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IN QUESTO NUMERO
1 - Da dove cominciare a cambiare il mondo - Di: Giorgio Cattaneo (pag. 1/2) 2 - Una Repubblica affondata sul lavoro - Di: Pier Luigi Fagan (pag. 2/3/4) 3 - Breve cronaca generalista del week end appena trascorso - Di: Anna Lami (pag. 4) 4 - Il tempo dei Breivik - Di: Giulietto Chiesa (pag. 4) 5 - dal New York Times: tra un mese banche italiane bloccheranno prelievi dai conti correnti - Da: Informare per resistere (pag. 5) 6 - Armi di costruzione di massa - Di: Pierluigi Sullo (pag. 5) 7 - Ecco come creare lavoro - Di: Luciano Gallino (pag. 5/6) 8 - Il bidone di Grillo - Di: Giovanni Badoer (pag. 6/7) 9 - "Senza che si senta un belato" Di: Anna Lami (pag. 7/8) 10 - La Tav fa acqua dappertutto Di: Mariavittoria Orsolato (pag. 8)
impedendo loro di riscattarsi, di investire nelleconomia nazionale, di mobilitare la risorsa finanziaria fondamentale: la moneta. Se la pazienza del mondo sta finendo, girata la boa del picco del petrolio, i cittadini dellOccidente scoprono giorno per giorno lenormit smisurata della crisi e del super-potere che la sovrasta, la pianifica e la sfrutta. Servirebbero mezzi democratici eccezionali, che non ci sono. Resta unultima, minuscola trincea: quella del voto. Pensare globalmente e agire localmente: per cominciare a cambiare il mondo, partendo dal proprio territorio. E lultima arma democratica, ma anche la prima. Lunica che i potenti della Terra da Atene a Parigi, fino a Parma temano davvero, se a vincere il cittadino semplice, che condanna lingiustizia e si ostina a sperare di avere diritto al proprio futuro.
provocano: a) innalzamento del costo delle materie e delle energie per lo sbilancio tra domanda offerta; b) rarefazione delle scorte sino a scorgerne i limiti per limponente lievitazione della domanda; c) tensioni geo-politiche alimentate dai divergenti interessi dei fornitori, dei produttori, dei sistemi nazionali basati sul consumo. In Occidente, da tempo ormai lequilibrio reddito da lavoro consumo adeguato al ritmo di una produzione sempre pi produttiva, passato dal limite e ben oltre il limite. Sintomi ne sono: a) leffetto ruota del criceto per la quale si consuma ben pi che nel recente passato, cose sostanzialmente inutili, impermanenti, insoddisfacenti; b) mancanza di un vero reddito adeguato alla pur dissennata spinta consumistica. Questa mancanza strutturale stata compensata dalla generosa distribuzione di credito al consumo anticipando ormai di un decennio ipotetici futuri valori che sono tutti da confermare, generosa distribuzione di mutui, apertura del circo finanziario ai piccoli e medi risparmi che hanno vissuto una breve stagione di euforia, salvo poi subire ripetuti saccheggi da parte di quella accumulazione per espropriazione che D. Harvey ha ben descritto nei suoi recenti lavori [2]. Una non registrata dinamica delle aspettative in rapporto alle concrete possibilit sta portando alloccupazione in lavori di bassa qualificazione per gli immigrati, mentre laristocrazia etnica dei paesi occidentali rimane in attesa della propria occasione, occasione conforme alla loro inutile preparazione di studio o anche solo tarata su aspettative da societ del primo mondo. La pubblicizzazione della nuova frontiera della economia della conoscenza scambia opportunit qualitative con problemi quantitativi, creando la pi falsa delle aspettative. Inoltre, lallungamento della vita media delle popolazioni occidentali, nella sola Europa balzato dai 68 anni del 1950, a gli 80 attuali (82 in Italia). Questo comporta la supposta necessit di allungare let da lavoro per non far saltare in aria i gi molto precari conti delle varie previdenze pubbliche. Questo allungamento dellet di lavoro, ostruisce lentrata nel mercato da parte delle giovani generazioni. Infine, il secolo scorso, ogni fase di espansione stata visibilmente anticipata e sostenuta da spesa pubblica in deficit. Lo stato dei rapporti tra debito pubblico e disponibilit al finanziamento da parte dei mercati oggi ci priva del tutto di questa componente essenziale. La crisi generalizzata preme sulle aziende quotate a mantenere promesse di profitto che nel breve possono esser sostenute solo con tagli costanti al costo del lavoro. Ci che discende da queste schematiche considerazioni di scenario la progressiva contrazione e trasformazione delle economie occidentali che porta con s non tanto una trasformazione del lavoro, bens la sua contrazione netta. Oggi dobbiamo nutrire i pi profondi dubbi sullipotesi che sia possibile una nuova crescita, ma quando nel recente passato essa pur si manifest (circa un decennio fa), lo fece con le inedite sembianze di crescita senza occupazione. Infatti, il vantaggio ricardiano della diade USA-Gb a capo del sistema occidentale, essendo posizionato sulla banco finanza da una parte e le performance della high information and communication technology dallaltra, produce volume di Pil senza alcun vero progresso occupazionale. Tali fatti sono ben noti a tutti, non da oggi e nel generico outline
