yourcenar. Jai cherch des formulations trs proches de celles utilises par l'auteur. Je nai rien invent: il sagit de LOEUVRE AU NOIR, mais pas de toute LOEUVRE AU NOIR. D.G.G. Au moment du retour Bruges, Znon est un homme relativement jeune pour notre poque et vieux pour lpoque, le XVIme sicle: il a environ la cinquantaine. A.D. Des retours sont possibles, mais pas trop loin en arrire. Znon ne sera pas un personnage transformations. La tranche de vie de Znon dans le film stendra sur une dizaine dannes. D.G.G. Durant cette priode de la vie de Znon, il y a des priodes de grande densit, comme la baignade dans la mer. A.D. Znon, cest un homme qui se purifie. Lide de la baignade, comme toutes les trs belles ides, est une ide trs simple. Znon calcule ce quil lui reste dexistence et le bain a pour lui une valeur mtaphysique. D.G.G. Hadrien, Znon, un homme obscur, sont des hommes de la mme famille dme. Il y a une filiation trs nette entre ces trois types dhommes, nonobstant leur position trs diffrente dans la socit et lpoque laquelle ils

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vivent. A.D. Je ne suis pas un spcialiste de loeuvre de Marguerite Yourcenar que jai lue, bien sr, mais cest LOEUVRE AU NOIR que jai privilgie. Le dialogue est dj crit. Comme je vous lai expliqu, jai, en accord avec lauteur, adapt un cadre restrictif. Le film ne durera pas plus de deux heures. Si je me rfre ma manire habituelle de tourner, jvalue la dure du tournage 11 semaines.
JEAN-PIERRE EMERY Znon est un contestataire qui remet en cause les institutions de la socit dans laquelle il vit, au XVIme sicle. Ny aura-t-il pas quelques difficults prsenter cet aspect contestataire?

A.D. Il y a beaucoup de personnages dans LOEUVRE AU NOIR et il sagit effectivement du XVIme sicle. Mais le ct contestataire de Znon est intrieur, ce qui nimplique pas de dveloppements visuels particuliers. Je serais plus prs de Dreyer ou Tarkovski que du Bondartchouk de GUERRE ET PAIX. Le spectaculaire est dangereux. D.G.G. Votre film sera-t-il contrast, en noir et blanc ou en couleurs? A.D. Ce sera un film en couleurs, trait en grisaille, le plus prs possible du noir et blanc. En effet, lheure actuelle, il faut tre riche pour tourner en noir et blanc, comme Woody Allen le fait parfois, car cela ncessite des installations particulirement coteuses. De plus, le financement dun film dpend en grande partie des possibilits de diffusion la tlvision, qui nachte plus de films en noir et blanc. Mon film sera en clair-obscur, sans coloriage. Le film Une journe particulire a t vendu comme un film en couleurs, alors mme quil ny avait pas de coloriage. Mon chef oprateur sera celui qui a t celui dAlain Resnais dans Mlo. J.P.E. Comme titre de film, et du fait que ce nest quune tranche de vie de Znon qui sera prsente, maintiendrez-vous LOEUVRE AU NOIR? A.D. Je resterai trs troitement coll LOEUVRE AU NOIR et ne men loignerai pas comme je lai fait pour dautres adaptations. Dans ces conditions, pour linstant, je conserve ce titre. Mais cela peut changer. D.G.G. Marguerite Yourcenar suivra-t-elle le tournage? A.D. Je la tiendrai au courant, lui prsenterai les reprages, comme il est naturel,

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et lui parlerai du choix des comdiens. LOEUVRE AU NOIR est une oeuvre remarquable. Trs moderne dans sa construction, elle mlange la fois les rflexions philosophiques et sociales, mtaphysiques et historiques. Jusqu prsent, aucune oeuvre importante de cette veine ne la dpasse. La qualit des dialogues est tout fait remarquable et exceptionnelle, notamment ceux entre Znon et Henri-Maximilien et Znon et le Prieur des Cordeliers. Comme je le disais plus haut, ce sont les dialogues dErasme qui sont en fait de longs monologues. J.P.E. Marguerite Yourcenar dit elle-mme dans Les yeux ouverts que le Prieur des Cordeliers est un pardre de Znon; le dialogue entre Znon et le Prieur est en fait presque un monologue avec soi-mme? A.D. Jai transform le rapport entre Znon et Henri-Maximilien. Le dialogue entre les deux hommes est devenu dramatique car jy intgre dautres lments que jai puiss ailleurs dans LOEUVRE. Lautre point remarquable de LOEUVRE AU NOIR, cest lalternance trs libre de chapitres historiques (Mnster, Cologne) et de coules romanesques. Le langage crit de LOEUVRE AU NOIR est dune extrme densit et contient beaucoup dinformations et de considrations. Il nest pas dune lecture courante. Ce nest pas une oeuvre anecdotique et mon film ne sera pas anecdotique. Lanecdote dans LOEUVRE AU NOIR se cache souvent dans une proposition subordonne. Par exemple, lassassinat de Perrotin nest mentionn qu trois reprises et il faut une singulire attention de lecture pour se souvenir que cet homme a t dagu par Znon. De ce point de vue, Marguerite Yourcenar est machiavlique dintelligence. Elle crit du crypto-Yourcenar, se cite sans quon le sache. Cest une oeuvre tout fait exceptionnelle, trs drue et tresse dune manire serre. Cest une oeuvre profondment moderne, tant entendu que les modes et la modernit lui sont totalement trangres.

MODERNIT DUNE OEUVRE A propos de LOEUVRE AU NOIR de Marguerite Yourcenar Zo Oldenburg, dans une critique sobre et admirative, crit: Jaime surtout LOEUVRE AU NOIR qui restitue avec tant de vie la richesse et la complexit de cette grande poque que fut la Renaissance. Lauteur lui-mme, Marguerite Yourcenar, a dit plusieurs reprises: Jaime Znon, le personnage central du livre, comme un frre. Cration romanesque issue dun de ses premiers livres LA MORT CONDUIT LATTELAGE, port et longuement mri, le livre sera enfin dit en 1968 et sera mis en vente durant la tourmente des vnements de mai Paris. Au-del du chahut des tudiants, dont ctait aussi la premire manifestation internationale puisquelle a concern aussi bien les universits europennes quamricaines, et mme au Japon, le personnage contestataire de Znon est un symbole poignant de la condition humaine.

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Dans un ouvrage devenu classique de Ren Girard, MENSONGE ROMANTIQUE ET VRIT ROMANESQUE, le professeur analyse le processus de cration dont LOEUVRE AU NOIR de Marguerite Yourcenar est une illustration magistrale.
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Le propre dune oeuvre dart est dappartenir la fois son temps et au ntre. Prs de quarante ans nous sparent de la publication du livre, qui conserve sa parfaite modernit. Dire que Znon est lune des figures les plus acheves de loeuvre de Marguerite Yourcenar relve de la banalit; tout comme lempereur Hadrien ou lhomme obscur Nathanal, tous les trois retiennent notre attention et suscitent admiration et sympathie; pourquoi? Parce que, quel que soit le personnage, cest partout et toujours Marguerite Yourcenar. Mdecin et humaniste, Znon traverse ce sicle de la contre- rforme dans un monde coup en deux par des cloisons politiques et religieuses aussi tanches que les ntres, les forces du mal dici et de l-bas, les avatars dhier et de demain. Znon est une voix haute et ferme qui tranche: symbole et exemple de lhomme perscut pour sa libert desprit, ses ides, ses crits. Si nous pensons au temps de Znon, ceux qui eurent pour noms Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galile, et quelques autres, quelle liste donner aujourdhui? Hier comme maintenant, ctait une de ces poques o la raison humaine se trouve prise dans un cercle de flammes. Sur un plan plus intime, Znon rve dcrire un liber singularis o il serait minutieusement consign tout ce quil savait dun homme qui tait luimme: sa complexion, son comportement, ses actes avous et secrets, fortuits ou voulus, ses penses et aussi ses songes. Rduisant ce plan trop vaste, il se restreignit une seule anne vcue par cet homme puis une seule journe: la matire immense lui chappait et il saperut bientt que de tous les passe-temps, celui-l tait le plus dangereux.
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trange modernit de cette fiction face aux mensonges romantiques. Une vie est trop riche et trop pauvre pour tre rduite ainsi en chapitres. Les hommes du temps prsent comme ceux du temps jadis passent, disparaissent, comme se font et se dfont au ciel les nuages. Les uns et les autres indiffrents face linextricable et inexplicable destin.

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Dalla magia alla scienza moderna nel 500


LINA LO GIUDICE SERGI
Che cos lerrore, e il suo succedaneo, la menzogna, se non una sorta di Caput Mortuum.una materia inerte senza la quale la verit troppo sfuggente non si potrebbe tritare negli umani mortai? Mi sono guardato bene dal fare della verit un idolo; ho preferito lasciarle il nome pi umile di esattezza Cos Zenone parla della sua ricerca di filosofo alchimista del 500. Cos M. Yourcenar costruisce intorno al personaggio di Zenone, nellOpera al Nero, lo sfondo in cui, tra mille difficolt, di ordine conoscitivo, politico e religioso, si forma lembrione del pensiero scientifico moderno. Il 500 vede la rottura dellunit dello scibile inglobato dalla teologia e una tendenza alla laicizzazione del sapere, in virt della quale le varie discipline umane cominciano a rivendicare ognuna la propria libert operativa. Ad esempio, la letteratura difender il principio dellautonomia dellarte, vista nei valori formali di bellezza, che le sono propri, e Galileo pi tardi, perverr alla fondazione dellautonomia della scienza, svincolata dai condizionamenti della tradizione metafisica e teologica. Gli avvenimenti di cui, nell Opera al nero, Zenone protagonista e/o vittima, si svolgono in questo periodo, dallinizio alla fine del 500, ed la stessa Yourcenar, nella nota dellautore, in calce al romanzo, ad evocare, personaggi realmente esistiti, cui si ispirata o cui fa riferimento esplicito nella sua narrazione: da Erasmo a Paracelso, a Campanella, Tycho-Brahe, Cardano, Serveto, fino a Giordano Bruno. Tutti questi pensatori svolgono la loro ricerca spesso in contrasto con il pensiero e le regole ecclesiastiche del tempo, ma non in contrasto con la religione, essendo spesso essi stessi uomini di chiesa, ma vivendo la propria religiosit in maniera innovativa, enfatizzando il divino che nelluomo e nel mondo. In questo periodo di transizione tra il Medioevo e il mondo moderno, gli uomini del Rinascimento sono ancora legati ad una spiritualit fortemente conservatrice, che li trascina verso forme di fanatismo religioso, anche nelle molteplici espressioni della riforma protestante e tuttavia si avviano ad esplorare lignoto, verso nuovi paesi, verso nuovi confini del pensiero filosofico e scientifico. I confini del mondo, i confini del pensiero aristotelico sono varcati: Colombo arriva nelle Americhe, Montaigne vuole rintracciare nelle esperienze dei classici le proprie esperienze. Si riscopre Platone, anzi il platonismo rinascimentale si connota di elementi disparati: neo-platonici, orfici, pitagorici, ermetici e cristiani. Luomo situato per Cusano e Ficino in una posizione sua propria che fa di lui un elemento indispensabile dellordine e dellunit dinamica dellEssere. Pico arriva a conciliare e sintetizzare le dottrine pi diverse: quelle della sapienza orientale, quelle dei greci e quelle medioevali, oltre alla magia e alla Cabala. Respinge la magia dei negromanti, che invocano spiriti e demoni, ed esalta la sola magia naturale che non infrange lordine del mondo ma piuttosto lo asservisce, utilizzando tutte le energie che sono disseminate in natura. La Cabala invece serve a penetrare i misteri divini: essa in accordo perfetto non solo con le dottrine della Chiesa e della filosofia cristiana ma anche con quelle di Pitagora e di Platone. Solo di fronte allastrologia Pico assume un atteggiamento di riserva: egli ammette lastrologia matematica o speculativa che si preoccupa unicamente di determinare le leggi matematiche delluniverso, ma rigetta lastrologia divinatrice che pretende derivare dal corso degli astri, le vicende della vita umana. Cusano, Ficino, Pico della Mirandola, infine Bruno, sono daccordo sul ritor-

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no ad una religiosit originaria, ai teologi dellantichit, a coloro che hanno elaborato ed espresso la vita religiosa in pregnanti formule di pensiero, alle fonti del Cristianesimo, alle parole di Cristo, alla verit rivelata della Bibbia, per ripristinare nella sua purezza e genuinit il testo biblico. Caratteristica dellumanesimo anche qui il momento filologico come strumento di unesigenza pi profonda, quella di tornare al significato vero e originario della parola divina per farla valere in tutta lefficacia della sua potenza di rinnovamento. Questo momento filologico umanistico della Riforma rappresentato da Erasmo: facilmente discende nellanima di tutti ci che massimamente conforme a natura. Ma la filosofia di Cristo, che egli stesso chiama Rinascita, che cosa se non la restaurazione di una ben costrutta Natura?. La nascita illegittima di Zenone e la sua educazione indirizzata alla carriera ecclesiastica, non pu non evocare la nascita e la formazione di Erasmo, figlio di un uomo di chiesa e di una borghese di Rotterdam, che cominci la sua vita di uomo sotto labito del monaco agostiniano (come riferisce Yourcenar nella sua nota allOpera al nero). In questo sfondo drammatico, tra il 1510, data presunta della nascita di Zenone e il 1578, data della sua morte, si verificano eventi epocali: Leonardo muore nellesilio di Amboise, Paracelso viaggia per il mondo e suoi contemporanei sono i medici Veselio e Par, il botanico Cisalpino, i matematici e filosofi Gerolamo Cardano, Tycho-Brahe, Giordano Bruno. Tommaso Campanella gi nato. Tutti questi personaggi compaiono e fanno da sfondo alla vita di Zenone. Il pensiero rinascimentale che nel 500 fa esplodere lEuropa dallItalia alle Fiandre, caratterizzato da un nuovo rapporto delluomo con la Natura. Luomo non pi, come nel Medio Evo, ospite della natura, ma essere naturale esso stesso, cha ha nella natura la sua patria; una Natura che appare come un immenso serbatoio di forze vitali, in cui si incarna la potenza di Dio, ma di cui luomo partecipe e interessato perci a studiarne i fenomeni. Il tema delluomo come natura media, tema comune ad umanisti, Platonici, aristotelici e maghi, esprime la consapevolezza con cui luomo si riconosce essenzialmente inserito nel mondo e la sua decisione di servirsi della propria posizione privilegiata, simile a quella di Dio, per fare del mondo stesso il suo regno. Lindagine naturale comincia ad apparire strumento indispensabile, poich solo da essa luomo pu trarre i mezzi per tale realizzazione. Essa infatti parte fondamentale della filosofia del Rinascimento cinquecentesco e vi si contrappongono e/o si compenetrano i due aspetti di essa: la magia e la filosofia della natura. La Magia caratterizzata dalla certezza di una universale animazione della natura, che si ritiene mossa da forze simili a quelle che agiscono nelluomo, armonizzate da una simpatia universale. Questo offre alluomo la possibilit di penetrare nei pi riposti recessi della natura e di riuscire a dominarne le forze con incantesimi, gli stessi con cui si convince un essere umano. Perci la magia cerca formule e procedimenti che servano di chiave per i pi riposti misteri naturali e pongano luomo in possesso di un potere illimitato sulla natura. Molti sono i personaggi fascinosi del mondo dei maghi, tra cui, Gerolamo Fracastoro, Gerolamo Cardano,Cornelio Agrippa e Paracelso, questi due ultimi mi appaiono particolarmente interessanti, per altro pi volte citati nellopera in nero della Yourcenar.

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Cornelio Agrippa di Nettesheim, come Pico della Mirandola e Reuclin, conformemente alla Cabala, sostiene lesistenza di tre mondi (quello degli elementi, quello celeste e quello intelligibile) collegati tra di loro in modo tale che dal mondo superiore la virt possa passare fino allinferiore e viceversa. Per luniverso utilizza una metafora usata dai nostri contemporanei a proposito della globalizzazone: come una corda tesa, se toccata in un punto, subito vibra tutta, cos luniverso se toccato ad uno dei suoi estremi risuona anche allestremo opposto. E lanima del mondo, che opera in tutte le parti delluniverso visibile che tiene avvinto luniverso e garantisce lazione reciproca delle sue parti. E la magia la scienza pi alta e compiuta, perch quella che asservisce alluomo tutte le forze nascoste della natura ed : magia naturale, magia celeste (astronomia) e magia religiosa (contro i demoni). Ma il pi famoso dei maghi fu Paracelso. Il suo vero nome era Philipp Bombast di Hohenheim, svizzero di Einsiedeln, medico e chirurgo, anzi riformatore della medicina in senso magico. Paracelso un mago, ma contemporaneamente un anticipatore del metodo scientifico: luomo stato creato per conoscere le azioni miracolose di Dio e per operarne di simili: il suo compito perci la ricerca. Ma la ricerca deve connettere insieme lesperienza e la scienza per giungere ad una conoscenza vera e sicura; ma questa ricerca ha per Paracelso un carattere magico: il principio che deve guidarlo la corrispondenza tra il microcosmo (luomo) e il macrocosmo (il mondo); se vogliamo conoscere uno dobbiamo conoscere laltro. La medicina che ha lo scopo di conoscere luomo, per conservargli la salute e liberarlo dalle malattie, deve fondarsi su tutte le scienze che studiano la natura delluniverso. Questa la riforma della medicina, che Paracelso tent e che, se da un lato, gli procur lodio e le persecuzioni dei colleghi medici, lo mise in grado di operare miracolose guarigioni (almeno per quel tempo). La medicina per Paracelo si fonda su quattro colonne che sono: la teologia, la filosofia, lastronomia e lalchimia. Tutte queste scienze hanno carattere magico: la teologia serve al medico per utilizzare linflusso divino che quello da cui tutto dipende; lastrologia gli serve per utilizzare gli influssi celesti, dai quali dipendono le malattie e quindi le cure relative; lalchimia gli serve per conoscere la quintessenza delle cose ed applicarla alla guarigione. Il mago, con la forza della sua fede e della sua immaginazione esercita sullo spirito degli uomini o sullo spirito della natura, un influsso che suscita potenze sconosciute e nascoste e giunge cos ad operare cose ritenute impossibili. Dal fiat divino nata in primo luogo la materia originaria (yliaster o hyaster) costituita da zolfo, sale e mercurio. Da essi sono costituiti i quattro elementi del mondo e ogni corpo naturale. La forza che muove gli elementi lo spirito animatore o Archeus. Laquintessenza lestratto corporeo di una cosa, ottenuta mediante lanalisi della cosa stessa, con la separazione dellelemento dominante, dagli altri elementi mescolati ad essa. In essa sono riposti gli arcani cio la forza operante in un minerale, in una pietra preziosa o in una pianta. Di essa pertanto la medicina, attraverso lalchimia, deve servirsi per guarire le malattie delluomo. La Filosofia Naturale, che alla nascita impregnata di magia o meglio convive con essa, e da essa trae in parte le sue origini, si afferma per la prima volta come filosofia, con Bernardino Telesio, abbandonando le sue origini magiche. Per il cosentino Telesio la natura pur sempre considerata una totalit vivente, ma retta da propri principi, e la scoperta di questi principi diventa il compito della filosofia. Si rinuncia alla pretesa di penetrare con violenza nei miste-

ri naturali, anzi si negano tali misteri: le forze naturali si rivelano allesperienza, occorre solo riconoscerle e assecondarle. La filosofia della natura prende le distanze sia dalla magia che dallaristotelismo e pretende invece di spiegare la natura con la natura stessa, aprendo la via alla vera e propria indagine scientifica. Luomo, per conoscere la natura, non deve far altro che far parlare, la natura stessa, affidandosi ai sensi che gliela rivelano, in quanto egli stesso natura; Per cui ci che la natura stessa rivela, ci che i sensi testimoniano sono la medesima cosa; la sensibilit non altro che lautorivelazione della natura a quella parte di s, che luomo: le due forze principali che agiscono nella natura sono il caldo e il freddo, che come forze incorporee hanno bisogno di una massa corporea che possa subire lazione delluno o dellaltro. Questa massa, provvista di inerzia, il terzo principio naturale. Gli organi di senso che caratterizzano uomo e animali, sono vie o aperture attraverso la quali le azioni delle cose esterne giungono pi facilmente alla sostanza senziente, ma non sono indispensabili alla sensibilit, che risiede nel caldo e nel freddo, principi originari (terra e sole). La fisica di Telesio si mantiene sul piano qualitativo, tuttavia egli avverte lesigenza di unanalisi quantitativa, necessaria per determinare la quantit di calore sufficiente a produrre i singoli effetti naturali. Pur dichiarando di non poter da solo soddisfare questa esigenza, per lesiguit del tempo che egli pu dedicare allo studio della natura, tuttavia, egli afferma che solo questa analisi quantitativa pu rendere gli uomini non solo sapienti ma potenti cio pu dare ad essi il controllo delle forze naturali. Telesio svolge una critica totale alla filosofia aristotelica: al Dio motore immobile contrappone un dio principio della conservazione di tutti gli esseri della natura, che agisce per il tramite di tutte le forze naturali, che senza lordine stabilito da dio si distruggerebbero a vicenda, un dio, quindi, garante dellordine e dellautonomia della natura. La fisica di Telesio ha conservato il presupposto fondamentale della magia: lanimazione della natura, tuttavia ha affermato loggettivit e lautonomia del mondo naturale aprendo la strada allindagine scientifica di Leonardo. Per Leonardo arte e scienza non sono due attivit diverse e indipendenti: esse hanno un unico scopo che la conoscenza della natura. Leonardo considera come superiore a tutte le arti la pittura che cerca nelle cose la divina proporzione che le fa belle e presuppone quindi lo studio diretto a rintracciare nelle cose quella stessa armonia che la scienza esprime nelle scienze matematiche. Leonardo respinge nella ricerca scientifica ogni autorit e speculazione che non abbia il fondamento nellesperienza la sapienza figliola dellesperienza. La matematica il fondamento di ogni certezza. La negazione di ogni diversit tra le sostanze celesti e quelle terrene, gi fatta da Cusano, ribadita da Leonardo, come ribadita la relativit del punto di vista geocentrico. Egli nega che la terra sia nel mezzo delluniverso e osserva che per chi stesse sulla luna la terra farebbe leffetto che fa a noi la luna. Ma i maggiori contributi di Leonardo sono nel campo della meccanica: per primo esprime il principio di inerzia: ogni moto naturale e continuo desidera conservare il suo corso per la linea del suo principio. Leonardo studia il movimento sul piano inclinato, riconoscendo che le leggi della caduta dei gravi si verificano anche in tale movimento. Ma soprattutto nel campo della statica scopre il principio della composizione delle forze, costruisce strumenti e metodi di misura come il dinamometro e ligrometro. Fa studi importantissimi sulla propagazione della luce e sul volo degli uccelli e soprattutto in medicina e biologia, disseccando

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i cadaveri (su autorizzazione del papa Giulio II) ottiene risultati straordinari sulla circolazione del sangue e sul funzionamento degli organi. Si forse ispirata a lui la Yourcenar nel costruire il personaggio di Zenone? A met del secolo Giordano Bruno ritorna in parte al neo-platonismo e alla magia: mentre viaggia per lEuropa (come il nostro Zenone) pi volte sceglie ed abbandona labito del monaco, si avvicina al cattolicesimo, al calvinismo, distaccandosene in seguito e proponendo una nuova religione della natura e della operosit umana. Passa attraverso le molteplici suggestioni culturali del suo tempo: ermetismo, magia, astrologia, cabala, arte della memoria, neoplatonismo, aristotelismo per dar vita, attraverso di esse, ad una filosofia nuova, libera e aperta, capace di attuare lospaccio della bestia trionfante di liberare, cio luomo, dai miti e dalle superstizioni, dallignoranza, e dall asineria. Un simile progetto, inevitabilmente doveva essere giudicato eretico e pericoloso per qualsiasi tipo di fede religiosa o tradizione filosofica e per lordine civile che si fonda su di esse. Bruno si oppone a tali accuse, rivendicando per s e per tutti gli studiosi, libert di indagine ed autonomia di pensiero. La mente, lo spirito, lanima, la vita che penetra tutto in tutto e muove tutta la materia. Luniverso uno ed infinito, per lunicit e linfinit della forza vitale che lo anima, si presenta come un tutto organico grande animale capace di muoversi per impulso e finalit propria. Bruno mette in luce sia lautonomia del mondo (che si trasforma in virt della propria forza e non per dipendenza da cause esterne) sia lautonomia della filosofia e delle scienze che studiano la natura. Lanima del mondo, forza primigenia ed infinita che spinge la materia a produrre infinite forme, permette di affermare larmonia e leccellenza della natura, lautonomia del suo dinamismo, lindipendenza della scienza naturale da autorit esterne. La cosmologia vivente di Bruno ed il carattere unico ed infinito dello spirito che anima la materia stanno a fondamento dellattacco bruniano alle cosmologie antiche e recenti, compresa la visione copernicana, di un mondo eliocentrico e chiuso. Infatti lattributo fondamentale delluniverso , per Bruno, linfinito. Ad esso sono dedicate la Cena delle ceneri, il De linfinito universo et mondi e il poema latino Sullimmenso. Il tema dellinfinito rappresenta limportante punto di incontro tra Bruno e la rivoluzione astronomica moderna, di cui egli uno dei rappresentanti principali. Infatti il mondo di Copernico, a parte leliocentrismo, ancora fondamentalmente un mondo del passato, perch, nel quadro geometrico tracciato nel De revolutionibus orbium celestium non solo luniverso continua a fare tuttuno con il sistema solare, ma risulta limitato dalla ultima sphaera mundi se ipsam et omnia continens. Di conseguenza, anche se egli ha notevolmente ampliato il cielo delle stelle fisse, di fatto il suo universo ancora finito. Invece Bruno, riprendendo il De rerum natura di Lucrezio, e forzando in maniera creativa il pensiero di Cusano, giunge ad una nuova visione delluniverso che non deriva da osservazioni astronomiche o calcoli matematici, ma da una intuizione di fondo del suo pensiero quella dellinfinit delluniverso alimentata dal copernicanesimo. Sono dunque soli innumerabili, sono terre infinite, che similmente circuiscono quei soli, come veggiamo questi sette circuire questo sole a noi vicino (De linfinito universo et mondi). Per sintetizzare in questa sede le tesi cosmografiche rivoluzionarie di Bruno possiamo individuare 5 punti:

1) Abbattimento delle mura esterne delluniverso 2) Pluralit dei mondi e loro abitabilit 3) Identit di struttura tra cielo e terra 4) Geometrizzazione dello spazio cosmico 5) Infinit delluniverso La concezione del mondo di Bruno vitalistica e magica, possente e profetica, ma apparve al suo tempo il frutto di una mente esaltata. Anche i pi grandi astronomi del tempo. Tycho Brahe, Keplero e Galileo le accolsero freddamente o le rifiutarono in gran parte, respingendo soprattutto lidea della pluralit dei mondi e dellinfinit delluniverso. Di fronte allo scossone copernicano, la chiesa allinizio non si mosse, forse perch alle prese con i problemi pi urgenti derivanti dal dilagare delleresia protestante. Infatti soltanto dopo che Bruno avr tratto le sue radicali conclusioni cosmologiche, che la chiesa, preoccupata, giunger a mettere allindice le opere di Copernico, iniziando il duro scontro con Galileo. Infatti se lipotesi della molteplicit ed abitabilit dei mondi fosse stata esatta, alcune verit bibliche avrebbero dovuto essere abbandonate o interpretate in altro modo. Il copernicanesimo, comprese le generalizzazioni di Bruno, rappresentava lesperienza della diversit poich, tramite essa, luomo, analogamente a quanto era avvenuto per le scoperte geografiche, veniva a contatto con una realt diversa ed imprevista con cui doveva fare i conti, ma che non sapeva facilmente inquadrare e ridurre al gi noto. Come lesistenza di un nuovo continente e lincontro con altre civilt e culture, aveva disorientato luomo europeo che si era trovato di fronte a tutta una serie di problemi teologici e filosofici relativi ai selvaggi, cos a maggior ragione, di fronte alla perdita del loro tradizionale posto nelluniverso, gli individui si sentirono spaesati e diversi di fronte a se stessi, scoprendo di essere altro da quello che avevano immaginato di rappresentare nel cosmo. Tipica in questo senso la voce del poeta inglese Donne (1573-1631) il quale in anatomia del mondo (1611) scrive che: la nuova filosofia pone tutto in dubbiolelemento fuoco affatto spento, si sono persi il sole e la terra, n ingegno duomo pu indirizzare dove cercarli e allorch gli uomini cercano tanti nuovi mondi tra i pianeti e nel firmamento confessano liberamente che questo mondo finito; si accorgono, allora che questo si di nuovo polverizzato nei suoi atomi, tutto in pezzi, ogni coerenza se ne andata, ogni giusto supporto e ogni relazione. Ma per ironia della sorte, o per quei paradossi di cui piena la storia, quella visione del mondo, che aveva portato al rogo Bruno, fin per affermarsi, proprio grazie agli argomenti teologici gi da lui stesso delineati. Infatti le difficolt religiose furono superate in virt dellidea secondo cui un universo infinito risultava pi adatto a rispecchiare.linfinita potenza di Dio. Se i cieli e la terra narrano la gloria del loro Creatore, che cosa meglio di un cosmo infinito si prestava a celebrarla e a magnificarla in tutta la sua grandezza? La controriforma aveva stabilito che ogni forma di sapere dovesse essere in armonia con la sacra Scrittura: il cardinale Bellarmino gesuita e filosofo, consultore del Santo Uffizio, sosteneva che il negare certi dati di fatto delle scritture, pur non intaccando i fondamenti della fede, invalidasse la verit della Bibbia, che, essendo stata scritta sotto ispirazione dello Spirito Santo non poteva che essere vera in tutte le sue affermazioni. Ma fra il 500 e il 600 appare e si impone Galileo: il primo risultato storicamente decisivo della sua opera la

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difesa dellautonomia della scienza cio la salvaguardia dellindipendenza del nuovo sapere da ogni ingerenza esterna. A differenza di altri dotti del tempo che avevano scelto di non sfidare le autorit costituite, soprattutto ecclesiastiche, Galileo intuisce che la battaglia per la libert della scienza era una necessit storica di primaria importanza da cui dipendeva il futuro dellumanit. Da ci la sua lotta su due fronti: lautorit religiosa e lautorit culturale personificata dagli aristotelici. La cosmologia tolemaica sosteneva che i corpi celesti, essendo perfetti, fossero incorruttibili e non soggetti a divenire. Questo pregiudizio era gi stato negato su base teorica da Cusano, Leonardo e Bruno. Ma soltanto con Galileo che riceve il suo colpo di grazia su base sperimentale. Infatti, grazie alluso del telescopio, Galileo scopre macchie scure sulla superficie solare, che si formano e scompaiono, attestando lesistenza di un processo di trasformazione in atto e dimostrando clamorosamente come anche i corpi celesti fossero soggetti a fenomeni di alterazione e mutamenti. Sempre grazie al telescopio, Galileo pot dimostrare, (cosa che Bruno non poteva fare) lesistenza di numerose stelle mai scorte prima e che si affollavano davanti al mezzo di osservazione. Inoltre pot rendersi conto che la Galassia niente altro che una congerie di innumerevoli stelle disseminate a gruppi negli spazi e che le nebulose sono parimenti greggi di piccole stelle. Un altro risultato storicamente decisivo dellopera di Galileo che fa di lui il padre della scienza moderna la scoperta del metodo della fisica, ossia lindividuazione del procedimento che ha spalancato le porte ai maggiori processi scientifici dellumanit da Newton ad Einstein e ai giorni nostri. E questo il momento pi comunemente noto del metodo scientifico, denominato sperimentale. Le necessarie dimostrazioni o matematiche dimostrazioni di Galileo sono i ragionamenti logici condotti su base matematica, attraverso cui il ricercatore, partendo da unintuizione di base, e procedendo per una supposizione, formula in teoria, le sue ipotesi, riservandosi di verificarle nella pratica. Non sempre possibile una verifica diretta, ma possibile una verifica indiretta delle conseguenze che vengono dedotte dallaccettazione di tali principi. Da questi accenni al metodo emerge chiaramente come in Galileo i concetti di esperienza e di verifica assumano un significato inconfondibile ed originale rispetto al passato: lo scienziato deve esclusivamente occuparsi delle leggi che regolano i fatti ossia delle verificabili costanti di ogni comportamento attraverso cui la natura agisce. Dalla rivoluzione scientifica in generale e dal metodo galileiano, in particolare emerge: a) la concezione della natura come ordine oggettivo e casualmente strutturato di relazioni governate da leggi; b) la concezione della scienza come sapere sperimentale matematico ed intersoggettivamente valido, avente come scopo la conoscenza progressiva del mondo circostante ed il suo dominio a vantaggio delluomo. La scienza un sapere sperimentale perch si fonda sullosservazione dei fatti e perch le sue ipotesi vengono giustificate su base empirica, matematica, che mette capo allesperimento e cio ad una procedura appositamente costruita per la verifica delle ipotesi. La quantificazione si configura come una delle condizioni imprescindibili delle condizioni della natura e come uno dei punti di forza del metodo galileiano. La scienza un sapere intersoggettivo: i suoi procedimenti vogliono essere pubblici, accessibili a tutti e le sue scoperte controllabili da ognuno. In tal

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senso la scienza moderna dopo Galileo, si stacca dalla magia e dalle discipline occulte, che presupponendo una concezione sacerdotale o iniziatica del sapere, considerano la conoscenza come patrimonio di una cerchia ristretta di individui, che lavorano in segreto, senza esibire alla luce del sole i metodi della loro ricerca. Da ci lequazione: scienza = sapere universale che da Galileo in poi ha costituito uno dei suoi fondamenti. Il fine della scienza , da Galileo in poi, la conoscenza oggettiva del mondo e delle sue leggi e andando incontro a quel fondamentale interesse umano che il dominio dellambiente. Di conseguenza il baconiano sapere potere esprime tutta lumanit della scienza, cio il suo collegamento con il soggetto concreto che la gestisce. Conclusioni Ma la scienza moderna, dal 500 in poi, non nasce solo per caso o per la genialit degli straordinari umanisti rinascimentali che lhanno fondata. C un preciso contesto storico, caratterizzato dai mutamenti di struttura delleconomia europea e dal nuovo tipo di societ venutasi a delineare allinizio dellet moderna. Infatti, la formazione di stati nazionali e cittadini, parallelamente al consolidarsi della civilt urbano borghese, produce un sistema di vita pi complesso e dinamico, che provoca una serie concomitante di esigenze e di bisogni sociali. Ma se laffermarsi della civilt urbano-borghese ed il concomitante sviluppo della tecnica (vedi pag.25 di Opera al Nero- Colas Gheel e i telai meccanici) rappresentano la molla storico sociale della rivoluzione scientifica, la cultura tardo scolastica e rinascimentale, ne rappresentano le basi ideali. In primo luogo il Rinascimento, con la sua tendenza a laicizzare il sapere e la sua rivendicazione della libert della ricerca intellettuale, ha tracciato la strada maestra della scienza, preparando la possibilit stessa della sua nascita. In secondo luogo, il principio del ritorno ai classici ha prodotto il riemergere di dottrine trascurate per secoli: la filosofia di Democrito e degli atomisti, le teorie eliocentriche dei pitagorici, gli studi di Archimede e di Erone, le ricerche dei geografi, degli astronomi e dei medici dellet ellenistica, i cui testi hanno fornito lispirazione per nuove scoperte, come accaduto a Copernico. Infine, il Rinascimento, imperniato sulla rivalutazione della natura, ha posto le condizioni di fondo per uno sviluppo dellindagine naturale, attraverso i tre filoni cui prima abbiamo accennato: laristotelismo, la magia e la filosofia della natura, diffondendo lidea delluomo come signore delle forze naturali e anticipando cos il concetto del carattere attivo e operativo del sapere, che bacone riterr proprio della scienza. E infine Leonardo, Copernico e Galileo ci hanno detto che la natura scritta in termini geometrici per cui lunico linguaggio atto ad esprimerla quello rigoroso della matematica. Ma non posso concludere questo breve excursus sulla nascita della scienza senza far cenno allimportanza che ebbe per il sostegno alle ricerche di Galileo prima, e allo sviluppo e alla diffusione della scienza, in seguito, la fondazione dellAccademia dei Licei nel 1601, ad opera del principe Federico Cesi, straordinaria figura di intellettuale, scienziato e mecenate illuminato che convogli nellAccademia i pi lucidi ingegni dellepoca e che ancora oggi, rappresenta la sintesi del Sapere (umanistico e scientifico) e il punto di riferimento pi alto per la diffusione dello stesso.

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LOpera al Nero: immagini dalla pittura


GIOVANNA BONASEGALE
Dedico questo scritto alla cara memoria, sempre presente, di Maura Piccialuti. Insieme con lei ho letto le opere della Yourcenar. La vita di Zenone personaggio immaginario ma non troppo che ci consegna Marguerite Yourcenar irrequieta, incalzante, in costante fuga allinterno di due colpevoli prigioni, nelle quali non si stanca di frugare, di rovistare: il mondo e il corpo. Trascorrono in lui inquietudini, turbamenti, alterazioni, rovelli, che abitano il lacerante pensiero filosofico e scientifico rinascimentale e scivolano fino a coinvolgere ogni altra presenza del romanzo. Uomini, animali, elementi di natura, perfino gli oggetti sono complici del tormento conoscitivo di Zenone, che lo conduce a indagare sullorigine delle cose e, insieme, lo minaccia, lo incarcera in un sistema di attese e di presagi. Il desiderio di libert, diventato suprema malinconia, lo insegue mentre si fanno sempre pi imprudenti e azzardati i tentativi di affermare, di dimostrare anche a se stesso, le proprie intuizioni. Fino a intravedere nellevanescenza forzosa dei propri progetti lunica concretezza possibile: rendersi libero, attraverso il suicidio, dalla prigione del mondo e dalla morte alla quale stato condannato. Libert e morte sono dunque le due protagoniste del romanzo accanto a Zenone, molto pi vicine tra loro di quanto la nostra contemporanea coscienza europea sappia immaginare. Per descrivere lambiente nel quale Zenone si muove, Marguerite Yourcenar ha guardato la pittura rinascimentale da Leonardo a Bosch, da Drer a Rubens, da Ruysdael a Hobbema, da Rembrandt a Vermeer, dove non difficile imbattersi in quella salda unione tra scienza e pittura, che pure trapela, impercettibile e mai ostentata, in alcuni episodi del romanzo. A una nuova teoria della visione condussero gli studi di ottica rinascimentale, che si traspose s nei dipinti, ma pi ancora in una rinnovata visione delle cose, degli oggetti, dello stesso uomo e della natura. Incontriamo con frequenza specchi, immagini riflesse, analisi minuziose dellanatomia umana e, soprattutto, del mondo degli animali, dagli insetti agli uccelli. Gli esperimenti alchemici invadono anchessi il campo della pittura e il confine tra medicina, magia e pittura diventa sempre pi sottile. I trattati sulle arti figurative sono intrisi di sapere scientifico e gli artisti vengono spesso esortati a consultare gli anatomici, a conoscere nel dettaglio il corpo umano per poterlo riprodurre nelle loro opere. Quando, ovviamente, non erano essi stessi a diventare clandestinamente sezionatori di cadaveri. Il mondo che incontriamo, seguendo la vita di Zenone, descritto dalla Yourcenar in maniera altrettanto minuziosa, quasi si trattasse di accompagnarci, attraverso il suo stesso modo di vedere, a percepire gli stati danimo e le emozioni del protagonista. Tutto mutuato da una cultura scientifica agli albori, ma che ancora oggi ci infonde inconsapevoli suggestioni e interrogativi. I venti specchietti convessi nei quali Zenone vede riflessa e distorta venti volte la propria immagine e soprattutto la lente nella quale sbigottito, poi quasi spaventato e infine appagato vede ingrandito il proprio occhio che guarda, quante volte li abbiamo incontrati, prima ancora che si diffondessero le teorie di Keplero, in dipinti fiamminghi? La mano sicura o la figura fiera del pittore che si raddoppiano sulla superficie

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di un vetro; il volto che appare appena deformato sulla concavit di una teiera dargento; lestrema, superba ambiguit del quadro nel quadro o la sorprendente capacit di qualsiasi rifrazione di luce nel consegnarci oggetti altri, destrutturati rispetto alla conoscenza che ci consente di dare un nome alle cose, quasi irriconoscibili eppure reali: queste stesse sono le visioni nelle quali Zenone si perde. E non gli vale appellarsi alla purezza, perch si accorge subito che la purezza alchemica, quella che nomina i colori e le materie, anchessa visione di sogno: raggiunge lo spirito, ma altrettanto sconosciuta al corpo. Le fisionomie degli attori del romanzo uomini e donne, grandi borghesi, alto clero, cos come la rimbombante folla dei pi umili i loro abiti, la descrizione degli interni sono s tratte da documentazione darchivio, dalle fonti, ma la stessa Yourcenar, nella nota finale, definisce ritratti le descrizioni dei personaggi e non pu sfuggire la contiguit dei vari dettagli, a volte addirittura dei tratti somatici, con la grande ritrattistica dellepoca, da Albrecht Drer a Lorenzo Lotto, ma soprattutto con gli eloquenti esiti espressivi di Hans Holbein il Giovane. Il mondo dei contadini, quello del popolo minuto se ancora in pieno rinascimento si pu definire con questo aggettivo una classe sociale a met tra piccola borghesia, artigiani e salariati descritto cos come potrebbe uscire da una serie di quadri di Hieronymus Bosch o di Pietro Brueghel, il Vecchio: intriso di non ingenua sensualit, preoccupato della sopravvivenza quotidiana, impaurito e propenso alla delazione. Il romanzo popolato di elementi naturali: distese di terra, visioni marine o fluviali, foreste, alberi, orizzonti intrisi di nuvole, bagliori di tramonti o di albe. Ma soprattutto popolato di morte: per tumulti, esecuzioni, vendette, risse, malattie, epidemie, guerre, saccheggi. Questi due temi, natura e morte, hanno indubbiamente uniconografia complessa, che a mio parere oscilla tra i grandi paesaggisti nordici del Cinquecento e del Seicento e la voce forse pi intricante del simbolismo europeo: quella di Arnold Bcklin. La morte assume nel romanzo gli aspetti pi diversi e in ogni modo domina la nostra immaginazione, perfino la memoria. Su questo grande tema sentiamo vicina la presenza di Bcklin, tanto pi vicina se ricordiamo che nel 1928 nel periodo in cui gi elaborava Lopera al nero la Yourcenar ha dedicato un bellissimo saggio al dipinto Lisola dei morti. Lultimo dipinto di Bcklin, eseguito nel 1900, sintitola Melancholia. Una figura femminile, raccolta in lunghi eleganti pepli, contempla dalla riva spoglia di un piccolo corso dacqua i tronchi dalbero che vi si riflettono e le grandi foglie morte, trattenute in superficie dalle acque. Tra la donna e la natura che la circonda si percepiscono una totale compenetrazione e il silenzio assoluto dellassenza del mondo terreno, trascendente e immateriale come lapprodo sconosciuto e inesorabile che accoglier il naufragio di ognuno di noi. La Melancholia, che prende per mano Zenone fin da adolescente, parimenti veglia sul silenzio di s che il medico-filosofo simpone per tutta la vita. Nel decennio ultimo del XIX secolo Bcklin compose una serie di opere dedicate alla morte, orrenda per violenze di guerra o per la peste. LEuropa della fine dellOttocento non era poi cos diversa per guerre e morti, per mescolan-

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ze di culture e di odii da quella del Cinquecento. Marguerite Yourcenar conosceva bene queste opere e certamente aveva notato come le due calamit, peste e guerra, per Bcklin fossero non cos tanto disgiunte, rappresentando lineluttabilit di un destino al quale luomo non pu che piegarsi. Come in Lopera al nero si inchina di fronte alla peste che guadagna lEuropa viaggiando senza fretta, al suono delle campane, come unimperatrice e va infondendo un elemento dinsolente uguaglianza nellesistenza di tutti. I boschi cedui, gli alberi piegati dal vento, sopra i quali il cielo si aggroviglia di nuvole striate, la nebbia che avvolge le vele di navi in attesa in porti rumorosi, i profili di villaggi di pietra, che si confondono con le pietre lasciate dalle acque di un fiumiciattolo in secca, le pianure intricate di erbe selvatiche, sembra di vederli, i quadri di Jakob van Ruysdael, seguendo i sentieri di Zenone. Quella stessa atmosfera di natura fosca, tenebrosa, piena di misteri, nella quale il protagonista di Lopera al nero sembra muoversi per tutta la vita, abbiamo gi incontrato nelle tele del pittore olandese. Ma accanto a questa natura pi descrivibile, testimoniata dalla prosa decisa della Yourcenar, ce n unaltra, appena accennata, vagamente evocata. E la natura in cui si immerge il mito, dove si muovono Apollo, le ninfe, i fauni, le Sibille, gli idoli dei riti pagani, che luomo pu contemplare, ma dai quali sembra essere escluso: vi regna una bellezza altrimenti negata e a volte vi sincontrano figure orrorose, spettrali, demoni. Qui sembrano avere dimora i giovani, a causa dei quali Zenone sar riconosciuto e condannato, intrappolati da uno spirito dionisiaco, quasi allucinogeno, al quale non riescono a sottrarsi e che tuttavia al contrario di quello che avrebbe auspicato Nietzsche non si sarebbe dimostrato salvifico. Cos come non li salva la loro bellezza. E in questa natura tribolata, che incontriamo ancora gli echi di Bcklin, il pittore nato a Basilea che ama il silenzio dellItalia e i suoi paesaggi incontaminati, specchio dellanima, che parlano allo spirito prima che agli occhi. La spiritualit visionaria di questo artista moderno, che a sua volta pi volte ha attinto dai fiamminghi del Cinquecento, permea liconografia della seconda parte del romanzo, dal momento in cui Zenone comincia a percepire il pericolo fino alla decisione di non sottrarsi. La pittura di Bcklin, del resto, ben si confronta con lambiente in cui si muove Zenone: figlio di un mercante di stoffe fu allinizio attratto da quella miscela di colore e di materia, che andava incontrando nei laboratori di tintura di Basilea. Cominci egli stesso a preparare i colori, ai quali dava la massima importanza allinterno del dipinto, tanto che la sua pittura fu subito indicata dai contemporanei come quella di un colorista. I suoi miscugli di colore e materia sono celebri e il suo interesse per lalchimia nasce proprio in virt di questa ricerca cromatica aspirante alla purezza. Il suicidio di Zenone assimila finalmente il nostro protagonista alla natura, della quale ha cercato di carpire i segreti; la sua esistenza in fuga finisce nella visione del nero che si disfa e che insieme raccoglie in s gli altri colori puri secondo le leggi alchemiche: verde, rosso porpora, bianco. Un ricongiungimento ai princpi originari, quegli stessi che invoca Bcklin nelle sue rappresentazioni pi mature, quando ci indica la natura come punto fermo di sopravvivenza rispetto alluomo e anche alla storia.
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Della melancolia o di Saturno


Nel linguaggio moderno melancolia ha indicato diverse cose, spesso differenti fra di loro e che vanno dalla malattia mentale di stato ansioso e depressivo, ad un certo tipo permanente di carattere, fino alla tipizzazione di un temporaneo stato danimo con una inclinazione perci, assolutamente soggettiva. Costante il senso di vulnerabilit dato da una pi profonda ipersensibilit rispetto allesterno che porta, in qualche modo, a compensare il cattivo funzionamento del personale termostato emotivo, della hysteroid dysphoria, come la denomina uno dei pionieri, nella seconda met del Novecento, del riconoscimento di questa patologia e del suo essere continuum, Donald F. Klein. Lo studioso ha individuato e cercato di curare proprio lo stato psicopatologico generale del malato, al di l della psicoanalisi, costituito da un umore molto precario (...) che passa da una vorticosa esaltazione allinfelicit pi disperata. Il livello del loro umore notevolmente sensibile allammirazione e allapprovazione altrui. (...) Le loro capacit critiche sono notevolmente influenzate dallemotivit. Il fondamento di tutti questi diversi significati va ricercato nelletimologia, nella storia stessa della parola; la coniazione si deve agli antichi greci e deriva dal termine bile nera atra bilis o melancolia che associata al flegma alla bile gialla o rossa e al sangue, formava la teoria dei quattro umori. Gli umori venivano parallelamente a corrispondere agli elementi del cosmo e alle suddivisioni del tempo; controllavano tutta lesistenza, i comportamenti dellumanit e, a seconda del modo in cui si combinavano, determinavano il carattere degli individui. Melancolia o biliosit nera, una denominazione usata per la prima volta nel Corpus Hippocraticum, dove si fa provenire da determinate discrasie di sangue e di umori. Per Ippocrate il sangue contiene lo spirito che pu essere offuscato mediante appunto una discrasia, unanormale mescolanza di umori, a seconda della parte del corpo in cui la discrasia colpisce. Nel Corpus si parla gi della ciclicit della melancolia, della sua affinit con le stagioni e di un determinato typus melancholicus o meglio un typus bilioso che pi tardi verr denominato come typus della bile nera. Inoltre Ippocrate riconosce anche lesistenza della malattia melancolia, la stessa ripresa in seguito da Platone nel Fedro. Molto importante diviene, ai fini del nostro discorso, lopera di Platone che contiene una poderosa esposizione sulla follia, la Mania alla quale dobbiamo la trasformazione della nozione originale di melancolia, con la caratterizzazione di una doppia valenza allinterno dello stesso termine: da una parte troviamo il concetto di follia desunto dalle tragedie greche e, dallaltra, la nozione di furore affermata appunto nella filosofia platonica. Per Platone luomo che toccato da questa Mania il tipo di uomo straordinario, geniale, il superuomo per dirla con un termine nicciano, il grande indovino come Sibille e Profeti, il tragico sofferente, Edipo, Oreste, il poeta. Al valore pi alto troviamo la Mania divina, la pi elevata sintonia del Genio con il Cosmo. Platone arriva ad associare la melancolia anche con i miti, cominciando a considerarla in qualche misura, eroica e ponendola sullo stesso piano del furor, seppur distaccandola dallestasi, la sorgente della pi alta esaltazione spirituale. Per Platone melancolia viene cos a significare insania morale, se non proprio pazzia che oscura e indebolisce la volont e la ragione. Aristotele riprender questa caratteristica nel XXX libro dei Problemata

CLAUDIO CRESCENTINI

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physica, unendo la nozione puramente medica della melancolia di Ippocrate, con la concezione platonica del furore, ricondotta per al senso ippocratico di typus bilioso. In questo modo non solo gli eroi tragici ma tutti gli uomini eccellenti, nelle arti, nella filosofia o nella politica, possono essere colpiti. Dal procedimento ippocratico Aristotele distacca un typus che supera labituale livello termico della bile, la quale pu essere calda o fredda, considerando coloro con la bile calda o molto calda come persone frenetiche, geniali, facilmente inclini a desideri intensi, ad entusiasmi morbosi. Attributi questi che Aristotele riscontra, in particolar modo, nelle Sibille e negli Indovini, per natura a bile calda, come pure nei poeti che compongono grandi opere solo quando sono in estasi. Aristotele considera la genialit come una disposizione naturale delluomo, dovuta alla temperatura della bile del sangue, come si detto, che deve essere alquanto elevata da sollevare lanimo umano al di sopra della media, ma non tanto da generare una melancolia troppo oscura, portante direttamente alla pazzia. La teoria spiegata in un passo dei Problemi aristotelici (XXX, I): (...) quelli che hanno attenuato leccessivo calore della bile nera fino ad avvicinarsi a un livello medio, sono s melanconici, ma pi razionali e meno eccentrici e per molti aspetti superiori agli altri o nella cultura o nelle arti o nella guida dello stato. (...) Labbattimento che si verifica nella vita di ogni giorno, per cui spesso ci troviamo in uno stato di afflizione senza saper dire perch, mentre altre volte ci sentiamo allegri senza apparente ragione. A questi turbamenti e a quelli ricordati prima, tutti siamo soggetti in qualche modesta misura, dato che un po della sostanza che li provoca si trova in ognuno. Per nelle persone nelle quali questa caratteristica radicata, essa ne determina il carattere. Infatti (...) coloro che hanno solo un po di questo temperamento, sono comuni, mentre coloro che lhanno in grande quantit, sono diversi dalla grande maggioranza della gente. Se, infatti, il loro habitus melanconico non si attenua affatto, essi sono troppo malinconici; se, invece, esso un po temperato, emergono. Se non hanno riguardi, tendono a malattie melanconiche, per cui individui diversi sono colpiti in differenti parti del corpo: certi soffrono di sintomi epilettici, altri di sintomi paralitici, altri di violenta disperazione o terrore. Cosicch la persona normale poteva anche essere soggetta a malattie melancoliche, per si sarebbe trattato di disturbi solo temporanei senza profondo significato psichico, senza quei sgradevoli effetti durevoli sulla propria costituzione mentale. Tuttavia il melancolico naturale, anche quando era in perfetta salute, aveva un ethos del tutto particolare che, scegliendo di manifestarsi, lo rendeva in permanenza diverso dalle persone comuni, era, per cos dire, normalmente anormale. Questa singolarit spirituale del melancolico naturale era dovuta al fatto che la bile nera possedeva una caratteristica mancante negli altri umori, cio quella di influire sulla disposizione danimo. Aristotele in questo modo attua unaltra sostituzione di concetti allinterno del termine melancolia e dalla nozione mitica del furore platonico passa a quella scientifica di melancolia, operazione resa pi facile dal fatto che, melancolico e matto (nel senso puramente patologico), per lungo tempo erano stati sinonimi e che il particolare dono dei sogni veritieri e delle profezie, proprio del melancolico patologico, corrispondeva allequazione platoni-

ca di mantico e maniaco. In questo modo la nozione di melancolia venne ad assumere a sua volta un nuovo e positivo contenuto, e grazie a questo fu possibile riconoscere subito e spiegare il fenomeno dell uomo di genio. La tesi di Aristotele del melancolico come di una persona con accentuate facolt di visione, ripresa solo dalla filosofia Scolastica del XIII secolo, nel momento in cui il merito dellindividuo non era pi basato sui propri doni e capacit intellettuali, ma sulla base delle virt e delle opere pie realizzate, come prova dellesaltazione dellamore in Dio. Un periodo perci di inaccettabilit delle teorie peripatetiche sullidea del melancolico come uomo profondamente dotato. In modo diverso, nella poesia dellepoca tardo-medioevale, troviamo il termine melancolia o melancolico come definizione di precise inclinazioni e condizioni dello spirito, da intendere come alterazione del significato patologico originario, come indicazione di uno specifico stato danimo, puramente psicologico e pi o meno temporaneo. E naturale che le due nozioni tradizionali legate alla melancolia, malattia e temperamento, non scomparvero del tutto dalla letteratura e soprattutto dalluso comune. Inoltre la malincolia, assumendo in s il contenuto psicologico di nozioni che originariamente si riferivano solo a stati danimo, ne eredit anche la forma pittorica. In altre parole, la melancolia intesa in questo nuovo senso, compare nella poesia del XV secolo sia come unespressione verbale sia come una persona attiva e parlante che poteva perfino essere raffigurata. Sar soltanto nel XVI secolo e, secondo noi, con lincisione Melanconia I di Drer, che si avr una pi concreta identificazione fra liconografica della melancolia, con la bile nera e la corrispondente nigredo alchemica, tramite limmagine di una donna seduta, dal volto scuro, piegata in avanti, con la testa posata su una mano. La melancolia non pi malattia fine a se stessa; da questa ispirazione, solo gli uomini del Quattrocento, con la loro nuova concezione dellumanit, sono riusciti a trarne conclusioni tali da costituire una rivalutazione radicale della nozione di melancolia e la creazione di una moderna dottrina del genio. E ancora nel periodo umanistico che troviamo una vera e propria rinascita dellimmagine degli dei e in particolar modo di Saturno che, come annunciato in precedenza, associato fin dallantichit alla Melancolia, per via di parentela. Gi Dante Alighieri, nel XXI Canto del Paradiso, aveva descritto la sfera di Saturno come il regno della contemplazione, cosicch per traslato anche la melancolia veniva gi sentita come il tipico atteggiamento del pensatore. Insieme a Dante molti altri autori del tardo-medioevo giudicavano evidente e diretto il rapporto fra Melancolia e Saturno, dando la responsabilit a questultimo per linfelice carattere delluomo colpito dalla melancolia; questo soprattutto attraverso una corrispondenza sempre pi stretta fra limmagine del dio e le teorie astrologiche; cosicch quando si parlava dellinflusso di Saturno su un determinato carattere o protettore di determinate professioni, sintendeva Saturno come pianeta, facendo perci riferimento diretto allinflusso astrologico di questo. La relazione ovviamente porta alla corrispondenza anche fra gli altri caratteri determinati dai vari umori di origine ippocratica: la disposizione sanguigna con Giove, la collerica con Marte e quella flemmatica con la Luna o

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Venere. In questo modo le stelle, gli elementi e gli umori, erano collegati insieme e caratterizzati anche da determinati colori. Nel nostro caso il colore della bile nera sar scuro e nero, la sua natura come quella della terra alla quale collegata, fredda e secca; cos come il colore di Saturno scuro e nero, per cui anche Saturno deve essere per natura freddo e secco. Ricordiamo anche che Saturno considerato uno dei sette pianeti dotati di potenze demoniache che esercitavano uninfluenza decisamente negativa sul destino degli uomini e il corso degli eventi terrestri. Dal punto di vista mitologico il dio latino Saturno era legato alle messi, ai raccolti abbondanti; il dio positivo quindi che trova un senso pi nettamente negativo, mediante lunione con la figura corrispondente del dio greco Crono, figlio di Urano, divoratore dei suoi stessi figli, tranne Zeus, salvato con un inganno al famelico potere del padre. Da Saturno, il fondatore di un regno di pace e di concordia in cui tutti gli uomini erano uguali, realizzatore della mitica et delloro, al dio Crono, il tempo preposto al tempo o il tempo stesso, con attributo la falce, cos come il corrispettivo latino, pi un serpente che si morde la coda a simbolo delleternit e delle mai interrotte vicissitudini del tempo. Intrinseca alla figura Saturno-Crono diventa la duplicit, l opposizione: da una parte il dio benevole dellagricoltura, dallaltra il dio cupo detronizzato e solitario, lesiliato, fuggiasco e braccato. Una doppia immagine che in seguito venne ad ampliarsi soprattutto per quanto riguarda i tratti negativi legati a Crono e da questo, come si detto, in senso astrologico, per linflusso nefasto del pianeta Saturno sui suoi figli. In questo modo, i nati sotto Saturno erano considerati per lo pi come persone tristi, angosciate, misogine, con malattie provocate dal freddo, dallumidit, lidropisia, i reumatismi. Solo con il neoplatonismo si avr una rivalutazione in senso positivo della sfera di Saturno, in particolare, e di tutti gli altri pianeti, in generale; secondo Plotino infatti Crono simboleggia lIntelletto, la facolt pi alta e pura del pensiero razionale e speculativo e, attraverso le fonti orfiche, trasmesse per lo pi sempre dai neoplatonici stessi, acquistava il carattere di architetto, costruttore del mondo. Era anche considerato un veggente, definito un profeta e, il fondamento di questa interpretazione, era gi insito nella accennata identificazione, riconosciuta anche dai neoplatonici, con il Tempo, il principio fondamentale della teologia orfica. La polarit dellidea di Crono port a due atteggiamenti di fondo opposti. La pregnante antitesi cupezza, tristezza, frode vs pensiero razionale o addirittura ispirato avrebbe dominato anche in futuro, anche se la decisa contrapposizione o/o ben presto sarebbe stata attenuata dallaltra sia/sia. Il Saturno cui competevano il letargico e il volgare fu nello stesso tempo venerato come il pianeta della contemplazione elevata, la stella degli anacoreti e dei filosofi. Nonostante questo, il carattere del figlio di Saturno, continu ad avere un fondo sinistro, cupo, melancolico appunto, questo perch, come la melancolia, Saturno, demone degli opposti, dotava lanima sia della lentezza e della stupidit che della capacit dintelligenza e contemplazione. Come la melancolia, Saturno, minacciava coloro che erano in suo potere, per quanto illustri potessero essere, di depressione o addirittura di pazzia. Per citare il Marsilio Ficino, Saturno raramente indica un tipo e un destino umano di natura comune, piuttosto un uomo isolato dagli altri, divino e bestiale, beato oppure

oppresso dalla pi profonda miseria. In Ficino, nelluso del termine divino, troviamo gi il prototipo della successiva definizione del genio moderno, sia filosofico che poetico e, da Michelangiolo in poi, artistico. Questa in sostanza ci sembra la formulazione pi specifica per una lettura profonda di molte opere darte legate al tema, partendo in particolare per linizio del nostro contemporaneo, dall Autoritratto dechirichiano del 1911, nel quale, oltre alla ripresa della posa legata alla Melancolia I dreriana, abbiamo un ulteriore approfondimento proprio attraverso lo studio della sfera di influenza e delliconografia di Saturno. Un approfondimento che ci porter a sottolineare una precisa sovrapposizione di immagine, da Saturno, divinatore e profeta, esiliato e costretto al viaggio, architetto del mondo, a de Chirico, italiano allestero, Argonauta errante, vaticinateur, linquieto costruttore di un nuovo modo di vedere il mondo, anzi proprio di un nuovo mondo, nato dal reale ma realizzato nellintelletto, mediante la ragione metafisica. Lo stesso tragitto descritto da Alberto Savinio riprendendo per il mito della nascita di Venere e portandolo ad esempio della rinascita dellarte attraverso la metafisica: Ed questinquietudine che alfine ci fa sostare e spinger gli occhi al nuovo indizio: al fatto certo di una nuova nascita. E lansia che prelude a un che di strano che avverr nel mondo. Fermiamoci: Saturno, unaltra volta, mutil nel sonno Urano, e su dal sangue sparso germiner una fecondit novella, fruttificando in ninfe sulla Terra, e Venere comparir sul Mare. Infatti, s a una rinascita, nella totale febbre del suo parto. Dalle alte sfere mitologiche nasce cos una nuova arte, un nuovo artista, pensoso di fronte al nuovo mondo da lui stesso creato, il nuovo Zarathustra, colui che usa la posa melancolica legata, in ambito umanistico, allimmagine di Saturno. Umanistico perch, come abbiamo gi sottolineato, il preciso periodo storico e culturale in cui si ebbe una riabilitazione della componente sublime e contemplativa del dio, anche mediante la creazione di una nuova iconografia. Questa stretta relazione tra melancolia e Saturno ha comunque origine negli scrittori arabi del IX secolo di cui il pi noto Abu Masar, che collega i pianeti agli umori e, come Crono-Saturno, questo pianeta occupa una cospicua posizione nella letteratura antica, greca in particolare, confluendo poi nei trattati dei mitografi medievali. Da questi la nascita, sul versante dellillustrazione medica, degli schemi di cauterizzazione il loro scopo era di mostrare in che modo e dove i diversi tipi di pazzi dovevano essere cauterizzati o trapanati. Nel caso del melancolico, la terribile operazione doveva essere compiuta in media vertice. Anche i gesti tipici, il corpo piegato e la testa su una mano, a trattenere la tempia, passano dalla Melancolia, che ovviamente non perde i suoi attributi di riconoscimento, a Saturno appunto, come nellincisione di Giulio Campagnola raffigurante, appunto, Saturno. Unopera giovanile dellartista veneto, dove viene ritratta la figura del dio allungata sul terreno, col braccio alzato, puntato su una roccia, con la testa posata sopra e lo sguardo rivolto pensosamente di lato. Sullo sfondo una citt fortificata in riva al mare, con una nave che veleggia verso la costa. Il corpo, con un deciso carattere statuario ha lo sguardo di lato, la testa piegata, il panneggio fluente nella parte inferiore del corpo e il classico elemento del caput velatum.

