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Numero 21 anno III

1 giugno 2011 edizione stampabile

L.B.G. MILANO. E SE IL VOTO FOSSE UN TAXI? Paola Bocci URNE E VACANZE: LA FESTA DELLA MAMMA Walter Marossi ELEZIONI MILANESI: DA DOMANI SI REPLICA? Marco Ponri AUTOSTRADE: UOVA DOORO E GALLINE BIPARTISAN Guido Martinotti NUCLEARE SI O NO? COMMENTO DI UN ELETTORE NON ESPERTO Giulia Mattace Raso POLTRONE DONNE E COMPETENZA DOPO IL VOTO Marco Cappato REFERENDUM CITTADINI ANCORA UNA OCCASIONE Pier Vito Antoniazzi PARTECOIPAZIONE NON SOLO SPOIL SYSTEM Emilio Battisti PISPIA SINDACO: E ADESSO QUALE EXPO? Antonio Duva UN ESTRIMISTA MODERATO A MILANO

VIDEO BRUNO TABACCI: STO CON PISAPIA LA NOSTRA MUSICA Paolo Conte IL TRENO VA

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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MILANO. E SE IL VOTO FOSSE UN TAXI? Luca Beltrami Gadola


E se il voto milanese fosse come il taxi? Lo si preso per fare un tratto di strada e poi si scende: si vota un sindaco o una coalizione perch lunico modo per liberarsi di un incubo, la Moratti e la sua Giunta, e tutto finisce l. Questo rischio c e qualche segnale si avverte gi. Forse qualcuno dovrebbe porsi il problema di fidelizzare questo elettorato ancor prima di dedicarsi ad accontentare le aspettative dei Partiti: la fidelizzazione parte proprio dalladerenza alle dichiarazioni in campagna elettorale fatte dal sindaco sia ai cittadini elettori sia alle pi di 2.000 persone tra candidati al Consiglio comunale e candidati ai Consigli di zona che hanno lavorato sotto la bandiera del centro sinistra, per non parlare di tutti i volontari delle officine, dei circoli e dei gruppi di opinione che sono andati viva via formandosi. probabile che almeno in 4 mila si siano attivati personalmente per portare al successo il centro sinistra. Questa gente si aspetta molto dal nuovo sindaco perch su tutti i fronti le sue promesse sono state chiare a cominciare proprio da quelle che riguardano gli eletti o le persone chiamate a formare la Giunta partendo dallincompatibilit assoluta dei doppi incarichi, anche se non esplicitamente prevista per legge o per statuto dei singoli organismi o delle singole aziende partecipate. Vogliamo anche parlare dalla famosa partecipazione? Quando comincia? Forse chi si speso in questa campagna elettorale potrebbe anche ritenere che la sua opinione debba avere un qualche peso proprio nelle prime decisioni, quelle che sono limprinting di una Giunta, o almeno essere informato delle decisioni prese e delle ragioni delle decisioni stesse. Mi si dir che sto vagheggiando di democrazia plebiscitaria, parente stretta del populismo. Non cos. Di meccanismi di partecipazione ne abbiamo discusso sino alla noia e qualche idea era pure venuta fuori. La verit che soprattutto nel maggior partito del centro sinistra lipotesi di una vittoria elettorale ha cominciato a prender corpo solo a meno di tre settimane prima della scadenza elettorale. Fino a quel momento tutta lattivit era concentrata da parte degli uscenti a garantirsi il posto non essendo certi di restare in sella in caso di esiti meno trionfali di quelli oggi, per altro oggetto di commento e dinutili analisi di flussi e risultati. Come dice Walter Marossi a conclusione del suo articolo su questo numero di Arcipelagomilano, i numeri delle elezioni il giorno dopo sono banali, tuttavia non servono per delineare una strategia politica perch come nel calcio: ogni partita una partita a s.. Non si comunque voluto capire quale ruolo abbiano giocato i giovani al primo voto, non si capito che la tanto biasimata societ civile si era svegliata, non si capito che per la prima volta nella storia delle elezioni a doppio turno molti di quelli che al primo si erano astenuti sono andati a votare al secondo, non si capito che prepararsi alla vittoria intravvista non significava cominciare a pensare alle poltrone da spartire e alle alleanze divenute improvvisamente probabili ma pensare a come predisporre i meccanismi di partecipazione degli elettori e della cittadinanza avvertita alle prime inevitabili urgenti scelte in merito al ponte di comando e a chi vi dovesse salire. Chi sta dando voce a questi segmenti della societ? Ci auguriamo tutti di essere presto nuovamente richiamati alle urne per delle elezioni politiche delle quali queste amministrative possono essere una anticipazione, soprattutto nel metodo. Oggi non cos, sembra un ritorno al passato e allora il voto torner ad essere un taxi. Per

