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Volume : 3 Numero: 61 Data: Gennaio 2012 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Alternativa, strumento per la grande transizione Di: Pieluigi Fagan [ pag. 1/2 ] 2 La depressione, la distruzione creatrice e la guerra Di: Felice Fortunaci [ pag. 2 ] 3 Lintervista di Draghi la fine delleuro Di: Piergiorgio Gawronski [ pag. 3 ] 4 Aung San Suu Kyi presenta la candidatura per le elezioni di Aprile Da: Megachip.it [ pag. 3 ] 5 Stato del debito etica della colpa. Di: Ida Dominijanni [ pag. 4/5 ] 6 Se larticolo 18 diventa un lusso Di: Stefano Rodot [ pag. 6/7 ] 7 La protesta diventer distruttiva Di: Giulietto Chiesa [ pag. 7 ] 8 La guerra e la crisi geo-socioecologica Di: Piero Pagliani [ pag. 7/8 ]

ALTERNATIVA strumento Transizione. - Di: Pierluigi Fagan


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per

la

Grande

vremo modo e tempo di riconsiderare e meglio precisare l'enorme lavoro che si fatto a Prodenone lo scorso week end. Vorrei limitarmi a lasciare traccia per la comune riflessione e susseguente sviluppo delle questioni relative all'organizzazione, alla crescita di presenza politica sul territorio, ai rapporti UC - Attivo - organizzazioni regionali - singoli militanti, alla costruzione dell'intelligenza collettiva, all'utilizzo dei mezzi di informazione. La sera di Sabato 21, abbiamo affrontato un breve discussione su questi temi, discussione da riprendere e sviluppare insieme, qui. 1. Quanto ai temi, si convenuto di integrare l'ovvia attenzione e partecipazione ai temi del DEBITO, delle MONETE, dell'offensiva NEO LIBERALE che ci hanno assorbito quasi del tutto negli ultimi mesi, con ad esempio il tema madre dell'originaria ispirazione fondatrice del nostro progetto: la DECRESCITA. Stante il fatto che noi ci troviamo in un decrescita oggettiva da definire per pi propriamente "recessione" poich la societ ancora inscritta dentro un paradigma economicista, urge la promozione di quelle pratiche concrete connesse ad un progetto di societ della decrescita. Si quindi parlato di utilizzo di aree dismesse per l'installazione di panneli solari, delle recente diffusione degli - orti pubblici -, di nuove pratiche basate sulla mutualit, dell'intervento attivo sul crescente disagio sociale. L'elenco declina anche l'altro grande filone della nuova economia del BENE COMUNE, che ormai esplicitatosi nelle recenti vittorie referendarie, attende ora la completa declinazione pratica e diffusa come economia politica attiva su i nostri territori. Il tema della decrescita per, oltre a chiamare la declinazione ed applicazione materiale delle pratiche connesse, chiama anche una continuazione della riflessione teorica. Non pochi continuano a rilevare il valore negativo della desinenza -de- o pi che altro il limite di una definizione che pi che progetto costruttivo di un nuovo modo di fare comunit e societ, cos espresso, continua a risultare una semplice inversione del sistema dominante basato sulla crescita. Un tema grande e complesos dunque, pieno di nodi che chiedono di esser sciolti. 2. Altri temi oggetto del dibattito generale di questi giorni, sono stati la DEMOCRAZIA cos come L'ISTRUZIONE ( gi avviata in un avanzato lavoro di definizione che chiede per forse di essere continuato ed ulteriormente allargato ). Altri storicamente presenti nella nostra visione del mondo sono l'INFORMAZIONE, il LAVORO ( da connettere all'interno del discorso decrescista ad esempio ), le grandi questioni GEOPOLITICHE, la CULTURA, mentre bisogna accendere un impianto di illuminazione che ci renda pi nitide le questioni di GENERE, dei DIRITTI CIVILI oltre a quelli politici e sindacali gi da lungo tempo sotto attacco. Una profonda revisione critica dell'ECONOMIA POLITICA rimane una necessit e dati gli avvenimenti, anche sempre pi urgente. Tre altre questioni infine. 3. Se l'essere singolarmente o come organizzazione presenti sul territorio, accanto o dentro i movimenti locali impegno da confermare e rinforzare; se la declinazione completa del nostro nuovo ambizioso programma politico la cui precisa definizione in termini di emendamenti ci impegner nei prossimi giorni aiuter a renderci pi vibili, riconoscibili e comprensibili; una possibile funzione attiva che meglio potremmo svolgere forse quella di offrire il nostro limitato ma significativo impianto di comunicazione ( Pandora tv, Megachip, il sito, la nostra presenza facebook ecc ), quali strumenti per i movimenti..

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4. Alternativa 2012 ha come obiettivo organizzativo la quantit e la qualit della sua organizzazione. La quantit l'estensione dei simpatizzanti, degli iscritti, dei membri stessi di questo Attivo, degli interventi sul nostro sito. La qualit l'interrelazione tra Ufficio Centrale, l'Attivo, le strutture territoriali sia in termini di circolazione di informazioni e comunicazioni, sia anche in termini di lavoro comune. Quantit e qualit che dovranno anche cominciare a fare i conti con i conti, ovvero con una per quanto piccola, forza economica di sostegno alla nostra iniziativa. 5. Il sito va migliorato, va presenziato, va arricchito. Dovrebbe esserci una presenza distinta a di facile accesso per i territori, mentre una parte riservata ( Cronache di Alternativa ) a gli iscritti potrebbe ospitare i dibattiti interni, la circolazione dei testi, delle informazioni, delle iniziative. Si ripreso anche il tema del VOCABOLARIO di ALTERNATIVA che potrebbe esser un ottimo esercizio, prima di omogeneizzazione delle varie culture che ci compongono, dopo, un ottimo strumento di presentazione della nostra identit esterna. Gruppi di lavoro tra iscritti collegati via mail , skype, forum che lavorino in approfondimento su i temi dei punti 1. e 2. potrebbero generare conoscenza, schede, bibliografia, contatti esterni con chi altri sta lavorando magari in forma monotematica e specialistica su i diversi argomenti, aggiornamento continuo e monitoraggio di ci che spontanemanete si muove nella cd societ civile. Grande il patrimonio di cultura, esperienza, sensibilit che c' oggi in Alternativa, pur nelle ridotte dimensioni della nostra ambiziosa organizzazione. Apriamo il dibattito sul come svilupparlo e metterlo al lavoro tutti assieme.

