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Volume : 3 Numero: 74 Data: Maggio 2012 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 - Due riflessioni parallele - Di: Giulietto Chiesa (pag. 1) 2 - Salvare il capitalismo? No, grazie! - Di: Rodolfo Monacelli (pag. 2/3) 3 - Indice della protervia - Di: Giulietto Chiesa (pag. 3) 4 - Germania, il partito dei Pirati avanza nei sondaggi Da: www.eilmensile.it (pag. 3) 5 - La nuova rivoluzione urbana - Di: Max Rivlin-Nadler (pag. 3/4/5) 6 - Art. 18, pulizie di primavera - Di: Emiliano Brancaccio e Luigi Cavallaro (pag. 6) 7 - Veramente il governo Monti sta fallendo i suoi obiettivi? - Di: Piotr (pag. 6/7) 8 - La Grecia in default - Il Passaparola di Beppe Scienza (pag. 7/8) 9 - Creare direttamente un milione di posti di lavoro - Di: Luciano Gallino (pag. 8)

Due riflessioni parallele


Di: Giulietto Chiesa - www.ilfattoquotidiano.it

E appena passato il 25 Aprile. 67 anni fa lItalia usciva dal fascismo e dalla guerra. Era un
paese distrutto fisicamente, ma moralmente stava rinascendo. Oggi, dopo ventanni berlusconiani (intendendo con le virgolette dire che la responsabilit devessere distribuita su tutta la casta politica e imprenditoriale) il paese pi distrutto di allora: economicamente, socialmente, soprattutto moralmente. Gli italiani sono stati lesionati. Una grande parte ancora parzialmente integra, ma il tessuto comune stato gravemente macchiato, spezzato. Le istituzioni non funzionano pi. Siamo diventati peggiori di quello che eravamo. Sono andato alla manifestazione romana del 25 aprile. Cera molta gente e, con qualche mia sorpresa, molti giovani, anche se la gran parte erano sopra i quaranta. Molti sono venuti a salutarmi e a chiedermi di agire, di unirsi. Ricevo decine di mail, di telefonate, d inviti, di appelli, a volte disperati, tutti in questo senso. Anchio la penso cos. Alternativa- laboratorio politico nata per rispondere a questa esigenza, che poi quella che io riassumo nella frase: costruire una maniglia comune. Ovvio che non da sola. Ma quanta confusione! La sinistra, e lintero campo democratico, sono stati sbaragliati. Non solo la divisione quella che domina: lassenza di una visione comune, di una interpretazione adeguata della crisi. E, se non si ha unidea chiara su quello che sta accadendo, e su ci che ci attende, una guida comune non potr essere costruita. Io penso che, per raggruppare le forze (che ci sono e sono tante) occorra un interpretazione unitaria della crisi, che dia vita a un programma minimo, realistico, chiaro. Ma anche a un accenno di programma massimo: riprendere a crescere come prima sar impossibile perch questa societ alla sua fine e ce ne vorr unaltra, del tutto diversa. Con un semplice avvertimento preliminare (che molti ancora non considerano, anche tra coloro che, sabato, a Firenze, erano riuniti per lanciare Alba) : nei vertici dei partiti sar inutile cercare alleati per questa bisogna. L troveremo solo nemici: perch sono contro il popolo; perch sono alla frutta; perch non hanno idee; perch sono corrotti. Dunque bisogna elevare il conflitto sociale, dovunque possibile. Senza lotta non potremo difenderci dallaggressione cui siamo sottoposti. Questo governo e questa casta non sono qui per proteggerci ma per colpirci. Loro stanno acquattati dietro la legge (che hanno fatto per s). Ma noi siamo la legge, fino a che non avremo rinunciato alla nostra sovranit. Dunque dobbiamo affermare il diritto alla resistenza contro chi, con linganno, ci priva dei nostri diritti. Lobiettivo chi non lo dice chiaro non pu essere nostro alleato di cacciarli via tutti. Nei momenti cruciali sempre indispensabile fare pulizie generali. Alla fine avremo bisogno di una rappresentanza democratica per quei milioni di italiani (e sono ormai maggioranza) che non sanno pi a che santo votarsi. Chi non si pone questo problema, anche, non ci sar compagno di strada. Una volta chiariti questi punti si potr ripartire.

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Salvare il capitalismo? No, grazie!


Di: Rodolfo Monacelli un articolo di Paolo Bartolini pubblicato su Megachip e intitolato Salvare il Capitalismo? si afferma sostanzialmente che: (...) il capitalismo, come motore della modernit, ha contribuito a creare lindividuo, o meglio il senso di essere individui unici e irripetibili. Chi scrive non daccordo con questassunto e cercher di dimostrarlo in questo breve articolo. necessario, a mio avviso, tracciare preliminarmente una breve analisi del capitalismo nella sua forma storica secondo tre prospettive diverse. Critica del capitalismo dal punto di vista dell'economia Il Capitalismo, da un punto di vista economico, va combattuto non per la questione della propriet individuale. Questa esistita ed esister sempre e fa parte della natura dellUomo. Il problema che il Capitalismo ha posto per la prima volta nella storia lo sfruttamento dellUomo sullUomo. La propriet, da opera individuale e creatrice delluomo, con il capitalismo divenuta sfruttamento di una classe contro unaltra poich la forza-lavoro nel capitalismo ha la peculiarit di essere venduta come una merce e di produrre valore che viene determinato dalla quantit di lavoro necessaria per la sua conservazione e riproduzione. In altre parole, se questo valore riprodotto in cinque ore di lavoro quotidiano, ma limpiego della forza-lavoro continua per dieci ore al giorno, si avranno cinque ore di pluslavoro che si trasforma in una maggiore quantit di prodotto (plusprodotto e sovraprodotto) e quindi in plusvalore che corrisponde al valore del pluslavoro, cio al lavoro in pi realizzato dal lavoratore rispetto al salario. Questa la teoria classica (ma non per questo superata da questo punto di vista) di critica al capitalismo da un punto di vista economico. Il Capitalismo negli ultimi 40 anni (orientativamente dagli anni 70 in poi) ha fatto un passo ulteriore, e per questo viene da alcuni definito Neo-Capitalismo. Il capitalismo non si accontenta pi, infatti, di sfruttare e di estorcere plusvalore al lavoratore, ma ha come obiettivo (realizzato) di renderlo un vero e proprio schiavo. Non parliamo soltanto delleliminazione di ogni diritto, conquistati da secoli di lotte dal movimento operaio, ma dellidea stessa di lavoro. Da parte del Capitale il lavoro oggi identificato, infatti, come una concessione medievale da parte del Signore al lavoratore il quale, come conseguenza di ci, obbligato ad accettare qualsiasi sopruso e in cui la lotta per i propri diritti viene vista quasi come un residuo del passato (il caso della Fiat di Marchionne solo lestremizzazione di questa pratica, non unica n esclusiva). Critica del capitalismo dal punto di vista della democrazia Da sempre si associa, in maniera indebita, capitalismo e democrazia. Due termini che, in realt, sono opposti e contrari. Bisogna, per, prima, attuare un linguaggio comune e, dunque, capire cosa si voglia intendere con il termine democrazia. Non , ovviamente, questo il luogo per fare unanalisi storica della nascita della democrazia e delle sue innumerevoli declinazioni. Qualcosa, per, bisogna pur dirla. Premettiamo innanzitutto che nellOccidente capitalistico non esiste nessuna democrazia. La Democrazia significa, com noto, potere del popolo e, al tempo stesso, accesso del popolo al potere. Per avere una reale democrazia necessario che i due elementi siano correlati e accontentarsi del primo elemento vuol dire accettare una democrazia meramente formale. Laccesso del demos al suffragio universale non ha assolutamente significato laccesso del demos alla sovranit politica. Sovranit politica significa sovranit decisionale sui temi fondamentali della propria esistenza sociale, e non solo sulla