URNE E VACANZE. LA FESTA DELLA MAMMA Paola Bocci


Ultimi giorni di scuola per molte famiglie milanesi. Ultimi giorni prima degli equilibrismi che dureranno almeno un mese e mezzo per molte famiglie con entrambi i genitori che lavorano senza nonni che possano dare una mano ad occuparsi dei figli. Quelle stesse famiglie che, tra laltro, escono provate da questo triplo turno elettorale, che ha scatenato la ricerca delle soluzioni pi agili per ben tre inizi di settimana a cavallo tra maggio e giugno, con le scuole chiuse perch sedi del voto amministrativo prima e referendario poi. La dissennata pratica dello spalmare in giornate elettorali differenti votazioni che potrebbero essere accorpate, incide non solo sulle finanze pubbliche, ma ancora di pi su chi ha figli in et scolare, che, sempre quando non sono presenti gli amati e indispensabili nonni, deve ricorrere a supplementi di baby sitn.22 III 8 giugno 2011 ter, richieste di permessi, oppure a supplementi di ore tv etc etc Perch nel terzo millennio deve essere ancora la scuola a sopportare tutto lonere dello spazio e del tempo necessario alle operazioni di voto? Perch non si utilizzano altre sedi per il voto (le caserme, ad esempio, ormai sottoutilizzate)? Oppure, se questa strada non ancora praticabile, e non se ne capiscono per i motivi, perch non si fa un serio programma di utilizzo degli spazi scolastici (nel mio quartiere tre scuole interessate a distanza di 50 metri, ognuna per un piano su tre) meno parziale e pi intensivo, che consentirebbe rotazioni nel tempo: una volta si usano le aule di tutta la scuola A, poi della scuola B poi della scuola C? Gli elettori non credo che sarebbero disorientati se linformazione fosse tempestiva e puntuale sul dove si vota e perch si scelgono sedi differenti ogni volta. Torniamo alle lunghe vacanze scolastiche: le possibilit per le famiglie milanesi sono molte, con un ventaglio di offerte pubbliche e private differenziate per interessi e portafogli. Se lofferta pubblica cresciuta nel tempo, lo ha fatto purtroppo seguendo la tendenza della scuola a gestione comunale degli ultimi anni, cio in direzione dellaumento quantitativo di posti disponibili, ottenuto per saturazione delle strutture pubbliche a disposizione o acquistando posti dal privato, e limando al contempo sulla qualit del servizio. Penso alle case vacanza, dove i bambini possono passare settimane lontano da Milano, al mare o in montagna, a costi decisamente contenuti, alcune delle quali sono state dismesse negli ultimi anni o trascurate al punto da richiedere la chiusura per lunghi periodi di ristrutturazione. Questanno le famiglie milanesi ne hanno fatto richiesta per cir2

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ca 6200 bambini. Le altre soluzioni pubbliche sono le sedi scolastiche con giardini abbastanza grandi, i campus settimanali incentrati su attivit sportive o artistiche, organizzati in collaborazione con Enti, federazioni sportive e Musei, e Il punto dolente la tempistica tra iscrizione e assegnazione della domanda, e le liste dattesa soprattutto per le settimane fuori citt. La pubblicazione delle graduatorie definitive prevista per la prima settimana di maggio, e slittata di un paio di settimane, vede ancora un paio di migliaia di posti non assegnati. La programmazione per le famiglie diventa difficile a questo punto dellanno, quando tutti i centri priva-

ti, con differenze di costi notevoli, chiudono a maggio le iscrizioni oppure recitano ad esaurimento posti. Si cercano soluzioni su Radiomamma ad esempio, un sito di informazioni e servizi per una Milano family friendly che ha reso visibile e accessibili le informazioni sulle diverse opportunit, ma i tempi spesso sono tiranni. Di queste questioni non di poco conto: ampliamento dellofferta, tempistica delle graduatorie, e trasparenza delle informazioni, dovr tenere in gran conto chi gestir il settore educazione del Comune di Milano, per poter venire incontro alle famiglie con un servizio di qualit. Come dovrebbe tenere conto

dellaltro momento critico per le famiglie con figli: il limbo che va dal 31 agosto al 13 settembre, giorno del ritorno sui banchi di scuola. Qualche scuola lungimirante si gi attrezzata, e tiene la scuola aperta anche in quei giorni, con laiuto di cooperative che operano sul territorio e a costi contenuti offrono attivit ludico-ricreative per i bambini alinterno della loro stessa scuola. Mi auguro che negli anni a venire non siano eccezioni, ma che il Comune incoraggi, supporti e diffonda il pi possibile queste esperienze, fondamentali negli equilibri delle famiglie milanesi, e di grande supporto ala conciliazione dei tempi delle donne di questa citt.