La Depressione, la Distruzione Creatrice e la Guerra - di Felice Fortunaci Christine Lagarde, direttrice del FMI, va nel solco di quanto detto
pi volte negli ultimi tempi anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Due fra le figure istituzionali pi potenti del mondo hanno dato via libera al ritorno della parola Depressione, e a tutte le paure economiche e politiche da essa richiamate. Chi ha responsabilit pubblica a quel livello non accenna alla "possibilit" di un depressione se non c' la concreta prospettiva di una "reale" depressione. La depressione, a differenza della recessione, non si presenta come una fase ciclica fra le tante del sistema capitalistico. invece una notevole flessione di lungo periodo nelle attivit economiche, per giunta in pi economie di vari paesi. Le preoccupazioni che nascono da una recessione vengono lenite dallinvocazione di una ripresa. Quando questa ripresa viene attesa invano come il Godot di Beckett in un mare di frasi assurde, allora pienamente una depressione. Soprattutto se alla durata interminabile si accompagnano incrementi massicci e anomali dei tassi di disoccupazione, drammatiche strette creditizie collegate a crisi bancarie e finanziarie sistemiche, cali produttivi, fallimenti non solo di privati ma di debiti sovrani, nonch riduzioni nel commercio internazionale. Pi la deflazione. Ecco, la depressione, uno scenario che sconvolge assetti politici e ne crea di nuovi. Lultima volta in Occidente port a tassi del 30% di disoccupazione, e al diffondersi dei fascismi. Come se ne usc controverso nella storia disegnata dagli economisti, anche se molti pensano che avesse ragione Schumpeter. Si organizz una distruzione creatrice (quando si dice "si" organizz non ci si immagini qualcuno che fa piani segreti: si arriv per la forza delle spinte cieche degli interessi e delle dinamiche intrinseche ai sistemi geografici - politici - economici e culturali). La distruzione fu la Seconda Guerra Mondiale, la creazione furono i successivi gloriosi trentanni, quel periodo che va dal 1945 al 1975 (o poco prima). Identificare se si tratti di recessione o depressione cambia la percezione delle cose. Se ci illudiamo che sia recessione avremo anche noi quella sorta di fiducia messianica (tanto poi le cose s'aggiustano) che va da Mario Monti a Vendola, fino a insinuarsi addirittura in chi anima i Comitati No Debito. Se invece interpretiamo quel che accade con lo schema della depressione economica, le implicazioni sono molto pi spaventose. S'impone infatti un problema grosso ed imminente, la sparizione del lavoro e del reddito, la base stessa della cittadinanza. Un problema sistemico che le ideologie neoliberali aggravano, ma che si pone come un enigma irrisolto anche per chi critica il sistema economico e politico. La macchina non funziona pi, e non funziona per tutti. La Grande Depressione che segu il 1929 fu

effettivamente risolta solo con la II Guerra Mondiale, non con il keynesismo, che venne attuato dopo, nei primi decenni del ciclo sistemico di accumulazione statunitense aperto da Bretton Woods. La Grande Depressione del 1929 era il secondo atto della crisi sistemica del ciclo di accumulazione ad egemonia britannica. La crisi di questo ciclo inizi con la Grande Depressione 1873-1896, che sfoci nella finanziarizzazione della Belle Epoque e poi nella I Guerra Mondiale (preludio alla seconda). Il concetto di distruzione creatrice di Schumpeter stato visto tipicamente come un fatto economico. Si distrugge, cos si pu ricreare: si distrugge il vecchio cos si pu creare il nuovo, ad esempio con l'innovazione. Ma ha anche unaltra valenza (che per era solo implicita nell'economista Schumpeter): anche una distruzione di un assetto geopolitico mondiale per dar luogo a un assetto differente. In entrambi i casi si ha a che fare con il meccanismo, vitale per il capitalismo, di conquista di esternalit. Queste esternalit sono nella Societ (forza-lavoro), nella Natura (trasformata in innovazione di prodotto), ancora nella Natura per accaparrarsi le materie prime, nella Geografia per conquistare mercati e risorse. Ebbene, oggi queste esternalit sono in evidentissima crisi. Scarseggiano. Sono insufficienti per limiti naturali (picco del petrolio, inquinamento, etc.), difettano per via di limiti geopolitici (enormi spazi geografici - e quindi naturali - sono sotto la giurisdizione di enormi stati-nazione continentali, India, Cina, Russia, Brasile, e delle loro aree d'influenza). Per farla breve, se vogliamo fare un paragone, con le bolle di Reagan-Clinton (bolla finanziaria e bolla new economy) abbiamo vissuto una seconda Belle Epoque finanziaria. Poi le bolle sono scoppiate. Hanno tentato di rigonfiarsi succhiando dai debiti sovrani. Dopo l'11 settembre 2001 come se fossimo arrivati alla I Guerra Mondiale (Afghanistan, Iraq, Libia, Yemen, Somalia, Siria, e il resto della tabella di marcia del Pentagono spifferata dal generale Wesley Clark). E allora, quant grande ed estesa questa Depressione? Ogni crisi sistemica in scala pi alta delle precedenti, ogni crisi sistemica ha bisogno di maggiori risorse delle precedenti per essere risolta capitalisticamente, ogni crisi sistemica ha per a disposizione minori risorse fisico-socio-geografiche delle precedenti. Ne segue che potremmo essere di fronte ad una III Guerra Mondiale prima di quanto si possa pensare. O si affronta di petto il problema assieme a chi ne pi consapevole, oppure faremo solo i buoni samaritani movimentisti. Nessun proposito politico ed economico pu ignorare in quale quadro geopolitico andr a collocarsi. Richard K. Moore avverte: una scacchiera multi-dimensionale, e con una posta in palio cosi alta, si pu esser certi che il tempismo delle varie mosse sar attentamente coordinato. E dalla forma complessiva della scacchiera, sembra che ci avviciniamo alla fine del gioco.