In

scelta se consentire i matrimoni omosessuali o i cosiddetti PACS. Ma la sovranit decisionale nellOccidente capitalistico non esiste, poich non pu esistere quando non esiste sovranit e, oggi, non esiste sovranit della decisione democratica per due motivi correlati tra di loro: limperialismo americano, con le sue basi sparse per tutto il mondo e il suo controllo politico e militare. Perch, al di l di ogni pacifismo in buona fede, non esiste sovranit politica senza sovranit militare; il dominio dei mercati e della finanza transnazionale che svuotano ogni decisione politica dei partiti (di destra, di sinistra, di centro, eccetera) e che ora, con il governo Monti, hanno dato lultimo colpo di coda a questa pratica con lassunzione del governo di una nazione. Su questo punto bisogna, per, essere chiari. Non esiste nessuna divisione tra un capitale finanziario (cattivo) e un capitale reale (buono). Entrambi i capitali sono parte dello stesso capitalismo: non esiste banca che non sia nei consigli damministrazione delle grandi imprese, cos come non esiste grande impresa che non sia nei consigli damministrazione delle grandi banche. Per questo, non pu esistere una democrazia reale allinterno di un sistema capitalistico (quale che sia la forma che ogni volta si da). Capitalismo come Alienazione Lelemento che pi caratterizza il capitalismo proprio lAlienazione economica e culturale, da non intendere soltanto in senso marxiano. Sappiamo, infatti, come, secondo la teoria marxiana, Non loperaio che utilizza i mezzi di produzione, ma sono i mezzi di produzione che utilizzano loperaio. In altre parole nel capitalismo si realizza una reificazione della persona ma che, oggi, non riguarda soltanto loperaio. La maggior parte delle persone, infatti, dalloperaio al piccolo commerciante, dallo studente allinsegnante, in un senso che oseremmo definire interclassista, sidentifica perfettamente nelle cose che compra, che pu acquistare, che possiede, e che gli conferisce uno Status sociale. Ancora pi di Marx aveva visto giusto Pier Paolo Pasolini che vedeva nel consumismo di massa larma principale del capitalismo, di cui il potere autoritario e repressivo della televisione ne stava diventando lo strumento principale, avviando unopera di acculturazione omologante, non ammettendo altra ideologia che non fosse quella del consumo in base alle regole di ci che Pasolini definisce una Produzione creatrice di benessere. Lalienazione consumistica, secondo Pasolini, e oggi ancora pi di ieri drammaticamente confermato, era riuscita a realizzare ci in cui il Fascismo aveva invece fallito: ununione interclassista tra le classi dominanti e quelle dominate in nome del consumo e negando, in questo modo, qualunque prospettiva emancipatrice e rivoluzionaria. Conclusioni Dopo questa breve, e per forza di cose, sintetica analisi della critica al capitalismo concludiamo larticolo dove era cominciato. Abbiamo, infatti, cercato di dimostrare come il capitalismo non ha contribuito a creare lindividuo ma, al contrario, ha realizzato lUomo massa, con bisogni e desideri imposti e non voluti. Ci che ha realizzato il capitalismo stato, piuttosto, lindividualismo e lo sfruttamento dellUomo sullUomo. Pi che al Capitalismo, per ritrovare la creazione dellindividuo, dovremmo perci rivolgerci al concetto di Koin greca. Ritrovare, in altre parole, il concetto di Comunit da non opporsi ma anzi da integrarsi con quello dindividuo da non confondere, appunto, con lindividuo atomizzato, asociale e consumistico delloccidente capitalistico, ma di colui che si pone in maniera libera, creatrice e solidale allinterno del proprio zoon politikn aristotelico. Un altro appunto che mi permetto di fare allamico e compagno Paolo Bartolini sul concetto di modernit a cui, mi sembra,

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conferisce unaura essenzialmente positiva. Un concetto questo, che a parte alcuni autori come Georges Sorel, Walter Benjamin ed Herbert Marcuse, fa parte dellarmamentario culturale della sinistra che ha pensato di opporsi con esso al capitalismo ritenuto conservatore e reazionario. Un vero e proprio Mondo alla rovescia perch, in realt, il cosiddetto progresso o modernizzazione, non altro se non lapprofondimento sociologico e ideologico della forma di merce liberalizzata, lelemento essenziale con cui il capitalismo potuto nascere, vivere e sopravvivere, come dimostra lo stesso 68 di cui si serv il neocapitalismo utilizzando i modelli libertari (o meglio falsamente libertari) per eliminare quegli elementi tradizionali della borghesia che ne impedivano quello sviluppo che la contingenza storica imponeva.

Indice della protervia


Di: Giulietto Chiesa - www.ilfattoquotidiano.it

Nella pausa che divide questo post dal precedente accaduto


quello che prevedo da tempo: la ricetta Monti proprio non funziona. Non funziona perch lo spread lindice della protervia dei proprietari universali. E questi non prevedono limiti al loro potere. Loffensiva che hanno scatenato contro i popoli (contro quello americano come contro quelli europei) un tentativo di cambiare epoca. Cambiare epoca vuol dire cancellare il patto sociale che ha contraddistinto lEuropa in questi ultimi 50 anni. E vuol dire trasferire definitivamente il potere in luoghi non eletti da nessuno e impenetrabili a ogni controllo democratico. La ricetta Monti non funziona, e lo si vedr prestissimo, quando sar chiaro a decine di milioni di persone che non ci sar crescita. Perch? Perch i nemici, i nostri nemici, sono molto forti. Chi sono i nostri nemici? Citer Eugenio Scalfari (anche se mi sembra che affastelli cose non del tutto omogenee) , cos nessuno potr dire che sono antiamericano: I falchi della Bundesbank in Germania, lestablishment bancario di Wall Street e Londra, il Partito Repubblicano in USA . Il problema (logico) che Scalfari sostiene Monti, senza accorgersi che Monti luomo che stato messo al posto in cui proprio da quei nemici. E dunque chiedere a Monti di fare qualcosa per tagliare le unghie a quei nemici come chiedere al leone di non mangiare lantilope che sta a portata di zampa. Noi che cosa possiamo fare? Il quadro politico non offre nulla a chi voglia mutare il corso delle cose. Dunque non ci resta che proporci limpossibile: cambiare radicalmente questo quadro politico. Questa cosa di cui vedo tutta la difficolt la si potr fare solo alzando il livello dello scontro sociale nel paese. E questo lo si potr fare solo unendo le forze (che ci sono) attualmente divise in dieci o cento rivoli diversi. E uno di quei rari momenti in cui mentre le oligarchie sono nel panico e nel marasma il popolo potrebbe dire la sua. Potr farlo, senza diventare preda del demagogo di turno, solo se avr una guida responsabile, forte, e decisa a difendere almeno quello che resta della democrazia.