ELEZIONI MILANESI: DA DOMANI SI REPLICA? Walter Marossi


Il giorno dopo i numeri elettorali sono banali. Fatto inusuale, al secondo turno hanno votato quasi gli stessi elettori che al primo (671.420 contro 673.520, ma con un dimezzamento di schede nulle che al primo turno erano ben 15.838, cio a dire il 2,4%). Ricordo che alle provinciali in citt votarono 160.000 elettori in meno: questo significa non solo che probabilmente una parte significativa degli elettori centristi di Fli e i grillini ritornata ai seggi, ma che sono tornati a votare anche astensionisti incalliti. Pisapia guadagna 50.000 voti, la Moratti 24.000, i milanesi si sono appassionati alla disfida, tuttavia un elettore su tre non vota. La Moratti aveva avuto 33.000 voti pi di Ferrante, Pisapia ne ha 68.000 pi della Moratti, cio ha spostato il doppio di quello che gli serviva per vincere. Considerando che lestrema destra aveva circa 4.000 voti mentre 62.000 erano andati al trio Palmieri Calse Paglierini si conferma quello che era avvenuto al primo turno: una parte di elettori del Pdl ha per la prima volta cambiato fronte, ma in pi si evidenzia che lelettorato centrista al secondo turno ha scelto maggioritariamente Pisapia, come lelettorato grillino. Se i centristi si fossero schierati con la Moratti la partita sarebbe stata pi bilanciata. La sconfitta del centrodestra quindi strutturale, nel senso che perde elettori a favore del centrosinistra e quelli persi a favore del centro non ritornano neanche al ballottaggio, mentre il centrosinistra non subisce danni dalla emorragia astensionista o antagonista o qualunquista che dir si voglia. n.22 III 8 giugno 2011 Ma un dato contendibile, nel senso che senza i centristi saremmo sempre a stabilire il vincitore sulla base di poche migliaia di voti. Le conseguenze sono ovvie: 1) sulla base di questo trend, se putacaso domani Formigoni si dimettesse per concorrere al dopo Berlusconi, anche la regione, visto che lo stesso fenomeno si realizzato anche in altre citt non milanesi, sarebbe contendibile. Senza facili illusioni, per, perch: in partenza il gap in regione tra centrodestra e centrosinistra ben superiore a quello milanese - parlasi di centinaia di migliaia di voti, la legge elettorale a turno unico e Milano citt rappresenta solo il 12% degli votanti (2010). 2) il centrosinistra ha tutto linteresse al consolidamento dellopposizione finian-casiniana che, mentre non condiziona il sinistracentro vincente, a tutti gli effetti penalizza fortemente il centrodestra. 3) il centrosinistra a Milano ha vinto le elezioni, quando le ha vinte, solo quando stato alleato alla sinistra radicale e la sinistra radicale esce dallinsignificanza solo quando alleata ai riformisti. Del resto i matrimoni damore nella storia del Comune sono un'eccezione, non la regola: matrimoni combinati furono anche quelli per Mussi, Caldara, Filippetti, Greppi, Aniasi, Tognoli e Pillitteri. 4) il centrosinistra vince quasi solo quando c il doppio turno e la vocazione maggioritaria del PD (landiam da soli che siamo egemoni) morta e sepolta, quindi la riforma elettorale una priorit. Ovviamente un ragionamento non dimostrabile, ma dubito che sia pi utile il simpatico giochino dellanalisi dei flussi, che altro non che lennesimo sondaggio. Come quelli che hanno generato le non poche amenit della campagna elettorale: Nicola Piepoli, decano dei sondaggisti italiani, non ha dubbi. Secondo quanto pu riportare Affaritaliani.it, i numeri a sua disposizione dicono chiaramente che Letizia Moratti vincer. Pisapia? Non ha chances...() La protesta a Milano difficile che prenda voti"; ovvero Massimo Cacciari "L'unica cosa certa che Pisapia non pu vincere" ovvero Amadori che ad Affaritaliani.it da sondaggista svela gli ultimissimi sondaggi sulle Comunali a Milano "La Moratti vincer al ballottaggio. Decisivo il Terzo Polo" ma precedentemente da politologo aveva spiegato Per me a Milano non vincer un Nichi Vendola ma qualcuno non troppo schierato. A proposito, chiss se senza Affariitaliani avremmo vissuto le elezioni in diretta con la tensione e la continuit di una telecronaca... Ben pi complicato capire perch una parte dellelettorato abbia mollato il Cavaliere in questo momento e quale lezione trarre dal punto di vista delle alleanze future, stante che con lattuale legge per il parlamento il premio di maggioranza si attribuisce con un solo voto di maggioranza relativa. Questo spiega il perch delle diverse tesi sul risultato elettorale che grossolanamente riassumiamo: 1) ha vinto il centrosinistra riformista del PD (vedasi Vimercati Si affermata una pericolosa corrente di pensiero nel commento al voto milanese. Per il centrodestra con Berlusconi in testa ha vinto l'estremista di sinistra, il co3