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Lintervista di Draghi la fine delleuro - di PierGiorgio Gawronski

Nella notte fra domenica e luned, poco dopo la mezzanotte, hanno riaperto i futures della borsa USA. Lapertura ti dice in sintesi come i mercati valutano le vicende del weekend. Ieri notte ci ho dato unocchiata: Dow Jones a +7. Tutto calmo. Poi il Financial Times tira fuori lo scoop: intervista a Mario Draghi! Leggo e rimango costernato, raggelato. Controllo i mercati: cominciano a scendere. difficile spiegare a un pubblico non esperto lenormit del contenuto. Anche perch il Governatore della Bce in realt non dice nulla di nuovo. Per la prima volta, assembla in modo coerente le sue dichiarazioni dellultimo mese, presenta una teoria generale della crisi. Indica come secondo lui ne possiamo uscire, spiega le intenzioni della Bce senza ambiguit. (O forse eravamo noi che ci eravamo illusi). Semplicemente, Draghi ignora tutti i progressi della scienza economica degli ultimi 80 anni, e annuncia che la crisi va affrontata con le politiche gi utilizzate fra il 1929 e il 1933 (con risultati catastrofici). Gli interventi della Bce degli ultimi mesi sono unanomalia passeggera, dettata dalla necessit (cio dalla realt. Ah! La realt sempre tra i piedi!). Riassumo alcuni passi. Mario Draghi Non c trade-off fra le politiche fiscali di austerit, da un lato, e la crescita o il recupero di competitivit dallaltro. Non nego che la restrizione fiscale possa provocare una contrazione economica nel breve periodo Financial Times Lei non crede, al contrario, che alcuni paesi stiano cadendo nella classica trappola del debitore? [NdA: una spirale simile a quella greca: austerit, recessione,caduta della base imponibile,aumento del deficit, nuova austerit ] MD Lei vede unalternativa migliore? FT Forse qualcuno potrebbe lasciare lEuro! MD Non li aiuterebbe La svalutazione crea solo inflazione FT Ma lItalia negli anni Ottanta [ha ridotto linflazione mentre svalutava la lira] MD Guardi, uscire dallEuro significa rompere i Trattati Europei E quando si comincia cos, non si sa mai dove si va a finire FT Lei chiede ai governi europei di potenziare lEfsf, ma [i mercati hanno mostrato di non credere nellEfsf]. Forse sarebbe il caso che la Bce si attivasse, almeno per sostenere lEfsf MD la gente deve accettare il fatto che noi resteremo nellalveo del nostro mandato..

FT Ma non c nulla nello Statuto della Bce che limiti gli acquisti di titoli pubblici o altri interventi simili a quelli di altre banche centrali Usa e Uk MD Non credo che distruggere la credibilit della Bce sia una buona idea. (sic!) In sintesi, Draghi propone (1) austerit in tuttEuropa, (2) regole EU pi dure (anche se fosse quella lorigine del problema, ormai troppo tardi), (3) riforme strutturali dellofferta. Come possono queste politiche (restrittive) risolvere una crisi causata da uneccessiva restrizione della domanda, gli chiede lintervistatore? Semplice: le buone politiche generano fiducia (si, b, eh, mb!), che a sua volta generer un aumento della domanda. Mi pare effettivamente troppo semplice: finora le politiche recessive hanno prodotto solo recessione! fa notare lintevistatore. perch non sono state abbastanza recessive, e non abbastanza generalizzate, spiega Draghi: il senso questo. Se non ci credete, leggetevi lintervista! E se pensate che Draghi abbia ragione, e il G20 torto, date unocchiata ai mercati, tanto per vedere se le ricette di Draghi ispirano fiducia. La manovra di austerit di Mario Monti (25 Mld lanno) doveva servire ad azzerare limmane tassa che paghiamo agli usurai (98 Mld lanno) tramite spread abnormi che si sommano ai normali tassi dinteresse. Monti pensava di riuscirci con la manovra? Io pensavo che non ci sarebbe riuscito? Ok! Ora la manovra fatta: vogliamo per favore prendere atto che il dibattito finito? Gli spread sono sempre l. E non ci sono manovre o politiche di riserva. Solo inganni e pie illusioni. Come questa, che continuano a propinare allopinione pubblica: Limpatto degli alti tassi dinteresse si scarica solo gradualmente sul bilancio pubblico. Balle. O le riforme strutturali (liberalizzazioni), che pure auspico (anche la cassata siciliana non male); come dice il Sole24Ore: hai la polmonite? Fasciati il piede! Per quanto incredibile, siamo nelle mani di fanatici incompetenti. Mi vien voglia di emigrare. Ma dove?

Aung San Suu Kyi presenta la candidatura per le elezioni di aprile.

Aung San Suu Kyi, leader dellopposizione birmana, ha depositato la candidatura per le elezioni suppletive del primo aprile. Il premio Nobel per la Pace, tornata libera a fine 2010 dopo anni di arresti domiciliari, correr per una circoscrizione vicino allex capitale Rangoon (ribattezzata Yangon dalla giunta militare), uno dei 48 seggi lasciati vacanti da deputati che hanno avuto incarichi di governo. Se, come appare scontato, sar eletta, diventer la leader parlamentare della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il principale partito di opposizione. La candidatura della 66enne Suu Kyi segna un nuovo passo avanti sul terreno delle aperture democratiche dei militari al potere, dopo linsediamento di un governo formalmente civile, il rilascio di centinaia di prigionieri politici, lavvio di un dialogo con le minoranze etniche e lo stop alla controversa costruzione di una mega-diga.

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Stato del debito etica della colpa