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Con il Campagnola abbiamo cos, a livello artistico, la visualizzazione della nuova iconografia di Saturno desunta dalla Melancolia, con la rinascita, attraverso una pi profonda consapevolezza umanistica, da una parte della concezione neoplatonica di Saturno, mediante la quale il pi alto dei pianeti era visto come lincarnazione delle pi alte e nobili facolt dellanimo umano, la ragione e la speculazione; dallaltra parte della nozione peripatetica della Melancolia, secondo la quale tutti i grandi ingegni erano appunto melancolici. Si riscontrano in Saturno i caratteri tipici del genio, melancolico e depresso ma estremamente fiero di questa condizione, accettata appunto come un privilegio, segno di distinzione. Saturno diventa il pensatore seduto con la testa poggiata alla mano, come si pu vedere anche da unopera del Mocetto, altro melancolico pittore della modernit, nel quale troviamo per ancora la falce, attributo tradizionale del dio delle messi. E ancora Marsilio Ficino, alla fine del XV sec., a dare forma concreta allidea delluomo-genio melancolico, nella sua opera De vita triplici nella quale, analizzando la terapia e i sintomi del carattere saturnino, arriva allidentificazione di quella che Aristotele aveva chiamato la melancolia degli uomini intellettualmente eccellenti, con il divino furore di Platone. In questo modo Saturno diventa la guida dello spirito della contemplazione delle cose pi alte e nascoste e, egli stesso, come afferma il Ficino, significa contemplazione divina. Non sono pi solo i nati sotto Saturno, i figli di Saturno ad essere qualificati per unattivit intellettuale, ma al contrario, unattivit di questo tipo, esercitando una precisa influenza sugli uomini, li mette direttamente sotto il dominio di Saturno, creando una sorta di affinit elettiva. Tutti gli studiosi, gli artisti, coloro che usano lintelletto, sono predisposti perci alla melancolia e soggetti allinflusso di Saturno. Le qualit caratteriali associate alla melancolia, come lirritabilit, la variabilit dumore, lamore per la solitudine e la contemplazione, leccentricit, diventeranno, nel Rinascimento europeo, quasi di moda e la loro esibizione un atteggiamento prettamente snobistico; cos come succeder di nuovo nell Ottocento, quando si avr una reale ripresa della melancolia, intesa ora come raffigurazione della condizione di catarsi spirituale. Schelling, Goethe e poi il maturo romanticismo ottocentesco, in particolare quello tedesco, individueranno nella melancolia la loro ricerca verso un interno, il sinonimo della fuga dalla realt, dalla societ. E da mettere in rilievo per che limmagine della Melancolia, nellOttocento tedesco, soprattutto legata alla figura femminile, molto raro infatti trovare questo tipo di iconografia rivolta al maschile, cio alla rappresentazione di Saturno, o di un soggetto traslato in questo personaggio con precise caratteristiche. Nelliconografia tradizionale in genere si aveva il palmo della mano aperto, sar Drer a variare, nellincisione Melancolia I, la posizione della mano, da aperta a pugno chiuso che per Panofsky rappresenta il simbolo dellavarizia, anchessa connessa al temperamento melancolico, e per Calvesi invece allude allunit dei quattro elementi formanti l opus alchemico al quale lincisione di Drer si rif esplicitamente. Nel ritrarre il viso melancolico ne scurisce i tratti, sottolineando, in questo modo, laltro carattere della melancolia, la facies nigra, tratto citato molto pi spesso dalla tradizione che non il pugno chiuso. Sia il figlio di Saturno che

il melancolico (si trattasse di melancolia patologica o di mal temperamentale) erano ritenuti dagli antichi scuri e neri daspetto; e questidea era comune nella letteratura medica medievale, come pure negli scritti astrologici sui pianeti e nei trattati popolari. Abbiamo visto come, gi fin dallantichit, la sporca e dura sostanza della bile nera trovi il suo corrispondente proprio nella sfera planetaria, fredda e lenta di Saturno, che Macrobio considerava come il Sole, il cui corso determinava la vita delluomo stesso. Saturno veniva cos ad approfondire il proprio carattere negativo, senza dare alcun valore dispregiativo al termine, arricchendolo di una diversa valenza simbolica, quella del Sole negro, prima e risolutiva fase dell opus alchemico. Il Sole negro infatti anche un elemento alchemico; in questo senso lo ritroviamo ancora come connotazione cromatica nellimmagine, codificata da Drer, della Melancolia, la gi citata facies nigra. Il volto nero figura ricorrente nelle illustrazioni dei trattati alchemici, posto come allusione della prima fase dell opus, la nigredo appunto. L opus, inteso come procedimento alchemico, tender, attraverso vari stadi alla mutazione finale del piombo in oro o pietra filosofale. Il raggiungimento di questa fase conclusiva del processo alchemico avverr attraverso un preciso percorso che lalchimista realizza, passando dal nulla, dal piombo, alla Sapienza, loro estratto con fatica dalle tenebre della condizione umana. Il Pernety, basandosi su tradizionali trattati alchemici, nel suo Dictionnaire dalchimia, pubblicato nel 1758, registra la voce Melancholis come elemento legato alla putrefazione della materia al nero, perci della prima fase dell opus, la nigredo che nasce proprio sotto il lugubre segno di Saturno, dello stato doloroso delliniziazione e della solitudine. Perci nigredo, sole negro, Melancolia, Saturno diventano tutti termini di un medesimo stato danimo, legato allangoscia, alla depressione che subentra nelluomo quando allo stato iniziale di un percorso da seguire, di un fine da raggiungere, una malattia fatta di tante similari patologie che insegnano qualcosa alluomo della propria personalit tramite anche limmaginazione artistica. E la condizione insistentemente ricercata anche dal nicciano Zarathustra: Luce io sono: ah, fossi notte! Ma questa la mia solitudine, essere cinto di luce. Ah, fossi scuro e notturno. Come succhierei i semi della luce! (...) Oh, siete solo voi, voi scuri, voi notturni che create calore da ci che fa luce! Voi soli a bere latte e refrigerio dalle mammelle della luce. (...) E siete di cose notturne! E solitudine!. Ma qui siamo gi sul versante successivo, Zarathustra il superuomo che ha saltato la nigredo, gi ad un piano superiore e sa di non poter compiere bene il suo percorso senza prima tornare indietro, per ricominciare a migliorarsi. Tant che la Prefazione dello Zarathustra, inizia con un inno al sole, il grande astro, per poi continuare: Ecco! Ne ho abbastanza della mia saggezza; come lape che ha raccolto troppo miele, ho bisogno di mani che si tendano. Vorrei profondere e distribuire, finch i saggi tra gli uomini di nuovo si rallegrassero della loro stoltezza e i poveri della loro ricchezza. Per questo debbo scendere nel profondo: come fai tu la sera quando tramonti dietro il mare e porti luce agli inferi, tu opulento astro. Al pari di te, io debbo tramontare come dicono gli uomini, ai quali voglio discendere. Nel citato caso di de Chirico l opus artistico diventa la possibilit per aspirare a sfere pi alte: la fama, la gloria, limmortalit gi prenotata con la

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firma sul basamento del poeta ne LEnigma di un pomeriggio dautunno. La malattia psico-fisica, ma forse luna dipendeva dallaltra, interferiva con la sua arte: da un punto di vista operativo con la semi-immobilit, ma da quello creativo mettendo in atto, con una fondamentale modificazione di prospettive visuali, la coscienza del creatore, anzi del ri-creatore mediante un nuovo sistema, la metafisica, applicata anche allimmagine del s, tanto da arrivare a produrre una vera e propria autonomia funzionale come la denomina Klein: Una causa produce una risposta adattiva (funzione) che persiste anche dopo la cessazione della causa (autonomia). In questo modo anche limmagine della Melancolia di Drer, appunto come gi Calvesi aveva teorizzato, rispecchia il sentimento (quello dellartista?) nella fase di nigredo, con tutto ci che comporta il vivere questa fase, con limmagine fissa su un problema che non pu essere risolto, un problema composto da mille meccanismi: desolazione, melancolia, solitudine, tristezza, angoscia per il futuro, impotenza verso il passato sbagliato o, almeno, ritenuto tale. La situazione psicologica sembra ripercuotersi sul carattere, sui rapporti con il mondo e anche, in certa misura, sull attivit artistica. Siamo nel campo della metampsicosi nel momento in cui ricordiamo le parole che Nietzsche scrive in Ecce Homo, cos come riguardanti la creazione di una sua opera, Aurora. La limpidezza perfetta e la serenit, lesuberanza quasi dello spirito, che questopera riflette, si accordano in me non solo con la pi profonda debolezza fisiologica, ma addirittura con un eccesso di sensazioni dolorose. Nel martirio che mi causava unininterrotta emicrania di tre giorni consecutivi, accompagnata da un penoso vomito di muco, possedevo una chiarezza dialettica par excellente che esaminavo con grande sangue freddo cose per le quali, in migliori condizioni di salute, non sono uno scalatore sufficientemente ardito, sufficientemente raffinato, sufficientemente freddo. E ancora, la malattia pu essere addirittura un energico stimolante al vivere, al vivere di pi. Nietzsche giunge allapologia della malattia afflictio animae vista come una consumazione, intrinseca alla societ, dove si perde ogni capacit di elaborazione creativa. Nietzsche considera luomo, inserito nella societ, come una tappa allinterno di un processo superiore, avviato verso un fine preciso che trascende gli individui stessi, li schiaccia e spersonalizza. Nellassenza di ogni possibile significato di questo processo, Nietzsche ricerca lunico significato possibile nella figura delluomo superiore, di colui che riesce ad usare e superare la propria malattia, che poi in senso lato la malattia stessa della societ, assegnando un significato pi alto alla propria esistenza. Ci troviamo cos al superamento della convinzione schopenhaueriana che la vita sia un male incurabile, attraverso una forza interna alluomo, questa volont di potenza che porter Nietzsche a constatare la possibilit di vivere tutta la vita in tutti i suoi aspetti, dallapollineo al dionisiaco. Unantica volont di potenza mi si rivela, ci che dal popolo creduto essere il bene e il male. In questo particolare aspetto rientra la malattia, il peggior male del mondo, ma che nello stesso tempo deve essere utilizzata come spinta ad agire, a superare i propri limiti che sono poi quelli dellumanit stessa. E questo segreto me lo svel la vita stessa: Ecco, - disse - io sono ci che deve sempre superare s stessa, cos afferma Nietzsche, per il quale: (...) solo dove c

vita c anche volont, ma non volont di vita, bens - cos tinsegno - volont di potenza. Giovanni Papini ne La Voce del 20 gennaio 1910, scrive: I nostri tempi non conoscono vita pi nobile, pi pura, pi dolorosa, pi solitaria, pi disperata di quella di Federico Nietzsche, sottolineando cos la terribilit, ma nello stesso tempo la grandezza, leroicit dellimpresa del filosofo tedesco. Lo scrivere legato alla speculazione filosofica diviene cos, per il filosofo tedesco, lunica maniera per sopportare la vita, come egli stesso afferma. Cantare (...) cosa da convalescenti; il sano pu parlare. E quando anche il sano vuole canti, vuole tuttavia canti diversi dal convalescente. (...) Trabocca nel tuo canto, o Zarathustra, guarisci la tua anima con nuovi canti: che tu porti su di te il tuo grande destino che non fu mai il destino di altro uomo! (...) come potrebbe tanto grande destino non essere anche il tuo pi grande pericolo e la tua pi grande malattia!. Siamo cos alla presa di coscienza di quel qualcosa che bruscamente allontana dalla categoria del normale, dalla gente normale; assente dal senso degli altri, estranea, accidentale alla felicit ingenua, la mia depressione mi d una lucidit suprema, metafisica. Alle frontiere della vita e della morte, ho talvolta il senso e la presunzione di essere testimone del non senso dell Essere, di rivelare l assurdit dei legami e degli esseri. Il mio dolore il volto nascosto della mia filosofia, il suo fratello muto. E il Sole negro appunto, Saturno, la possibilit nicciana di tramontare per poi ritrovarsi e superarsi, cos come troviamo anche ne Il canto delle tenebre di Dino Campana: La luce del crepuscolo si attenua / inquieti spiriti sia dolce la tenebre / al cuore che non ama pi! / (...) Ascolta, la luce del crepuscolo attenua / ed agli inquieti spiriti dolce la tenebra: / Ascolta: ti ha visto la sorte: / ma per i cuori leggeri unaltra vita alle porte: (...). Lumore depressivo diventa supporto narcisistico e spinta, come abbiamo detto, a continuare, per Nietzsche attraverso la filosofia, per de Chirico attraverso larte che poi a quella non minimamente disgiunta. Ricordiamo ancora il passo di de Chirico sulla creazione del dipinto LEnigma di un pomeriggio dautunno, dove appunto la malattia e la debolezza, linstabilit psicologica, portano a vedere la realt in modo diverso, per una ri-creazione di questa; ri-creazione, non trasformazione n deformazione, procedimenti tipici dellarte contemporanea, perch con de Chirico abbiamo, come gi pi volte ripetuto, una raffigurazione fedele alla realt, per una riscoperta di questa in senso enigmatico come scrive Papini, fantasmico per citare Savinio, metafisico. Ritornando al primo de Chirico, lartista tenta cos di realizzare il sogno di eternit ed immortalit mediante, ad esempio, lidentificazione con Dante ne LEnigma di un pomeriggio dautunno, un quadro terapeutico, per una sublimazione, in senso nicciano, della crisi fisica e artistica che laveva colpito dopo il ritorno da Monaco e la partenza del fratello. Mentre con LEnigma delloracolo, fra nostalgia e spinta verso il futuro, lartista realizza lapologia della propria condizione di filosofo, attraverso la profezia della Pizia, la sacerdotessa di Apollo, il dio del Sole. Infine con il gi citato Autoritratto, la prima immagine concreta di de Chirico, in posa melancolica che, come abbiamo visto, la medesima iconografia umanistica di Saturno, il Sole negro, il corrispettivo opposto ma dialettico di Apollo.

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Savinio sembra ancora indirettamente consolidare questa tesi screditando limmagine di Apollo ne La Nuova Enciclopedia: Apollo (...) il fugatore di tenebre, lapportatore di luce, il sole in persona. Ma chi assicura che la luce migliore delle tenebre? (...) Viene da Apollo la mania della solarit e quellaggettivo solare che ha laria di dire tanto e in verit non dice niente. (...) Per riabilitare la luce e salvarla dalle troppe vicine compromissioni, Nietzsche invent loscurit della luce e che il meriggio pi profondo della mezzanotte. In questo modo si arriva a creare e a superare la precedente condizione psicologica, lattardamento su unimpostazione pittorica che non soddisfa pi, attraverso la creazione di nuovi segni, visioni, che portano in senso lato, lartista del Novecento ad immedesimarsi con Saturno, il dio che usa loracolo per trovare s stesso, partendo dai suoi abissi, dalle sue radici, fermandosi a meditare sullenigma che gli si prospetta davanti per poi declamare al vento: A voi ebbri di enigmi, amanti dogni luce crepuscolare, la cui anima attratta dai flutti verso ogni voragine dellio: (...) a voi soli racconto lenigma che vidi, la visione del pi solitario.

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Kiefer al nero: una scelta ed altro ancora


Tutto ci che esiste costituito di fuoco, aria, acqua, terra sentenziarono Empedocle ed altri filosofi greci e da queste quattro sostanze deriverebbe quanto esiste in natura. Gi dai primi studi si apprende che i corpi semplici offrono la possibilit di svariate combinazioni come la chimica cinsegna per poi aprire le porte alle grandi intrusioni negli elementi a cui gi lo stesso Aristotele aveva aggiunto lelemento sopralunare o tere. Ormai una storia infinita con i suoi vari passaggi che toccheranno da vicino anche le arti. Ed inizia il grande viaggio attraverso la scienza per raggiungere quello che si sarebbe chiamato rimedio assoluto e che nei secoli di mezzo si pensava di poter ottenere attraverso luso di una sostanza miracolosa, la pietra filosofale. Proceder in tal modo levoluzione del nostro sapere scientifico ed i mezzi saranno molteplici e spettacolari, senza escludere gli approfondimenti in una situazione para-scientifica qual stata lalchimia ed il suo regno sotterraneo dove manipolazioni di sostanze pi o meno naturali si sono susseguite con progressivi risultati. Unindagine senza soste che ricercatori come Paracelso porteranno alla trasformazione del lavoro intuitivo e conoscitivo in uno studio a grande spettro, la chimica. Nella rivoluzione scientifica si inserir in modo eccellente lItalia ampliando lazione di pensiero e di laboratorio ad altre specificit come lastronomia, la botanica, la stessa medicina e cos via, come ci suggerisce la nascita di Accademie e societ specializzate in particolari indagini. Di maggior rilievo lAccademia dei Lincei, fondata nel 1603 dal principe Federico Cesi e sostenuta da uomini come Galileo Galilei, senzaltro il primo tentativo di organizzazione collegiale del lavoro scientifico dellet moderna. LAccademia aveva trovato la sue sede estiva ed originaria in Umbria, ad Acquasparta in una delle residenze di famiglia del principe, il palazzo Cesi che, dopo vari secoli, in tempi a noi vicini ed anche oggi, stato destinato ad usi consimili, didattici, musicali, artistici. Noi stessi siamo penetrati nel cuore linceo usufruendo dei suoi spazi prestigiosi dove le decorazioni parietali si rincorrono di sala in sala servendo da contrappunto a ricognizioni sullarte moderna e contemporanea nella situazione umbra, iniziativa che ha permesso una prima catalogazione del patrimonio regionale pubblico e privato, dal museo al collezionismo, dalla galleria allatelier. Ma prima di addentrarci nellargomento del nostro breve saggio, ossia il rapporto fra arte contemporanea ed alchimia, anticipiamo ancora qualche considerazione su questo tema chiarendo come il clima di magia ed in qualche modo di stregoneria insito nellimpegno alchemico sia stato suggerito e provocato dagli stessi alchimisti per laura di mistero di cui amavano circondarsi al fine di mantenere segrete le loro scoperte ed, ancor di pi, per celare i loro frequenti insuccessi. Le quattro fasi del magistero alchemico si compendiano nellopera al nero (nigredo), al bianco (albedo), al giallo (xntsis), al rosso (rubedo) ed ogni tappa segna la trasformazione della materia in modo sempre pi raffinato sino alla conclusione del quarto stadio che dovrebbe portare alla pietra filosofale personificata dalla figura androgina, il Rebis. Nella ricerca si inseriscono gli studi sulla padronanza del tempo e sulle condizioni emotive che ne conseguono sino alla verifica di stati solidali in primo luogo con la filosofia. Si aggiungono materie come lastronomia, la musica, la matematica fra le principali ed anche applicazioni pi specialistiche come la botanica e lerboristeria a cui si era dedicato Federico Cesi con i suoi elaborati studi sui semplici e con il suo interesse al tema del giardino inteso come composizione architettonica ed estetica.

FRANCA CALZAVACCA

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La congiunzione fra le arti visive e lalchimia avviene di pari passo raggiungendo particolare forza esplicativa. Tanto che ancor oggi molta parte dellarte si avvale di canoni disciplinari risalenti ai secoli aurei dellalchimia. Il fascino di questa avventura cognitiva perdura senza dubbi nella contemporaneit. Certamente una spiegazione c ed da ricercare nel significato del termine alchimia che ha subto nello stesso linguaggio cangianti trasformazioni legandosi profondamente alle mutazioni materiche ed estetiche delle espressioni artistiche, dalla pittura alla scultura, alle pratiche incisorie coniugate in primis con la struttura alchemica per luso di acidi e metalli e legni e pietra e carte e fuoco in alterne vicende. La ricchezza e la molteplicit del discorso esoterico danno corpo allimmaginario fondendosi nei lemmi e nella dizione, nelliconologia e nellindicazione emblematica e contribuendo con le migliori intenzioni allo sviluppo del pensiero sperimentale. Quasi ventanni fa, nel 1986, il tema del rapporto fra alchimia ed arte era stato trattato in una delle sezioni della XLII edizione della Biennale Internazionale dArte di Venezia a cura di Mino Gabriele ed Arturo Schwarz nel pi ampio panorama sul legame fra arte e scienza. Il sapore occulto e misterico dellalchimia con le atmosfere cupe e sulfuree di antri e sotterranei in conventi e manieri ironicamente poi suggerite da Umberto Eco che ci richiama agli artisti operanti consapevolmente come alchimisti, il fiammingo Jan van Eyck ed il Parmigianino, il primo ad usare e favorire la tecnica dellacquaforte in Italia, anche ai nostri giorni attrae gli artisti in una comunione di complementariet fra le discipline. Diversi certo i metodi di ricerca e di investigazione, pi liberi i simboli archetipi che emergono dallimmagine. Indubbiamente intrigante luso della materia, la cura personale dellimpasto e del colore, lo stesso paradosso dellaction painting, lapparato dellinformale con le sue manipolazioni materiche e le sue condizioni strutturali, i segni e le costruzioni dellastrattismo. Dalle avanguardie storiche a Kiefer per intenderci, in alto grado di compenetrazione poetica, oltre lapparenza letargica della materia. La trasmutazione dellenergia propria delloperazione artistica ed offre il suo codice di lettura in maniera attuale. Esaminiamo la testimonianza di Kiefer con i suoi strumenti creativi che accumula rapidamente come un organismo vivente (Celant) alimentandosi del corpo stesso da lui programmato. Anselm Kiefer ricorso spesso alla pratica dellalchimista pittore sia quando descrive loscura materia dei suoi paesaggi (nigredo) sia quando vuol ricreare la qualit luminosa dello spirito (la coscienza o albedo). Lartista tedesco ha legato le importanti tradizioni alchemiche del suo luogo dorigine alla terra di Francia, dove vive, creando una combustione dimpulsi ed idee assolutamente perfetti per dar vita alla sua invenzione artistica. Anche il filosofo Massimo Cacciari parlando di Kiefer per la mostra veneziana del 97 al Museo Correr non esita ad accostare la sua realt artistica alla dimensione alchemica, alla trasformazione del simbolo attraverso unelaborazione iconoclastica che esalta la potenza dellimmagine, invece di asservirsi ad una realt puramente descrittiva. La definizione stessa di alchimia parla di una forma di conoscenza rivolta alla mutazione psicologica e spirituale dellindividuo attraverso il dominio delle energie creative che determinano la natura e la mente delluomo. Dopo la parte pratica che impone lapprendimento della materia sin dai suoi elementi primordiali si avvia un percorso di tipo iniziatico che metaforicamente si esprime attraverso il mito della trasmutazione di metalli vili in oro. In realt loro alchemico non altro che il sapere universale basato sullarmonia degli

opposti. Quanto di meglio per incitare lartista allapprofondimento di questa capacit dindagine. Nella sezione della Biennale a cui abbiamo fatto cenno molte sono le presenze degli artisti che hanno saputo trarre dagli insegnamenti alchemici il loro modus operandi. Sono rappresentativi delle varie scuole e tendenze del 900 sia stranieri che italiani, dalle sperimentazioni dadaiste al cubismo, al suprematismo, al costruttivismo, al simbolismo, al surrealismo, alla metafisica, allespressionismo. Un ricco florilegio ha accomunato autori come Alberto Burri, Vettor Pisani, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Luca Patella, Alighiero Boetti, Mimmo Paladino, Bruno Ceccobelli, Omar Galliani, Alik Cavaliere ed ancora Sarenco, Agapito Miniucchi, Romano Notari. Ovviamente sono tanti gli artisti compenetrati dallo spirito esoterico e soltanto la loro citazione occuperebbe troppo spazio. Non possiamo per tralasciare la memoria di un perugino, Edgardo Abbozzo, deceduto improvvisamente nel 2004. Recentemente la rivista lombarda KAMEN (giugno 2005) che si occupa di poetiche e di filosofia ha ricordato la figura di Abbozzo per la sua carriera accademica e particolarmente per il suo lavoro artistico che aveva tratto dalla manipolazione delle terre e delle crete la prima formazione plastica e le prime intuizioni intellettuali. Lautore del saggio su Abbozzo, Amedeo Anelli, ha posto laccento sullinteresse che lartista aveva sempre dimostrato al rapporto arte-alchimia, uno dei primi a dichiarare apertamente questa influenza sulle sue qualit interiori e sulla sua espressione estetica. Le prime citazioni di Abbozzo, che si era occupato di scultura, pittura ed incisione con grande competenza, sono degli anni 70 e si dilateranno in seguito allesame del rapporto fra arte e scienza, fra arte e filosofia, fra arte e poesia. In varie sue importanti mostre in Italia e allestero, le opere erano dichiaratamente ispirate ad una concezione alchemica del mondo, ai concetti di terra, di aria, di acqua e di fuoco. Spesso la dichiarazione poetica era evidente sin dal titolo dellopera come La Nigredo, una ceramica che mostra luniverso come un vuoto oscuro, un buco nero e che, presentata a Caltagirone, aveva ottenuto un primo premio. Come gi abbiamo sostenuto, altri autori hanno privilegiato questa loro tendenza verso il pensiero alchemico dove si dissolvono le contraddizioni di una logica razionalista sino allaccettazione di un sapere liberatorio ed illuminante, sottolineando maggiormente laspetto mentale del progetto pi che le potenzialit operative, pur se innegabili. Arturo Schwarz nel suo suggestivo saggio introduttivo alla mostra veneziana ha fatto rilevare come le pi attuali correnti del pensiero contemporaneo rechino una traccia profonda della ricerca alchemica dalla visione ecologica del mondo, delluomo e delluniverso al rifiuto della camicia di forza della logica aristotelica e del principio della causalit; dalla teoria dei sistemi a quella della struttura della materia; dalla medicina psicosomatica allesaltazione dellamore e dellerotismo. Proprio per questo riteniamo che dal magma profondo della materia sia possibile trarre ogni elemento utile a farne immagine e visione, forma e segno, oltre i condizionamenti tecnologici e le categorie di maniera. Larte deve essere aperta a possibilit di scambi, a dialoghi costanti, anche a contestazioni e polemiche, nellimpeto continuo di uninteriore rivoluzione per un necessario recupero dellesaltazione e della passione che non possono mancare assolutamente nel processo creativo.

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Abbrecht Durer, Melencolia I (1514): Incisione al mulino. La scritta Melencolia I allude allegoria dellopus alchimistico nel suo momento davvio, caratterizzato da un clima di morte e di nerezza, ma confortato dai segnali della futura riuscita (larcobaleno, il quadrato magico, le ali). 70

LAlchimia e LOpera al Nero di Marguerite Yourcenar

Introduzione allalchimia
RAFFAELE MAMBELLA
difficile stabilire con precisione le origini dellalchimia(1), le cui indagini spaziano dalla ricerca della longevit alla produzione dellElisir dellimmortalit, alla trasmutazione dei metalli. Anzitutto, forse sarebbe preferibile discernere lesistenza di molteplici alchimie, piuttosto che limitare lanalisi alla petizione di una radice generica. La rilevazione della possibilit di unidentit dottrinale alchemica, sembrerebbe rinviare allidea dumziliana dellesistenza di una struttura concettuale, piuttosto che a quella di un archetipo metatemporale. Ovvero alle somiglianze di famiglie tra le varie alchimie culturalmente localizzate. Ovviamente nulla ostacola la possibilit di postulare - data lunit della cultura umana una ramificazione monogenetica dellalchimia, a partire da una dottrina originale diffusa da unarea principale a quelle limitrofe (considerazioni analoghe, ancorch piuttosto inverosimili, possono essere fatte per molte scoperte umane come ad esempio lagricoltura)(2). Tuttavia, anche in questultimo caso, si tratterebbe pur sempre delleffetto prodotto da una diffusione storico-culturale e non del rimando ad una dimensione atemporale, allinterno della quale si conserverebbe la purezza primordiale della dottrina alchemica. Oltretutto - e non solamente in questo caso luniversalit degli archetipi fortemente messa in discussione dalla critica storiografica: resta tutta da dimostrare lesistenza di ritualit assimilabili alle pratiche alchemiche presso le culture c.d. primitive(3). Per tutti questi motivi - pur non disconoscendo il vantaggio e la possibilit di effettuare delle corrette generalizzazioni allinterno delle famiglie alchemiche riteniamo preferibile accompagnare il sostantivo alchimia al corrispettivo aggettivo che ne designa la localizzazione spaziale e culturale (es.: alchimia cinese; alchimia islamica, ecc.). La derivazione del sostantivo dalla radice chem non ha ancora ottenuto una spiegazione accettabile; da notare che in molti testi cinesi, indiani, greci, essa era indicata semplicemente come Arte o trasmutazione. Contrariamente a quanto teorizzato dagli storici della scienza, riduttivo definire lalchimia come una protochimica. Lalchimia consta di una parte materiale e di una spirituale. Sebbene in questi ultimi tempi, siano apparse divulgazioni pseudoscientifiche (dottrinali) tese a rivendicare il primato delle applicazioni materiali, plausibile sostenere il contrario. Lalchimia, in altri termini, sarebbe una disciplina eminentemente spirituale, le cui applicazioni si limiterebbero a simboleggiare ritualmente il processo del perfezionamento interiore. Il laboratorio dellalchimista non sarebbe altro che una segreta allegoria del percorso di autoperfezionamento gnostico: anche quando questi opera empiricamente, riproduce consapevolmente o meno la parabola del viaggio interiore del S. La prova di questa subordinazione empirica alla trasposizione spirituale, data dallo scarso interesse, mostrato dagli stessi alchimisti, verso i risultati dei loro esperimenti. Sherwood Taylor ricorda, come nei trattati alchemici, lo zolfo acquisti importanza quasi esclusivamente in virt della sua azione sui metalli. Eliade, nel suo Forgerons et alchimistes, sostiene che gli alchimisti greci mostravano unincomprensibile disinteresse verso i fenomeni chimici, prodotti nel corso dei loro esperimenti(4): questo, avveniva allinterno di una cultura ellenica, il cui pensiero speculativo aveva mosso i primi passi proprio dallosservazione della natura. Ci dimostra come la prassi chimica sia stata, da sempre, destinata alla

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risoluzione allegorica nella dimensione metafisica, e come lalchimia rientri a pieno titolo nel campo dellesoterologia, lo studio scientifico dellesoterismo su basi storiche o antropologiche(5). A corollario di quanto sostenevamo riguardo la preferenza concessa alla rilevazione di differenziazioni culturali inerenti alle molteplici tradizioni alchemiche - in luogo del generico appiattimento sul postulato di una petitio principi o, ancor pi nellastrazione ideologica di un esanime concetto svuotato dei fertili predicati storico-culturali - possiamo constatare come le finalit alchemiche acquistino una differente valenza nelle diverse civilt (In termini dumziliani: come allinterno del quadro ideologico alchemico comune attecchiscano le differenze culturali interne ed inerenti alla rilevazioni dei differenti campi ideologici). Prendiamo un esempio tipico. In tutte le tradizioni alchemiche si riscontrano numerosi miti sullesistenza di piante, alberi, o fiori, in grado di conferire la longevit, di ridare la giovinezza perduta e addirittura di regalare limmortalit. Tuttavia, una volta accertata la plausibilit di questo sostrato comune, si pu constatare come questo mito acquisti una particolare importanza allinterno della cultura cinese, da sempre tradizionalmente interessata alla produzione di un sintomatico elisir, capace di rendere immortale colui che se ne nutre. Ovviamente non mancano anche in Occidente narrazioni delle gesta compiute da personaggi leggendari, la cui straordinaria longevit ha finito per interessare anche la letteratura ed il cinema. Si pensi ad esempio al misterioso conte di Saint-Germain, o a Giuseppe Balsamo alias Cagliostro, o al fantomatico Fulcanelli, per non parlare di Nicolas Flamel e di sua moglie Pernelle. Tuttavia, in Occidente gli alchimisti sono sempre stati maggiormente interessati alla trasmutazione dei metalli in oro (operazione preminentemente intesa in senso allegorico). Viceversa, lalchimia, come dottrina iniziatica, conserva sempre il suo carattere di segretezza, a tutte le latitudini. Una leggenda tramanda di come il pi antico testo ellenistico Physik kai mystik (200 a.C.) fosse stato nascosto nella colonna di un tempio egizio. Nella tradizione brahmanica, iva si rifiuta di rivelare il segreto dellalchimia addirittura ad una dea; mentre il pi antico alchimista cinese Ko Hung (260-340 d.C.), ricorda come la segretezza sia essenziale per le ricette. Nel Rosarium philosophorum si avverte il lettore che questa conoscenza deve essere per via mistica come le poesie e le fiabe. Una volta bevuto lelisir che rende immortali (hsien), ladepto secondo Ko Hung deve continuare a mescolarsi con i mortali, evitando di rivelare il proprio segreto. Lappello al segreto, del resto, porta con s la necessit di richiamarsi ad un linguaggio fortemente allegorico, per cui, molte pratiche operative non sarebbero altro che metafore del cambiamento interiore e spirituale dellalchimista. Metafore proibite, attraverso le quali potenziare lautocoscienza delladepto. Paradossalmente, un esoterista come Ren Gunon si rifiuterebbe di attribuire allalchimia spirituale unimpronta cos prettamente spirituale, limitandone i contenuti al primo livello di perfezionamento interiore, da lui definito psichico. Al contrario per Carl Gustav Jung lo psichico coincide da sempre con lo spirituale (ricordiamo che nel perennialismo gunoniano questultimo termine va inteso nel senso proprio di realizzazione metafisica, e non semplice come autocoscienza o sentimento oceanico). Limportanza dellalchimia per Jung risiede nel suo essere una sorta di proto-psicoanalisi e di realizzare con altri mezzi mediante lapparato simbolico il S, il principium individuationis, strutturato attraverso lesplorazione integrativa dellIo nellEs. Lalchimia, dunque per Jung, sarebbe una sorta di antica tecnica dellanima. Attraverso questa chiave interpretativa acquista particolare rilevanza limmagine del laboratorio come metafora della personalit, attraverso cui ottenere la trasmutazione (principio dindividuazione) del metallo (Io) nelloro (S). Daltro canto presso molte culture tradizionaliste assume una certa importanza lidea che lalchimia sia in qualche maniera riconducibile ad una pratica ostetrica. La Madre Terra venerata essenzialmente nelle civilt che hanno conosciuto la coltivazione dei cereali - partorisce dal proprio grembo loro, qualora non la si ostacoli o disturbi. Caso in cui, essa si trova costretta ad abortire altre variet di metalli impuri, mentre in realt soltanto loro da considerare come il figlio legittimo della Madre Terra. In questa chiave di lettura, lalchimista deve completare lazione interrotta della Natura. NellAlchimist (1610) di Ben Jonson espressa chiaramente questidentificazione dellalchimista con lostetrico. Per Simone da Colonia la trasmutazione/parto della Natura deve essere aiutata da uno specifico Elisir, il quale versato sui metalli imperfetti, conduce alla loro completa raffinazione e perfezione(6). Lo stesso Elisir, una volta bevuto, assicura la giovinezza e prolunga la vita di molti secoli, donando, in certi casi, addirittura limmortalit. anche probabile che la spinta propulsiva del processo che porta alla genesi della chimica moderna possa essere ricercata nello slancio prometeico degli alchimisti, inevitabilmente teso al potenziamento della creativit umana. Secondo Eliade, lalchimia in fondo unescatologia naturale orientata verso il riscatto della natura, il dominio del tempo, il perfezionamento dellopera di Dio. Ideali, che avrebbero trovato la loro giusta realizzazione nella secolarizzata civilt industriale. Esisterebbe, quindi, per lo studioso rumeno, un filo rosso che unisce lalchimia alla tecnica. Secondo Eliade quindi la corruzione sarebbe dipesa dal
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promoteismo originario degli stessi alchimisti: uninterpretazione, a nostro avviso, preferibile a quella che indovina nella dissoluzione dellalchimia spirituale un ineluttabile segno dei tempi, generato da una ferrea legge cosmologica. Si tratta della famosa interpretazione di Heidegger sul padroneggiamento della natura come destino della metafisica(7). In Occidente ai tempi di Keplero, Newton e Cartesio circolavano una grande quantit di testi alchemici (lo stesso Newton attinse a piene mani da questi documenti per elaborare le sue teorie). Con la Riforma e con la Rivoluzione Industriale si produsse tuttavia leclissi di queste ricerche: il modello meccanicistico soppiant la cosmologia qualitativa degli alchimisti. Linteresse degli stessi scienziati del XVII secolo era focalizzato sulle dinamiche della trasformazione, da osservare in laboratorio: la mutazione del bruco in farfalla. Gli scienziati del seicento adottavano gli stessi metodi usati, a suo tempo, dagli alchimisti nei confronti della fisica aristotelica. Questultima, ritenuta insoddisfacente, veniva integrata con nozioni attinte dallo Stoicismo e dallErmetismo; allo stesso maniera, gli scienziati accogliendo parzialmente gli assunti alchemici ne avvaloravano le dinamiche sperimentali attraverso lirrobustimento teoretico fornito dalla fisica newtoniana. Ovviamente, sparivano le tracce degli elementi peculiari dellArte, come, ad esempio, la pietra filosofale capace di garantire - una volta trovata - la trasmutazione in oro del vile metallo. Del resto, la formazione di questa ipotetica pietra era tuttaltro che semplice. Thomas Norton, un alchimista inglese del XV secolo nel suo Ordinall of Alchemy descrive le difficolt - e la conseguente frustrazione intrinseca - alla ricerca. molto probabile, naturalmente, che anche la pietra filosofale non fosse altro che una trasposizione allegorica della trasformazione interiore realizzata dalladepto; tuttavia essa era anche qualcosa di pi di un simbolo. Al contrario, la pietra filosofale costituiva loggetto di unaccanita ricerca sperimentale condotta allinterno dei laboratori alchemici. La sua realizzazione era assicurata dal conseguimento e dal superamento di quello stadio, indicato dagli alchimisti, come fase rossa, preceduto in ordine decrescente da una fase bianca e una nera. Questultima doveva essere intesa come una sorta di morte profana o discesa agli inferi, o anche nel ventre di un mostro marino(8). La fase bianca, invece, segna il momento della rigenerazione mistica, della rinascita iniziatica del neofita. Lultimo stadio, la fase rossa era destinata a pochi e indicava il conseguimento della pietra filosofale. Il numero delle operazioni necessarie al processo completo dei tre stadi era oggetto di accese discussioni da parte degli alchimisti rinascimentali, sovente incapaci di elaborare una metodologia comune. Un alchimista come Daniel Stolcius prescriveva undici operazioni chimiche; altri, dodici come George Ripley o sette come Salomon Trismosin. Sinteticamente, si pu ritenere la calcinazione, o coagulazione, come una sorta di putrefazione della materia, mentre il recipiente usato nelloperazione assurge al ruolo di bara; la dissoluzione come una purificazione; infine la fermentazione-moltiplicazione-proiezione rende la pietra simile ad un lievito in grado di trasmutare le sostanze cosparse. Uno dei grandi problemi dellalchimia operativa era quello di ottenere una corretta regolazione del fuoco nel XVIII secolo non esisteva ancora il termometro: secondo Norton, allalchimista che otteneva il giusto dosaggio, spettava il titolo di perfetto maestro(9). Ovviamente la trasmissione degli insegnamenti avveniva segretamente da maestro ad allievo ed anche il contenuto dei testi era velato da una scrittura segreta e criptica. Loscurit dei testi alchemici un continuo intreccio di metafore e rimandi simbolici era dovuto al palese tentativo di scongiurare le inquisizioni della chiesa; ma anche al timore degli alchimisti di essere fatti prigionieri da parte di avventurieri e sovrani, che avrebbero potuto estorcere i segreti con la forza. Un ulteriore motivo poteva probabilmente essere ricercato nelle continue traduzione dal greco, al latino, allarabo, alle lingue volgari: gli ermeneuti del tempo, privi dei sofisticati strumenti esegetici moderni, avrebbero potuto trovare delle difficolt e decidere cos di lasciare nella forma originaria ci che non poteva essere comunque tradotto in un modo efficace. Lalchimia costituisce una corrente esoterica presente in molteplici civilt (pur con i relativi distinguo storico-culturali); vale quindi senzaltro la pena di studiarne la storia e la peculiarit dei diversi sistemi di pensiero che lhanno, di volta in volta, storicamente strutturata. Altra questione quella sulla sua presunta attualit per luomo moderno. Tutto il corpus esoterico del passato, ovviamente, in grado ancora dinsegnare qualcosa alluomo della tecnica, a patto che questultimo rinunci da principio a rincorrere pretese gnostiche o salvifiche. Qualora si cercasse nellalchimia una dottrina superomistica, lo smacco sarebbe assicurato. preferibile, dunque, a nostro avviso, limitarsi a vedere in essa niente altro che un grandioso insegnamento esornativo ed esistenziale, allo stesso modo per esempio in cui ancora oggi ci si rivolge alle riflessioni degli stoici, prescindendo dalla loro cosmologia. Lalchimia si ridurrebbe allora ad essere una sorta di lebenphilosophie o di sistema introspettivo sul genere delle religioni e filosofie orientali. Anche questa riduzione tuttavia, presenta alcuni svantaggi di ordine pragmatico. Perch mai luomo moderno che
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decidesse di iniziare un percorso autoesplorativo, dovrebbe affidarsi ad una dottrina superata e antiquata come lalchimia, anzich per esempio alla psicoanalisi contemporanea? Chiusa dalla chimica moderna da un lato e dalla psicologia dallaltro, lalchimia sembra dunque oggi aver perso la sua ragione dessere nella storia della cultura. A questo smacco culturale, si deve oggi aggiungere la mancanza di maestri allaltezza del compito richiesto da una rifondazione e riformulazione dei suoi assunti teoretici; operazione che viceversa ha salvato altre discipline, un tempo, in pericolo di estinzione - di fronte allincalzare delle scienze umane - come la teologia ed in misura maggiore la filosofia.

Le origini dellalchimia
La letteratura sull'Ermetismo, nell'Occidente contemporaneo, per quanto possa sembrar strano in un'epoca che gli appare affatto indifferente, vastissima e si ulteriormente ampliata negli ultimi decenni. Sfortunatamente, salvo alcune sparute eccezioni(10), essa appare curiosamente deforme, per lo pi inutile per chi voglia seriamente approfondire il tema. Si distingue in due filoni principali, riconoscibili ognuno da un capostipite di successo. Marcelin Berthelot(11) ha inaugurato nel secolo scorso lo studio attento ed esauriente sull'alchimia dal periodo alessandrino a quello medioevale. A lui, ed alla sua scuola, dobbiamo il recupero di rari manoscritti siriaci e greci, nelle uniche edizioni ancora oggi disponibili. Il Berthelot era un chimico di fama, e non si scost mai dall'opinione che lalchimia fosse una specie di prechimica, pi o meno rudimentale. Tutti i suoi studi e le sue ricerche mirarono ad indagare in tal senso il valore dei testi che traduceva e pubblicava, in un inane tentativo di dimostrare che sotto un linguaggio fintamente esoterico, si celavano banali operazioni metallurgiche, pi o meno male interpretate dagli stessi sperimentatori. Questo modo di affrontare il problema proseguito senza dubbi o tentennamenti sino ad oggi, malgrado sia evidente che gli studiosi che se ne fanno carico siano per lo pi costretti o a rinunciare alla comprensione della maggior parte dei testi, O a considerare i nostri antichi predecessori degli ingenui inguaribili, nel migliore dei casi un p imbecilli, che amavano ripetere operazioni inutili senza alcun risultato probante, tutti presi da una forma, fortunatamente innocua, di monomania schizoide. Ogni tanto, felice caso, scoprivano un nuovo composto o una procedura utilizzabile per scopi meno nobili di quelli cui miravano dichiaratamente, e allora si arricchivano tingendo stoffe, o si ubriacavano nascostamente di ottimo 'brandy', o, i meno onesti, proponevano leghe di princisbecco ad altri imbecilli che le prendevano per ottimo oro. Un esempio relativamente recente, da parte di un esperto di alchimia alessandrina(12), particolarmente illuminante su questo strano modo di pensare. Avendo esaminato i diversi procedimenti alchemici nei quali ricorre un 'corpo', che gli ermetici greci chiamavano 'zolfo', scopre che non descritta nessuna tra le reazioni, estremamente evidenti peraltro, dello zolfo comune. Del tutto indifferente alle esortazioni degli stessi testi ("il nostro zolfo non lo zolfo volgare, il nostro zolfo zolfo vivo. ..") ne deduce che gli autori (in particolare Zosimo di Panopoli) non avevano alcuna capacit sperimentale, anzi, nessun interesse per una sperimentazione effettiva. Non nemmeno sfiorato dal dubbio, che non si stia parlando dell'elemento chimico con cui abituato ad operare(13). All'estremo opposto, un altro gruppo di studiosi si riconosce per l'assoluta ignoranza tecnico-scientifica. Questo ha permesso un'osservazione dei testi ermetici senza alcun pregiudizio del tipo descritto, e li ha condotti ad un'esegesi che legge ogni affermazione o descrizione in senso allegorico. Qui sono nate alcune sottoscuole, che dipendono dalla cultura personale che filtrava le singole letture. C.G. Jung ha inaugurato l'interpretazione psichica che immagina gli alchimisti patire, pi o meno inconsapevolmente, un linguaggio metallurgico che cela un processo definito di "individuazione", o con altri oscuri termini similari(14). Altri pi vicini allo storicismo religioso o antropologico, ne hanno mediato le teorie con commenti appropriati. A tutti questi si sono aggiunti, sparuta schiera di fondo, i cosiddetti 'esoteristi' che hanno racchiuso ogni possibilit di comprensione in un cerchio perverso che spiega con allegorismi le presunte allegorie, creando un'intensa felicit a chiunque voglia escludere l'esistenza stessa del problema. Ovviamente tutti questi autori evitano accuratamente buona parte della letteratura ermetica, quella cio che contrasterebbe con troppa evidenza con le loro ipotesi. Si riconoscono anzi per una caratteristica peculiare, che consiste in una circolarit di citazioni che si tramandano l'un l'altro, sempre dagli stessi testi, che nessuno legge integralmente. Sono quindi ancora meno utili dei primi, che hanno almeno reso disponibili edizioni pi o meno complete degli autori studiati(15). Resterebbe da verificare quello che i filosofi ermetici hanno detto di se stessi. Sono pochi per, almeno sino al XVII secolo, coloro che hanno introdotto divagazioni teoriche o storiche nei testi, data la sostanziale
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indifferenza per tutto ci che non fosse guida alle operazioni. Cosicch nell'epoca medioevale frate Simone da Colonia(16) appare un'eccezione, con queste sue succinte considerazioni premesse alla pratica: "In molti antichi codici si trovano definizioni di quest'arte, della quale dobbiamo conoscere subito l'intenzione. ERMETE disse: l'Alchimia una sostanza corporea da uno e per uno, composta con preziosa sottigliezza per decorazione alternata, raggiungente l'effetto nella stessa miscela naturale, convertente in genere migliore. Un altro dice: una scienza che insegna a trasformare ogni genere di metallo in un altro, per mezzo di una medicina propria, come appare da molti libri filosofi. Perci da sapersi che una certa qual scienza cos chiamata da un filosofo di nome ALCHIMO e quest'arte insegna a fare una medicina chiamata Elixir, la quale versata sopra metalli imperfetti, li perfeziona completamente, e questo fu la causa perch fu inventata" Il mitico Ermete egizio si pone definitivamente a capo della tradizione iniziatica che da lui ha nome in Occidente, mentre il tentativo di dare un'etimologia ingenua alla scienza operativa, dimostra un'incertezza che non ancora risolta. Infatti, accettata la trasposizione dall'arabo 'al-kimya', per questo si sono ipotizzate origini molto diverse. Si supposto venisse da un greco 'chuma', fusione dei metalli; da un 'chemia', forma dell'egiziano km.t, nero, da cui il paese nero, l'Egitto, ma anche, seguendo Mahdihassan, da un cinese meridionale 'kimiya', succo che fa l'oro(17). Avicenna in un'immagine tratta dal Viridarium Chymicum di Stolcius de Stolcemberg, Francoforte 1624. L'epigramma di commento recita: "Egli diffuse nel mondo i segreti del magistero e frammischi dei simboli nei suoi scritti. Congiungi il Rospo terrestre all'Aquila che vola, scorgerai il magistero della nostra arte". Il mistero delle origini dell'alchimia si riflette nei testi latini nell'uso di annoverare fra i padri dell'alchimia i pi diversi personaggi celebri (mitici e storici) dell'antichit giudaico-biblica, dell'antichit cristiana, dell'antichit islamica. Questi dubbi non toccavano i Filosofi del medioevo, e uno splendido manoscritto(18) ribadisce lorigine egizia e letimologia, in un'introduzione che mescola norme operative all'elenco degli Adepti assisi in una sorta di Areopago astrologico: "E primo ERMETE TRISMEGISTO re filosofo che siede in Ariete, regn sull'Egitt: ha scritto sulla corona: cos vero senza mendacio, che li vero de li veri. Nel libro: cos separerai il grosso dal sottile, il fuoco dalla terra. Sulla coscia: la sua sostanza dalle terre inferiori. Nel piede destro: cos credi e vediamo. Nell'altro: perch senza fede impossibile pervenire". Il nono sedente nel Sagittario fu ALCHIMO il quale tradusse in greco dall'ebraico per primo e dal quale (l'Alchimia) pigli il nome. Ha scritto sulla corona: cos si estolle sopra l'arcano di tutte le scienze del mondo. Nel libro: cos faccia in un momento il capo e la coda senza fine. Nella coscia: cos la luna percuota mille e il sole diecimila in mille suoi perfettissimi. Nel piede destro: cos togli gli impedimenti nella protezione degli astri. Nell'altro: perch gli inferiori sono sudditi dei superiori. Nell'esplosione ermetica del XVII secolo la riflessione storica si fa pi attenta, ma non modifica gli assiomi di fondo, che danno all'Egitto e ad Ermete l'inizio dell'Arte Sacra. Cos il Maier proprio da questi comincia il testo dedicato all'esame della tradizione in Occidente(19). Il primo posto, presso la Mensa Aurea, la Regale Vergine CHEMIA assegn ed attribu ad ERMETE EGIZIO, in quanto suo vicer e Vicario... ...che ERMETE non sia una persona fittizia, ma un antichissimo Filosofo Egizio, detto Trismegisto dai greci, consta da innumerevoli prove e circostanze. Il medico dell'imperatore Rodolfo corrobora le sue affermazioni con date piuttosto precise: "...egli (Ermete) visse nei tempi prima dei Faraoni, re d'Egitto all'incirca nell'anno del Mondo 1956(20), cio 300 anni dopo il diluvio, 2007 prima della nascita di Cristo... Cosicch precedette I'uscita di Abramo da Charan, citt della Mesopotamia, di circa 44 anni: quest'epoca peraltro coincide con l'et in cui Oceano, Osiride ed Iside, primi di dell'Egitto (seppure favolosi) si suppone abbiano regnato, cio prima della Dinastia degli Egiziani, con la quale i pastori cominciarono a presiedere al regno, nell'Anno del Mondo 2139..."
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Cinquant'anni pi tardi, il danese Oluf Borch, meglio noto come Olaus Borrichius, pone la nascita dell'ermetismo prima del diluvio, e ne fa padre Tubalcain "qui aliis nationibus Vulcanus est"(21). Pi propriamente ne riporta l'origine e l'etimo secondo quanto ha letto in Zosimo Panopolitano, in un testo manoscritto della Regia Biblioteca di Parigi, che narra: "...Dicono, o donna, le Sacre Scritture, ossia i libri, che esista una certa specie di geni che fa uso di donne. ...Questo dunque ricordano le Vecchie e Divine Scritture, che gli Angeli attirati da desiderio di donne, insegnarono loro tutte le opere della Natura. ...Da essi, tramandano le medesime Scritture nacquero i Giganti. Pertanto il loro primo insegnamento su quest'arte , chema: chiamarono peraltro quel libro chema: da cui anche chiamata c la stessa arte CHEMIA". Ermete, anzi legizio THOYTH, incise poi, su colonne "Iiteris hieroglyphicis sed lingua Sacra sive Aegyptiaca" tutta la dottrina salvata cos dal Diluvio, infine tradotta in greco da Agathodemone, padre di Tat. Il nome le venne dall'Egitto, terra di Cham. Chemia quasi chamia" dice Borch che riassume in conclusione la diffusione dellArte Sacra: ...nella terra di Cham grazie a Tubalcain... dall'Egitto in Grecia, e quindi nel Lazio, da qui agli Arabi e ai Cinesi, infine in Spagna, Gallia e quasi in tutta Europa Evidentemente i filosofi Ermetici, pi che a far storia, badavano a trasmettere un messaggio tradizionale: anch'essi dunque si rivelano poco utili a chi, inesperto del loro linguaggio, li voglia seguire su percorsi cos scoscesi. molto probabile che porsi il tema della Storia dell'ermetismo equivalga a voler descrivere la stessa storia dell'umanit. Non crediamo infatti che sia mai esistita una qualche forma di civilt, che non abbia ospitato, in forma pi o meno palese, un nucleo che possiamo definire ermetico. Perch la nostra affermazione risulti pi precisa, diciamo che ci pare di poter individuare una cultura ermetica, se si presentano le caratteristiche seguenti; 1 - la convinzione che esista una energia vivificante e intelligente (consape-vole) che permea ed all'origine della manifestazione universale, e, in particolare, di quel fenomeno che chiamano vita(22). 2 - la credenza in una possibile forma di immoralit fisica dell'essere umano. 3 - una rappresentazione del mondo, sottomesso ad una legge intangibile. 4 - l'esistenza di una tecnologia metallurgica sufficientemente evoluta(23). Ognuna di queste quattro caratteristiche pu essere esistita in un particolare periodo e luogo, singolarmente o associata a qualcuna delle altre, ma solo la presenza contemporanea di tutte, permette uno sviluppo completo, teorico e pratico, dell'ermetismo. Se ora ci volgiamo ai documenti che la storia ufficiale ci propone, dobbiamo constatare che solo a partire dal VII, VI secolo a.C. possiamo parlare di storia in senso proprio. Abbiamo poi delle informazioni frammentarie e variamente interpretate, che risalgono all'inizio del 3 millennio a.C.. Al di l di questa barriera, non vi pi nulla che si possa considerare storia in nessun senso. una constatazione gi fatta da altri, su cui non ritorneremo, e che ha a che fare con la teoria dei cicli ripetuti di distruzione parziale della superficie terrestre, che fa tuttavia parte dell'insegnamento tradizionale che stiamo studiando. Qui, a sfatare alcuni luoghi comuni sull'uomo preistorico, che lo vedono simile a certi miserevoli primitivi che sopravvivono nelle foreste tropicali, conviene: una breve deviazione sulla pi antica metallurgia(24). Le notizie su miniere preistoriche sono scarse perch per lo pi cancellate dall'attivit mineraria successiva: appare comunque certo che l'estrazione dei minerali era regolarmente praticata sin dal Paleolitico superiore, cio almeno 10.000 anni fa, quindi molto tempo prima della cosiddetta et dei metalli(25). Un esempio sono le testimonianze di estrazione del cinabro (solfuro di mercurio) a Vina, nei pressi dell'attuale Belgrado. La pi antica metallurgia certamente quella del piombo. Il pi comune tra i suoi minerali, la galena (solfuro di piombo) si fonde cos facilmente che basta ad ottenere il metallo un fuoco di legna secca o di carbone di legna all'aperto, con temperature inferiori a 800C(26). I documenti pi antichi su questo pro77