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munista Pisapia. A sinistra suona come una conferma a questa tesi il discorso di Vendola in piazza Duomo: "abbiamo espugnato Milano...); 2) ha vinto la sinistracentro, quindi inutile corteggiare i centristi che non contano nulla e anzi fanno perdere i voti a sinistra, tesi sostenuta dalla area vendoliana dipietrista e rottamatori vari; 3) stato un voto di protesta, tesi sostenuta dai supporter di Berlusconi, ma anche da chi teme un progetto: generalizziamo Pisapia e che provoca una; 4) reazione contraria (vedasi Escobar. torniamo allipotesi che non abbia vinto il centrosinistra ma abbia perso la destra. Ebbene, chi ha partecipato non solo alla campagna elettorale, ma anche a quella per le primarie, sa che si tratta di un'idiozia); 5) hanno vinto tutti nel centrosinistra perch cambiato il vento e chiunque De Magistris Pisapia o fracazzo da Velletri avrebbe vinto. Ovvero il popolo bue: Churcill vinse la guerra ma gli elettori lo mandarono a casa. Questultima opinione sembra tratta da Le Bon o Tarde (ma anche dallinvidia alla Paolino Paperino verso Gastone) e non di nessuna utilit nellanalisi in quanto rimanda a un fato imperscrutabile. Anche parlare di voto di protesta non capisco che cosa voglia dire: il voto sempre anche contro qualcuno o qualcosa, ma questo non significa che non sia per qualcuno o qualcosa, al massimo la formula al primo turno si vota per al secondo contro pu valere per quelli di Fli. Pi divertente la discussione se ha vinto il PD o Vendola and company, centrosinistra o sinistracentro? Premesso che il 10% dei votanti continua a votare solo il sindaco e non le liste, il che significa che la competizione fortemente giocata sulle persone e che le liste hanno uno scarso appeal. Il PD ha vinto sia sul terreno dei numeri: 171.000 voti con il 28,6% sono 35.000 voti in pi delle regionali e 2,2%, 35.000 voti in pi e 2,5% rispetto alle provinciali, e anche se lontano dai risultati della camera del 2008 (33,7%), ben pi di met di tutto il plafond elettorale della nuova maggioranza - sia sul terreno politico, essendosi il gruppo dirigente scrollato di dosso la defini-

zione di perdente che lo caratterizzava e la sudditanza a qualsiasi perdigiorno che si presentasse come societ civile. Allinterno vincono tutte le correnti, visto che sono eletti tutti quelli che avevano candidato anche con una vaga chances, fuori restando solo i riempilista (che vanno sempre ringraziati) e i malati di candidite (che non vanno mai incoraggiati). Il PD vince con Boeri che quando aveva chiesto 5.000 preferenze era sembrato pazzo (a me per primo), mentre prende pi preferenze di tutti da quando esiste questo sistema elettorale (ovviamente escluso Berlusca); vince con socialisti nella lista che tornano in consiglio comunale dopo decenni. Semmai il PD ha laria di essere troppo sorpreso della vittoria come se pi che di una strategia fosse frutto del caso. La sinistra pi radicale ha vinto sia sul terreno dei numeri - confermandondo quel 10% che in citt ha da tempo immemorabile - ma sopratutto sul terreno politico, visto che checch se ne dica Pisapia pur sempre da l arriva. Nelle sue articolazioni vince Sel che da zero costruisce una lista del 5% senza neppure mettere il nome di Pisapia nel simbolo e perde Di Pietro, quasi a sancire la fine del giustizialismo come argomento importante delle campagne elettorali, mentre i comunisti con il loro 3% sono stabili. Ha vinto anche la Lista Civica degli sconosciuti che soprattutto alle primarie stata determinante nel sostenere Pisapia e che al filovendolismo si pu ricondurre. Ma non tutto si pu ridurre a questa logica PD/Vendola. Infatti vincono anche i radicali che rientrano in Consiglio, vincono gli ottimati a sostegno di Pisapia che sono i garanti per gli elettori transfughi dal Pdl della seriet delloperazione. Pi facile dire chi perde. Perde la lista beautiful people della Milly sulla cui utilit invero niuno sera fatto illusione e che in fondo somigliava cos tanto alla lista civica della cognata. Perdono i terzisti di professione che da anni perseguivano lobbiettivo di staccare la sinistra dalla sinistra estrema, i riformisti dai moderati, i moderati dai conservatori, i conservatori dagli estremisti, il grasso dal magro nel prosciutto

crudo etc. ma proprio quando lelettorato di centrodestra si muove sono o assenti o con sprezzo del senso del ridicolo rincorrono Albertini e qualcuno sta anche di l. Perdono i teorici del si vince al centro, del non si pu urtare lelettorato cattolico, del questa citt non si pu governare con i comunisti (che al governo ci sono stati per decenni) quelli che avevano sostenuto solo un anno fa alle regionali che: Credo che qui convenga a entrambi la corsa separata: a loro (la sinistra radicale ndr) che non sono interessati a governare, ma a organizzare la protesta sociale, e a noi che non vogliamo una coalizione "contro" (Penati, Corriere Sera del 14 1 2010). In fondo in citt con percentuali di ingredienti diverse si ripristinato un equilibrio pre-tangentopoli quando le sinistre egemonizzate dai socialisti governavano con parte dei centristi e dei cattolici; e mi pare che Pisapia ne prenda atto richiamando in servizio un ex segretario regionale della Dc, Tabacci. Quello che questa elezione sancisce la fine di un'anomalia nata con Dalla Chiesa per cui una parte di elettorato tradizionalmente progressista votava con i conservatori. Non a caso il ritorno di parte di questi elettori avviene con il primo candidato di opposizione di cui si pu tranquillamente dire che non centra nulla con il giustizialismo. Che poi Pisapia sia un'eccezione mi pare una sciocchezza, in una citt che ebbe i primi assessori socialisti nella giunta Barinetti (leggasi 1903). In conclusione: 1) se la domanda : lesperienza di Pisapia si pu generalizzare al paese? la risposta s. 2) se la domanda : pu essere vincente? La risposta s ma occorrerebbe che tutti i soggetti si comportassero allo stesso modo (primarie, alleanze, profilo del candidato etc) ivi compresi lavversario (il che quantomeno improbabile), gli astensionisti e che le elezioni fossero a doppio turno. Ergo, certezza non v. Si ritorna quindi al punto di partenza: i numeri delle elezioni il giorno dopo sono banali, tuttavia non servono per delineare una strategia politica perch come nel calcio: ogni partita una partita a s.