Germania, il partito dei Pirati avanza nei sondaggi


Da: www.eilmensile.it

LEuropa

della crisi deve fare i conti, pi che con una ristrutturazione del sistema politico, con un radicale cambiamento nel rapporto tra movimento rappresentativo e votanti. In Germania il partito dei Pirati, che, come litaliano Movimento Cinque Stelle, ha come base fondamentale lutilizzo di internet e della rete come dialogo partecipativo per proporre soluzioni politiche da adottare. Dopo laccesso alle elezioni amministrative di Berlino con circa il nove per cento, si preparano ad alzare la voce anche alle lezioni federali del 2013. Secondo i sondaggi sono gi al nove per cento, per entrare in Parlamento basta il cinque per cento. I pirati si muovono nello cyberspazio e non hanno sedi tradizionali. I detrattori li dipingono come misogini, data la scarsa presenza femminile nel movimento, e li indicano come rappresentanti di consuetudini di estrema destra. Invece attingono pienamente dal bacino di voti della sinistra, dallelettorato deluso dai socialdemocratici e dai Verdi. Il partito dei Pirati si riunito nel nord del Paese, a Neumuenster, in unassemblea che ha attirato lumorismo dei partiti tradizionali, ma che sembra sia destinato a far impennare le quotazioni del movimento, che vuole imporsi come terza forza politica. Lo spirito anti-establishment, le critiche dei detrattori, che imputano ai pirati la presunzione di chi ancora non ricopre cariche di responsabilit, sembra la stessa che colp i Verdi nella loro entrata in politica nel 1980, che ora invece vengono criticati per essersi stabilizzati allinterno del sistema-governo. Il primo punto del programma dei Pirati quello di elargire un reddito di base per tutti.

La nuova rivoluzione urbana


Di: Max Rivlin-Nadler - www.eddyburg.it

Lunga intervista a David Harvey sui temi del suo ultimo libro Citt Ribelli, di prossima pubblicazione in Italia. Dalla Comune di Parigi a
Occupy Wall Street. Salon, 29 aprile 2012 Dalla Parigi del 1871 alla Praga del 1968 al Cairo nel 2011, per finire con le vie di New York, le citt sono da lungo tempo il terreno di coltura dei movimenti radicali. Nel corso del tempo le proteste urbane nascono da una infinit di spunti diversi, dalla disoccupazione alla fame, alla privatizzazione alla corruzione. Ma centra forse anche la stessa geografia delle citt? Una questione particolarmente accesa questa settimana, mentre il movimento Occupy si prepara a una serie di grandi manifestazioni in tante citt del paese per il Primo Maggio. Il geografo e sociologo David Harvey, professore di antropologia al Graduate Center della City University di New York, uno dei venti studiosi in campo umanistico pi citati di tutti i tempi, ha passato unintera vita a studiare il modo in cui si organizzano le citt, e poi cosa vi accade. Il suo nuovo libro Rebel Cities: From the Right to the City to the Urban Revolution, esamina in profondit gli effetti delle politiche finanziarie liberiste sulla vita urbana, il paralizzante debito dei ceti medi e a basso reddito dAmerica, la devastazione dello spazio pubblico per tutti

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i cittadini operata da uno sviluppo sfuggito al controllo. A partire dalla domanda: Come organizziamo una citt? Harvey esplora lattuale crisi del credito e le sue radici nella crescita urbana, e come questo processo abbia di fatto reso praticamente impossibile qualunque azione politica nelle citt per gli ultimi ventanni. Harvey si propone come esponente di punta del movimento per il diritto alla citt, lidea secondo la quale il cittadino deve poter intervenire sui modi in cui le citt crescono e sono strutturate. A partire dalla Comune di Parigi del 1871, quando la cittadinanza rovesci laristocrazia prendendo il potere, Harvey ricostruisce i modi in cui le citt si sono riorganizzate, e come potrebbero farlo, per diventare pi inclusive e giuste. Abbiamo incontrato Harvey per parlare di Occupy Wall Street, della distruzione operata da Bloomberg nelle trasformazioni di New York City, su come si possa ripensare la citt pi vicina a come la vorremmo. Lei parla del diritto alla citt come di uno slogan vuoto. Cosa intende? Il diritto alla citt pu rivendicarlo chiunque. Anche Bloomberg ha diritto alla citt. Per ci sono varie fazioni, con diverse capacit di esercitarlo. Quando parlo del diritto di ripensare la citt pi vicina a come la vorremmo, e a cosa invece abbiamo visto qui a New York City negli ultimi 20-30 anni, si tratta di come la vorrebbero i ricchi. Negli anni 70 pesava molto la famiglia Rockefeller per esempio. Oggi c gente come Bloomberg, che sostanzialmente trasforma la citt nel modo che pi si adatta a s e ai propri affari. Ma la gran massa della popolazione praticamente non conta nulla in tutto questo. In citt c quasi un milione di persone che tenta di farcela con diecimila dollari lanno. E che influenza hanno sul modo in cui si trasforma la citt? Nessuna. Il mio interesse principale sulla questione del diritto alla citt non tanto di affermare che esista una specie di diritto etico, ma qualcosa per cui lottare. Il diritto di chi? Per che tipo di citt? Penso a quel milione di persone con meno di diecimila dollari lanno, che dovrebbero pesare almeno tanto quanto l1% che sta al vertice. Lo definisco un significante vuoto, perch ci deve essere qualcuno che arriva e dice, il mio diritto che conta, non il tuo. Comporta sempre un conflitto. Dagli anni 80 assistiamo in tutto il mondo allondata della privatizzazione di tutto quanto un tempo era pubblico (scuole, ferrovie, acqua). Come ne stato influenzato il movimento fra i ceti a basso reddito delle citt? In un modo che una delle domande poste dal libro: Perch non abbiamo fatto nulla? Perch non c stato un nostro68? Perch non ci sono state pi proteste, visto limmenso accrescersi delle diseguaglianze in tante citt degli Usa, oltre che de resto del mondo? Oggi stimo cominciando a vederne alcune, di risposte, in Occupy Wall Street, e anche altrove nel mondo segnali pi vistosi. In Cile gli studenti occupano le universit, come avevamo visto negli anni 60 contro le diseguaglianze di allora. E non capisco in realt perch non ce ne siano state di pi, di proteste. Credo dipenda dallincredibile potere del denaro di condizionare gli apparati di repressione. E credo che ci troviamo in una situazione piuttosto pericolosa, perch possibile che qualunque forma di ribellione possa essere considerate alla stregua del terrorismo, nella scia degli apparati post-11 settembre. Abbiamo visto in casi come la piazza Tahrir Square e altri, con eco anche in Wisconsin lanno scorso,segnali di resistenza che iniziano ad emergere. C qualche parallelo con ci che avvenne negli anni 30. Col crollo del mercato azionario del 1929, le vere proteste poi sono iniziate verso il 1933, ed emerso unmovimento di massa. Potremmo essere ora in quella fase, dato che la depressione, o recessione, chiamiamola come vogliamo, non certo finita, continuano ad esserci tantissimi disoccupati, gente che perde la casa, i diritti, e si comincia a capire che non si tratta di cosa di un momento. una situazione permanente. Quindi credo che