cedimento risalgono al 6500 a.C. a atal Huyuk in Asia Minore. Altri reperti in Iraq, Iran e in Egitto suggeriscono tutti per la fusione del piombo una notevole diffusione e un inizio nel VII millennio a.C. In realt probabile che pi del piombo, interessasse l'argento spesso presente sia nella galena, sia in vari minerali complessi di piombo-antimonio-argento. Numerosi manufatti di argento del IV millennio si sono trovati a Biblo, nel Libano, in Palestina, a Ur e Warka in Mesopotamia, a Beycesultan, Alikar Hyk e Korukustan in Asia Minore. Un altro mitico "padre dell'alchimia": Morieno Romano (Viridarium Chymicum op. cit.). A questo personaggio la tradizione attribuisce la trasmissione del sapere alchemico al principe arabo Calid. Il trattato che espone il presunto colloquio tra Morieno e Calid fu tradotto dall'arabo in latino nel XII sec., probabilmente da Roberto di Chester: quest'episodio posto da taluni studiosi come l'inizio dell'effettiva diffusione dell'alchimia nell'occidente medievale. Il processo per ottenere l'argento passava per la diffusione dei minerali di piombo: i due metalli si liquefano insieme, mentre altri elementi presenti nel minerale, come ferro, manganese, silicio, calcio e alluminio, passano principalmente nelle scorie. L'argento deve essere poi separato dal piombo e questo avviene per mezzo del procedimento noto come COPPELLAZIONE. La lega di piombo e argento viene fusa in un crogiolo e mantenuta ad una temperatura abbastanza elevata, mentre su di essa viene soffiata aria. L'aria ossida il piombo, trasformandolo in litargirio (monossido di piombo). Le impurit come rame, stagno, antimonio arsenico e bismuto, vengono anch'esse in gran parte ossidate; non l'argento, che per lo pi contiene anche una traccia d'oro. Una volta che il litargirio sia stato assorbito dalle pareti del crogiolo (o eliminato con mezzi meccanici) rimane come residuo un globulo fuso di metallo nobile. L'argento cos ottenuto contiene sempre una quantit residua di piombo, che pu variare dal 2 allo 0,05%. Il coperchio di uno scrigno in argento, proveniente da Nagada in Egitto, del 3600 a.C., ha mostrato all'analisi un contenuto di piombo dello 0,45%, ed perci sicuramente un esempio di metallo ottenuto per coppellazione. Ci siamo dilungati su questo processo, in uso ancora oggi, e che appare dunque noto sin dalla pi remota antichit, per notare che una civilt che lo pratichi, non solo ha evidentemente raggiunto un livello tecnologico piuttosto raffinato, ma non pu essere ingannata con leghe che simulino oro o argento: la coppellazione infatti, anche il metodo pi certo per riconoscere i metalli preziosi, e separarli da impurezze, Resta da chiedersi quanto una mitologia che narra di Crono-Saturno, il piombo, che mangia tutti i suoi figli, i metalli non nobili, ma non Zeus, il metallo nobile non ossidabile, sia stata influenzata da queste conoscenze metallurgiche. Alla fine del V millennio a.C. abbiamo testimonianze di una metallurgia del rame evoluta, alimentata da una propria industria mineraria. Una miniera sfruttata certamente sin dalla seconda met del V millennio a Rudna Glava, in Iugoslavia; nel pressi del confine con la Romania. Non lontano, ad Ai Bunar in Bulgaria, giacimenti di rame furono sfruttati molto presto, mediante la tecnica dell'estrazione a cielo aperto(27). Antiche miniere di rame sono note anche in altre parti d'Europa. Una di esse stata scoperta a Chinflon in Spagna. Fuori dall'Europa, nell'area di Veshnovch nell'Iran, il minerale veniva estratto da una miniera con gallerie sotterranee lunghe 40 metri. Un'altra antica miniera di rame nell'Asia Occidentale quella di Kozlu, nella Turchia centrale, i cui pozzi avrebbero una profondit di 50 metri. Notiamo che ottenere il rame dai suoi minerali piuttosto difficile. I minerali pi comuni sono la malachite, l'azzurrite e la calcopirite. I primi due possono essere ridotti a metallo a temperature molto inferiori al punto di fusione del rame (1083C) ma questo resta disseminato e non disponibile, sinch la temperatura non salga abbastanza per fonderlo e trasformare la ganga, costituita da minerali rocciosi, nello stato di scoria fluida: il risultato si presenta con due liquidi non miscibili sul fondo della fornace. La fusione di tutti questi minerali richiede una temperatura intorno ai 1200 C. La calcopirite, che era la pi usata, richiede un arrostimento precedente. I primi fonditori del Mediterraneo Orientale generalmente procedevano riempiendo un forno di pietra con stati alternati di carbone di legna e di mi-nerale combinato con un fondente. Questo, nel forno caldo, tendeva a combinarsi con la ganga e la allontanava dal metallo. In molti minerali la scoria era costituita da ossido di silicio in varie forme. Il fondente appropriato era allora un ossido di ferro, l'ematite, che alla temperatura del forno si combinava con la silice formando un silicato di ferro. Se il minerale di partenza aveva una percentuale significativa di arsenico, ci che si otteneva non era rame, ma del bronzo naturale, che aveva il vantaggio di possedere una maggior durezza: si preferivano perci minerali di rame arsenicale sinch, nel II millennio, non si scopr che lo stagno induriva il rame al pari dell'arsenico con minor tossicit. Nei primi anni del secondo millennio la produzione di bronzo allo stagno aveva superato quella di bronzo all'arsenico.
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Verso la fine del II millennio il ferro cominci a sostituire il bronzo nella produzione di utensili ed armi, ma questa non va considerata un'innovazione tecnologica, quanto piuttosto la risposta ad un'improvvisa scarsit di bronzo, probabilmente dovuta ad un'interruzione nel rifornimento di stagno: il bronzo infatti presentava rispetto al ferro vantaggi considerevoli, e quindi solo la necessit pu spiegare questa sostituzione insoddisfacente. I primi lavoratori metallurgici infatti estraevano il ferro da minerali, soprattutto ematite e magnetite, per mezzo di un processo molto simile a quello usato per ottenere il rame. Vi era per una notevole differenza. Il ferro non fonde a temperature inferiori a 1537 C e la massima temperatura raggiungibile nei forni in uso all'epoca era di circa 1200 C. La fusione del minerale di ferro a quella temperatura non d un bagno di metallo fuso, ma una massa spu-gnosa mista a ossido e silicato di ferro. In seguito la martellatura alla forgia trasformava, con una specie di spremitura meccanica, il massello di ferro poroso in una struttura continua di particelle di ferro qua e l interrotta da inclusioni di scoria non eliminata. Questo era il materiale di partenza da cui il fabbro ricavava poi oggetti con ulteriore riscaldamento e martellatura. Ci che il fabbro si trovava a dover lavorare era un cattivo succedaneo del bronzo. Infatti il ferro cos ottenuto un metallo dolce, decisamente meno resistente(28). Si consideri poi che il bronzo poteva essere fuso alle temperature raggiungibili all'epoca e che si corrode lentamente, mentre il ferro si corrode rapidamente con danni spesso gravi. Si comprende dunque come non si sia trattato di un progresso, almeno per quel periodo(29), anche se allora dovette certamente incominciare uno studio teso a migliorare le prestazioni del ferro e per aumentare la temperatura dei forni, che condusse nel tempo a risultati validi. Ci resta dunque, per concludere, dalle profonde nebbie di questa autentica preistoria che possiamo studiare solo per indizi e tracce, l'immagine di un mondo evoluto, provvisto di una tecnologia per nulla rudimentale, che ha acquisito una notevole dimestichezza con processi di fornace e metallurgici, che sa riconoscere e manipolare composti chimici, i cui resti preziosi testimoniano di civilt non certo primitive. Questa la fredda descrizione tecnica, la stessa suggerisce pi calde visioni, per quanto solo supposte e mai provate. Ci pare di poter sognare qui operai "benvoluti" che avvertono, in cave oscure che la lucerna appena illumina, l'empito vitale che a pochi dato riconoscere nella "materia inerte". Li vediamo toccare toccati, manipolare manipolati, osservare osservati, in una sempre pi ampia consapevolezza che climi pi miti e aure pi propizie favoriscono e non ostacolano. Li sentiamo stupiti, chini sui forni, non ancora assordati da progressi improbabili, udire i lamenti del minerale torturato, le grida del metallo liberato. Li scorgiamo sognare titaniche lotte, uccisioni, morti e vendette, vergini e eroi, incesti e nozze sacrali, fiamme divoratrici, fiati velenosi e nascite miracolose. Li scopriamo nascosti in tende sui monti, accoglienti e protette, cuocere lentamente a dolce fuoco di lampada viventi amalgame, olenti e profumati miscugli, in pacifiche notti rugiadose di primavere clementi. Li vediamo, fabbri proscritti e zoppi, mal sopportati, iniziare pochi destinati all'emarginazione invidiosa, che gi disprezza e teme, inventare sacerdozi e templi, miti e religioni, per nascondere ai molti e insegnare ai pochi... Un sogno, senza dimostrazioni, senza prove, senza alcuna utilit, piccola parentesi che il lettore indulgente ci avr perdonato. Ponendoci ora all'inizio del periodo esaminabile, incontriamo due grandi centri di civilt: quello del bacino dell'Eufrate e quello del basso corso del Nilo. Tra i due corrono rapporti molto precisi, ed entrambi hanno la curiosa caratteristica di affacciarsi sulla scena del mondo con un sistema dottrinale, religioso e scientifico unitario e gi completo sin dall'inizio del periodo. Nel seguito non si nota alcun progresso, ma solo decadenza, mentre siamo costretti a presupporre un lungo sviluppo antecedente, di cui non resta alcuna traccia. Dei due, ci interessa particolarmente quello sumero-babilonese(30), perch vi troviamo l'origine di buona parte di quel simbolismo che si trasmetter intatto nei millenni sino ad oggi. Esaminiamo innanzitutto la teoria(31). Nasce nella Babilonia la cultura sacerdotale: i principi fondamentali sono tutti fondati sulla convinzione che il mondo, la manifestazione fenomenica, basato su una energia compenetrante, chiamata ME, che imprime vita e movimento alla realizzazione materiale secondo un processo dominato dalla necessit(32). Tutto ci che , non che materializzazione di questa energia spirituale, che a sua volta emanata direttamente dalla divinit, se addirittura non vi si identifica. Di conseguenza una sottile struttura di invisibili relazioni collega tutto ci che esiste, dal fenomeno pi grande al pi piccolo, in una rete apparentemente inestricabile di simpatie, che il sapiente soltanto sa discernere, comprendere e, se il caso, utilizzare. Lo studio degli astri allora non fine a se stesso, ma nell'armonico succedersi dei movimenti planetari, per chi sa leggere e tradurre, si riconosce la forma pi
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chiaramente manifestata di questa legge universale e si traggono informazioni sul mondo inferiore. Una prima triade la massima manifestazione rivelata: si concretizza in Sole, Luna e Venere, dove Luna padre, Sole figlio e Venere figlia e sposa di entrambi. il primo esempio storico di quello che si chiamer in tempi pi tardi l'incesto filosofale, cos come dei tre principi che stanno a fondamento della creazione. Agli altri pianeti sono affidate le direzioni spaziali, che conviene ripetere a favore di chi voglia penetrare il simbolismo di certe costruzioni medievali. Occidente a Mercurio, meridione a Saturno, oriente a Giove, settentrione a Marte. A Venere spetta l'alto, al Sole, forza tenebrosa, appartiene il mondo infernale. Ogni pianeta ha un colore: nero Saturno, giallo Giove, rosso Marte, porpora Sole, bianco Venere, azzurro Mercurio, verde Luna. Mercurio occidentale guida dei morti, conduce agli inferi le anime dei trapassati. anche luna calante, come stella della sera. Marte pianeta lunare, luna piena. Saturno solare, luna in posizione di sole o luna nuova. Al tempo dell'equinozio, la pi evidente immagine astrale, la Croce, era visibile nel cielo di Babilonia, per scomparire al tempo del solstizio. Questa dunque la Conclusione per antonomasia: nei documenti si mette la croce per Indicare che lo scritto finito: l'ultimo segno grafico della scrittura una croce ed ha per nome adempimento, fine, cio TAM, o, secondo la pronuncia babilonese, accolta anche dagli ebrei, T A W. Il mito annuale del dio, si conclude al termine dell'orbita col dio appeso alla croce. Risuonano antichi accordi, armonie purissime, canoni su cui per millenni si eserciter il virtuosismo di misteriosi musicisti, che ripeteranno in infinite variazioni la stessa melodia, che non si pu cambiare, perch l'essenza stessa dell'Arte della Musica. Non riconosciamo forse nella scala cromatica dei pianeti e metalli, la successione stessa dei colori alchemici? Nella giusta collocazione, nel corretto succedersi, cos come si manifestano attraverso il vetro, da Babilonia al cimitero dei Santi Innocenti dove, quattro millenni pi tardi, dice Nicolas Flamel: "...j'ai aussi mis contre la muraille, d'un & d'autre cot, une procession en laquelle sont reprsentes par ordre toutes les couleurs de la Pierre ainsi qu 'elles viennent & finissent, avec cette inscription francaise: MOULT PLAIST A DIEU PROCESSION S'ELLE EST FAICTE EN DEVOTION... " ... Ho anche messo contro il muro, da entrambi i lati, una processione nella quale sono rappresentati in ordine tutti i colori della Pietra, cos come vengono e finiscono, con questa iscrizione francese: PIACE MOL TO A DIO PROCESSIONE S'ESSA FATTA IN DEVOZIONE(33) Un'ipotesi di prassi alchemica prevede, come si gi detto, una tecnologia utilizzabile. In effetti abbiamo gi parlato delle conoscenze metallurgiche. Alt informazioni su operazioni chimiche si traggono da testi che descrivono la preparazione farmaci per uso medico. Una tavoletta cuneiforme della fine del III millennio dice: "Purifica e polverizza la (pelle di un) serpente d'acqua; versa acqua sulla pianta AMAM SHDUBKASKAL, su radice di mirto, alkali polverizzato, orzo e resina polverizzata, abete. Fai bollire. Lascia decantare il liquido, (estratto)..." Dalla stessa tavoletta, un'altra prescrizione dice "Purifica, polverizza la... di una vacca. Versa acqua su un ramo di mirto, una "pianta stella", la radice dell albero AB, una mela secca, e il sale IB. Fa bollire. Filtra il liquido. Lava col filtrato. Aggiungi salnitro e la pianta..."(34) Pi interessante, un testo di contabilit, che riporta: "Due anelli d'argento, ciascuno del valore di 5 'shekel', del peso di 95/6 'shekel' meno 3 grani, il suo riscaldamento col fuoco uguale a 60 grani, e la sua quantit lasciata uguale a 23 grani"
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Qui appare una prima operazione, evidentemente una fusione in cui si ossidavano il litargirio le impurezze plumbee che si volatilizzavano, seguita da una coppellazione in cui una piccola quantit di materiale era persa nei fori della coppella(35). Per quanto riguarda i materiali noti e catalogati, una tavoletta elenca una lista su cui leggiamo: "Oro, colore, orpimento, polvere bianca di allume, polvere nera, allume e gesso" Un'altra lista contiene nomi di differenti leghe d'oro: "Oro, oro verde, oro fino, oro bianco, oro rosso, oro sopraffino, oro raffinato" Sin dal terzo millennio abbiamo liste di strumenti che ci danno l'idea di un apparato chimico molto completo: vasi da fusione, apparati per filtrare, vasi separatori, alambicchi, sublimatori e apparati di estrazione cos come molti altri tipi di strumentazione sono stati riconosciuti negli artefatti scoperti(36). Nel I millennio la lista dei prodotti chimici include: sale comune, salgemma rosso, calce, salnitro, carbonato di soda, sale armoniaco, alkali dalle piante, gesso, mercurio dal cinabro, allume, zolfo nero e giallo, bitume, varie forme di arsenico, ossido di rame rosso e nero, crisocolla, acetato di rame, ossidi di zinco, ossidi di ferro, ematite, minerale magnetico di ferro, piriti ferrose (che procurano vetriolo), solfuri di ferro, solfato di rame e probabilmente acido solforico ottenuto dal vetriolo verde (chiamato HANNABAHRU). Come si vede, ci troviamo in presenza di una tecnologia sufficientemente, anzi abbondantemente, completa per immaginare tutti i possibili procedimenti alchemici noti. Altri testi suggeriscono l'esistenza di una teoria squisitamente ermetica: quella della Terra Madre, nel cui ventre i minerali crescono come embrioni in gestazione e, se lasciati stare, giungono a maturazione e perfezione. In particolare, una dettagliata istruzione sulla fabbricazione di un forno, utilizza il termine 'KU-BU', embrione, feto, inteso come l'insieme dei minerali disposti perla fusione nel forno, assimilato alla matrice(37). Il testo, che appartiene alla biblioteca di Assurbanipal, dice: "Quando disporrai il piano di un forno per minerali (kubu), tu cercherai un giorno favorevole in un mese favorevole, e allora disporrai il piano del forno. Dopo che il forno stato orientato e tu ti sei messo all'opera, poni gli embrio-ni divini nella cappa del forno: un altro, un estraneo non deve entrare, ne alcuno impuro deve camminare davanti a loro: tu devi offrire le libagioni dovute davanti a loro: il giorno in cui depositerai il 'minerale' nel forno, tu farai un sacrificio davanti all'embrione; tu poserai un incensiere con incenso di pino; tu verserai della birra 'kurunno' davanti a loro. Tu accenderai un fuoco sotto il forno e depositerai il 'minerale' nel forno. Gli uomini che condurrai per aver cura del forno si devono purificare e (dopo) tu li stabilirai per aver cura del forno. La legna che tu brucerai sotto il forno sar dello storace (sarbatu), spesso, in grossi ceppi, senza scorza, che non sono stati esposti in fascine, ma conservati sotto una coperta di pelle, tagliati nel mese di Ah. Questa legna sar messa nel tuo forno". Comunque si voglia interpretare questo documento, appare evidente che rappresenta una sacralit in cui le pi minute operazioni metallurgiche assumono un significato non comune. testimonianza di esperienze vissute e concrete. Qualunque alchimista operativo, millenni pi tardi, ne confermerebbe il valore, probabilmente con un discreto sorriso di compiacimento. Questa sacralit attribuita ad operazioni che paiono solo chimiche, si pu dedurre anche da un altro testo, lo scritto di un mastro vetraio. Si tratta di Liballit-Marduk, figlio di Ussur-an-Marduk, sacerdote di Marduk in Babilonia. Contiene ricette per fare smalti da rame e piombo. Interessa qui che l'autore sia di casta sacerdotale, e che gi anticipi il gergo criptico degli ermetisti po-steriori, esprimendo chiara la volont di celare la sua scienza a chi non lo meriti. Tuttavia nel mito che potremmo pi facilmente individuare il vero inizio di un linguaggio che trascende la tecnica operativa, e la rivela nella sua pienezza al solo iniziato. Tralasciamo per ora la famosa epopea di Gilgamesh, trattenendone solo il chiaro riferimento ad una bevanda di immortalit. Leggiamo piuttosto l'orgogliosa iscrizione che Sargon, il grande imperatore lasci a memoria, conservata nei secoli. Ne sottolineiamo le parole chiave:

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"...Sargon il potente, il re di Accad io sono. Mia madre era una sacerdotessa vergine, mio padre ignoto. Il fratello di mio padre abitava sulle montagne. Nella citt di Azupirani, sulla riva dell'Eufrate mi port mia madre, la Vestale. Ella nascostamente mi diede alla luce. Mi mise in un recipiente, che chiuse con bitume, e mi abbandon al fiume. La corrente mi trascin via e mi port da Akki, l'acquaiolo. Akki, l'acquaiolo, fece di me un giardiniere. La mia atti-vit come giardiniere piacque ad Ishtar, e io divenni re e regnai per quarantacinque anni. La favola appare dunque davvero antica. Nel tempo ne misuriamo le numerose varianti. Il padre ignoto un dio, dei venti, delle tempeste, della guerra. Oppure decisamente lo stesso Spirito Divino. La vergine, sar principessa, o lupa, a memoria dei numerosi amplessi che non l'intaccano. L'artigiano si fa falegname o fabbro. L'involucro pu mutarsi in grotta o ca-verna. Il giardino o compimento, pu diventare croce o supplizio. La sostanza non cambia. Della trama ermetica che la sostiene, possiamo dare il disegno, che traccia le operazioni conclusive dell'Opera: Nasce il piccolo sole ermetico, il regulus, il reuccio, dal mercurio sempre vergine e dal solfo segreto, che non si manifesta mai agli occhi dell'operatore se non dai risultati. La madre lo porta sulle acque del mare dei Saggi, in una generazione coperta dalle pi oscure tenebre. Qui sorge racchiuso in un involucro che la stessa condensazione delle acque superiori, cio di quell acqua secca, definita come l'artigiano stesso dell'opera, il 'leale servitore' estratto dall'acqua, grazie all'artigiano delle acque, si riveste dapprima di tutti i colori, sino allo sbocciare conclusivo, nel giardinetto ermetico, del giglio e della rosa, i due splendidi fiori, che consacrano, con il benvolere della Natura, la somma regalit con la corona dell'Adepto. Non vi allegoria in questa trama, se non per chi ne rifiuti il reale incanto. Nei secoli, nei millenni, in lunghe notti di veglia, pazienti e fortunati Artisti hanno visto il miracolo, e lo hanno ritrascritto fedeli, annunciando che sulla Terra, nel periodo propizio, ogni anno avviene la grande Epifania, per gli uomini di buona volont.

Landrogino alchemico
Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dellalchimia, addita il mistero primordiale della natura, il principio del fuoco, che avvolge nella sua quadruplice fiamma gli opposti essenziali: sole e luna, maschio e femmina, zolfo e mercurio, che danno luogo allunit androgina in ogni atto di concezione e nascita in natura. Essi circondano la terra concentrando su di essa le influenze astrali, e nel centro della terra si combinano in un triangolo, o piuttosto, tridimensionalmente, in una piramide, che la forma del cristallo di sale (sia dei sali marini, sia degli allumi minerali, femminili). Il lato destro del triangolo corrisponde al principio sulfureo maschile, il lato sinistro al principio mercuriale femminile e la base del triangolo al principio salino. La figura contenuta allinterno allude alla quadratura del cerchio, simbolo dellandroginia. La progressione va perci dal triangolo al quadrato e infine al cerchio. La natura opera nello stesso modo in tutti e tre i regni, quello aereo, quello vegetale e animale, e quello minerale, perch in ciascuno di essi larmonia deriva dallo stesso accoppiamento di opposti, dalla stessa congiunzione dei principi solare e lunare. La congiunzione pu essere raffigurata da un serpente (la natura) con la testa di leone (che divora il fuoco e la putrefazione) e la coda a forma di testa daquila (volatilit), nellatto di estrarre da se stesso linvisibile e impalpabile rugiada interna che d compattezza agli elementi pi sottili del corpo. In essa racchiuso il potere del sole e della luna, che il serpente stringe fra le sue spire. Il processo triplice. Esso inizia con una fase androgina embrionale che, nel caso dei metalli, corrisponde allimpregnazione di un terreno nitroso e salino da una parte di un vapore corrosivo e acre (Zolfo e Mercurio). I due principi vengono raccolti insieme dalla luce solare che penetra nel terreno sotto forma di rugiada. La stessa rugiada che nutre la vita delle piante attiva questo processo di volatilit sotterranea. Il prodotto detto "materia prima", o "Rebis", o "Androgino di Fuoco" (poich entrambi i principi sono acri e brucianti), o "Adamo" (poich entrambi sono il principio primo della generazione nel mondo minerale). Isaac Newton preferiva chiamarlo "Caos". Paracelso, scherzando, lo chiamava l"Albero-con-la-Mela" o "Seme Ragazza (sale) e Polpa Ragazzo (zolfo)" (il re e la regina accanto allalbero). La polpa col tempo marcir o brucer, per essere infine ricreata della sostanza della Ragazza (le lune). La radice di questo

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processo viene spesso indicata come il Drago Velenoso. NellAndrogino vediamo una nuvola di teste caprine, dalle cui barbe si innalzano un ragazzo e una ragazza che si avvolgono a spirale intorno alle gambe dello stesso. Tale significato simbolico viene associato alla capra in India, dove la parola aja ("capra" in sanscrito) significa anche "non ancora nato" e dunque "natura" (che sottoterra fetida e ribollente). Perch non possibile identificare questa sostanza con un unico nome? Perch essa non necessariamente cinabro, o antimonio solforato, o alcunaltra sostanza in quanto tale. Cercare lequivalente chimico dellAndrogino di Fuoco dar la caccia ai fantasmi. Landrogino una situazione globale, che "accade" quando il principio della luce, del sole e della luna, viene catturato da un terreno aspro e velenoso e comincia a fermentare. Nella seconda fase entrano in opera i vapori di salnitro, che corrodono e affinano landrogino. Landrogino ora gonfia la terra e soffia via i vapori che lhanno penetrata, purificandoli nel corso del processo e rendendoli fluidi. Questa fase viene detta il "bagno dellandrogino" o della coppia regale. Essa seguita dalla terza e ultima fase, in cui dal marasma emerge una pasta vitrea e viscosa, detta la "Pietra dei Filosofi", o la "Perla", o l"Occhio del Pesce", o il "Primo Magnete", perch attrae dal terreno circostante tutto ci di cui abbisogna. Gli alchimisti danno alla sostanza che compatta i principi femminile e maschile in natura il nome di "resina", e ritengono che essa sia la forma energizzata del principio sulfureo. August Strindberg, nel suo trattato Antibarbarus (Berlino, 1894), descrive come individuare la resina nella trementina, nella guttaperca, nello zolfo comune riscaldato in una padella, e nelloro nascente. La resina semplicemente la dimostrazione di una perfetta amalgamazione dellandrogino, che d luogo alla pura essenza fluida delloro (non si tratta delloro comune, che non altro che la traccia nella materia inerte di una perfetta amalgamazione resinosa androgina). La figura tratta da Urbigerus mostra la sostanza androgina a sinistra nella sua prima fase, e a destra nella sua seconda fase dopo un bagno in quella che sembra essere resina che cola da un buco dellalbero (lanalogo dellalbero della vita nel mondo dei metalli). Il buco dellalbero pu essere rappresentato anche come un leone verde che morde il sole, specialmente quando lopera di trasformazione compiuta sul regulus di antimonio. I vapori dellandrogino vengono raccolti allo stato fluido da una fornace in cui sono riprodotte le condizioni della seconda fase. Il processo raffigurato da un uomo fiammeggiante (il minerale) e da una donna che addita il leone e il sole simbolici, e paragona lestrazione dei fluidi allascesa della linfa in un albero. La terza fase pu essere rappresentata dalla nuova sostanza che riposa in grembo alla madre, da un embrione che gonfia il ventre dellandrogino dopo le abluzioni della seconda fase, o da un figlio androgino. Vi sono immagini globali della visione alchemica delloperato della natura, sotto forma di due processi principali: a sinistra la calcinazione dei corpi e a destra la distillazione delle essenze (anime e spiriti). Ci vale per tutti i regni naturali, ma particolarmente facile da illustrare nel caso di una pianta. Gli oli eterici sono lanima solare (zolfo) della pianta, lalcol ne lo spirito lunare (Mercurius). Questi due principi sono mostrati come maschio e femmina che entrano nella caverna di Ermes accompagnati dai loro leoni. La pianta viene schiacciata, gli oli vengono separati e gli spiriti vengono distillati in una storta (il pellicano). I vapori che sinnalzano sono rappresentati da unaquila in volo verso il cielo, che li porta negli artigli come mondo dellanima e mondo dello spirito. Nellalto dei cieli, nella fase finale dellopera, essi si fondono e formano la Colomba dellamore perfetto. Alla sinistra dellalbero della vita, il residuo oscuro della pianta, che resta sul fondo dellalambicco (il corvo), viene cotto dal fuoco di marte, U, finch perde il proprio carattere plumbeo (il segno di Saturno W) e acquista una sfumatura di stagno (il segno di Giove V) il colore argenteo della cenere (il cigno bianco). Le ceneri sono trattate con resine e fuoco, finch il loro sale libera la propria "umidit radicale" (come avviene per le ceneri usate nella produzione del vetro). Questa rappresentata dal pavone con la coda costellata di occhi, e in maniera ancor pi appropriata dalla Fenice, che si nutre di resine e si brucia per poter rinascere. La Fenice risorge dalle proprie ceneri portando negli artigli due mondi (la terra e il fuoco del processo) e, nella fase finale che ha luogo nellalto dei cieli, diviene il puro agnello del sacrificio. Qui il corpo calcinato (la Fenice morta) viene saturato dalla tintura fluida (la Colomba morta), finch le due essenze si fondono nella Pietra della Pianta (la Pietra Filosofale), che la pianta nella sua forma pi pura ed essenziale. Shakespeare scrisse una poesia su questo tema, The Phoenix and the Turtle (La Fenice e la Colomba), in onore dei due uccelli morti e divenuti ununica essenza. Il disegno indiano allude alleterno processo di androginizzazione vivificante che avviene nellatmosfera, mostrandoci il congiungimento a mezzaria dellacqua e del fuoco. Secondo lalchimia, lumidit terrestre, sospesa nellaria e impregnata dei raggi della luna, si scioglie nei raggi del sole dando vita a due
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essenze androgine sottili: Mercurius, lessenza delle trasmutazioni, e il sale, agente della fissazione. Insieme, dopo aver dato vita alle piante sotto forma di rugiada, esse penetrano nella terra, dove diventano il seme dei metalli. Vale la pena di notare che il fuoco e lacqua nel disegno hanno otto braccia: la fusione pu avvenire solo tramite un doppio incrocio. In una societ stabile i matrimoni incrociati fra cugini tendono ad essere istituzionalizzati, e corrispondono al passaggio di unaffermazione superficiale dellandroginia a una pi radicale e totale. Ci spiega forse anche perch lanomalia dei gemelli siamesi ermafroditi, con i loro doppi organi sessuali in ordine scambiato, non del tutto sgradevole allocchio. Anche limmagine rinascimentale dellandroginizzazione cinsegna la fusione tramite incrocio. La reciproca bramosia dei due opposti (simboleggiata dal cane) genera una spirale (rappresentata dalle spire del serpente, dalla catena tirata in direzioni opposte dai due cupidi e dal motivo delle viti avvolte sui loro sostegni nello sfondo). Ci possibile perch, mentre la spinta solare, raffigurata dai piedi alati delluomo, mantiene il maschio contratto nello sforzo (a ci allude luccello con le ali chiuse che la donna innalza sopra la sua testa), la donna diviene volatile (com indicato dalluccello con le ali spiegate che luomo regge sopra la testa di lei). La fusione androgina sinnalza a spirale solo in presenza di correnti incrociate, proprio come avviene per leffettivo chiasma dei nervi ottici nel cervello. C. G. Jung ha sottolineato che in ogni intimo incontro fra un uomo e una donna vi sempre uno scambio incrociato, che coinvolge luomo e la sua anima femminile, Anima, da una parte, e la donna e la sua anima maschile, Animus, dallaltra. La Brhadaranyaka Upanishad (IV.3.21) dice che "come nelle braccia di una donna amata perdiamo ogni distinzione fra lesterno e linterno, cos lessere umano (purusha) abbracciato dallassoluto onniscente (prajnatmana) soddisfatto in ogni suo desiderio (kama); solo il desiderio dellassoluto persiste, ogni altro sparisce, cos come sparisce ogni dolore". La rappresentazione simbolica del matrimonio in Picta poesis di Barthlemy Aneau (fig. XIV) ci mostra quanto queste idee fossero vive nel Rinascimento europeo. Il marito e la moglie sono uniti da un nodo damore e si fondono nellalbero della vita, che rappresentato anche dalla croce che essi formano con le braccia (Mos e il satiro, sullo sfondo, rappresentano forse il controllo e gli impulsi, la Legge e la Natura). D. Cheney ha notato che la scena assomiglia allincontro fra Amoret e il marito (che ci ricordano Salmacide ed Ermafrodito) in La regina delle fate di Edmund Spenser (libro III, ed. 1590). Britomart li osserva, "per met invidioso della loro beatitudine" e "molto toccato dai loro spiriti gentili": per met Mos approvante, per met satiro adocchiante, ovvero, nel linguaggio di Spenser, in parte devoto di Diana, in parte donna tentata da Venere. La fusione perfetta era simboleggiata dallamore fra Ermes e Afrodite, dal quale nacque Ermafrodito. Michael Mayer commenta la stampa dicendo che Ermafrodito corrisponde al Parnaso, la montagna dalla doppia vetta dove Apollo soggiorna con le Muse e attraverso la quale passa lasse del mondo. Ci suggerisce la colonna vertebrale dellUomo Cosmico e il serpente Kundalini che snoda in essa le sue spire. Queste correlazioni fra unione sessuale ed essenza del cosmo in Occidente sono evocate solo tramite velate allusioni in trattati alchemici, come appunto quello di Mayer, ma nei templi dellinduismo esse erano insegnate apertamente. Su unincisione, Alberto Magno, maestro di Tommaso dAquino, indica un androgino che regge una Y. Alberto, ci dice il testo, rappresenta qui la suprema autorit sia spirituale sia temporale. La Y, come insegna Filone, simbolo del Verbo che penetra lessenza di tutti gli esseri. Gli gnostici Naasseni insegnarono che esso rappresenta lintima natura dellessere, che insieme maschile e femminile e, in quanto tale, eterna. Il globo di Khunrath rappresenta simbolicamente gli insegnamenti fondamentali dellalchimia. Centro ed essenza della terra il Caos, che qui appare come androgino (Rebis) che combina contrazione ed espansione, femminile e maschile in una spirale unificata. Esso la forza creatrice della realt. Gli opposti vengono agganciati e messi in movimento dallessenza della luce, che prende la forma del principio della Salinit, di una bruciante acredine nelle viscere della terra. La spirale dellandrogino attivato produce la "Coda di Pavone" o "Arcobaleno": materia fecondata ed energizzata, pronta a generare il seme dei corpi minerali e vegetali. Lapplicazione pratica di questa teoria viene suggerita dallimmagine dellandrogino sul fuoco. La materia prima androgina del regno minerale giace in uno stato di latenza, sotto un sole eclissato e una luna nuova. Per risvegliarsi e crescere, per ricevere i raggi invisibili del sole e della luna, e per trasformarsi in un seme minerale, landrogino richiede il fuoco della fermentazione. Questo il precetto generale. Nelleffettiva preparazione dei farmaci alchemici ci significa che due sostanze opposte, come il mercurio e lo zolfo, devono venir saturate con certi succhi e poi macinate fino a formare una polvere nera e fine.
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Tale polvere viene racchiusa in un vaso sigillato e riscaldata a fuoco lento finch fermenta. In questa stampa i corpi congiunti rappresentano le due sostanze, loscurit che li circonda il vaso alchemico, la graticola il "calore di fermentazione" necessario perch la trasformazione possa avvenire. Ancora oggi possibile vedere questo processo in atto in ogni laboratorio per la produzione di medicine ayurvediche in India. Gli addetti praticano di quando in quando unapertura nel recipiente per esaminare il grado di trasformazione delle sostanze in esso contenute, indicato dai cambiamenti di colore. Nei testi alchemici occidentali questa fase del processo simboleggiata dalla Coda di Pavone che si dispiega sopra landrogino. Per il mistico, ci che accade nel recipiente sigillato la Genesi stessa in scala ridotta. Il processo fu visualizzato in questi termini da Jacob Boehmen in Von der Gnadenwahl (1623): "Adamo, rivestito della suprema Gloria, n uomo n donna, bens entrambi, temperato con entrambe le tinture, sia come Matrice Celeste nel fuoco procreatore dellamore, sia come Mascolinit affine al fuoco essenziale" (5:35). Il processo alchemico di fusione tramite fermentazione qui rappresentato da un re e una regina che giacciono fianco a fianco, con le loro anime che si librano sopra i corpi nudi. Il fine del processo lo stesso che si proponevano le coppie di asceti del cristianesimo primitivo: liberare i principi che animano lessere umano tramite fermentazione e fusione dei corpi sottili. Le illustrazioni dei testi alchemici ci indicano come gli alchimisti interpretassero loperato segreto della natura. Newton si attenne scrupolosamente alle criptiche istruzioni dei testi: "dovrai passare attraverso il ferro", "il ferro era presente nel minerale grezzo originario", "dovrai usare un magnete". Mediante una coppa di antimonio possibile preparare un farmaco in quantit illimitata, semplicemente versando acqua nella coppa: lantimonio, come un magnete, simpregna delle influenze libere, vivificanti dellaria. "Dovrai usare del piombo": Newton ottenne un Piombo Filosofico. Quando alla fine mescol delloro al suo preparato, allinterno dei vasi sigillati posti sulla fiamma vide alberi ramificarsi, apparire e scomparire, e divampare colori iridescenti, che nel disegno alchemico sono rappresentati dai movimenti circolari del serpente. B.J.T. Dobbs (The Foundations of Newtons Alchemy, or the Hunting of the Greene Lyon, Cambridge/New York, 1975) spiega lesperienza di Newton dicendo che egli vide formarsi e dissolversi "composti intermetallici instabili". Gli alchimisti invece avrebbero descritto la stessa esperienza dicendo che Newton aveva lavato lAndrogino di Fuoco, il quale dispieg quindi il suo "arcobaleno" o "Coda di Pavone". William Blake diede voce a una tradizione diffusa e particolarmente viva presso gli alchimisti, immaginando che la materia visibile sia preceduta da una fermentazione invisibile, nel corso della quale il principio maschile della luce e del tempo ruota come una "spada fiammeggiante" entro il velo di neve e ghiaccio del principio femminile, che rappresenta lessenza dello spazio. Il gelido velo o la solida crosta dellaspetto femminile della materia primordiale costituisce laspetto visibile del reale, lillusione cosmica o maya. Tutto ci pu essere rappresentato come un uovo, il cui tuorlo corrisponde al principio maschile del sole e del tempo (che altro non che lombra gettata dal sole su un quadrante), mentre lalbume e il guscio visibile corrispondono al principio femminile dello spazio. Nel disegno alchemico luovo diventa il globo, lalbume la polpa vegetale, il tuorlo il sole, raffigurato qui come la testa maschile dellandrogino, i cui piedi femminili sono immersi nellelemento acqua, in fondo alla valle, o utero, situata fra le due colline del fuoco (la salamandra) e dellaria (le aquile). LUomo Cosmico appare come il bambino, replica del globo androgino. La stampa di Blake tratta da For the Children: The Gates of Paradise (Per i bambini: le Porte del Paradiso), ci mostra lUomo Cosmico o Uomo Eterno come Eros alato che esce dal guscio delluovo, riecheggiando la tradizione greca che vede in Eros il dio dellorigine della vita. Blake gli mette in bocca queste parole:

"I rent the Veil where the Dead dwell: When weary Man enters his Cave He meets his Savior in the Grave. Some find a Female Garment there, And some a Male, woven with care".

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"Io squarcio il Velo che avvolge i Morti: lo stanco Uomo, entrando nella sua Caverna incontra il suo Salvatore nella Tomba. Col alcuni trovano un Abito Femminile, altri un Abito Maschile, tessuti con cura". Lincontro con due serpenti accoppiati presso molti popoli il pi favorevole degli auguri. Nel mito di Tiresia un tale incontro segna linizio del destino di androgino e veggente del protagonista. Nello yoga e nel tantrismo il motivo dei serpenti allacciati rappresenta il perfetto equilibrio delle energie interne. Formicolii della spina dorsale, serpenti eretti e falli in erezione sono fenomeni imparentati fra di loro. Una nota acuta produce un brivido lungo la spina dorsale; e una melodia che si snoda a spirale, suonata da un flauto, ritmata da un tamburo o ballata da agili e leggiadre membra, fa alzare sia i serpenti sia i falli. La particolare e completa estasi dellandrogiia simboleggiata dal caduceo che, in quanto rappresentazione dellaccoppiamento di serpenti, denota la corrispondenza, sezione per sezione, dellessere androgino con il cosmo. Il cammino dello zodiaco pu essere proiettato su un caduceo come nellillustrazione. Nella tradizione occidentale, Giordano Bruno, in De immenso et innumerabili (VI,5), descrive la compenetrazione di serpenti accoppiati come emblema dellamplesso fra il Sole-Dioniso e la Terra-Cerere. I raggi solari, egli dice, penetrano nellutero dellumidit terrestre per raggiungere eternamente il femore stesso della madre cosmica. Il femore losso con cui si fanno i flauti. Entrare in rapporto con questo nucleo della vita cosmica il fine delladepto, sia come alchimista sia come mistico. Ladepto sidentifica con Mercurio, il fluido principio androgino della realt. Mercurio dapprima assopito e si astrae dal mondo della veglia per sognare i giusti sogni. Il suo corpo sottile emerge dal suo inguine come un caduceo (indicazione anche del sonno REM, in cui si producono erezioni). Sopra di lui aleggia il principio della luce e del calore. Nella fase successiva lo vediamo incoronato, con il caduceo perpendicolarmente eretto che va a toccare il centro del cuore, dove il sole e la luna si congiungono androginamente. Un piede poggia sulla terra, laltro sul fuoco. Nella terza immagine la trasformazione compiuta: Mercurio ora il perfetto androgino e regge il globo imperiale nella mano sinistra e il caduceo nella destra. Il caduceo ora esternato e conferisce armonia non solo alluomo interiore, ma anche al mondo esterno. Saturno e la Luna, Giove e Mercurio, Marte e Venere si fondono finalmente luno nellaltro e tutti insieme in ununit, e Mercurio li porta, come un mazzo di fiori, dentro le viscere della terra, dove diverranno le anime rispettivamente del piombo e dellargento, dello stagno e del mercurio, del ferro e del rame, formando una spirale che culmina nelloro solare. Il Mercurio di Agostino di Duccio ci appare allapice del suo potere. I dettagli di questa immagine devono essere stati suggeriti dagli ermetici che si erano raccolti alla corte di Sigismondo Malatesta. Le stelle sullo sfondo alludono allarmonia delle sfere; il bastone magico guida le anime nella discesa e nella risalita dalle profondit della terra; il gallo della vigilanza appollaiato sul piede sinistro; il cappello conico della magia sinnalza verso il cielo sul capo dellandrogino, e le nubi che gli fluttuano intorno alle ginocchia suggeriscono, come ha osservato Adrian Stokes (The Stones of Rimini) il moto elicoidale di un vortice che sinnalza. Il piede destro, maschile, poggia sulla roccia con cui possibile accendere il fuoco, mentre il piede sinistro, femminile, immerso nelle femminili acque. La saggezza, in greco sophia, rappresenta il legame fra lUnit Divina e gli archetipi ideali della Creazione. Certi teologi russi hanno ravvisato in Santa Sofia la Quarta Persona di Dio. Come esperienza di vita, in tutta la storia del cristianesimo, dai primi gnostici ai recenti sofianisti russi, Sofia rappresenta lo struggente desiderio di una pace e di una grazia oltremondane, simile, secondo il tradizionale paragone degli gnostici, allindefinibile nostalgia provata dal figlio di un re che vive, ignaro delle sue origini, in povert. Teologicamente Sofia lo specchio di Dio e, nel contempo, lo specchio della pura consapevolezza per gli uomini. Essa femmina in rapporto a Dio, ma androgino in rapporto allumanit. Vladimir Solovev, il grande sofianista russo dellOttocento che evoc Sofia come sfida allo Spirito dellUmanit del pensiero positivista, vedeva la mascolinit di Sofia manifestarsi in Ges e la sua femminilit in Maria. Limmagine di Sofia compare a Novgorod nel Mille, ma pu forse provenire da Bisanzio. Il suo aspetto infuocato deriva forse dalle descrizioni dellArcangelo Purpureo della Suprema Illuminazione contenute negli scritti dei neoplatonici persiani. Nella mano sinistra tiene il caduceo e con la mano destra si stringe al seno una pergamena contenente i segreti esoterici. Alla sua destra la Vergine incinta del Bambino, alla sua sinistra san Giovanni Battista. Questi due assistenti, i due canali che trasmettono la sua influenza al livello della effettiva manifestazione, sottolineano entrambi la trascendenza delle divisioni sessuali.
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Landrogino, o Rebis alchemica, alato come Sofia ed in tal senso una personificazione della saggezza cosmica. Unala rossa e laltra bianca, a indicare gli spiriti delloro e dellargento, del sole e della luna, del sangue e del latte del corpo vivente della natura. Indossa un abito nero bordato di giallo, che suggerisce il nero della materia prima androgina in cui tuttavia sono presenti in potenza le correnti della vita metallica aurea. Il verde del paesaggio il prodotto della mescolanza dei colori di Rebis. Egli/ella regge con la mano destra un cristallo, in cui i suoi colori appaiono in successione convergente al centro, dove va collocato luovo o seme minerale che lAndrogino porta nella mano sinistra, lunare. Secondo la teoria alchemica, lo spirito lunare agir nelluovo, provocando la putrefazione della calce spenta della terra, fino ad attivare in essa il nucleo solare latente che risorger allora in un corpo cristallino vivo e capace di crescita, cos come lacredine del fuoco provoca la putrefazione delle morte ceneri e della sabbia in un fluido vivente che diviene infine vetro.

La bisessualit nellantichit greco-romana


"Androgino". Etimologicamente si tratta della traduzione italiana del composto che, in greco antico, associa paradossalmente due sostantivi designanti i poli di una opposizione irriducibile: anr-andrs "uomo", e gungunaiks "donna". Tale origine etimologica e la complessit delle forme che la trasgressione di tale opposizione presenta, spiegano come luso del termine "bises-sualit" sia preferibile a quello di "androginia".(38) Inoltre necessario determinare lambito di riferimento di questo termine. Nellantica Grecia, se vogliamo prestar fede a Flegonte di Tralle (De mirabilius, Cap. 2 = Paradoxographorum graecorum reliquiae 15 F 1. 118-220 Giannini), gli esseri umani, riconosciuti come bisessuati, erano considerati prodigi funesti e venivano, per questo motivo, sterminati impietosamente. Un insieme di testimonianze concordanti(39) ci porterebbe a pensare che le cose andassero nello stesso modo nel mondo romano, dove si abbandonavano gli "ermafroditi" sullacqua, in alto mare o in un fiume, dentro un contenitore che non tardava a capovolgersi. In tal modo dal territorio della citt veniva espulso un essere carico di una forza inquietante, senza esercitare su di lui una violenza suscettibile di ritorcersi contro coloro che lavessero applicata. Tale espulsione era accompagnata da alcune cerimonie espiatorie descritte da Tito Livio (XXVII, 36, 7). Daltronde, parlare di bisessualit nellantichit greco-latina non significa parlare di transessualit n di omosessualit. Nella documentazione letteraria antica si possono trovare solo due casi quello d Hras-Diofante (Diodoro Siculo, fram. XXXII, 10.2 seg.) e quello di Callo-Callon (Diodoro Siculo, fram. XXXII, 11) nei quali, dopo un intervento chirurgico, un essere inizialmente di sesso femminile, viene dotato di un sesso maschile e si vede socialmente riconosciuto come maschio. Ma, sembra, lautore menziona questi due casi solo per denunciare la "superstizione" che porta a considerare gli esseri bisessuati come prodigi funesti, da cui bisogna purificare la comunit ed il territorio in cui essa si stabilita (Diodoro Siculo, fram. XXXII, 12). Inoltre, se vero che il termine "androgino" stato utilizzato per designare sia uomini effeminati (Antologia greca VI, 254), sia donne mascoline (Luciano, Amores 28) che praticavano lomosessualit, lassimilazione dellomosessualit alla bisessualit rimane un fenomeno assai raro che, come vedremo in seguito, si spiega innanzitutto con delle considerazioni relative al ruolo rispettivo del maschio e della femmina nella societ. Sradicata dalla realt, in cui considerata presagio funesto, la bisessualit gioca, in compenso, un ruolo considerevole nel campo della mitologia, e questo tanto sul piano della teo- (-gonia, -logia) quanto su quello della cosmo- (-gonia, -logia) e su quello dellantropo- (-gonia, -logia). Tale divergenza tra lo status della bisessualit nel campo del reale e in quello dellimmaginario potrebbe spiegarsi cos. Allo stato attuale delle cose, lindistinzione dei sessi, o piuttosto la loro sovrapposizione, rappresenta una minaccia insostenibile, nella misura in cui rimette in gioco lopposizione fondamentale che fornisce le basi alle strutture sociali, economiche, politiche, giuridiche e perfino religiose che reggono ogni comunit; il sesso (dal latino sexus che deriva dalla radice sec- da cui deriva seco "tagliare, separare, dividere") dovrebbe essere considerato non soltanto come organo adempiente una determinata funzione, ma anche (e forse soprattutto) come segno indicante quale/i ruolo/i lindividuo che ne provvisto potr svolgere in un dato sistema. Se tale segno equivoco, il sistema si intorbida e minaccia il caos. In compenso proprio questo caos originale ed il suo progressivo ordinamento che prima dogni altra cosa cerca di raffigurarsi limmaginario mitico.
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Da cui limportanza che questo accorda alla bisessualit. La scelta dellantichit greco-romana come punto di partenza per ogni ricerca sulla bisessualit, fuori discussione. E non pu non essere che il mito raccontato da Aristofane nel Simposio(40). In questo dialogo di Platone, sei personaggi tessono lelogio di Eros seguendo le regole del genere letterario definito da Aristotele nella sua Retorica (I, 9, 1367b 28-36). Fedro, Agatone, Pausania, Erissimaco, Aristofane e Socrate descrivono la natura di Eros; poi considerano i benefici che devono risultare da questa natura. Questi sei elogi di Eros possono essere raggruppati in tre coppie nellambito delle quali possiamo distinguere unopposizione prevalente che spicca sullo sfondo di un accordo fondamentale. Per Fedro e Agatone non c che un solo Eros, ma, mentre per Fedro, Eros il pi antico degli Dei, per Agatone il pi giovane. In compenso, Pausania ed Erissimaco ritengono che esistano due Eros corrispondenti alle due Afroditi, lUraniana la cui origine lo sperma che cola nel mare, dai testicoli recisi di Urano (Esiodo, Teogonia 178-206) e la Pandemia, figlia di Zeus e di Dione (Omero, Iliade V, 370); tuttavia, Pausania non esamina le conseguenze di tale dualit che alluomo, mentre Erissimaco estende le sue argomentazioni allinsieme degli esseri. Infine, Aristofane e Socrate pongono il problema ad un altro livello: quello dellunit primordiale di cui permane la nostalgia al cuore stesso della separazione che implica lunione sessuale. Per Aristofane, infatti, Eros lunico dio che permette ad ogni essere umano di realizzare il suo desiderio pi profondo: unirsi nuovamente alla met di se stesso da cui stato separato. E, per Socrate che pretende riportare le parole di Diotima, una sacerdotessa di Mantinea [Mantinea: citt dellArcadia Orientale a nord dellodierna Tripolis n.d.t.], Eros non un dio, ma un demone che, data la sua funzione di intermediario, permette di trasformare laspirazione verso il bello e il bene, che luomo prova, in un possesso perpetuo per mezzo della procreazione secondo il corpo e soprattutto della creazione secondo lanima. Trascendendo lopposizione tra il sensibile e lintelligibile, lanimo che riesce ad astrarsi dal sensibile per contemplare lintelligibile opera un ritorno verso le sue origini e ritrova cos il suo vero essere. Pi in generale, mentre le prime due coppie di discorsi, quello di Fedro e di Agatone e quello di Pausania e di Erissimaco, hanno come sottofondo la teologia tradizionale trasmessa, nellantica Grecia, da Omero ed Esiodo in particolare e dalla maggior parte dei poeti in generale, la terza coppia di discorsi, quello di Aristofane che, pi verosimilmente, si riferisce allorfismo, e quello di Socrate, che traspone, su un piano platonico, dove viene operata una scissione tra il sensibile e lintelligibile, un certo numero di idee religiose difficili da identificare, inaugura un tipo di speculazione in cui la bisessualit gioca un ruolo preponderante e che conoscer una prodigiosa fortuna nel quadro del rinnovamento dellorfismo, di cui saranno testimoni i neo-platonici e gli apologisti cristiani, compiacenti in un caso e critici nellaltro. Il discorso di Aristofane si apre con la descrizione dellantica natura umana e dei rapporti che gli esseri umani di allora intrattenevano con il resto delluniverso: "Una volta, in effetti, la nostra natura non era la stessa di oggi, ma unaltra. In origine ceran tre generi desseri umani, non due, come adesso: il maschio e la femmina. Ma ne esisteva anche un terzo, che partecipava degli altri due, il cui nome sopravvive, anche se esso scomparso oggid. In effetti esisteva allora un genere distinto, che di fatto come di nome aveva la stessa natura degli altri due; ora, di questo genere non sussiste che il nome ritenuto infamante. Inoltre la forma di ciascuno di questi esseri costituiva un insieme con dorso rotondo e fianchi circolari; essi avevano quattro braccia, e gambe in numero pari alle braccia; avevano anche, su un collo cilindrico, due visi, perfettamente simili tra loro, mentre la testa per questi due volti, opposti luno allaltro, era unica; avevano poi quattro orecchie e due organi sessuali e tutto il resto era come lo si pu raffigurare a partire da questo ragguaglio. Per quanto riguarda la loro andatura, essa si sviluppava in linea retta nella direzione desiderata; e quando si mettevano a correre, rapidamente tale corsa rassomigliava a quella di coloro che fanno la ruota rovesciandosi, cio gettandosi allindietro e rimettendosi in equilibrio sulle gambe con un movimento circolare: essi avanzavano rapidamente facendo la ruota come se si appoggiassero sugli otto arti che possedevano. Orbene, se i generi (degli esseri umani) erano tre e cos costituiti per questa ragione che allinizio il genere maschile traeva origine dal sole, il femminile dalla terra, e quello che partecipava delle due nature dalla luna; e giustamente, se essi mostravano una forma circolare, sia nella loro struttura, sia nellandatura, era perch rassomigliavano ai loro congiunti. Essi erano dunque temibili in virt del loro vigore e della loro forza, e grande era il loro orgoglio. Ora, se se la presero con gli dei, a quel che Omero dice di Efialte e di Oto, e tentarono la scalata del cielo affare loro, in quanto avevano lintenzione di combattere gli dei" (Simposio 189d 6 - 190c 1, trad. Martini, Sansoni).
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In tale descrizione, intervengono vari elementi di ordine antropologico, cosmologico e perfino teologico, il cui inventario mette in luce lintento del discorso di Aristofane. Inizialmente, lumanit era costituita di esseri doppi(41), se consideriamo come punto di riferimento lo stato attuale delle cose. Ecco perch tali esseri erano dotati di due organi sessuali dello stesso tipo di quello che gli esseri umani possiedono ora: maschio (M)/femmina (F), riuniti in coppie, nelle quali questi elementi di base M ed F sono cos distribuiti: maschio originale (M, M), femmina originale (F, F), e androgino (M, F) o (F, M). Dobbiamo notare che tali esseri che, come vedremo in seguito, possiedono ognuno una coppia di sessi collocati sopra le natiche, non si riproducono unendosi gli uni agli altri, ma emergendo dalla terra come le cicale (Simposio 191b 6 - c 2)(42). Lunione sessuale indissociabile da una disgiunzione dei sessi non diverr possibile se non dopo la bisezione di questi esseri doppi da parte di Zeus. Cos costituiti, questi esseri doppi, intrattengono, peraltro, un rapporto privilegiato con il cerchio, sia nella loro struttura che nei loro movimenti. In virt di tale considerazione, possiamo passare dal campo dellantropologia a quello della cosmologia. Infatti, Aristofane giustifica il rapporto privilegiato di tali esseri doppi con il cerchio, risalendo alla loro origine: infatti il maschio originale discenderebbe dal sole, la femmina originale dalla terra, e landrogino dalla luna che partecipa delluno e dellaltro sesso. Sul piano astronomico, come gi fece notare Empedocle, la luna, trovandosi tra la terra e il sole (DK 31 B 47), riceve la luce del sole e, come il sole, rischiara la terra (DK 31 B 42, cf 45) (43). Tale collocazione intermedia e la successione delle fasi lunari fanno della luna un luogo di riconciliazione dei contrari. Da qui il suo carattere ambivalente, anche nel campo della sessualit, come attesta Plutarco (De Iside et Osiride 368 c-d) identificando la dea egizia Iside con la luna(44). Tutto ci evidenzia un aspetto inquietante dellunit, una manifestazione della quale costituita dalla bisessualit. Ricusare la divisione e la separazione, significa mantenersi nel caos o tornarvi. Di conseguenza, la separazione tra cielo e terra, la distinzione tra gli dei e gli uomini e la differenza tra i sessi sono solidali luno con laltro e assicurano il mantenimento di un ordine antropologico, cosmologico e perfino teologico che rimettono in gioco gli esseri doppi del mito raccontato da Aristofane, volendo abolire ogni distanza tra cielo e terra, tra gli dei e gli uomini. Dal momento che questi esseri se la presero con gli Dei a somiglianza di Oto e di Efialte che, avendo imprigionato Ares per tredici mesi in una giara (Omero, Iliade V, 385 segg.), avevano concepito il progetto di muoversi allassalto del cielo dove risiedeva il pantheon degli dei, ammassando il monte Ossa sul monte Olimpo e il monte Pelio sul monte Ossa (Omero, Odissea XI, 305-320). Nel punire questi esseri doppi, Zeus cerca prima di ogni altra cosa di stabilire una considerevole distanza tra i sessi, tra il cielo e la terra e tra gli dei e gli uomini. Il problema che Zeus deve affrontare a causa di questa rivolta dei primi uomini il seguente: come punirli senza sterminarli? In un primo momento, decide di indebolirli tagliandoli in due "come quelli che tagliano le sorbe per metterle in conserva, o quelli che dividono le uova con un capello" (Simposio 190d 7 - e 2). In questo modo, fa ironicamente notare Aristofane, Zeus raddoppia il numero degli uomini che rendono omaggio agli dei e fanno loro delle offerte. Dopo lintervento di Zeus, Apollo, il dio guaritore, rivolta il viso e la met del collo dei nuovi esseri cos costituiti e richiude la ferita provocata dalla bisezione chiudendo la pelle del ventre in quel punto che ora chiamato "ombelico". Ma il nuovo stato di cos non vitale. Ogni met, sospirando la met perduta, cerca di raggiungerla e, avendola trovata, la stringe in modo da costituire, come prima, un solo essere con essa, luna e laltra lasciandosi allora morire di inedia. Anche Zeus costretto ad entrare di nuovo in azione per salvare gli esseri umani che ha appena prodotto con il suo intervento. "Trasporta i loro organi sessuali nella parte anteriore fino a quel momento anchessi li avevano avuti fuori" (Simposio 191b 6-7). La nuova disposizione degli organi sessuali permette ad ogni met di accoppiarsi con la met complementare, ma in modo discontinuo, cos che il tempo rimanente venga dedicato alle altre occupazioni dellesistenza. Da cui questa tipologia dei comportamenti sessuali. "Ognun di noi, in conclusione l"immagine" di un essere umano(45), dato che stato tagliato come le sogliole, e da un unico essere due ne sono stati tratti. Ecco perch ciascuno sempre alla ricerca della propria "immagine". Anche tutti quei maschi che sono una parte dellessere misto che allora giustamente era chiamato androgino sono attirati dalle donne, ed da questo genere che deriva la maggior parte degli adulteri; e allo stesso modo da questo genere che provengono, a loro volta, le donne, che si struggon per gli uomini, e le adultere. Invece tutte quelle che sono una fetta di donna, non riservano grande attenzione agli uomini, ma sono piuttosto inclini verso le donne; ed da questo genere che derivano le donne omoses89