Di: Ida Dominijanni - il manifesto. a missione impossibile del salvataggio dell'euro, la frana della de-europeizzazione, il cataclisma geopolitico che ne pu derivare. Ma con l'austerit non si esce dalla crisi, si produce recessione e depressione. Intervista a Christian Marazzi sulla penitenza dopo l'abbuffata neoliberale e sull'antidoto del comune. Economista, docente alla Scuola universitaria della Svizzera italiana e, in passato, a Padova, New York e Ginevra, militante e intellettuale di riferimento dei movimenti della sinistra radicale, Christian Marazzi uno degli analisti pi lucidi della crisi economico-finanziaria in corso. Fra i primi a diagnosticarne il carattere storico e l'impatto globale, gi nel 2009, quando la crisi impazzava negli Usa, aveva previsto l'inevitabile coinvolgimento dell'eurozona. Fine analista della finanziarizzazione come modus operandi del biocapitalismo postfordista, non crede nella possibilit di uscire dalla crisi o di contenerne le contraddizioni attraverso le politiche del rigore. Partiamo dal salvataggio dell'euro per ragionare di quello che ci attende. L'andamento della crisi ha dato ragione alle tue analisi. Nel giro di due anni l'epicentro si spostato dagli Stati uniti all'Europa, e nel giro di poche settimane siamo passati dal rischio di default di alcuni paesi, Italia compresa, al rischio del crollo dell'intera eurozona, che equivale al crollo dell'Unione per come stata fin qui (malamente) realizzata. Secondo te come pu evolvere la situazione? Gli indizi della cronaca sono eloquenti. In Europa cresce l'astio nei confronti della Germania e della rigidit di Angela Merkel, che non d segni di cedimento sulle due proposte che ormai tutti considerano indispensabili per evitare il cataclisma di Eurolandia: la monetizzazione dei debiti sovrani da parte della Bce, e l'emissione di eurobond per ridurre il peso dei tassi d'interesse sui buoni del tesoro dei paesi pi esposti alla speculazione dei mercati finanziari. Anche tu le consideri indispensabili? Sono due misure condivisibili, ma purtroppo fuori tempo massimo: la crisi ha subito nelle ultime settimane una tale accelerazione da renderle inapplicabili. La trasformazione della Bce in una vera banca centrale sul tipo della Federal Reserve - che possa fungere da prestatore di ultima istanza per acquistare i buoni del tesoro dei paesi-membri indebitati, strappando ai mercati il potere di decidere come e quando intervenire - un'idea sacrosanta, ma ormai irrealizzabile a fronte della fuga di capitali dall'eurozona che gi in corso, come dimostrano l'andamento dell'ultima asta di bond tedeschi e le 1500 tonnellate di oro che pare siano entrate in Svizzera ultimamente. Arrivati a questo punto, la monetizzazione dei debiti da parte della Bce non farebbe che alimentare questa fuga e accelerare il collasso dell'euro: non a caso, almeno fino a oggi, anche Draghi si oppone a questa soluzione. Lo stesso vale per l'istituzione degli eurobond, obbligazioni emesse e garantite dall'insieme dei paesi-membri per "mutualizzare" o socializzare i vari debiti sovrani: anche questa una misura sensata, ma non ha alcuna possibilit di essere attuata, perch i paesi forti, come la Francia, l'Olanda, la Finlandia, l'Austria e la Germania si vedrebbero aumentare i tassi d'interesse in un periodo in cui le imprese stanno gi subendo aumenti proibitivi del costo del denaro per il rarefarsi della liquidit in circolazione. In ogni caso, anche se al vertice di gioved a Bruxelles si trovasse un accordo parziale, i vincoli d'austerit imposti ai paesi indebitati sarebbero tali da vanificare qualsiasi salvataggio dell'euro. E' solo questione di tempo. Dunque in prospettiva tu vedi un tracollo? Il fatto che la crisi della moneta unica costruita secondo i precetti monetaristi e neo-liberali arrivata alla stretta finale. E a me pare del tutto verosimile che la rigidit di Merkel sia una mossa tattica

per rendere inevitabile l'uscita della Germania dall'euro e il ritorno al marco. Circola gi la data, fra Natale e l'Epifania, mentre tutti saremo in altre faccende affaccendati; come l'inconvertibilit del dollaro, che fu decisa a Ferragosto. E circolano gi, qua in Svizzera, leggende metropolitane su due stamperie che starebbero sfornando marchi. Se davvero andasse cos, che tipo di scenario si aprirebbe? Nascerebbe una zona monetaria forte, con dentro la Germania, l'Olanda, la Finlandia, l'Austria, con agganciati il franco svizzero e la corona svedese. L'euro, fortemente svalutato e con l'effetto inflazionistico conseguente, resterebbe la moneta dei paesi deboli, che in compenso avrebbero la possibilit di ridurre il loro debito. L'incognita di questa ipotesi la Francia. Per i paesi pi tartassati dai mercati, sul piano economico non sarebbe un cataclisma. Ma il vero cataclisma sarebbe geopolitico. Di fatto, questa spaccatura monetaria darebbe il via a un processo di de-europeizzazione, con un asse fra la Germania, la Cina, la Russia e il Brasile, e un altro fra la Francia e gli Stati Uniti. Non uno scenario fantascientifico, le grandi agenzie finanziarie internazionali ci stanno gi lavorando. Quello che nessuno dice per che pu essere l'inizio di una nuova guerra fredda, con la Cina, la Russia e la Turchia coordinate per schermare l'Iran dalle minacce israeliane. E' inquietante che di questo non si parli: il rischio Iran esplosivo. Ed inquietante pure che ormai si parli solo della crisi europea, rimuovendo la situazione degli Stati uniti, dove nel frattempo la crisi dei subprime continua, i poveri sono diventati 46 milioni, la disoccupazione al 15%, Obama non riesce a battere chiodo e per la sua rielezione pu sperare solo nella litigiosit dei Repubblicani. Ci sono differenze, e quali, fra l'andamento della crisi negli Usa e in Europa? Sul piano economico nessuna: l'Europa dei debiti sovrani l'equivalente del mercato statunitense dei subprime, solo che al posto dei singoli individui indebitati ci sono gli stati indebitati. Ma una differenza c', a tutto svantaggio dell'Europa, ed politica, anzi istituzionale e costituzionale: in Europa non c' Costituzione, e non c' una banca centrale. C' la Bce che delega la monetizzazione dei debiti ai mercati, emettendo liquidit su richiesta di quelle stesse banche che hanno contribuito a creare debito pubblico e ora ci speculano sopra. In questo quadro macroregionale e globale, che ruolo e che senso hanno le politiche nazionali del rigore? In Italia sono state create molte aspettative sul passaggio del governo da Berlusconi a Monti e alla sua squadra di "tecnici", come se ne dipendesse non solo un recupero di credibilit, ma anche un effettivo potere di intervento sulle dinamiche dei mercati. Ma quanta efficacia possono avere i cosiddetti sacrifici sulla crisi del debito sovrano, e relative speculazioni? Non cos che si esce dalla crisi, e infatti non ne usciremo: l'orizzonte dei prossimi anni la recessione. Le politiche di austerit hanno un effetto deflazionistico di compressione della domanda interna, n a questo si pu sperare di supplire con le esportazioni. Ma le politiche di austerit sono le uniche contemplate dalla dottrina neo-liberale, che in Europa e in tutto l'Occidente tutt'ora imperante ed dura a morire. Dunque restano e resteranno in piedi all'insegna dell'emergenza, o, per usare il termine di Naomi Klein, della shock economy, perch consentono di fare quello che in una situazione normale non si pu fare: compressione dei salari, riduzione dell'impiego pubblico, depotenziamento dei sindacati; la famosa macelleria sociale. E' la logica della governance della crisi: una regolazione tecnica e tecnocratica dei rapporti sociali nello stato d'emergenza. Ha detto bene il vicepremier cinese in un'intervista al Financial Times: quello che ci aspetta un nuovo Medio Evo finanziario e sociale. Con quali caratteristiche politiche, e antropologico-politiche? Tu non parli mai solo di economia... Alcuni processi sono ormai evidenti. Il primo la precarizzazione