vedremo pi inquietudini di massa da ora in poi. Non pi come nel 1987, quando dal crollo se ne usciti nel giro di un paio danni. In questo paese non pi cos. C una differenza, fra lo scoppio di rabbia spontanea, priva di obiettivi politici, e la risposta pi meditata che vediamo nel movimento Occupy Wall Street. C un messaggio che vuole comunicare, che introduce programmaticamente la diseguaglianza sociale, credo che si far molto. Almeno il Partito Democratico ne sta discutendo, cosa che un anno fa non succedeva. Non se ne parlava proprio. Adesso invece s, ed una cosa che filtra anche nella campagna di Obama, una inclusione di questi messaggi. Perch tanto importante la Comune di Parigi del 1871 per i movimenti di oggi? Per due ragioni: la prima che si tratta di una delle pi grandi ribellioni della storia. E di per s merita studio e discussione. Laltra che appartiene alle idee che stanno nel pantheon del pensiero di sinistra. Molto interessante che sia Marx e Engels che Lenin o Trotsky tutti considerassero la Comune di Parigi come esempio da cui imparare e in qualche misura seguire, come a Pietroburgo nel 1905 o anche nel corso della Rivoluzione Russa successiva. Si tratta di porsi delle domande e imparare. In che modo lurbanizzazione liberista ha distrutto la citt in quanto spazio pubblico abitabile, luogo di politica e societ? Senza farci unimmagine romantica di ci che la citt era negli anni 20 e 30, si trattava senzaltro di una concentrazione compatta di popolazione, governata da un apparato politico: potere concentrato ed efficace. Col tempo ci siamo dispersi nella suburbanizzazione, abbiamo spalmato la citt. Si disperso anche sempre pi quello che si chiama ghetto, le zone a bassi reddito non sono pi concentrate a sufficienza da potersi organizzare in quanto tali. Salvo in alcune occasioni, per esempio a Los Angeles col caso di Rodney King. Credo che la dispersione della citt, la crescita per sobborghi, la costruzione delle gated communities, frammenti la possibilit di unesistenza politica con qualche coerenza, lidea di un progetto politico comune. Ci sono tante politiche del tipo Non nel Mio Cortile. Non si vuole abitare vicino a che appare diverso, non si vogliono gli immigrati, da un punto di vista sociale cambiano le cose. Ho sempre ritenuto che il tipo di soggettivit costruito dal suburbio, dalla gated community, sia una soggettivit frammentata in cui nessuno coglie il totale come nella citt, il tema complessivo dei processi a cui rivolgersi. Si pensa solo al proprio segmento del tutto. Credo che obiettivo della politica sia di ricostruire un corpo di citt sulle rovine del processo di capitalizzazione. Un termine ricorrente delle vicende Occupy Wall Street laprecariet (i lavoratori autonomi o senza contratto regolare). Perch cos importante per un movimento radicale? Non mi piace troppo il termine precario. Da sempre chi lavora alla produzione e riproduzione della citt considera la propria situazione non sicura, c tanto lavoro temporaneo diverso da quello di fabbrica. Storicamente la sinistra ha guardato al lavoratore della fabbrica coma base della sua politica nei momenti di cambiamento. La stessa sinistra non ha mai pensato che fossero significativi anche coloro che producono e riproducono la vita urbana. Qui entra in campo la Comune di Parigi, perch se osserviamo i suoi protagonisti, non si tratta degli operai di fabbrica. Sono invece artigiani, e i tanti lavoratori precari della Parigi dellepoca. Oggi, con la scomparsa di tante fabbriche, non c pi la massa di classe lavoratrice industriale che cera negli anni 60 o 70. Allora la questione : che base politica ha la sinistra? Io sostengo che si tratti appunto di chi produce e riproduce la vita urbana. Molti di loro sono precari, si spostano spesso, difficili da organizzare, da sindacalizzare, una popolazione che subisce un continuo ricambio, ma che possiede comunque un enorme potenziale politico. Uso sempre lesempio del movimento per i diritti dei migranti nel

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2006. Furono tantissimi di loro ad astenersi dal lavoro per una giornata, Los Angeles e Chicago restarono del tutto bloccate, dimostrando questa gigantesca forza. Dovremmo pensare a questo segmento di popolazione. Il che non esclude il lavoro organizzato, ma pensiamo che oggi nel settore privato (esclusa la pubblica amministrazione nel suo complesso) siamo al 9% della popolazione. enorme il lavoro precario. E se troviamo il modo per organizzarlo in qualche modo, di dargli nuovi strumenti di espressione politica, credo sia possibile mobilitarlo con grandiosi risultati sulla vita urbana e le sue relazioni, in citt come New York, o Chicago o Los Angeles e tante altre. Lei afferma che La rivoluzione del nostri tempi deve essere urbana Perch la sinistra tanto refrattaria allidea? Credo faccia parte del dibattito sullinterpretazione della Comune di Parigi. Alcuni hanno sostenuto che si trattava di un movimento sociale urbano, e quindi non di un movimento di classe. Uninterpretazione che risale alla sinistra marxista, secondo la quale un movimento rivoluzionario pu derivare solo /dagli operai delle fabbriche. Beh, non che se non ci sono pi fabbriche non c pi la rivoluzione. Sarebbe ridicolo. Io ritengo che si debba guardare al fenomeno della classe urbana. Dopo tutto, il capitalismo finanziario a costruire oggi la citt, coi suoi condomini e uffici. Se vogliamo resistere dobbiamo farlo con una lotta di classe, contro questo potere. E sono molto serio nel porre la domanda: come si mobilita una intera citt? Perch nella citt che sta il futuro politico della sinistra. Come possibile trasformare lo spazio pubblico in qualcosa di pi accessibile? Vediamola in termini semplici: a New York di spazio pubblico ce n tanto, ma poco in cui si possa sviluppare una attivit collettiva. La democrazia ateniese aveva lagor. Ma a New York City dove potremmo andare a cercare un agor, dove si discute davvero. Ecco di cosa stavano parlando davvero le persone che si riunivano a Zuccotti Park. Costruivano uno spazio per sviluppare dialogo politico. Dobbiamo prendere gli spazi pubblici, che come si scopre pubblici non sono affatto, e trasformarli in un luogo politico, dove prendere decisioni, dove stabilire se davvero una buona idea costruire ancora, qualche nuovo gruppo di condomini. Attraversavo laltro giorno il parco a, Union Square, ad esempio, dove cera dello spazio, ma ci hanno messo delle aiuole: i tulipani hanno un loro luogo, e noi no. Oggi lo spazio pubblico totalmente controllato dal potere politico, al punto che non pi un bene comune. Le scelte amministrative di Bloomberg sono state descritte come Trasformare la citt come faceva Moses ma pensando sempre a Jane Jacobs. [Robert Moses ricostru spietatamente New York City per mezzo secolo, spesso devastando quartieri per farci passare arterie veloci verso la periferia. Jane Jacobs, scrittrice e sua principale oppositrice, contribu a salvare il Greenwich Village da una di queste autostrade] Come possibile riconciliarli? La citt razionalista e modernizzatrice stata qualcosa di spietato. Lamministrazione Bloomberg ha lanciato forse pi megaprogetti di Moses negli anni 60, ma cercando di riverniciarli di interesse pubblico, esteriormente in stile Jane Jacobs. Mascherando la natura dei grandi progetti. C anche una patina ambientalista. Bloomberg , in parte in buona fede, amico dellambiente. Contentissimo se si realizzano trasformazioni verdi. Trasforma tutte le strade per farle diventare spazi amichevoli per ciclisti: salvo che quei ciclisti poi non ci si radunino in massa. Questo non gli piacerebbe affatto. Crede che sia in crescita il movimento contro gli aspetti della citt liberista? La cosa che colpisce di pi che se guardiamo a una ipotetica carta mondiale di chi contro alcuni aspetti di ci che fa il capitalismo, vediamo una massa di proteste enorme. Ma si tratta di una cosa molto frammentata. Ad esempio, oggi parliamo del debito contratto dagli studenti. Domani potrebbe essere