suali. Infine quanti sono una fetta di maschio, ricercano i maschi". (Simposio 191d 3 - e 6, trad. Martini). Tale tipologia permette di rendere conto dellomosessualit maschile e femminile, senza ridurre lomosessualit ad una deviazione delleteroses-sualit, poich landrogino appare, conviene insistervi, come il genere da cui derivano gli eterosessuali, uomini e donne. Resta, nondimeno, il termine "androgino" che, come abbiamo visto, designa, nellAntologia greca e particolarmente in Luciano, degli uomini effeminati e delle donne mascoline praticanti lomosessualit, e qualifica gi, nellAtene del IV sec. a.C., luomo che ha dato prova di debolezza. Come ricorda K. J. Dover(46), la commedia di Eupolis intitolata gli Astrateutoi (gli uomini che non hanno assolto il servizio militare) si intitola anche gli Androgunoi (fram. 3, Supplementum comicum Demianczuk). Inoltre, un certo Cleone ridicolizzato da Aristofane negli Acarnesi (88, 844) e ne I Cavalieri (958, 1293) a causa della sua grossezza e della sua ingordigia aveva, raccontano, abbandonato il suo scudo sul campo di battaglia per fuggire pi velocemente. Per pi di dieci anni, Aristofane alluder a questo atto di vigliaccheria ne I Cavalieri (1372), le Nuvole (353-355), i Calabroni (15-23), la Pace (446, 670-678, 1295-1301) e gli Uccelli (289 segg.). E nel corso della discussione sulla declinazione dei sostantivi ne le Nuvole (670-680), "Klonimos", che, in greco antico, d risalto al genere maschile, diventa, messo al femminile da Aristofane, "Klonim". Questo uso del termine "androgino" probabilmente quello al quale allude Aristofane quando dice di questo vocabolo che adesso " ritenuto oltraggioso" (Simposio 189 e 4-5). Daltronde Platone riprende la stessa idea, ma in un altro contesto. Nel III libro delle Leggi, ritiene che lunica pena che converrebbe infliggere a colui che per fuggire abbandona le armi sul campo di battaglia, sarebbe la metamorfosi inversa di quella che trasform Kainis (nome proprio femminile in greco antico) in Kaineus (il suo equivalente maschile)(47). Figlia del re dei Lapiti [Lapiti = Favoloso popolo gigantesco della Tessaglia n.d.t.], Kainis, che si rifiuta a tutti gli uomini, viene rapita da Poseidone, il quale come compenso per il piacere ottenuto, promette di esaudire il desiderio che la ragazza esprimer. Ella gli chiede di diventare uomo in modo da non dover pi subire un tale oltraggio, e/o forse, secondo la versione di Acusilao (FGrH 2 F 22), per non essere pi costretta a partorire. Poseidone la trasforma allora in Kaineus, un uomo, il cui corpo non pu effettivamente essere "penetrato". Guerriero invulnerabile, Kaineus conficca la sua lancia nel mezzo dellagor, ordinando che gli vengano resi gli onori dovuti agli dei e che si giuri su di lui. Per punirlo di tanta empiet, Zeus scaglia contro Kaineus i Centauri affinch lo seppelliscano sotto dei tronchi dalbero. Alcuni pensano che Kaineus vinto, ma sempre invulnerabile sia scomparso sotto terra (Pindaro fram. 167 Schroeder); altri raccontano che da questo cumulo di alberi ammonticchiati sia uscito un uccello meraviglioso, unico tra tutti, la Fenice (Ovidio, Metamorfosi XII, 525-532). Il mito di Kaineus, che racconta come una ragazza rifiutandosi allunione sessuale sia divenuta un guerriero invulnerabile, propone una metamorfosi che appare inversa a quella che Platone indica quale punizione per luomo che si mostrato vile in combattimento. Nellun caso e nellaltro, chiamata in causa la regola sociale che, nellantica Grecia, permette di definire la condizioni di uomo e quella di donna: "Il matrimonio per la ragazza ci che la guerra per il ragazzo: per entrambi, segna la realizzazione della loro vera natura, alluscita da uno stato in cui ognuno partecipa dellaltro"(48). Per una ragazza il rifiuto al matrimonio equivale alla rinuncia alla femminilit e quindi al rigetto per un verso della guerra, come illustrano gli esempi di Atena e delle Amazzoni che, nonostante il loro equipaggiamento da guerriere, rimangono donne. Con Kaineus, il cambiamento radicale: il corpo stesso che cambia sesso. Al contrario, luomo che rifiuta di portare le armi o che si mostra vile in combattimento, rinnega la sua virilit e, di conseguenza, passa dalla parte delle donne. In tale contesto, il travestimento costituisce una temibile astuzia di guerra, nel caso di guerrieri che si travestono da donne le quali, per principio, non hanno niente a che fare con la guerra (Plutarco, Solone 8-9). Questa complementariet della guerra e del matrimonio, indicativa del sesso sul piano sociale, si manifesta anche in alcune pratiche istituzionali(49). I combattimenti fittizi, nel corso dei quali delle adolescenti di una stessa fascia di et si affrontano come guerrieri, presentano un duplice aspetto. Hanno lo scopo di mettere queste ragazze a disposizione del gruppo in vista del matrimonio. Ma hanno anche valore di prova di probazione virginale. Vicino al lago Tritonis, in Libia, ove la tradizione greca stabiliva la nascita di Atena Tritogeneia (Eschilo, Eumenidi 292, Pausania I, 14, 6), si celebrava una festa annuale nel corso della quale
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la ragazza pi bella, era, al modo della dea guerriera, rivestita della panoplia oplitica. Salita su un carro da guerra, faceva il giro del lago. Poi, il gruppo delle ragazze, diviso in due schiere, si batteva a colpi di pietra e di bastone; quelle che soccombevano in conseguenza delle ferite venivano qualificate come "false vergini" (Erodoto IV, 180 e 189). Mentre le false vergini si tradiscono con la prova di guerra, la natura autenticamente combattiva di un giovane pu essere rivelata da unapparenza virginale. Ci vale per Achille, allevato, come una ragazza, tra ragazze e con abiti da ragazza (Apollodoro III, 13, 8; Igino Fabulae 96); e per Partenopeo (colui che assomiglia ad una vergine), un feroce guerriero, adoratore della sua lancia (Eschilo, Sette contro Tebe 526 segg.). Daltronde, le iniziazioni, che permettono ad ognuno dei sessi di acquisire definitivamente la vera natura di uomo o di donna, comportano, per mezzo dei travestimenti, la partecipazione momentanea alla natura dellaltro sesso. Le iniziazioni guerresche fanno comunemente ricorso a travestimenti femminili(50). Al contrario, a Sparta, la giovane sposa indossa, il primo giorno di nozze, abiti maschili (Plutarco, Vita di Licurgo 15, 5). E sembra anche che ad Argo la donna dovesse, la prima notte di nozze, per dormire con il marito, applicarsi una falsa barba (Plutarco, Virt femminili, 245 e-f). Detto ci, qualunque sia il comportamento sessuale degli individui, uomini o donne, che formino una coppia nello stato attuale delle cose, la discontinuit che caratterizza lunione sessuale dopo il duplice intervento di Zeus rimane velata dalla nostalgia della continuit che Aristofane cos descrive: "Allo stesso modo, coloro che trascorrono insieme, dallinizio alla fine, tutta la vita sono delle persone, che non saprebbero neppur dire che cosa si augurano di vedere pervenire alluno per opera dellaltro. Giacch nessuno potrebbe credere che sia latto sessuale, in fin dei conti, il motivo del piacere che induce ciascuno a dividere la sua esistenza con unaltra persona con uno zelo cos grande. Ma evidente che c qualche altra cosa che lanima di ciascuno di loro desidera, qualche altra cosa che non sa esprimere; ci che essa desidera, a mala pena intuisce e lascia intendere. Supponiamo anche che Efesto, tenendo i suoi strumenti in mano, allimprovviso davanti a loro mentre giacciono sullo stesso letto, ponesse questa domanda: "Che volete, o uomini, che avvenga di voi, alluno per opera dellaltro?" e che vedendoli tuttora indecisi, soggiungesse: "Non vero che voi avete voglia di questo: di confondervi il pi possibile luno con laltra nello stesso essere in modo da non separarvi mai, n notte n giorno? Ebbene, se questo che desiderate, io acconsento che voi vi fondiate insieme e che al calore della mia forgia vi fondiate in ununica lega sicch di due diventiate uno e che, finch vivrete, viviate tutti e due insieme duna esistenza comune e che, una volta morti, laggi nellAde, al luogo di essere due, siate ancora uno, dopo una morte comune Guardate se questo che desiderate e se siete soddisfatti daverlo conseguito". A udir ci sappiamo bene che nessuno, proprio nessuno, risponderebbe di no, n mostrerebbe di aver mai desiderato altro. Ma crederebbe daver udito precisamente quello che egli desiderava da tanto tempo: di sentirsi unito e fuso con lamato, e di divenire di due un essere solo" (Simposio, 192 c 2 - e 9, trad. Martini). Ora, sembra proprio che la nostalgia espressa dal mito di Ermafrodito (Ovidio, Metamorfosi IV, 285388) inverta, in qualche modo, il mito raccontato da Aristofane nel Simposio. Allet di quindici anni, questo figlio di Ermete e di Afrodite lasci lIda che laveva visto nascere. Giunse in Caria nelle vicinanze di un lago dalle acque di una bellezza meravigliosa. La ninfa di questo lago, Salmacis, che non si dedicava mai al duro esercizio della caccia e che trascorreva il tempo in occupazioni prettamente femminili, si innamor di lui e gli fece delle avances. Ermafrodito che non sapeva ancora cosa fosse lamore, si spogli. Ma, quando si bagn nelle acque del lago, Salmacis si tuff e si aggrapp a lui implorando gli dei di far s che i loro due corpi non venissero pi separati. Gli dei esaudirono il voto: cos luno e laltra non formarono pi che un solo corpo che sembrava "non avere alcun sesso ed averli entrambi" (Ovidio, Metamorfosi IV, 379). Da parte sua, Ermafrodito ottenne dagli dei che colui che si fosse bagnato nelle acque di quel lago perdesse la sua virilit. Mutatis mutandis la fusione di Ermafrodito e di Salmacis annulla, quindi, la bisezione operata da Zeus sullandrogino nel mito che Aristofane racconta nel Simposio. Forse Aristofane allude implicitamente proprio a questa nostalgia dellunione originale, daltronde indissociabile dallorgoglio e dallarroganza degli esseri doppi dellumanit precedente, quando evoca la possibilit di un nuovo sdoppiamento, nel caso che gli uomini persistano nella loro malvagit (Simposio, 192 e - 193 a). Il desiderio di una fusione totale sembra condurre ad una confusione che distrugge lordine attuale delle cose, nel rispetto del quale risiede, in ultima analisi, per luomo la virt.
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Con ogni evidenza, il mito raccontato da Aristofane nel Simposio rinvia a considerazioni di ordine antropologico, cosmologico e perfino teologico, nelle quali interviene una logica dellunione e della separazione, il cui artefice Eros, lessere divino, al quale, conviene rammentarlo, sono dedicati i sei elogi che costituiscono lessenza del Simposio. LEros cui ci si riferisce probabilmente quello orfico, la cui figura non comunque totalmente estranea a quella dipinta da Esiodo. Nella Teogonia, Eros appare come una delle tre divinit primordiali: "Dunque, prima di tutto vi fu il Chaos; poi Gaa (la Terra) dai larghi fianchi, seduta sicura da sempre, offerta a tutti i viventi [] ed Eros (lAmore), il pi bello tra gli dei immortali, colui che spezza le membra e che, nel petto di ogni dio come di ogni uomo, doma il cuore e il saggio volere". (Esiodo, Teogonia, 116-122). Secondo la descrizione che qui ne viene data, lazione di Eros universale, poich si rivolge altrettanto bene agli dei quanto agli uomini. Inoltre, a causa del suo carattere primordiale, Eros sembra destinato a svolgere un ruolo di primaria importanza come demiurgo. Paradossalmente, tuttavia, le prime generazioni si hanno senza il suo intervento (Teogonia, 123-132). Infatti, Eros, inizia a manifestarsi solo con labbraccio di Urano (il Cielo) e di Gaa (la Terra). Ora, tali abbracci permanenti sono cos esagerati da impedire ai figli che ne derivano di vedere la luce (Teogonia, 132-138). Dal momento in cui interviene, quindi, Eros tesse tra gli esseri maschio e femmina dei quali provoca lunione, dei legami cos forti che bloccano in qualche modo il processo di generazione in corso e che, cos facendo, innescano un movimento di ritorno verso il caos. Affinch le generazioni possano riprendere il loro corso, deve essere stabilita una considerevole distanza tra Gaa (la Terra) e Urano (il Cielo), la cui vicinanza costituisce una grave minaccia. Inoltre, sembra che si debba interpretare in questo senso il gesto di Cronos che recide il sesso del padre, Urano, determinando cos quella separazione che permette ai figli, che Gaa (la Terra) ha generato nel suo seno, di venire alla luce (Teogonia, 178-200). Il gesto di Cronos separa definitivamente Urano da Gaa. Ma, proprio questo stesso atto, realizzando la necessaria separazione, assicura ununione complementare, nella misura in cui dallo sperma che cade in mare dai genitali recisi di Urano nasce Afrodite che, in qualche modo, d il cambio ad Eros, il quale, con Imero (il Desiderio), le fa subito coorte. Cos viene instaurata tra Gaa e Urano e, di conseguenza, tra tutti gli esseri, una notevole distanza in cui unione e separazione, vicinanza e lontananza, si equilibrano. Successivamente, infatti, tutti gli altri dei e dee verranno generati con laiuto di Afrodite e quindi di Eros, che ne indissociabile, sebbene vi sia qualche eccezione, Atena ed Efesto per esempio. Cos dunque Eros, divinit primordiale, che cede il passo ad Afrodite, cui poi far coorte, si vede attribuire da Esiodo una funzione demiurgica, nella misura in cui appare come principio di unione che assicura la generazione di tutti gli esseri, quando non la blocchi per un eccesso di potenza. Tale funzione demiurgica gli viene riconosciuta anche da Ferecide (DK 7 B 3, A 11), Parmenide (DK 28 B 13), Empedocle (DK 31 B 17, 27, ecc.) e Acusilao (DK 9 B 2, 3 = FGrH 2 F 6). Ma solo con lorfismo(51) che tale aspetto di Eros viene sistematizzato. Nella teologia tradizionale dellantica Grecia ed in Esiodo in particolare, lequilibrio tra unione e separazione viene stabilito definitivamente dal gesto di Cronos che recide i genitali del padre. Nellorfismo, al contrario, questo equilibrio rimane provvisorio, poich viene continuamente rimesso in discussione. Unione e separazione si succedono in una pulsione che si integra in un movimento ciclico. Daltronde ecco perch la bisessualit vi svolge costantemente un ruolo tanto importante. Il postulato sul quale si basa la teogonia(52) orfica in Diogene Laerzio cos formulato: "Tutto procede dalluno e si risolve in esso" (Diogene Laerzio I, proemio 3). Damascio, lultimo capo della scuola neo-platonica di Atene, conosce almeno tre versioni di questa teogonia. La versione pi antica, alla quale allude Damascio, quella di Eudemio (OF 28), un discepolo di Aristotele. Tale versione sembra corrispondere a quella conosciuta da Aristotele stesso (OF 24). Inoltre, presenta molte affinit con quella parodiata da Aristofane ne le Nuvole: "In principio, era il Caos e la Notte e il nero Erebo e il Tartaro ampio: terra e aria e cielo non esistevano. E nel grembo immenso dellErebo la Notte nero-alata partor dapprima un uovo senza seme, dal quale, nel corso delle stagioni, nacque il bramato Eros, dalle fulgide ali doro sul dorso, simile ai veloci mulinelli del vento. lui che, unitosi la notte al Vuoto alato nellampio Tartaro, fece schiudere la nostra stirpe e la fece apparire per prima alla luce. Fino ad allora, prima che Eros mescolasse tutti gli elementi, gli immortali non
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esistevano; poi, man mano che li mescolava gli uni con gli altri, nacquero il Cielo e lOceano e la Terra e la stirpe immortale degli dei beati". (OF 1 = Uccelli 693-702). In tutte le testimonianze che abbiamo appena citato, la Notte svolge il ruolo di principio primordiale. E per Aristofane, il primo dio che essa genera, cio Eros, esce da un uovo. Ora, gli esseri doppi allorigine dellumanit presentano anchessi la forma di un uovo. Ecco perch non azzardato correlare queste due testimonianze del poeta comico ad una stessa tradizione. Daltronde, ci che resta di questa prima versione non differisce fondamentalmente dallinizio della seconda versione consegnata ai Discorsi sacri in 24 rapsodie, ai quali alludono i neoplatonici ed alcuni apologisti cristiani. In queste Rapsodie orfiche, troviamo, secondo Damascio, "la teologia orfica consueta" (OF 60), di cui Proclo fornisce la testimonianza dinsieme pi succinta: "Orfeo ha insegnato che sono Re gli dei che sovrintendono a ogni cosa, conformemente al numero perfetto (6 = 1 + 2 + 3 = 1 x 2 x 3), Fanes, la Notte, Urano, Cronos, Zeus, Dioniso. Fanes in effetti il primo a tenere lo scettro: "In primo luogo ha regnato lillustre Erikpaios". In secondo luogo viene la Notte, che ha ricevuto lo scettro da suo padre. Urano lha ricevuto per terzo da sua madre, Cronos per quarto, quando, come si dice, fece violenza a suo padre. Zeus per quinto quando si rese signore di suo padre, e dopo di lui, per sesto, Dioniso". (OF 107 = PROCLO, Commento al Timeo di Platone III, 168. 17-25). Riprendiamo nei dettagli, completandola, questa testimonianza di Proclo. E con Cronos ageraios (il tempo "che non invecchia") che questa seconda versione della teogonia orfica ha inizio. Da Cronos nascono lEtere e il Caos (OF 66). NellEtere, Cronos crea un uovo (OF 70), che si apre in due, lasciando uscire Fanes (OF 72), il primogenito degli dei. Meravigliosamente bello e raggiante di luce, il suo collo sormontato dalla testa di differenti animali (OF 79), e alle sue spalle sono attaccate due ali doro. bisessuato (OF 81). Egli che porta la semenza di tutti gli altri dei, chiamato Fanes, Metide, Protogenia, Erikpaios, Eros e perfino Dioniso (OF 105, 109). Fanes trasmette il potere alla Notte (OF 101, 102), che gli d due figli, Urano (il Cielo) e Gaa (la Terra) (OF 109), i quali, a loro volta, generano in particolare i Titani e le Titane (OF 114 e segg.) e quindi Cronos e Rea. Cos come raccontato da Esiodo nella Teogonia, Cronos mutila suo padre (OF 127) che, con i suoi abbracci eccessivi, impedisce ai figli che Gaa gli ha dato di vedere la luce. Poi Rea usa un sotterfugio per salvare Zeus dallessere inghiottito, ed egli libera i suoi fratelli e le sue sorelle e si impadronisce del potere (OF 148-157). A questo stadio, il processo delle generazioni si arresta per realizzare un nuovo punto di partenza: la teogonia propriamente detta fa posto alla cosmogonia. Perch, su consiglio della Notte, Zeus inghiotte Fanes. E, a partire dallunit cos ricostituita in lui, dal momento che con il suo gesto divenuto linizio, il centro e la fine di ogni cosa, crea luniverso (OF 168). Proprio come Fanes, Zeus bisessuato; ha come contraltare una divinit femminile che ad un tempo sua madre, sua sorella, sua figlia e soprattutto sua moglie con il nome di Rea, Demetra e Core (OF 145, 198). Ma improvvisamente Zeus trasmette il potere a un Dioniso ancora bambino (OF 207). Con Dioniso, la cosmologia viene sostituita dallantropogonia. Attirato in un imboscata, il bambino viene ucciso dai Titani che lo tagliano a pezzi, poi lo mangiano, dopo averlo cotto secondo una ricetta inversa a quella del sacrificio tradizionale di tipo prometeico(53). Soltanto il cuore viene salvato da Atena che lo porta a Zeus, perch faccia ri-vivere Dioniso. Per vendicarne la morte, Zeus colpisce con la folgore i Titani e li brucia. E, dalla fuliggine che si deposita dalla fumata di tale combustione, nascono gli uomini la cui costituzione duplice: una parte del loro essere deriva da Dioniso, ed unaltra dai Titani che lo hanno ingerito (OF 210 e segg.). Rimane una controversia sulla data di questi Discorsi sacri in 24 rapsodie(54). Gli uni, distinguendo linfluenza del mitraismo attraverso la figura del Cronos ageraios delle Rapsodie orfiche, che non sarebbe altri che il Zurvan akarana ("che non invecchia") degli Iraniani, rappresentato nel mondo greco-romano con i tratti dellAion leontocefalo mitraico(55), ritengono che la composizione di questi poemi non sia anteriore allepoca imperiale. Gli altri, ricordando questa frase del Filebo: "Alla sesta generazione, dice Orfeo, fermate lordine dei vostri canti" (OF 14 = Filebo 66 c 8-9), sostengono che questi poemi siano stati composti un secolo o due prima dei dialoghi di Platone. I due punti di vista non sono inconciliabili, se facciamo una distinzione fra una tradizione religiosa ed i testi sacri che ne esplicitano il senso e ne legittimano i riti(56). Gi ai tempi di Platone, circolavano degli scritti che attribuivano ad Orfeo una teogonia in cui si succedevano sei generazioni. Quali dei intervenivano in questo processo e in qual modo? impossibile determinarlo con certezza. Ma questi stessi temi sarebbero stati ripresi e sottoposti, con molte sottigliezze e virtuosismi, ad un lavoro di trasformazione nelle Rapsodie orfiche che sarebbero state realizzate molto pi di recente, contemporaneamente allinizio dellera cristiana.
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Linfluenza del mitraismo, che in questa seconda versione limitata, diventa determinante nella teogonia che, secondo Damascio, "viene attribuita a Geronimo ed a Ellanico nellipotesi che questi due autori non siano una persona sola" (OF 54). Questa teogonia, Damascio non la considera orfica. Ma Atenagora, un apologista cristiano del II secolo d.C., attribuisce ad Orfeo una teogonia quasi identica (OF 57, 58, 59), cos come Apione, secondo lo pseudo-Clemente di Roma (OF 55, 56). Questa teogonia pone allorigine, lacqua e la materia, da cui verr tratta la terra. Da un insieme di acqua e di terra deriva Cronos, un serpente alato provvisto di molte teste, e in particolare delle seguenti: quella di un uomo, di un toro, di un ariete e di un leone. Questo essere straordinario si chiama anche Eracle. Bisessuato, appaiato ad unentit femminile Anank, la Necessit, che della stessa natura di Adrastea [Questo concetto ci riconduce allAdamo Kadmo della tradizione ebraico-cristiana. Egli fu creato dal fango (acqua e terra) ed era bisessuato. Inoltre da lui fu tratta Eva. n.d.t.]. Cronos comincia col generare lEtere, il Caos e lErebo. Poi, in essi depone luovo da cui esce il dio chiamato Protogenia, Zeus e Pan. La successione sembra simile a quella descritta nella seconda versione. Questa "terza versione" sembra presupporre le due precedenti opinione che non condivisa in particolare da M. L. West20 da cui tuttavia si distingue soprattutto per lapporto di una risposta molto pi elaborata al problema fondamentale: chi produce luovo da cui esce Fanes-Eros? In Aristofane, la Notte, contemporanea al Caos, allErebo e al Tartaro, produce un uovo nato dal vento (hupenemios), cio un uovo senza seme o pi familiarmente un uovo chiaro. Come gi nota Aristotele nella sua Storia degli animali (VI, 2 559 b 20 segg.), le uova chiare sono uova non fecondate. E Luciano (De sacrificiis 6), descrivendo la nascita di Efesto che, secondo alcuni autori, Era avrebbe generato da sola per vendicarsi di Zeus che aveva fatto nascere Atena senza lintervento della moglie, dice di Era "che gener un figlio senza ricorrere al marito (hupenmion pada)". Secondo la testimonianza di Aristofane, quindi, luovo primordiale non fecondato da unentit maschile che si sarebbe accoppiata con unentit femminile, la Notte, ma per mezzo dei venti (nemoi), considerati nellantica Grecia come vettori di fecondit(57), cosa che equivale a dire, in definitiva, che questa generazione non dordine sessuale. Nella seconda versione della teogonia orfica, Cronos produce prima lEtere ed il Caos. Poi, nellEtere, "crea" (teukse) un uovo argentato (OF 70). Luso del verbo teukhein non evoca latto sessuale, ma unattivit artigianale, e pi precisamente quella concernente la lavorazione dei metalli, poich luovo prodotto definito "argentato". Daltronde tutto ci viene esplicitamente confermato dal commento di Damascio: "Il verbo teukse designa infatti, pi verosimilmente, un artefatto e non il frutto di una generazione". giocoforza dunque concludere che, tanto in Aristofane che nelle Rapsodie orfiche, la sessualit degli esseri precedenti luovo primordiale rimane indeterminata. Nella terza versione, in compenso, Cronos, costituito a partire da un insieme di acqua e di terra, si presenta come un essere effettivamente bisessuato, cui accoppiata la Notte chiamata anche Anank e Adrastesa; lui che produce luovo primordiale da cui esce Protogenia. Questo Cronos (il Tempo) ha la qualifica di mgas ("grande"), di ageraos ("che non invecchia") e di aphthitometis ("dal composto imperituro"). Lappellativo "grande" pu essere inteso sia da un punto di vista qualitativo a causa della situazione e del ruolo che Cronos riveste, sia da un punto di vista quantitativo a causa dello spiegamento, in qualche modo infinito, del tempo. Daltronde, dire del tempo che non invecchia significa riconoscere che let appartiene a ci che misurato e non alla misura. Infine, lespressione "dal composto imperituro" rinvia a ci che abbiamo appena detto ed apre nuove prospettive. Laggettivo "imperituro" riprende la stessa idea dellespressione "che non invecchia". E il sostantivo metis ("intelligenza pratica, astuzia"), che qualifica questo aggettivo, si conviene al dio che gioca il ruolo di principio di tutte le cose e che perci deve, prima di tutto, essere Provvidenza. Daltronde, Cronos chiamato anche Eracle. Perch? Nel suo Per agalmaton (Sulle rappresentazioni degli dei, fr.8, 13.3 segg.), Porfirio assimila, con laiuto di un gioco di parole, Eracle al sole, cui si identifica Fanes che, in uno stadio ulteriore, diviene la replica di Cronos, poich lessere radioso, la cui nascita fa apparire alla luce ogni cosa. Possiamo spiegarci laspetto di Cronos uguale a quello di Fanes, riferendoci al corso del sole nei segni dello zodiaco. Luno e laltro hanno laspetto di serpenti alati dotati di molte teste: quella di un uomo, di un toro, di un ariete e di un leone. Con ogni evidenza, queste teste si riferiscono ai segni dello zodiaco nei quali si trova il sole durante il suo percorso annuale. Bisogna anche ricordare che, nella tradizione orfica, il sole alato (OF 62). Infine, vi sono tre ragioni che possono spiegarci perch Cronos e Fanes abbiano il corpo di un serpente. Ci potrebbe voler indicare il corso sinuoso del sole nei segni dello zodiaco; per instaurare unopposizione tra lalto, dominio degli uccelli, e il basso, dominio dei serpenti; o per illustrare la qualifica ageraos, i serpenti che ogni anno rinnovano la pelle,
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sbarazzandosi della loro geras, termine che, in greco antico, significa ad un tempo "vecchia pelle" e "vecchiaia". In definitiva, dalla prima versione alla terza, lorigine delluovo primordiale viene sempre pi anticipata da un movimento regressivo. Nella prima e nella seconda versione, i differenti esseri che precedono luovo primordiale sono sessualmente neutri. Non hanno n luno n laltro sesso, poich, in questo senso, si collocano al di qua di ogni distinzione. Ma le cose vanno in tuttaltro modo nella terza versione in cui la figura di Cronos anticipa quella di Fanes-Eros, primo vero dio che abolisce tale neutralit. Infatti, quando luovo primordiale, questuovo nato dal vento, questuovo non fecondato, questuovo chiaro, che nessuna entit maschile ha fecondato e la cui forma perfetta racchiude linsieme degli esseri in ununit anteriore ad ogni distinzione e che assicura la coincidenza dei contrari, si scinde in due parti che, secondo certi autori, formano il cielo e la terra (OF 28, 55, 56), ne esce un serpente alato, dotato di molte teste: quella di un uomo, di un toro, di un ariete e di un leone, che chiamano Fanes, Eros, Protogenia, Metide ed Erikpaios. Si tratta infatti di un essere duplice, che ha due visi (OF 37), due paia di occhi (OF 76) ed bisessuato (OF 80). In questo frammento, troviamo perfino la precisazione seguente:" Fanes ha due organi sessuali nella regione delle natiche". Di conseguenza, sembra che, nella seconda versione della teogonia orfica, poco mancasse a rappresentare il primo dio sul modello dellandrogino del Simposio di Platone. Questo dio ha come primo nome Fanes che deriva dal verbo phaino "brillare, far brillare; apparire, fare apparire", ed etimologicamente correlato alla radice -bha "manifestare". Quando esce dalluovo primordiale, Fanes illumina ogni cosa (OF 86, cfr. OF 1), instaurando cos questo processo di differenziazione in cui consiste la teogonia orfica e che le tenebre, in cui tutto si confonde, ostacolano. Dio che separa e distingue (OF 74, 94), Fanes anche quello che unisce e mischia (OF 55-56, cfr. OF 2). Principio di ogni disgiunzione e di ogni distinzione, antenato di tutti gli dei (OF 89), padre (OF 60) e demiurgo (OF 61, 96) di ogni cosa, Fanes, nelle Rapsodie, viene anche chiamato Eros, Protogenia, Metide ed Erikpaios. In Aristofane (OF 1), Euripide (OF 2), Eudemio (OF 28) e Apollonio di Rodi (OF 29), il dio che esce dalluovo primordiale si chiama Eros. Si tratta di antichi frammenti che, molto verosimilmente, si riferiscono ad una versione della teogonia orfica anteriore a quella delle Rapsodie. Ma, in queste due versioni, la Notte a produrre luovo da cui esce Eros. E, come ha ben visto Clmence Ramnoux(58), la sostituzione di Fanes ad Eros risulta da una modificazione delle caratteristiche e del ruolo della Notte. Secondo la prima versione, la Notte pu essere detta "madre di Eros", perch depone luovo, da cui esce Eros "dal dorso scintillante di ali doro" (OF 1). Sorgendo dalluovo primordiale, Eros illumina la Notte che lo circonda. Il nuovo stato di cose modifica le caratteristiche ed il ruolo della Notte. Prima dello schiudersi delluovo, la Notte mantiene ogni cosa in unoscurit che rende impossibile ogni distinzione, ogni determinazione; in seguito, diventa lopposto complementare di Fanes-Eros. Ecco perch viene presentata come sua moglie. Ma questa sposa anche sua figlia, nel senso che la luce diffusa da Fanes-Eros assicura lidentit della Notte instaurando lopposizione luce/oscurit. E i restanti esseri prendono origine dallincesto primordiale tra il primo dio bisessuato e la sua parte femminile che ad un tempo sua madre, sua sorella e sua figlia. Proclo descrive cos questa singolare situazione: "Ma Fanes nelle processioni dio unico, nei canti lo si chiama ad un tempo "Femmina e Generatore" (cfr. OF 81), genera le Notti e, in qualit di padre, si unisce a quella: "Poich colse il fiore virginale della propria figlia". (OF 98 = Proclo, Commento al Timeo di Platone I, 450. 22-26). In questo brano la Notte appare evidentemente come figlia-sposa di Fanes che, di conseguenza, viene qualificato come "padre" e "generatore". La generazione cui ci si riferisce non ha niente a che fare con una vera unione sessuale. Fanes-Eros non stacca da s la Notte come sua met tenebrosa, che per farne il suo necessario complemento (OF 104). Ecco daltronde perch lespressione "primo matrimonio" viene applicata da Proclo non allunione del primo dio con la Notte, ma allunione di Urano con Gaa (OF 112). Tra Fanes-Eros e la Notte, non troviamo quella differenziazione sessuale che, sola, rende possibile una vera unione sessuale, e quindi un matrimonio. Ma, e questo va da s, la sostituzione di "Fanes" ad "Eros", a seguito di una modifica radicale del ruolo e delle caratteristiche della Notte, in ultima ana-lisi si spiega con il fatto che, nelle Rapsodie, i due nomi designano lo stesso essere (OF 74, 82, 83). Da ci consegue che Eros dotato degli stessi attributi di Fanes. Ha due volti (OF 37). E soprattutto bisessuato (OF 37). Daltronde, questaltro nome del primo dio trae origine dalla sostantivazione di un attributo:
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"Protogenia". In effetti, laggettivo protogonos che qualifica ad un tempo Eros (OF 2) e Fanes (OF 58, 64, 85), pu divenire un nome proprio (OF 31, 54, 86, 87) che, in questo caso, designa il primo dio chiamato anche "Fanes" ed "Eros". Cos Protogenia deve condividere tutti gli attributi di Fanes e di Eros, ivi compresa la bisessualit. Questo primo dio si chiama anche "Metide". Lorigine di questo nuovo nome deve ricercarsi nellattributo polumetis "che ha molta mtis" che, negli Argonauti di Orfeo, qualifica Eros (OF 29 = Argonauti 424). In greco antico, il termine metis(59) designa lintelligenza pratica, lastuzia; da cui un rapporto privilegiato con la pronoia, cio la provvidenza. Anche Damascio considera Metide come la ragione (nos) di Fanes (OF 60), mentre Jean Malalas interpreta Metide come Consiglio (Boul) (OF 65). A tale aspetto di intelligenza pratica che, nel caso del primo dio, evoca la Provvidenza, le Rapsodie aggiungono la fecondit. Metide in effetti si vede qualificata alternativamente come "primo generatore" (OF 168) e come "prima generatrice" (OF 169). Ancor pi, presentata come "ricettacolo della semenza illustre degli dei" (OF 85). Per tutte queste ragioni, Metide, che si identifica quindi con Fanes, Eros e Protogenia, deve essere considerata come un essere bisessuato. Questo elenco non sarebbe completo se omettessimo il nome di Erikpaios. Tanto nellantichit (OF 60, 65, 80) che in epoca moderna contemporanea(60), si sono fatti svariati tentativi per spiegare letimologia di questo nome. Nessuno pervenuto a risultati conclusivi. Ma laspetto importante del problema risiede nellidentificare Erikpaios in Fanes, Eros, Protogenia e Metide. Ora, Proclo (OF 170), Damascio (OF 60) e Nonno lo scoliaste (OF 80) lo affermano senza alcun dubbio. Qualificato come "primo nato" (OF 167), Erikpaios viene anche detto "femmina e generatore" (OF 81). Proclo, proponendo unesegesi del verso in cui si trova tale espressione, spiega perch, essendo limmagine della vita in toto, Erikpaios dotato delle teste di svariati animali: quella di un ariete, di un toro, di un leone e di un serpente. "Erikpaios" quindi proprio uno dei nomi del primo dio, bisessuato, che esce dalluovo primordiale. Questo primo dio viene anche chiamato Zeus (OF 54), Pan (OF 54) e Dioniso (OF 170). In seguito vedremo come si spiega lattribuzione di due di questi nomi al primo dio: Zeus e Dioniso. Ma se viene chiamato Pan (il Tutto), semplicemente, come ricorda Damascio, perch egli "lordinatore di ogni cosa e dellintero universo" (OF 54). alla Notte, sua figlia-moglie che Fanes trasmette il potere (OF 101, 102). A questo riguardo dobbiamo notare due cose. Si tratta del solo regno femminile. Inoltre, dopo aver concluso il suo regno, la Notte non cessa, come vedremo, di intervenire come consigliera e come aiuto. Detto questo, la Notte genera Urano, cui spetta il terzo regno, e Gaa (OF 109). La bisessualit fa, quindi, posto alla distinzione dei sessi, essendo Urano maschio e Gaa femmina. Urano e Gaa consumano anche il primo matrimonio (OF 112). La cosa non si svolge senza difficolt. Disteso su Gaa, Urano non finisce di unirsi a lei, impedendo cos ai suoi figli, concepiti nel seno di Gaa, di uscire alla luce (OF 109). Allora, scelto e protetto dalla Notte (OF 129), Cronos recide il sesso del padre (OF 127) e libera i fratelli e le sorelle, come lo aveva supplicato di fare sua madre. Questo gesto, che corrisponde a quello descritto da Esiodo, suscettibile della stessa interpretazione. Dal momento in cui si manifesta la differenziazione sessuale, questa rischia di essere abolita per gli eccessi di unioni che ha reso possibile. Ma trasponendo questo problema sul piano politico(61), Cronos, nelle Rapsodie orfiche cos come nella Teogonia di Esiodo, cerca di arrestare al suo livello il corso delle generazioni in modo da mantenere definitivamente e a suo profitto il potere di cui si impadronito (OF 117) conseguentemente allevirazione di Urano. Per realizzare tale scopo, inghiotte i figli che Rea, sua moglie, partorisce (OF 80). Ma questo Dio dellastuzia (OF 131, 140) sconfitto da Metide. Perch Zeus, scelto e consigliato dalla Notte, fa sorbire a Cronos, suo padre, una bevanda che lo fa cadere nel sonno pi profondo (OF 148). Reso inoffensivo da questastuzia (OF 149), Cronos viene incatenato da Zeus (OF 154), che quindi si impadronisce del potere regale. Con Zeus, sinnesca un ritorno alle origini. Il quinto re ha capito la ragione dellinsuccesso di suo padre. Per acquisire definitivamente tutto il potere, bisogna assimilare non la propria progenie, ma i propri antenati, in modo da neutralizzare, facendoli propri, la loro potenza sempre in atto. Poich il passato determina il futuro, neutralizzando il passato ci si assicura il futuro. In Esiodo (Teogonia, 886-900), Zeus raggiunge questo scopo inghiottendo Metide. Nellorfismo, lazione di Zeus duplice: incorporazione-creazione: linghiottimento di Fanes-Metide (OF 82, 167) costituisce il primo atto di una cosmogonia cos descritta da questo mirabile inno a Zeus: "1 Zeus nato per primo, Zeus dalle brillanti saette lultimo. 2 Zeus la testa, Zeus il centro, da Zeus hanno avuto origine tutte le cose.
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3 Zeus nato maschio, Zeus un giovane vergine immortale. 4 Zeus il supporto della Terra (Gaa) e del Cielo stellato (Urano). 5 Zeus re, solo Zeus il primo artefice di tutti gli esseri. 6 nato sovrano unico, unico daimon, potente monarca delluniverso. 7 Unico il suo corpo reale, nel quale si muovono in cerchio tutte queste cose: 8 il fuoco, lacqua, laria, la notte, il giorno 9 e Metide, primo generatore, e il delizioso Eros. 10 Infatti, tutte queste cose si trovano nel corpo del grande Zeus. 11 La sua testa e il viso di bellaspetto 12 sono il cielo rifulgente di luce. Tutto attorno volteggiano i 13 capelli doro degli astri marmorei. 14 Alle sue due estremit si levano due corna taurine doro, 15 il levante e il ponente, che delimitano il corso degli dei celesti. 16 I suoi occhi sono il sole e la luna che lo fronteggia. 17 Il suo proprio intelletto; senza menzogna, reale limperituro etere, 18 attraverso il quale tutto sente, tutto osserva; e non esiste 19 n voce umana, n clamore, n rumore eclatante, n altro rumore 20 che sfugga alle orecchie di Zeus, il potentissimo figlio di Cronos. 21 Ecco qual la sua testa immortale e la sua intelligenza. 22 Il suo corpo brillante come il fuoco, immenso, incrollabile. 23 stato costruito intrepido, robusto, molto potente e inamovibile. 24 Le spalle del dio, il suo petto, lampia schiena, 25 laria molto potente, e sulle spalle gli hanno messo delle ali, 26 grazie alle quali volteggia ovunque. Il suo santo ventre, 27 la terra, madre universale, e le cime elevate delle montagne. 28 Al centro del suo corpo, vi sono le onde del mare dal boato profondo; 29 e pi in basso i suoi fondamenti, sono le radici allinterno della terra, 30 il vasto Tartaro, i limiti estremi della terra. 31 Dopo aver nascosto tutto questo, di nuovo Zeus, per ricondurlo alla luce che d gioia, 32 doveva, con unoperazione meravigliosa, trarlo dal suo cuore". (OF 168) Fanes il principio di ogni cosa, ma da lui non derivano in effetti che esseri divini e labbozzo di un ordine universale, in cui tali esseri divini trovano ad un tempo un luogo ed un campo di azione. In compenso, lazione di Zeus deve svilupparsi su un piano puramente cosmologico, come insegna la Notte al suo pronipote (OF 164, 166). Cos si spiega infine il fatto che, nellinno citato, ad ogni parte del corpo di Zeus corrisponda una parte del mondo sensibile. Zeus sostituisce dunque, sul piano della cosmologia, lazione di Fanes, al quale la terza versione della Teogonia orfica attribuisce il nome di Zeus (OF 54). Ecco perch la descrizione di Zeus, nellinno a lui dedicato, corrisponde, mutatis mutandis, a quella di Fanes. Identica a quella del primo dio, lazione di Zeus trova la sua origine nellunit assoluta che perfettamente esprime il cerchio, o, meglio, la sfera, e in cui la fusione degli opposti conseguenza necessaria. Zeus contemporaneamente primo/ultimo, testa/centro, maschio/femmina, cielo/terra. Dal momento che egli il generatore e il re di tutte le cose del mondo sensibile, potremmo dire che la sua bisessualit naturalmente manifesta. Identificandosi a Fanes, Zeus deve identificarsi anche ad Eros. Il verso 9 dellinno a Zeus lo conferma. Per Proclo, lidentificazione di Zeus con Eros esprime il potere unificante del quinto sovrano (OF 168). Zeus, nel quale coincidono tutti i contrari, assicura al di fuori di s, in qualit di Eros, lunit indispensabile al mantenimento della coesione dei diversi elementi costituenti il mondo sensibile. E anche se ci non viene esplicitamente espresso possiamo, per inferenza, affermare che Zeus si identifica a Protogenia. Dallinizio dellinno, Zeus, che ha appena ingoiato Erikpaios-Protogenia (OF 167) assume la qualifica di "primo" (OF 168). In compenso lidentificazione di Zeus con Metide assolutamente esplicita (OF 168, 170, 184). Ogni volta, Metide viene associata ad Eros, rappresentando lintelligenza pratica che, in qualche modo, tesse i legami richiesti dallamore. E nel verso 9 dellinno, Metide, entit femminile, viene qualificata come "primo generatore".

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Da cui, attraverso Metide, una riaffermazione della bisessualit di Zeus. Infine, Zeus, che lingoia (OF 167), si identifica ad Erikpaios (OF 170). Poich, proprio come Fanes, Eros, Protogenia, Metide ed Erikpaios ai quali si identifica incorporandoli, Zeus realizza in se stesso la fusione di tutti gli opposti, ivi compresa e prima di tutto la fusione dei sessi maschio e femmina Zeus in grado di costituire il mondo sensibile, stabilendo, tra gli elementi che lo compongono, una giusta distanza in cui si equilibrano unione e divisione. Con Dioniso, a cui, anche se ancora un fanciullo, Zeus, di sua piena volont, trasmette il suo scettro (OF 207, 208), lantropogonia prende il posto della cosmogonia. Dalle ceneri dei Titani, fulminati da Zeus per aver ucciso, smembrato, cotto e mangiato Dioniso, nascono gli uomini, la cui origine duplice: una parte viene da Dioniso e laltra dai Titani. La madre di Dioniso Demetra che svolge, nei confronti di Zeus, lo stesso ruolo della Notte nei riguardi di Fanes: da un lato ne la madre con il nome di Rea, dallaltra la sorella, la moglie e la figlia con il nome di Core (OF 59). Infatti, la divinit designata con questi tre nomi: Demetra, Core e Rea rappresenta la parte femminile di Zeus, principio di tutto ci che viene dopo di lui. In questa prospettiva, lidentificazione di Dioniso con Zeus va da s (OF 170). E siccome, da parte sua, Zeus si identifica a Fanes e quindi ad Eros, Protogenia, Metide ed Erikpaios, ne segue che anche Dioniso si identifica a tutte queste divinit. Anche il sesto re dovrebbe essere dotato di tutti gli attributi che appartengono a questi e, in particolare, della bisessualit. Ma non troviamo niente di esplicito al riguardo, e neanche rispetto alla possibilit di una congiunzione, nella persona di Dioniso, della fine e dellinizio di questo movimento ciclico di cui abbiamo appena descritto le tappe fondamentali. La bisessualit, dunque, nellorfismo svolge proprio un ruolo costante e determinante. Sia prima delluovo con Cronos, che dopo luovo con Fanes, origine di tutti gli dei, con Zeus origine di tutte le cose sensibili e con Dioniso origine di tutti gli uomini, ogni principio realizza in s stesso questa coincidenza dei contrari e in particolare quella dei sessi a partire dalla quale si innesca questo movimento di scissione sempre pi elaborato nel quale consiste ogni "creazione" e che deve portare allinstaurazione, tra gli elementi dinsieme considerati di volta in volta, di una considerevole distanza, in cui unione e divisione si equilibrino. In definitiva, linterpretazione generale di Platone, proposta da un neoplatonico come Proclo, riposa sul postulato secondo il quale esiste unarmonia prestabilita tra la "teologia" che troviamo nei dialoghi di Platone, quella che ci stata trasmessa da Omero ed Esiodo, e quella che ci stata tramandata attraverso le Rapsodie orfiche e gli Oracoli caldaici. Ad ognuna di queste "teologie", Proclo ha dedicato unopera: la Teologia platonica, unica opera pervenutaci nella sua quasi totalit, il Commento alle Opere e i giorni di Esiodo, la Teologia orfica e il Commento agli Oracoli caldaici. In questa dichiarazione: "Se fossi stato il maestro, non avrei lasciato in circolazione, di tutti i testi antichi, che gli Oracoli (caldaici) e il Timeo" riportata da Marinus a conclusione della Vita di Proclo ( 38 fine, 170. 13-14), Proclo indica chiaramente quale gerarchia stabilisse tra queste teologie. Della raccolta di Oracoli caldaici, che la tradizione attribuisce ad un autore di nome Giuliano, del quale difficile sapere se si tratti di Giuliano il Caldeo o di suo figlio Giuliano il Teurgo che visse verso la fine del II secolo d.C., non restano pi che dei frammenti, che lasciano supporre una dottrina molto simile a quella di Numenio, pur lasciando aperta la questione della priorit delluna sullaltra(62). Daltronde, Michel Tardieu ha ripreso, adattandola, lipotesi di Wilhelm Kroll, secondo la quale gli Oracoli caldaici affondano radici nel contesto dottrinario che vide lapparizione dello gnosticismo sebbene escluda ogni rapporto di filiazione(63). La cosa tanto pi interessante in quanto la bisessualit in certi trattati gnostici gioca un ruolo considerevole, e in particolare nel quinto trattato del codice II scoperto vicino Nag-Hammadi. Questo scritto, datato agli anni 330-340 d.C. da un punto di vista paleografico, ma il cui contenuto risalirebbe, essenzialmente, alla seconda met del II secolo d.C., sviluppa una teo-cosmo-antropogonia che appare un tentativo di sintesi tra il giudaismo e la religione popolare di un Egitto in cui linfluenza greca era determinante. Come spiega Michel Tardieu, che ha tradotto e commentato questo trattato(64): "I tre tempi delle costruzioni dogmatiche del giudeo-cristianesimo o del giudeo-ellenismo, vi sono evidenziati nettamente: al tempo cosmogonico, in cui dei, uomini e bestie vivono insieme ed in cui gli dei combattono per la sovranit, succede il tempo attuale, intermedio e confuso, in cui luomo se-parato ad un tempo dagli dei e dagli animali, elabora il sistema degli scambi e delle comunicazioni; a questi due tempi ne succede un terzo, lanti-tempo escatologico o meta-storia, nel corso del quale termina la confusione del

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mondo attuale. Allora gli uomini tornano al loro punto di partenza, alla sfera primordiale, recuperati sia dal divino (salvezza riuscita) sia dalla efferatezza infernale (dannazione), in entrambi i casi dalla nonumanit. La sistemazione di questi tre tempi costituisce il disegno del mito dogmatico contenuto nel V trattato". (Michel Tardieu, Tre Miti gnostici, op. cit., pagg. 49-50). Naturalmente la bisessualit si manifesta nel tempo "cosmogonico", in cui prendono posto una teogonia ed unantropogonia. Il sesso delle prime otto entit ivi compreso quello della Pistis Sophia che intervengono nella teogonia non precisato. In compenso, il demiurgo Jaldabaoth bisessuato (NH II 5, 148.7). Da lui nascono sei arconti, bisessuati anchessi (NH II 5, 149.11, 24 segg.). Occupando i sette cieli, Jaldabaoth ed i suoi figli sono infatti le divinit planetarie che presiedono ai sette giorni della settimana. Contro Pistis Sophia, Jaldabaoth commetter un duplice atto dempiet, le cui conseguenze saranno decisive. Per punire Jaldabaoth del suo primo atto dempiet, Pistis Sophia accorda a Sabaoth, uno dei figli del demiurgo, la sovranit. Jaldabaoth replica creando la morte, che bisessuata (NH II 5, 154.28) e che prende, nel cielo arcontico, il posto lasciato vacante da Sabaoth. A sua volta, la morte crea un settenario di vizi, tutti bisessuati (NH Il 5, 154.29) ognuno dei quali crea un settenario di demoni bisessuati (NH II 5, 155.1). In risposta, Sabaoth, unito a Sophia-Zoe, crea un settenario di virt bisessuate (NH II 5, 155.6) dalle quali emanano spiriti buoni e innocenti in quantit. A questo primo atto dempiet che aveva inaugurato una cosmo-teogonia, ne succede un altro che inaugura lantropogonia. Questa antropogonia, che si sviluppa in due tappe il ciclo di Adamo e il ciclo di Eros trova la sua conclusione nel ciclo della Fenice che ricapitola i dati essenziali dei tre momenti del tempo. Il ciclo di Adamo comprende tre sequenze disposte una dietro laltra: lAdamo pneumatico, lAdamo psichico e lAdamo terrestre. Appena Jaldabaoth dichiara: "Se qualcuno preesiste a me stesso, che si manifesti affinch possiamo vedere la sua luce" (NH II 5, 156.1-2), appare il primo Adamo sotto forma di una luce proveniente dallogdoade primordiale. Complemento di Jaldabaoth, Pronoia si innamora di questa luce. Desiderando lunione con lAdamo-luce, Pronoia si impadronisce di un po di luce e la diffonde sulla terra; da questi raggi luminosi nasce Eros, la cui bisessualit viene affermata insistentemente (NH II 5, 157.1 segg.), che presiede alla funzione sessuale (NH II 5, 157-19 - 158.1). Dopo aver trascorso due giorni sulla terra, lAdamo-luce vuole risalire verso la sua fonte luminosa. Ma la cosa impossibile. I sette arconti si burlano di lui e decidono di creare un uomo a loro somiglianza. Sophia-Zoe, precedendoli, crea allora lAdamo psichico, chiamato anche Eva o Afrodite, da cui il suo rapporto con la bisessualit (NH II 5, 161.12 segg.). Lottavo giorno si manifesta lAdamo terrestre, il quale cos creato. Il sesto giorno, i sette arconti gettano la loro semenza nel mezzo dellombelico della terra, poi foggiano un uomo: Jaldabaoth produce il midollo e il cervello, mentre gli altri arconti si incaricano del resto del corpo. Ma Sophia-Zoe che d il soffio, cio lanima, ad un Adamo effigiato nellimmobilit della terra; Adamo allora pu muoversi, ma non riesce ad alzarsi. Trascorre il settimo giorno, quello del riposo. Viene lottavo, nel corso del quale lEva primordiale, figlia di Sophia-Zoe, risveglia Adamo che pu muoversi. Quindi ha luogo lepisodio della tentazione, della caduta e dellespulsione dal paradiso. In questo paradiso, Eros, nato il primo giorno dallAdamo-luce, presiede al mondo vegetale e minerale (NH II 5, 157.1 - 159.28). E il redattore conclude la parte del suo trattato relativa ai tempi cosmogonici ricordando gli animali che, molto verosimilmente, apparvero il quinto giorno: luccello Fenice, i serpenti e due torri, tre simboli "egizi" del paradiso (NH II 5, 169.35 - 171.2) che evocano la soteriologia e lescatologia. In particolare il caso della Fenice. Paragonata al triplo Adamo ed al triplo battesimo pneumatico, con il fuoco e con lacqua la tripla Fenice quella immortale, quella che vive mille anni e quella che viene distrutta la sintesi dei tre tempi cosmogonico, storico ed escatologico citati sopra. Perch, come vedremo in seguito, questo uccello straordinario, che bisessuato, costituisce un simbolo di resurrezione. Negli Oracoli caldaici, ma in modo frammentario questa volta, ritroviamo questo rapporto privilegiato della bisessualit con gli esseri originari. Gli Oracoli caldaici, alla sommit della loro gerarchia divina, collocano il primo Nous (Intelletto). Questo dio trascendente, avviluppato nel silenzio, viene qualificato, ad un tempo padre (OC 25) e madre (OC 30), ed lui che origina se stesso, e da cui tutto procede: "Quando ebbe concepito le sue opere effettivamente, lIntelletto (Nous) paterno nato da se medesimo insemin del tutto i pesanti legami del fuoco dellAmore (Eros), perch la totalit delle cose continuasse, in un tempo infinito, ad amare e non crollasse tutto ci che la luce intellettiva del Padre aveva tessuto: grazie a questo amore che gli elementi del mondo continuano il loro corso". (OC 39)

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A questo primo Nous, da cui dipende il mondo intellegibile, se ne aggiunge un altro che corrisponde al demiurgo del mondo sensibile in cui si manifesta un terzo Nous che sarebbe quello dellAnima del mondo. Tutti questi punti hanno dato luogo a controversie che permangono tuttora. Da cui la difficolt di farsi unidea esatta di questa dottrina in cui la bisessualit potrebbe svolgere un ruolo ben pi importante di quello che abbiamo appena indicato. Infatti, Proclo paragona continuamente le Rapsodie orfiche agli Oracoli caldaici(65) che, a loro volta, presentano molte similitudini con il Corpus ennetico(66). La raccolta di dialoghi noti con il nome di Corpus Hermeticum si colloca tra il 100 e il 300 della nostra era, anche se affonda le sue radici in una tradizione che potrebbe risalire al secondo sec. a.C.. Contiene pochi elementi egizi. Le idee che vi sono esposte sono quelle di un pensiero greco sincretico in cui si intrecciano platonismo, aristotelismo e stoicismo. Vi si scorgono tracce di giudaismo e perfino di una letteratura religiosa che prende origini in Iran; in compenso, non vi sono tracce di influenze neoplatoniche e cristiane. Uno dei testi pi importanti di questo corpus riporta una rivelazione fatta da Ermete Trismegisto cio il dio egiziano Thoth, scriba degli dei e divinit della saggezza, che i greci identificavano al loro Ermete e al quale davano lappellativo di Trismegisto "Tre volte grande" nel Pimandro (il Pastore degli uomini). Questa rivelazione propriamente detta ( 4-26) descrive successivamente una cosmogonia ( 4-11), unantropogonia ( 12-23) e unescatologia ( 24-26). Nel primo Nous, che il Padre, si forma allinizio il mondo luminoso delle Potenze, cio il mondo intellegibile, archetipo del mondo sensibile ( 4-8), che viene creato dal secondo Nous. Figlio del primo, questo Nous che svolge il ruolo di demiurgo, produce i corpi celesti ( 9) e la vita animale ( 10-11). Ecco come viene descritta la generazione dei sette Governatori del mondo sensibile ossia dei sette pianeti (Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio, il Sole e la Luna) ad opera del secondo Nous, figlio del primo qualificato "maschio-e-femmina": "Ora, il Nous Dio, essendo maschio-e-femmina, esistendo come vita e luce, partor con una parola un secondo Nous demiurgo che, essendo dio del fuoco e del soffio, foggi i Governatori, sette di numero, che avviluppano nei loro cerchi il mondo sensibile; e il loro governo si chiama Destino". (CH I, 9) E il movimento circolare di tali corpi celesti permette lesistenza di animali privi di ragione che, come vedremo in seguito, sono, per un certo periodo, dotati di due sessi. La nascita delluomo avviene in tre tappe. Il primo Nous genera luomo archetipo, immagine del Padre, che, a somiglianza del suo modello bisessuato (I, 15.6). La Natura si invaghisce allora dellUomo, il quale si invaghisce della sua immagine riflessa in lei; cosa che spiega la sua caduta dal mondo intellegibile al mondo sensibile. Da qui segue che luomo doppio: mortale nel corpo e immortale nellanima; ad un tempo schiavo e maestro del Destino retto dai corpi celesti. Fecondata dallUomo, la Natura partorisce subito sette uomini terrestri maschi-e-femmine corrispondenti ai sette pianeti, anchessi maschi-e-femmine (I, 16.8). Tutti gli esseri del mondo sensibile permangono in questo stato fino alla fine di un periodo indeterminato. Allora uomini e bestie vengono divisi in maschi e femmine; e si genereranno a seguito di ununione sessuale. "Adesso ascolta il punto che tu brami intendere. Questo periodo, una volta finito del tutto il legame che univa ogni cosa, fu stremato dalla volont di Dio. Perch tutti gli animali che, fin qui, erano ad un tempo maschi-e-femmine furono separati in due contemporaneamente alluomo, e divennero gli uni maschi da una parte, gli altri femmine dallaltra. Subito Dio disse una parola santa: "Accoppiatevi accrescendovi e moltiplicatevi in moltitudine, tutti voi, che siete stati creati e fatti. E colui che ha lintelletto si riconosca come immortale, e sappia che la causa della morte lamore, e conosca tutti gli esseri". (CH 1,18). superfluo ricordare che, in questo caso come in quelli citati sopra, la bisessualit propria degli esseri originari: dei, uomini, bestie, a partire dai quali si operano tutte le distinzioni fondamentali, ivi compresa quella dei sessi. Trattati gnostici, Oracoli caldaici e trattati ermetici presentano lun con laltro delle rassomiglianze sorprendenti. Tale fenomeno non sembra tanto dover essere spiegato con un prestito diretto quanto con una dipendenza da bisogni analoghi e con un riferimento ad uno stesso fondo intellettuale caratterizzato da un vasto sincretismo, in cui il pensiero greco, pur rimanendo dominante, subisce numerose influenze straniere: egiziana, iraniana e, soprattutto ebraica. In questo contesto, la creazione si realizza generalmente
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in due tappe: creazione del mondo intellegibile, poi creazione a sua immagine del mondo sensibile. In particolare ci permette di spiegare il fatto che nella Genesi (I, 27 e II, 7-22) ci siano due versioni della creazione delluomo. Il promotore di questa idea sembra sia stato Filone dAlessandria (De opificio mundi, 69 e segg.) che distingue luomo creato con la terra, composto da un corpo e da unanima, maschio o femmina e mortale (Gen. II, 7-22) dal suo modello, luomo creato ad immagine di Dio (Gen. I, 27) che, riunendo in s i due sessi come le due specie che derivano dallo stesso genere, non , di fatto, n maschio n femmina. Presso i Padri della Chiesa, tale interpretazione subir una serie di profonde modifiche(67). Dalla filosofia e dalla teologia in cui si combinano le tradizioni giudaico-cristiane e greche, si ritorna allantichit, per quanto concerne la bisessualit, alla mitologia greco-latina propriamente detta con la figura della Fenice(68). Nellantica Grecia, il primo autore che parla della Fenice, favoloso uccello, originario dellEtiopia ed il cui mito legato al culto del Sole in Egitto, Erodoto (II, 73); in seguito, poeti, mitografi, astrologi e naturalisti hanno precisato una quantit di dettagli sulluccello del fuoco. Ma fu nel IV secolo d.C. che il mito della Fenice conobbe la sua maggiore popolarit nel mondo greco-romano. Allora, infatti, apparvero delle opere a lei interamente dedicate. Lattanzio e Claudiano composero, entrambi, un poema in suo onore. Allinizio del Basso Impero, una serie di circostanze contribuiscono a restituire attualit a questo mito, tributario di concezioni astrologiche, scientifiche e religiose. LImpero, impegnato a risollevarsi dalla decadenza politica e sociale in cui versava, faceva della Fenice un simbolo di continuit e di rinnovamento. Daltronde, i cristiani vedevano in questo mito onorato dai pagani, un argomento ad hominem in favore della resurrezione: quella del Cristo e quella della carne. Laspetto generale della Fenice quello di unaquila di considerevole grandezza ed il cui piumaggio si fregia dei colori pi belli: rosso fuoco, azzurro chiaro, porpora ed oro. Generalmente sono tutti concordi nellaffermare che visse in Etiopia, durante un periodo di tempo che, a seconda degli autori, varia tra 500, 1461 e perfino 12954 anni. Quando la Fenice sente giungere la fine della sua esistenza, raccoglie delle piante aromatiche e dellincenso per costruirsi una specie di nido, che sar ad un tempo la sua tomba e la sua culla, perch, unica nella sua specie, la Fenice non pu riprodursi che rinascendo. Secondo alcuni autori, luccello d fuoco al nido sul quale riposa, e dalle ceneri di questo rogo profumato sorge una nuova Fenice. Secondo altri, la Fenice muore nel suo nido che ha, precedentemente, impregnato della sua semenza. Allora, nasce una nuova Fenice, che raccoglie il cadavere di suo padre e lo porta ad Eliopoli per farlo ivi bruciare dai sacerdoti del Sole sullaltare del dio. Terminata la cerimonia o subito dopo la sua rinascita, luccello ritorna in Etiopia per un altro periodo di tempo [Spesso per gli alchimisti lEtiopia indica lOpera al nero n.d.t.]. Si capisce quindi come la durata della vita della Fenice sia stata paragonata a quella del "grande anno". Inoltre, sembra assolutamente naturale che la Fenice, di per se stessa principio e fine in una serie infinita di cicli, sia un essere bisessuato: "O destino fortunato! O trapasso felice Che dio concece alluccello di nascere da se stesso! Chegli sia maschio o femmina o anche n luno n laltra, Felice essere, che ignora i legami di Venere! La sua Venere, la morte; la morte, il suo unico amore: Per poter nascere, aspira a morire. figlio di se stesso, suo discendente, suo padre. ad un tempo nutrice e nutrito; lui e non lui, lo stesso e non lo stessa, Conquistando con la morte una vita eterna". (Lattanzio, Poema sulla Fenice 161-170) Ora, sembra che, proprio sotto il profilo della bisessualit, Levio, autore di un Pterygion Phoenicis, pot stabilire un rapporto tra la Fenice ed una Venere maschio o Afrodite che Filocore nel suo Atthis assimilava alla luna, come abbiamo visto maschio e femmina ad un tempo. Ecco cosa racconta Macrobio, in proposito, nei Saturnali: "C di pi: a Cipro, ella (Venere) ha una statua in cui rappresentata con il corpo peloso, ma in abiti femminili, con un fallo e delle parti virili, e si pensa che sia ad un tempo maschio e femmina. Aristofane la chiama Aphroditos (Fram. 702 Hall-Geldart). Levio dice anche: "Quindi adorano Venere il fecondo, che maschio e femmina, come la feconda Noctiluca (Colei che illumina la notte la Luna)". Anche Filocore, nel suo Atthis, dice che si confonde con la luna e che, per offrirle sacrifici, gli
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uomini si vestono da donne e le donne da uomini, perch ritenuta contemporaneamente maschio e femmina". (Macrobio, Saturnales III, 8, 2-3) Ritroviamo qui, dei temi ben noti. In quasi tutti i casi esaminati fin qui, la bisessualit si manifestava nella simultaneit. Erano dotati di due sessi per volta gli esseri che svolgevano il ruolo di principi o di archetipi, a partire dai quali si operavano divisioni, distinzioni, separazioni indissociabili da un aggruppamento, da una identit e da unione complementare che assicurasse una distanza conveniente tra gli elementi che intervengono nellordine attuale delle cose. Altri esseri sono affetti da una bisessualit che, in questo caso, prende corpo solo nella successione temporale: gli stessi esseri sono talvolta maschi e talaltra femmine, o viceversa. Una bisessualit di questo tipo, non riferendosi ad una definizione del ruolo sociale di uomo e di donna come in certi casi citati sopra, caratterizza non lorigine, ma la mediazione. In questo campo, lesempio pi interessante , incontestabilmente, Tiresia, lindovino. Ci sono pervenute tre versioni del mito di Tiresia(69). La prima, che comprende tredici varianti, si compone di due episodi. Nel primo, Tiresia incontra una coppia di serpenti in atto di copulare e viene cambiato prima in donna per aver aggredito la femmina, poi in uomo, per aver, dopo un certo lasso di tempo, aggredito il maschio. Nel secondo episodio, Tiresia, proprio per la sua esperienza dei due sessi, viene scelto come giudice da Zeus e da Era che discutono per sapere chi, delluomo o della donna, provi maggior piacere nellatto sessuale; a loro risponde che, il godimento della donna nove volte superiore a quello delluomo. Incollerita da questa risposta, Era acceca Tiresia. Ma, per compensarlo, Zeus regala allo sfortunato il potere divinatorio e una lunga vita. La seconda versione, che comprende quatto varianti, si compone di un solo episodio. Tiresia viene accecato da Atena, per averla sorpresa, nuda, al bagno. Ma, sensibile alle suppliche della sua compagna Cariclo, madre di Tiresia, Atena per compensarlo, gli fa dono del potere divinatorio, di una vita lunga, della facolt di conservare i sensi e la ragione dopo la morte, e di un bastone. Infine, la terza versione, che comprende una sola variante e che, con molte probabilit, opera di un noto mistificatore Tolomeo Cenno, che provava un piacere maligno nel trasformare i miti famosi. Questa si compone di sette episodi, nel corso dei quali Tiresia super, incarnando successivamente il sesso maschile e quelle femminile, le sette et della vita, per concludere la sua esistenza trasformato in topo, animale imparentato ad Apollo, e il cui comportamento era considerato, nellantica Grecia, particolarmente divinatorio. Tiresia, prima di tutto, deve essere considerato un mediatore, poich trascende tutta una serie di opposizioni fondamentali, apparentemente irriducibili. In quanto indovino, Tiresia stabilisce un legame tra il mondo degli dei e quello degli uomini, e tra passato, presente e futuro; poich capisce il significato del comportamento e del linguaggio degli uccelli, messaggeri degli dei, congiunge in qualche modo il cielo alla terra; e poich nel presente sa a cosa attenersi su ci che realmente accaduto in passato e su ci che effettivamente avr luogo in futuro, sostituisce, nel corso del tempo, la discontinuit con la continuit adottando, cos, il punto di vista degli dei. Essendo stato partecipe dei due sessi, Tiresia ha avuto esperienza della condizione maschile e di quella femminile, in cui risiede la distinzione pi comune e pi essenziale del genere umano; ecco perch, daltronde, Zeus ed Era lo interpellano come giudice, funzione mediatrice per eccellenza, a proposito della loro controversia sullentit del piacere sessuale provato dalluno e dallaltro sesso. Inoltre, poich la sua vita si estende alle sette gene-razioni della casa reale di Tebe, Tiresia pu svolgere il ruolo di mediatore che rivela, in particolare ad Edipo, i veri legami tra le generazioni; daltronde tale longevit si accorda perfettamente con la sua condizione di indovino, in quanto mediatore tra gli dei e gli uomini, Tiresia, pur rimanendo mortale, partecipa dellimmortalit che caratterizza gli dei. Infine, poich il solo essere umano a conservare i sensi e la ragione dopo la morte, Tiresia si colloca in uno stadio intermedio tra la vita e la morte. A Tiresia, bisogna riallacciare gli Enareti di cui fa menzione Erodoto (I, 105; IV, 67). Questi divini Sciiti ebbero da Afrodite Urania il dono divinatorio, indissociabile dallandroginia con cui la dea li colp, loro ed i loro discendenti, per punirli di un sacrilegio che avevano commesso contro uno dei suoi templi in Siria, e che il trattato ippocratico Dellaria, delle acque e dei luoghi (106-110) cerca di spiegare razionalmente. Sembra proprio che si debba ricondurre la bisessualit degli Enareti alla loro condizione di indovini(70). Quali conclusioni trarre chiudendo questo dossier, che rimane incompleto? In tutti i casi esaminati, un essere che abbia entrambi i sessi rivela la sua posizione in rapporto allinsieme delle coppie di opposti che intersecano la struttura del reale. In tale prospettiva, si impone una distinzione fondamentale tra la bises102

sualit simultanea e la bisessualit successiva. La bisessualit simultanea appannaggio degli esseri che svolgono il ruolo di principi o di archetipi. Poich instaurano linsieme delle opposizioni che costituiranno larmatura della realt, gli esseri che giocano il ruolo di principi devono collocarsi al di qua di tali opposizioni. Ecco perch sono dotati in particolare dei due sessi. In seguito, al loro livello, la generazione si opera non per mezzo della mediazione di ununione sessuale indissolubile da una divisione preliminare dei sessi, ma attraverso un processo simile alla scissiparit e che si realizza in una serie di unioni incestuose, in quanto la loro parte maschile si dissocia da e si unisce alla loro parte femminile, ad un tempo loro madre, sorella e figlia per generare il rimanente degli esseri. Daltronde, gli esseri che svolgono il ruolo di archetipi, uomini o animali, si trovano in qualche modo nella stessa posizione rivestita dal genere in relazione alle sue specie. Anchessi possono essere dotati di attributi che, in seguito, si riveleranno essere, in quanto differenze specifiche, i poli di una opposizione irriducibile. Anche in questo caso, la generazione non pu avvenire attraverso lunione sessuale: avere luno e laltro sesso equivale a non avere n luno n laltro. La bisessualit successiva, daltronde, caratterizza degli esseri che sono essenzialmente dei mediatori poich, per stabilire una relazione veritiera e duratura tra degli opposti, bisogna partecipare delluno e dellaltro. Da ci deriva che una relazione di questo tipo equivale, solo fino ad un certo punto, ad un ritorno alle origini nel quadro della successione temporale. In un contesto completamente diverso, un cambiamento di sesso pu anche essere interpretato, nellantica Grecia almeno, come una contestazione dello stato sociale di uomo e di donna, la ragazza che si rifiuta al matrimonio divenendo un guerriero "impenetrabile" e luomo, che si mostrato vile in combattimento, vedendosi perci assimilato ad una donna. Ecco, dunque, il quadro generale in cui devono essere collocate le seguenti descrizioni dei miti relativi alla bisessualit. Dissociati gli uni dagli altri, questi miti possono apparire sconcertanti. Ma correlati tra loro, esprimono delle rappresentazioni e delle speranze che rispettano alcune regole derivanti dalletica e perfino dalla logica. Cos si spiega limportanza che il tema della bisessualit rivest nel mondo greco-romano e, soprattutto, nel neoplatonismo. Al di l del carattere artificiale che presenta, presso i neoplatonici, la ricerca sistematica di unarmonia prestabilita tra le differenti teologie (quelle degli Oracoli caldaici, dellorfismo, di Esiodo e di Omero) e la teologia nella quale, di per s, consiste, in ultima analisi, la filosofia di Platone, emerge una sensazione che potrebbe essere condivisa da molti contemporanei. Non assurdo pensare che la filosofia, come la concep Platone e di cui i neoplatonici sono gli ultimi rappresentanti, trasponga in tuttaltra forma e in tuttaltro contesto un insieme di temi precedentemente sviluppati nella mitologia greca. Nel momento in cui quella va spegnendosi, la filosofia greca ritorna sulle sue origini attuando una vera archeologia del sapere che tenta disperatamente di trasmettere.