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AUTOSTRADE: UOVA DORO E GALLINE SPENNATE BIPARTISAN Marco Ponti


Le strade lombarde, per ragioni oscure, sono di due tipi: molte sono in ottimo stato e a pagamento, e moltissime altre, che servono ancora pi traffico e sono persino pi congestionate, sono in cattivo stato, con pochi investimenti e gratuite. Ma funzionalmente questa distinzione non ha alcun senso: deriva solo dalla scelta di rilasciare concessioni per strade a pedaggio, cio di fatto di tassare il servizio stradale su alcune direttrici, e su altre no. Ma le strade devono essere tassate? In linea di massima, no. Non lo sono negli Stati Uniti, in Germania e in Inghilterra. Le autostrade a pedaggio dominano in Francia e Spagna. Le strade ferrate poi non sono tassate in nessun paese (qui si parla di tasse per recuperare i costi di costruzione, i costi di esercizio e manutenzione sono relativamente bassi, per le infrastrutture di questo tipo). E la teoria economica suggerisce proprio che per le infrastrutture gli utenti dovrebbero pagare al massimo i costi di manutenzione. Se per lo stato senza soldi, pu legittimamente decidere di far pagare ad alcuni utenti anche parte dei costi di investimento (e solo fino allammortamento dellinvestimento stesso, poi il pedaggio dovrebbe ridursi comunque moltissimo). Di fatto, si tratta di un aumento delle tasse, e non dovrebbe essere arbitrario come ora. Il problema che per le autostrade italiane i pedaggi recuperano molto di pi dei costi di investimento e di esercizio: sono galline dalle uova doro per tacito consenso bipartisan dei politici, padroni di molte concessioni, e ovviamente dei concessionari privati. Tanto gli automobilisti pagano qualunque cosa e vengono sistematicamente disinformati. Siamo nel migliore dei mondi possibili. Il meccanismo perverso, ma semplice: al concessionario, pubblico o privato, viene riconosciuto in tariffa, oltre tutti i costi che affronta, anche la remunerazione del capitale. Ma non solo di quello investito inizialmente (che sarebbe gi cosa discutibile se fosse capitale di rischio), ma quello che si forma nel tempo con i profitti. E una spirale senza fine, che ha visto molti concessionari decuplicare profitti e capitale. I privati ovviamente tendono a massimizzare i profitti. E il comportamento della politica che scandaloso: lascia spennare gli utenti perch si spartisce con i privati il ricco bottino. Da qui le guerre politicoaffaristiche per la Serravalle e le tangenziali. E la corruzione trova fertile terreno quando si maneggiano fiumi di denaro sottratti a ogni controllo in difesa degli utenti. Non c nessuna autorit indipendente che li tuteli, nonostante la sua istituzione sia richiesta a gran voce da molti anni. Per inciso, questa infinita disponibilit a pagare degli utenti della strada, confrontata a quella degli utenti della ferrovia, che quasi nulla, dovrebbe far riflettere sullutilit economica dei due modi di trasporto (per lambiente ci pensano le alte tasse sulla benzina, come prescrive la Commissione Europea). Se per esempio gli utenti dellAlta Velocit, certo non proletari, dovessero pagare linfrastruttura come gli utenti autostradali, le loro tariffe triplicherebbero. Ma lorrore non finisce qui: anche nel contesto che abbiamo descritto, la trasparenza potrebbe aumentare e gli utenti potrebbero trovare qualche difesa: infatti la legge prevede che le concessioni in scadenza siano messe in gara (le concessioni poi sono assurdamente lunghe, come ha invano richiamato lAntitrust). Ma la legge viene continuamente aggirata, e si arrivati al punto che la cosa stata persino resa esplicita: un presidente di unautostrada pubblica ha dichiarato alla stampa (all Alto Adige) LEuropa ci obbliga ad andare in gara, ma basta truccare un po il bando.. Nessuno ha battuto ciglio, tanto la prassi considerata normale. Che fare per unamministrazione locale che voglia cambiare questo inammissibile scenario (in attesa di una autorit indipendente di tutela degli utenti)? Trasparenza sui conti, innanzitutto. Dichiarare i profitti da monopolio agli utenti, tramite una certificazione terza, fatta per esempio dallAntitrust. Poi decidere se rinunciarvi abbassando le tariffe (come sarebbe giusto), o dichiarare come si intende utilizzarli (per quali scopi sociali). Infine, stabilire un organo di controllo fatto dai rappresentanti degli utenti stradali che verifichi come vengono spesi i loro soldi, e ne dia conto pubblicamente.