il turno dei pignoramenti, o una protesta perch si chiudono ospedali, o su cosa succede nellistruzione pubblica. La difficolt trovare un modo per collegare il tutto. Ci sono dei tentativi, come The Right to the City Alliance, o Excluded Workers Congress, ci vuol dire che si riflette su come unirsi, ma siamo ancora alle fasi iniziali. Se funziona, avermo una enorme massa di persone interessate a cambiare il sistema, sin dalle radici, perch oggi non risponde ai bisogni e ai desideri di nessuno. Occupy Wall Street appare come una convergenza su alcune delle cose di cui ci ha parlato, ma manca ancora qualcuno in grado di unire. Perch la sinistra resiste cos tanto allidea di leadership, di gerarchia? Credo che a sinistra ci sia sempre stato un problema, un feticismo dellorganizzazione, lidea che basti a un certo progetto un certo tipo di struttura. Ha funzionato nel progetto comunista, dove si seguito il modello del centralismo democratico, da cui non ci si allontanava. Aveva dei punti di forza, e altri di debolezza. Oggi vediamo molte componenti della sinistra resistere a qualunque forma di gerarchia. Si ribadisce che tutto debba restare orizzontale, democratico, aperto. Ma in realt non lo . Occupy Wall Street funziona come unavanguardia [un partito politico alla testa di un movimento]. Dicono di no, ma lo sono. Parlano del 99% ma non sono il 99%: si rivolgono al 99%. Ci deve essere molta pi flessibilit a sinistra nel costruire vari tipi di organizzazione. Mi ha molto colpito il modello usato a El Alto in Bolivia, in cui si mescolavano strutture orizzontali e verticali, a costruire una forte organizzazione politica. Credo che sia meglio allontanarsi al pi presto da certe forme di discussione. Quelle in voga oggi andranno benissimo per piccoli gruppi, che si riuniscono in assemblea. Ma non si pu certo riunire in assemblea tutta la popolazione di New York City. E poi pensare alle strutture regionali ecc.. In realt Occupy Wall Street un comitato di coordinamento ce lha. Ma esitano a prendere la testa dellorganizzazione. Credo che per riuscire i movimenti debbano mescolare struttura orizzontale e verticale e gerarchia. Quella migliore lho vista negli studenti cileni, con una giovane comunista [Camila Vallejo], molto aperta alla struttura orizzontale anzich al comitato centrale che decide le cose. Per quando ci vuole la leadership la si deve usare. Iniziando a ragionare in questi termini avremo una sinistra pi flessibile ma organizzata. Dentro a Occupy ci sono gruppi che cercano di trascinare gente del Partito Democratico a sostenere i propri temi, minacciando di candidarsi al loro posto se non lo fanno. Non la maggioranza, a fare queste cose, ma esistono. Alla fine del libro non si hanno molte risposte, ma si indica la necessit di aprire un dialogo per uscire da vistose diseguaglianze e dalle continue crisi del capitalismo. Vede segnali del genere in Occupy? possibile. Se il movimento sindacale si sposta verso forme di organizzazione pi territoriali, non solo basate sui luoghi di lavoro, allora lalleanza coi movimenti sociali urbani sar molto pi forte. La cosa interessante che questo genere di collaborazioni ha una storia di successi. Credo sia possibile piantare un seme, e innescare una grande trasformazione. Se Occupy Wall Street vede questa possibilit si aprono molte prospettive. Il mio libro anche la base per esaminare queste possibilit, non ne va esclusa nessuna perch non sappiamo quale sia la migliore. Per esiste un enorme spazio per lattivit politica. Nota: a rafforzare le riflessioni di David Harvey arriva, se necessario, anche il contributo di tanta stampa per nulla di sinistra o che si ponga davvero il problema di una alternativa al modello liberista, quando si nota una costante di tutti i pi recenti movimenti progressisti e democratici. Ad esempio l'economista Edward Glaeser che ancora all'inizio del 2011 sul New York Times osservava la natura del Crogiolo rivoluzionario urbano (il link alla traduzione su Mall) Titolo originale: Urban revolution is coming Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini.

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Art. 18, primavera

pulizie
e

di
Luigi

Di: Emiliano Brancaccio Cavallaro - www.ilmanifesto.it

La riforma del mercato del lavoro solo


il primo tempo di una partita che non sar chiusa senza l'estensione delle nuove norme anche al pubblico impiego. Ha detto cos il ministro per la Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, in un'intervista pubblicata lo scorso 19 aprile sul quotidiano Avvenire. L'obiettivo del governo infatti quello di riorganizzare le pubbliche amministrazioni secondo le esigenze della spending review sulla spesa pubblica e dunque di definire in tempi brevi il quadro delle eccedenze del personale in servizio: Se un'amministrazione non ha bisogno di 500 dipendenti, ma pu andare avanti bene con 400, ha spiegato infatti Patroni Griffi, deve poter essere messa nella condizioni di operare con quei 400. Quanto agli esuberi, si prover a riqualificarli per riutilizzarli in altri settori, e se questa possibilit non dovesse sussistere l'unica strada rimarr quella del licenziamento. Al di l delle rituali smentite dopo i primi malumori sindacali, quanto mai significativo che il ministro abbia individuato nei licenziamenti per motivi economici l'unico terreno su cui si avvier il confronto per l'armonizzazione tra la disciplina dell'impiego privato e quella dell'impiego pubblico. Ci significa infatti che, nell'opinione del governo, la nuova versione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori contenuta nel disegno di legge in discussione al Senato destinata a operare per forza propria nell'ambito del pubblico impiego, senza alcun bisogno di una specifica iniziativa normativa futura. Pu sembrare una forzatura, visto che nell'art. 2 del disegno di legge sta scritto espressamente che l'armonizzazione della disciplina dei pubblici impiegati ai principi e criteri fissati dalla riforma governativa avverr in seguito e previo confronto con i sindacati del settore. Ma la forzatura solo apparente, perch l'art. 14 del disegno di legge, modificando i primi sei commi dell'art. 18 dello Statuto, incide su una norma che gi applicabile alle pubbliche amministrazioni in virt della disposizione generale contenuta nell'art. 51 del Testo unico sul pubblico impiego ("La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni e integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti"). E se cos , bisogna concludere che l'art. 14 rappresenta una di quelle previsioni che statuiscono espressamente sul rapporto di lavoro dei pubblici impiegati e