Ermete Trismegisto e gli emblemi ermetico-geroglifici nei secoli XV-XVIII


Perch importante penetrare il significato dei simboli. Una adeguata comprensione critica dell'accostamento 'arte/alchimia' stata effettuata solo da tempi relativamente recenti, coincidente con la pubblicazione di un testo fondamentale che "Psicologia e Alchimia", uscito nel 1944 e tradotto in lingua italiana solo nel 1950.L'autore quel Karl Gustav Jung che, pur non mettendo in stretta relazione le due cose, riscontrava "le analogie dell'immaginario alchemico con l'inconscio collettivo"(71), contrappondendolo all'inconscio individuale esplorato in chiave del tutto diversa da Freud. ipotizzabile, quindi, l'esitenza di determinati archetipi, sopiti nel nostro inconscio collettivo di 'umanit', momenti e simboli ricorrenti nell'immaginazione, dal mito all'arte. Fu tuttavia solo negli anni '60 che questo campo venne ulteriormente indagato, ad opera soprattutto di italiani. I Filosofi o Alchimisti si sono sempre compiaciuti di celare nelle Poesie, nelle Favole, nelle Opere Musicali, i segreti del Magistero Alchemico. Tutta questa componente di mistero e di occultazione, dovuta principalmente al fatto che l'alchimista ricerca la decifrazione e la conoscenza delle Leggi della Natura, delle norme che la regolano, che la trasmutano, in quell'incessante flusso che va dall'Uno al Molteplice e viceversa. Il pi Grande Mistero dell'Uomo e del senso della vita. Per fare questo, egli ha fatto ricorso ad un vocabolario espressivo che ha attraversato i millenni e che, in Occidente, risale per la maggior parte ed iconograficamente ai codici tardomedievali, che sono giunti fino ad oggi in varie copie compilate dai pazienti amanuensi.
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Trattati greci e siriaci molto antichi, probabilmente derivati da influssi Egizi, vennero tradotti dai filosofi e da studiosi Arabi che, nel XII secolo li diffusero in trattati alchemico-neoplatonici. Gli stessi che, nel XV secolo, giunsero poi in tutta Europa, soprattutto manoscritti egizio-ellenici (ad opera dei sapienti bizantini). La cultura classica e la 'branca' cristiana pi attenta all'esegesi simbolica delle Scritture, trasmisero a quella umanistica e rinascimentale la convinzione che l'antico Egitto costituisse un punto di riferimento indissociabile dalla genealogia delle conoscenze umane. In questo contesto assunse sempre maggiore spicco la figura di Ermete Trismegisto, il tre volte grande, considerato il padre fondatore del sapere e scriba degli di, per molti collegabile al dio egizio Toth, inventore dell'alfabeto, depositario di tutte le Conoscenze. Divenuto Ermete per i Greci e i Romani, che gli attribuivano l'invenzione delle arti e delle scienze, venne citato come autorit dottrinale anche da alcuni Padri della Chiesa come Tertulliano e Lattanzio, che lo defin "perfettamente dotato di ogni sapere". Ad Ermete Trismegisto, personaggio sospeso nel mistero del tempo, sacerdote, filosofo, legislatore, mago, alchimista (nel pavimento del duomo di Siena, dove la sua figura campeggia su una tarsia marmorea del 1482, scritto che egli fosse 'contemporaneo di Mos') ma pi di tutto un "semidio", si fa risalire un trattato chiamato "Corpus Hermeticum"(72) in realt collocabile tra il II e il III sec.d.C. (un tempo ritenuto molto pi antico), composto da 14 trattati che vennero diffusi in Europa grazie alla loro traduzione ad opera di Marsilio Ficino(73) negli anni 1463-64. il periodo in cui la magia, le scienze occulte, la riscoperta dei grandi filosofi dell'antichit vive un momento di grandissimo splendore. Ad Ermete viene attribuito anche un trattato-cult di tutta la Scienza Ermetica: la Tabula Smaragdina o Tavola di Smeraldo(74) costituita da 10 punti in cui tutti noi dovremmo trovare uno stimolo alla riflessione. La Tradizione narra che Ermete stesso incise le parole con la punta di un diamante sulla la-stra di smeraldo (verde). Cos come la leggiamo oggi, si pu dire che risale all'incirca al IX secolo, di matrice islamica redatta su fonti precedenti, e fu fatta circolare da personaggi dei quali si fanno i nomi pi svariati, a cominciare da Alessandro Magno, che ne sarebbe entrato in possesso tramite un suo soldato che l'avrebbe rinvenuta in una delle piramidi di Giza. Ma cos' l'ermetismo? Si differenzia dall'esoterismo? E dalla religione? Perch l'uomo porta con s una "Conoscenza", una "gnosi", da dove essa deriva? Chi gliel'ha data e perch tutte le Tradizioni l'hanno in comune? Vediamo di riflettere su queste cose, senza pretesa di riuscire a rispondere! Alla base di tutto c' il rapporto del 'sacro' con l'anima umana. Tutte le religioni si occupano di fondere questo connubbio dal momento che - conoscendo il sacro - l'essere umano pu trasformare s stesso in un essere spirituale e che oltre la materia esiste qualcosa di impalpabile e di indicibile, di immortale. Ma possiamo affermare che l'unit trascendentale delle religioni l'unit dell'esoterismo, il cui significato etimologico 'nascosto, segreto', cos come l'anima invisibile e interiore. L'esoterismo una dottrina, una Scienza che spiega i misteri dell'universo e i suoi fini e che articola due livelli di sapere, quello tasmesso oralmente (base della Tradizione, la Parola, il Verbo) e in maniera scritta (il Testo Sacro, che conserva i misteri occultandoli sotto un linguaggio ambiguo (decifrabile con un'apposita chiave di lettura), che va debitamente interpretato. L'esoterismo ha una vocazione universale e, in quanto 'gnosi', ha un linguaggio universale: sintetizza i simboli e i miti presenti in ogni Tempo, riunifica le religioni stesse in una comune Origine, che la Rivelazione primordiale. Dio, o gli di, l'hanno posseduta da sempre e i Profeti, i Maestri l'hanno portata avanti quale retaggio ancestrale. La comprensione non del tutto semplice di questo concetto porta l'uomo ad una profondissima riflessione interiore, in cui cercare la propria conoscenza e la propria natura 'divina', quel 'germe' che aspetta di crescere e fiorire dentro ognuno di noi. Socrate, il grande filosofo greco vissuto tra il 470/469 e il 399 a.C, ha rivelato la chiave della scienza delle corrispondenze: "Conosci te stesso e conoscerai l'universo degli dei". L'esoterismo comincia con l'origine delle razze, umane, con l'origine delle lingue, ha una storia ed una archeologia. Ha un suo linguaggio che, di volta in volta, stato codificato e cifrato nelle varie Culture e Civilt (geroglifici Egizi, lingua sanscrita, Cabala ebraica, araba, Testo Biblicoognuna conosce le chiavi di una linguistica del sacro, che traduce i messaggi ispirati). Cos gli di della mitologia "prendono forma" ovvero non sono pi - a questa luce - "delle semplici immagini ma proiezione di esperienze significative delle forze concepite direttamente nell'uomo, nella natura o nell'aldil" . L'unit dell'esoterismo risiede nella struttura sacra della natura umana, nel fatto di partire dalla concezione fondamentale che l'uomo una creatura divina, da un UNO proveniente e a Lui somigliante in tutto e per tutto. Chiamare 'Dio', UNO o 'Tutto', o 'Principio' questa 'struttura originaria' ininfluente ai
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fini della comprensione che esiste una Coscienza Superiore, alla quale ognuno pu arrivare attraverso l'iniziazione, la meditazione, l'ascesi... Ognuno deve volgersi a riscoprire ci che in ogni Tempo i Maestri, i Santi, i profeti ci conducono: la nostra 'riunficazione' con il Tutto, la fusione del microcosmo con il macrocosmo. La Rivelazione originale si perde nella notte dei tempi ed segnalata solo dal riferimento alle nomenclature mitologiche L'ermetismo o 'scienza di Ermete' (Trismegistos) miticamente riferito alla rivelazione del dio egizio Thot (ellenizzato in Ermete-Thot), divenuto un archetipo culturale del nome patronimico del Dio di tutte le iniziazioni. Cosa significa questo? Che un 'polo', come una calamita del nostro inconscio, che genera in noi (o dovrebbe generare) un ricordo, attirare una memoria simbolica vivente, un linguaggio, uno stile di pensiero. Per questo quando abbiamo parlato di alchimia abbiamo parlato di 'immaginazione', proprio perch si tratta di mentalit simbolica. Alchimia ed ermetismo sono coincidenti e in definitiva possiamo assimilare l'ermetismo con ogni forma di tradizione esoterica. Una curiosa analisi del termine "Ermete", ci dicono i Saggi, si riferisce al linguaggio propriamente detto: "hermeneus" equivale ad interprete, messaggero (ed Hermes era Mercurio per i Greci, il messaggero degli di), borsaiolo, commerciante e "che froda con le parole", cio colui che 'trama con la parola', che la padroneggia e simula agli altri, che non la comprendono per quella che realmente (il profano non capisce il linguaggio degli inziati) e non vanno oltre. Ermetismo, pertanto, inteso come funzione esoterica del linguaggio. L'ermetismo restituisce alla cultura il senso delle sue mitologie, delle metafore, delle allegorie religiose, ci apre l'accesso al mondo degli di e dei simboli. Ermete incarna il 'vecchio saggio', l'Archetipo cui si riferiva K.G.Jung. Dal XV e XVIII secolo, l'iconografia eremetica si arricchisce con immagini simboliche di provenienza sia neopagana rinascimentale sia da una sintesi proposta dai libri di emblemi e di imprese. Ma cosa indicano esattamente questi ultimi termini? Nel 1531 esce un lavoro, ad opera di Andrea Alciato(75), dal titolo "Emblemata" (Emblematum Liber), in cui compaiono per la prima volta questi 'accostamenti': da un lato c' una figura, un'immagine (chiamata "corpo") che ha valenza allegorica, dall'altro delle parole che esprimono un motto, (chiamate "anima"). Possono essere accompagnate da brevi frasi in versi o prosa che tentano di dare una spiegazione di tale accostamento. In genere sono costituiti da fini incisioni che le ornano (in genere sono conosciuti pi per queste ultime che per altro). LIntelligenza deve portare a superare lapparente dicotomia per rintracciarvi lintenzione simbolica unficatrice. Il prototipo degli "emblemata" pu farsi risalire agli "Hyerogliphica" di Horapollo, un trattato breve che risale ai primi secoli dopo Cristo, in cui vengono spiegati i geroglifici usati dagli Antichi Egizi in base al loro senso morale e simbolico, tramite una lettura ideografica e che giunse in Europa per mezzo di una copia acquistata nel 1419 nell'isola greca di Andro e da l portata a Firenze, dove inizi a destare notevole interesse nell'ambiente neoplatonico di Marsilio Ficino. Gli umanisti vi scorsero,infatti, la testimonianza di un linguaggio arcano in cui c'era un tramite tra l'immagine e la parola, che non potevano essere disgiunte. Si recuper la sacra Sapienza Egizia dopo che era caduta nell'oblo per quasi dieci secoli (l'ultimo tempio 'pagano in Egitto, a Philae, in cui perdurava il culto della dea Iside, fu chiuso nel 560 d.C. per ordine dell'Imperatore Giustiniano, che ne fece portare le statue del culto a Costantinopoli e incarcerare i sacerdoti presenti). La scrittura geroglifica ammette una frattura tra il senso primario di un testo religioso (fonetismo) e il suo significato profondo (il glifo inteso come simbolo vivente). La parola diventa quindi 'Sacra' (o il sacro si articola alla parola) e diventa simbolismo esoterico, ovvero comprensibile a colui che lo padroneggia, tanto che per tutti gli altri impenetrabile senza l'apposita chiave di lettura. J. Francois Champollion(76), nel suo Precis de systeme hieroglyphique: distinse infatti tre tipi diversi di scrittura del nome del Sovrano: fonetico, figurativo e simbolico. Gli Egizi adottavano una scrittura per i testi sacri e un'altra per i libri contabili, opportunamente celata dall'utilizzo di simboli che indicavano il significato divino (rivelazione, materia prima) della prima o il carattere materiale della seconda scrittura. Naturalmente possiamo ritenere che tutti gli antichi testi contengano una duplice chiave di lettura e di interpretazione (nell'inno 10.71 dei "Rig Veda"(77) sono riassunte le idee dei Rishi sul linguaggio: "La parola sacra un'invenzione degli antichi saggi...solo l'eletto chiamato a vedere. L'iniziazione passa da un apprendimento attraverso la lettura). Nel 1499 venne pubblicato a Venezia il pi celebre libro illustrato rinascimentale, opera di Francesco Colonna(78), dal titolo "Hypnerotomachia Poliphili", che nel 1600 venne ristampata a Parigi in una versione diversa firmata da Broalde de Verville(79), che intese rivelarne i contenuti alchemici(e che pare rifarsi ad
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un precedente lavoro di Jacques Kerver del 1546). Verso il 1540 Nostradamus(80) scrisse "Interpretation des hiroglyphes de Horapollo". La strada era ormai tracciata (dal '500 all'800 prolifereranno gli emblemi su base mitologico-pagana) e molti alchimisti si riferiranno nei loro scritti appunto a questi, nei quali il segno sacro diventa rappresentazione della presenza delle forze cosmiche, in cui sono insite le geometrie nascoste della Natura, con i suoi Numeri, Pesi e Misure. Nel 1588 viene pubblicata a Roma unopera, di Principio Fabrizi, intitolata "Delle allusioni et emblemi sopra la vita, opere et attioni di Gregorio XIII", in occasione della celebrazione del Papa. Le incisioni sono chiaramente di ispirazione pagano-alchemica. Nel 1612 viene stampato il primo grande trattato alchemico sui miti greci ed Egizi, "Arcana Arcanissima", dovuta ad un paracelsiano e rosacroce, medico e segretario privato dell'Imperatore alchmista Rodolfo II a Praga: Michael Maier(81) 1568-1622). In quest'opera l'autore colloca la mitologia pagana quale allegoria ermetica dell'Antica Scienza Alchemica, opera che diverr un caposaldo per tutti gli alchimisti dei tempi seguenti. Nel corso del 1600 vedono la luce altre opere fondamentali per l'iconografia ermetica: l'Atalanta Fugiens, sempre del Maier, costituita da cinquanta incisioni eseguite dal maestro tedesco Matthaus Merian il Vecchio, e il Viridarium Chymicum, di Daniel Stolcius(82), costituito da centosette incisioni. In essi, il concetto di 'emblema' comunemente inteso, viene 'trasferito' sul piano alchemico e alle varie fasi dell'opus alchemico e sul modo in cui procedere. Contemporaneamente anche molti scritti filosofici vengono recuperati o interpretati, segno che gli alchimisti vogliono discutere della loro scienza. Nel 1593 compare una Iconologia, di Cesare Ripa(83), che vedr la prima pubblicazione illustrata nel 1603, in cui vi sono schedate ed elencate varie figure cui potranno riferirsi stereotipatamente gli alchimisti seguenti, e nel 1686 appare un'opera costituita da incisioni in-folio, "Escalier des Sages ou la Philosophie des Anciens", composta da Barent Coenders van Helpen(84). Nel 1758 A. Joseph Pernety, compiler "Les fables egyptiennes et grecques dvoiles", lultimo e pi completo trattato sull'argomento, che gli era stato ispirato dall'opera di Mair, "Arcana Arcanissima". La cosa di fondamentale importanza che l'iconografia alchemica che compare nel primo '600, rappresenta la saldatura, di natura iconologica, di due basilari aspetti della cultura europea del 1400 e del 1500: la rivisitazione dei miti pagani e la ricerca filologica di stampo umanistico sulle immagini geroglifiche. Molti artisti rinascimentali, che respirarono questo clima, quantomeno furono attratti dall'Arte Regia, quando non si accostarono direttamente ad essa (i colori usati per molti dipinti furono preparati con procedimenti alchemici) ed intesero trasporne i contenuti occultandoli (a volte neanche troppo) nelle loro opere. Di questa visione e volont di trasmettere un messaggio preciso non si ancora tenuto debito conto, in quanto ancora poco indagato il significato alchemico contenuto in molti dipinti e sculture, che purtroppo vengono ancora viste dai pi attraverso un canale puramente estetico. Il momento della riflessione sul simbolo deve essere quello della conversione dello sguardo su s e sul mondo. Assistiamo attualmente ad unepoca in cui c molto bisogno di riconciliarsi con il S, inteso come Universo e le sue manifestazioni. Quindi, dobbiamo riuscire a trovare nei simboli la funzione unificatrice. Gli Antichi lo sapevano ed erano in grado di farlo vivere per armonizzare il grande con il piccolo, il Cielo con la Terra, lo Spirito con la Materia. Si pu ora citare un passo di Micheal Mirabail(85): "Il tempo unificatore del simbolo non ha mai disertato la temporalit dellesperienza umana, soggetta ai cicli evolutivi e non ripetitivi delle mitologie, nel momento stesso in cui crede, dopo il XIX secolo, di poter spezzare il modello ellitticco dellevoluzione a favore della storia lineare, sintomo della frattura tra significante e significato, tra senso e linguaggio, delle nostre culture schizofreniche".

Un principio, quattro elementi...


Secondo la Teoria generale alchemica, la materia grezza assimilabile al concetto di caos indifferenziato, materializzatosi in un liquore minerale nelle viscere della terra, considerata un organismo vivente quale Grande Madre che nutre e matura i minerali e i metalli generati nelle sue viscere. Questa sostanzaprincipio, eterica e semimaterializzata, viene chiamata simbolicamente Mercurio dei Saggi o dei Filosofi. Dal Mercurio dei Saggi derivano tutti i corpi dell'Universo, ed all'origine dei sette metalli primari, cos come la luce bianca origina i 7 colori del prisma, che si possono ridurre ancora alla luce bianca.
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Quindi, anche i sette metalli si possono 'ricondurre' al Mercurio dei Filosofi. Ai sette metalli corrispondono i sette pianeti dell'astronomia e dell'astrologia antica. Per gli alchimisti, tutta la creazione evolve verso la perfezione: i metalli verso l'oro, che rappresenta la forma pi nobile della loro specie, cos come l'uomo tende verso la divinizzazione. Da un lato l'uomo, estraendo il minerale dalla terra, arresta questo processo lentissimo di trasformazione, ma dall'altro (grazie al 'dono' che gli concesso da Dio) egli pu accelerare questo processo grazie alle virt della PIETRA. Variamente, alcuni teorizzano che per una causa imprecisa, ci fu qualcosa che blocc l'evoluzione dei minerali, cos come l'uomo sub la 'caduta' simboleggiata dalla cacciata dall'EDEN e si allontan dalla propria natura divina. L'alchimista viene allora inteso come colui che accelera il processo della Natura, restituendo l'Originaria Perfezione. Dalla divina Unit, avviene il passaggio alla molteplicit multiforme. Manifestazioni diverse della 'materia prima', cio del Mercurio dei Saggi, sono i 4 elementi: TERRA, ACQUA, ARIA, FUOCO trasmutabili, secondo gli alchimisti, gli uni negli altri. Il filosofo greco Empedocle osserva che l'intero mondo del divenire, la natura e gli universi sono generati dall'attivit di due principi divini, che ha chiamato con i termini simbolici di zolfo e mercurio, di opposta polarit i quali, a loro volta,attraverso l'azione del terzo principio, il sale, determinano l'incessante assemblarsi e dividersi dei 4 elementi primari. Terra-solidi; acqua-liquidi; aria-gas; fuoco-radiazione. Se di per s questa teoria irrazionale, ambigua e incongruente, si pu cercare di trovarvi una logica: il passaggio dalla terra (stato solido) all'acqua (stato liquido) all'aria (stato aereo, vaporoso) al fuoco (luce) segna le successive trasformazioni e 'sublimazioni' della materia che progressivamente si smaterializza fino a raggiungere l'eterea e luminosa consistenza della pietra filosofale.

Le due vie...
Partono dagli stessi principi. Esiste lArs brevis e lArs longa, comunemente definiti via breve e via lunga, oppure via secca e via umida. Tuttavia, nella simbologia ermetica, con via secca e via umida vengono anche indicati altri due procedimenti che sono propri della via lunga. E si riferiscono al tipo dilluminazione. Dio, ripetono i Maestri, procura la saggezza a chi gli sembra opportuno e la trasmette mediante lo Spirito Santo, Luce del mondo. Questa la via secca, cio senza particolari rivelazioni e, laboristicamente, i Testi parlano di forni ad alte temperature, crogioli di terra refrattaria o porcellana e tempi di lavorazione di settimane ( difficile e pericolosa). E'quella seguita da quasi tutti gli Adepti. Da un manoscritto del XVII sec., conservato presso la Biblioteca Civica di Trieste, Ms.2-27: Il Dragone alchemico inteso come paradigma dell'intera Arte: i tre simboli sopra le le tre teste del mostro ermetico indicano Mercurio, Zolfo e il Sale, i tre protagonisti della Via Secca o Breve (materia prima grezza, cavaliere armato e sale mediatore o Fuoco segreto). La via umida, invece, comprende la rivelazione totale, cio sia il campo spirituale sia fisico. Essa opera, praticamente, a basse temperature in vasi e utensili di vetro pirex, usando oro e 'mercurio' e con tempi di cozione lunghissimi (interi anni) e ininterrotti, secondo i 'sette regimi'. La trasparenza del vaso permette all'artista di poter seguire le molteplici trasformazioni e le variazioni della gamma cromatica del 'compost': nel matraccio, mantenuto a temperatura costante e moderata, si susseguono le fasi di intense colorazioni: il nero, il bianco, il giallo... la coda di pavone... il rosso della maturazione... Sotto il segno di Venere (simboleggiato in alto dalla dea dell'amore), si realizza l'unione alchmistica simboleggiata dalla coda di pavone (compresenza dei colori) e dalla musica ('armonia'). La figura del pavone equivalente a quella dell'arcobaleno.

Le operazioni alchemiche...
Si visto che il mezzo per rivitalizzare i minerali (e l'Uomo) il Fuoco Segreto; bisogna individuare quali sono le condizioni e i metodi per incorporare di fatto questa radiazione nei materiali iniziali. I Maestri ricordano che l'alchimia chiamata anche "Agricoltura Celeste" perch l'artista deve seguire la Natura e i suo cicli stagionali, solari e soprattutto lunari. Enigmaticamente, Atorene ci tramanda che le operazioni pi importanti "avranno dunque luogo con
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la Luna crescente, quanto pi essa vicina alla sua pienezza, preferibilmente con un cielo sereno...la Luna non soltanto l'evocazione della bellezza e la luce nell'immensit delle tenebre, essa costituisce anche un'emittente di onde. Cos, come i raggi catodici divengono raggi X riflettendosi su una placca di metallo, i possenti raggi solari hanno delle propriet molto diverse una volta che siano riflessi dal nostro satellite". Le stagioni sono buone a secondo del simbolismo. Pu essere il solstizio invernale, caro al Bambinello di Natale; il solstizio estivo con lemblematica figura di San Giovanni, battezzatore per eccellenza. Lautunno con la morte della natura e immagine della morte mistica; la primavera con il risveglio della natura e immagine del risveglio dellintelligenza o iniziatica. durante la notte ermetica (nostro buio) che si possono catturare o condensare le illuminazioni, che per necessitano della calma e purezza della psiche. Queste illuminazioni possono essere pi abbondanti soltanto nel mese di maggio, il mese della Madonna o del mercurio filosofico, cio nello stadio della terza operazione filosofale, quando stata realizzata la base del Magistero e la psiche non pi vittima di confusioni. Dopo i lavori preliminari, si affronta la Prima Opera, la separazione. Cos come in Genesi leggiamo "Dio vide che la luce era buona cosa e separ la luce dalle tenebre e chiam la luce giorno e le tenebre notte" (Genesi I, 4 - 5). Per giungere a questo, l'alchimista assiste all'attrazione dei 'tre protagonisti', al loro metaforico 'combattimento', alla loro calcinazione (separazione vera e propria del 'fisso' dal 'volatile', della luce dalle tenebre,dello spirito dalla materia). Allegoria ermetica, tratta dall' "Aurora Consurgens", del XIV-XVsec. (Biblioteca Centrale di Zurigo, codex rhenovacensis 172): incontro-scontro tra le due opposte nature: solforosa e fissa (simboleggiata dal leone, dal cavaliere, e dal Sole, maschile, penetrante, igneo, la psiche'), mercuriale e volatile (simboleggiato nel grifone, leggero, sottile, femminile, lunare, l'Intelligenza Universale). Il 'sale' - il mediatore tra le due - si associa volentieri sia al fisso che al volatile. Il principio maschile (zolfo) dovr attirare verso di s la parte solforososa contenuta nella natura mercuriale, e viceversa. Otterr, al termine di questa prima fase, una sostanza che viene chiamata calamita dei saggi, specchio dell'arte, l'aimant, che sar in grado di incorporare il nostro 'sale' e allo stesso tempo caricare il 'sale' di energia. questo uno dei 'passaggi' cruciali alchemici: questo racchiude il verbo dimissum, la parola perduta, il verbo creatore... l'incarnazione di Dio nella materia. Dal vecchio drago nero, solfureo, si otterr la Bianca Vergine, (statuetta egizia di epoca romana che rappresenta idealmente la nostra 'calamita', il mercurio dei saggi), che recher una stella o 'artiglio del grifone' (e indicher all'artista che sta procedendo sulla strada giusta). E' paragonabile al motto "in hoc signo vinces" (con questo segno, vincerai) detto dallangelo allimperatore Costantino. Vediamo ora i nostri due protagonisti iniziali sublimati, la vergine e il prete, ma dov' finito il prode cavaliere, che -armato della sua spada di ferro- aveva affrontato il drago nero e aveva attirato su di s lo zolfo arsenicale liberando la vergine metallica? Il fatidico 'lingotto' ottenuto, separato in due da un colpo di martello, rivela una parte bassa, lucente e pi pesante, quindi raccolta sul fondo dello stampo che raccoglie la fusione e una parte pi alta, nerastra, uno scarto solforoso che chiamato caput mortuum, la testa morta, che pi leggera ed occupa la parte pi alta del cilindro...il principio maschile, igneo, si installato nella terra (il caput). Esso non inservibile, anzi costituir uno dei punti cruciali delle successive operazioni. Le due nature dovranno essere nuovamente unite. Dalla testa morta dovr rinascere lo Spirito divinizzato. Allegoricamente, l'Horus egizio nascer dal dio Osiride morto; dal sacrifico di Ges sulla croce, dipender la sua divinizzazione e la Redenzione dell'umanit. La croce simbolo del crogiolo alchemico, dove la materia viene purificata e spiritualizzata. A queste operazioni, lungamente ripetute, gli alchimisti danno il nome di aquile o sublimazioni: allegoria della potenza dell'aquila che porta la preda fin sopra le alte vette, cos il potente 'cavaliere' ha saputo portare in superficie la Bianca Vergine che si nascondeva all'interno del Drago Nero Solfureo (ovvero ha separato la Luce dalle Tenebre, lo Spirito dalla Materia). La separazione della prima opera deve ora divenire unione delle due opposte nature per dare origine all'androginia, la perfetta fusione tra maschio-femmina, tra Dio e l'uomo, che provoca la morte della nostra dimensione materiale. Questo nuovo 'prodotto', che in alchimia si chiama rebis, la cosa duplice, il risultato della seconda Opera. Allegoricamente il bambino divino, partorito dalla Vergine mercuriale, chiamato in molti modi: remora, Hermes, pesce, mercurio filosofico (da distinguersi dal mercurio dei saggi che lo ha generato)... Ora, il nostro prodotto, chiamato anche uovo filosofico, deve essere sottoposto alla terza prova, quel108

la del fuoco. Incessantemente, la nostra materia continua ad incorporare l'energia 'radiante' perci aumenta notevolmente di peso. L'alchimia chiamata anche Arte della Musica perch in questa fase si producono sette suoni, sette sibili in scala armonica crescente che indicano il buon andamento delle operazioni. Su di esse l'artista deve modulare il 'fuoco' adattandolo in perfetta armonia con il cambiamento delle note. Visivamente, gli impedito di vedere cosa accade nel suo 'composto', poich sulla superficie comparsa una sorta di crosta calcarea, il 'guscio dell'uovo appunto. la pietra. La sua forza pu essere molto differente. In seguito la si moltiplica, per aumentare la sua forza, con il mercurio che si messo da parte a questo scopo".

La pietra filosofale
I collegamenti con i quattro elementi, le quattro stagioni, i quattro momenti del giorno, le quattro et dell'uomo suggeriscono la ciclicit dell'opus alchemico, che ha per simbolo la RUOTA o l'OUROBOROS, il serpente che si morde la coda. Con questo simbolo l'immaginario pagano volle rappresentare il perpetuo moto del mondo, l'unit del Tutto (il cerchio) che si dispiega nella molteplicit delle trasformazioni cicliche (per le sue spire, il serpente simbolo delle fasi lunari) per tornare poi sempre in s stessa (la congiunzione della coda con la testa), conciliando cos l'apparente contraddizione tra l' "uno" e il "molteplice". Le fasi dell'opus'alchemico sono -a seconda dei trattati- da tre a cinque, ma pi comunemente quattro: nigredo ('putrefacio') = fase della materia al nero, grezza, assimilabile al piombo, all'uomo materiale; albedo = contrassegnata dal colore bianco (la vergine bianca, la mente nobilitata); la fase 'citrinitas', contrassegnata dal giallo (l'uovo filosofico); rubedo = corrisponde al rosso e all'oro o pietra filosofale; talvolta la 'viriditas', corrispondente al verde, colore della vegetazione e della vita. Le quattro fasi simboleggiano un 'sistema' simbolico e ciclico, di cui l'alchimia diventa il cardine, compendiando in s, e a s subordinando, ogni altra quadripartizione antropologica e cosmica. Alla 'nigredo' corrisponde l'elemento terra, la notte, l'inverno, la vecchiaia e la morte, la malinconia. All' "albedo" corrisponde l'elmento acqua, l'alba, la primavera, la fanciullezza e l'umore flemmatico. Alla 'citrinitas' corrisponde l'elemento aria, il meriggio, l'estate, la giovinezza. Alla rubedo l'elemento fuoco, la luce limpida dell'autunno e del tramonto, la maturit, la luce dell'illuminazione. L'impresa va sempre ripresa da capo e ripetuta:dalla maturit (il culmine) si ricade nel punto pi basso, nell'inverno, la notte, la vecchiaia e la morte, l'interramento e la putrefazione. Ma questa ciclicit garanzia rasserenante perch dall'inverno si risalit alla primavera, dalla notte all'alba, dalla morte ad una nuova rinascita (Martin Lutero vedeva nell'opus alchemico il simbolo stesso della resurrezione). Gli alchimisti concordano da migliaia di anni che il Grande Magistero porta all'acquisizione di una triplice corona regale, al conseguimento supremo, cosidetto donum dei (ottenuto da pochissimi Adepti nel corso dei secoli), all'ottenimento della pietra filosofale, detta anche rubino dei saggi, una polvere rossa e granulosa che viene ottenuta al termine della Terza Opera dopo un procedimento lungo e difficoltoso. Il donum dei o pietra filosofale contiene in s tre propriet per colui che la consegue: - la panacea o medicina universale (la pietra disciolta in un liquore alcolico produrrebbe l'elisir di lunga vita che, ingerito, in grado di guarire qualsiasi malattia e di conferire l'Immortalit); la seconda l'acquisizione dell'onniscenza o scienza innata che gli permette di prendere consapevolezza del passato, del presente e del futuro, del bene e del male (cogliere esattamente il biblico frutto dall'albero della Conoscenza, secondo le regole): il raggiungimento di questo stato lo scopo supremo della creazione, ovvero l'incarnazione dello spirito divino nella densit della materia; la terza propriet della pietra quella trasmutativa, la meno importante ma quella pi ricercata dagli avidi e che ha colpito maggiormente l'immaginario popolare: la capacit della pietra di trasmutare - a sua volta - altre porzioni di metallo in oro. La forma assunta a questo scopo viene chiamata polvere di proiezione, la pietra viene anche chiamata tintura per il suo potere di tingere i metalli vili. Da ci deriva l'enorme potere di arricchimento detenuto dall'Adepto, che egli user per scopi strettamente umanitari, avendo egli sviluppato un senso morale parallelo all'elaborazione della pietra e costituendo anzi una conditio sine qua non per la riuscita finale. Leggende, miti universali, fiabe... nascondono un significato alchemico specifico, le cui chiavi le detiene solo colui che in grado di decifrarlo. Cos, perfino l'ingenua fiaba di Biancaneve assume un'interpretazione del tutto 'diversa' da quella cui siamo abituati. Biancaneve incarna la giovane Vergine, la
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miniera d'oro. I sette nani o gnomi (dal greco gnosis=conoscenza) sono l'aspetto della materia minerale nei suoi sette prolungamenti (i 7 metalli planetari) ed ognuno ha l'aspetto e il carattere del pianeta che lo domina: Saturno, la Luna, Venere, ecc. Ma il saturnino (Brontolo) a fornire i maggiori servigi al gruppo e a salvare la situazione in molti casi. Biancaneve consegnata dalla malvagia regina al cacciatore Verde perch la faccia morire. Ma si tratta di una morte apparente causata dall'ingestione della mela avvelenata e in seguito la giovane Vergine sposer il Principe dei suoi sogni che giovane e bello. Egli incarna il nostro Mercurio Filosofale (negli antichi miti, Mercurio aveva come attributo una eterna giovinezza nel volto e nel corpo). Dall'unione del Mercurio e della Vergine (il principe e Bianceneve) nasce la conclusione di tutte le fiabe: vissero felici e contenti ed ebbero molti bambini... La moltiplicazione ermetica ottenuta grazie alla Pietra, risponde all'insegnamento della Genesi "Crescete e moltiplicatevi". In altre sezioni, pur se non diffusamente, ho cercato di fornire un percorso di ricerca che ha toccato i punti salienti della civilt umana conosciuta, dagli Albori, interrogandoci dapprima sull'Origine stessa della Vita, con le teorie della Scienza che non spiegano gli anacronismi diffusi in ogni tempo; abbiamo identificato una Mitica Et dell'Oro, di Perfezione Edenica, della perduta Atlantide; le cui tracce confluiscono probabilmente verso l'Antico Egitto (l'alchimia occidentale come ci nota oggi, viene formulata nel II sec. d.C. ad Alessandria d'Egitto in ambiente neoplatonico-gnostico); abbiamo ipotizzato come l'Arca dell'Alleanza dell'enigmatico Mos potesse essere uno strumento derivato da conoscenze magico alchemiche, ma ne abbiamo anche visto il significato esoterico, sottile; molto probabilmente - l'Alchimia (insieme alle Grandi Scienze Iniziatiche: Cabbala, Astronomia, Geometria Sacra) stata importata in Europa dai Templari, attraverso il contatto con il mondo Arabo durante le Crociate; ne abbiamo analizzato i simboli collegabili (forse?) al loro 'passaggio' come messaggio universale e ancora controverso nelle interpretazioni correnti; delle magnifiche cattedrali Gotiche, miracoli architettonici che sfidano le leggi fisiche, che sarebbero dei veri e propri 'libri di pietra'. Attraverso le indicazioni dell'enigmatico Adepto Fulcanelli, siamo approdati a Parigi, ed egli ci ha aperto le porte di alcune Dimore Filosofali (vedi Cattedrali Francesi); abbiamo incontrato un esempio di 'convivenza' tra Bibbia e Alchimia (Basilica S. M. Maggiore a Bergamo); incontrato il potere taumaturgico fuso con l'Astrologia, la Magia e la Medicina, nel corso del tempo, fino a giungere all'Illuminismo, e quindi all'ESILIO delle prime oltre i confini dell' ufficialit, relegandole a pseudo scienze, sciocche superstizioni e scalzandole dagli scranni su cui per millenni erano state onorate. Nel Settecento, l'avvento della CHIMICA, della BIOLOGIA, delle scienze 'esatte', di tutte le discipline considerate scientifiche, chiuder le porte a quell'intricato mondo di simboli e Sapere, che comunque non scomparso, ma continua ad essere vivo. Abbiamo visto come alcuni enigmatici personaggi in odore di alchimia (Cagliostro) destno ancora grande interesse; di come altri (Principe di San Severo) portassero avanti esperimenti e studi, di nascosto, riuscendo a raggiungere dei risultati strabilianti e incredibili (e ancora poco noti e considerati), e hanno voluto lasciare un messaggio della loro 'filosofia' nelle loro opere, che vanno analizzate indagandole dal punto di vista simbolico e non solo visivo. Ci siamo occupati dei valori portati avanti dalla Massoneria, che identifica il Tempio con la Costruzione di s stessi, dalla pietra grezza alla pietra levigata, dall'uomo materiale e grossolano all'Uomo Nuovo, Spiritualizzato e Perfetto, attraverso un linguaggio prettamente simbolico, racchiudendo il Pensiero della Scienza Antica.

Arte e alchimia
L'Artista rinascimentale sembra ergersi quale 'Redentore' di una societ che deve recuperare il 'senso' del simbolo perduto. questo significato che stato travisato, infatti l'arte del Rinascimento stata intesa riduttivamente alla semplice 'imitazione' delle apparenze esterne, mentre andrebbe indagata in modo pi profondo, vedendo in essa l'emulazione dei processi creativi della Natura (in un chiaro parallelismo con l'Alchimia). Durer fu l'inventore della tecnica dell' "acquaforte", sulla quale occorre spendere due parole. La tecnica necessita di una lastra di metallo, su cui agisce un acido che la corrode (proprio come l'acqua mercuriale dissolve la materia prima alchemica), quindi il fuoco scalda e affumica il metallo (sembrano intravedersi i passaggi dell'opus). In questo contesto, risalta in maniera eccelsa una delle opere pi famose di Durer. Questa incisione stata fatta al bulino nel 1514 (la data si pu vedere in basso a destra con la sigla dell'artista, ed inserita anche nel 'quadrato magico' nelle due caselle centrali in basso). Il titolo "MELEN110

COLIA I": in essa vediamo una figura alata che ha un atteggiamento meditativo, 'scura' in volto, tiene nella mano destra un compasso e intorno a lei vi sono molti oggetti e strumenti; ogni dettaglio della scena rappresenta un simbolismo ben preciso. Sul numero I sono state avanzate parecchie ipotesi ma la pi accreditata pare voglia indicare una condizione primitiva, come il primo gradino della conoscenza da salire, come la prima opera degli alchimisti, come lo stato d'animo di malinconia, di angoscia e travaglio interiore, assimilabile alla notte, alla 'nigredo', all'elemento terra. La donna, infatti, scura in volto e la scritta sul nastro sorretto dal pipistrello sembra indicare proprio questa condizione di 'melanosi', di 'nigredo', paragonabile ad uno stato d'animo di tristezza, pensosit. A. J. Pernety nel 'Dictionnaire' che pubblic nel 1758 riporta: "Melancolia significa putrefazione della materia, perch il colore nero ha qualcosa di triste, e perch l'umore del corpo umano chiamato melancolia considerato come bile nera e cotta, che causa vapori tristi e lugubri". Inoltre aggiunge che "La materia al nero degli alchimisti chiamata anche 'primo segno' dell'opus poich senza annerimento non ci sar bianchezza". Si intravede comunque un cammino che porter all'esito positivo dell'opera, che potrebbe essere rivelato dalle 'ali', segno di elevazione dalla condizione puramente materiale verso quella spirituale, e dalla corona vegetale che cinge il capo (vittoria?) della donna; una borsa vuota giace accanto alle pieghe del suo abito ma forse sar destinata a riempirsi del simbolico 'oro'. Anche il sole che sullo sfondo allude al 'sol niger', un sole in eclisse, offuscato ma che torner a splendere (fenomeno simboleggiato dall'arcobaleno, realizzazione finale). Sulla sinistra, si nota un "crogiolo" alchimistico (dietro la pietra a parallelepipedo). Sotto la veste della donna 'malinconica' di Durer spunta, sulla destra in basso, un mantice, altro 'attrezzo' dell'alchimista operativo. Dalla prima fase dell'opus sembra che il Durer ci conduca alla seconda, figurativamente riconoscibile nel sole (maschile, igneo) che si immerge nell'acqua (femminile, lunare) per realizzare l'unione dei contrari, dalla quale si arriver alla realizzazione finale attraverso i 'colori dell'iride', la coda di pavone, l'arcobaleno (felice sviluppo e conclusione dell'opera). Il quadrato magico si inserisce frequentemente in epoca rinascimentale per la sua associazione con le tavole cabalistiche dell'epoca. Questo un quadrato di Giove, formato da 16 caselle, in cui la somma delle righe verticali, orizzontali e diagonali, fornisce sempre la stessa cifra, il 34. Si potrebbe supporre che come i colori dell'iride si riconducono all'unit della luce bianca - i diversi numeri confluiscano nell'uguaglianza della stessa cifra magica. La particolarit di questo 'quadrato magico' risiede anche nel fatto che esso presente in una incisione celebrativa del famoso alchimista e medico Paracelso (1493-1541): C' una ruota appoggiata a quella sorta di 'torre' (l'athanor?), su cui inciso il 'quadrato magico': sembra una ruota di macina, forse allusiva alla 'macinazione' della materia prima grezza ma sicuramente simbolo della ciclicit del processo della Natura e dell'alchimia. ll putto alato raffigura il mercurio che trasforma s stesso da materia a spirito. Sopra la torre, che da intendersi come il "forno alchimistico" in cui avvengono le trasformazioni della materia, vi sono anche una clessidra, una bilancia e un campanello. La bilancia allude ai dosaggi della materia ma anche simbolo di sublimazione (passaggio da uno stato ad un altro). La clessidra al tempo necessario per la realizzazione della Grande Opera, che si deve svolgere nelle ore notturne, indicate dai numeri romani incisi nel piccolo semiarco sopra la clessidra: VIIII, X, XI, XII, I, II, III, IIII. Quindi, le operazioni si devono svolgere tra le nove di sera e le quattro del mattino. La donna sembra anche attendere, aspettare con pazienza che il processo si svolga secondo i 'canoni'. I sette pioli della scala appoggiata alla 'torre' sembrano ricordare le sette fasi e il sette un numero magico formato dal tre e dal quattro, guarda caso le stesse cifre che scritte vicine danno 34, la somma delle cifre del quadrato magico. Il 3 corrisponde al divino, all'invisibile mentre il 4 alla terra, al creato e visibile: la scala ha quattro pioli bene in vista mentre gli altri tre occultati. Nei disegni preparatori del Durer, erano sette anche le chiavi che pendono dalla cinta della donna, mentre nell'opera finale sono ridotte a quattro (un 'ripensamento' di intenzioni nell'artista?), ma palese che una di esse risalti maggiormente sulle altre: solo chi detiene quella giusta potr aprire il Grande Libro Chiuso della Natura. Altri strumenti sono sparsi, a terra, nell'incisione del Durer: dei chiodi, simbolo della Passione di Cristo-Pietra: la materia subisce un 'martirio' che ha per simbolo stesso quello del Cristo-Lapis. La materia grezza, la nuda pietra simbolica si trasformer in pietra levigata e perfetta solo dopo un lungo e difficile
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travaglio, per operare il proprio riscatto: la tenaglia, il martello, i chiodi sono tutti simboli della passione di Cristo. La sfera a terra, e la ruota, indicano il 'vaso' delle trasmutazioni, che dall'Uno portano al molteplice per ritornare poi all'Unit, concetto esplicitato nella "quadratura del cerchio". La donna tiene in mano un compasso, infatti, che allude proprio a questo. Sembra che Durer abbia voluto ipotizzare il processo alchimistico nei suoi tre aspetti: meccanico (strumenti), chimico e interiore (all'interno dell'athanor e di s stessi) e cosmico (il sole che si accosta all'acqua, lunare). Tutti riunificati nel simbolo della sfera. L'Intelligenza indispensabile alle operazioni potrebbe essere indicata dal capo appoggiato alla mano, che lo regge. Il poliedro sfaccettato allude alla sfaccettatura in piani distinti e separati che devono inglobarsi per ottenere l'unit (la sfera, punto di inizio e di fine di tutta la Grande Opera alchemica). Il tema figurativo di Duerer ritorna in altri artisti. Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553) amico e parente di Martin Lutero. In questa opera del 1532 (conservata a Copenhagen, presso lo Statens Museum) ritroviamo la donna con le ali, la borsa accanto a lei; il cane e la sfera. Duplice allusione hanno i tre pargoli o putti che 'armeggiano' attorno ad essa: simboli dei tre 'agenti' principali dell'Opus ma al contempo indicatori della metafora alchemica del "ludus puerorum", secondo cui il difficile processo alchemico sarebbe in realt 'un gioco da bambini' per chi possiede la 'chia-ve' dell'interpretazione delle leggi della Natura e ha compreso ormai come procedere. La "nigredo" sembra, nel dipinto di Cranach, concentrata nella fosca nube che al suo interno racchiude delle figure d'incubo, mentre la donna sta scorticando un ramoscello, simbolo della materia che viene sgrossata e liberata dalla propria scorza esteriore e scura, per portare alla luce il chiaro midollo (la parte interiore). Nel dipinto di Domenico Fetti (1589-1624) intitolato "Allegoria alla Malinconia", realizzato all'incirca nel 1621 e conservato a Parigi, al Museo del Louvre, ritroviamo uno dei quattro temperamenti di cui parla l'antichit classica, appunto la Malinconia, che pu portare ad una ispirazione geniale o alla depressione. La donna si regge il capo, come nell'incisione del Durer. Ma con l'altra tiene un teschio, di cui tocca la nuca: l'occiput, sede dell'Intelligenza. Il teschio un simbolismo ricorrente in alchimia. Sotto, un corpo ripiegato su s stesso, quasi informe e minuscolo nella scena, simbolo della trascurabilit della materia corporea, di cui importante ci che la anima, lo Spirito (che rappresentato alchemicamente dal 'caput mortuum'). Di Georges de La Tour (1593-1652), e del 1644 circa e la "Santa Maria Maddalena medita davanti a un teschio", conservato a Parigi, al Museo del Louvre. La donna tocca il teschio, mentre la luce della fiamma sembra illuminarla; lo sguardo rivolto alla Croce, appoggiata sul tavolo, allude alla Redenzione che, come il Cristo ha ottenuto divinizzandosi, tutti possiamo raggiungere. Sembra di intuire che, dalla meditazione pensosa, possa scaturire il guizzo del genio interiore che, dal buio in cui immersa, porter la Luce. Michelangelo, attravero la cerchia degli umanisti della corte di Lorenzo d Medici, entr sicuramente a contatto con i concetti filosofici dell'antichit classica e i suoi rimandi alla mitologia ermetica. Nella cupola della Sacrestia Nuova della Chiesa di San Lorenzo, a Firenze, dove trovano posto i sepolcri di Giuliano e Lorenzo de Medici, le sette fasi dell'opera sembrano sintetizzarsi nei percorsi concentrici che confluiscono al centro del cerchio e che sono, infatti, sette. Nella stessa Sagrestia Nuova vi sono i sepolcri di Giuliano e Lorenzo de Medici, uno di fronte all'altro e ognuno recanti due coppie di sculture: il Sepolcro di Giuliano, duca di Nemours, con le sculture del Giorno e della Notte; il Sepolcro di Lorenzo, duca di Urbino, con le sculture dell'Aurora e del Crepuscolo. Anzitutto, sembra che la figura di ogni duca sia legata virtualmente da un simbolico triangolo con le statue soggiacenti al di sotto. La Notte e il Giorno si voltano le spalle, alludendo alla condizione di seperazione, di opposzione di due diverse nature; tra l'altro la Notte appoggia il capo nella mano proprio come la Melancolia di Durer, ad indicare che i due atteggiamenti sono sinonimi (Notte=malinconia, nerezza, buio mentale e materia primitiva). Sotto la scultura, schiacciato ma non domo, sembra affacciarsi lo stesso volto del Giorno e alcuni volatili. Il 'Giorno' ha qualcosa di 'non finito' dal quale prorompe una luce diffusa. Sul lato opposto, abbiamo l'altro gruppo marmoreo, che sembra pi aperto e consecutivo. Le statue appaiono in 'movimento' e 'allungate' (Michelangelo favor le forme serpentine, dinamiche) tese ad una
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unione: Crepuscolo e Aurora si 'aprono', per rinnovare il miracolo della Creazione, ovvero garanzia di rinnovamento e resurrezione, tema sottinteso trattandosi di due monumenti funebri. Attraverso l'informe, Michelangelo conferisce alla forma spettacolare realismo e bellezza: Dio ha concesso all'uomo la possibilit di realizzazione, che l'artista rinascimentale fa proprie, a 'somiglianza' ed emulazione delle sue virt demiurgiche: Dio la meta stessa da raggiungere, verso cui bisogna proiettarsi e Michelangelo lo fa con la forza delle proprie opere. Che egli conoscesse le metafore dell'alchimia appare evidente da alcuni suoi scritti, come questo ad esempio: "Io sto rinchiuso come le midolla da la sua scorza, qua pover e solo, come spirto legato in un'ampolla" Tra i contemporanei del geniale Michelangelo, va citato Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (1503-1540), precursore del manierismo. Egli si occup di alchimia in senso chimico e della ricerca dell'oro materiale, come ebbe a scrivere di lui un altro grande, il Vasari: " ...avendo cominciato a studiare le cose dell'alchimia (...) perdeva tutto il giorno a tramenare carboni, legna, bocce di vetro (...); e non avendo altra entrata, e pur bisognandogli anco vivere, si veniva cos consumando con questi suoi fornelli a poco a poco". C' da dire che proprio 'tutto il giorno' non lo perdeva sicuramente dietro ai fornelli dal momento che ha prodotto tante opere e tutte straordinarie, dalla forma gentile ed elegante; i suoi personaggi sono contraddistinti da una raffinatissima eleganza, da un allungamento delle proporzioni, e usava colori cangianti. Per, nell'ultima parte della sua vita, pur vero che tralasci il proprio lavoro per dedicarsi totalmente all'alchimia. Nel celebre dipinto della Madonna dal collo lungo, che risale al 1535 ed conservato a Firenze, presso la Galleria degli Uffizi, notiamo qualcosa di interessante per la ricerca del simbolismo alchemico. Cronologicamente siamo verso l'ultima fase dello stile dell'artista, in cui si vede l'esasperazione delle forme, la presenza dei contrasti (figure grandi e piccole, superfici vuote e quelle traboccanti di forme), E probabile un intensificarsi del misticismo nell'autore. Di interesse particolare il vaso ovale sorretto dall'angelo sulla sinistra: in trasparenza si vede all'interno una croce portata da due angeli. Un richiamo all'alchimia evidente, in cui si ravvisa l'iconografia del mercurio all'interno del vaso-uovo, da cui scaturir la materia spiritualizzata, proprio come Michelangelo aveva definito "spirto legato in un'ampolla". La croce, simbolo di Cristo-Pietra dell'alchimia cristiana. Per analogia, la Vergine stessa assume nel dipinto la valenza di 'vaso' da cui venuto, per Spirito Divino, il Cristo-Lapis (uomo divinizzato). L'enigmatico Hieronymus Bosch (vero nome Jeroen Anthoniszoon Van Aeken, 1450-1516) del tutto singolare dal punto di vista tematico, poich riprende numerosi temi dell'iconografia cristiana ma trasformandoli secondo il proprio linguaggio figurativo che appare visionario. Pur rimanendo ancora nell'ambito di una attenta ricerca da parte degli studiosi, il suo simbolismo pu ricordare quello ermetico-alchemico, anticipando quanto faranno i surrealisti in seguito. Del resto, gli alchimisti da sempre hanno occultato nei contesti pi svariati i loro 'messaggi' e probabilmente Bosch non stato da meno, pur tuttavia conferendovi una rivisitazione del tutto personale. Cos possiamo osservare come nel suo famosissimo "Trittico delle Delizie" trovino posto figure nere, bianche, vetri trasparenti, amplessi simbolici nell'acqua, coppie all'interno di ampolle, fantasie vegetali, la diffusione dei colori rossi... I 'fuochi dell'inferno' ricordano la prima operazione alchemica della calcinazione, le fontane che sembrano complicati alambicchi... In questo apparente 'caos' materiale c' in realt una ricerca di armonia che attraverso l'ossessione della confusione della mente rozza, vuole raggiungere la felicit filosofale della mente nobilitata, della materia spiritualizzata. Anche Leonardo (1452-1519) ebbe quasi certamente contatti con la materia alchimistica e la sua celeberrima opera, la Gioconda, realizzato nel 1505 circa e conservato al Louvre di Parigi, 'gioca' su uno dei punti-cardine alchemici: l'androginia. Molto si discusso chi fosse questa donna, che non ha una vera e proria identit, sembra assumere sia un carattere maschile come femminile, allusivo. Il famoso 'sorriso' sembra racchiudere questo segreto. Nel 1919, un artista francese, Marcel Duchamp, creer un dipinto uguale apponendo dei vistosi BAFFI alla Gioconda. Quello che potrebbe apparire un gesto dissacratorio, nasconde forse l'intuizione sottile dell'ermetismo e dell'androginia...
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Giorgione (1477-1510) e Tiziano1488-1576) mostreranno grande attenzione per gli elementi della Natura, palesando che la loro arte un'imitazione della Natura stessa. Dall'unione armoniosa dei 4 elementi scaturisce la Perfezione, altrimenti c' separazione e morte. A seconda del loro grado di perfezione del loro 'mescolamento', si hanno forme di vita pi o meno evolute, dal regno vegetale a quello animale. Questa la teoria percepita alla base del dipinto "La Tempesta" di Giorgione. Mentre Tiziano, nel dipinto "Concerto campestre", del 1511, conservato a Parigi presso il Museo del Louvre, sembra alludere alla concertazione dei quattro elementi, per realizzare quel divino 'accordo' che mette in vibrazione armonica l'universo e le sue manifestazioni (macro e microcosmo). La figura di sinistra potrebbe identificarsi con l'elemento acqua, il suonatore vestito di rosso il fuoco, l'aria il giovane con i capelli rigonfi, e la terra la figura seduta di donna. Nel corso del '500 l'alchimia conobbe un forte impulso presso molte corti italiane ed europee. A Firenze, la famiglia d Medici si apr a tali studi circondandosi di filosofi, poeti, pittori, musicisti e anche sperimentando in molti casi a livello chimico la pratica alchemica. Francesco I d Medici (1541-1587) si fece costruire uno Studiolo Alchemico, in Palazzo Vecchio, ora Museo. Vi un dipinto di Giovanni Stradano intitolato "Il laboratorio dell'alchimista", presente nello Studiolo. Questa stanza, che il Granduca si fece allestire, un ambiente al primo piano, sul lato sud del Palazzo, molto particolare e intrisa di mistero. Ogni sua parte decorata con un complesso di pitture e statue allegoriche, raffiguranti i concetti fondamentali dell'alchimia, della quale era studioso appassionato. Qui egli si ritirava in meditazione, poich l' "officina" dove 'passare alla pratica' alchemica pare fosse ubicata presso la Chiesa di San Marco. Presso il museo di Storia della Scienza, a Firenze, si pu ancor oggi ammirare una interessante ricostruzione del 'laboratorio alchemico', nei sotterranei. Pare che Francesco I d Medici avesse scoperto per primo il segreto per fondere il cristallo di rocca facendone vasi; fond una scuola per la lavorazione delle pietre dure, che esiste tuttoggi; fu tra i primi a produrre gemme artificiali ed inaugur proprio a Firenze la lavorazione della porcellana a imitazione di quella cinese. Si narra che fosse riuscito a realizzare una sorta di 'elixir vitae', un 'olio di vetriolo', potente afrodisiaco; pare che finisse per restare vittima dei suoi stessi preparati farmaceutici, che esigeva di 'testare' in prima persona. Molti appartenenti al clero cristiano diressero gli interessi e le ricerche proprio verso l'alchimia. Il Cardinale Francesco del Monte, ad esempio, ambasciatore della famiglia d Medici a Roma, aveva aperto una "distilleria" di cui, nel 1597, fece affrescare uno degli ambienti dal CARAVAGGIO (1571-1610), oggi visibile nel soffitto del Casino di Villa Ludovisi, a Roma. In questo dipinto sono raffigurati Giove, Plutone e Nettuno che, secondo il racconto di Omero, si spartirono, rispettivamente, il dominio del cielo, della terra e dell'acqua. Nacque la corrispondenza che Plutone simboleggi la terra, Nettuno l'acqua, Giove l'aria. In alchimia questa corrispondenza designa i tre stati della materia (solido, liquido, gassoso) e da essi la trasmutazione finale in luce (fuoco). Nel dipinto si intuisce l'allegoria del processo di trasmutazione della materia, in cui dal 'passaggio' dai vari stati si giunge alla 'pietra filosofale', sintetizzata nel globo luminoso, che rappresenta il cosmo in cui si vedono sole e luna in congiunzione, la fascia dei segni zodiacali (di cui sono chiaramente indicati Ariete, Toro e Gemelli, sotto i quali l'opus doveva compiersi secondo un antico precetto). La realizzazione della 'pietra' mima la Creazione, di cui una bella frase di Cesare della Riviera (1603) ci fornisce una sintesi concettuale: " Far la pietra d Filosofi altro non che fare il mondo picciolo, e la produttione della luce la prima giornata della formazione di quello (...) Fassi cotal magistero, mediante la divisione delli quattro elementi, nella quale la luce viene seprata dalle tenebre". Nel dipinto del Caravaggio sono ben rappresentati tali allegorie, il tutto appare 'pervaso' da un fluido cosmico, assimilabile al 'sale' o Fuoco Segreto (o Mercurio celeste) o Spirito Universale. Tra i nobili che furono particolarmente interessati all'alchimia troviamo, in Europa, l'imperatore Rodolfo II (1552-1612) che si fece raffigurare come il dio romano del capodanno e del commercio, Vertumno, cui la mitologia attribuisce un'illimitata capacit di trasformazione. abbastanza evidente l'allegoria con l'alchimia. Il dipinto. del 1590 conservato presso il castello Stokloster ad Uppsala, fu eseguito da Giuseppe Arcimboldo (1527-1593). Tra l'altro si potrebbe ricercare un significato ancora pi sottile, cio quello di considerare tutte le cose costitutite dalle stesse componenti di base, provenienti dalla stessa origine, organizzate secondo 'forme' diverse, con una vibrazione diversa ma sulla quale -tramite una opportuna armonizzazione- tutto potrebbe essere messo in comunicazione e sulla stessa frequenza. Il dipinto merita sicuramente un interesse profondo oltre quella che comunemente si considera una visione ironica dei tratti del monarca interpretata dall'Arcimboldo (pittore singolare, attento a fondere fini allegorie con il Mondo della Natura).
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Il Parmigianino e l'alchimia
Le fonti
Ne Le Vite, edizione del 1550, Vasari attribuisce al Parmigianino un inte-resse cos forte e dissennato per lalchimia da averlo condotto alla rovina: Et volse con quello, che non pot mai imparare, perdere la spesa e il tempo, et farsi danno alla propria vita. Et questo fu chegli stillando cercava larchimia delloro, et non si accorgeva lo stolto, chaveva larchimia nel cervello. Ma il cervello, che aveva a continovi ghiribizzi di strane fantasie, lo tirava fuor de larte: potendo egli guadagnare quello oro, che egli stesso avrebbe voluto: con quello che la natura nel dipignere, e il suo genio gli avevano far le figure; le quali con pochi imbratamenti di colori, senza spesa, traggono de le borse altrui le centinaia de gli scudi. Ma egli in questa cosa invanito, et perdutovi il cervello, sempre fu povero; e tal cosa gli fa perdere tempo grandissimo, et odiarlo da infiniti, che pi per il suo danno, che per il loro bisogno, di ci si dolevano... Linteresse del Parmigianino per lalchimia collocato da Vasari in unepoca ben precisa della vita del pittore, quella pi estrema: Poi si tolse a fare alla Madonna della Steccata una opera grandissima a fresco... In questo tempo si diede allalchimia, et pensando in breve arricchirne, tentava di congelare il Mercurio.... Il lavoro alchemico avrebbe provocato il dissesto economico e la rovina mentale dellartista, che sempre pi trascurava i pennelli per dedicarsi alle manipolazioni alchemiche: Perch tenendo egli di molti fornelli et spese, non poteva riscuotere tanto dellopera, quanto in tal cosa consumava. La qual pazzia fu cagione, chegli lasciato per dilettazione di tal novella, la utilit e il nome dellarte propria, per la finta et vana, in malissimo disordine della vita e dellanimo si condusse. Presto linteresse per lalchimia divenne cos esclusivo da impedire di concludere il lavoro alla Steccata, incorrendo nelle ire dei committenti, che si rivolsero alla giustizia: L onde egli non potendo resistere, una notte si part di Parma; et con alcuni suoi amici si fugg a San Secondo; et quivi incognito dimor molti mesi, di continuo alla alchimia attendendo. Et perci aveva preso aria di mezzo stolto; et gi la barba e i capelli cresciutigli, aveva pi viso duomo salvatico, che di persona gentile come egli era. Sempre secondo la testimonianza di Vasari, lalchimia fu indirettamente la causa della morte dellartista, poich, essendosi il Parmigianino riavvicinato a Parma, i committenti lo fecero imprigionare, costringendolo alla promessa di dar fine allopera. Ma fu tanto lo sdegno che di tal cattura prese, che accorandosi di dolore, dopo alcuni mesi si mor danni XXXI.... Ledizione 1568 de Le Vite tratteggia in modo pi dettagliato le condizioni del Parmigianino alle prese con la febbre per lalchimia: Intanto cominci Francesco a dismettere lopera della Steccata, o almeno a fare tanto adagio, che si conosceva che vandava di male gambe; e questo avveniva, perch avendo cominciato a studiare le cose dellalchimia, aveva tralasciato del tutto le cose della pittura, pensando di dover tosto arricchire, congelando mercurio; ...e non avendo altra entrata, e pur bisognandogli anco vivere, si veniva cos consumando con questi suoi fornelli a poco a poco.... In questa versione de Le Vite il Parmigianino, abbandonata la Steccata dopo la lite con i committenti, fugg a Casal Maggiore dove uscitogli alquanto di capo lalchimie, fece per la chiesa di Santo Stefano, in una tavola la nostra Donna in aria, e da basso San Giovanbattista e Santo Stefano.... Fu una breve tregua, poich Francesco, finalmente, avendo per sempre lanimo a quella sua alchimia, come gli altri che le impazzano dietro una volta, ed essendo di delicato e gentile, fatto con la barba e chiome lunghe e malconce, quasi un uomo salvatico ed un altro da quello che era stato, fu assalito, essendo mal condotto e fatto malinconico e strano, da una febbre grave e da un flusso crudele, che lo fecero in pochi giorni passare a miglior vita.... A condurre lartista alla tomba non sarebbe stato dunque il dispiacere per lessere stato condotto in prigione, ma una malattia caratterizzata da malinconia e febbre.

La fine del Parmigianino: testimonianza storica o stereotipo letterario?