NUCLEARE SI O NO? COMMENTO DI UN ELETTORE NON ESPERTO Guido Martinotti


La trasmissione del 2 giugno di Annozero merita di essere commentata perch i pro-nuclearisti avevano messo in campo alcuni dei loro pi potenti pezzi da campagna: linformatissimo professor Battaglia, la Signora Santanch (con-quellabocca-puoi-dire-quello-che-vuoi e, modestamente, lo disse) abilissima nel passare dalla ammuina alle moine (scelte le seconde, per loccasione) e una figura pubblicamente nota e accattivante come Chicco Testa. Non sono un esperto della materia, ma semplicemente un cittadino, moderatamente bene informato (per quanto possibile esserlo nel guazzabuglio di informazioni che ci propinano i media italiani) e scrivo perci da questo punto di vista, concentrandomi sulle contraddizioni evidenti di alcune argomentazioni. Primo: solo verso la fine della trasmissione il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, ha fatto notare che il referendum non elimina la ricerca o luso del nucleare per sempre, ma solo per la durata delleffetto del referendum, cinque anni. Mi sarei aspettato che questo particolare cruciale fosse stato fatto rilevare subito, dal conduttore o da qualcun altro: si sarebbe cos evitato che, barando, i tre filo-nuclearisti, per tutta la trasmissione giocassero la carta dell apocalisse della conoscenza, dell industria e delleconomia, nel caso in cui le norme varate dal governo fossero abrogate. Cinque anni, di cui uno comunque andrebbe perso nella moratoria proposta dal governo. Interessante poi che nel frattempo il Berlusconi dica che il referendum serve a nulla. Beh, mettetevi daccordo, apocalisse o solletico? Preghiamo i nuclearisti di non bara-

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re: la Signora Santanch non ha imparato nulla dalleffetto sul voto per la Moratti di tutte le balle raccontate dalla destra a Milano? Secondo: la contrapposizione tra la posizione razionale dei nuclearisti e quella emotiva degli antinuclearisti, un vecchio trucco e, pour tout dire una sola che una persona intelligente come Chicco Testa non dovrebbe sottoscrivere. E un vecchio trucco perch da sempre i padroni hanno sostenuto che la produzione razionale. Ma inquina Ecchissenefrega stata la risposta standard per decenni e secoli. La diga pericolosa? Non fare lirrazionale! Le ciminiere produco CO2? Non fare lirrazionale! La miniera pericolosa. Non fare lirrazionale. Ovviamente razionale o meno dipende da chi definisce la razionalit, e questa non una semplice chicane teorica. Le cose stanno proprio cos. Certo, in terzo luogo, io non voglio decidere su una questione cos importante come lapprovvigionamento energetico sulla base di paure generiche nei confronti dellatomo, non meno di quanto, nonostante gli sforzi di Santanch, Formigoni, Salvini e compagnia di giro, non voglia decidere sulla moschea a Milano per la paura dei terroristi. Ma chi fomenta la paura? Alla fine del film di Pollack, I tre giorni del Condor (1975) il capo della CIA (Higgins, Cliff Robertson) rampogna il giovane analista (Turner, Robert Redford) che ha appena consegnato un rapporto al New York Times in cui si denunciano le malefatte della CIA (incluso lassassinio di tutta lunit in cui lavorava) e lo sbeffeggia dicendo, ma tu cosa credi, lo sai cosa faranno questi bravi cittadini quando avranno freddo perch non ci sar pi petrolio per scaldarli (quando qualcuno non sar l a provvedere il combustibile per il famoso picco delle 7 di sera)? Perci io ho il diritto di uccidere i tuoi compagni di farti inseguire dal killer Joubert (Max von Sydow) e anche di ammazzarti, se ti avessi preso. Non paura questa? La stessa che per anni stata agitata dai tycoon di tutto il mondo: se non si produce non si mangia, quindi io ho il diritto di inquinare fin che voglio. Ma forse sul famoso picco possiamo ragionare, io faccio sempre il seguente esperimento con i miei studenti: mostro una foto satellitare dellEuropa, o del mondo, di notte, un fantastico incendio di luci, poi en passant chiedo, chi si fosse accorto del blackout nella illuminazione pubblica della notte passata. Nessuno, ovviamente; lilluminan.22 III 8 giugno 2011