di una analisi che prendeva in esame solo i rendimenti crescenti da una parte e linesorabile aumento della produttivit dallaltro, portarono gi ottanta anni fa J.M.Keynes [3], a profetare per pi o meno i nostri tempi, una giornata di lavoro non superiore alle 3 ore. I punti riportati nella nostra breve disamina di cui ovviamente Keynes era ignaro, lo avrebbero forse mosso ad una profezia ancora pi ristretta. In reazione al collasso del 29, gli americani giunsero nel 33 ad un passo dallapprovazione della Legge Black per una settimana lavorativa a 30 ore [4]. Poi ripiegarono sul deficit spending del New Deal che per non risolse il problema, che infine risolse la guerra. =0= Tra questa curva della vaporizzazione del lavoro e lo stabile immobilismo delle nostre consuetudini di organizzazione dello stesso, consuetudini che si riferiscono ancora agli accordi delle 8 ore quotidiane sancito nel 1919 e solo parzialmente alleggerito del sabato a partire dagli anni 70, c la condizione attuale. Questa condizione prevede: a) una base occupata sulla quale loffensiva ideologica del neo liberismo sta operando in senso de-regolatorio; b) una prima corona di mezzi occupati, sotto occupati, occupati saltuari, a chiamata, a fattura, in nero, per tappare i buchi che si formano tra nelle oscillazioni di produzione di un mercato sempre meno prevedibile e la cui condizione di incertezza ormai ontologica ; c) una seconda corona di disoccupati speranzosi che ancora lasciano il segno nelle statistiche; d) una terza corona di disoccupati stabili che non coltivano pi alcuna speranza, invisibili alle statistiche. Dal momento che a) non si pu credibilmente nutrire alcuna speranza di nuova crescita; b) qualora emergesse qualche curva ascensionale, la struttura delle nostre economie avanzate ci dice che tale curva apparterrebbe al genere crescita senza occupazione; c) tutti i 10 punti citati premessi sono in trend costante, cio continueranno ad esprimersi come fenomeni duraturi e non reversibili (allo stato attuale delle nostre conoscenze) se ne deduce che levaporazione del lavoro non un fenomeno contingente ma una condizione progressivamente continua, se non incrementale. La miope pretesa neo liberale per la quale, i disoccupati sarebbero un fenomeno transitorio poich la loro fame di lavoro permetterebbe un loro reimpiego a minor costo, del tutto infondata. Primo perch molti di loro vengono espulsi da settori in progressiva smobilitazione o perch lautomazione generalizzata ed irreversibile, secondo perch la concorrenza internazionale crea disoccupati qui e nuovi occupati a qualche decina di migliaia di chilometri(dove gi pronta una affamata domanda locale), terzo perch i profitti dei produttori vengono ormai reinvestiti nel circo finanziario che remunera di pi, prima e se si abili, anche a minor rischio e comunque con minore tassazione (quando non del tutto esenti poich in circuiti off shore), quarto perch la contrazione netta del lavoro in Occidente ormai in un trend pi che ventitrentennale e lattuale situazione economica e finanziaria a tutti ben nota, non lascia speranze per una improbabile ripresa che non si vede su cosa dovrebbe esser basata. =0= Che fare? Le linee di un possibile intervento sono solo tre. La prima la linea che inventa un nuovo sbocco evolutivo. Secondo la Teoria standard della crescita (ad esempio in Solow[5]) il motore primo dello sviluppo economico linnovazione. Oggi questa innovazione a portata di mano per necessit e possibilit. Si tratta dellurgente riconversione dellintero apparato produttivo al rispetto di standard dettati da considerazioni eco logiche e della finitezza dei limiti planetari in termini di fornitura di materie prime ed energie. Internalizzazione di tutti i costi reali e tasse ambientali mirate, traslazione dimposta tra settori secondo strategie pubbliche e concordate, possono ben finanziare questa