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della Costituzione. Il secondo - l'hai scritto pure tu a proposito del ''passaggio Monti'' - l'azzeramento dell'autonomia del politico sotto lo stato d'eccezione. Il terzo il passaggio dal Welfare State al Debtfare State: uno Stato in cui il sociale si rappresenta, e viene rappresentato, nella forma del debito, e si disciplina, e viene disciplinato, nel segno del debito. Anzi, del debito e della colpa, secondo il doppio significato della parola tedesca schuld: tema nietzschiano, che oggi torna al centro del bel libro di Maurizio Lazzarato, La fabrique de l'homme endett. Il debito come dispositivo antropologico di autodisciplinamento dell'uomo neo-liberale. E' chiarissimo da quello che sta accadendo in Italia, dove in un attimo siamo passati dall'etica del godimento del ventennio berlusconiano all'etica penitenziale del governo Monti. Ma quanto pensi che possa reggere, questo dispositivo? Il soggetto neo-liberale descritto da Foucault, l'imprenditore di se stesso che si nutriva di consumo indebitandosi, ora pu nutrirsi del senso di colpa per i debiti contratti? Si tratta di uno sviluppo o di una crisi dell'etica neo-liberale? Per ora, io ci vedo un inveramento: il neo-liberalismo si invera nella sua essenza di fabbrica dell'uomo indebitato. L'imprenditore di se stesso produce il suo debito che ora lo disciplina attraverso un dispositivo di colpevolizzazione. Del resto, qui c' anche un inveramento, o uno svelamento, dell'essenza del denaro: il denaro debito, la finanziarizzazione del capitale ci ha trasformati tutti in soggetti debitori, e il valore viene prodotto in negativo, da una macchina depressiva. Per c' chi si indigna, non ci sta, si ribella. Per fortuna. Che pensi degli Indignados e di OWS? Per restare nella scia di Foucault, lui degli Indignados avrebbe detto che si tratta di un movimento parresiastico: un movimento di persone che dicono la verit. Denunciare l'ipocrisia dei mercati, svelare che i debiti sono tutti "odiosi", illegittimi, frutto di rendita e di espropri, e dichiarare che questa crisi l'hanno prodotta le banche e non possiamo pagarla noi, significa affermare la verit del punto di vista del popolo su quella dei mercati. E poi, il movimento di Madrid ha funzionato come uno spazio di democrazia assoluta, come una grande assemblea costituente del comune basata sullo stare insieme nello spazio pubblico: una sorta di ribaltamento dell'etica della paura hobbesiana, in cui mi pare molto visibile l'impronta femminile delle pratica delle relazioni e di un'economia della cura che diventa ecologia politica. La crescita del movimento su scala europea l'unico antidoto al processo di deeuropeizzazione che dicevamo all'inizio. Ma la spinta costituente deve darsi anche delle forme di autodeterminazione locale concreta. Per spezzare il dispositivo cardinale del post-fordismo, lo sfruttamento di saperi, conoscenza e relazioni, non c' altro modo che ribaltarlo in produzione del comune, tanto pi ora che le politiche di austerit comporteranno la privatizzazione ulteriore, la vendita e la svendita dei beni comuni, dall'acqua al patrimonio culturale; ma produrre il comune significa organizzarsi a livello locale, attrezzarsi a gestire nei quartieri l'acqua, l'elettricit, i mezzi di trasporto, le banche stesse. Loretta Napoleoni, che incontri oggi alla Libreria delle donne di Milano, in un libro di due anni fa sosteneva che la funzione sociale delle banche vive ormai solo nella finanza islamica, e che da l che dovremmo riscoprirla: la finanza islamica non specula. E' vero, nel senso che dobbiamo reintrodurre la solidariet al livello giusto, all'altezza delle contraddizioni prodotte dalla crisi. E la risocializzazione del debito e della funzione originaria delle banche una strada per piegare a nostro vantaggio la finanziarizzazione del capitale, lottando sul suo terreno. Ma la finanziarizzazione si pu interrompere, o invertire? Tu ci hai spiegato molto bene che l'economia finanziaria non pi separabile dall'economia reale e si basa sul coinvolgimento attivo di comportamenti e forme di vita della gente comune: il consumatore che usa la carta di credito per fare la spesa

il salariato alle prese con i fondi pensione, i ceti medi strozzati dai mutui per la casa, i poveri che si indebitano fornendo come unica garanzia la loro 'nuda vita'. Se cos, possibile definanziarizzare, almeno in parte, il sistema, o si tratta solo di bonificarlo dai soprusi delle banche? E se produzione e consumo sono cos intrecciati al debito, possibile evitare un esito recessivo e depressivo della crisi? La de-finanziarizzazione la sta approntando il capitalismo stesso nella forma recessiva della riduzione del debito di cui abbiamo parlato poco fa, che deprime la domanda e i consumi, e della disciplina della colpa, che deprime le esistenze. Noi dobbiamo lavorare invece per riconvertire la rendita privata in rendita sociale: per la socializzazione del debito, per il rilancio per questa via della domanda e dei consumi di beni socialmente utili, per la riappropriazione dello spazio pubblico, per la ricostruzione di socialit e di felicit collettiva. Il comune questo e non c' altro modo per uscire dalla spirale autolesionista della finanziarizzazione. Alcune parole d'ordine delle lotte di questi anni, dal reddito minimo garantito alla Tobin tax, vanno gi in questa direzione. E della parola d'ordine del diritto all'insolvenza che cosa pensi? Nei movimenti viene presentata come un diritto di resistenza alla finanziarizzazione della vita, molti economisti la ritengono una mossa demagogica, altri ci vedono una possibilit di ripristino della sovranit nazionale cancellata dalla tecnocrazia europea. Penso che sia giusta se diventa una pratica soggettiva e contestuale, non se viene lasciata in mano agli Stati. Ti faccio un esempio: negli Stati uniti sta maturando da tempo una bolla delle borse di studio, che equivale pi o meno alla met del volume dei mutui subprime: in quel caso il diritto all'insolvenza va senz'altro esercitato dagli studenti e dalle loro famiglie per distinguere il debito illegittimo da quello legittimo. Ma non lo affiderei agli Stati, n alla loro velleit di ritrovare per questa via la sovranit nazionale perduta.