zione delle citt di notte, che fa parte del famoso picco, serve soprattutto agli abitanti della Luna che se ne beano, e alle nostre paure per le citt buie, come lo sono state per millenni, e anche durante la seconda guerra mondiale. Di recente sono stato a Port Sudan, e girando la sera per una citt in penombra, con qualche fioco neon colorato per segnalare ristoranti o altri luoghi pubblici, ho provato una ondata di nostalgia perch da piccolo sono cresciuto in un paese (come lo era quasi tutto il resto dellEuropa, almeno) in cui la sera era buio. Oggi noi teniamo accese le citt per un fatto emotivo, la paura del buio, e non razionale. Per a questi ragionatori qualche domanda la si potr pur fare. Siamo sicuri che i costi totali (inclusi quelli per la sicurezza del contesto e quelli per gi incidenti) rendano il costo per KWH prodotto con le centrali nucleari cos inferiore a quello di altri modi di produzione? Ma se cos fosse come mai i privati non ne vogliono sapere di indebitarsi per la collettivit se non vi sar una certezza della redditivit del capitale a cominciare dall'oggi: nessuno ci dice dove prenderemmo i soldi per costruirle. Nel frattempo dovremmo gi sborsare 40 miliardi per il pareggio di bilancio... La questione dello stoccaggio dei sottoprodotti della fissione viene passata come un dettaglio trascurabile, ma la soluzione non stata trovata da nessuno, USA compresi. Anche l'uranio e gli altri elementi radioattivi non sono abbondanti sul nostro pianeta e hanno le stesse caratteristiche dei combustibili fossili sul piano strategico a medio lungo termine. Infine vi la questione delle fonti alternative che nella fase d'avvio devono essere sostenute da finanziamenti pubblici che verrebbero a mancare nel caso di scelta nucleare. Insomma queste ragionevoli osservazioni (che traggo da commenti dellamico Sergio Tremolada) fanno anche loro parte dellemotivit? Da parte dei nuclearisti non ho sentito molte argomentazioni razionali in proposito. Da ultimo: e se anche fosse? Cio se fosse vero che il nucleare, per il mondo, la migliore delle alternative, perch dovremmo assumercene i rischi anche noi in Italia? I pronucleari hanno escogitato una variante dello spauracchio: la rassegnazione. Tanto anche se non le costruiamo noi le centrali ci sono in Francia, Svizzera, Slovenia (che se ho capito bene dellEnel o quasi) cos se esplodono, siamo investiti

anche noi: che fai dai fuoco al pagliaio? Tanto sta gi bruciando quello del vicino. Se questo un ragionamento razionale mi domando di che ragione stiamo parlando, tanto mi sembra illogico e tendenzioso un argomento di tal fatta. Per cominciare se ci fosse un incidente a Muhlenberg o Krsko i costi per i pompieri li pagherebbero la Svizzera o la Slovenia: e poi per nostra fortuna le centrali esistenti sono tutte collocate al di l delle Alpi. Se per avventura lEnola Gay avesse sganciato per sbaglio Little Boy su Ginevra invece che Hiroshima, sarebbe stata una catastrofe, ma non c ragionamento al mondo che possa sostenere che per noi, che andiamo a votare a un referendum in Italia, non farebbe differenza alcuna se invece che su Ginevra Little Boy, per errore, fosse caduta su Vercelli. Non emotivamente, ma razionalmente al limite del cinismo, non si potrebbe invece dire che, poich lItalia per una ragione qualsivoglia non ha avviato a suo tempo il nucleare, oggi pu continuare a comperare lenergia altrove? Dopotutto se io non ho la casa in propriet ho sempre la possibilit di affittarne una: certo laffitto costa, ma costruire la casa anche, e per chi questi soldi non li ha, fare un grosso debito pu non essere la soluzione pi razionale. Tant vero che il ministro Tremonti e il Premier Berlusconi che di tutto possono essere accusati, meno che non di essere razionali in fatto di danaro, hanno venduto molte propriet pubbliche, facendo poi prendere in locazione le stesse propriet dagli enti che avevano alienato gli immobili. E vero che chi si comperato la casa anni fa ha, in genere, fatto un migliore affare che se avesse investito la stessa somma in borsa, ma questo riguarda la razionalit individuale: siamo sicuri, ma proprio sicuri sicuri che dal punto di vista del cosiddetto sistema paese lelevato tasso di propriet sia stato un bene? Comunque visto che lItalia il nucleare non ce lha, siamo sicuri che il costo di farlo in ritardo, acquistando tecnologie altrui, sia inferiore, razionalmente al costo di acquistare lenergia prodotta altrove? Ah, dice, ma cos dipendiamo dagli altri. Gi, ma per petrolio o per il gas non cos? E poi quanto nucleare potremmo fare, e in quanto tempo? Sentiamo dire che le energie rinnovabili non raggiungono il 10% del fabbisogno, ma il nucleare? In passato abbiamo raggiunto il 2/3% del 6