. riconversione. La seconda la rimodulazione delle produzioni. Qui si va dalle proposte Gallino [6] con lo Stato fornitore di ultima istanza di lavoro per lo sviluppo di nuove politiche del territorio, alle nuove economie di decrescita o post-crescita. In mezzo, un affollato men di interventi da calibrare in concerto, frazionando il lavoro, il reddito o lottenimento diretto di nuovi servizi o beni non monetari in nuove molteplici attivit: reddito di cittadinanza, time banking, lavoro socialmente utile, assistenza alla popolazione, terzo settore, valute locali o virtuali, microcredito, formazione allindividuo, mercati di baratto. Qui possono fare molto nuove leggi e lorganizzazione, entrambe derivate da una nuova, lucida, volont politica. Quanto ai soldi, la rimodulazioni delle produzioni si dovr accompagnare ad una rimodulazione fiscale che abbia in target privilegiato le rendite e la compravendita finanziaria. I punti A + B dovranno recuperare parte del tempo perduto a far finta che il mondo non e non stia, radicalmente cambiando. Ma anche portate da subito a regime e supposta una quanto mai improbabile adesione collettiva priva di resistenze da parte delle lite a quella che comunque una profonda rivoluzione di paradigma, esse si riveleranno insufficienti se non riconsiderassimo nel profondo il ruolo del lavoro come perno principale su cui far ruotare, in equilibrio ondeggiante, la nostra trottola sociale. Questa profonda, necessaria, ineludibile ed urgente revisione ha per titolo la riduzione generalizzata dellorario di lavoro. Ci aspetta una revisione profonda con interventi certo progressivi ma continui, poich il dislivello tra le attuali 8 ore e quanto realisticamente possibile produrre dato lo scenario a cui andiamo incontro, non si quantifica in una o due ore. Inoltre occorrer un meccanismo stabile che riconverta incrementi di produttivit (che continueranno inarrestabili) in work time saving, sia con una legislazione centrale ma anche con una gestione periferica di accordi sulla flessibilit utile alle aziende e se normata decentemente, altrettanto utile ai lavoratori. Infine, andr equiparata in qualche modo la condizione dei lavoratori a contratto , con quella di chi lavora da s. Questa questione va posta con forza ai massimi livelli del dibattito politico, sociale, sindacale, economico poich comporta una revisione con redistribuzione che sa di rivoluzione e che trascina con s diverse modifiche dei quadri generali e strutturali, non solo qualche tassa in pi [7]. Ma questultima considerazione ci porta anche un inaspettata possibilit. Questo tempo sottratto allimperativo de il tempo denaro, un capitale. Questo capitale va certo investito nella sfera privata dellindividuo assediato dai doveri ed a corto di piaceri affettivi, relazionali, sociali ma una parte, va investita anche nella sfera pubblica, cio politica. Senza partecipazione politica, senza alimentazione democratica di pensiero, dibattito, deliberazione congiunta, tutto ci semplicemente non avverr, nessuna transizione adattiva sar possibile. Se la nostra Repubblica si fonda sul lavoro o diamo alla base di occupazione una nuova consistenza adeguata ai complessi tempi che ci tocca vivere o i piloni che reggono la nostra costruzione sociale e politica, affonderanno lentamente tra tensioni sociali, divaricazioni di classe, fughe politiche nella semplificazione, ripresa dellaggressivit tra nazioni e quindi una o pi guerre. In fondo per tutto il Secolo breve altro non si fatto che onorare il principio per cui la guerra leconomia condotta con altri mezzi. [1] Introduzione al IV capitolo della Ricchezza delle Nazioni, UTET, Torino, 2006, pg.553 [2] D. Harvey, Lenigma del capitale, Feltrinelli, Milano, 2010 http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella[3] comunicazione/7577-i-tempi-stretti.html [4] J. Rifkin, La fine del lavoro, Mondadori, Milano, 2002 p. 61-64. Passata al Senato e nella commissione della Camera, un attimo
prima della scontata approvazione alla Camera venne impugnata da Roosvelt. [5] E. Helpman, Il mistero della crescita, Il Mulino, Bologna, 2008 [6] http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/8136-creare-direttamente-un-milione-di-posti-di-lavoro.html, http://www.megachip.info/tematiche/fondata-sul-lavoro/8230-ecco-come-creare-lavoro.html. [7] In A. Marchetti, Il tempo e il denaro, Franco Angeli, Milano, 2010 c una attenta valutazione comparativa della diversa conduzione del processo di riduzione dellorario di lavoro, tra lesperienza promossa da M. Aubry ( 1998 ) e lesperienza tedesca che proprio coinvolgendo intellettuali, societ civile, sindacati, lavoratori e forze politiche riusc ad imporre alla locale Confindustria, riduzioni che poi divennero irreversibili.