La testimonianza del Vasari non accettata da tutti. Daltro canto, la tradizione del Parmigianino alchimista tramandataci da Vasari non non era unanime, se appena sette anni dopo la prima edizione de Le Vite, in Dialogo della pittura intitolato lAretino (Venezia 1557) L. Dolce scriveva che Il Parmigianino
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fu incolpato a torto chegli attendesse allalchimia.... M. Fagiolo DellArco e altri autori prima di lui(86) rifiutano la versione del Dolce ritenendo che essa nascesse da un atteggiamento moralistico: a loro avviso, L. Dolce condivideva lopinione di quanti nel suo tempo consideravano lalchimia unarte eticamente riprovevole, e smentiva di proposito la fama alchimistica del Parmigianino per non screditare la figura dellartista. anche vero che la versione di Vasari avvalorata da unaltra attendibile fonte quasi coeva, Edoari da Herba, che ricorda il Parmigianino come peritissimo alchimista. Se consideriamo leffettiva posizione dellalchimia nella societ europea del XVI secolo, troviamo che le motivazioni addotte per rifiutare la testimonianza di L. Dolce sono labili. Lalchimia non fu mai considerata arte eticamente illecita, salvo nei casi in cui essa fu piegata alla falsificazione dei metalli a scopo di lucro. Nel XIV e XV secolo la questione della liceit dellalchimia era stata ampiamente soppesata da teologi e giuristi: i primi tendevano a ritenere lalchimia una scienza falsa ma non magica o diabolica (tale era la posizione espressa, ad esempio, nel 1486-1487 nel manuale inquisitoriale Malleus Maleficarum di H. Institor e J. Sprenger); i secondi si schierano pressoch unanimemente per la liceit dellalchimia, al punto che sul finire del XV secolo Hyeronimus de Zanetinis prendeva atto dellesistenza di una tradizione giuridica di due secoli a favore dellalchimia(87). Daltro canto, per gli stessi motivi la testimonianza del Vasari sullinteresse del Parmigianino per lalchimia non pu essere rifiutata a priori. I rapporti tra pittura e alchimia nel XV/XVI secolo sono stati ormai ampiamente dimostrati(88). Pittori alchimisti furono van Eyck e Beccafumi. E di Cosimo Rosselli (1439-1507) lo stesso Vasari scrive che La sua passione per lalchimia fu causa...che lo condusse ad unestrema povert. Semmai questa seconda testimonianza del Vasari, riferita a Rosselli e anchessa centrata sullinteresse per lalchimia come fattore che conduce lartista alla rovina, dovrebbe costringerci a chiederci quanto siano attendibili i dettagli vasariani sulla fine del Parmigianino. Dai brani sopra citati, dal loro tono, appare chiaro che Vasari ritiene lalchimia una scienza illusoria. Nella cultura europea del Medioevo e del Rinascimento lalchimia fu accolta con sentimenti contrastanti(89). Se da un lato lalchimia fa studiata o praticata anche da principi e re, dallaltro essa non riusc a entrare nelle universit, dove pure era accolta e insegnata lastrologia. Come si gi detto, i teologi tendevano a considerare lalchimia una falsa scienza, in ci seguendo il giudizio di Tommaso dAquino, per il quale lalchimia era una scienza teoricamente possibile ma i cui procedimenti di imitazione della natura molto difficilmente potevano essere realizzati in laboratorio.(90) Sulla liceit dellalchimia non disputavano solo teologi e giuristi. Anche eruditi e uomini di scienza polemizzavano spesso se lalchimia fosse scienza vera o falsa, e su questo problema scrissero dei trattati. Il pi noto di questi testi era la Pretiosa margarita novella, opera scritta nel 1330 circa dal medico lombardo Pietro Bono e ancora molto nota allepoca del Parmigianino, tanto da essere stampata a Venezia nel 1546.(91) E nel 1544 fu scritto a Firenze Questione sullalchimia di Benedetto Varchi, che discettava se lalchimia fosse vera e lodevole, o falsa e biasimevole.(92) I dubbi sullalchimia erano stati accolti da figure di spicco della cultura europea del XIV-XVI secolo, ispirando un modello letterario che raffigurava laspirante alchimista come un disgraziato che va incontro alla rovina personale e sociale. Nel De remediis utriusque fortunae, del 1366 circa, Francesco Petrarca scriveva: Individui ricchissimi si consumano per tale futilit. E mentre si sforzano di diventare pi ricchi, dedicandosi a questa brutta faccenda, gettano via malamente le ricchezze guadagnate bene. E infine, avendo speso cos i loro averi, viene loro a mancare perfino quanto necessario ai pi elementari bisogni. Alcuni, evitando la conversazione degli altri cittadini, se ne stanno in disparte, angosciati e addolorati, avendo preso l'abitudine di non pensare ad altro che ai mantici, alle pinze e ai carboni, e di non frequentare altri che non appartengano alla stessa eretica consorteria; e quasi diventano uomini selvatici. Alcuni, avendo smarrito dapprima la luce della ragione, hanno poi perso anche la luce degli occhi in questo esercizio".(93) Per Petrarca la pratica dell'Arte conduce al disordine della vita individuale e famigliare. Egli cos avverte laspirante alchimista: "La tua casa si riempir di ospiti strani e di apparecchi bizzarri. Si riempir di mangioni e di beoni... di bugiardi, di impostori e di soffiatori... In ogni angolo della casa vi saranno bacinelle, fiale e bocce piene di acqua fetida, di erbe sconosciute, di strani sali, solfo, alambicchi e fornelli.... Vi saranno affanni inutili, stoltizia, squallore del viso e caliggine degli occhi... Condurrai la tua vita
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con vergogna e con biasimo, lavorando di notte, nascondendoti come i ladri".(94) Anche per Geoffrey Chaucer - ne il Racconto del famiglio del canonico, uno del Canterbury Tales, 1388 - l'alchimia una "dannata" e "balorda scienza sfuggente", che riduce sul lastrico coloro che la perseguono, e gli alchimisti vi sono descritti come individui che ovunque si rechino possono essere riconosciuti per l'odore di zolfo che emanano e per il loro aspetto male in arnese. Lo stereotipo letterario dell'alchimista folle si rinforz nei decenni a ca-vallo tra XV e XVI secolo. Nel 1494 fu pubblicato a Basilea il poema satirico-didascalico Narrenschiff (Nave dei folli) di Sebastian Brant, che metteva alla berlina anche quanti desideravano arricchirsi con "la brutta menzogna dell'alchimia", riuscendo soltanto a ridurre in polvere e cenere le loro ricchezze. Nell'Elogio della follia (1511) di Erasmo da Rotterdam gli alchimisti sono: "Coloro che con nuove e misteriose arti cercano di trasformare la specie naturale delle cose e vanno a caccia per terra e per mare di una misteriosa quintessenza. Questa dolce speranza li domina tanto che non retrocedono davanti ad alcuna fatica n spesa, e con meravigliosa inventiva escogitano ogni volta qualcos'altro, e, se s'ingannano, godono persino della delusione, finch, sfumato tutto il loro avere, non hanno pi neanche il necessario per costruirsi una stufetta".(95) Daltro canto, queste raffigurazioni letterarie dellalchimista corrispondevano ad una realt precisa. Nel De secretissimo philosophico opere chemico, attribuito allalchimista tedesco Bernardo di Treves e certamente scritto nella seconda met del XV secolo(96), lautore descrive la vicenda della propria ricerca alchimistica come un ininterrotto dilapidare per decenni le sostanze di famiglia in inutili esperimenti. Il presunto Bernardo di Treves descrive lalchimia dellepoca come una specie di follia collettiva che aveva investito lEuropa: Ho visto molti uomini, anzi infiniti, che si affaticavano in queste amalgamazioni e nelle moltiplicazioni al bianco e al rosso, con tutte le materie immaginabili...(97). Ad un certo punto la vergogna del fallimento tale che: Per la qualcosa, non potendo quasi n bere n mangiare, diventai cos magro che tutti pensavano fossi stato intossicato da qualche veleno....(98) Parmigianino apparteneva realmente alla schiera degli infiniti che congelavano il mercurio fino allautodistruzione fisica o il Vasari volle soltanto rappresentare la morte dellartista - in realt dovuta a qualche malanno ignoto - secondo lo stereotipo letterario sullalchimia cos in voga nel suo tempo? Alla luce degli elementi disponibili, entrambe le ipotesi sembrano possibili. In che cosa consisteva la ricerca alchemica allepoca del Parmigianino? Lalchimia era arrivata in Europa alla met del XII secolo, con le traduzioni in latino effettuate sui testi arabi, in Spagna. Prima di questepoca erano giunti in Europa da Bisanzio solo pochi trattati ellenistici sulle tinture dei metalli. E infatti nella prefazione alla propria traduzione in latino del testo arabo poi noto come Libro di re Khalid, effettuata nel 1144, Roberto di Chester scriveva: Cosa sia lalchimia, e quale sia la sua composizione, che la latinit non ha ancora conosciuto, lo spiegher in questo libro.(99) Lalchimia araba era a sua volta lerede dellalchimia ellenistica, fiorita in Egitto nei primi secoli della nostra era. La questione delle origini dellalchimia complessa, e la discussione delle diverse ipotesi esula da questa sede. E appena necessario sapere che lalchimia nacque dallincontro in Egitto tra tecniche artigianali di lavorazione e di falsificazione dei metalli, speculazioni magico mistiche orientali (persiane e forse ebraiche) e la gnosi ermetica. Gi nelle prime opere di alchimia a noi note (trattati di Zosimo di Panopolis, il Libro di Comario, etc.(100) la ricerca della trasmutazione dei metalli vili in oro si sovrappone e si confonde con quella della rigenerazione spirituale delloperatore. Come il metallo vile viene fatto morire nel crogiolo perch possa rinascere purificato come metallo perfetto e immortale (loro), cos - su un diverso piano - lalchimista persegue un processo di morte e purificazione spi-rituali per riconquistare la perfezione delluomo edenico. Nellellenistico Il libro di Comario mezzo di tale duplice trasformazione un pharmakon di vita che si ottiene con il lavoro alchemico. Se lalchimia (o Arte sacra, come la chiamavano gli alchimisti ellenistici) era certamente ispirata dalla gnosi ermetica, altrettanto certo che tra i testi ermetici propriamente detti (posti cio sotto il nome di Hermes Trismegisto) a noi noti esistono libri di magia e di astrologia, ma non un solo testo di alchimia. Anche se Hermes viene indicato come padre dellArte sacra dallo stesso Zosimo, ermetismo e Arte sacra non sono sinonimi. DallEgitto ellenistico lalchimia si attest in Siria, dove probabilmente si arricch di elementi dottrinari provenienti dallestremo Oriente, e da l fu assorbita dalla cultura araba. Anche tra gli arabi lalchimia fu un insieme inestricabile nella cui letteratura i segreti sulla lavorazione dei metalli si mischiano a quelli che dovrebbero consentire allalchimista di riconquistare la perfezione primordiale.(101) Per qualche tempo lalchimia latina conobbe soltanto le traduzioni dei testi arabi, come le opere di Jabir, la Tavola smeraldina, la Turba dei Filosofi, etc. Agli inizi del XIII secolo apparvero i primi testi origi117

nali di alchimia latina, compresi alcuni trattati presentati come traduzioni di libri di Jabir (latinizzato Geber) ma in realt scritti da un europeo. Allepoca del Parmigianino i testi di riferimento erano costituiti dalle traduzioni dallarabo sopra citate, dai libri del falso Geber, dalle opere di Arnaldo di Villanova, dello pseudo Raimondo Lullo, di Giovanni di Rupescissa, di Bernardo di Treves. Nei trattati di alchimia latina sono prevalenti (o forse sono pi evidenti) gli aspetti tecnici legati alla lavorazione dei metalli rispetto alle pretese magico-mistiche, anche se ad una pi profonda lettura alcuni di essi sono interpretabili anche come tecniche di manipolazioni delle energie psicofisiche, in linea con le pretese di parte dellalchimia cinese, ellenistica ed araba. Capisaldi teorici della prima alchimia latina sono: lunit della materia; i due princpi (Solfo e Argento vivo); la teoria dellevoluzione dei metalli (che nella miniera si trasformano da imperfetti a perfetti grazie agli influssi delle forze naturali, per cui lalchimista non fa altro che riprodurre in laboratorio, con ritmo accelerato, lopera della natura); la suddivisione delle operazioni in sette o pi fasi (caratterizzate da cambiamenti di colore della materia lavorata, di cui le principali sono nigredo, albedo e rubedo); la fabbricazione della Pietra filosofale e/o dellElisir al rosso come obiettivo finale della ricerca. Questo sistema rimase pressoch immutato fino a Paracelso (1493 o 1494-1541), che spost laccento dellalchimia sugli aspetti naturalistici e medici, facendo dellalchimia una scienza finalizzata non pi alla fabbricazione delloro ma alla preparazione di medicine per curare i malati(102). Da un punto di vista tecnico Paracelso non fu un innovatore, poich riprese idee e scoperte di Villanova, Rupescissa, lo pesudo Lullo. Fu soltanto con Paracelso per che i due principi costitutivi della materia (Solfo e Mercurio o Argento Vivo) divennero tre (i tria prima) con laggiunta del Sale (principio neutro) ai primi due. I libri di Paracelso divennero noti dopo la sua morte. Ne consegue, ad esempio, che il Parmigianino non poteva conoscerli e che lalchimia cui si dedic era quella pre-paracelsiana, basata su due soli principi costitutivi della materia. Lepoca di Parmigianino, invece, fu quella della riscoperta della filosofia ermetica che fece seguito alla traduzione in latino (dal greco) - da parte di Marsilio Ficino - del Corpus Hermeticum, raccolta di 17 trattati attribuiti al mitico Hermes Trismegisto importata nella Firenze di Cosimo de Medici nel 1460 dallimpero di Bisanzio. Fino ad allora si era attribuita ad Hermes grande fama, ritenendolo un sapiente realmente vissuto in tempi remoti, il quale secondo linterpretazione di Lattanzio (III-IV secolo) aveva addirittura profetizzato lavvento del Cristo. Nel contempo tra gli scritti ermetici si conosceva solo il Pimandro e qualche frammento. La traduzione del corpus fece diventare lermetismo una filosofia alla moda nel mondo rinascimentale. Influenzata dallermetismo nacque una magia rinascimentale dotta, che soppiant la vecchia magia diabolica e popolare dei grimori. In questo spirito erano nate la qabbalah cristiana di Pico della Mirandola (1463-1494) e la occulta philosophia di Cornelio Agrippa (1486-1535). Imbevuto di ermetismo, neoplatonismo e qabbalah (oltre che della vecchia astrologia), il mago rinascimentale divenne un sapiente che mirava alla conoscenza suprema, usando strumenti come la meditazione sui simboli e le speculazioni sui numeri e le lettere dellalfabeto(103).

Sul simbolismo di alcune opere


Chi ha ricercato tracce di simbolismo alchemico nelle opere del Parmigianino si soffermato soprattutto sul ritratto del conte Sanvitale (1524), sullaffresco ispirato al mito di Atteone a Fontanellato (1524) e sulla decorazione incompiuta della Chiesa di S. Maria della Steccata, affidata al pittore nel 1531. Bisogna notare, anzitutto, che se si presta fede a Vasari le prime due opere furono eseguite alcuni anni prima che il pittore cominciasse ad interessarsi allalchimia. Il ritratto Sanvitale - Comunque, ad attirare lattenzione generale di quanti hanno cercato i segni del simbolismo alchemico anche nelle opere precedenti gli anni dellinteresse alchemico del Parmigianino stato soprattutto il numero 72 raffigurato nel medaglione posto nella mano destra del conte Sanvitale. Per Fagiolo DellArco esso avrebbe un chiaro significato ermetico, poich - in base alle corrispondenze numeri/pianeti/metalli - il 2 corrisponde a Giove e il 7 alla Luna, il che equivarrebbe ad una coniunctio (la congiunzione tra gli opposti uno dei capisaldi delle pratiche alchemiche)(104). Ma lautentica congiunzione di cui parlano gli alchimisti quella tra Re e Regina, tra principio maschile e femminile, ossia tra Solfo e Mercurio, simbolicamente raffigurato in tutta liconografia alchemica come unione tra Sole e Luna, e non tra Giove e Luna. Daltro canto, le corrispondenze tra numeri e
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pianeti variava quasi da autore ad autore di alchimia. E infatti per Van Lennep, che evidentemente attinge a fonte diversa da Fagiolo dellArco, il 7 il numero di Saturno e il 2 quello di Giove(105). Per C. Mutti addirittura il 72 corrisponde allunit nel tutto(106). Se proprio avesse senso cercare un significato al 72 in chiave di simbolismo alchemico, si dovrebbe dire pi semplicemente che il 7 il numero dei metalli e dei pianeti e che 2 il numero dei due princpi costituitivi della materia metallica al tempo del Parmigianino (Solfo e Mercurio, poich il terzo principio, come gi detto, fu introdotto solo da Paracelso). Laffresco del mito di Atteone - Quanto al mito di Atteone, per Fagiolo dellArco si tratta anchesso di un simbolo della congiunzione(107). Mutti e Van Lennep vi vedono una rappresentazione del furore eroico, poich tale era il significato ermetico attribuito a questo mito da Giordano Bruno. Bruno visse dopo Parmigianino e come filosofo ermetico non era minimamente interessato allalchimia, anzi nella sua commedia Il candelaio mise alla berlina le ricerche alchemiche: ci dimostra una volta di pi che nel Rinascimento filosofia e magia ermetica non coincidevano con le teorie alchemiche, e linteresse per lalchimia non coincideva necessariamente con linteresse per la magia erme-tica e viceversa. pur vero che gli alchimisti usavano attribuire significati alchemici ai miti dellantichit. Questuso fu molto in voga nel XVII e XVIII secolo, ma i suoi presupposti risalgono a molto prima. In De Alchemia dialogi duo (1548) litaliano Giovanni Bracesco gi forniva i significati alchemici di una serie di miti e di personaggi della mitologia greca, tra i quali non figura comunque il mito di Atteone. In realt le miniature dei manoscritti alchemici dimostrano come il simbolismo alchemico tra XIV e XV secolo avesse connotazioni diverse da quelle mitologiche(108). E anche lesame dei manoscritti alchemici circolanti in Italia fatta da Giovanni Carbonelli mostra immagini che fanno riferimento piuttosto ad aquile, draghi, alberi, sole, luna, stelle ed altri simboli non mitologici(109). ben vero che - come sostiene Fagiolo dellArco - la metamorfosi di Atteone potrebbe voler significare la metamorfosi della materia e delloperatore stesso cos cara allalchimia, ma impossibile dimostrare che questo fosse il significato profondo dellaffresco. Daltro canto, ne La metamorfosi di Atteone il dettaglio delle donne al bagno ricorda piuttosto, anche sotto laspetto formale, un dettaglio di una delle 22 miniature dello Splendor Solis, testo di alchimia del XVI secolo (la copia pi antica del 1532-1535), in cui le bianche figure femminili che si bagnano in una vasca simboleggiano piuttosto il bagno di Diana ossia lalbedo (processo di imbiancamento). Semmai si insistesse a ricercare significato alchemico in questaffresco, il senso occulto dellopera sarebbe questo, essendo il bagno di Diana un simbolo ben noto allalchimia dellepoca del Parmigianino. La Steccata - Risalendo ad un periodo successivo allapproccio di Parmigianino allalchimia, laffresco della Steccata dovrebbe essere lopera dellartista nella quale ricercare con pi attenzione tracce del simbolismo alchemico. In realt nellopera non appare nulla di cos evidente. Esistono tuttavia alcuni elementi sui quali conviene soffermarsi. Linsieme costituito dalla tre vergini stolte e le tre vergini savie caratterizzato dal fatto che le sei vergini sono tutte raffigurate con unanfora sul capo. Il modello iconografico della fanciulla che reca unanfora sul capo non sconosciuto allalchimia. Vedasi linsieme delle quattro figure femminili con lanfora sul capo che simboleggiano i quattro elementi e le corrispondenti fasi della Grande Opera in unincisione del primo Seicento(110). Nel caso delle immagini alchemiche, per, lelemento centrale costituito non dalle figure femminili ma in ci che si intravede nei vasi semitrasparenti che recano sul capo. Nellimmagine alchemica sopracitata, infatti, in trasparenza si distinguono nei quattro vasi altrettanti simboli che Jung interpreta come quelli di nigredo, albedo, citrinatio, rubedo. Nella gi citata serie di XXII miniature dello Splendor Solis, allincirca coeve del periodo alchemico del Parmigianino, le immagini 12-18 mostrano tutte il vaso alchemico in trasparenza, con allinterno simboli che rappresentano le corrispondenze tra regimi e pianeti. Questa caratteristica della trasparenza manca nellaffresco della Steccata, cos come nelle sei figure e nei sei vasi manca qualsiasi altro dettaglio che faccia pensare allalchimia. Ai lati delle sei vergini sono, a coppie, le figure a grisaille di Adamo ed Eva e quelle di Mos ed Aronne. Proprio la figura di Aronne mostra un simbolismo ricorrente nelliconografia alchemica: il serpente attorcigliato al bastone, combinazione che caratterizza il caduceo ermetico. Nella figura della Steccata il simbolo sta chiaramente a ricordare lepisodio biblico di Levitico XXI: 4-9, in cui Mos fa fabbricare un serpente di bronzo che poi pone su unasta per salvare gli Ebrei assaliti da serpenti velenosi. Ma nelli119

conografia alchemica il serpente trafitto o arrotolato su unasta sta a significare la fissazione del Mercurio. In modo tale presentato, ad esempio, nel Le livre des figures hiroglyphiques che dovrebbe risalire al XV secolo(111). altres vero che questo simbolo ricorreva nelliconografia cristiana come simbolo del Cristo, e della promessa di vita eterna. Sfugge invece, ai sensi delliconografia alchemica, il collegamento tra i quattro personaggi (Adamo ed Eva, Mos ed Aronne). Se Adamo ed Eva possono rappresentare la coppia maschile-femminile, o Solfo-Mercurio, non si trovano precedenti per la simultanea raffigurazione di Mos ed Aronne. In Fagiolo DellArco si attribuiscono valenze alchemiche ad altri particolari dellaffresco, quali le colombe e i granchi. In effetti la colomba frequente simbolo dellalbedo (vedi la miniatura XI dello Splendor Solis, raffigurante la coctio), mentre il granchio segno alchimistico citato in dizionari di alchimia(112). Esso raffigurato anche in una miniatura dellAurora consurgens (inizio XV secolo). Ma questi due simboli, isolati da un contesto, non rivestono alcun significato. La Madonna dal collo lungo - Anche a questo dipinto sono state attribuite valenze alchemiche (Fagiolo DellArco, Mutti). Questa raffigurazione della Vergine starebbe a simboleggiare il vaso alchemico, in genere rappresentato in forma ovoidale (da cui Uovo filosofale) o in forma di vaso dal collo fortemente allungato (vedi, ad esempio, le miniature dello Splendor Solis precedentemente citate). Ed anche vero che il simbolismo dellalchimia latina prese assai presto ispirazione da quello cristiano, stabilendo tra laltro il parallelismo tra il Cristo nato dalla Vergine Maria e la Pietra Filosofale nata dallAcqua Mercuriale. Ma il parallelismo tra il vaso alchemico e la matrice di una divinit femminile molto pi antico, poich gi nellalchimia ellenistica si era stabilito il parallelismo tra il vaso alchemico e lutero di Iside(113). Allalchimia ellenistica appartiene lespressione La terra vergine (il Lapis) sar trovata nella vagina della vergine(114). Ma anche in questo caso gli indizi sono troppo labili per attribuire allopera un sicuro significato alchemico nel senso indicato da DellArco: e cio che la Vergine dal collo lungo, matrice del Figlio, raffigura il vaso alchemico in cui prende forma la Pietra Filosofale. Per le motivazioni sopra esposte (lattestato parallelismo tra Vergine Maria e vaso alchemico in molta dellalchimia latina) si tratta di una interpretazione valida in linea teorica ma che avrebbe bisogno di ulteriori prove a sostegno.

La genesi del romanzo LOpera al Nero di Marguerite Yourcenar


Il romanzo frutto, come molte altre opere di Marguerite Yourcenar, di una lunga e tormentata, intima gestazione, di una novella scritta nel 1934. Il libro narra la storia di un alchimista e filosofo, Zenone, un uomo perseguitato per la sua intelligenza. Una storia che la Yourcenar ambienta nel XVI secolo, ma che una storia comune in tutti i tempi e tutte le epoche. Nel simbolismo alchemico, l'Opera al Nero - una delle quattro della Grande Opera - l'inizio del processo di trasmutazione interiore dell'Uomo, cio il distacco dalle cose terrene. Si chiama cos perch consiste in un rinchiudersi in se stessi come in un guscio che, impedendo l'accesso alle sollecitazioni mondane, permette all'Uomo di maturare interiormente e di crescere spiritualmente e di crescere spiritualmente. Il paragone con il guscio calza perfettamente perch all'interno del guscio che l'uovo fecondato diventa pulcino, allodola, corvo, eccetera. Ed proprio il corvo che, dato il suo colore nero, viene raffigurato graficamente come simbolo dell'Opera al Nero. Il nero anche il colore della morte, ed ben scelto perch l'Opera al Nero comporta un "morire a se stessi". Ma non si tratta di una morte fisica, bens di un morire alle cose del mondo, anche perch l'iniziato deve saper di-stinguere due modi di morire: l'uno consapevole, e l'altro non consapevole, ed il controllo su se stessi deve essere cos raffinato da riconoscere la morte e usarla come veicolo e senza subirla come un evento. L'Opera al Nero non un processo n semplice n facile perch, come ogni primo passo, il pi duro, essendo ostacolato dalle abitudini acquisite durante la vita materiale e dall'ambiente in cui l'individuo vive di solito. Ecco perch il simbolismo alchemico raffigura l'Opera al Nero come un guscio che racchiude un corvo, uccello tutt'altro che vivace e allegro, e dotato di voce sgradevole all'orecchio. E, gi da questo simbolismo che si pu ben capire che, che se l'Opera al Nero resta fine a s stessa e non si evolve nei suoi tre stadi successivi (il Bianco, il Rosso, l'Oro), essa diviene null'altro che uno stimolo che conduce l'individuo verso aree della coscienza disgregate, malsane e dissociate, a null'altro tendendo che alla distruzione - individuale o collettiva - della persona e del contesto sociale. Laddove opera l'Opera al Nero
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"negativa", si verificano sorprendenti cambiamenti di "segno" della realt quale dovrebbe essere ed il Bene istituzionale si trasforma nel Male occulto, perch i sacerdoti dell'Opera al Nero "non alchemica" si trovano ben distribuiti nei contesti del potere, nelle stanze del bottone ecclesiastico, nelle segrete del dogma teologico e nelle coscienze devastate dei ministri del Dio istituzionale o di altri, occasionali Dei. Le vicende dellOpera al Nero sono ambientate nel periodo del Rinascimento, del quale si possono cogliere i tratti attraverso la presentazione dei personaggi, come mercanti, banchieri, ecclesiastici, regnanti, donne, e le loro storie. In particolare la vita di Zenone si svolge tra il 1510 e il 1569, anno della condanna e del suicidio. Il testo offre al lettore riferimenti precisi a date, personaggi come ad esempio Francesco di Valois e Margherita dAustria, e avve-nimenti storici. Gli ambienti ed i personaggi sono descritti in modo preciso e accurato e offrono un ritratto vivo e quotidiano di questo periodo storico. I viaggi di Zenone toccano diverse tappe sparse in tutto il mondo: dallOriente, alla Svezia, a Parigi Una parte consistente della sua vita si svolge nelle Fiandre. Marguerite Yourcenar ci fa vivere direttamente le condanne per eresia, la diffusione di nuove correnti religiose come lanabattismo o la dottrina di Calvino, le nuove scoperte, la corruzione dei costumi tra religiosi, gli studi degli alchimisti Anche alcuni personaggi minori sono autentici, ripresi dalla storia o dalle cronache locali, come ad esempio il professor Rondelet, che realmente sezion il cadavere del figlio. Molti degli avvenimenti descritti sono ispirati a fatti realmente accaduti, ma sono stati lievemente modificati ed adattati alle vicende di Zenone. La prima traccia, lidea stessa del romanzo nasce, come per le Memorie di Adriano, da lontano e precisamente, come la scrittrice racconta in una nota preziosa, da un racconto, Dapres Durer, pubblicato nel 1934, e da un pro-getto concepito tra i diciotto e i ventiquattro anni. Anche il nome del protagonista, Zenone, gi presente nei primi anni venti, a pi di quarantanni dalla conclusione del romanzo, avvenuta nel 1965, con la successiva pubblicazione nel 1968. Zenone, quindi, accompagna lautrice prima e dopo il personaggio di Adriano e diventer, come lei stessa ha affermato, come un fratello, cio come qualcuno che ha lo stesso sangue, le stesse radici, e forse intrecciato al suo stesso cammino interiore di intellettuale silenziosamente attenta al mondo storico, quanto a quello incerto e angoscioso del mistero. Marguerite Yourcenar e Zenone, infatti, vivono la loro esperienza di fede e la loro avventura del sapere nel buio della psiche, divisi dagli uomini perch divisi dalle loro follie e dalle loro atrocit e come pellegrini nel buio non hanno che la loro ragione e il loro sentire a guidarli. Si potrebbe dire che qui si riscontra anche il profondo disagio dellintellettuale dei nostri tempi, qualora abbia lardire di allargare le proprie riflessioni al di l del presente o al di l del pragmatismo che ha sopraffatto il nostro pensiero. La scrittrice, tuttavia, ci aiuta a non disperderci nel creare legami tra secoli ed avvenimenti tra loro distanti. Ella, infatti, traccia un preciso quadro di riferimenti e di letture: il romanzo si svolge nel secolo XVI e il protagonista, Zenone, pur essendo un personaggio di fantasia, ricalca figure emblematiche di questo periodo storico, come Campanella e Giordano Bruno. proprio la presenza nel romanzo di un ambiente storico e di un perso-naggio immaginario, quanto di pi lontano vi pu essere dal clima sessantottino, che ha contribuito a consegnare Marguerite Yourcenar alla fredda distanza dei classici o degli scrittori accademici. In seguito, infatti, quasi per dare ragione a questo distacco dalle indicazioni narrative degli anni Sessanta e Settanta, lautrice si dedic ai tre volumi che riguardarono la storia della sua famiglia, concepiti come un percorso dai rami fino alle radici, scavando nel profondo del tempo passato quasi per cercare solidit e fondamenti alla propria esistenza. Ci sono in parallelo racconti, articoli e saggi ma LOpera al Nero, ancor pi delle Memorie di Adriano, rappresenta lo sforzo maggiore compiuto dallautrice ed soprattutto la dimostrazione per metafora della sua personalit intellettuale pi intima. Solo cos poteva e sapeva parlare di s, percorrendo unaltra strada, la presenza nella vita di un nome, di un personaggio, di un epoca, tutti punti che si sono coagulati in un intellettuale del Cinquecento vissuto per conoscere, sperimentare e comprendere anche se stesso, per cercare le ragioni ultime dellesistenza attraverso le molteplici culture del mondo. Zenone un concentrato di quegli uomini del XVI secolo, per i quali vale il motto che poi fu di Adrian Leverkuhn, placet experiri, cio piacevole sperimentare, linterprete del Rinascimento, ma inoltre lemblema della disfatta dellintellettuale contemporaneo. Nel protagonista vediamo, infatti, la storia inte121

riore di Marguerite Yourcenar e la sua profonda e sofferta solitudine. Ripercorrere la vita di Zenone fino al suicidio, che lo sottrae al supplizio del rogo, oggi pi emozionante di quanto potesse esserlo trentanni fa; infatti il mistero e la certezza scientifica, il caos supremo del mondo e il suo destino sono pi che mai il fondo di ogni esistenza contemporanea. Si dimentica troppo spesso il valore contemporaneo de LOpera al Nero, la forte metafora che si nasconde nel personaggio di Zenone, che attraversa quellEuropa descritta come regno dellingiustizia; negli anni Sessanta, infatti, pochi si accorsero, pur giudicandone il successo, che LOpera al Nero parlava delle radici delluomo doggi, immerso in rapidissimi cambiamenti che non riesce a fronteggiare. Riguardo al personaggio di Zenone possiamo dire che per delinearne la fisionomia sia fisica sia ideologica, non ci sono stati dei veri e propri modelli di riferimento. Ad esempio, dice la Yourcenar, Zenone avrebbe potuto avere certe opinioni dal momento che Campanella le ha avute, o che Giordano Bruno morto per esse, facendo cos intendere che il pensiero del personaggio non si rif a correnti ideologiche precise. La figura storica di Zenone quindi immaginaria, ma racchiude in se caratteristiche personali di diversi personaggi realmente esistiti ed operanti nel 500. La sua nascita illegittima ricorda quella di Erasmo da Rotterdam, mentre la carriera di medico alchimista e filosofo che ha viaggiato anche in Oriente ricorda limmagine di Paracelso. Gran parte delle ricerche scientifiche e delle osservazioni di Zenone sono state costruite sulla base dei Quaderni di Leonardo da Vinci e anche molte delle invenzioni quali la formula del fuoco liquido e i progetti idraulici corrispondono a quelli di Leonardo. Durante un suo discorso con Enrico Massimiliano Zenone parla delle tante invenzioni che si potrebbero fare, ma anche del fatto che equipaggiare la nostra specie porterebbe ad aumentare il disordine alla luce della bestialit e delle follie delluomo che aveva osservato durante i suoi spostamenti. Questa linea di pensiero appartiene a figure come quella di Leonardo e di Cardano. Le accuse nei confronti di Zenone richiamano quelle di empiet, eresia e di carattere secolare di Campanella e Giordano Bruno, cos come i riferimenti alla omosessualit di Zenone un ulteriore elemento di richiamo a diverse personalit intellettuali dellepoca. Laspetto fisico rispecchia il suo temperamento tutto fuoco e fiamme, possiamo quindi facilmente immaginarlo tenace e nervoso, pallido, magro, emaciato, ma indistruttibile, con gli occhi vispi e attenti. Zenone nato, quindi, mescolando gli studi della Yourcenar riguardo alla medicina dellepoca, alla magia, alla teologia, alla filosofia del tempo, al suo interessamento a documenti genealogici per rendere pi realistico e pi vero il protagonista. Nel personaggio da lei pi amato lautrice ha trasfuso tutta la sua passione per la giustizia e per luguaglianza degli uomini, la sua sofferenza per la crudelt umana. Zenone dimostra infatti di avere delle contraddizioni al suo interno, di avere esitazioni e spesso di essere sopraffatto dalla paura. un dissidente inquieto, ma ambientato in una natura che non cambia, mare, pietra, cielo. Nonostante ci Zenone senzaltro un uomo dotato dingegno e di cuore, che non si fa condizionare dalla societ a cui appartiene, come la stessa Yourcenar, tanto da venire condannato da essa. linterprete del Rinascimento. Si pone contro tutto: contro luniversit, la famiglia, la ricchezza, le autorit, i principi Respinge lideologia, lintellettualismo del suo tempo e il pensiero cristiano, bench sia proprio con certi uomini di Chiesa, con il Priore dei Cordiglieri, che riesce a intendersi meglio; infatti il priore e Zenone sono complementari: il priore, uomo di corte ed umanista, con i suoi conflitti interiori, e Zenone, ribelle in ogni situazione della vita, uomo di scienza dallo spirito avventuroso. Dal punto di vista culturale, infatti, si pu dire che Zenone non un vero e proprio umanista ed ha le caratteristiche dellautodidatta. Possiamo sottolineare un ultimo aspetto della psicologia del protagonista, quello che riguarda il porsi rispetto agli altri personaggi. Per Zenone questi ultimi si cancellano, si dissolvono. Ciascuno lascia una scia, ed di ci che egli si ricorda, pi che delluomo stesso. Le persone esistono per lui come manifestazione pi o meno passeggera. La figura della donna che emerge nel romanzo non positiva. Le donne che appaiono spesso sono donne oggetto di desideri carnali, belle o brutte indifferentemente, altre volte non hanno avuto la forza ed il coraggio per dichiarare i loro ideali e per questo sono sottomesse e remissive oppure sono senza alcuna capacit intellettiva. Nessuna di loro ha avuto molta importanza per Zenone tranne qualche rara eccezione, ma sempre e comunque temporaneamente. Idelette giovane e carina, ma si fa coinvolgere in giochi pericolosi e uccide il suo bambino.
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Marta non ha avuto il coraggio di dichiararsi apertamente, teme la morte, ama il denaro ed sommessa al marito. Benedetta timida e timorosa muore di peste dopo aver soccorso la madre. Hilzonde non si cura molto del figlio perch gli ricorda la sua disgrazia, tradisce il marito a Munster e muore sul patibolo. Lunica che rimane fedele a Zenone e non ha una brutta fine Greta, la vecchia governante di casa Ligre che fino allultimo si preoccupa di lui. Marguerite Yourcenar, in un saggio pubblicato nel 1980, esprime la sua predilezione per una scelta esistenziale consapevole del ruolo che spetta alla morte nella vita delluomo. Bisogna dire, prima di addentrarsi in quelli che possono considerarsi come i capolavori yourcenariani, che vita e morte si sono trovate accoppiate vicino alla culla della piccola Marguerite, la cui nascita ha segnato appunto la fine del viaggio terreno della madre Fernande. In tutte le opere della Yourcenar c la presenza costante ed ossessiva della morte: tutte si concludono con la morte, spesso violenta, del protagonista. I protagonisti di quei due capolavori yourcenariani sono Adriano e Zenone: entrambi devono fronteggiare il problema e la realt della morte e, in modi diversi, a seconda del loro carattere e della loro storia, scelgono di viverla lucidamente. Adriano, dopo il suicidio sacrificale di Antinoo, deve confrontarsi con quella morte gi tante volte incontrata sui campi di battaglia o nella vita privata, senza mai coglierne la tremenda evidenza. La lunga lettera-memoria che indirizza a Marco Aurelio quindi un tentativo, da parte dellimperatore, di cogliere il senso ed il valore della propria esistenza, come uomo pubblico e privato, per capire, accettare e vivere ad occhi aperti la propria fine. Il rapporto che Zenone ha con la morte pi bruciante e pi intenso di quello di Adriano. Il medico, filosofo, alchimista ed avventuriero della conoscenza ha avuto infinite occasioni di lottare con la morte e di meditare su di essa, e limpatto con il corpo del giovane servo Ale divorato dalla peste si rivela cruciale. La fine atroce del giovane costringe Zenone, uomo che ha gi superato i quarantanni e che ha un ricco bagaglio di esperienze e conoscenze, a guardare con occhi nuovi la morte e, quindi, la vita ed il mondo, cio il teatro in cui vita e morte combattono il loro eterno duello. La stessa cosa accade per Adriano dopo la morte di Antinoo. A questo punto la vita di Zenone subisce uninversione: dopo aver molto viaggiato, decide di ritornare nella sua citt natale, Bruges. Lalchimista, che andato per anni alla ricerca del grande segreto delluniverso, liberato alfine del suo smisurato orgoglio (si ricordi il passo di Pico della Mirandola posto in esergo allopera), ora pronto ad accostarsi, per vie inattese, alle soglie di quel mistero che ha inutilmente cercato di svelare. Nella solitudine dellospedale di San Cosma si compie la mors philosophica, che la prima difficilissima tappa della ricerca alchemica, quella dellOpera al Nero che d il titolo al romanzo. Essa consiste nella capacit di spezzare i propri limitati confini individuali, di rinunciare a se stessi come persona per identificarsi con la realt circostante. La morte filosofica, premessa forse della morte fisica, libera Zenone da ogni egoismo e lo trasforma in una sorta di santo laico, che pone la sua scienza e la sua vita al servizio di coloro che soffrono. la seconda tappa sulla via della perfezione perseguita dagli alchimisti, quella dellOpera al bianco che prepara al grande momento in cui luomo, liberato da ogni impurit soggetta al logorio del tempo, accede alla purificazione assoluta dellOpera al rosso, che anche estasi della conoscenza totale. Zenone raggiunger questa vetta sublime al momento della morte. Lestenuante ricerca dellalchimista dunque anche una lenta iniziazione alla morte, che diviene il momento in cui lo scienziato e luomo si realizzano compiutamente. Zenone, come Adriano, ha voluto entrare nella morte ad occhi aperti, ma, coerente con la sua scelta esistenziale di avventuriero della conoscenza, la sua morte, oltre ad essere un invito alla lucidit, ci offre, in pi, la speranza di poter svelare un giorno il mistero dellesistenza. Non un paradosso parlare di iniziazione alla morte: se vero infatti che tutti gli esseri umani, con tempi e modalit diversi, arrivano al termine del loro soggiorno sulla Terra, non ne consegue che tutti muoiano. La morte non dunque un dono, gradito o sgradito, ma una conquista che non a tutti riesce. In conclusione, queste due opere, che possono essere considerate una sorta di testamento spirituale di Marguerite Yourcenar, racchiudono un ripetuto invito a guardare in faccia la realt, ma anche, e soprattutto, a non complicare inutilmente la tremenda semplicit della vita e della morte. Il progetto del LOpera al Nero derivato dallinteresse che la Yourcenar aveva per le cronologie famigliari della sua citt dinfanzia, rendendosi conto in seguito che quei dati avrebbero potuto fondersi dando vita ad universo umano. Alla base dellopera al nero vi furono, oltre che il libro intitolato Memoires
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anonymes sur les troubles des Pays-Bas (Memorie anonime sui disordini dei Paesi Bassi), numerosi appunti presi dallautrice fin dai diciotto anni, la lettura di vari documenti genealogici e lo studio di autori illustri e non del Rinascimento. Grazie a tutto ci lautrice riuscita a creare un mondo ideale in cui inserire le vicende del personaggio principale, vale a dire di Zenone. Bisogna per dire che il primo progetto dellopera era in realt una sorta di archivio romanzato di fatti, uomini e consuetudini dei paesi del Nord Europa, in cui la storia di Zenone non sarebbe stata lunica, ma una fra tante. Il romanzo era stato iniziato attorno al 1957 o 58, e lidea del titolo non era ancora ben definita nella mente della Yourcenar. Ad ogni modo la formula Opera al Nero appare gi due anni prima della data dinizio dellopera in un suo saggio su Thomas Mann. cos che questo titolo inizi ad affluire vagamente nella testa della Yourcenar; dico vagamente perch la scrittrice voleva prima vedere quello che sarebbe successo a Zenone, poich lei quando scrive non ha idee precise n sui personaggi n sui fatti, dato che convinta che la fisionomia dei primi e lo scaturire dei secondi prendano forma da soli gli uni dagli altri.

La struttura del romanzo


Per quanto riguarda la struttura dobbiamo innanzi tutto dire che lopera si compone di tre parti: nella prima, intitolata La vita errante, si racconta dellinfanzia di Zenone, dei suoi parenti e dei suoi viaggi in giro per il mondo. Metaforicamente parlando, si pu paragonare lerrare di Zenone ad un viaggio conoscitivo e labirintico che non si ferma di fronte a nulla. Zenone dimostra infatti di voler conoscere tutto, come per esempio aveva gi fatto Ulisse e la stessa autrice. Vogliamo per accennare alle citazioni di Pico della Mirandola tratta da Oratio de hominis digitate, che apre la prima parte del romanzo: lautrice sembra voler sottolineare gli ideali del primo Rinascimento, quello in cui la fede nella dignit e nei poteri infiniti delluomo ancora immensa. Nec certam sedem, nec propriam faciem, nec munus ullum peculiare tibi dedimus, o Adam, ut quam sedem, quam faciem, quae munera tute optaveris, ea, pro voto, pro tua sententia, habeas et possideas. Definita ceteris natura intra praescriptas a nobis leges coercetur. Tu, nullisangustiis coercitus, pro tuo arbitrio, in cuius manu te posui, tibi illam praefinies. Medium te mundi posui, ut circumspiceres inde commodius quicquid est in mundo. Nec te caelestem neque terrenum, neque mortalem neque immortalem fecimus, ut tui ipsius quasi arbitrarius honorariusque plastes et fictor, in quam malueris tute formam effingas (Oratio de Hominis Digitate - Pico della Mirandola) Non ti diedi n volto, n luogo che ti sia proprio, n alcun dono che ti sia particolare, o Adamo, affinch il tuo volto, il tuo posto e i tuoi doni tu li voglia, li conquisti e li possieda da solo. La natura racchiude altre specie in leggi da me stabilite. Ma tu che non soggiaci ad alcun limite, col tuo proprio arbitrio al quale ti affidi, tu ti definisci da te stesso. Ti ho posto al centro del mondo affinch tu possa contemplare al meglio ci che esso contiene. Non ti ho fatto n celeste n terrestre, n mortale n immortale, affinch da te stesso, liberamente, in guisa di buon pittore o provetto scultore, tu plasmi la tua immagine. (Orazione sulla dignit umana - Pico della Mirandola) Nella seconda parte, intitolata La vita immobile, si narra del ritorno a Bruges del protagonista e del suo incontro con il priore dei Cordiglieri e con il monaco Cipriano. Inizia cos la fase della vita di Zenone dedicata esclusivamente alla riflessione e alla rielaborazione dei contenuti acquisiti durante i viaggi, che gli hanno permesso di raggiungere la maturit. Riportiamo, anche di questa parte, la citazione introduttiva: si tratta di un motto alchimistico: si delinea in questo modo lidea di un Rinascimento di-sincantato in cui la dignit delluomo consiste nel reggere allo sfascio, ed proprio quello che emerger dalla lettura dellultima parte del romanzo. Obscurum per obscurius Ignotum per ignotius. Andare verso loscuro e lignoto attraverso ci che ancora pi oscuro ed ignoto.
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Nella terza parte, intitolata La prigione, si parla dellarresto di Zenone, del processo e della sua morte. Non vilt, n da vilt procede Salcun, per evitar pi crudel sorte, odia la propria vita e cerca morte Meglio morir allanima gentile Che supportar inevitabil danno Che lo farria cambiar animo e stile. Quanti ha la morte gi tratti daffanno! Ma molti channo il chiamar morte a vile Quanto talor sia dolce ancor non sanno (Giuliano de Medici) Nella prima parte del romanzo, fino al suo ritorno a Bruges, le vicende vengono narrate seguendo lintreccio: gli eventi non rispettano lordine cronologico, i viaggi di Zenone vengono presentati al lettore mediante flash-back e alcuni degli incontri fra i personaggi, in un primo momento appaiono privi dimportanza per poi acquistare significato successivamente. La fabula viene rispettata dal suo rientro nella citt natale fino al tragico suicidio, interrompendosi solo qualche volta, durante la sua permanenza in prigione, per ritornare con la mente a istantanee della vita trascorsa.

La forma del romanzo


Il linguaggio di livello alto e specifico, soprattutto nella trattazione dei casi clinici e delle osservazioni in campo medico ed alchimistico. Le vicende sono raccontate in terza persona da un narratore esterno e onnisciente. Zenone nasce nel 1510, figlio illegittimo di Hilzonde e Alberico dei Numi, prelato di stirpe fiorentina. La madre non se ne cura troppo perch gli ricorda lamante fuggito e il giovane cresce destinato alla Chiesa. Fin da ragazzo preso dalla sete di sapere. Sebbene non creda molto si iscrive alla scuola di Teologia. Durante le sue uscite osserva con attenzione la natura, le pietre, gli animali, le piante e gli astri. Prova rancore per lo stato sacerdotale a cui stato spinto contro la sua volont e decide di partire per conoscere il mondo. Nel frattempo la madre si sposa con Simone, si converte allanabattismo e si trasferisce a Mnster dove vive seguendo le regole delluguaglianza e dellabbandono dei vincoli terreni. La citt per viene assediata, iniziano i disordini e sia Hilzonde sia Simone trovano la morte. La loro figlia Marta viene affidata a Salom, sorella di Simone, e cresce con la cugina Benedetta a casa dei Fgger. Purtroppo arriva la peste e Salom e Benedetta muoiono colpiti dalla malattia: in questa occasione che nella casa dei Fgger arriva un medicocce si scoprir poi essere Zenone. In questi anni Zenone ha viaggiato, compiuto studi sul corpo umano, sulla circolazione del sangue, sulla materia e ha composto opere scritte per con un linguaggio soggetto a diverse interpretazioni per evitare guai e persecuzioni. Decide di ritornare a Bruges, dove col nome di Sebastiano Theus, prende il posto del medico. Cura indifferentemente ricchi e poveri, ripercorre i suoi viaggi, studia il fuoco, lacqua, le sostanze e il corpo. Coinvolto in una vicenda di sette che riguarda frati e giovani fanciulle viene arrestato e riconosciuto come Zenone. Le voci negative sul suo conto riemergono come se nessuno lavesse mai dimenticato durante tutti quegli anni e viene accusato di eresia, empiet, sodomia e favoreggiamento dei ribelli. Il suo processo minaccia di prolungarsi perch diverse autorit pretendono di occuparsene. Viene condannato infine al rogo. Per non pensare alle crudelt che luomo pu procurare ai suoi simili, ripercorre i suoi studi, fa calcoli, inventa alfabeti e rivede le lingue imparate. Per un istante pensa a ritrattare ma poi decide di non farlo; gli resta da decidere se aspettare lesecuzione o uccidersi. Preferisce la seconda perch vuole che la sua sia una fine razionale e si taglia le vene. Opera al Nero una formula del processo destrazione delloro dalla materia che gli alchimisti francesi traducono cos dal latino ed indica la fase iniziale della ricerca alchimistica, cio la dissoluzione
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degli elementi nel fuoco. la parte pi impegnativa della Grande Opera, che sul piano dello spirito, invece, corrisponde al proposito giovanile di Zenone: tutto negare per vedere di affermare qualcosa; tutto disfare per riemergere nella seconda fase, lopera al bianco, il momento di totale abbandono dellio; nellopera al rosso, infine, si verifica la riconciliazione dello spirito e della materia: Zenone la raggiunge nel sangue. Note
1) Nella cultura Mediterranea venne considerato fondatore dellAlchimia Ermete Trimegisto (nome che significa il Re tre volte Grande) una figura probabilmente immaginaria a cui furono attribuite numerose scritture; allepoca dellantico Egitto, Ermete fu spesso identificato con una divinit che possedeva la conoscenza di tutte le arti e le scienze sacre e segrete della mummificazione dei corpi. La parola Alchimia pure incerta si ritiene infatti che la etimologia venga da Al ( = il in arabo), e Kimia (la terra del "Kamel" = il cammello, cio l'odierno Egitto; oppure il suolo del "Kem-it", che significa "nero", e che quindi si riferisce all'aspetto scuro della terra fertile dell'Egitto). Altri ritengono invece che Alchimia possa derivare dal vocabolo greco "chyma" (che significa: scioglimento-fusione). Gi gli alchimisti egiziani avevano notato che la terra nera nel Nilo doveva la sua fertilit all' "humus", residuo della macerazione di foglie alberi ed animali morti. Avevano anche capito che le piante venivano mangiate dagli animali erbivori e che i carnivori mangiavano gli erbivori e cio che l'uomo apparteneva a questa catena alimentare biologica, dove ogni essere vivente, quando si decomponeva ritornava in ciclo. Pertanto al fine di evitare la "reicarnazione" dei resti umani in seguito a "trasmutazioni periodiche" dell'humus, essi svilupparono la Alchimia per mummificare i corpi dei morti, in modo che il corpo mummificato alchemicamente rimanesse inalterato dopo la morte; gli egizi chiusero infatti le mummie in tombe serrate "ermeticamente" (vocabolo quest'ultimo che deriva da "Ermes"). Per dimostrare tendenza alla purezza solare dei loro re, gli egiziani fecero costruire le piramidi sopra le tombe dove i re vennero sepolti. Il quadrato, ottenuto combinando i quattro triangoli equilateri che simboleggiano i quattro elementi, rappresentava la base della piramide mentre i lati che correlano la base al vertice in direzione del sole, rappresentarono la "rettificazione", cio il simbolo della purificazione espressa come tendenza alla elevazione della terra. Pi il re era potente e di valore, pi elevata doveva essere la sua piramide. I miti ed i simboli della alchimia sono stati sempre correlati principalmente alla purificazione dei metalli seguendo il principio detto del "Solve e Coagula" (dissolvi e solidifica), utile anche per la produzione di coloranti di profumi e di medicamenti; artigianali gi sviluppate allepoca delle antiche popolazioni Assiro-Babilonesi. Il simbolismo di ogni trasformazione alchemica fu concepito nellambito della idea che luomo, che parte della natura, proponendosi il ruolo di ordinatore del tempo dello sviluppo naturale, potesse aiutare, la natura ad accelerare i tempi di evoluzione prestabiliti dagli influenze celesti. L"opus Alchemico" sintetizzato nella frase "pensa agendo ed agisci pensando", fu infatti considerato come "la levatrice delle trasformazioni vitali della natura" proprio in quanto gli alchimisti ermetici ritennero che qualora venisse scoperto il segreto, detto della "Pietra Filosofale" o principio di purificazione di tutte le qualit, ci avrebbe permesso di "trasmutare" tutti i metalli in oro puro a partire dallo stato di materia imperfetta. Infatti le sostanze che compongono luniverso vennero considerate, potenzialmente "oro", ma temporalmente esistenti in varie fasi della loro purificazione che, naturalmente senza lintervento dellOpus Alchemica, si sarebbe realizzata in tempi indefiniti. La Pietra Filosofale stata quindi considerata il mistero da scoprire, che di fatto quello della intelligenza della natura, da assecondare per accelerare i ritmi temporali della trasmutazione verso la perfezione. Si disse pertanto negli scritti Alchemici "nessun uomo allinterno di una barca pu ostinarsi a svuotare il mare", volendo indicare come luomo armato di sola ragione impotente di fronte al mistero occulto della purificazione alchemica, proprio in quanto il pensiero razionale non in grado di cogliere lessenza intelligente della propria natura ovvero della "Pietra Filosofale". Lintuizione Alchemica di base risiede in una prospettiva cosmologica globale che correla i metalli al cielo ed ai pianeti; pertanto ogni trasformazione, al di l delle apparenze, non di natura cao-tica e casuale in quanto favorita dagli influssi intelligenti ("energheja") del cielo sulla terra. Pertanto nella tradizione della Alchimia Metallifera piombo, ferro, stagno, rame, mercurio, sono soggetti alla corruzione, mentre due, (argento, oro) sono incorruttibili, cio rispettivamente meno e non soggetti al decadimento fisico prodotto dal tempo. La maggiore o minore perfezione gli alchimisti ritennero che dipendesse dallo stato di maturit qualitativamente raggiunto. Solo l'oro sarebbe il risultato ultimo di una scala di perfezione che tutti i metalli potevano raggiungere in seguito a "trasmutazioni". Si pens inizialmente che le "trasmutazioni" sarebbero state il risultato di un gran numero di trasformazioni progressive frutto del miglioramento cognitivo dellOpus Alchemica nonch dallinflusso benevolo degli astri nel cielo. Nel "Libro dei sette capitoli", attribuito ad Ermete le fasi di ciascuna trasformazione sono descritte come fasi di transizione che vennero associate alle influenze del sole, della luna e dei cinque pianeti visibili ad occhio nudo. La fase iniziale di ogni trasformazione venne considerata protetta da Mercurio (Argento vivo) che fu considerato il solvente per eccellenza. Infatti si sapeva che il mercurio scioglie anche loro e largento formando con tali metalli delle amalgame liquide. Si ricorda che gli antichi artigiani alchimisti purificavano loro e largento sciogliendoli con mercurio dalla terra impura e poi con il fuoco allontanavano il mercurio estraendo oro ed argento puri, da impurit ed anche dalle leghe con altri metalli. Proprio sulla base di tali procedimenti sperimentali gi da vari secoli a.C. si conosceva che il Mercurio (principio passivo Femminile perch senza forma) sciogliesse lo zolfo giallo (considerato come principio maschile o fuoco solido), dando origine al cinabro (di colore rosso - detto sangue matriciale; Mercuro e Solfo si imparentavano nel cos detto matrimonio Alchemico) Alla fase iniziale di ogni trasformazione che serviva a dissolvere la sostanza allo stato embrionale in "materia prima", succedevano tre fasi dette di "espansione"; la prima, protetta da Saturno, (pianeta correlato al Piombo), che veniva detta fase di "NIGREDO", cio dello scioglimento o della macerazione apparentemente caotica; protegge la seconda fase (detta di "RUBEDO" per la temperatura del "calor rosso" raggiunta dai metalli riscaldati dal fuoco nel forno Alchemico), il pianeta Giove (associato allo Stagno); la terza fase detta "ALBEDO" corrisponde al massimo del calore e della lucentezza del metallo ed aveva la protezione della Luna (associata allArgento). Poi succedevano altre tre fasi di "contrazione e raffreddamento", che furono considerate rispettivamente sotto la protezione di Venere (Rame), di Marte (Ferro) e infine del Sole (Oro e/o solfo). Da questa teoria delle trasformazioni osservata sperimentalmente gli Alchimisti conclusero che la maggiore o minore perfezione della materia dipendeva dallo stato di maturit da essa raggiunto.

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Lalchimia fu pertanto considerata l'arte di distruggere i composti che la natura ha formato in modo imperfetto al fine di migliorare la loro natura purificandoli e modificandone le propriet temporanee al fine ultimo di raggiungere la perfezione assoluta. importante considerare alcuni elementi della saggezza Alchemica, che hanno condotto questo particolare atteggiamento mentale a sopravvivere, con pi o meno elevata fortuna, in tutte le epoche nellimmaginario collettivo umano, traversando civilt cos profondamente diverse delloriente e delloccidente. Hanno contribuito a tale longevit del pensiero Alchemico : a) la dimensione bipolare, complementare, interattiva, di ogni concetto, fondata sul modello primitivo della coppia "YIN-YANG"; in tal modo lAlchimia distinse come complementari i concetti interpretativi del divenire, non separando mai le relazioni tra qualit e quantit, tra forma e sostanza o tra spirito e materia. b) La fiducia della creativit delluomo nel forzare i segreti della natura al fine di far precipitare i ritmi temporali per il raggiungimento della perfezione "a-temporale". c) Il contesto evolutivo cosmologico e globale che si attua in un tempo irreversibile, in cui tutto cambia eccetto il mutamento, in modo guidato da una natura complessivamente intelligente di cui luomo integralmente partecipe. d) Lidea cosciente della necessit di conoscere sia esteriormente che interiormente alluomo per penetrare nella scoperta progressiva del mistero della natura, cos da realizzare levoluzione delle conoscenze umane, in seguito al miglioramento delle due componenti dellEGO interiore delluomo, la cui intelligenza correlata a due fattori; 1) "lintuito" che simbolizzato dal sole e dalla rarit e purezza delloro; 2) "la ragione", questultima ha come simboli alchemici Saturno ed il Piombo. Pertanto gli alchimisti non fidandosi della ragione fondata sulle conoscenze gi acquisite, ritennero che i simboli fossero fortemente espressivi in quanto trascendono la parola e stimolano lintuito, pertanto apprezzarono il ricorso a processi intuitivi come la "Cabala", proprio in quanto essi considerarono pi importante la attivit sperimentale, che quella cognitiva; giudicarono infatti come, "Brucia Carboni" i saputelli capaci di sfoggiare cognizioni, che allatto pratico non promuovevano nulla di nuovo, sperimentalmente utile. Per le peculiari caratteristiche sia di intuito e fantasia che di praticit, tra gli Alchimisti si annoverarono anche molte donne, tra esse famose nellantichit furono ad esempio, Cleopatra e Maria lEbrea (questultima rimasta rinomata per aver ottenuto vari nuovi prodotti regolando la temperatura di reazione in un bagno di acqua, infatti ancora oggi tale metodo di riscaldamento detto "a bagno Maria"). E da notare infine che gli Alchimisti considerarono i bambini pi puri nelle loro capacit intuitive dei grandi, proprio a causa delle lacune cognitive, evidenti nelle conoscenze umane qualora vengono commisurate con il fine di raggiungere la perfezione. Durante il periodo dello sviluppo del pensiero scientifico all epoca della Magna Grecia, lalchimia perse quel carattere di attivit esoterica correlata strettamente a le concezioni astrologiche e pur mantenendo i principi della antica alchimia ermetica quali, la correlazione tradizionale tra astri ed elementi ed il principio comune alla alchimia di ogni epoca della ricerca della perfezione e della purezza della materia contemporaneamente a quella del pensiero. In quest'epoca l'alchimia svilupp la sua dimensione speculativa interagendo con la cultura scientifica e filosofica della Magna Grecia e pertanto lalchimia accett la concezione dei Quattro elementi (Fuoco-Acqua-Aria e Terra), come fondamento della composizione di tutti i corpi, ma gli alchimisti correlarono le propriet di "Estensione e Contrazione" dellaria e della Terra ai principi attivi del Fuoco e dellAcqua. Si ritenne pertanto che i quattro elementi non esistessero puri, in quanto tutte le sostanze venivano ad essere combinazioni di tali propriet elementari che ancora che tendevano a svilupparsi verso la purezza delloro; genuinit che nel campo del pensiero cognitivo fu oggettivamente associata allidea della scoperta della "Pietra Filosofale". Questultima stata interpretata come la chiave della comprensione della via della purezza, che pu essere raggiunta tramite salti di livello intuitivo detti "visio" (cio di immaginazione o di rivelazione divina). Il simbolismo attribuito ai "Quattro Elementi" fu il seguente: FUOCO- Triangolo rivolto verso l'alto per indicare la propriet di salire verso il cielo ACQUA- Triangolo rivolto verso il basso per indicare la propriet di discendere verso la terra tagliato da un segmento, per indicare la capacit spontanea di estensione ARIA- Triangolo rivolto verso l'alto tagliato da un segmento, per indicare la capacit spontanea di estensione TERRA- Triangolo rivolto verso il basso per indicare la capacit di cadere verso il basso. Ai quattro elementi furono accoppiate le rispettive qualit, sensazioni e colori: Fuoco - caldo - luce- rosso, Acqua - umido - liquido - blu, Aria - secco - gas - bianco, Terra - freddo - solido - nero. I due elementi fluidi , aria ed acqua, vennero considerati i principali enti di trasferimento rispettivamente del calore (fluido oscuro) e della luce (fluido luminoso), e vennero correlati all'influsso (Energheja) del firmamento, che tramite il trasferimento del suo poteredi informazione (=capacit di dare forma alle cose), muove i venti ed il mare, determinando il movimento e che generando i fulmini feconda la terra. Nel mondo arabo lalchimia si svilupp ponendo in chiara evidenza come lintervento di perfezionamento delluomo portava ad una maggiore perfezione dei prodotti artificiali alchemici rispetto a quelli naturali. Si deve agli alchimisti Arabi un grande sviluppo delle tecniche di distillazione con gli "alambicchi" che utilizzarono perseguendo lidea di tentare di estrarre lo "spirito" (il respiro vitale emesso dal Sole che d vita alle cose), che si riteneva esercitasse la funzione di legame per tenere assieme gli elementi terreni e i frutti della terra. L'alcool distillato dal vino e dalla frutta fu ad esempio ritenuto un elixir magico, in quanto medicamento capace di curare dalle infezioni delle ferite ed anche vari altri mali. Grande sviluppo ebbe la Alchimia araba al tramonto dell'impero romano. L'Islam dette un grande incremento alla civilt mediterranea e riusc a integrare sotto un nuovo profilo concettuale la scienza classica di origine greca con la cultura orientale (dell'India e della Cina). In particolare ci avvenne quando l'impero islamico realizz il suo immenso dominio esteso dall'India alla Persia al nord-Africa, e poi alla Sicilia e alla Spagna. In quell'epoca fu al massimo fulgore la capitale dell'Islam, che si spost da Damasco (661-750 d.C) a Bagdad, dove con grande tolleranza culturale il Califfo Harum al-Rashid ( 786 - 809 a.C. detto l'Illuminato, famoso per i riferimenti al suo tempo nel libro "Le Mille ed una Notte", inizi a far convergere le culture dei popoli conquistati per dar sviluppo alla "Casa della Sapienza" con una grandiosa biblioteca e grande mecenatismo per i saggi di ogni provenienza culturale e religiosa. In questo ambito l'alchimia Islamica fior sviluppando la cos detta "via umida" (detta cos a differenza delle "via secca" che utilizza il fuoco per fondere sostanze omogenee e separarle da quelle eterogenee). Le nuove tecniche alchemiche condussero a scoprire molti acidi ed alcali e nuovi sali nonch liquori medicamentosi utili a rendere pi perfette le attivit dellessere umano. La finalit della "via umida" fu quella di ricercare l Elixir di lunga vita, ovvero "Oro-Liquido" oppure la "Medicina Vera ed Universale", come estremo obbiettivo del perfezionamento della vita terrena. Diversamente dal mondo Arabo la Alchimia venne invece considerata "arte segreta" nella sponda cristiana del mediterraneo, dove gli

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alchimisti furono normalmente considerati gente di malaffare, stregoni dediti ad arti magiche ed occulte pi che studiosi di scienza. Contemporaneamente a Bagdad l'alchimia, libera da condanne e pregiudizi religiosi, inizi a prendere sviluppo come scienza e tecnica separando la propria cultura dalla magia. Il pi famoso alchimista arabo fu Giabin ibn Hayyan, che visse durante la seconda met del VII sec. d.C. e perfezion il processo di distillazione costruendo nuovi tipi di alambicchi con cui ottenne moltissimi altri "elixir" e "tinture" a base di alcool ed anche l'acqua distillata quale solvente esente da impurezze. La preparazione dell'alcool (la cui etimologia deriva da "al-ghul", che significa spirito del demonio), fu permessa per uso medicinale nonostante che l'assunzione di bevande alcoliche fosse proibita e punita con fermezza dal Corano. L'Alchimia Araba svilupp processi tecnici artigianali di grande rilevanza, tra essi la produzione della carta secondo metodi importati dalla alchimia cinese. Gi dal 793 d.C. fu realizzata a Bagdad la prima cartiera nella quale si ottenne una produzione semi-industriale della carta da una pasta di fibre di canapa e di gelso, mescolate ad allume e colla, che veniva levigata e ridotta a foglio e fatta seccare al sole. La produzione della carta si diffuse rapidamente nel mondo islamico portando un forte contributo alla stessa diffusione della cultura. Alcuni alchimisti medievali in campo cristiano pensarono che la possibile "tramutazione" dei metalli vili in oro era essenzialmente funzione della scoperta della Pietra Filosofale e cio delle capacit creative dellingegno umano. Pertanto essi intesero lAlchimia come l'agente di perfezione parallelo alle indicazioni di purezza spirituale proposte da Cristo. L'Uomo fu quindi considerato per analogia il "Forno filosofico" in cui si compie l'elaborazione del pensiero capace di scoprire le capacit di trasmutazione che conducono alla purezza. Secondo gli "alchimisti mistici" il Cristianesimo fondato sulla Chiesa si propone di salvare luomo, ma non la natura a cui luomo appartiene, mentre per essi il Cristo il salvatore delluniverso nella sua totalit e non solo dellanima umana. Pertanto rifacendosi, secondo la secolare tradizione alchemica alla inseparabilit delle concezioni apparentemente in contrapposizione quali "spirito e materia", sostennero il principio della "coincidenza oppositorum", che diceva che ogni manifestazione del pensiero ha due componenti: una manifesta ed una occulta di indole spirituale,che non sono mai separabili. Tale coicidenza tra azione spitituale e materiale fu simbolicamente rappresentata dall' "uroboro" (il serpente che si morde la coda). In considerazione di ci venne detto che: "Se tu vuoi realizzare la nostra Pietra, sii senza peccato, realizza una vita dedita alla perfezione del mistero dello spirito." Da questa impostazione gli Alchimisti Mistici, vollero stabilire tutta una serie di equivalenze che avevano per scopo la ricerca l'ottenimento della purezza, parallelamente a quella della salvezza e purificazione spirituale proposta da Cristo al fine di coinvolgere secondo la tradizione alchemica, riletta in senso cristiano, l'intera realt materiale e spirituale del mondo e degli esseri umani. La leggenda della Santo Graal (Calice che aveva contenuto il sangue di Cristo in Croce), fu interpretata come la ricerca della "parola perduta" cio di una verit rivelata da ricercare dalla quale trarre la saggezza necessaria per attuare la scoperta della Pietra Filosofale. Inoltre, per ridurre i quattro elementi a una trinit di funzioni, gli alchimisti mistici ritennero che: Acqua + Aria = Creavano il Principio del Mercurio Aria + Fuoco = Creavano il Principio dello Zolfo Fuoco + Terra = Creavano il Principio il Principio del Sale Ed i tre principi furono associati come elementi terreni opposti ma coincidenti con il Padre il Figlio ed lo Spirito Santo. Per questa loro importazione tendente ad correlare lAlchimia di origine pagana agli insegnamenti religiosi del cristianesimo, gli alchimisti medioevali mistici, furono perseguitati dalla Chiesa di Roma, principalmente in quanto tentarono in modo ritenuto blasfemo di unire con analogie e metafore, la Trinit dellUnit divina a Trinit ed Unit terrene, l dove vennero a volte equiparati, Spirito, Anima e Corpo, a Zolfo (ovvero: Fuoco solido), Mercurio (ovvero: Acqua permanente) e Sale (ovvero capa-cit di unione del Padreterno). Al di l di questa impostazione stravagante, gli alchimisti medioevali importarono nellEuropa Cristiana lo sviluppo della cultura Alchemica progredita nella civilt Araba di quel periodo e ci fu comunque importante per lo sviluppo culturale successivo allepoca medievale. L'alchimia metallica (via secca) e quella degli Elixir o Quintessenze (via umida) fu riscoperta nelloccidente europeo nel tardo medioevo, in gran parte dalle traduzioni della Alchimia dellera della Magna Grecia e dalle tradizioni scientifiche arabe introdotte in Sicilia ed in Spagna. Ancora per motivi religiosi dovuti alla difficolt di integrazione con le concezioni sviluppate nell'Islam, gli studi alchemici furono proibiti dalla chiesa cristiana e gli alchimisti perseguitati e condannati dalla sacra inquisizione. Solo nel periodo del tardo medioevo in europa, in alcuni casi rimasti famosi, gli studi alchemici furono approfonditi da personaggi potenti sia tra la nobilt che nella sfera ecclesiastica, tra essi Alberto Magno (1193-1280), Ruggero Bacone (1214-1294), e lo stesso Tommaso D'Aquino (1226-1274). Cecco dAscoli autore del libro alchemico "LAcerba", non essendo un potente, fu messo al rogo a Firenze il 17 Luglio del 1327. Raimondo Lullo (Ramon Llull di Palma de Majorca 1232-1315) discendente di un antico casato aristocratico e pertanto vicino alle leve del potere, fu uno tra i pi famosi alchimisti europei; egli tent una interessante giustificazione della Alchimia in relazione al concetto di "libero arbitrio" dell'uomo, cos da farla accettare nellambito della teologia della chiesa cristiana. Nel "Liber de segretis naturae seu de quinta essentia" il ragionamento di Lullo in favore dell'Alchimia fu all'incirca il seguente: "Dio non pu fare quello che vuole, ...perch Egli pu esercitare solo il bene" L'uomo invece pu incorrere nel male perch ha a disposizione solo il calore del fuoco, per portare a purezza le cose terrene, ma con l'aiuto dei principi essenziali e con la fede potr in futuro concepire e realizzare delle "trasmutazioni" naturali come gi in grado di compire utili trasformazioni artificiali degli elementi naturali. Perci la Alchimia, che la vera arte nel promuovere il sapere, non pu essere condannata dalla Chiesa, in quanto la scelta tra il bene ed il male appartiene al libero arbitrio dell'uomo; questultimo frutto della sua ignoranza, ma lignoranza umana stessa stata voluta dalla giustizia di Dio e quindi un bene dal punto di vista del Dio Padre Onnipotente. Quindi luomo pu sbagliare provando e riprovando nella ricerca della Purezza, mentre Dio non pu aver fatto assolutamente alcun errore n alcuna ingiustizia. Sulla base di tale ragionamento e convinzione Raimoldo Lullo rimasto famoso sia per la revisione di molti errori che egli attribu ad errate convinzioni alchimiche di alcuni suoi contemporanei e predecessori, sia per la sua tenacia nel difendere e divulgare gli studi alchemici. In seguito, pur lentamente gli studi alchemici sulla "trasmutazione" degli elementi, ottennero anche per il lavoro di difesa e di chiarezza impostato per primo da Raimondo Lullo, una profonda trasformazione concettuale che permise di realizzare in occidente lo sviluppo dell'alchimia in scienza chimica. Firenze fu uno dei centri di sviluppo della Alchimia Rinascimentale proprio in quanto Cosimo I dei Medici (1517-1574) fece tradurre e diffuse prima in latino e poi in volgare il "Corpus Alchemico" di Ermete Trimegisto. Cosimo dei Medici volle cos importare a Firenze una nuova cultura in modo da rendere libera la Toscana dalle influenze del potere temporale dei Papi e quindi fu mecenate del rifiorire di una nuova cultura rinascimentale che ebbe origine da un processo di integrazione della antichissima cultura alchemica con la emergente capacit produttiva artigianale fiorentina nella fusione dei metalli, nella preparazione e la fissazione dei coloranti per le stoffe e gli arazzi e nella preparazione dei medicamenti in farmacia da parte della potente corporazione fiorentina degli "speziali". L'alchimia fu vista dal casato dei Medici come una cultura globale e quindi pi adatta a salvare il mondo perfezionandone la sua natura, ivi compresa quella umana, con una finalit non limitata alla salvezza dell'uomo, come richiedeva la tradizionale impostazione culturale dellalchimia di indole mistica; in