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Se larticolo 18 diventa un lusso di Stefano Rodot

Gli effetti del decreto "Salva Italia" dureranno a lungo, perch redistribuiscono poteri e risorse. Per questo non possibile far tacere lo spirito critico, n pretendere una sorta di acquiescenza sociale, alla quale giustamente i sindacati hanno detto di no. Il decreto, infatti, tocca profondamente vita e diritti delle persone. I diritti sono diventati un lusso? L'"et dei diritti" al tramonto? Di questo discutiamo in questi tempi difficili, e non solo in Italia. E' tornata l'insincera tesi dei due tempi: prima risolviamo i problemi dell'economia, poi torneranno i bei tempi dei diritti. "Prima la pancia, poi vien la morale" fa dire Bertolt Brecht a Mackie Messer nel finale del primo atto dell'Opera da tre soldi. Ma l'esperienza di questi anni ci dice che di quel film viene sempre proiettato solo il primo tempo. Vi una ricerca francese sui diritti sociali intitolata Droits des pauvres, pauvres droits. Dunque, "diritti dei poveri, poveri diritti": diritti sempre pi deboli per i pi deboli, e che non si sa che fine faranno. Oggi siamo di fronte ad interventi caratterizzati da una forte asimmetria sociale, che fanno crescere ancora di pi la diseguaglianza. Ma qual la soglia di diseguaglianza superata la quale a rischio la stessa democrazia? Siamo consapevoli che stiamo passando per un numero crescente di persone dall'"esistenza libera e dignitosa", di cui parla l'articolo 36 della Costituzione, ad una situazione che spinge verso la pura sopravvivenza biologica? Proprio nei tempi difficili bisogna parlare dei diritti. Senza conservatorismi, si dice. E allora, poich il Governo annuncia interventi nella materia del lavoro, usciamo da schemi inutili e aggressivi come quelli che mettono al centro la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Uno sguardo sull'immediato futuro, realistico e lungimirante, esige che si affronti una revisione dei regimi di sicurezza sociale nella prospettiva del riconoscimento di un diritto ad un reddito universale di base. Di questo si discute da tempo, come mostra un libro appena pubblicato da Giuseppe Bronzini. Si potrebbe cos cominciare ad invertire la rotta: dalla sopravvivenza di nuovo verso l'esistenza, ricongiungendosi anche ad una precisa indicazione dell'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: "al fine di lottare contro l'esclusione e la povert, l'Unione riconosce e rispetta il diritto allassistenza sociale
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e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti". Si detto che l'Italia deve riguadagnare la dimensione europea, rifiutata nei tempi del berlusconismo. Ma, se si vuole che i cittadini non guardino all'Europa solo come fonte di imposizioni e di sacrifici, bisogna ricordare quel che disse il Consiglio europeo nel 1999: "La tutela dei diritti fondamentali costituisce un principio fondatore dell'Unione europea e il presupposto indispensabile della sua legittimit. L'Europa dei mercati non pu essere disgiunta dall'Europa dei diritti, pena una delegittimazione che pu contribuire alla sua dissoluzione. I governanti devono rendersi conto che la Carta dei diritti fondamentali non un documento al quale dedicare qualche distratta citazione, ma uno strumento che, adoperato con continuit e sincerit, pu mostrare il valore aggiunto dell'Europa, nel quale diventa conveniente riconoscersi per tutti. Ma l'Europa anche quella dei trattati, di cui ora si propongono modifiche per rendere possibile un pi diretto governo dell'economia. Di nuovo una questione di legittimit democratica. Si pu rafforzare il potere europeo in questa materia sottraendolo a controlli che non siano solo quelli esercitati dalla forza degli interessi di governi nazionali? Se si vuol mettere mano al Trattato di Lisbona, allora, necessario che una riforma includa un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo. Qui l'antica vocazione europeistica dell'Italia potrebbe essere rinverdita. Vorr farlo l'attuale Governo, guadagnando cos meriti presso tutti quelli che credono ancora in una ripresa della costruzione democratica dell'Unione? Questa linea di riforma istituzionale, attenta a democrazia e diritti, dovrebbe essere seguita anche per le riforme costituzionali di cui si torna a parlare in casa nostra. Queste non possono essere considerate solo dal punto di vista di un nuovo assetto per Parlamento e Governo. E l'insistenza sulla giusta necessit di restituire ai cittadini poteri confiscati dall'indegna attuale legge elettorale non pu limitarsi a questa soltanto. Le nuove forme di partecipazione politica, dei cui effetti abbiamo avuto prove concrete in occasione dei referendum e delle elezioni amministrative, esigono forme istituzionali che diano corpo e legittimazione a quella "democrazia continua" che ormai caratterizza la sfera pubblica e che non pu essere affidata soltanto alla dimensione mediatica o alla logica dei sondaggi. Ricordate la critica di Rousseau alla democrazia rappresentativa inglese? Il popolo inglese crede d'essere libero; s'inganna, non lo che durante

l'elezione dei membri del Parlamento; non appena questi sono stati eletti, esso diventa schiavo, non pi nulla. A questa schiavit politica, al silenzio tra una elezione e l'altra, i cittadini si ribellano sempre di pi, grazie soprattutto alle opportunit loro offerte da Internet. Sono lontanissimo dalle semplificazioni di chi continua a pensare ad una democrazia salvata dalla tecnologia, e ritengo che si debba sempre riflettere sui rischi di una "democrazia elettronica" come forma del populismo dei nostri tempi. Ma suicida continuare a guardare alle istituzioni e alle loro possibili riforme senza prendere seriamente in considerazione la necessit di integrazioni nuove tra democrazia rappresentativa e presenza pi diretta dei cittadini. Nella prospettiva di riforme, volte per alla buona "manutenzione" e non allo stravolgimento della Costituzione, mi limito ad indicare una sola ipotesi, di cui gi ho parlato in passato, ma che il successo dei referendum rende attuale. Mi riferisco all'iniziativa legislativa popolare, prevista dall'articolo 71 della Costituzione e che, finora, ha avuto come effetto solo la frustrazione dei proponenti, visto che il Parlamento ignora del tutto le proposte firmate dai cittadini. Credo che sia venuto il momento di rinvigorire questo istituto, prevedendo procedure che riguardino le modalit in base alle quali il Parlamento deve prendere in considerazione quelle proposte e dando al comitato promotore il diritto di seguirne l'iter parlamentare in commissione, secondo il modello che ha gi portato a considerare i promotori di un referendum addirittura come potere dello Stato. Un passo cos impegnativo dovrebbe essere accompagnato da un aumento delle firme necessarie, ben oltre le attuali cinquantamila. Ma avrebbe l'effetto positivo di avviare una integrazione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta (che pu e deve trovare ulteriori forme), di aprire un canale tra eletti ed elettori, di insidiare l'autoreferenzialit della politica e di avviare cos un suo riscatto nel tempo del massimo suo discredito. Anche cos potremo ricongiungerci all'Europa. L'articolo 11 del Trattato di Lisbona affianca alla democrazia rappresentativa uno strumento di democrazia diretta: il nuovo diritto di iniziativa dei cittadini europei che, in numero di almeno un milione, possono chiedere alla Commissione europea di prendere iniziative in determinate materie. Non un caso che di questo strumento si prepari a servirsi la rete europea dei movimenti per l'acqua bene comune

dunque proprio i soggetti ai quali si deve la pi forte iniziativa referendaria. L'uscita dalla regressione culturale e politica, nella quale siamo piombati, sta proprio nella capacit di ricominciare a frequentare il futuro senza condizionamenti, primo tra tutti quello che vuole ricondurre tutto alla logica del mercato.