attentato di Brindisi. Attentato di cui al momento si ignorano le mani ed i moventi, anche se non mancato chi ha ipotizzato il coinvolgimento di qualche anarchico greco in opposizione alla dominante nelle prime ore quanto non completamente convincente tesi della strage di stampo mafioso. La Cancellieri ci ha tenuto a precisare che spera non si tratti di un ritorno alla strategia della tensione. Ad avvalorare la tesi del pericolo terrorismo in Italia nelle stesse ore il ritrovamento di un pericoloso volantino contro Napolitano a Castel Volturno, notizia immediatamente piazzata in prima da Repubblica.it. Il Ministro degli interni potrebbe anche restarci male se le indagini dovessero confermare lipotesi di un accadimento isolato frutto di qualche mente malata. Infatti atrocit come questa tornano utilissime ad un governo che non sta godendo proprio di elevati consensi e che deve prepararsi a fronteggiare la crescente rabbia sociale dettata dalla vertiginosa discesa dei redditi inasprendo ulteriormente le misure contro le libert civili ed individuali. Ad esempio, chiss come reagiranno gli abitanti terremotati della Pianura Padana quando scopriranno sulla loro pelle che allo stato italiano - ben rappresentato dai dozzinali interventi tra il costernato e laffranto- il calcolo della portata dei danni economici interessa relativamente: pochi giorni fa sulla Gazzetta ufficiale, infatti, stato pubblicato il decreto legge 59 di riforma alla Protezione civile (ovviamente approvato dal solidale capo dello stato) il quale stabilisce che gli oneri derivanti da calamit naturali (alluvioni, terremoti etc) saranno affrontati dai cittadini. In poche parole, o ti fai unassicurazione privata oppure, se sei uno di quei pezzenti che non se la possono permettere, ti arrangi, a meno che la tua regione non imponga la tassa delle disgrazie, ossia un aumento delle accise sulla benzina per affrontare le calamit naturali. Un buon inizio settimana per tutti, insomma.
Dico subito che non ho speciali informazioni (e quindi non ho speciali ipotesi da fornire per le pistole che hanno gambizzato Genova e la bomba che ha sfregiato Brindisi). Ma laccostamento immediato che mi si presentato davanti agli occhi, quando ho saputo, stato ai quasi duecento che si sono suicidati negli scorsi mesi. E poi a Breivik. Tutto si svolge in un bicchiere dacqua torbido, tanto torbido che non si pu vedere il fondo. Tutto ha laria di un sintomo, anzi di una serie di sintomi, di una vita malata, di una societ malata. E, quando la societ malata, appaiono foruncoli purulenti, apparentemente incomprensibili, segnali di una violenza che emerge dallorganismo, in forma disordinata e repellente. Oslo, o Roma, o Columbine, o Brindisi, non fa differenza. Penso che siamo allinizio di una grande crisi umana, che fino ad ora non abbiamo visto e non vogliamo ancora vedere, ma che il portato della gigantesca crisi di valori, molto pi vasta di quella economica e sociale, dellinquietudine collettiva che stringe alla gola ormai milioni dindividui. Questi foruncoli di violenza omicida sono come la febbre che segnala la malattia. E la malattia avr un decorso lungo e difficile. Siamo solo allinizio. Ci vorrebbe un dottore, perch non solo glindividui si ammalano, ma anche i popoli. E inquieta ancor pi lassenza di una guida. Quelli che dovrebbero fornircela sono i primi ad essere presi dal panico. Invece di capire, di diagnosticare, cercano i colpevoli l dove non li potranno mai trovare. Cercano dallaltra parte della strada solo perch l ci sono i lampioni accesi. Ma dovrebbero ricordarsi che la chiave lhanno perduta da questa parte, dove c buio. Diceva Galileo Galilei, di loro: che vanno il sommo bene investigando e por ancor non vhanno dato drento perch non dove lo van cercando. Non sanno che devono guardarsi allo specchio per trovarli, i colpevoli.
dal New York Times: tra un mese banche italiane bloccheranno prelievi dai conti correnti - Da: Informare per resistere
Il prossimo mese la Grecia esce dallEuro e in Spagna ed Italia, le banche bloccheranno il prelievo dai conti correnti. E lipotesi che scrive sul New York Times del 13 maggio 2012 Paul Krugman: non un giornalista qualsiasi, ma il premio nobel per leconomia nel 2008. Some of us have been talking it over, and heres what we think the end game looks like: 1. Greek euro exit, very possibly next month. 2. Huge withdrawals from Spanish and Italian banks, as depositors try to move their money to Germany. 3a. Maybe, just possibly, de facto controls, with banks forbidden to transfer deposits out of country and limits on cash withdrawals. 3b. Alternatively, or maybe in tandem, huge draws on ECB credit to keep the banks from collapsing. 4a. Germany has a choice. Accept huge indirect public claims on Italy and Spain, plus a drastic revision of strategy basically, to give Spain in particular any hope you need both guarantees on its debt to hold borrowing costs down and a higher eurozone inflation target to make relative price adjustment possible; or: 4b. End of the euro. And were talking about months, not years, for this to play out. Articolo originale: New York Times P.S.= per coloro i quali credono che pubblicare un articolo scritto da un premio nobel sul giornale pi venduto al mondo significhi fare DISINFORMAZIONE, non posso che consigliare di continuare a leggere Libero oppure guardare Studio Aperto. (gioco sulla parola banco: banca e panchina) / Per un inferno pi tiepido / Curati da solo! La tua malattia danneggia il nostro sistema sanitario. A voler essere prosaici, si vede: dichiarazione di secessione dalla politica, citata in altri momenti come PPSOE (Pp pi Psoe); indipendenza individuale e legame con gli altri che una dichiarazione damore; convinzione che il futuro si costruisce facendolo; felicit di partecipare a una rivoluzione, senza fretta e senza violenza.