proprio per ci - come si legge nello stesso art. 2 - non necessitano di alcuna ulteriore iniziativa normativa per trovarvi attuazione. Basti pensare che, se cos non fosse, l'effetto paradossale del disegno di legge governativo sarebbe quello di creare due articoli 18, uno (quello modificato) valevole per l'impiego privato e l'altro (quello... non modificato, che per non esiste pi) per il pubblico impiego. Comprendiamo bene che l'intentio lectoris del sindacato possa coincidere con un simile paradosso, ma se abbiamo ragione a suggerire che l'intentio operis che traspare dal disegno di legge un'altra si potrebbe dedurre che sia un'altra anche l'intentio auctoris, cio la volont del governo. Il nuovo rialzo dello spread tra i Bund e i nostri Btp e le parole del ministro Patroni Griffi confermano che non avevamo visto male a supporre che il ribasso delle scorse settimane fosse dovuto all'inondazione di liquidit decisa dalla Bce, piuttosto che ad un'intrinseca credibilit del governo in carica, e ad individuare nel taglio degli organici del pubblico impiego una delle possibili contromisure governative (I dipendenti pubblici rischiano eccome, 24 marzo). Retrospettivamente, ne verrebbe spiegata anche la determinazione con cui il governo ha voluto confinare il reintegro nei licenziamenti per motivi economici al solo caso di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo: cosa c' di meglio, quando si annunciano le pulizie di primavera?

Veramente il governo Monti sta fallendo i suoi obiettivi?


Di: Piotr ()

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Paul Krugman pochi giorni fa su La Repubblica ha scritto che l'Europa deve disfarsi delleuro e tornare alle monete nazionali per puntare ad un tentativo di ripresa neo-keynesiana. Anche questo autorevole economista, cos come molti suoi colleghi italiani antiliberisti, pensa in qualche misura che sia possibile un ritorno al ventennio doro del dopoguerra. Ho esposto in varie riprese perch ritengo questidea unillusione, dato il particolarissimo concorso di fattori politici, geopolitici e di disponibilit di risorse che port a quel poderoso sviluppo materiale e alle forme politiche e sociali che assunse. Basti pensare che esso segu unimponente distruzione di capitali dovuta alla guerra dei trentanni (1914-1945) seguita ad unaltrettanto imponente capacit da parte degli Stati Uniti, vincitori, di egemonizzare..

dominare e coordinare i processi di accumulazione mondiali. Senza contare la forza dei movimenti comunisti ed operai seguita alla sconfitta del fascismo, la presenza dellUnione Sovietica e i successi dei movimenti di liberazione nazionale. Che la finanziarizzazione, il neoliberismo e la cosiddetta globalizzazione siano state risposte alla fine di quella fase propulsiva keynesiana in Occidente un'ipotesi che non viene mai presa in considerazione dagli economisti, critici e non, se si eccettuano pochissime e inascoltate eccezioni (una per tutte: Giovanni Arrighi). Si riesumano cos le vecchie ricette sperando che funzionino ancora. Krugman afferma con passione che i dirigenti europei sono dei folli a continuare sulla strada dell'austerit. un po quanto pensa anche la maggioranza della sinistra di opposizione italiana che convinta che Monti stia andando verso una sconfitta rispetto ai propri obiettivi perch lausterit destinata ad avvitare su se stesso il problema del debito, dato che essa sta portando dritta verso una lunga recessione se non ad una depressione. Che questo sia una sconfitta rispetto agli obiettivi dichiarati palese. Ma non sono cos tanto sicuro che sia una sconfitta rispetto ai piani reali dellattuale governo e di alcuni potentissimi settori capitalistici. chiaro che sono al lavoro varie tendenze e direttive contrastanti che riflettono strategie e preoccupazioni economicofinanziarie, politiche e geopolitiche differenti. Ma in s le crisi, e specialmente le lunghe crisi strutturali, sono sempre state momenti di grandiose riorganizzazioni del potere capitalistico. Gi Marx aveva capito benissimo che durante le crisi la centralizzazione del capitale marcia a ritmi che non le sarebbero consentiti dal processo normale di accumulazione. Proviamo allora a mettere tra parentesi per un momento la supposta fobia tedesca per l'inflazione o gli amorosi sensi dei dirigenti europei per il monetarismo, per il neoliberismo e i per i banchieri e proviamo a immaginarci un altro scenario. Se laccumulazione capitalistica , come penso che sia, una forma di lotta per il potere, la tripla recessione (depressione) finanziarizzazione centralizzazione potrebbe non essere una strategia cos sbagliata per il capitalismo europeo, conscio che con i BRICS c poco da entrare in competizione sul piano industriale, se non per i prodotti ad alto valore aggiunto e probabilmente per lagribusiness (settore strategico), e che un rilancio keynesiano con tutta probabilit unutopia. Che poi quella strategia comporti una sorta di medioevo sociale lultima delle preoccupazioni dei decisori, che la ascriveranno alla rubrica mantenimento