LA PROTESTA DIVENTER DISTRUTTIVA -

di Giulietto Chiesa

Chi ha costruito questo debito? Chi lo deve pagare? Come riformare il Paese? Mancano le risposte, ma manca soprattutto il tempo per
darle. E forse gi troppo tardi. Italia bloccata per lo sciopero degli autotrasportatori che, dalla Sicilia, sta velocemente risalendo la Penisola. Code dai benzinai per fare rifornimento, e si teme che anche le scorte alimentari comincino a scarseggiare. La Coldiretti stima un danno potenziale di 50 milioni di euro al giorno. Cosa succede? "Credo che questo sia solo l'inizio di una fase di protesta molto diffusa, perch il peso della crisi si sta riversando velocemente su larghe masse di popolazione, che sono del tutto impreparate a reggerlo. Dunque, trovo del tutto logico e normale che la gente reagisca tentando di difendersi. Il vero nodo, in questa situazione, l'assenza di una forza di opposizione capace di organizzare queste proteste: se questa rivolta non viene guidata, se non ha obiettivi chiari da perseguire, rischia di produrre solo ulteriori disordini. Ci sono gi persone senza scrupoli che intendono orientarla secondo i propri interessi". Una protesta cos disorganizzata, che finisce per arrecare danno soprattutto ai cittadini, non rischia di diventare solo distruttiva anzich produttiva? "Il problema proprio questo. Se non si dice la verit alla gente e non la si aiuta ad organizzarsi, questa protesta diventer distruttiva. Voglio fare delle domande molto precise: di chi la responsabilit di questo stato di cose? Se il governo Monti continua a dire che la fase 2 della manovra avr come risultato la crescita, sapendo che non ci sar nessuna crescita, e poi la gente si infuria e reagisce con violenza, di chi la colpa? La colpa sta sempre nei dirigenti che non sanno guidare e indirizzare il Paese. Sono loro i principali responsabili, sia pure non gli unici. La prima cosa da fare sarebbe cominciare a dire la verit: chi ha costruito questo debito? chi lo deve pagare? come si organizza la riforma morale e intellettuale di questo Paese? Se non si affrontano questi problemi, le conseguenze saranno dure, violente e drammatiche. Io faccio appello alle forze intellettuali di questo Paese perch capiscano che questa politica produrr solo altri gravi danni. Qualunque protesta, se non ha una direzione precisa, se non sa dove andare, sfocia nella violenza. Questo fa parte delle regole generali della politica. Chi la pensa diversamente sbaglia e e ci porter verso il peggio. Ma sono convinto che in Italia ci siano le forze intellettuali e morali per guidare questo movimento verso un cambiamento profondo." Come si potrebbe attuare questo cambiamento? Come ricordava Grillo qualche giorno fa, soprattutto i giovani si sentono defraudati di ogni speranza e prospettiva di futuro... "Aspettarsi una panacea immediata sarebbe poco realistico. Ma ripongo fiducia in quei 27 milioni di cittadini italiani che l'anno scorso hanno partecipato al referendum, che hanno votato contro la privatizzazione dell'acqua e contro il nucleare. Sono gli stessi cittadini che oggi stanno inscenando nelle piazze una protesta dura e drammatica. Innanzitutto, il debito che sta all'origine di questa crisi non deve essere pagato prima che gli Italiani sappiano chi lo ha contratto, come stato firmato, e a chi vanno i proventi. Dire apertamente come stanno le cose sarebbe gi un primo passo per una 'normalizzazione' della situazione. Questo debito illegale, iniquo, e quindi va respinto, ovvero rinegoziato. In secondo luogo, propongo che il Governo Italiano, invece di applicare le norme della Bce, promuova immediatamente una riunione congiunta con i Governi di Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, e a questo punto anche di Austria e Francia, che li conduca a chiedere insieme a Bruxelles la rinegoziazione dei criteri del debito europeo. La terza cosa da fare subito, nominare un comitato di saggi al di sopra delle parti, non appartenenti al Governo Monti, che promuovano una nuova legge elettorale, con la quale andare il pi presto possibile a nuove elezioni, perch questo Parlamento non rappresenta il Paese ed incapace di guidarlo. Un accordo europeo potrebbe consentire allo Stato italiano e anche ad altri paesi europei di avere le finanze necessarie ad affrontare uno stato di emergenza che duri 2 o 3 anni, e per evitare che i costi di questa crisi si riversino interamente sulle classi lavoratrici e sui pi poveri. E' un piccolo pezzo di un programma politico di rinnovamento dell'Italia. Ma per attuarlo occorre abbandonare del tutto la strada che stiamo percorrendo adesso."

La guerra e la crisi geo-socio-ecologica


di Piero Pagliani.

Lettera aperta a Giulietto Chiesa dopo l'Assemblea Nazionale di


Alternativa. Caro Giulietto, lassemblea nazionale di Pordenone stata un indubbio successo. Dobbiamo trovare tutti i modi per tesaurizzarlo e farlo produrre, per la nostra buona crescita. La tua relazione finale ha focalizzato benissimo il nostro compito: dobbiamo essere il lievito di un nuovo movimento. La tua relazione iniziale ha specificato in che modo possiamo essere questo lievito. E ne avremo la possibilit se useremo lo spirito e il metodo che hai sottolineato nella tua relazione conclusiva: appropriarci di nuovi angoli di visuale. La mia esperienza di quasi un anno con Alternativa testimonia che questo metodo necessario e fecondo. Come ben ti ricorderai, mi invitasti ad entrare nel tuo laboratorio politico nel bel mezzo di una nostra discussione pubblica sui rapporti tra crisi economico-finanziaria e crisi ecologica. Oggi.

penso che le critiche che ti mossi allora erano solo parzialmente giuste e che le tue controcritiche indicavano punti di vista a cui non ero abituato. Accettai linvito-sfida, entrai in Alternativa e senza rinunciare al mio angolo di visuale iniziai a prendere in considerazione anche il tuo. A quasi un anno devo dire che se non lavessi fatto sarei rimasto cieco da un occhio, senza nessuna speranza di ottenere una visione stereoscopica. Non ce lho a 360 gradi - e penso che in un periodo di transizione, al di l dei limiti personali, nessuno pu avere realmente una visione generale - ma ho motivi per ritenere che almeno certi scenari oggi mi si presentano in tre dimensioni. Dalla mia credo di avere un approccio abbastanza potente (che per altro non farina del mio sacco ma, come sai, nella sua essenza dovuto al compianto Giovanni Arrighi). Tuttavia lo applicavo utilizzando un insieme di parametri non sufficienti. Quindi alla fine avevo un telescopio potente ma puntato sempre sulla stessa porzione di cielo. Oggi ne ho una mappa un po pi ampia e lo devo al lavoro svolto con te e con gli altri compagni e amici di