Dinanzi a una proposta del genere si affollano le obiezioni. Mi soffermer su alcune delle pi ovvie: nessun Paese ha mai attuato interventi statali di simile scala; il loro costo sarebbe insostenibile; ce lo vieta lEuropa. Interventi del genere, su scala assai maggiore, sono stati effettuati negli Usa durante il New Deal. Con una disoccupazione che sfiorava il 25 per cento, tra il 1933 e il 1943 tre agenzie statali la Civil Works Administration, la Federal Emergency Relief Administration e la Works Progress Administration diedero lavoro a parecchi milioni di persone al mese. E non per scavare buche che altri poi riempivano. Quegli occupati costruirono o ristrutturarono 400.000 chilometri di strade, 4.000 chilometri di fognature, 40.000 scuole, 1000 aeroporti, e piantato un miliardo di alberi. Centinaia di migliaia di disoccupati furono avviati al lavoro nel volgere di tre mesi dalla creazione di dette agenzie. Da notare che gli Stati Uniti contavano allora 125 milioni di abitanti, poco pi del doppio dell'Italia di oggi. C' qualche lezione da imparare guardando a quel periodo. Affermare che il costo della creazione diretta di un milione di posti di lavoro sarebbe insostenibile privo di senso ove non si proceda a stendere un piano economico che tenga conto di almeno tre elementi. I primi due si contrastano a vicenda. Infatti, da un lato occorre considerare che vi sarebbero spese aggiuntive: i servizi per l'impiego, ad esempio, andrebbero potenziati per metterli in grado di gestire i progetti locali. D'altro lato, si potrebbe scoprire che molti neo-occupati costano meno di 25.000 euro l'anno, perch vi sarebbero aziende disposte volentieri a pagarne la met o un terzo, cos come recuperi di fondi potrebbero venire dalla cessazione del sussidio di disoccupazione per i neo-assunti, o dai cassintegrati che a fronte della conservazione del posto nellazienda dorigine scelgono liberamente di lavorare a 1.200 euro al mese invece che stare a casa con 750. Ma l'elemento da considerare che l'occupazione non un costo: un fattore che crea ricchezza. Come scriveva un altro economista, John Maynard Keynes, che vedeva nella disoccupazione il peggiore dei mali: L'insieme della forza lavoro dei disoccupati disponibile per accrescere la ricchezza nazionale. Quanto all'obiezione che sarebbe l'Europa, cio la Ue, a vietarci di creare occupazione in modo diretto, essa mezza vera, ma un rimedio ci sarebbe, e mezza falsa. Il divieto di creare occupazione appare insito non tanto nella lettera, quanto nel dispositivo di rientro dal debito pubblico previsto dal Trattato di stabilit firmato dal governo italiano e da24 altri governi Ue a Bruxelles nel marzo scorso (anche noto come Patto fiscale). Il Trattato dovrebbe entrare in vigore, previa approvazione dei rispettivi parlamenti, il 1 gennaio 2013. L'articolo 4 prevede che un Paese avente disavanzi eccessivi ossia con un debito che supera il 60 per cento del Pil operi una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all'anno. Poich il debito dell'Italia supera il 120 per cento del Pil, pari a oltre 1.900 miliardi, essa dovrebbe ridurre il suo debito giusto della met, cio 950 miliardi. Si tratta quindi di ridurre il debito di 1/20 di tale somma, vale a dire 45 miliardi lanno. Quanto basta per assicurare al nostro Paese non solo un ventennio di recessione, bens di miseria nera, impedendo di destinare alla creazione di occupazione un solo euro. Resta soltanto da sperare che qualcuno in Parlamento si renda conto di quale trattato capestro il governo italiano ha firmato, e si adoperi per impedirne l'approvazione. Come forse faranno i francesi dopo la vittoria di Hollande. D'altra parte, chi volesse insistere sulla necessit di creare occupazione per evitare guai nel prossimo futuro, potrebbe trovare appoggio proprio nel Trattato istitutivo della Ue (che il citato Patto fiscale, secondo alcuni giuristi, calpesta in diversi modi). La.
. versione consolidata di esso, del 2008, contiene infatti una Dichiarazione concernente l'Italia, la n. 4 9, che recita testualmente: Le parti contraenti ritengono che le istituzioni della Comunit debbano considerare, ai fini dellapplicazione del trattato, lo sforzo che leconomia italiana dovr sostenere nei prossimi anni, e lopportunit di evitare che insorgano pericolose tensioni, in particolare per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti o il livello delloccupazione, tensioni che potrebbero compromettere lapplicazione del trattato in Italia. Se il ministro Passera crede davvero che sia a rischio la tenuta economica e sociale del Paese, ci sono due o tre cose di cui dovrebbe discutere con i suoi colleghi e il presidente del Consiglio.