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tal senso la riscoperta della alchimia ermetica fu considerata a Firenze una utile componente di un processo di rinnovamento culturale capace di superare il medioevo. Il risultato pi evidente di un tale processo di integrazione culturale, tra alchimia ermetica e "arti e mestieri" del rinascimento, fu infatti quello di iniziare a mettere in dubbio l'utilit delle concezioni aristoteliche, che avevano rappresentato la cultura scientifica dominante nel medioevo, la quale si era perfettamente integrata nella tradizione cristiana ufficialmente accettata dalla Chiesa di Roma. Con il Rinascimento Fiorentino inizia una riflessione quanto mai prammatica sul concetto di "trasmutazione in oro", che con ogni evidenza fino ad allora era risultato impossibile da sperimentare. Anzich ritenere colpevoli le conoscenze raggiunte, intelligenze del calibro di Leonardo Da Vinci (1452-1519), iniziarono a ritenere impossibile, il fatto che, le deboli forze messe in giuoco dal fuoco, quale agente di trasformazione, potessero condurre al raggiungimento di un puro stato di "nigredo", capace di disciogliere qualsiasi sostanza e raggiungere lo stadio di "materia prima", in quanto solo tale stato di perfezionamento della fase iniziale delle trasformazioni, avrebbe permesso di ricombinare la materia e raggiungere effettivamente la "trasmutazione" qualitativa degli elementi in oro. Piuttosto che approfondire tali critiche, che in seguito condussero a nuove forme di pensiero ed al recupero della teoria Atomistica ad iniziare dal libro di Robert Boyle (edito nel 1661), nella Firenze Medicea fu vincente la prassi delle Arti e Mestieri che, con Vannoccio Biringuccio - (scrittore del Libro "De La Pirotechnia" -Siena 1540), Benvenuto Cellini e molti altri, favorirono in Toscana la crescita il Rinascimento Italiano creando una scuola di artigiani ed artisti famosi nel saper adoperare larte del fuoco per fabbricare vetri, fondere metalli, produrre nuovi coloranti, sperimentare nuovi medicamenti ... sviluppando gli insegnamenti della antica Alchimia. (2) A. Brelich, Introduzione alla storia delle religioni. (3) Tuttavia, proprio E. Zolla ha testimoniato lesistenza di queste pratiche anche presso le civilt c.d. primitive. (4) M. Eliade, Forgerons et alchimistes (tr. Italiana Arti del metallo e alchimia, Torino 1960) (5) I cui esponenti principali sono rispettivamente Antoine Faivre e Pierre Riffard. (6) M. Eliade, Forgerons et alchimistes (tr. Italiana Arti del metallo e alchimia, Torino 1960) (6) Ibidem. (7) da escludere per che Eliade abbia assimilato ulteriormente linsegnamento heideggeriana, non avendo avuto alla base una vera formazione filosofica. (8) Cfr. il pescecane o la balena che inghiotte Pinocchio. (9) Cfr T.Norton, Ordinall of Alchemy, in E. Ashmole, Theatrum Chemicum Britannicum (10) Fra queste va certamente ricordato, di Elemire Zolla, Le meraviglie della natura, Milano 1975. (11) In particolare del Berthelot: Introduction I'etude de la cbimie des Anciens et du Moyen Age, Paris 1889; Les origines de l'Alchimie, Paris 1885; La chimie au Moyen Age, Paris M.DCC.XCIII. (12) F.Sherwood Tavlor: A survey Qf Greek Alchemy. citato da M.Eliade. (13) Tra l'altro in greco theion significa 'zolfo', ma anche 'divino', proveniente dalla divinit, 'Sacro', in modo aggettivo, e 'divinit', 'natura o essere divino' come sostantivo. Il che dovrebbe indurre a caute riflessioni. (14) In realt Jung era stato preceduto da H. Silberer, allievo di Freud che a sua volta aveva ripreso temi sviluppato da E. A. Hitchook, generale statunitense, erudito e massone influenzato da Swedemborg. Sono le opere di Jung e dei suoi allievi comunque a guidare ormai questa tendenza. Per questi pro-blemi vedi A History of psychological interpretation of Alchemy di L. H. Msartin jr., in Ambix vol 22 n 1, marzo 1975 (15) Non daremo indicazioni bibliografiche, peraltro facilmente accessibili. Non possiamo per non ricordare La tradizione ermetica di J. Evola, non fosse che per la notevole ilarit che ci ha procurato la lettura di alcuni brani, in un testo eccezionale, oltre che per la noia profonda che ispira, per lidiozia delle dottrine socio-politiche sottintese. (16) Speculum minus alchimiae Bibl. Univ. Bologna 153, cap. 1 Sec. XIII (17) Ne riparleremo con pi dettagli nellesame dellantica alchimia cinese. E certamente unipotesi suggestiva. (18) Liber Laureatus, R. Bibl. Cas. 1477, n. 1: Guglielmi Philosophi liber de Monade inc. Unus Deus in essentia.". Studiato particolarmente da Carbonelli, vedi Sulle fonti storiche della Chimica e dellAlchimia in Italia, Roma 1925. (19) Symbola Aurea Mensae duodecim nationum Autore Michaele Maiero Francofurti MDCXVII, lib. 1: Hermetis Aegiptiorum regis et antesignani Symbolum: Sol est eius coniugii pater et alba Luna Mater, tertius succedit, ut gubernator, Ignis (20) Si intende, dalla creazione del mondo (21) Jo. Jacobi Magneti Bibliotheca Chemica Curiosa, seu rerum ad Alchimiam pertinentium Thesaurus instructissimus Genevae MDCCII Tomus Primis, lib 1, Sectio prima De Alchimiae ac Primariorum in ea Scriptorum historia Subsectio prima: De hortu & progressu Chemiae Dissertatio Autore Olao Borrichio medico regio & in Accademia Hasniens Professore publico. (22) Uso qui una terminologia forzatamente imprecisa, per non appesantire il discorso. Le parole vanno quindi intese nel loro senso pi ingenuo. Prima fra tutte "energia". (23) Almeno la metallurgia del bronzo. Vedremo che ad una tecnologia che non conosca ancora la fusione del ferro, corrispondono forzatamente metodi alchemici, pi tardi compresi sotto il generico nome di "via umida". (24) Per questa parte vedi in particolare: L.B. Iovanovic Le origini dell'estrazione del rame in Europa, Le Scienze, n. 143. N.H.Gale e Z.StosGale Piombo e Argento nell'antico Egeo Le Scienze, n.156. R.Maddin, G.D.Muhly e T.S.Wheeler Come ebbe inizio l'et del ferro, Le Scienze, n.113 e la bibliografia citata. (25) Linizio dellet del bronzo antica (EBI) si pone intorno al 350 a. C. (26) Questa temperatura molto superiore al punto di fusione del piombo metallico che di 327C. (27) Cultura di Karanovo VI, tardo Calcolitico. (28) Questo ferro ha una resistenza a trazione di circa 28 kg.\mm2 , solo di poco superiore a quella del rame puro (22 kg.\mm2). Il processo di incrudimento causato dalla continua martellatura pu portarne la resistenza a 70 kg.\mm2. Tuttavia un bronzo all11% di stagno ha, allo stato di getto, una resistenza a trazione di 48 kg.\mm2, che dopo la lavorazione a freddo pu raggiungere 84 kg.\mm2. (29) Il ferro non venne fuso prima della met del primo millennio a. C., quando il processo fu realizzato per la prima volta dai cinesi in estremo oriente. (30) Per semplicit non discuteremo qui del difficile e controverso problema dell'attribuzione alla cultura sumera o a quella semita che le succedette, delle singole caratteristiche notate. Siamo comunque convinti che l'insegnamento originario sumero sia stato solo parzialmente deformato dai popoli successivi.

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(31) Per quel che segue vedi, tra l'altro: Hugo Winkler, La cultura spirituale di Babilonia, Ed. Rizzoli, Milano 1980; H.C.Puech, Storia delle

religioni, vol.I, Ed. Laterza, Bari 1970.


(32) Anche i decreti reali hanno il nome di me per analogia. (33) N. Flamel Les Figures Hieroglyphiques, in Trois Traictez de la Philosophie Naturelle.par P. Arnaud, Sieur de la chevallerie Poicteuin

Paris MDCXII (34) Martin Levery, Research sources in ancient Mesopotamian chemistry. Ambix VI, 3 (35) Ibidem (36) R. Campbell Thompson A Survey of the chemistry of Assyria in the Seventh Century b.C. in Ambix, II, 1 (37) M. Eliade Forgeron et Alchimistes, Paris 1977 (38) A questo proposito, Marie Delcourt ha raccolto un dossier che approfondisce questi studi di cui propone una differente interpretazione dinsieme. Marie Delcourt, Hermaphrodite. Mythes et rites de la bisexualit dans lantiquit classique, Parigi, PUF, 1958; Hermaphroditea. Recherches sur ltre double promoteur de la fertilit dans le monde classique, Latomus 86, Bruxelles, 1966). (39) Un dossier riguardante almeno sedici casi stato raccolto da Luc Brisson, "Aspect politiques de la bisexualit. Lhistoire de Polycrite (Phlgon, De mirab., cap. 2; Proclo, In Remp. II, 115.7-15, Kroll)", in Hommages Maarten J. Vermaseren I, Leida, Brill, 1978, pagg. 80122 e soprattutto la tabella a pag. 110. (40) Unanalisi di questo mito stata proposta da Luc Brisson, "Bisexualit et mdiation en Grce ancienne", nella Nouvelle Revue de psychanalyse n. 7 (Bisexualit et difference dei sexes), 1973, pagg. 27-48. Daltronde, su questo stesso mito, si possono trovare dei cenni molto interessati nel libro di Franois Flahaut, LExtrme Exstence, Parigi, Maspero, 1972, pagg. 23-27. (41) Questa rappresentazione delluomo delle origini come essere doppio risale ad Empedocle (DK 31 B 57-62). Si trova un commento a tali frammenti in Jean Bollack, Empdocle, Parigi, Minuit, I, 1965, pagg. 191-207; III, 2, 1969, pagg. 417-434, e in Denis OBrien, Empedocles cosmic cycles, Cambridge, Univ. ress, 1969, pagg. 205-208, 227-229. (42) Nella sua Storia degli animali (V, 30, 556a 14-b 20), Aristotele spiega che le femmine, fecondate dai maschi, depongono in terra delle uova da cui usciranno le larve che diverranno cicale. Si capisce, quindi, che unosservazione imprecisa di questo processo abbia potuto portare a credere che le cicale nascessero dal suolo o per generazione spontanea o a seguito della deposizione del seme, la fecondazione essendo stata confusa in questultimo caso con la deposizione delle uova. (43) Un commento su questi frammenti si trova in Jean Bollack, Empdocle, Parigi, Minuit, III.1, 1969, pagg. 281-295. (44) Cfr. Plutarchs De Iside et Osiride, edito con unintroduzione, traduzione e commento di J. Gwyn Griffiths, Univ. of Wales Press, 1970. (45) In greco antico, smbolon designa un oggetto tagliato in due pezzi, la cui riunione costituisce un segno di riconoscimento. A questo proposito, cfr. Philippe Gauthier, Symbola. Les Etrangers et la justice dans les cits grecques, Nancy, 1972, pagg. 65-66. (46) A proposito di tutto questo, cfr. Kennet J. Dover, Greek homosexuality, Londra, Duckworth, 1978, pagg. 144-145. Tradotto da Suzanne Sad con il titolo: Homosexualit grecque, Bibliothque dethnopsychiatrie, Grenoble, La Pense Sauvage, 1982, pag. 178. (47) Questo mito stato analizzato da Marie Delcourt, "La lgende de Kaineus", Revue de lhistoire des religions, 144, 1953, pagg. 129-150. (48) Jean-Pierre Vernant, "Guerre des cit" (1968), in Mythe et socit en Grce ancienne, Parigi, Maspero, 1974, pag. 38. (49) Per un elenco di tali pratiche istituzionali, cfr. Marie Delcourt, Hermaphrodite, op. cit., pagg. 5-27; e Jean-Pierre Vernant, in Mythe et socit en Grce ancienne, op. cit., pagg. 38-39. (50) In proposito, cfr. Pierre Vidal-Naquet, "Lorigine de lphbie athnienne" (1968), in Le Chasseur noir, Parigi, Maspero, 1981, pagg. 164168 in particolare. (51) Lultima volta i frammenti orfici sono stati riuniti da Otto Kern, Orphicorum fragmenta, 1922, Dublino/Zurigo, Weidmann, 1972. Tutte le citazioni rinviano a questa edizione identificata con il segno OF seguito dal numero del frammento. (52) Il termine "teogonia" considerato in unaccezione estesa che comprende la teogonia propriamente detta, la cosmogonia e lantropogonia. (53) Questo mito stato analizzato da Marcel Detienne, "Dionisos orphique et le bouilli rti", Dionysos mis mort, Parigi, Gallimard, 1977, pagg. 161-217. (54) Per una scorsa delle opinioni in proposito, cfr. W. K. C. Guthrie, Orphe et la religion grecque (1935), Parigi, Payot, 1956 (trad. dallinglese di S. M. Guillemin, pagg. 83-95). La scoperta, nel Febbraio 1962, a Derveni, a nord di Salonicco, in Grecia, di un rotolo di papiro che il contesto archeologico permette di collocare nella seconda met del IV sec. a.C. e che presenta un commento neoplatonico ad una teogonia orfica necessariamente pi antica, potrebbe modificare sensibilmente i termini della controversia. Su questo papiro in corso di decifrazione e di interpretazione, cfr. tra gli altri, Pierre Boyanc, "Remarques sur le papyrus de Derveni", Revue des tudes grecques 87, 1974, pagg. 91-110. (55) F. Cumont, "Mithra et lorphisme", Revue de lhistoire des religions 109, 1934, pagg. 63-72. R. A. Turcan, in Mithra et le Mithriacisme, Parigi, PUF, 1981, pag. 100, contesta tale interpretazione. (56) Ivan M. Linforth, The arts of Orpheus, Berkeley, Los Angeles, Univ. of California Press, 1941, pagg. 291-306. (57) M. L. West, "Graeco-Oriental Orphism in the Third Century B.C.", Assimilation et rsistance la culture grco-romaine dans le monde ancien, Travaux du VI Congrs international dEtudes classiques (Madrid, settembre 1974) riuniti e presentati da D .M. Pippidi, Bucarest, Editura Academiei, Parigi, Les Belles Lettres, 1976, pagg. 221-226. (58) Marcel Detienne, "Potagerie des femmes ou comment engendrer seule", Traverses 5-6, 1976, pagg. 75-81. (59) Clmence Ramnoux, La Nuit et les enfants de la Nuit, op. cit., pag. 194 e segg. (60) In proposito, Jean-Pierre Vernant e Marcel Detienne, Les ruses de lintelligence. La mtis des Grecs, Parigi, Flammarion, 1974, hanno raccolto un dossier. (61) W. K. C. Guthrie, Orphe et la tradition orphique, pagg. 114-116 e note 18-19, pag. 163. 25 Jean-Pierre Vernant, "Les combats de Zeus", 1971 e "Lunion avec Mtis et la royaut du ciel", 1974, in Les ruses de lintelligence. La mtis dei Greci, op. cit., pagg. 61-103, pagg. 104-124. (62) Hans Lewy, Chaldean oracles and theurgy (1956), nuova edizione di Marcel Tardieu, Parigi (Etudes augustiniennes) 1978. Lultima recensione dei frammenti la seguente: Oracles chaldaques con antichi commenti scelti, testo stabilito e tradotto da Edouard des Places, Parigi, Les Belles Lettres, 1971. Tutte le citazioni rinviano a questa edizione designata dal segno OC seguito dal numero del frammento. (63) Michel Tardieu, "La gnose valentinienne et les Oracles chaldaques", The Rediscovery of Gnosticism, Proceedings of the International Conference on Gnosticism (Yale, New Haven, Connecticut, 28-31 Marzo, 1978), Studies in the history of religions (Supplemento a Numen,

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41), vol. I: The School of Valentinus, ed. da Bentley Layton, Leida (Brill) 1980, pagg. 194-231; cfr. Wilhelm Kroll, De oraculis chaldaicis, Breslauer phiologische Abhandlungen VII, 1, Breslau, Koebner, 1894: ristampa 1962, Hildesheim, Olms. (64) Michel Tardieu, Trois Mythes gnostiques. Adam, Eros et les animaux dEgypte dans un crit de Nag-Hammadi (II 5), Parigi, Etudes augustiniennes, 1974. Questo trattato sar designato con il segno NH II 5; nelle citazioni, le prime cifre che seguono questo segno rinviano alla numerazione delle tavole del codice II nelledizione fotografica di Pahor Labib (Il Cairo 1956), le seconde alle righe di ognuna di queste tavole. (65) Hans Lewy redige un quadro dei paralleli stabiliti da Proclo fra i tre sistemi teologici in lExcursus VII: "Proclus Exposition of the Chaldean System of the Noetic Entities", Chaldean Oracles and Theurgy, pagg. 481-485. (66) Corpus Hermeticum, testo curato da A. D. Nock e tradotto da A. J. Festugire, Parigi, Les Belles Lettres, I, 1945; II, 1945; III, 1954; IV, 1954. Tutte le citazioni rinviano a questa edizione designata con il segno CH seguito dal numero del trattato e da quello dei paragrafi. Per un parallelo tra ermetismo e gnosticismo, cfr. Giulia Sfameni Gasparro, Gnostica et hermetica. Saggi sullo gnosticismo e sullermetismo, Roma, ed. dellAteneo, 1982. (67) Charles Kannengiesser, "Philon et les Pres sur la double cration de lhomme", Philon dAlexandrie. Colloques nationaux du C.N.R.S., Lione 11-15 Settembre 1966, Parigi, C.N.R.S., 1967, pagg. 277-296. Cfr. anche La "doppia creazione" delluomo negli Alessandrini, nei Cappadoci e nella gnosi, a cura di Ugo Bianchi, Roma, ed. dellAteneo & Bizzarri, 1978. (68) Jean Hubaux e Maxime Leroy, Le Mythe du Phnix dans lei littratures grecque et latine, Bibliothque de la Facult de philosophie et lettres de luniversit de Lige, fasc. 82, 1939; R. Van Den Broek, The Myth of the Phoenix according to Classical and Early Christian Tradition, EPRO 24, Leida (Brill), 1972; A. J. Festugire, "Le symbole du Phnix et le mysticisme hermtique", Fondation Eugne Piot. Monuments et Mmoires 38, 1941, pagg. 147-151. (69) Luc Brisson, Le Mythe de Tirsias, EPRO 55, Leida, Brill, 1976. (70) Contro linterpretazione di Georges Dumzil, "La maladie des Enares", 1946, in Romans de Scythie et dalentour, Parigi, Payot, 1978, pagg. 212-218. Daltronde, si pu leggere ci che Franois Hartog dice a proposito degli Enareti in Le miroir dHrodote. Essai sur la reprsentation de lautre, Parigi, Gallimard, 1980, pagg. 141-148. (71) Carl Gustav Jung, "Sulla psicologia dellinconscio", Boringhieri,Torino. "Vivendo tale archetipo (Ermete,n.d.a.), il moderno fa lesperienza della modalit pi antica di pensiero, come attivit autonoma di cui si loggetto. Ermete Trismegisto o il Thot della letteratura ermetica, Orfeo, Pimandro, e il Pimen (Pastore) di Hermas che gli apparentato, sono altre formulazioni della stessa esperienza. A tale archetipo converrebbe anche il nome di Lucifero, se tale nome non fosse cos compromesso". Jung aggiunge anche che questo archetipo di vecchio saggio associabile a Zarathustra, ed l"archetipo del senso". (72) Lopera stata analizzata in modo rigoroso da Festugire in "La Rvelation dHermes Trismgiste", 4 volumi, Gabalda, 1944-54. (73) Marsilio Ficino (1433-1499), filosofo e letterato italiano che considerato il principale esponente dellUmanesimo; dedic la propria vita alla traduzione di testi classici (i dialoghi platonici, gli inni attribuiti ad Omero e Orfeo, la Teogonia di Esiodo, etc.) che gli permisero di conciliare la filosofia classica con la religione cristiana in una concezione armonica delluniverso, nel quale lessere umano contemporaneamente centro e mediatore tra lUno (Dio) e la molteplicit delle Sue manifestazioni. (74) Si veda, Marabout Universit, vol.I, pag.14. (75) Andrea Alciato (1452-1550) illustre giurista lombardo che prest la propria professione di insegnante ad Avignone, Bruges, Bologna e Pavia ma che ha lasciato una celebre opera di stampo filosofico, "Emblematum Liber", in cui raccolse epigrammi latini accompagnadoli con figure allegoriche in cui emerge la sua notevole conoscenza della classicit antica. Vi ricorrono riferimenti mitologici, simbo-lici e favolosi. Lopera venne ripubblicata ben 180 volte nellarco di duecento anni e fu tradotta in varie lingue. (76) J.F.Champollion (1790-1832) considerato il moderno decifratore dei caratteri geroglifici Egizi dandone linterpretazione fonetica ed ideografica. (77) Raccolta di 1070 testi di incerta datazione (almeno prima del 1600 a.C.) che rappresentano il pi antico trattato della letteratura indiana. I Veda completi sono costituiti da altre tre raccolte di documenti scritti. (78) Francesco Colonna famoso per il pi celebre libro illustrato rinascimentale (in italiano "La Battaglia damore in sogno di Polifolo"), edito da Aldo Manuzio.Personaggio misterioso, viene identificato con un omonimo frate veneziano ma pi probabile che possa trattarsi del protonotaro apostolico nonch patrizio romano, Francesco Colonna, signore di Palestrina. (79) Broalde de Verville, nome vero Francois Brouard (1566 ca.-1629 ca.) fu medico, dedito allalchimia, poligrafo, umanista, abiur il protestantesimo. Fu autore di molte opere. (80) Michel de Nostredame (1503-1566) era provenzale e fu medico ed astrologo alla corte del re Carlo IX, protetto dalla regina Caterina d Medici, sua madre e reggente. Con lo pseudonimo di Nostradamus scrisse le famose ed enigmatiche "Centurie" profetiche. (81) M.Maier: godette nel 600 grande notoriet in parte per i libri dei suoi emblemi (oltre allAtalanta Fugiens, ricordiamo "Symbola Aureae Mensae"), in cui per la prima volta rivisita in modo organico i miti pagani, interpretandoli in chiave ermetica. (82) Daniel Stolcius fu alchimista alla corte dellimperatore Rodolfo II (1552-1612). (83) C.Ripa (ca. 15001620 o forse 1625) intese riferirsi costantemente ai miti pagani e lopera citata ha costituito uno dei repertori figurativi pi seguiti da poeti, pittori e scultori fino al 1800. (84) La sua identit non nota, anonimo scrittore di alchimia del 1600. (85) M.Mirabail, docente di psicopedagogia e studioso di esoterismo, nel 1976 ha fondato un Centro di Ricerche Esoteriche in Francia. (86) M. Fagiolo DellArco, Il Parmigianino. Un saggio sullermetismo nel Cinquecento, Roma 1970, p.102-103. (87) A. De Pascalis, LArte dorata, Roma 1995, pp. 172-173. (88) J. Van Lennep, Art et alchimie, Bruxelles 1971, e soprattutto il pi recente J. Van Lennep, Alchimie, Bruxelles 1984. (89) A. De Pascalis, op. cit., pp. 169-175 (90) Ibid., p. 62 (91) Vedi introduzione note di C. Crisciani alla Preziosa margarita novella, Firenze 1976 (92) B. Varchi, Questione sullalchimia, Firenze 1827, XXII e XXIII. (93) A. De Pascalis, op. cit., p. 176 (94) Ibidem pag. 399 (95) E. da Rotterdam, Elogio della follia, a cura di N. Petruzzellis, Milano 1966, p. 78. (96) L. Thorndike, A History of magic and experimental science, 1923-34, Vol. III, p. 176-190.

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(97) La parte saliente di questopera di Bernardo di Treves tradotta in: A De Pascalis, op. cit., pp. 114-117 (98) Ibidem (99) J.J. Manget, Bibliotheca Chemica Curiosa, Ginevra 1702, Tomo I, p. 507. (100) J. Lindsay, Le origini dellalchimia nellEgitto greco-romano, Roma 1984. M. Berthelot, Collection des anciens alchimistes grecs, Parigi

1888
(101) H. Corbin, Storia della filosofia islamica, Milano 1991, pp. 143 ss (102) W. Pagel, Paracelso, Milano 1989, pp. 209 ss. (103) F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari 1969 (104) M. Fagiolo dellArco, op.cit., p. 40-41 (105) J. Van Lennep, op. cit., p. 298 (106) C. Mutti, Pittura e alchimia, Padova 1978, p. 13. (107) M. Fagiolo dellArco, op. cit., p. 38 (108) B. Obrist, Les dbuts de limagerie alchimique (XV - XVI sicles), Parigi 1982 (109) G. Carbonelli, Sulle fonti storiche della chimica e dellalchimia in Italia, Roma 1925. (110) J. D. Mylius, Philosophia reformata, Francoforte 1622, ill. II. Lillustrazione riprodotta anche in C.G. Jung, Psicologia e alchimia, Roma

1950, p. 252
(111) Per i problemi di datazione di questo testo, vedi A. De Pascalis, op. cit., pp. 108 ss. (112) Vedi: G. Testi, Dizionario di alchimia e di chimica antiquaria, Roma 1950 (113) J. Lindsay, op. cit., pp. 287-309. (114) Ibidem

Glossario dei principali termini alchemici


Acqua: uno dei quattro Elementi degli Antichi. Non ha nulla in comune con l'acqua volgare. Affinaggio: operazione con la quale si separa da un metallo tutto ci che gli estraneo. Si pratica particolarmente sull'oro e sull'argento. Alberi: un albero che porta delle lune significa il Piccolo Magistero, la Pietra al bianco. Se porta dei soli, la Grande Opera, la Pietra al rosso. Se porta i simboli dei sette metalli o i segni del sole, della luna e 5 stelle, si tratta allora della materia unica da cui nascono i metalli. Albificazione: calcinazione al bianco o al rosso. Alludel: apparecchio composto di vasi sovrapposti e comunicanti tra loro per effettuare una sublimazione lenta. Amalgamazione: unione intima di diversi elementi metallici, in un tutto assai omogeneo e molto malleabile. Angelo: simboleggia la sublimazione, ascensione di un principio volatile come le figure del "Viatorium spagyricum". Animali: in genere, quando ci si trova in presenza di due animali della stessa specie ma di sesso differente, come leone e leonessa, cane e cagna, stanno a significare lo Zolfo ed il Mercurio preparati in vista dell'opera, o ancora il fisso ed il volatile. Il maschio rappresenta allora il fisso, lo Zolfo, e la femmina il volatile, il Mercurio. Uniti, gli animali esprimono il congiungimento, le nozze, il matrimonio. Se si combattono: fissazione del volatile o volatilizzazione del fisso. Come nelle figure di Basilio Valentino, "Le Dodici Chiavi della Filosofia". Gli animali possono simboleggiare inoltre gli Elementi: Terra (leone o toro), Aria (aquila), Acqua (pesci, balena), Fuoco (dragone, salamandra). Se un'animale terrestre figura in un'immagine ermetica con un animale aereo, essi significano rispettivamente il fisso ed il volatile. Apollo: il sole, l'oro. Aquila: simbolo della volatilizzazione ed anche degli acidi impiegati nell'Opera. Un'aquila che divora un leone, significa la volatilizzazione del fisso per mezzo del volatile. Due aquile che si combattono hanno lo stesso significato. Argento dei Saggi: il Mercurio dei filosofi. Aria: uno dei quattro Elementi degli Antichi. Non ha rapporto con quella che respiriamo. Athanor: forno a riverbero. Bagno: simbolo della dissoluzione dell'oro e dell'argento, della purificazione di questi due metalli. Bagnomaria: apparecchio disposto in modo che il vaso contenente la materia, sia immerso nell'acqua calda. Bianco: Pietra al Bianco, pietra ancora imperfetta, di cui tutte le possibilit trasmutatorie non sono ancora sviluppate od ottenute. Calcinazione: riduzione dei corpi in calce; pu essere secca o umida. Caldo: una delle quattro qualit elementari della Natura. Camera: simbolo dell'Uovo Filosofico, quando il Re e la Regina vi sono rinchiusi (Zolfo e Mercurio). Cane: simbolo dello Zolfo, dell'Oro. Il cane divorato da un lupo, significa la purificazione dell'Oro per l'antimonio. Cane e cagna associati significano il fisso ed il volatile. Caos: simbolo dell'Unit della Materia ed anche del colore nero, "Primo stadio dell'Opera", della putrefazione. Capitello: cavit di vetro munita di becco, che si adatta al collo della cucurbita per poter distillare gli spiriti minerali. Capitello, cappa, alambicco, sono pressappoco la stessa cosa. Cementazione: operazione con la quale per mezzo di polveri minerali, che si chiamano cemento, si purificano i metalli al punto che non vi resti pi che la purissima sostanza metallica. Cigno: simbolo dell'Opera al Bianco, secondo stadio dopo la putrefazione e l'iridescenza. Quest'ultima non figura nel ternario classico della Grande Opera, nero, rosso, bianco. Circolatorio: vedi Pellicano.

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Circolazione: consiste nel far circolare i liquidi in un vaso chiuso per effetto d'un calore lento. Circonferenza: Unit della Materia, Armonica Universale. Cucurbita: vaso a forma di zucca aperta in alto, che si copre con un capitello per la distillazione dei vegetali o altre materie. Coobazione: azione di rimettere lo spirito metallico distillato, sul suo residuo. Corona: simbolo della regalit chimica, della perfezione metallica. Ne "la Margharita Preciosa" i sei metalli sono prima presentati come schiavi, con la testa nuda ai piedi del Re, l'Oro. Ma poi, dopo la Trasmutazione essi sono figurati con una corona in testa. Da cui, nell'Alchimia Spirituale, la frase di L.C. de Saint Martin: "Ogni uomo il suo proprio Re", cio ogni uomo porta in s la possibilit del ritorno alla sua regalit perduta, nel piano spirituale ed angelico. Corvo: Uno dei primi stadi dell'Opera, la putrefazione. Crisopea: La Pietra Filosofale, la Grande Opera realizzata. Crogiolo: vaso di terra refrattaria svasato verso l'alto, destinato alla fusione dei metalli o dei corpi duri. Decrepitazione: azione di scaldare il sale comune in un crogiuolo per scacciarne l'umidit. Deflegmare: consiste nel separare l'acqua contenuta nei corpi (o flema), per evaporazione o distillazione. Diana: vedi luna. Digestione: disaggregazione, involuzione e maturazione della materia, ottenuta esponendo il vaso contenente al calore del bagnomaria, per un tempo conveniente. Distillazione: operazione durante la quale si separano le parti sottili dei corpi solidi e liquidi, o ancora lo spirito della materia, che l'invischiano. Dragone: un dragone che si morde la coda, l'Unit della Materia. Un dragone nelle fiamme, il simbolo del Fuoco. Parecchi dragoni che si combattono, la putrefazione. Dragone senza ali, il Fisso. Dragone alato, il Volatile. Ermafrodito: il risultato della congiunzione dello Zolfo con il Mercurio, chiamato anche Rebis. Falce: simbolo del Fuoco. Fenice: simbolo del colore rosso dell'Opera. l'Uovo della Fenice l'uovo filosofico. La Fenice anche lo Zolfo ed il Mercurio dei Saggi, uniti e congiunti al termine ultimo dell'Opera. Fiori: rappresentano i colori nel corso dell'Opera. Fisso: Zolfo metallico o cane di Corascene. Fontana: tre fontane rappresentano normalmente i tre Principi: Zolfo, Mercurio e Sale. Ci sono ancora altri aspetti di questa parola. Freddo: una delle quattro qualit elementari della Natura. Fuoco di Ruota: prima fase della seconda Opera, fuoco dolce e lento. Fuoco di Sabbia: interposizione di sabbia tra fuoco ed il vaso contenente la materia da trattare. Fuoco Segreto: spirito universale chiuso in seno alle tenebre metalliche, scintilla di vita chiusa in tutto ci che allo stato naturale primitivo. Giove: simbolo dello stagno. Leone: solo, simbolo del Fisso dello Zolfo. Alato, il Volatile, il Mercurio. Il leone rappresenta anche il Minerale, Vetriolo Verde, da cui si estrae l'olio di vetriolo (acido solforico). Il leone opposto a tre altri animali, simbolizza la Terra. anche il simbolo della Crisopea. Leonessa: il Volatile, il Mercurio. Liquazione: l'Uovo Filosofico. Liquefazione: o deliquescenza, risoluzione naturale dei sali in acqua per un'esposizione in luogo umido. Luna: il Volatile, il Mercurio, l'Oro dei Saggi. Lupo: il simbolo dell'antimonio. Luto: strato fatto di materie, spesso ed untuoso, destinato ad otturare le giunte che legano diversi vasi tra loro. Marmorizzare: triturazione di materie sul marmo con l'aiuto di un pestello. Si dice anche porfirizzare. Marte: il ferro, la sfumatura arancione dell'Opera. Matraccio: vaso di terra, rotondo, ovale o appiattito, munito di un lungo collo. Vi si mette a cuocere a fuoco lento la materia preparata. Matrimonio: unione dello Zolfo e del Mercurio, del Fisso e del Volatile. Il prete che officia rappresenta il Sale, mezzo d'unione tra i due. Mercurio: uno dei Principi occulti costitutivi della Materia. Non ha nulla in comune con il corpo volgare di questo nome. anche simbolo dell'Argento preparato per l'Uovo finale. Mestruo: acque minerali e vegetali di propriet dissolventi. Corrosivo. Montagna: fornello dei Filosofi, sommit dell'Uovo Filosofico. Mortificazione: alterazione della materia per triturazione o per addizione d'un elemento attivo. Nero: simbolizzato anche dal corvo, immagine della putrefazione. Nettuno: l'acqua. Nozze: vedi matrimonio. Oro dei Saggi: Zolfo filosofico. Palazzo: entrata nel Palazzo chiuso: scoperta dell'argento capace d'operare la riduzione del Fisso, della "reincrudation" in una forma analoga a quella della sua primitiva sostanza. Designa anche l'accesso all'Oro Vivo, Oro dei Saggi o Oro filosofico, se si tratta dell'accesso al Palazzo chiuso del Re. Designa al contrario l'Argento Vivo, l'Argento dei Saggi o Mercurio filosofico, se si tratta dell'entrata nel Palazzo chiuso della Regina. Pallone: vaso di vetro ampio e rotondo destinato a ricevere i prodotti della distillazione. Pellicano: cocurbita chiusa munita di due anse incavate, colleganti la testa al ventre. Si chiama anche circolatorio in ragione della sua funzione.

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Pioggia: simbolo del colore Bianco nell'Opera o albificazione. anche l'immagine della condensazione in corso di realizzazione. Prete: sposando un uomo e una donna, un Re o una Regina, simbolizza il Principio Sale. Prima Materia: Materia Prima dell'Opera Ermetica. Proiezione: azione di trasmettere un minerale in fusione all'attivo di una polvere detergente e trasmutatoria. Quadrato: simbolo dei quattro elementi. Ragazzo: vestito con abito regale o semplicemente incoronato, simboleggia la Pietra Filosofale, altre volte l'Opera al rosso. Re e Regina: vedi uomo e donna. Rebis: un risultato dell'amalgama dell'Oro dei Saggi, materia doppia, ad un tempo umida e secca, avendo ricevuto dalla Natura e dall'Arte una doppia propriet occulta, esattamente equilibrata. Recipiente: designa qui un pallone di vetro. Residuo: ci che resta in un vaso dopo la distillazione. Sinonimo di feci, di terra morta, terra dannata, caput mortuus. Rettificazione: ultima distillazione per ottenere uno spirito metallico estremamente puro. Si ottiene al fuoco assai vivo. Riverberazione: esaltazione dell'energia interna dello spirito metallico per l'azione del fuoco violento sulla materia che contiene questo spirito. Seccamento totale. Rosa: designa il colore rosso, stadio ultimo dell'Opera. Una rosa bianca ed una rosa rossa, unione del Fisso con il Volatile. La rosa l'emblema dell'Arte Ermetica tutta intera. Rosso: stadio ultimo della Grande Opera, simbolizza il Fuoco. Rubificazione: azione di distruggere lo Zolfo combustibile e d'ottenere lo Zolfo incombustibile. Principio di Aurificazione in seno al minerale. Rubino Magico: agente energetico d'una sottigliezza ignea, rivestito del colore o delle molteplici propriet del Fuoco. Anche chiamato olio di Cristo, olio di Cristallo: allora simbolizzato dalla Lucertola Araldica o alla Salamandra che vive nel fuoco e se ne pasce. Salamandra: simbolo del Fuoco, qualche volta significa il colore rosso dell'ultimo stadio dell'Opera od anche il colore bianco che la precede. Rubino Magico. Sale: chiamato anche Arsenico, uno dei quattro principi misteriosi che compongono i corpi. Non ha nulla in comune con il sale volgare. l'unione tra lo Zolfo ed il Mercurio nei metalli, ne deriva come d'altronde, dall'azione reciproca dello spirito e dell'anima, o dell'anima e del doppio psichico, si costituisce il corpo degli uomini. Il Sale pu essere paragonato al "totale" nell'addizione dei due fattori. Saturno: designa il piombo; egualmente il colore nero dell'Opera allo stadio di putrefazione, sinonimo di corvo. Il tempo delle prove sul piano fisico. Scheletro: putrefazione, il colore nero dell'Opera , sinonimo di corvo. Secco. Una delle quattro qua-lit elementari della Natura. Sepolcro: Uovo Filosofico. Serpente: stessi significati del dragone. Tre serpenti designano i tre Principi, Sale, Zolfo, Mercurio. Due serpenti sul Caduceo, Zolfo e Mercurio dei Saggi, serpente alato il volatile, senza ali il Fisso. Serpente crocifisso, designa la fissazione del Volatile. Sfera: designa l'Unit della Materia. Sole: talvolta indica l'oro ordinario preparato per l'Opera, talaltra designa lo Zolfo dei Saggi. Spada: simbolo del Fuoco. Spartizione: operazione consistente nel separare l'argento dall'oro per mezzo del salnitro. un affinaggio. Storta: vaso di vetro, rotondo con il becco rivolto verso il basso che serve a distillare la materia nel corso dell'Opera. Stratificazione: sovrapposizione, per piani alterni, di diverse materie sottoposte ad un fuoco violento in un crogiolo chiuso. L'amalgama si opera allora per fusione, ma la sovrapposizione non lasciata al caso, essa deve essere razionale e scientifica. Sublimazione: violenta o lenta. Quella lenta la migliore. La materia rinchiusa in un vaso a collo lungo, su fuoco lento, in modo che le parti sottili (pure) si separino dalle parti grossolane (impure), sa-lendo dal fondo del vaso verso l'alto. Terra: uno dei quattro Elementi degli Antichi. Non ha nulla a che vedere con il suolo che calpestiamo. Triangolo: simbolo di tre Principi misteriosi costitutivi dei metalli, Sale, Zolfo e Mercurio. Uccello: che s'innalza nel cielo, volatilizzazione, ascensione, sublimazione. Che punta verso il suolo, precipitazione o condensazione. Le due immagini riunite nella stessa figura, la distillazione. Uccelli opposti ad animali terrestri, indicano l'Aria o il Volatile. Umido: una delle quattro qualit elementari della Natura. Uomo o Donna: Zolfo e Mercurio. Nudi designano l'oro e l'argento impuri. Le loro Nozze, congiunzione dello Zolfo e del Mercurio. Chiusi in un sepolcro, questi due principi uniti nell'Uovo filosofale. Venere: designa il rame. Volatilizzazione: azione di trasformare un solido in gas o in calore. Separazione degli Elementi Volatili da quelli Fissi. Vulcano: simbolo del fuoco ordinario. Zolfo: uno dei Principi occulti, costitutivi della Materia. Non ha nulla in comune con il corpo volgare di questo nome. inoltre il simbolo dell'Oro, preparato per l'Opera finale. La terminologia simbolica appena trascorsa e quella che seguir, "impiegano parole ed espressioni che non hanno rapporti diretti con i loro equivalenti della lingua profana". auspicabile allora che il ricercatore apprenda prima della lettura definitiva ad interpretare i reali significati del testo. dunque indispensabile definire ci che si intende in certe parole essenziali, che sono i nomi degli elementi costitutivi della Materia Prima e della sua evoluzione verso lo stadio ultimo, l'Oro, simbolo della perfezione nel seno della Vita Metallica

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Lincanto dellopera di Placido Scandurra


La natura, i personaggi, gli oggetti dipinti da Placido Scandurra stabiliscono tra di loro, ed ognuno per conto suo, una rete di profuse corrispondenze. Questo vale per lopera intera, senza considerazione di data o di evoluzione tecnica. Apparentemente pacificati, come venuti, a forza deconomia ad unidentit provvisoria, falsamente perenne, sono ricchi di postulazioni cosmogoniche. Ogni frammento porta in s, dietro i sintomi del suo statuto, una coscienza orfana. Al pittore assegnato di scoprire il velo, sempre ricadendo sul mistero di una funzione perduta. Se si potesse dare a questa ricerca una figura tutelare, sarebbe quella di Giano, il dio bifronte, maestro degli inizi e dei passaggi. Gi, dal 1973, nella tela intitolata, Marco sul puff rosso, vaga il dio. Il ragazzo, mezzo assorbito in un cuscino/matrice, indica, invece, dal movimento congiunto del braccio destro e della mano sinistra, uno spazio da vivere. Nostalgici e ribelli, corpo e sguardo sono sospesi in un precario equilibrio tra quello che magari fu e quello che forse sar. Il tema dellinizio e del passaggio rivela ricorrenti simmetrie nei Bagnanti (1998). I personaggi in piedi nel mare o sulla spiaggia, seduti, sdraiati o immersi nellacqua, tentano diverse posture come se cerchassero lintrovabile posto giusto. Quasi spogliati, offerti agli elementi fondatori, ridotti alla loro parte animale (lo segnala anche la presenza di un cane), stanno come sognando di un mondo una volta familiare. Della modernit fuggente non si richiamano. Il vapore fumoso che scivola nel lontano orizzonte segue una via sbagliata, le loro solitudini sono chiuse al dialogo. Per sono uniti dal mistero che li divide, notevolmente, dalla diafana armonia che li circonda. I cani randagi che figurano sulla tela dipinta nello stesso anno, come i bagnanti, sono alla ricerca erratica di un territorio perduto. Sono vicini agli uomini per avere da loro imparato il giogo del collare e i rumori delle catene. Certo, come i bagnanti dai loro vestiti, si sono anchessi liberati da qualche vano accessorio, ma la loro memoria vibra ancora di antichi colori. Davanti allimpossibilit di restituire il tono, sono condannati a salmodiare, con urli muti, il rammarico di unet rovinata. Affamati di luna piena, mendicano un magro quartiere di luce, purtroppo minacciato dalle premesse dellalba. Nel Ritratto della famiglia (1972) come nella Natura morta con melograno (1995), i legami sottili che uniscono due soggetti opposti rendono conto della profonda coerenza di questa impresa pittorica. Le persone e le cose appartengono evidentemente a due mondi diversi. Resta, allinterno del primo quadro, come nel secondo, che esse sono pari perch n gli uomini n gli oggetti stabiliscono un insieme omogeneo. Tutti sono protagonisti; ognuno si chiude nel proprio enigma: figlio, padre e madre, senza dubbio, compongono una famiglia. Tutti gli indizi della composizione ne sembrano portare la testimonianza. Per, nella tensione della posa, privaJ. BALLET

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ti dalluso delle loro mani, cio dei loro strumenti di sopravvivenza e di solidariet, le loro preoccupazioni diventano meditazione. Lo spazio orizzontale, quello che li univa, cede a quello verticale della discesa in s. Ma il gatto vicino, emblematico della loro memoria, suggerisce lidea di una possibile unit. Nello stesso modo, sono trattati gli elementi della natura morta. Le relazioni tra di loro traboccano dingannevoli evidenze. La caffettiera inadatta alla dimensione del fornello. I fiori, prigionieri nel vaso inchinano il loro mazzo dolente verso lantico humus inaccessibile. Solo il melograno, per ora ridotto allo stato di trottola sonnambulica, sembra in attesa di uno slancio per fecondare, dai suoi semi, un altro inizio di anziane novit. A queste cose pensavo ieri sul pendio del Gianicolo. La collina ieratica dedicata a Giano, aveva accolto, senza che ne sembrasse profanata, i rumori del secolo. Sulle rovine assenti del tempio saliva, filtrato, il concerto della citt bassa. Come mosso da un soffio secolare, il passo dei moderni pellegrini ritrovava una cadenza dimenticata. Di rado, lascesa veniva interrotta dal mormorio di qualche sorgente. Pi su, un lembo dombra cadeva sul frugale tesoro di un cestino. Bast allora che, davanti a questi fermenti confusi, le palpebre si fermassero per ritrovare una genesi dellinnocenza. Parlo di quella che, nellalchimia dellolio e del lino, incanta lopera di Placido Scandurra.

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La ceramica fra magia, alchimia e raziocinio


GIULIANA GARDELLI
1- Antefatti Fatto tutto questo con il nome di Iddio pigliasi un pugno di paglia, con il segno della croce accendasi il fuoco.. 1. Con queste parole il Piccolpasso a met circa del secolo sedicesimo insegnava ad accendere la fornace, da cui, era nella speranza, splendidi sarebbero usciti quei fittili che la mano sapiente dellartefice aveva creato, manipolando a lungo la semplice creta. Nel gesto cinquecentesco trascorreva una storia lunga quanto lumanit, passando per tutti i continenti, raccogliendo tutte le credenze, le quali, pur nella diversit di vita e di pensiero dei vari popoli, avevano in comune la consapevolezza che divina la scintilla della creazione. Non aveva forse Dio plasmato luomo a sua immagine, mediante la terra? I versetti della Genesi stigmatizzavano quanto le genti primitive da secoli realizzavano. Figurette antropomorfe o zoomorfe lasciate semplicemente ad indurire alla vampa del sole furono, per le antiche civilt, la creazione pi semplice, ed immediata: ma non era duratura. Allora luomo singegn e, attraverso infiniti esperimenti, scopr la possibilit di rendere eterno il suo lavoro, mediante il fuoco, incanalandolo in sempre pi perfette fornaci. Difficile stabilire dove avvenne la prima cottura in forno riducente od ossidante, perch troppo parziali sono stati fino ad ora gli studi e le scoperte. Poco investigate sono state le culture di regioni lontane dal ritmo della storia scritta, come le Americhe precolombiane, lOceania ed anche tante regioni periferiche dellEurasia. Tuttavia un dato appare in comune: la piccola statuaria modellata con la semplice terra reca in s sempre un valore magico; racchiude i timori, le paure, le speranze, ma concretizza anche il concetto di bene e di male insito nellanimo umano. Se ancora oggi in certe culture la statuetta antropomorfa usata in riti di magia nera, perch in essa persiste la scintilla della creazione e tutto le concesso. Non possiamo definire ceramica nel senso comune del termine i primi tentativi di raggrumare largilla con cottura casalinga a fuoco lambente, o solo ad esposizione solare, ma certamente le piccolissime statuette preceramiche, a struttura zoomorfa o antropomorfa con attributi maschili e femminili, sono le vere icone del pensiero mistico-magico che ci giungono dalla preistoria, e saranno poi sostituite dalla pi duratura pietra o dal metallo2 (fig.1a-c).

fig. 1a-c: Statuette zoomorfe in argilla plasmate a mano e cotte al sole o a fuoco lambente (preceramica), in funzione apotropaica, da Piobbico (PU). Paleolitico superiore (Piobbico, sala delle Ceramiche).

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Esorcizzare la paura e vincere sulla furia distruttrice della natura, superare lannullamento della morte per rigenerarsi e rendersi in tal modo padroni della vita stessa era il compito affidato alle pratiche sciamaniche rivelate dalle statuette che qui per la prima volta esponiamo e commentiamo. Si tratta di manufatti provenienti dal Nicaragua, territorio della Mesoamerica pochissimo studiato, che partecipa della cultura detta del Gran Nicoja. Abbiamo scelto cinque figurette zooantropomorfe, un cilindretto inciso per pittura del corpo, un vasetto ariballico con anse a testa di giaguaro, il tutto collocabile in un ampio spazio temporale, dal II-I sec. a.C al XV d.C. (tav.1a-g). Limmagine pi

antica quella di Tlaloc (tav.1a), dio dellacqua dai tratti demoniaci; delle divinit che compongono luniverso panteistico nicaraguense in relazione agli elementi terrestri (acqua, aria, terra, fuoco) Tlaloc senzaltro il pi temuto. Il simulacro con la sua immagine, foggiato a mano come tutta la ceramica mesoaericana, stato cotto a bassa temperatura in forno elementare, come rivela lo scuro dellargilla interna appena ricoperto da una superficie rossastra che evidenzia i tratti del viso, molto forti, quasi mostruosi. Nel prosieguo del tempo una sia pure impercettibile evoluzione che giunse fino allarrivo di Colombo e forse anche un poco oltre, rese la statuaria meno aspra, spesso colorata a fasce bicrome bianco-rosso (tav.1b), ma sempre con forti tratti incisivi per vincere la forza negativa della natura. Osserviamo la figura del cosiddetto mostro della terra in posizione eretta e seduta (tav.1-cd), ed ancora quella dello Jorobado (tav.1e), il distruttore, e comprendiamo il bisogno delluomo di dominare il ritmo incessante della vita e della morte. Per ottenere questo, occorreva che i riti propiziatori fossero diretti dallo sciamano, figura mitica, che sapeva possedere il bene ed il male, che operava dallinterno ed era in grado di mutare la materia e gli eventi. Gli serviva forse il cilindretto inciso, per dipingersi sulla pelle i magici temi (tav.1f): il serpente che striscia sulla terra, simbolo della rinascita della vita dopo la morte, il labirinto che nasconde ai profani le pratiche occulte, chiare invece agli eletti, infine per due volte, stilizzatissima, la figura di uomo dalla testa di coyote, o alter ego, capace di mescolare, trasformare, trasmutare, trasfigurare il visibile e linvisibile3. Ed ancora forse gli serviva il piccolo ariballos a protomi di giaguaro, in funzione di portaveleno o portaunguenti (tav.1g). A questo piccolo vasetto possiamo accostare un albarellino realizzato lontanissimo nello spazio, ma non nel tempo; ci giunge infatti dallambito quattrocentesco laziale (tav.2). Ovviamente in questultimo la tecnologia assai pi avanzata rispetto al fratello mesoamericano; lo dimostrano vari fattori: perfezione del tornio, trasmutazione di metalli informi in colori per la pittura su maiolica, cottura ad alte temperature; eppure riteniamo che luso del vasetto laziale non sia stato molto diverso da quello del contenitore miniaturistico nicaraguense. Se volessimo ancora pi addentarci nel rischioso confronto religiosomagico-iconografico relativo alle credenze di popoli diversi fra loro, lontani nel tempo e nello spazio, troveremmo sorprese incredibili, a dimostrazione che il processo della vita organizzata non soggetto a regole uguali ovunque, ma che levoluzione possiede ritmi talora pi accelerati e talora pi lenti; eppure sempre e ovunque sotteso il denominatore comune: luomo. Non ci meravigliamo dunque se lo Jorobado mesoamericano del IV secolo d.C. ha somiglianze con il Ptah-Pateco fenicio del III secolo a.C, n che amuleti mesopotamici risentano dantiche divinit egizie o di coeva cultura fenicia4. Piace qui, prima di passare ad esaminare la maiolica rinascimentale nei suoi riflessi magico-alchemici, osservare il fascino evocativo dantichi riti, esorcizzanti intime paure, ma anche depositari di speranze positive, insite in due collane, luna in pasta vitrea, laltra in mescolanza di pasta vitrea e di bronzo (tavv. 3,4). Per quanto siano il risultato di un assemblaggio di elementi provenienti da diversi oggetti, ed anche di epoche diverse, si collocano entrambe nel rituale apotropaico siriano - fenicio che ruota attorno al Mare Mediterraneo, grande crogiolo dove da sempre si sono incontrate e scontrate le civilt, mescolando, confondendo, componendo o uniformando le carte della storia.

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2- Maiolica rinascimentale al nero costoro se(m)pre astrolla(n)do van/ perdendo il tempo e mai il vero non sanno Mai non do rustare di fare.1563. Le due scritte sono in evidente contrasto fra loro. Eppure sono state vergate su due maioliche di fattura veneziana pressoch contemporanee; la prima
fig. 2: Piatto con Astrologo; nel cartiglio la scritta: costoro se(m)pre astrolla(n)do van/ perdendo il tempo e mai il vero non sanno. Venezia, Baldantonio da Lamoli, detto Il Solingo durantino, nella bottega di Mastro Domenico, sec. XVI, met. (Herzog Anton Ulrich Museum Braunschweig; da Lessmann 1979, n. 78).