dellordine. Il prossimo grande scontro intercapitalistico potrebbe verosimilmente svolgersi per il controllo geopolitico dei mercati finanziari. Se ci vero siamo alla vigilia di un periodo molto buio (la spremitura selvaggia della natura e della societ, cos come la conquista guerriera di posizioni geostrategiche sono in questottica dei "collaterali di garanzia" per le strategie di alleanza con i grandi centri finanziari). Se cos riesco a dare un senso ad unaffermazione un po criptica (e per altro imprecisa) dellultimo Latouche: "Quello che ci attende, se non cambieremo rotta, ancora peggiore: un razionamento drastico del denaro, che provocher conflitti planetari sempre pi violenti; una situazione del genere far da brodo di coltura per movimenti fascisti e xenofobi, di cui gi vediamo le avvisaglie e che in un futuro prevedibile si incaricheranno della gestione della penuria con sistemi autoritari." (Serge Latouche, Per unabbondanza frugale. Malintesi e controversie sulla decrescita. Bollati Boringhieri, 2012, pag. 27) Se si sostituisce "razionamento drastico del denaro" con "lotta per il controllo dei mercati finanziari" probabilmente guadagniamo in precisione. Sostituiamo poi "movimenti fascisti e xenofobi" con "reazione di amplissimi strati sociali che saranno progressivamente depauperati" (reazione che ovviamente pu essere facilmente intercettata da quel tipo di movimenti in assenza di un progetto progressivo ed emancipativo; storico) e allora possiamo arrivare alla conclusione che lautoritarismo richiesto per controllare la situazione non sar appannaggio di quei movimenti, ma di una "autocrazia tecnico-politica" di cui stiamo vedendo i primi passi. rimborso (Stato o societ privata che sia) e non li paga, si chiama in termini brutali fallimento, in termini tecnici insolvenza o default. La Grecia ha fatto default, la Grecia stata insolvente nei confronti di quelli che non hanno accettato la ristrutturazione, la Grecia non ha rispettato il regolamento e questo si chiama insolvenza, quindi la Grecia fallita. Non la prima volta che fallita, tutti i greci ricordano una frase pronunciata il 10 dicembre 1893 dallallora primo ministro Charilaos Trikoupis che in greco " " (distihs eptohfsamen) "Purtroppo siamo falliti". Fallita allora, una storia analoga negli anni 30, e fallita di nuovo. I greci possono dire e dicono " " (distihs eptohfsamen ksan) "Purtroppo siamo di nuovo falliti". Allora non raccontiamo la storia che la Grecia non fallita: la Grecia fallita! Una faccia, una razza. Per questo fallimento ha unaltra stranezza: non ha toccato tutti e c stato qualcosa che, se riguardasse una societ privata, si chiamerebbe bancarotta preferenziale e sarebbe un reato,perch la Grecia aveva, a fine 2011, 380 miliardi di debito pubblico, tantissimo, il 170% abbondante del Pil. Al ch dovrebbe essersi dimezzato, uno direbbe, se non altro. No, non s' dimezzato. Perch? Prima della ristrutturazione, prima della proposta di adesione volontaria al piano di taglio del debito pubblico, c' stato un giochettino un po strano. I titoli posseduti dalla Bce e dalle altre banche centrali, della Bundesbank, dalla Banca dItalia ecc., hanno subito un cambiamento di codice. Sono stati cambiati i codici e questi titoli non sono stati toccati, n dalla proposta, n dal taglio coatto. Questi titoli, rimasti come prima solo con cambiamento di codice, hanno incassato gli interessi, quelli scaduti sono stati tutti rimborsati: non sono falliti. Non si pu dire certo che hanno favorito dei privati, hanno favorito lo stesso sistema finanziario dellUnione Europea che presta i soldi. La cosa pu anche essere difendibile, per curioso il fatto ed stato discusso e anche contestato da parte dello stesso presidente della Bundesbank Weidmann, il quale ha trovato che questa cosa in effetti era un po strana. Quindi la Grecia fallita, ma non fallita per quanto riguarda i titoli posseduti dalle banche centrali. A questo punto una cosa da non fare. Non impelagarsi in cause contro la Grecia, non andare a dare soldi ad avvocati che promettono di fare causa e riuscire a recuperare quello che si perso. Gli stati sovrani si chiamano proprio sovrani perch possono, se vogliono, non pagare i loro debiti. O ci si fa la guerra oppure cos. Nessuno pensa di fare la guerra alla Grecia, per evitare di perdere altri soldi facendo cause che magari si possono anche vincere, alcuni hanno vinto cause contro lArgentina, le hanno vinte anche in tribunali americani. Ma vincere queste cause non servito a niente, perch uno vince la causa, ma poi dopo i soldi non gli vengono dati. Merita estendere il discorso, capitato alla Grecia pu

La Grecia in default
Il Passaparola di Beppe Scienza, matematico e economista - da beppegrillo.it. hi aveva per esempio 10 mila euro di titoli greci, un paio di settimane fa si visto arrivare al posto del suo titolo 24 titoli diversi, li ha sommati e si accorto che aveva solo duemila euro. Questo si chiama in linguaggio tecnico default, si chiama insolvenza. Se uno deve pagare degli interessi, un rimborso (Stato o societ privata che sia) e non li paga, si chiama in termini brutali fallimento, in termini tecnici insolvenza o default." Due inganni sulla Grecia. Prima un saluto agli amici del blog di Beppe Grillo. Sono Beppe Scienza, insegno al Dipartimento di matematica dellUniversit di Torino e mi occupo soprattutto di risparmio (ahinoi!) tradito. Sulla Grecia il discorso un po complesso, con qualcosa di contraddittorio, perch qualche settimana fa si sono sentiti titoli di telegiornali, si sono lette sulla stampa frasi di questo tipo: "La Grecia stata salvata", "Successo della ristrutturazione del debito pubblico greco", "Evitato il fallimento della Grecia". Poi uno che aveva per esempio 10 mila Euro di titoli greci, un paio di settimane fa si visto arrivare al posto del suo titolo 24 titoli diversi, li somma e si accorge che ha soltanto 2 mila euro. La Grecia si salvata e io ho perso l80%, come la mettiamo? Bisogna dire la verit: ci sono stati due inganni. 1) un inganno da parte dei massimi politici ed esponenti dellUnione Europea, della Banca Centrale che hanno detto: "Salveremo la Grecia", "La Grecia no, assolutamente, la Grecia non deve fallire", "La Grecia deve essere salvata". 2) un inganno avvenuto dopo, perch adesso gira la storiella che la Grecia stata salvata. La ristrutturazione dei titoli greci, Dio non voglia che abbiano la stessa sorte quelli italiani, avvenuta in due fasi: 1) si fatta una proposta dicendo alle banche, ai fondi comuni, alle assicurazioni: volete accettare di cambiare questi vostri titoli con titoli nuovi, accettate che si faccio un taglio? In effetti la stragrande maggioranza dei cosiddetti investitori istituzionali hanno accettato, sul modo che hanno accettato vorrei citare il capo della Commerzbank tedesca, Martin Blessing, che riguardo allaccettazione della ristrutturazione del debito greco ha detto: "Essa cos volontaria, come era volontaria la confessione nellinquisizione spagnola". La Banca centrale ha ottenuto che le banche accettassero questa cosa e questi sono fatti loro. Quelli che non sono fatti loro che dopo, anche chi non aveva accettato, si trovato la stessa sorte, gli hanno dimezzato in valore nominale i titoli che aveva e in valore di mercato la perdita dell80%. Ora questo si chiama in linguaggio tecnico default, si chiama insolvenza. Se uno deve pagare degli interessi, un