Il bidone di Grillo
Di: Giovanni Badoer
. la delegittimazione del "bene comune", sostituito dall'interesse privato. L'avversario del sindaco Pizzarotti, a Parma, ne era un esempio da manuale: come assessore al Bilancio, infatti, si era gi scelto il capo di Cariparma. Perch i partiti, nella visione neoliberista, sono questo: bravacci al servizio degli interessi privati di chi, il potere, ce lo ha gi. Un potere a-democratico e a-politico, per citare Gramellini. E i partiti-bravacci, nel loro piccolo, considerano "politica" esattamente questo fare la guardia al bidone di benzina. Ci si ricorder, infatti, di come Mussolini, per dare un senso all'esistenza dei "semplici" nel suo sistema gerarchizzato, avesse affermato che si serviva la patria anche facendo la guardia a un bidone di benzina. Ebbene, i partiti, dall'avvento della Controriforma neoliberista, sono diventati dei "semplici", a loro volta, cui il potere a-politico demanda il ruolo semplice della guardia al bidone. Cosa c'entri questo con lo slancio anti-elitista del Movimento 5 Stelle, e' un mistero che Gramellini non sar mai in grado di chiarire. Come non bastassero tutti questi errori concettuali e fattuali, l'editorialista chiude il suo pezzo con una esortazione ai partiti a "fare sogni grandi". Forse non sa, Massimo Gramellini, che alle sentinelle vietato dormire e ancor piu' sognare
tutto senza che si senta un belato. Pierpaolo Pollini, Rsu-Fiom Cgil della Fincantieri di Ancona, prima di intervenire gi sul palco ed arrabbiato. Manifesta assoluta distanza dal moderatismo del linguaggio sindacale comune, delle cose dette e non dette. A suo avviso, buona parte delle colpe della fine di ogni tutela e diritto risiede anche tra quelle burocrazie sindacali che sostengono che gli scioperi generali non servano a nulla: la Grecia invece sta l a dimostrare che se fatti con la dovuta convinzione e radicalit gli scioperi generali servono, l ne hanno fatti tanti ed a qualcosa hanno portato: abbiamo visto i risultati delle recenti elezioni. Poi senza mezzi termini accusa di corruzione tutte quelle forze che sostengono questo governo in parlamento, ed invita gli altri delegati a farsi promotori di lotte ad oltranza: alla Fincantieri siamo stati lasciati soli, in tanti ci hanno detto che non cera alternativa, ma noi abbiamo risposto che non era vero che non potevamo fare nulla, che avremmo deciso noi. Quando ci hanno detto che non ci avrebbero dato lavoro, che non ci avrebbero dato la fabbrica, noi ce la siamo presa, labbiamo occupata. Non vero che non possiamo fare niente. E finisce il suo intervento, applauditissimo, con un invito che gi un programma: ora non pi tempo di suicidi ma di ribellione. Paolo di Vetta, responsabile AS.I.A. Usb, da sempre in prima fila nelle lotte del movimento per la casa, sostiene che il vero bene comune la rivolta, e si tratta del terreno da costruire in sinergia tra i conflitti nel mondo del lavoro e quelli che riguardano il territorio. Sergio Bellavita, della segreteria nazionale Fiom, sostiene che la Cgil, per non aver dichiarato battaglia in difesa dei lavoratori, porta con s una responsabilit enorme: il sindacato attraversato da una grossa crisi perch i lavoratori capiscono che non basta uno sciopero di 4 ore, n uno di 8, cos come lo sciopero generale non sar di per s sufficiente. Ma per aprire qualunque prospettiva, lelemento decisivo non rassegnarsi e dare battaglia. Secondo Giorgio Cremaschi c un palazzo politico, ed uno sindacale, che quello che far linutile manifestazione del 2 giugno, e poi ci siamo noi, che non siamo un palazzo, siamo il sindacato vero. Ascoltando le
. dichiarazioni di Monti nella trasmissione Piazza Pulita abbiamo avuto esempio del politichese bocconiano, per Cremaschi, in cui tra tante formulette e frasi fatte, lunico punto chiaro era quello sulla Grecia: Monti infatti ha detto che alle prossime elezioni si augura non vincano i partiti estremi, perch se cos dovesse essere potrebbe verificarsi un contagio alla Spagna, al Portogallo. Non ha citato lItalia. Ma noi la lotta di liberazione del popolo greco dobbiamo trasportarla qui. Dobbiamo dirci che sullart.18 il movimento c stato ma si fermato perch non stato fatto proprio dalla dirigenza della Cgil, la quale ha dimostrato un coraggio politico inferiore a quello di Cofferati capace di mantenere una difesa intransigente dello Statuto dei lavoratori. Oggi, invece, la classe dirigente del principale sindacato italiano, rinunciando a qualunque iniziativa efficace si coperta di una macchia indelebile. Pertanto la convinzione di Cremaschi che se anche non dovessimo riuscire a fermarli, dovremo almeno