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Alternativa che, chi in un modo chi in un altro, mi hanno fatto capire linsufficienza del mio sguardo. Per essere pi specifici, oggi ho una visione meno standard delle relazioni tra capitalismo e natura extraumana, e quindi tra i rapporti sociali e di produzione e la sfera biofisica. Ad esempio, non credo pi possibile pensare in termini binari: societ da una parte e natura dallaltra. Sintetizzando: non societ e natura ma societ nella natura. Questo punto di vista ci dovrebbe spingere a ulteriori riflessioni; ad esempio sul fatto che anche il concetto di impronta ecologica che spesso utilizziamo solo una prima approssimazione, utile ma non sufficiente perch esso parla di un effetto mentre le trasformazioni ecologiche sono anche causa di trasformazioni sociali. E non per un semplice meccanismo di feedback ma per intrecci molto pi dinamici e complessi. Ogni progetto sociale un progetto geo-socio-ecologico, ovvero coinvolge la riorganizzazione non solo dei rapporti sociali ma anche della sfera biofisica e quindi dei rapporti di potere che in ogni dato momento la governano. Il difetto della geopolitica presa a se stante la sua focalizzazione sul Risiko dei rapporti di potere. Da questo punto di vista faccio mia la classica diffidenza marxista. Ma altres non accettabile il rifiuto preconcetto di tutto ci che inizi col prefisso geo. Un rifiuto che unisce buonisti eclettici a coriacei dogmatici di ogni sorta e a persone dotate di buone intenzioni ma perennemente costrette a dire Non era questo che volevo. Il concetto di geo-grafia indispensabile, perch i rapporti sociali capitalistici non si svolgono in qualche eterea dimensione ma sulla Terra, su Gea. Quindi il capitalismo in generale e tutte le sue ondate realizzative che si sono succedute mettono in moto complesse relazioni tra la geografia, la societ e la sfera biofisica. Per le medesime ragioni ogni crisi capitalistica sistemica la crisi di una determinata configurazione geo-socio-ecologica. Questa visione non settoriale ma pi complessiva - usando un termine un po abusato potrei dire olistica - mi stata suggerita inizialmente proprio da te e dalle nostre discussioni, a volte accese. Una dimostrazione, sia detto incidentalmente, che la democrazia e il confronto se non altro evitano che uno se la suoni e se la canti da solo, rinchiudendosi infine in un soddisfatto, o rancoroso, autismo intellettuale. Alternativa una delle pochissime forze politiche che in Italia insiste sul pericolo della guerra. Questa insistenza un ingrediente essenziale del nostro lievito. Alternativa denuncia con insistenza questo pericolo, non solo perch pi di un decennio che assistiamo a un crescendo di guerre, non solo perch la guerra levento pi drammatico che la societ umana possa sperimentare, non solo perch intuiamo che siano allopera giochi geopolitici pericolosissimi. Lo facciamo perch abbiamo capito che una crisi sistemica geo-socio-ecologica come questa pu essere risolta capitalisticamente solo con una riorganizzazione geo-socioecologica globale che per sua natura richiede una ridefinizione violenta dei rapporti di potere internazionali, finalizzata ad una nuova ondata di rapine sociali ed ecologiche. Il capitalismo si basa su differenziali in ognuna delle singole sfere in cui, per comodit, suddividiamo lesistente: sfera politica, culturale, finanziaria, economica, produttiva, ecologica, eccetera, eccetera. In altri termini si basa su disuguaglianze che partono dalla vita quotidiana per arrivare ai grandi sistemi di potere. Questi differenziali richiedono continue occupazioni - colonizzazioni, rapine, cooptazioni - dellaltro, di ci che ancora non stato inglobato, usato e magari esaurito. Queste occupazioni generano conflitti: conflitti sociali, conflitti di potere, conflitti con la natura. Lalternativa a queste dinamiche disastrose una ridefinizione dei rapporti sociali e quindi dei rapporti tra la societ, leconomia e la natura. Questa lalternativa che indichiamo e che tanto pi urgente quanto, oltretutto, molto improbabile che la

riorganizzazione violenta dei rapporti globali possa dar luogo ad un nuovo ordine mondiale capitalistico, per quanto odioso possa essere, se non con la prospettiva di una crisi ancora pi immane e in tempi ravvicinatissimi. Siamo infatti in presenza di un pianeta capitalisticamente esausto. Questa oggi Gea. Per qualcuno si andr quindi, per forza di cose, incontro al sol dellavvenire. Per noi, se non facciamo qualcosa, invece pi probabile che si andr incontro a un drammatico aggravamento del caos sistemico presente. E per questi motivi che ritengo che ogni tipo di soluzione neokeynesiana (con tutti i suoi corollari e le sue premesse come il no alleuro o il s alla BCE prestatore di ultima istanza) non sia in realt una soluzione. Pu darsi che possa servire temporaneamente a tirare il fiato. Io ne dubito, ma ne potremo discutere in Alternativa e fuori. Sicuramente non sar in grado di risolvere il presente caos sistemico. Non accadde nemmeno con la precedente crisi sistemica, dove il keynesismo fu successivo alla II Guerra Mondiale e al nuovo ordine mondiale che ne scatur.Non ci sono nuovi elementi che indichino che oggi dovrebbe andare in modo diverso. Almeno, io non ne vedo, se non una vaga idea di lesson learned. Vaga quanto utopica. Qui purtroppo vale infatti la desolata domanda che nella ballata Where Have All the Flowers Gone? faceva Pete Seeger: When will they ever learn? Quando mai impareranno?. Toccher a noi fargliela capire; un compito immane, ma obbligatorio. Pensando globalmente e agendo localmente, come si diceva una volta. Una prassi politica con un respiro ecologico. Con amicizia Piero Pagliani

Note di Paolo Asta


Se volete avere una visione pi ampia delle idee e dei pensieri usciti dopo la seconda Assemblea Nazionale di Alternativa, svoltasi a Pordenone il 21 e il 22 di Gennaio, vi invito a leggere larticolo: Relazione alla II Assemblea Nazionale di Alternativa di Giulietto Chiesa. Larticolo, di pi di 8000 parole, non ci sarebbe potuto stare in questo giornale. Me ne scuso. Paolo

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