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si trova ora nel Museo di Brauschweig5 (fig. 2), la seconda di collezione privata possiamo ammirarla dal vero qui in mostra (tav.5a-b). E datata al 1563, a met dunque del secolo sedicesimo, quando il Medioevo era gi alle spalle e il Rinascimento cercava di condurre su vie razionali la visione filosofica del mondo. E evidente che nella credenza popolare i primi tentativi di razionalizzare il percorso della vita, di conoscere i ritmi vitali del corpo umano, di eseguire anatomie, di cercare le alchimie cosmiche di che si compone luniverso, erano da molti giudicati astrusi perditempo. Van astrologando e perdono il tempo, dice luno, osservando il filosofo-astronomo (considerato alla stregua di vacuo stregone) che, seduto su un masso entro paesaggio, tiene in mano la sfera armillare; non fermarti mai di fare dice con assennatezza laltro. Analizziamo questa seconda ceramica che si rivela di grande fascino ed interesse. Nellastrattezza di un paesaggio ideale dove i monti sfumano nellazzurro cupo e le case stanno raggruppate quasi in bilico su un colle, un solo personaggio domina la scena: un vecchio seduto, che trattiene il mantello mosso da un vento vorticoso. Volge lo sguardo allindietro, forse ad osservare quanto gi realizzato. La mano regge un compasso aperto che traccia la distanza fra le stelle su una sfera appoggiata al ginocchio. In alto, nel cielo, appena si nota un sole oscuro, in stato di nerezza, la cui ombra si proietta sul lembo dacqua fra le due rocce in filamenti scuri e scomposti. Dunque lordine non fermarti mai, indirizzato alluomo senza et dai capelli biondi ma dalla barba bianca, che si identifica nel filosofo, nel demiurgo, nellalchimista, quasi un dio laico che misura la creazione6. Il compasso, strumento della divina geometria, ma anche simbolo di verit e ragione, aiuta luomo a dominare gli istinti e a raggiungere lintelligibile, ma nel contempo questa ricerca gli risulta difficile, fa ripiegare lanimo su se stesso, allontana dalla vita reale; gli procura infine uno stato di malinconia, di nerezza appunto. La particolare impaginazione dellistoriato, la tavolozza dei colori, la bella ed inusuale ghirlanda nel verso, la data 1563 conducono ad atelier di Venezia, probabilmente a quella di Mastro Domenico, dove ancora persistono, specie nellincisiva ghirlanda, gli stilemi del suocero, Giacomo da Pesaro, alla cui morte, avvenuta nel 1546, Domenico eredit la bottega, con i suoi segreti alchemici nella composizione dei colori, i suoi spolveri, i suoi disegni7. Il rapporto di Venezia con Drer quasi dobbligo nella bottega di Domenico (lo vediamo in altre opere), ed influenze dureriane non sono estranee in questa maiolica, che per certi aspetti richiama la notissima Melancolia 8. Restiamo sempre in ambito veneziano, ma arretriamo dalcuni decenni,

esattamente al 1549, data iscritta in una lapide ai piedi della Luna in forma di fanciulla nellaltro piatto istoriato (tav.6a-b). Qui, una figura femminile seduta entro paesaggio porta sul capo la luna falcata e tiene in mano un martello ed una livella. In alto al centro il sole a volto umano osserva il tutto fra nuvole che dal dorato sfumano nel nero; in basso entro riquadro appoggiato su masso la data 1549. In alto un tendaggio sollevato e trattenuto ai lati con nodi si apre sulla scena, come in una rappresentazione teatrale. Viene spontaneo il ricordo della Diana-Luna di Correggio nella camera della Badessa a Parma, dove per altro si stendeva, come straordinario tappeto musivo, uno splendido pavimento in maiolica, uno dei primi e pi singolari pianciti ceramicati realizzati nel tardo 400 in Italia, dove non mancano riflessi esoterici e legami con i tarocchi9. Nella maiolica veneziana, si va oltre: la donnaluna tiene nelle mani strumenti pertinenti al lavoro dellarchitetto. Ella siede su prato erboso con cespuglio rigoglioso, e le cime blu svettano lontane sotto il cielo striato. La tavolozza ricca di colori ha un disegno nitido, e tutto il segno armonico e perfetto. Unanalisi approfondita dellistoriato rivela anche qui ascendenze dureriane: la fanciulla seduta ricorda la Melanconia I del 1514, cos come i simboli del martello e della livella. Eppure avvertiamo qualcosa di diverso. La simbologia pi chiara, pi aperta, in un certo senso pi eclatante; se non avessimo la data, 1549, diremmo di essere davanti al perfetto manifesto della Massoneria. Ma in quel torno di tempo la corporazione non era ancora nata, o almeno non era stata codificata; solo nel 1598 avrebbe ricevuto in Scozia gli Statuti ufficiali da W. Schaw. Tuttavia osserviamo che, se martello e livella divennero simboli massonici, non cos fu della luna. Come dunque interpretare il bellistoriato? Torniamo allalchimia, alla cabala, al processo di trasformazione della materia, al laboratorio, dove molti sono gli strumenti necessari. Per inciso ricordiamo anche i crogioli, di cui in mostra si ammirano due splendidi esemplari bronzei (tavv.11,12), coevi alla nostra maiolica, dove Sole e Luna, luce e tenebre dominano il mondo, qui rappresentato dal paesaggio. Gli strumenti sono il mezzo per la trasformazione della materia: la terra il grande laboratorio dove continuamente tramite la morte (notte= luna) e la vita (giorno=sole), incessantemente si attua il ritmo alchemico delluniverso. Nel verso della bella maiolica foglie lanceolate sintersecano come in una corolla fiorita; in cavetto appare un segno crociato a bracci uguali (croce teutonica?) (tav. 6b). A chi e a quale atelier dobbiamo attribuire questintrigante istoriato? Venezia senza dubbio la patria, ma la data, 1549, e la croce, che possono fornire elementi per unipotesi. La croce si trova in un piatto firmato da Maestro Ludovico10, ma diverso il suo stile n a lui possiamo con certezza assegnare dipinti istoriati. Saremmo tentati di considerare Giacomo da Pesaro, ma sappiamo che egli mor nel 1546. Forse dobbiamo, come nel piatto del Brauschweig, vedere una prova del Solingo Durantino, alias Baldantonio da Lamoli, alias Maestro Mazo? Presente a Venezia gi dal 1548, attu questa maiolica, pezzo di straordinaria bravura, forse come sua prima prova ? Ci sembra infatti che il piatto del Brauschweig, per altro non datato, sia leggermente pi tardo, per una maggiore maturit artistica. A questo punto una domanda simpone: perch Venezia? Perch, nella rarissima casistica di maioliche rinascimentali riconducibili al pensiero magico-alchemico la citt lagunare si pone al primo posto? Vi era una particolare committenza in grado di fornire al pittore il disegno da riprodurre su

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ceramiche elitarie? Era forse il Solingo stesso un uomo dedito alle pratiche alchemiche, del resto non lontane dallopera del figulo, alchimista lui stesso, nella calcinazione dei minerali in fornelli da riverbero per la composizione dei colori, e nella sempre incerta trasformazione della molle creta in dura ceramica al fuoco della fornace, dove la vampa di cottura diveniva il fato imperscrutabile ed imprevedibile ? Scendiamo lungo la penisola, e, lasciando per ultimo la Romagna, osserviamo una bella brocca a beccuccio versatore, realizzata nei primi decenni del secolo sedicesimo nella cittadina umbra di Deruta, famosa allora come oggi, per la ceramica (tav.7). Serviva per contenere giulebbe, vale a dire sciroppo, in questo caso, come avverte la scritta, ottenuto con aceto zuccherato. In perfetta e bilanciata forma, la brocca reca sul frontale una vivace decorazione spartita in due parti dal nastro iscritto. In alto, due cerbiatti sono accosciati ai lati di una pianta dalle foglie seghettate che tanto assomiglia allelleboro nero, elleborus niger adulterinus hortensis, come, nello stesso torno di tempo, venne disegnato e descritto da Leonardo Fuchs nel suo mirabile libro edito a Basilea nel 154211. La pianta, oggi nota come stella di Natale, velenosa, e la scelta vorr pure indicare qualcosa, dato che nulla ha a che vedere con il giulebbe acetato. I significati simbolici del cervo sono svariati, ma sempre in positivo come nella simbologia biblica (salmo XLI.1), e nelliconografia cristiana (cervo =Cristo); qui accanto a pianta velenosa, essi vengono a significare il bene che vigila ed isola il male12. In basso, entro tondo, uno scudetto araldico a testa di cavallopresenta un ghepardo rampante che tiene con le zampe anteriori una squadra. Animale chiamato in vari modi, ricorda anche la lonza dantesca dal pel maculato. La squadra che innalza sicuramente un simbolo massonico, ma anche qui, come nel caso del piatto veneziano (tav.6) siamo agli albori della corporazione, anzi alquanto prima. Anche questo andr valutato nella genesi massonica, perch le origini vanno cercate nelle corporazioni medievali dei maestri architetti, itineranti, come furono in Italia i Maestri comacini, gi menzionati dallEditto di Rotari del 643, la cui eredit pass poi ai Maestri Campionesi. Viene in mente la bella figura di Lanfranco rappresentato nelle miniature della Relatio (sec.XIII) accanto ai suoi operai che con gli strumenti del mestiere costruiscono la cattedrale di Modena13. E del resto non Dio il grande costruttore dellUniverso? Cogliamo forse nel vero, nel considerare la brocca non solo come strumento indispensabile di una farmacopea dove si creano farmaci utili alla salute, ma anche propriet di un uomo alchemico in positivo, facente parte di una corporazione. Per ultimo abbiamo lasciata la Romagna rinascimentale, terra di grandi conflitti, dove i signori, come tramanda Dante, erano sempre in guerra, ma anche terra di grande fermento culturale, crogiolo di esperimenti focalizzati nella manipolazione della terra, sia nei centri di potere signorile (Imola, Rimini, Ravenna,Faenza, Forl), come nelle localit satelliti. Per il nostro assunto abbiamo trovato due maioliche, vicinissime nel tempo e nello spazio, ma lontanissime nello spirito che le anima. Luna, una ciotola quasi monocroma dipinta con estremo rigore e perfezione razionale (tav.8), laltra, un grande piatto, dalla complessa ed ermetica iconografia, che ancora risente di un non lontano Medioevo fantastico (tav.9a-b). La ciotola, di fattura faentina attorno al 1480-90, dipinta su maiolica, in cromia bianco-azzurro con qualche tocco di verde solo nel cavetto. Presenta una decorazione a forma di fiore: lungo la parete concava nove petali lance-

olati con decori di fantasia sono inframmezzati da nove vasetti triangolari da cui esce un mazzo di tre fioretti; in cavetto, entro cerchio a decoro stellare, appare limmagine della Luna raggiata con falce. Interessante notare la perfezione razionale del decoro. Attorno alla luna dal volto femminile con espressione melanconica, stanno dodici raggi, le cui punte indicano dodici tondi bianchi (stelle?), ubicate al vertice di dodici rombi. Come interpretare questo unicum della produzione faentina? La predominanza cromatica bianco-blu ricorda la coeva porcellana orientale che giungeva nella Romagna tramite i porti di Ravenna e Rimini; ma i tocchi verde scuro giocano al centro rivelando la luna in nerezza melanconica14. Il numero dodici riferito ai mesi dellanno? alle ore della notte? o, come a met del Seicento scriver Athanasius Kirker nel suo Obeliscus Pamphilius, indicano le divinit che presiedono al ritmo produttivo della terra? (fig.3)15. Abbiamo qui un intrigante e
fig. 3: La Luna e le dee pagane come emanazioni delle forze lunari (A.Kircher, Obeliscus Pamphilius, Roma 1650).

straordinario connubio: da un lato il fascino dellOriente, dallaltro il razionalismo ermetico dellOccidente, il tutto ancora nel Quattrocento, agli albori dellUmanesimo: non cosa da poco, anzi da meditare. Il piatto ha tuttaltro rigore (tav.9a-b). Nella larga tesa, sul blu scuro di fondo, si svolge una decorazione giallo-arancio con velature bianche, che solo marginalmente attiene alla primitiva grottesca, e dove elementi militari e cornucopie sono frammisti a fiaccole, cirri e fiori propri della miniatura. Anzi vi vediamo un ricordo, non chiaro quanto consapevole, di certe xilografie della Hypnerotomachia Poliphili di Fabrizio Colonna, la cui prima edizione apparve a Venezia nel 149916. Segue una larga fascia bianca su cui sono vergati in blu segni risalenti a varie antiche scritture. Si notano lettere che attingono allalfabeto isiaco, eolico, etrusco, altre di fantasia, in una commistione assolutamente casuale, che purtuttavia volutamente ermetica, non decifrabile da tutti, legata allocculto del pensiero pi recondito, accessibile a pochi eletti. Essa prelude ed anticipa la figurazione centrale: un Drago cavalcato da un putto alato, che volge indietro lo sguardo, mentre la bestia incede verso un padiglione rotondo, quasi nascosto, sulla destra. Il drago sotto varie sembianze fa parte del pi antico bestiario immaginifico che ebbe massima espressione nel Medioevo, quando, secondo tradizione, serviva da cavalcatura alle streghe per gli incontri sabbatici. Rappresentazione allegorica delle pulsazioni negative dellanimo che impediscono lelevazione spirituale, il drago qui dominato dal fanciullo alato, che rappresenta la ragione in grado di indirizzare gli istinti bestiali verso il padiglione, dove lavora luomo pensante. Il laboratorio alchemico rappresentato in forma rotonda, perch il cerchio mistico allude alla centralit del cosmo, sede perfetta dellilluminazione filosofica17. Volutamente simbolico, il messaggio che ci viene dalla maiolica invita alla meditazione. Certamente al figulo pittore giunto un disegno studiato a tavolino da un umanista, da un filosofo, legato ad una delle tante signorie rinascimentali; pensiamo alla vivacit culturale delle corti padane, dei Malatesti, degli Este o dei Bentivoglio, in quella zona cos ricca di umori, com stato il territorio costiero della Romagna, e a pi largo raggio la fascia sudorientale della Padania18. In questarea dobbiamo ricercare la bottega che ha realizzato, su commissione, una cos intrigante ceramica19. Il verso con tondi crociati

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(meloni, simbolo cinese della fertilit?) fra grafismi doscura lettura (geroglifici?) trova somiglianze con frammenti dal sottosuolo di Rimini, del tardo Quattrocento; tuttavia dati i continui rapporti fra le piccole corti della Romagna, non si pu escludere Ravenna, citt di notevole produzione ceramica, ancora poco studiata20. 3- Il Seicento La maiolica secentesca visse di vita stentata. La situazione italiana politica e sociale era disastrosa, complicata da epidemie terribili, come la famigerata peste manzoniana, da scarsit di cibo per una piccola glaciazione, dalle ruberie della soldataglia per le continue guerre europee. Non vi erano soldi per procurarsi le materie prime, i costosi metalli da trasformare nel fornello a riverbero in colori squillanti, n pi giungevano ai figuli ricche commissioni dalle corti signorili, che tanto avevano sostenuto questarte. Si lavorava in pura sussistenza21. Solamente Roma, capitale di un vasto stato e soprattutto sede pontificia, godeva di discreta prosperit. Quasi tutte le famiglie nobiliari, abbandonate le antiche citt sparse per lItalia, avevano un palazzo, una sede nellUrbe. Di pi: giungevano a Roma in cerca di lavoro e di fortuna gli artigiani e le maestranze che un tempo avevano recato lustro ad altre terre, lasciando pressoch inerti le antiche fornaci. Fu un vero e proprio esodo che coinvolse il Nord come il Sud. Dallincontro di s diverse esperienze artistiche si cre un nuovo stile, tutto romano, non privo di grazia22. A fabbrica romana attribuiamo lultima ceramica, un albarello dalla parca cromia basata sul giallo e sul verde con pochi tocchi dazzurro su un fondo bianco spento, quasi grigio23 (Tav.10a-b). La figurazione si sviluppa lungo tutta la parete pseudocilindrica e si divide in due parti che sincontrano nei fianchi. Nel frontale, partendo dallalto troviamo un fiore; al di sotto due stelle sovrastano ai lati una fascia ad andamento concavo con la scritta: Ell.BENEDITE.LAXATI, che incornicia una clessidra entro una struttura tenuta sollevata sulla fiamma vivace da due grandi ali. Ai lati, sotto le stelle, a destra e a sinistra, due falci di luna sono rivolte verso la fiamma. Nel postergale, due lunghi steli fogliati evidenziano un mascherone dalla cui bocca sgorga un lungo rivolo dacqua, che termina su una roccia dove iscritta la data: 1672/KAL./IAN , 1 Gennaio 1672. Come si nota, assai complessa la figurazione, certamente creata a tavolino e consegnata al pittore da realizzare. Il fiore e gli steli fogliati appartengono allelleboro, pianta gi analizzata nella brocca derutese (tav.7) ma qui rappresentata pi realisticamente (fig.4). La clessidra alata indica il tempo che passa; dato che sopra la fiamma
fig. 4: Elleborus niger adulterinus hortensis (L. Fuchs, De historia stirpium, Basilea 1542; ed. anastatica).

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va interpretata come il lungo periodo che il chimico, nella preparazione delle pozioni, deve pazientemente trascorrere al fuoco, lignis noster, come pacatamente lo chiama il medico-filosofo Zenone, protagonista tribolato dellOpera al nero, giunto ormai al finire della vita24. Lalchimista deve anche stare attento al ritmo della luna. E la luna, pi che il sole, che ha guidato per generazioni (e lo fa forse anche oggi) gli agricoltori nella cura delle coltivazioni, ed alla luna deve affidarsi luomo alchemico, medico, farmacista, filosofo nelle preparazioni segrete. Lelleboro sta ad indicare la possibilit di curare anche

con piante velenose, se ben dosate con lacqua della fonte e trasformate alla vampa del fuoco. A met del Seicento ormai lalchimia da magica stava diventando scienza; il Museo Kirkeriano a Roma era una realt da mezzo secolo. Libri danatomia sempre pi perfetti gi circolavano fra i dotti, ma la dizione cinquecentesca di Fuchs era ancora valida: lelleboro serve per curare, fra gli altri mali, anche quelli relativi ai melancholicis, le persone in stato di nerezza.

NOTE
1) C. Piccolpasso, Larte della ceramica secondo Cipriano Piccolpasso, ed. a cura di G. Bartolomei,

Rimini 1988, p. 69.


2) Statuette plasmate a mano e cotte al sole con valore magico apotropaico sono state trovate dalla sot-

toscritta nel Palazzo Brancaleoni a Piobbico (PU) e si trovano esposte nella Sala delle ceramiche; cfr. G. Gardelli, Vengono dalle Marche le pi antiche terrecotte italiane?, www.gospark.it/read/article141.asp.
3) Interessanti per comprendere la psicologia magica delle popolazioni nicaraguensi sono le grandi

statue in pietra in figura umana ma con il capo nascosto o sormontato da testa di animale, come il giaguaro o il coyote, nellisola di Zapatera nel Pacifico; cfr. R.Furletti- J. Matillo Vila, Piedras Vivas, Managua 1977; H. Hildeberto Maria, Estas piedras hablan, Len 1965. Estremamente interessanti sono anche i graffiti del territorio di Matagalpa, che rivelano aspetti di vita sociale delle popolazioni prima di Colombo; cfr. Gardelli, Nicaragua: land of vulcanoes. Testimony of Prehistory, Workshops-T. I, Forl 1998, pp. 349-359.
4) Cfr.Aa.Vv.,I Fenici, (a cura di S. Moscati), Milano 1992, passim. 5) Cfr. J. Lessmann, Herzog Anton Ulrich-Museum Braunschweig. Italianische majolika, Braunschweig

Atti XIII

International Congress of Prehistoric and Protohistoric Sciences Forl-Italia- 8-14 settembre 1996, 6

1979, n.78; lautrice assegna il piatto a fabbrica di Faenza, al pittore detto delle Amazzoni, (ripreso anche da C. Ravanelli Giudotti 1996, pag. 352), ma in realt la ceramica, in base ai pi recenti studi, appare di fattura veneziana attorno alla met del 500. Il pittore va con tutta probabilit identificato in Baldantonio di Paolo da Lamoli detto il Solingo Durantino, operante dal 1548 al 1555 a Venezia nella bottega gi di Giacomo da Pesaro, passata poi al genero Domenico di Betti, pi noto come Mastro Domenico. Inoltre Il Solingo (in seguito anche poeta per la corte dei Della Rovere) potrebbe identificarsi con il pittore chiamato Mazo, dallindicazione di un mese (Maggio) segnato in una maiolica. Cfr. Gardelli, ITALIKA. Maiolica Italiana del Rinascimento. Saggi e Studi, Faenza 1999, n.12.
6) Si veda la bellimmagine di Dio architetto che misura il mondo con il compasso in una Bibbia mora-

lizzata del 1220, in Astrologia, magia, alchimia, Dizionari dellarte, a cura di S. Zuffi, Milano 2005, p. 265.
7) Per notizie su Giacomo e la continuit della bottega con Mastro Domenico, cfr. Gardelli, Italika,

cit. Capitolo Venezia.


8) Interessante il confronto con un piatto sicuramente di mastro Domenico direttamente ispirato allin-

cisione Apocalisse di Drer, dove in alto un vecchio seduto richiama la figura del nostro; ibidem n. 19.
9) Cfr. Gardelli, Maiolica per L'architettura. Pavimenti e rivestimenti rinascimentali di Urbino e del suo

territorio, Accademia Raffaello- Urbino, Urbino 1993, XIX - Parma.Il Monastero di San Paolo.
10) Cfr. A. Alver Bortolotto, Storia della ceramica a Venezia dagli albori alla fine della Repubblica,

Firenze 1981, Tav. LII.

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11) Cfr. L. Fuchs, De historia stirpium, Basilea 1542, pp.271-6. Una straordinaria edizione anastatica

stata curata dallAboca Museum di Sansepolcro (AR). Ringrazio il comm. Mercati per avermi fatto dono di una copia.
12) Sulliconografia del cervo si veda in particolare, G. Cairo, Dizionario ragionato dei simboli, Milano,

s. d (ed. Forni 2001) alla voce.


13) Cfr. Aa.Vv., Lanfranco e Wilighelmo. Il duomo di Modena, Modena 1984, pp.164, 759. 14) Si veda nel bel saggio di M. Calvesi, Arte e Alchimia (Art Dossiern.4), il capitolo Malinconia e notte,

in particolare a p. 26 la riproduzione della miniatura dal trattato Aurora consurgens del XIV-XV secolo, dove lo scudetto con la luna raggiata ricorda la nostra.
15) Si veda il capitolo Macrocosmo in. A. Roob, Il Museo Ermetico. Alchimia & Mistica, Milano 2003. 16) Si consultata la rara edizione originale della Biblioteca Estense a Modena. Si veda in particolare

la pagina 128.
17) Per il bestiario medievale, cfr. J. Baltrusaitis, Medioevo Fantastico, Milano 1982, passim; per il labo-

ratorio alchemico, cfr.: Astrologia Magia, cit. s.v.


18) Si veda il saggio, Gardelli, Rapporti culturali da Bologna alla Romagna. I riflessi nellarte della

maiolica, Arte Viva. Fimantiquari a. IX n. 25/26, 2001, pp. 47 - 61.


19) La maiolica ha una lunga vita bibliografica, iniziando dal Falke (1912) che laveva attribuita a

Casteldurante; recentemente T. Wilson (1996) la colloca solo dubitativamente alle Marche; nel 2004 stata esposta a Pesaro alla mostra I Della Rovere con scheda in catalogo a firma C.Fiocco-G.Gherardi e attribuzione ancora a Casteldurante, anche se le autrici avvertono che lattribuzione a Casteldurante pi tradizionale che verificata.
20) Per Rimini, cfr. Gardelli, 5 secoli di maiolica a Rimini, Ferrara 1982; per Ravenna, eadem,

Ceramiche del Medioevo e del Rinascimento, Ferrara 1986, passim; P. Novara - A. Piccini, Due secoli di maiolica a Ravenna, Arte Viva Fimantiquari, supplemento al n. 21-22, a.VIII (2000). Ringrazio il dr. Alberto Piccini per i consigli datimi.
21) Perfino Urbino risent della terribile crisi dopo la devoluzione del Ducato roveresco allo Stato pon-

tificio. Si vedano gli atti del Consiglio dei Quaranta, dove palpabile la preoccupazione per la sorte delle arti un tempo fiorenti, in Gardelli, Francesco Antonio Saverio Grue Letterato Poeta e Pittore 16861746, Teramo 2004, Capitolo Primo.
22) Si veda Gardelli, Italika, cit., al capitolo Roma. 23) Lalbarello stato esposto alla mostra di Teramo del 2004 fra le ceramiche di Castelli dAbruzzo,

con scheda molto approssimativa e con errori di lettura nella scritta e senza indicazione della data (ma attribuita al Settecento) a firma di C.Fiocco-G.Gherardi. Riteniamo invece per la cromia generale, e per quanto qui esposto nella comprensione iconografica che sia produzione laziale.
24) M. Yourcenar, Lopera al nero, ed. consultata, Milano ( Feltrinelli) 2004, p. 265.

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Tavole

tav.1a-g statuette, un cilindretto, un vasetto. Ceramica da nera a rossastra eseguita a mano, cotta a basso fuoco; in alcune tracce di solo ingobbio bianco, in altre pittura in bicromia rosso-bianco. Le statue rappresentano divinit del Pantheon del Nicaragua: Tlaloc, il Mostro della terra, lo Jorobado. Nel cilindretto sono incisi: il serpente, il labirinto, due figure umane stilizzate con alter ego. Il vasetto ha le anse a testa di giaguaro. H. da cm. 6,5 a cm. 10. Collezione privata. Provenienza: Nicaragua. Bibliografia: inediti. Nicaragua, cultura del Gran Nicoja, secc. II-I a.C XV d.C.

tav. 2

Piccolo albarello in maiolica policroma, ad uso di portaveleno. Decorazione: fascia a Petali correnti fra monticelli entro cerchi; in alto e in basso fascia puntinata. H. cm. 7. Collezione privata. Bibliografia: inedito. AREA LAZIALE (Roma o Viterbo), sec. XV, met e terzo quarto.

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tav. 3.

Collana assemblata con: n.24 vaghi in pasta vitrea di varia forma e colore, n.2 medagliette in bronzo con figurette umane; n. 2 medagliette in bronzo con figurette di animali; n.1 piastra centrale in bronzo con Gioco di fanciulli; n.1 fibula in bronzo; n.1 pendente a volto di idolo legato con catenella ad una piastra con ai lati volto in steatite e anforetta in pasta vitrea. Provenienza: Libano - Siria. Collezione privata. Esposta alla mostra, Antichi popoli dOriente, Pennabilli (PU), Luglio 2005. Bibliografia: inedita. Epoca fenicia.: secc.VI-II a.C.

tav. 4.

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Collana in pasta vitrea assemblata da: n.30 vaghi di varia forma e colore; n. 4 medagliette; n. 1 pendente a volto umano. Provenienza: Libano - Siria. Collezione privata. Esposta alla mostra, Antichi popoli dOriente, Pennabilli (PU), Luglio 2005. Bibliografia: inedita. Epoca fenicia.: secc.IV-II a.C.

tav. 5 a-b Piatto istoriato dipinto in policromia su maiolica. Recto: Entro un paesaggio con sole nero il Demiurgo seduto indica con il compasso luniverso stellato in forma di sfera appoggiata al ginocchio. Verso: in tesa festone fitomorfo; in cavetto la scritta: mai non do rustare di fare <1563>. Diam. cm.21,5; h. cm.3. Collezione privata. Provenienza: Asta Rubinacci 12/12/2000, lotto n.222. VENEZIA, Mastro Domenico, 1563.

tav. 6 a-b Piatto istoriato dipinto in policromia su maiolica. Recto: immagine scenica aperta in alto da un drappo trattenuto da nodi con Figura femminile seduta entro paesaggio avente luna sul capo; tiene in mano un martello ed una livella; in alto al centro Sole a volto umano fra nuvole; in basso entro riquadro appoggiato su masso la data 1549. Verso: in parete Corona di foglie lanceolate intrecciate; nel cavetto Croce a quattro bracci uguali. Diam. cm. 19,7. Collezione privata. Provenienza: Asta Semenzato 19/12/2002, lotto n.133. VENEZIA, Baldantonio da Lamoli, detto Il Solingo durantino nella bottega di 157 Mastro Domenico, 1549.

tav. 7.

Brocca a beccuccio versatore dipinta in policromia su maiolica. Frontale: Festone robbiano che racchiude in alto due Cerbiatti accosciati ai lati di una pianta medicinale (Elleboro) e fra volute; al di sotto la scritta farmaceutica IULEB. DE ACETATO STATIC.C.; al di sotto entro tondo e su scudetto araldico: Leone che innalza una squadra su Sfera (il mondo?). Ai lati: Nastri. H. cm.24,5. Collezione privata. Bibliografia: Magnani 2002, n. 68. DERUTA, sec. XVI, primi decenni.

tav. 8.

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Ciotola dipinta in tricromia bianco-azzurro-verde su maiolica. Recto: decorazione a forma complessiva di Fiore; in cavetto entro struttura spezzettata in dodici punte con dodici stelle Luna raggiata a volto umano con falce; in parete nove petali lanceolati con decori di fantasia inframmezzati da nove mazzetti con tre fioretti. Verso: maiolicato a epigrafo. Diam. cm. 16,5; h. cm. 3,6. Collezione privata. Bibliografia: inedita. FAENZA, sec. XV-ultimi decenni.

tav. 9 a-b. Grande piatto dipinto in policromia su maiolica. Recto: al centro Putto cavalcante un drago verso un edificio a padiglione e allintorno scritta alchemicoermetica a gruppi di lettere; tesa a Trofei e cornucopie. Verso: simbolo del Melone ripetuto entro sei riquadri separati da linee sinuose e lettere o segni simbolici. Diam. cm. 43. Collezione privata. Provenienza: Asta Sothebys 1990, n.113. Bibliografia: Falke 1912, n.217; Wilson 1996, n.139; Fiocco-Gherardi 2004, XII.8. AREA ROMAGNOLA (Ravenna o Rimini), secc. XV-XVI.

tav. 10 a-b. Albarello dipinto in tricromia su maiolica. Frontale: in alto al centro Fiore (di Elleboro) e in entrambi i lati una Stella; al di sotto un nastro a banda in semicerchio con la scritta ELL.BENEDITE.LAXATI; nel semicerchio Clessidra entro struttura aperta tenuta sollevata da due grandi ali al di sopra di un fuoco con alte fiamme avente ai due lati falce lunare con la parte concava verso la fiamma. Postergale: entro due Rami di elleboro, mascherone demoniaco da cui sgorga un lungo getto dacqua che termina su pietra con la scritta 1672 KAL. IAN. H. cm. 17,5. Collezione: Aboca Museum (Borgo San Sepolcro). Bibliografia: Fiocco-Gherardi 2004, n. 113. ROMA, 1 Gennaio 1672.

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Metalli per lalchimia


GIULIANA GARDELLI
Per la manipolazione della materia, vari furono gli strumenti di cui si servirono fin dallantichit gli alchimisti-speziali-medici (ed anche filosofi): in primis le bilance di vario tipo per lesatta proporzione dogni elemento, poi i mortai (in metallo, in marmo, in legno), dove triturare erbe e pietre, spesso ridotte in poltiglia. Piace documentare un bellissimo esemplare bronzeo, di fattura italiana, datato 1483 e decorato con straordinari archi trilobati su colonnine, con scudetto araldico ed una lunga scritta in latino medievale (fig. 5)1.
fig. 5 Mortaio in bronzo, decorato con archi trilobati, stemma araldico e scritta: + SERVITIO. GULE. PER. PAULUS. CAPITIS. MORTARIOLUM. DEDIT.; in basso fra colonnine la data: + M. CC CC LX XX III. Italia, 1483. (Ubicazione sconosciuta. Da Dirven-Montagut 1989, n.3)

Molti erano i contenitori di varia forma. Nella sezione precedente si sono esaminati brocche ed albarelli in ceramica (tavv. 2,7,10), ma non mancarono fin dal Medioevo anche scatole di legno, o in cartapesta per materiali solidi, ma non troppo pesanti, come i trocisci; per i liquidi erano utili bottiglie in vetro di svariata forma. Alla distillazione erano demandate le storte e gli alambicchi in vetro soffiato, materiali fragilissimi, che molti dipinti ed incisioni ben documentano2. Talora, nella mescolanza e trasformazione degli elementi, occorreva servirsi della vampa del fuoco; ecco quindi necessari i crogioli dove versare metalli incandescenti. In questa piccola sezione dedicata ai metalli se ne espongono due bellissimi in bronzo con manico in legno del Cinquecento, di probabile fattura italiana, e certamente europea (tav.11,12). Testimoniano la presenza nel laboratorio alchemico della fornace dove gli antichi con la vampa del fuoco cercavano le congiunzioni chimiche, soprattutto per la cottura della pietra filosofale. Accanto, in riproduzione fotografica, si pu ammirare una straordinaria bilancina a stadera in ferro, che sinnalza su una curiosa tartaruga in legno intagliato (fig. 6)3. Nel retro ha il cassettino per i pesi e sulle zampe sono ricavate altre due testuggini pi piccole.

fig. 6 Stadera in ferro, su tartaruga in legno intagliato; sulle zampe altre due testuggini pi piccole; nel retro cassettino per i pesi. Italia, sec. XVI-XVII. (Milano, Museo Bagatti Valsecchi, inv.n.307; III Sala dellAffresco).

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Lanimale fin dallantichit fu presente nella mitologia delle origini presso vari popoli, spesso connessa con il culto dei morti, come suggerisce il nome stesso, relativo al Tartaro, pi esattamente abitatrice del Tartaro, laggi, nel profondo dellUniverso. Nei papiri magici il nome tartaruga era epiteto di Ecate - Selene, con aspetti sinistri; fu poi identificata dai Romani come Luna Diana. Con valore positivo, i Greci la ricordavano perch aveva dato ad Apollo il guscio per creare la lira. Per gli indiani, essa rappresentava invece il supporto del mondo, sostegno del monte Mandara, abitato dagli Dei; fu anche incarnazione di Visn. Per la mitologia cinese delle origini essa rappresentava la Dea Madre. Presso molte popolazioni essa fu legata al mito esoterico della creazione. Per

giungere rapidamente ad epoca moderna, lAmerica spesso raffigurata seduta su di lei. La scelta della testuggine per reggere la stadera, misura degli elementi necessari al processo alchemico, appare dunque non casuale, ma profondamente meditata e con risvolti esoterici. Lutilizzo di forme animali con aspetti di fantasia documentato in special modo nel Medioevo, ma non mancano esempi nel Rinascimento e poi, in pi larga misura, nel Barocco4. Non meraviglia quindi di trovare in questa sezione dedicata a strumenti inerenti in qualche modo allalchimia un animale fantastico, il cui uso possiamo qui ipotizzare con verosimiglianza (tav.13). Si tratta di un uccello lungo quasi mezzo metro. Ha il corpo di anatra realizzato in legno intagliato; le ali di pipistrello, anchesse in ferro, sono aperte ed in posizione di volo; le zampe invece, sempre in ferro, appartengono ad un rapace; dello stesso materiale metallico il muso, che si avvicina a quello del formichiere. A met corpo in alto ed in basso attaccato un anello di sospensione. Attribuibile a manifattura italiana (e certamente europea) fra 500 e 600, quale poteva esserne lutilizzo? Gli anelli di sospensione paiono escludere luso di una stadera come la precedente tartaruga. Con maggiore probabilit, esso era attaccato mediante detti anelli ad uninsegna da spezieria, dove, sostenuto da tralci metallici, poteva dondolare, e forse picchiare contro qualche elemento, come pare indicare lo schiacciamento della parte finale del becco, secondo un uso che dal Seicento continuato fino agli inizi del secolo scorso5.

NOTE
1) Il mortaio ha la seguente iscrizione nel sottorlo esterno:

+ SERVITIO. GULE. PER. PAULUS. CAPITIS. MORTARIOLUM. DEDIT.; in basso la data fra le colonnine: + M. CC CC LX XX III. La parola mortariolum in latino classico indicava un mortaio per incenso. Non chiaro se il riferimento qui lo stesso o se indica genericamente la funzione delloggetto come mortaio. Cfr.: J.Dirven-R.Montagut, Pharmaceutica, Paris 1989, n.3. 2) Si cita la nota immagine dellAlchimista al lavoro nel suo laboratorio, che Giovanni Stradano dipinse su commissione di Francesco I de Medici per lo Studiolo in Palazzo Vecchio nel 1570. Francesco I, come molti nobili del suo tempo, amava lalchimia ed era anche dedito a pratiche esoteriche. 3) La stadera si trova a Milano nel Museo Bagatti Valsecchi, esposta nella III Sala dellAffresco. Ringraziamo la direzione del Museo per la gentile collaborazione ed in particolare la dr. Starleen Meyer, alla quale dobbiamo la preziosa segnalazione dellopera. Cfr.: M. Scalini, Museo Bagatti Valsecchi, Milano 2004, vol.2, p.670, 799 Stadera. 4) Segnaliamo fra altre curiosit una piccola scultura in ferro rappresentante un volatile, di fattura francese del sec. XVI, passata ad unasta Semenzato, Venezia 19 Dicembre 2004, lotto 14. 5) Si vedano per confronto alcune insegne di farmacia nel Catalogo dasta Cramiques Objets de Curiosit, Drouot-Richelier, Paris 21-22 Ottobre 2001, lotti nn. 452-457.

N.B. Per le foto: tavv. 10, 11, 12 da Aboca Museum; tavv. 5, 6, 7, 9 dai rispettivi proprietari fig.6, da Museo Bagatti Valsecchi. Tutte le altre foto sono di Augusto Selvatici.

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tav. 11. Crogiolo su tre piedi detto dellalchimista in bronzo con manico in legno (posteriore). H. cm. 8,4. Collezione: Aboca Museum ( Sansepolcro - AR). Provenienza: Asta Drout-Richelier, Cramiques- Objets de curiosit, Paris 21-22 Ottobre 2001, lotto n. 104. Europa, sec. XVI.

tav. 12. Crogiolo su tre piedi detto dellalchimista in bronzo con manico in legno (posteriore). H. cm. 9,5. Collezione: Aboca Museum ( Sansepolcro - AR). Bibliografia: inedito. Europa, sec. XVI.

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tav. 13. Uccello fantastico - insegna di spezieria (?). Corpo di anatra in legno intagliato, ali di pipistrello in ferro, zampe di rapace in ferro e becco a formichiere in ferro. Lungh. mx. cm.49; h. cm. 21/23, largh. mx. cm.11. Collezione privata. Bibliografia: inedito. Europa (Italia), secc. XVI-XVII.

BIBLIOGRAFIA
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EXEMPLA
Opus Niger versus Rubedo
Claudio Crescentini

Inseguendo lo sviluppo del pensiero filosofico occidentale contemporaneo, da Hegel e Husserl a quella che, a malincuore, riconosciamo come let post-moderna, sembra che vada a consumarsi il sogno della ragione. In Hegel ad esempio abbiamo lestraneazione dellIdea, il farsi natura dellIdea, lin s che diventa il per s; mentre nel caso di Husserl il sogno della ragione diviene utopia di una scienza rigorosa, della filosofia come scienza rigorosa che per, soprattutto con i suoi allievi, finisce per dividersi in due tendenze fenomenologiche, quella metafisica e quella metodologica. Tutti i concetti assoluti, dapprima ritenuti termini reali di possibile conquista, finiranno a loro volta per diventare idee regolative e, di fatto, irraggiungibili. Insomma entrer sempre pi in crisi il sogno utopico della ragione, in modo che, svanir ancor pi velocemente, anche il modello della razionalit classica da intendere come struttura apriorica dell ordine ideale assoluto. In questo modo, anche grazie al concomitante sviluppo della psicologia, nel Novecento si finir per allontanarci dalla razionalit e dallidea di armonia, in modo da spingerci verso i sentieri di quel movimento epocale che va sotto il nome di nichilismo, un fenomeno complesso che designa, com noto, la distruzione o decostruzione e, insieme, la trasfigurazione dei valori. Il nichilismo finisce infatti, nel tempo, per essere lanima profonda della modernit, la sua base nera per cercare di raggiungere, semmai ce ne fosse la possibilit, la rossa vetta, dove i termine nero e rosso vengono direttamente dedotti, per il vivo tramite di Jung, dallalchimia, dalla mitica possibilit di trasmutazione del piombo in oro. Il tema dellopera al nero diviene cos, per estrema sintesi culturale, il tema della nostra vita stessa, sia come uomini che come umanit. Tema storico, filosofico, esistenziale e perci psicologico, psicanalitico e linguistico, in modo che il simbolo dell inizio dellopera alchemica, lopera al nero appunto, diviene emergenza concettuale dello stesso particolare stato esistenziale delluomo contemporaneo: quello melancolico. Lassociazione e la complementariet dei temi ovviamente innegabile e continua anche nellarte, in particolare con lassociazione alla figura in nero che ha anche per, a livello filosofico, una pi lunga trattazione, gi partendo dal testo pseudo-aristotelico dei Problemata. Dal nostro punto di vista, e mediante i presenti exempla contemporanei, abbiamo invece cercato di porre in rilievo i diversi volti legati al tema, da LOpera al nero appunto della Yourcenar, alla congeniale e rituale iconografia della melancolia, rivissuta e riproposta, sul piano visivo, attraverso diverse/divergenti posizioni stilistiche che, a loro volta, abbiamo cercato di analizzare, seppur nelleconomia dello spazio dato, ad un virtuale connubio con quanto scriveva la stessa Marguerite nei suoi appunti sul volume citato e che nel presente catalogo vengono per la prima volta pubblicati in italiano. Lanima, la mente, il corpo.Trilogia ammirevole, certo, e si pensa subito, con quel lungo fremito che lasciano dietro di s le frasi dei poeti e per noi le immagini, i segni degli artisti. In questo senso il percorso rimane frammentario, anche per la nostra voluta volont progettuale, dove per precisa rimane trilogia della scrittrice dorigine belga.

Lanima La riapropriazione di un personaggio finto seppur verosimile, da parte della Yourcenar, ci porta a ragionare circa lelaborazione strutturale che Arnaldo Pomodoro fa di una personalit reale seppur, ormai, idealizzata: Cagliostro. Nel 1997 lartista realizza infatti una suggestiva installazione dedicata appunto a Cagliostro, anzi al Fantasma di Cagliostro, posta allesterno della Rocca di S. Leo (PU), cos come allinter166

no di quella minima cella che per un periodo ha contenuto il corpo, ma non la mente libera, del Conte. Con una volutt quasi barocca, con tratto per strutturale spiccatamente contemporaneo, lartista mette in scena proprio la realt della libert della mente di Cagliostro, mago, alchimista, scienziato, cultore delle lettere esoteriche. Pomodoro cos attiva e visualizza la mente e lanima libera di Cagliostro nello spazio stesso della sua reclusione fisica, segnando il tempo della distanza attraverso il contenuto della forma. Il nero, del buio della stanza, dellalchimia e dei tempi in cui visse Cagliostro, diventa invece il segno cromatico distintivo delloperazione-installazione-concept dei Paracelso Project, gruppo di intellettuali internazionali, nato e formatosi sulla scia della passione per la figura di Paracelso, hanno fin dallinizio del loro connubio (2000), voluto identificarsi con le ricerche esoteriche e il riscontro alchemico del grande medico tedesco. Le loro installazioni infatti, oltre ad essere concretamente visive, sono anche concettuali e psicologiche, dove lambiente intorno viene selezionato attentamente finendo per fare parte attiva dellopera stessa. Restando sul piano delloperazione ambientale, ci sembra molto interessante il ritrovamento di un punto focale connettivo fra i Paracelso Project e le installazioni di Ottmar Hrl. Se il gruppo predilige invadere mentalmente uno spazio ambientale, al contrario lartista tedesco sembra voler, per cos dire, concettualizzare lo spazio della mente in funzione ambientale. Pensiamo ad esempio alle forme rosse Standardgraph 1164 Ellipsensatz e a quella gigante verde di Mr Quick, oppure ai nanetti del Fliegender Wechsel che ci portano direttamente allinvasione spaziale 7000 Drer-Hansen della lepre appunto dreriana. Lambiente diventa vita mediante la rielaborazione di unarte immortale che linguisticamente usa Hrl cos come gi usava Drer i canoni interpretativi dellalchimia artistica.

La mente Contraria, perci non complementare, la presenza di Alessandro Romano, per il quale il ritrovamento dellarte dal passato, dopo tanto concettualismo, diventa modo di esprimersi verso pi alti intenti mnemonici. Questo grazie anche ad una non comune abilit costruttiva degna, ad esempio, di un artista rinascimentale o comunque classico. Le opere di Romano rievocano, pi che lesoterismo e la trasposizione dellalchimia sul piano artistico, proprio la trasmutazione, sempre per usare una terminologia ad hoc, della secolarit della scultura come incipit di un nuovo rinnovamento che guarda comunque al passato ed al Museo. Sulla scia perci di molti artisti della fine anni Settanta - inizio Ottanta e come grande padre: Giorgio de Chirico. Esoterismo, metafisica, enigma e melancolia sono del resto state pane quotidiano per de Chirico, fin dallinizio della sua carriera cos come risulta anche dal suo primo autoritratto dotato di una perfetta epigrafe esplicativa: Et quid amabo nisi quod aenigma est? In questopera forte il carico della melancolia e perci della sua iniziale opera al nero, un peso spesso raffigurato, nelliconografia tradizionale e nelle innumerevoli rappresentazioni poetiche e letterarie di questa peculiarissima stimmung per dirla con Nietzsche nella figura china, il capo sostenuto dalla mano, a mezza strada tra meditazione e abbattimento. Grave il peso appunto della melancolia, con la sua forza di elemento negativo e di dolore che per presenta anche e non a caso in Kierkegaard, la potenza di una divinit superiore e, con Jung, il territorio del nostro passato archetipale. Inizio soprattutto, ma anche pressione di questo verso il presente, con quella dose di potenza superpotenza che spinge verso il futuro, cos come ben rappresenta Filippo Centenari, con la visionariet mediale che gli solita, mediante quel GO/STAY che riporta alla mente proprio lopera di Drer amata anche da Hrl tanto da riproporne il particolare prismatico delloriginale incisione rinascimentale. Ma se Hrl non fa citazione ma concetto visivo estrapolato da questa, lintento di Centenari sembra invece quello di attivare la subcoscienza delluomo moderno mediante la riproposizioni in panni leggi colori di un recente passato fisico. In questo modo sembra rifarsi apertamente alla teoria melancolico-depressiva di Binswanger, secondo la quale ci si muove, o si resta, giocando con il titolo di Centenari, solo mediante la destrutturazione temporale dellavvenimento fondamentale depressivo, cio da un turbamento del divenire della personalit.
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Il corpo Si tratta di quello stesso movimento inconscio ed emotivo che ha spinto Lorenzo Gigotti, dalla fine degli anni Cinquanta in poi, a sperimentare nuove possibilit stilistiche e linguistiche che soddisfacessero soprattutto il proprio impulso emotivo ma anche depressivo verso la lucerubedo. Nelle sue nuove decostruzioni pittoriche lartista infatti, soprattutto allinizio degli anni Ottanta, mette in rilievo lessenza stessa del suo nuovo linguaggio elaborando quadri-tavoli magici, quadri-sogno, quadri-incantesimo fino ad approdare al Sole nero, catartico titolo di un suo preziosissimo lavoro ma anche ricomposizione strutturale del gi citato mondo archetipale junghiano. Spaziando dallidea del sublime allidea della morte, dalla nostalgia al dolore della mente Gigotti sembra forse inconsciamente ricercare quel motivo portante della semiologia avanzata degli anni Ottanta che ha in Julia Kristeva il suo punto di forza e di ostentazione culturale. Il sole nero, fra depressione e melanconia concettuale, icona della melancolia dreriana, anche evidente segno alchemico preso in prestito, da Gigotti, dai dipinti degli anni Settanta dellamico di lungo data, in quel periodo gi scomparso, Girogio de Chirico, il quale per deriva la nuova icona, da sue precedenti opere degli anni Trenta: le illustrazione per i Calligrammes di Apollinaire. Commissionate probabilmente da Jean Paulhan, segretario dal 1930 de La Nouvelle Revue Franaise, vengono pubblicate, proprio su questa rivista, fra il gennaio e il luglio dello stesso anno. Tema centrale il sole nero appunto, collegato, quasi in un lungo cordone ombelicale, con un sole bianco esterno oppure ad una luna nera. Dentro e fuori, bianco e nero, il tutto resta unito seppur distinto con de Chirico, dove il riferimento alchemico del sol niger diventa ancor pi suadente. Ma il sole nero proprio lopera al nero, quella dello Znon yourcenariano cos come quella di Paracelso, tanto per citare due esempi a noi strettamente confacenti e che ci portano direttamente alle operazioni artistiche, da porre in decisa antitesi, di Francesco Narduzzi e di Franco Berdini. Il primo in particolare sembra voler, da sempre, sperimentare la realt magica della natura, in un percorso che lo avvicina, a volte, proprio alle teorie medico-naturalistiche di Paracelso, rivissute per con una coscienza evolutiva che, lo ripetiamo, risulta assolutamente naturale. Il costante uso che fa di pietre non trattate, delle cortecce dalbero, oppure delle rocce lasciate nel loro habitat iniziale, fanno di Narduzzi uno sperimentatore della materia che molto lo avvicina allalchimia. Berdini invece un vero e proprio negromante, alchimista, concettualista, costruttore di un nuovo modo di pensare larte, fin dalla met degli anni Sessanta, che lo ha portato a essenzializzare sempre pi la sua vasta cultura esoterica, in rapporti di forza e geometrie astrali, come nel caso della serie denominata appunto Opera al nero. Ma ancor pi confacenti al nostro discorso sono i ritratti alchemico-astrali realizzati da Berdini ed esposti, per la prima volta e con grande successo, alla XLII Biennale Internazionale dArte di Venezia. Leonardo e Bethoween prima di tutto, mediante i quali Berdini ha reinventato il modo di fare arte in piena congerie anacronista e che lo porter ad esempio, a lavorare a tutto campo per unarte che sia affrancata dalla produzione darte in s e per s, ma che cerchi di affiancarsi e dedicarsi a molte altre esigenze culturali, cos come ben rappresentano i suoi indimenticabili ed imperdibili volumi, Magia e astrologia nel cenacolo di Leonardo (1982), con introduzione di G.C. Argan, e La Gioconda chi (1989), veri e propri percorsi iniziatici della mente, dal nero alla ricerca disperata della rubedo. Sulla scia dell incontro comparativo, fin qui messo in scena, si attesta lulteriore possibilit di interpretazione multi-linguistica che attiviamo mediante loperativit di Mariano Filippetta e le sue diversit ottiche. Stiamo parlando, per intenderci, del suo modo, poetico e svagato, di accostarsi agli elementi, il mare, il cielo e soprattutto il sole, da toccare, come si esprime in un titolo lartista stesso, seppur in altro modo; e altro appunto il modo di creare di Filippetta. Altro rispetto al contesto dato, dove appunto segno, figura corpo e Idea si rivengono a costituire in un unico visionario viaggio verso lalto, oltre il nero perci, ancora in cerca di luce.
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Franco Berdini
(Roma 1941) Studia allIstituto dArte di Roma, diplomandosi in architettura (1961). Nel 1966 espone alla Madison Park di New York e rimane negli USA per un anno. Dal 1970 insegna incisione e attualmente titolare di questa cattedra allAccademia di Roma. In questo stesso anno Lorenza Trucchi presenta lartista alla Galleria Studio 42 di Bologna. Nel 1974 una serie di opere in perspex trasparente e nero lucido, realizzate sul tema delle alchimie incise e dipinte in nero, gi analizzate da Emilio Villa allinizio degli anni Settanta, vengono presentate alla Galleria il Cortile di Bologna. Dopo anni di studi e ricerche, Berdini pubblica Magia e Astrologia nel Cenacolo di Leonardo, con la prefazione di G.C. Argan (Edibice Editalia 1982). Sempre nel 1982 realizza delle sculture ritratto in perspex trasparente denominate Astrolografie, vengono esposte in una personale di grande successo alla Galleria Editalia con un illuminante testo di E. Villa. Ne1 1988 invitato, con una sala personale, alla XLII Biennale di Venezia. In questo stesso anno la Galleria Nazionale dArte Moderna e Contemporanea di Roma invita lartista a Il Cairo a partecipare alla Biennale del Mediterraneo dove vince il primo premio per la scultura. Nel 1989 pubblica, con la prefazione di Franco Cardini, il volume La Gioconda chi e. Nel 1991 nella Galleria Anna DAscanio di Roma presenta la mostra Irrgarten, labirinti in marmo di grande fascino intellettuale. Nel 1992 Giulio Carlo Argan presenta lartista a Lione con una serie di libri realizzati con le pagine di pietra; nello stesso anno lartista firma le scene per I.T.I., un anno di trasmissioni televisive per Telemontecarlo condotte da Mino DAmato, in collaborazione con Vittorio Storaro. Dal 1991 al 2005 realizza in Italia, come opere pubbliche, oltre 15 pannelli darte di grandi dimensioni. Nel 1994 i suoi libri e pagine di pietra rappresentano lItalia al Palaexpo di Ginevra. Allattivit artistica Berdini ha sempre affiancato una ricerca di semiologia gastronomica che lo ha portato a curare con C. Crescentini, A. Antonaros, I. Corelli la serie di trasmissioni A tavola con larte, per RaiSat Gambero Rosso Channel. Dal settembre 2005 per la rivista Arte e Dossier cura la rubrica Il Pranzo di Babette, un percorso artistico e cuilturale dallatelier alla cucina.

Filippo Centenari
(Cremona) Lartista inizia come designer per numerosi siti internet, continuando per a lavorare costantemente con la pittura, la stampa digitale, le installazioni, musica elettronica e il video, alla ricerca di una sintesi mediale dei mezzi espressivi. Ha curato anche alcune mostre fra le quali: Cosensation di Simone Nervi e Paolo Pastore (Cremona 2001); ln/out of colors, di Marco Anzani (Cremona 2002); Citt di Massimo Antonelli (Cremona 2003). Nel 2002 ha realizzato Operaperta in collaborazione con Marco Nereo Rotelli. Nel 2003, in occasione del Premio per la Pace a Ferdinanda Pivano, partecipa alla collettiva Pace a Amore presso la Fortezza del mare delllsola della Palmaria. Nel 2004 partecipa allimportante festival Radiance Et Resonance / Signals of time Dashanzi Art Festival of Bejing, di Pechino. ln questo stesso anno partecipa alla XI Biennale di Arte Sacra presso il Museo Fondazione Stauros di San Gabriele (Teramo). Nel 2005 Centenari viene insignito del XIX Premio lntemazionale di Pittura, Scultura e Arte Elettronica Guglielmo Marconi.

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Mariano Filippetta
(Nato nel 1964). MOSTRE PERSONALI 1989 2003 Primo Vere Galleria dei Banchi Nuovi, Roma Lamore, lamore soltanto Galleria LAttico, Samassi

MOSTRE COLLETTIVE 1992 1993 1994 1995 1997 2004 2005 Imprimatur Artisti internazionali inediti in mostra a cura di Achille Bonito Oliva, Milano Ritorno al mare Omaggio a Pino Pascali Galleria lAttico, Polignano a Mare Buddha a cura di Francesca Pietracci, Castello Ducale, Sessa Aurunca Magazzino Galleria LAttico, Roma Derivando Deviando Chiostro di San Francesco, Alatri MailArt Universit degli Studi Salerno Collettiva Galleria Marchetti, Roma Primaverile Argam Galleria Marchetti Roma

Francesco Narduzzi
(Monte Romano, Viterbo 1937) Autodidatta, inizia a dipingere alla fine degli anni Sessanta, utilizzando materiali naturali. A partire da1 1973 elabora un alfabeto iconico, legato alla simbologia della natura, che caratterizza i suoi lavori. Utilizzando tale alfabeto traccia frasi su tavole di legno, terracotta, tela di lino e canapa. Nel 1979 conosce Sarenco e inizia la frequentazione dei poeti visivi. Negli anni Novanta realizza i primi libri dartista, alcune copie dei quali sono conservate a Parigi presso il Centre Georges Pompidou, la Biblioteque Nazionale, il Museo Pecci di Prato, la collezione Caroline Corre. Dal 1998 progetta e lavora al Grande libro aperto allaperto, uninstallazione ambientale con iscrizioni rupestri realizzate sia in Italia che in Piccardia. Nel 1996 realizza la prima iscrizione rupestre a Blera, in provincia di Viterbo. Lavora a Monte Romano, dove vive alternando periodi di soggiomo a Parigi. Nel 2003 al Castello Savelli di Palombara Sabina si tiene una sua importante antologica.

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Alessandro Romano
Scultore Artista di prestigio internazionale, educato nella bottega artigiana secondo la gloriosa tradizione italiana, dopo un esordio in pittura, ha espresso nella scultura il suo talento figurativo, con risultati di straordinaria forza plastica e dinamica. Nel suo lavoro lispirazione mitologica e quella religiosa si coniugano con le inquietudini della modernit, dando vita a una forma classica e insieme nuova, impressionante per movimento e misura. Sue opere figurano nelle pi importanti collezioni pubbliche e private, in Europa e negli Stati Uniti. tra le sue creazioni si ricorda lo Scudo di Achille, la portentosa opera in bronzo policromo che si riferisce al celebre mito dellIliade, acquistata dalla Galleria Nazionale dArte Moderna e Contemporanea di Roma per il Palazzo del Quirinale. Ed inoltre: Amor Sacro e Amor Profano ad Anversa; Resurrezione, dedicata a Falcone e Borsellino, a Caltanissetta; Nascita, Vita e Morte, a Rodi; Sirena, a Matera; Icaro, a Piombino; Medusa, la straordinaria testa del celebre personaggio di metri tre e cinquanta a Montegallo; Mercurio, nella Citt Giudiziaria di Roma; Portale della SS. Trinit, a Piano di Sorrento. Nella prestigiosa collana I Testi della Coscienza di ART ha illustrato le CONFESSIONI di S. Agostino, commentate dal prof. Vincenzo Cappelletti. Il 20 ottobre 2004, stata collocata, nella nicchia centrale dellabside della Patriarcale Basilica di S. Pietro in Vaticano, dietro la Gloria del Bernini, la monumentale scultura in marmo bianco di Carrara realizzata dal Maestro, alta circa sei metri, dedicata a Santa Teresa di Jornet Ibars. Lopera, stata benedetta dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Ora impegnato a scolpire tre grandi opere in marmo bianco di Carrara, alte circa sei metri che, come la precedente, dovranno essere collocate nelle nicchie della Patriarcale Basilica di San Pietro. Sono dedicate a tre straordinari personaggi, che hanno fondato, ognuno un rispettivo ordine o congregazione per lassistenza a poveri, ai vecchi, agli abbandonati e diseredati dalla vita, si tratta di: Santa Genoveffa Torres Morales, San Giuseppe Manyanet e Don Orione. Le collocazioni sono previste scaglionate tra la primavera del 2006 e lautunno del 2007.

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Alterius non sit, qui suus esse potest


CARLA GUIDI
Lquilibrio dellIO-penso misura delle cose tra la terra e il cielo radici e rami del grande albero degli esseri narranti, nella Storia negato dal disequilibrio dei rapporti tra vincitori e vinti nella notte della Ragione, corvi e colombe chiusi nella stessa gabbia... Ineptissima vainitas eletta a sistema... La malignit del Potere brucia lOpera umana e la carne dei dissenzienti sullaltare della menzogna senza Trasmutazione! Ma dalle ceneri degli eretici dalle fosse dei sacrificati di tutte le guerre, dalle teorie delle vergini senza nome dipinte nelle cattedrali col volto meravigliato e vesti doro, riprodotte madri inconsapevoli dal pensiero dimenticato, dal chiacchiericcio assordante dei cortigiani e dal silenzio carico dodio degli offesi, nella diade infinita incommensurabile del Paradosso, tra Natura e Cultura tra maschile e femminile, tra scienza ed etica, tra piet e cura - il y a qui parle Marguerite del Viaggio coraggioso e sublime obscurum per obscurius ignotum per ignotius.
CARLA GUIDI 2005 (PARACELSO)

Scrive settimanalmente su Telesport di arte, teatro e letteratura, sul Foglio del Paese delle donne e collabora alla rivista Lazio ieri e oggi. Recentemente ha pubblicato per le Edizioni Associate Operazione Balena - Unternehmen Walfisch (dalle memorie autobiogafiche di Sisto Quaranta, deportato civile tra le 947 vittime del rastrellamento nazista del 17 aprile 1944 nel quartiere romano del Quadraro patrocinato dal X Municipio e COME LE BESTIE Monologhi teatrali - Onyx Edizioni - presentato a Perugia in giugno, nellambito della 14 Edizione di Lune di primavera 2004, manifestazione multiculturale promossa dal Comitato Internazionale 8 marzo, in collaborazione con la Regione Umbria, Comune e Provincia di Perugia, Centro per le pari opportunit. Appena pubblicato - Un ragazzo chiamato Anzio sulle vicende dello sbarco del 1944 e sulla costruzione del Cimitero di guerra di Nettuno - Onyx Edizioni presentano il 25 aprile 2005 dallAssessorato alla Provincia di Roma e del Comune di Anzio.

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LOPERA AL NERO: IMMAGINI DELLA PITTURA

GIOVANNA BONASEGALE

Dedico questo scritto alla cara memoria, sempre presente, di Maura Piccialuti. Insieme con lei ho letto le opere della Yourcenar. La vita di Zenone personaggio immaginario ma non troppo che ci consegna Marguerite Yourcenar irrequieta, incalzante, in costante fuga allinterno di due colpevoli prigioni, nelle quali non si stanca di frugare, di rovistare: il mondo e il corpo. Trascorrono in lui inquietudini, turbamenti, alterazioni, rovelli, che abitano il lacerante pensiero filosofico e scientifico rinascimentale e scivolano fino a coinvolgere ogni altra presenza del romanzo. Uomini, animali, elementi di natura, perfino gli oggetti sono complici del tormento conoscitivo di Zenone, che lo conduce a indagare sullorigine delle cose e, insieme, lo minaccia, lo incarcera in un sistema di attese e di presagi. Il desiderio di libert, diventato suprema malinconia, lo insegue mentre si fanno sempre pi imprudenti e azzardati i tentativi di affermare, di dimostrare anche a se stesso, le proprie intuizioni. Fino a intravedere nellevanescenza forzosa dei propri progetti lunica concretezza possibile: rendersi libero, attraverso il suicidio, dalla prigione del mondo e dalla morte alla quale stato condannato. Libert e morte sono dunque le due protagoniste del romanzo accanto a Zenone, molto pi vicine tra loro di quanto la nostra contemporanea coscienza europea sappia immaginare. Per descrivere lambiente nel quale Zenone si muove, Marguerite Yourcenar ha guardato la pittura rinascimentale da Leonardo a Bosch, da Drer a Rubens, da Ruysdael a Hobbema, da Rembrandt a Vermeer, dove non difficile imbattersi in quella salda unione tra scienza e pittura, che pure trapela, impercettibile e mai ostentata, in alcuni episodi del romanzo. A una nuova teoria della visione condussero gli studi di ottica rinascimentale, che si traspose s nei dipinti, ma pi ancora in una rinnovata visione delle cose, degli oggetti, dello stesso uomo e della natura. Incontriamo con frequenza specchi, immagini riflesse, analisi minuziose dellanatomia umana e, soprattutto, del mondo degli animali, dagli insetti agli uccelli. Gli esperimenti alchemici invadono anchessi il campo della pittura e il confine tra medicina, magia e pittura diventa sempre pi sottile. I trattati sulle arti figurative sono intrisi di sapere scientifico e gli artisti vengono spesso esortati a consultare gli anatomici, a conoscere nel dettaglio il corpo umano per poterlo riprodurre nelle loro opere. Quando, ovviamente, non erano essi stessi a diventare clandestinamente sezionatori di cadaveri. Il mondo che incontriamo, seguendo la vita di Zenone, descritto dalla Yourcenar in maniera altrettanto minuziosa, quasi si trattasse di accompagnarci, attraverso il suo stesso modo di vedere, a percepire gli stati danimo e le emozioni del protagonista. Tutto mutuato da una cultura scientifica agli albori, ma che ancora oggi ci infonde inconsapevoli suggestioni e interrogativi. I venti specchietti convessi nei quali Zenone vede riflessa e distorta venti volte la propria immagine e soprattutto la lente nella quale sbigottito, poi quasi spaventato e infine appagato vede ingrandito il proprio occhio che guarda, quante volte li abbiamo incontrati, prima ancora che si diffondessero le teorie di Keplero, in dipinti fiamminghi? La mano sicura o la figura fiera del pittore che si raddoppiano sulla superficie

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di un vetro; il volto che appare appena deformato sulla concavit di una teiera dargento; lestrema, superba ambiguit del quadro nel quadro o la sorprendente capacit di qualsiasi rifrazione di luce nel consegnarci oggetti altri, destrutturati rispetto alla conoscenza che ci consente di dare un nome alle cose, quasi irriconoscibili eppure reali: queste stesse sono le visioni nelle quali Zenone si perde. E non gli vale appellarsi alla purezza, perch si accorge subito che la purezza alchemica, quella che nomina i colori e le materie, anchessa visione di sogno: raggiunge lo spirito, ma altrettanto sconosciuta al corpo. Le fisionomie degli attori del romanzo uomini e donne, grandi borghesi, alto clero, cos come la rimbombante folla dei pi umili i loro abiti, la descrizione degli interni sono s tratte da documentazione darchivio, dalle fonti, ma la stessa Yourcenar, nella nota finale, definisce ritratti le descrizioni dei personaggi e non pu sfuggire la contiguit dei vari dettagli, a volte addirittura dei tratti somatici, con la grande ritrattistica dellepoca, da Albrecht Drer a Lorenzo Lotto, ma soprattutto con gli eloquenti esiti espressivi di Hans Holbein il Giovane. Il mondo dei contadini, quello del popolo minuto se ancora in pieno rinascimento si pu definire con questo aggettivo una classe sociale a met tra piccola borghesia, artigiani e salariati descritto cos come potrebbe uscire da una serie di quadri di Hieronymus Bosch o di Pietro Brueghel, il Vecchio: intriso di non ingenua sensualit, preoccupato della sopravvivenza quotidiana, impaurito e propenso alla delazione. Il romanzo popolato di elementi naturali: distese di terra, visioni marine o fluviali, foreste, alberi, orizzonti intrisi di nuvole, bagliori di tramonti o di albe. Ma soprattutto popolato di morte: per tumulti, esecuzioni, vendette, risse, malattie, epidemie, guerre, saccheggi. Questi due temi, natura e morte, hanno indubbiamente uniconografia complessa, che a mio parere oscilla tra i grandi paesaggisti nordici del Cinquecento e del Seicento e la voce forse pi intricante del simbolismo europeo: quella di Arnold Bcklin. La morte assume nel romanzo gli aspetti pi diversi e in ogni modo domina la nostra immaginazione, perfino la memoria. Su questo grande tema sentiamo vicina la presenza di Bcklin, tanto pi vicina se ricordiamo che nel 1928 nel periodo in cui gi elaborava Lopera al nero la Yourcenar ha dedicato un bellissimo saggio al dipinto Lisola dei morti. Lultimo dipinto di Bcklin, eseguito nel 1900, sintitola Melancholia. Una figura femminile, raccolta in lunghi eleganti pepli, contempla dalla riva spoglia di un piccolo corso dacqua i tronchi dalbero che vi si riflettono e le grandi foglie morte, trattenute in superficie dalle acque. Tra la donna e la natura che la circonda si percepiscono una totale compenetrazione e il silenzio assoluto dellassenza del mondo terreno, trascendente e immateriale come lapprodo sconosciuto e inesorabile che accoglier il naufragio di ognuno di noi. La Melancholia, che prende per mano Zenone fin da adolescente, parimenti veglia sul silenzio di s che il medico-filosofo simpone per tutta la vita. Nel decennio ultimo del XIX secolo Bcklin compose una serie di opere dedicate alla morte, orrenda per violenze di guerra o per la peste. LEuropa della fine dellOttocento non era poi cos diversa per guerre e morti, per mescolan-

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ze di culture e di odii da quella del Cinquecento. Marguerite Yourcenar conosceva bene queste opere e certamente aveva notato come le due calamit, peste e guerra, per Bcklin fossero non cos tanto disgiunte, rappresentando lineluttabilit di un destino al quale luomo non pu che piegarsi. Come in Lopera al nero si inchina di fronte alla peste che guadagna lEuropa viaggiando senza fretta, al suono delle campane, come unimperatrice e va infondendo un elemento dinsolente uguaglianza nellesistenza di tutti. I boschi cedui, gli alberi piegati dal vento, sopra i quali il cielo si aggroviglia di nuvole striate, la nebbia che avvolge le vele di navi in attesa in porti rumorosi, i profili di villaggi di pietra, che si confondono con le pietre lasciate dalle acque di un fiumiciattolo in secca, le pianure intricate di erbe selvatiche, sembra di vederli, i quadri di Jakob van Ruysdael, seguendo i sentieri di Zenone. Quella stessa atmosfera di natura fosca, tenebrosa, piena di misteri, nella quale il protagonista di Lopera al nero sembra muoversi per tutta la vita, abbiamo gi incontrato nelle tele del pittore olandese. Ma accanto a questa natura pi descrivibile, testimoniata dalla prosa decisa della Yourcenar, ce n unaltra, appena accennata, vagamente evocata. E la natura in cui si immerge il mito, dove si muovono Apollo, le ninfe, i fauni, le Sibille, gli idoli dei riti pagani, che luomo pu contemplare, ma dai quali sembra essere escluso: vi regna una bellezza altrimenti negata e a volte vi sincontrano figure orrorose, spettrali, demoni. Qui sembrano avere dimora i giovani, a causa dei quali Zenone sar riconosciuto e condannato, intrappolati da uno spirito dionisiaco, quasi allucinogeno, al quale non riescono a sottrarsi e che tuttavia al contrario di quello che avrebbe auspicato Nietzsche non si sarebbe dimostrato salvifico. Cos come non li salva la loro bellezza. E in questa natura tribolata, che incontriamo ancora gli echi di Bcklin, il pittore nato a Basilea che ama il silenzio dellItalia e i suoi paesaggi incontaminati, specchio dellanima, che parlano allo spirito prima che agli occhi. La spiritualit visionaria di questo artista moderno, che a sua volta pi volte ha attinto dai fiamminghi del Cinquecento, permea liconografia della seconda parte del romanzo, dal momento in cui Zenone comincia a percepire il pericolo fino alla decisione di non sottrarsi. La pittura di Bcklin, del resto, ben si confronta con lambiente in cui si muove Zenone: figlio di un mercante di stoffe fu allinizio attratto da quella miscela di colore e di materia, che andava incontrando nei laboratori di tintura di Basilea. Cominci egli stesso a preparare i colori, ai quali dava la massima importanza allinterno del dipinto, tanto che la sua pittura fu subito indicata dai contemporanei come quella di un colorista. I suoi miscugli di colore e materia sono celebri e il suo interesse per lalchimia nasce proprio in virt di questa ricerca cromatica aspirante alla purezza. Il suicidio di Zenone assimila finalmente il nostro protagonista alla natura, della quale ha cercato di carpire i segreti; la sua esistenza in fuga finisce nella visione del nero che si disfa e che insieme raccoglie in s gli altri colori puri secondo le leggi alchemiche: verde, rosso porpora, bianco. Un ricongiungimento ai princpi originari, quegli stessi che invoca Bcklin nelle sue rappresentazioni pi mature, quando ci indica la natura come punto fermo di sopravvivenza rispetto alluomo e anche alla storia.
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