far loro pagare il prezzo pi alto. Diamo pure la colpa a Cgil, Cisl e Uil per tutto quello che gli spetta, ma assumiamoci la responsabilit di fare, di spenderci. Questa una assemblea di rottura. Nel rivendicare il suo diritto allunit trasversale con chi lotta, Cremaschi ha denunciato pressioni sui compagni della Cgil per non farli venire in questa assemblea. Riprendendo lo stesso concetto Paolo Leonardi, coordinatore Usb, sostiene che bisogna rompere con lapartheid sindacale per cui le lotte si fanno fuori dalla Cgil o al suo interno, tempo dellunit di tutto il sindacalismo conflittuale. A suo avviso, si tratta di una fase difficile perch forte la rassegnazione, infatti anche tra i lavoratori sta passando il messaggio che non possibile fare nulla per fermare lattacco feroce del padronato e del governo Monti. Pertanto oggi non dobbiamo vivere nellautoreferenzialit di quanto costruito sino ad oggi. Se fino a ieri si marciava divisi per colpire uniti, oggi bisogna anche saper marciare uniti per colpire uniti. Luigi Sorge, operaio Fiat di Cassino, critica la strategia di Landini, a suo avviso sbagliata perch inadeguata alla
portata dello scontro attuale. Dobbiamo costruire uno sciopero generale vero che porti la Grecia in Italia, linvito di Luigi, perch il nostro obiettivo cacciare Monti, ma non per avere un Governo Bersani magari supportato da Ferrero ma per aprire la strada ad una autentica prospettiva anticapitalista. Dopo di lui, prende la parola un delegato Fiom di Filippi srl, azienda in provincia di Padova che produce elettrodomestici ma ha deciso di chiudere lasciando a casa 234 dipendenti: o alziamo il livello dello scontro o non ne veniamo fuori: la Fiom, senzaltro sindacato conflittuale, pu essere un cimitero di buone intenzioni se la lotta nelle singole fabbriche non si coordina e non si generalizza a tutto il mondo del lavoro. Lassemblea terminata con una mozione conclusiva che, tenendo conto dei diversi equilibri tra le varie forze presenti, ha fissato per l8 giugno, sotto Montecitorio, durante la discussione della controriforma del lavoro alla camera, una manifestazione per assediare il parlamento in contemporanea agli scioperi del settore dei trasporti e del pubblico impiego. In prospettiva lobiettivo quello di costruire nella lotta un progetto sindacale complessivo per di difendere il mondo del lavoro ed elaborare una piattaforma unificante in grado di ricomporre le lotte dei lavoratori con le lotte per i beni comuni.
Su
La Stampa dello scorso sabato, il parlamentare Pd Stefano Esposito ha pubblicamente manifestato le sue riserve sulle capacit e i titoli dei 360 accademici che a febbraio hanno firmato lappello al premier Monti per riconsiderare il progetto dellAlta Velocit. Secondo Esposito noto alle cronache per la proposta di non rinnovare la tessera del Partito Democratico a chi si fosse opposto alla TAV- il campione non assolutamente rappresentativo, n competente in materia di ferrovie: Soltanto il 14% svolge attivit accademiche attinenti alla realizzazione della Torino-Lione e comunque si tratta appena dello 0,17% del totale degli accademici italiani accreditati al ministero. Probabilmente luscita del parlamentare Pd era solo un tentativo di fare pubblicit al suo libro - il controverso Tav Si, scritto a quattro mani con Mario Foietta e contestato duramente al salone del libro di Torino - dal momento che, stando al suo diploma di istituto magistrale, lui stesso
non avrebbe n i titoli, n le competenze adeguate per parlare con cognizione di causa della Tav. Figurarsi scriverci un intero libro. Ma non sottilizziamo, il livello scolastico spesso non indicativo del valore di una persona ed era lo stesso Leonardo Da Vinci a dire che la sapienza figlia dellesperienza. Purtroppo per Stefano Esposito pare mancare anche di questa. LAlta Velocit in Italia infatti non nata con la Torino-Lione e sono gi diverse le tratte completate: ogni singolo progetto ha avuto esternalit negative ma in nome del progresso si comunque deciso di tirare dritto e di ignorare ci che le precedenti esperienze avevano insegnato. Per quanto riguarda le ricadute della TAV sul sistema idrogeologico del territorio, lesperienza del Mugello certamente paradigmatica. I lavori per la tratta Bologna-Firenze hanno lasciato dietro di s 57 km di torrenti che in estate sono un deserto di sassi, 73 sorgenti e 45 pozzi prosciugati, cinque acquedotti oggi riforniti con un costosissimo sistema di ripompaggio a monte, e una delle gallerie ha fatto persino scomparire un intero fiume. Un vero e proprio disastro ambientale, valutato in 174 milioni di euro dai consulenti della