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significare qualcosa per lItalia? La Grecia pu essere un modello per lItalia? Discorso delicato evidentemente. Una domanda che molti si pongono Come mai si arrivati a questo punto?. S detto perch la Grecia falsificava i bilanci pubblici, faceva dei pasticci. vero, certo: la Grecia si era servita di contratti derivati, causa di tanti disastri nei comuni, regioni e province italiane, Laveva fatto anche con Goldman Sachs, per esempio. Quando a Goldman Sachs c'era Mario Draghi, tanto per capire. Quindi aveva nascosto i buchi, aveva fatto apparire il debito pi basso di quello che era. Tutto vero sicuramente. Per bisogna dire che da parte dellUnione Europea e della Banca Centrale un po pi di seriet, di accortezza e di lungimiranza ci voleva. Ma possibile che non gli venisse nessun dubbio fino a quando nel 2010 i mercati finanziari si preoccupano della Grecia? possibile che dallingresso della Grecia nelleuro, quindi nellarco di tutto il decennio, non ci fosse nessun sospetto che in Grecia qualcuno falsificava o abbelliva i bilanci? Forse perch qualcosina, magari meno grave, lo facevano anche la Francia, lItalia e la Germania, si chiuso anche un occhio. Qualche responsabilit c'. Non sono tutti tonti alla Banca centrale europea o a quella tedesca. Il dubbio che ci fossero delle cose non a posto ce lavevano sicuramente, ma non han mai detto nulla. Meglio se lo dicevano prima, nel 2007 per esempio, quando la Grecia aveva un debito soltanto del 115%. Altro discorso, la Grecia un modello per lItalia? Per il Portogallo e Spagna? Potr capitare la stessa cosa? Parliamo dellItalia anche perch chi stato in Grecia si sentito dire spesse volte. "Una faccia, una razza". Noi greci e voi italiani ci assomigliamo, siamo simili La sveglia dei mercati finanziari. Siamo simili anche nella situazione della finanza pubblica? A me non piace fare catastrofismo, per qualche analogia c, la vera analogia di fondo laltissimo debito pubblico italiano, il grosso problema in Italia non la possibilit di licenziare la gente, come il peggior ministro del governo Monti, ossia la Fornero, sembra ritenere. Il problema dellItalia, che purtroppo non stato ancora affrontato, anche perch difficile, sia ben chiaro, il debito pubblico che a livello del 120%. Cio il doppio di quello che era il parametro virtuoso di Maastricht del 60% del prodotto interno lordo. Ora il 120%, quando per in effetti era cos a met degli anni 90, ma era sceso verso il 2007 sul 103%, poi risalito. Questo il macigno, non si vede come si riesca a farlo scendere, questo non vuole dire che capiter come con la Grecia. In Grecia ha avuto un andamento esplosivo. Il debito pubblico dal 2007 in poi passato da 115 per cento, al 121, 137, 153, 174 per cento. In Italia la dinamica molto diversa, per a questo punto non si pu dire che la soluzione greca non sia, magari lontana dallorizzonte, non si prospetti anche per lItalia. Se non c una ripresa economica, non si vede come risolverlo con qualche piccola manovrina, una nuova serie di tasse. Tremonti ha fatto due manovre sui 30 miliardi luna circa, Monti ne ha fatta unaltra, "Una faccia, una razza". Pu essere un incubo, per qualche dubbio che la Grecia possa essere un modello per lItalia non si pu escludere tutto, non lo escludono i mercati finanziari. La sveglia lhanno data i mercati finanziari, per la Grecia e anche per lItalia. C unaltra analogia in effetti tra la Grecia e la situazione italiana. Per la Grecia la sveglia lhanno data i mercati finanziari, non le autorit europee. Quando i titoli di Stato greci sono cominciati a crollare nel 2009-2010, allora ci si accorti della Grecia. In Italia questo capitato nel luglio 2011. Vediamo un titolo come i Btp-i 2021. Erano intorno a 95 e cambiavano poco. A un certo punto hanno cominciato a scendere, scendere e adesso comunque sono a 81. Sono i mercati finanziari che hanno costretto a dire: "Ahi! La situazione italiana veramente grave, bisogna intervenire". Speriamo che non siano i mercati finanziari anche a dare la botta finale allItalia, come alla Grecia! Non c solo un problema in

Italia e anche in Grecia del debito in s, c un problema politico, c la scarsa credibilit della classe politica al potere, anche in Grecia sono ben qualificati, sia ben chiaro, anzi almeno quanto in Italia, ci sono soluzioni dolorose in questi casi e che i politici italiani destano fondati sospetti che quando fanno qualche proposta lo fanno per continuare a stare l e rubare, o almeno molti di loro destano questi sospetti. Quando Churchill promise agli inglesi, britannici la vittoria, ma annunciando anche lacrime e sangue, non cera nessuno dei britannici che diceva Bravo tu, vuoi solo stare l e continuare a rubare. Purtroppo se adesso politici italiani o comunque governanti italiani fanno queste proposte molti dicono Bravo tu dici questo, ma intanto la cinghia la tiriamo noi!. Questo rende molto difficile il risanamento della finanza pubblica. Passate parola!

Creare direttamente un milione di posti di lavoro


Di: Luciano Gallino Intervento di Luciano Gallino per la prima Assemblea del Soggetto Politico Nuovo, tenutasi a Firenze il 28 aprile 2012.

Sgravi fiscali, investimenti in grandi opere, incentivi alle imprese perch assumano, sono poco o punto efficaci per creare rapidamente occupazione. Occorre che lo stato operi come datore di lavoro di ultima istanza, assumendo direttamente il maggior numero di persone. La proposta: 1) Istituire unAgenzia per loccupazione simile alla Works Progress Administration del New Deal americano (works = opere pubbliche). LAgenzia stabilisce i criteri di assunzione, il numero delle persone da assumere, il livello della retribuzione, i settori cui assegnarle. Le assunzioni vengono per effettuate e gestite unicamente su scala locale, da comuni, regioni, enti del volontariato, servizi del lavoro, ecc. 2) Per cominciare si dovrebbe puntare ad assumere rapidamente almeno un milione di persone. Poich tale numero inferiore a quello dei disoccupati e dei precari, occorre stabilire inizialmente dei requisiti in cui i candidati dovrebbero rientrare. Un requisito ovvio potrebbe essere let: p. e. 16-30 anni, oltre ovviamente alla condizione di disoccupato o precario. 3) LAgenzia offre un lavoro a chiunque, in possesso dei requisiti richiamati sopra, lo richieda e sia in grado di lavorare. 4) Le persone assunte dallAgenzia dovrebbero venire impiegate unicamente in progetti di pubblica utilit diffusi sul territorio e ad alta intensit di lavoro. (Le grandi opere non presentano n luna n laltra caratteristica). Progetti del genere potrebbero essere: la messa in sicurezza di edifici scolastici (oggi il 50% non lo sono); il risanamento idrogeologico di aree particolarmente dissestate; la ristrutturazione degli ospedali (nel 70% dei casi la loro struttura non adeguata per i modelli di cura e di intervento oggi prevalenti). Per attuare progetti del genere sarebbero richieste ogni sorta di figure professionali. 5) Finanziamento. Nellipotesi che ogni nuovo occupato costi 25.000 euro, per crearne un milione occorrono 25 miliardi lanno (la maggior parte dei quali rientrebbero immediatamente nel circuito delleconomia). Si pu pensare a una molteplicit di fonti: fondi europei; cassa depositi e prestiti; una patrimoniale di scopo dell1% sui patrimoni finanziari superiori a 200.000 euro (la applica la Svizzera da almeno mezzo secolo); obbligazioni mirate. Andrebbero altres considerate altre fonti. Ad esempio, si potrebbe offrire a cassaintegrati di lunga durata la possibilit di scegliere liberamente se lavorare a 1000-1200 euro al mese piuttosto che stare a casa a 750, a condizione che sia conservato il posto di lavoro ( possibile, con listituto del distacco). Qualcosa del genere andrebbe considerato per chi riceve un sussidio di disoccupazione. In questi casi lonere per il bilancio pubblico (includendo in questo lInps) scenderebbe di due terzi. Infine va tenuto conto che molte imprese sarebbero interessate a utilizzare lavoratori pagando, per dire, soltanto un terzo del loro costo totale.

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