Procura di Firenze allinterno del processo che ha visto imputate 59 persone - tutte clamorosamente assolte in appello lo scorso giugno - fra dirigenti dellimpresa Cavet a cui sono stati affidati i lavori, imprenditori, proprietari di discariche e trasportatori. Il futuro della valle di Susa non si prospetta certo pi roseo. In primo luogo perch le montagne sono pi alte, con cumuli e pressioni maggiori, poi perch il Piccolo ed il Grande Moncenisio sono costituiti prevalentemente da gessi che hanno creato enormi inghiottitoi carsici. Tutta la montagna ospita laghi fossili sotterranei, il pi superficiale dei quali (16 milioni di metri cubi dacqua) fu intercettato a Venaus dai lavori della centrale di Pont Ventoux, che penetrarono nella montagna per meno di un chilometro. La rete idrica del gruppo del Moncenisio quindi estesissima e connessa: i traccianti gettati nel 1970 nella grotta del Giasset, uscirono pressoch dovunque solo dopo due settimane, a conferma che avevano attraversato grandi laghi sotterranei. A confermare i dubbi e i timori degli attivisti No Tav e dei valsusini in generale, negli anni si sono susseguiti diversi rapporti, studi e stime di danno, primo tra tutti il cosiddetto rapporto COWI del 2006, redatto per conto della Commissaria europea De Palacio. Nonostante la committente fosse la stessa Commissaria europea per la costruzione di questa linea, gli esperti da lei interpellati non hanno potuto omettere che il solo tunnel di base drener da 60 a 125 milioni di metri cubi di acqua allanno, una cifra che corrisponde al fabbisogno idrico di una citta? con un milione di abitanti. Dal momento che lacqua drenata riversata nei fiumi, possibile che a una certa distanza a valle del tunnel, lo scorrimento su un periodo di un anno non subisca influssi di rilievo, almeno per quanto riguarda la portata. Almeno, perch le risorse idriche catturate allinterno della montagna e drenate direttamente allesterno, saranno calde e con concentrazioni di solfati ben oltre i limiti accettabili per essere immessi nei corsi dacqua, col risultato che i fiumi sarebbero s pieni dacqua ma irrimediabilmente inquinati. Per le zone situate a monte delle estremit del tunnel, la portata totale delle acque di superficie, e in particolare il flusso minimo annuo, potrebbe invece essere pesantemente modificata e quindi la ripartizione fra acque di superficie e sotterranee potrebbe cambiare radicalmente. Un problema non da poco, visto che lacqua un elemento primario e imprescindibile per tutta una serie di attivit: dallacqua corrente nelle case allirrigazione dei campi, dal buon funzionamento del sistema fognario alla produzione di energia. La sottrazione di enormi quantitativi di acqua al gruppo del Moncenisio e dellAmbin avr infatti inevitabili effetti anche sullalimentazione del lago del Moncenisio. Il lago attuale alimenta una centrale da 360 MW in Francia e da 240 MW in Italia. Se il deficit indotto fosse di 25 milioni di metri cubi, in termini energetici questi significherebbero la perdita di circa 150 milioni di Kwh di energia di punta che andrebbero messi anchessi tra i danni causati dal progetto. C poi da dire che i precedenti grandi lavori hanno gi inciso in modo drammatico sulle sorgenti della Valle di Susa: il raddoppio della ferrovia Torino-Modane, ha provocato la scomparsa di 13 sorgenti nel territorio di Gravere e di 11 nella zona di Mattie. Le gallerie dellautostrada tra Exilles e la val Cenischia hanno fatto scomparire 16 sorgenti delle frazioni di Exilles, oltre ad alcune altre in altre localit. I lavori della centrale di Pont Ventoux, per una galleria di soli due metri di diametro, hanno prosciugato il rio Pontet, 2 sorgenti a Venaus, 2 a Giaglione, una decina in territorio di Salbertrand, tra cui quella che alimentava lacquedotto di Eclause. Lesperienza inevitabilmente insegna e non tenere conto di quanto gi accaduto non solo un atteggiamento miope, ma in questo caso volutamente lesivo. Nella sua sintesi sulla crisi mondiale dellacqua e sulliniziativa di cartellizzare lacqua del mondo, Maude Barlow ha usato lespressione oro blu, una risorsa vitale che assume sempre pi le caratteristiche del petrolio, loro nero per cui si combattuto e si continua a combattere, in spregio alle perdite umane. Alcune stime indicano che nei prossimi anni lacqua avr un giro daffari del valore di centinaia di miliardi di euro e questa tendenza legata soprattutto alla privatizzazione della sua distribuzione che, in particolare in Europa, sta diventando normalit. E, alla luce di questo, prosciugare la Val di Susa come si gi fatto col Mugello non altro che un business nel business.