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fabbisogno di allora, anche se raddoppiassimo le centrali dismesse non arriveremmo al 5/6% massimo in due decenni. E davvero una proposta cos attraente? E, dulcis in fundo, o meglio in cauda venenum, dove si farebbero queste centrali? Lunica area sismo logicamente stabile nel paese la Pianura Padana, siamo sicuri che quelle regioni darebbero lassenso? Perch altrimenti tutta aria fritta, come avrebbe detto Ernesto Rossi. Il vero enjeu di quello che viene chiamato il dibattito sul nucleare la profonda sfiducia che gli italiani hanno per i potenti che svolgono attivit pericolose per il pubblico, cio per tutti noi. Le burocrazie capi-

taliste (private o di stato non fa alcuna differenza, vedi il comportamento al limite del crimine della TEPCO, Tokyo Electric Power Co.) hanno a cuore il proprio interesse molto di pi che non linteresse pubblico. Questo il vero problema da affrontare. Dopo anni di responsabilit sociale delle imprese di bilanci sociali (gi dove sono finiti?) e cos via, la Confindustria applaude gli omicidi della Thyssen. Possiamo razionalmente fidarci di questa imprenditoria? Le leggi italiane ci difendono a sufficienza contro le cricche che controllano tutti i grandi appalti, oppure contro lo sfruttamento fraudolento e generalizzato rivelato dalla vicenda Aiazzone? E una ri-

chiesta troppo socialista o troppo emotiva che si affronti questo problema seriamente, prima di stabilire se latomo fa bene o male o se le perforazioni delle montagne o delle citt sono senza pericolo o meno? Io credo che questa sia la vera questione di fondo, e che, se non risolviamo questa questione in modi decentemente accettabili da tutti, avremo sempre paura. Ma sar una paura legittima e razionale, e pienamente giustificata, soprattutto dopo avere ascoltato il tipo di argomenti che i difensori del nucleare hanno portato nella trasmissione di Annozero.

POLTRONE DONNE E COMPETENZA DOPO IL VOTO Giulia Mattace Raso


Non si capisce bene come la competenza debba essere un attributo squisitamente femminile. Eppure siamo certi che cos come i cretini anche i competenti siano distribuiti equamente in entrambi i sessi. Ma quando, con un po di fastidio, si costretti a cedere il posto sulla poltrona del potere in nome delle pari opportunit, non si scappa: purch sia competente!. E luomo, invece, no? Veramente li vorremmo competenti entrambi Di fatto nellarchitettura del potere la donna spariglia e per il semplice fatto di essere donna cambia le carte in tavola. A volerla cogliere, una reale chance di cambiamento per tutti. Le donne di Milano come recitava lappello promosso da Sinistra per Pisapia - prendono coscienza del ruolo e responsabilit che si sono assunte candidandosi in numero cos massiccio, come mai non era successo nella storia italiana, in tutte le otto liste per il Comune di Milano e per i Consigli di Zona della coalizione (). Le candidate si impegnano a lavorare e a collaborare tra loro in modo unitario, solidale ed efficiente, apportando ciascuna le proprie competenze, esperienze, entusiasmo e voglia di cambiamento (). Al dunque: il voto. La legge elettorale con la preferenza unica non lascia scampo: la guerra del tutti contro tutti. I risultati non sono direttamente proporzionali al numero delle candidature, ma significativi: in consiglio comunale vengono elet(1) te nella maggioranza 10 donne su 29: 5 per il Pd (su venti eletti); 2 per Sel (su due); 2 con Milano Civin.22 III 8 giugno 2011 ca per Pisapia (su due); 1 (su due) Sinistra per Pisapia. Allopposizione una per Milano al Centro (Moioli unica eletta) e la candidata sindaco uscente. Percentualmente il 34,5% della maggioranza, e sul totale il 25% del consiglio comunale donna, allo stato di fatto. Nella scorsa legislatura erano 7 su 60 (11,6 %). Da notare il Terzo Polo che non elegge consiglieri ma vede due donne (Giudice e Cib) ai vertici delle preferenze. Ma la piacevole sorpresa il grande balzo della presenza femminile nei consigli di zona. Su un totale di 359 consiglieri di zona, 92 sono donne (71 per il centro sinistra e 21 per lopposizione), il 25,6%: il Pd ne elegge la met, 46 (su 137 eletti Pd) da solo, unico partito in tutte le zone. Considerando i dati complessivi del 2006 le donne erano 63 su 359 (35 per il centro sinistra e 28 per il centro destra), ovvero il 17,5% Notevole la crescita nelle singole zone, sommando centro-sinistra e centro-destra, nel confronto 2006(2) 2011 : la zona 3 passa da 8 a 16 consigliere, la zona 5 da 4 a 12, la zona 6 da 5 a 10, la zona 9 da 4 a 8, ed sempre il Pd a tirare la volata. Maglia nera alla zona 8 che elegge solo 3 donne su tutto il consiglio. In controtendenza la zona 1 che vede scendere la presenza femminile in termini assoluti, con lexploit della Lega che elegge 3 donne (su 3). Nel complesso i Radicali si distinguono per la forte presenza femminile fra gli eletti (5 su 7 su tutte le zone), mentre il PDL il partito che elegge percentualmente meno donne tra le sue fila (solo 7 su 40, pari al 17,5%) e nessuna in consiglio comunale. Alcune considerazioni: a fronte dei risultati nelle zone stride il fatto che solo 2 dei candidati presidenti delle zone fossero donne. Si persa una occasione? Si discute oggi di vicesindaco donna, ma questa forse era una battaglia altrettanto simbolica, e in mano ai partiti. Cos come sar significativo vedere come saranno ripartite rispetto al genere le presidenze delle commissioni e i capigruppo (in zona e in comune). Si discute cio della reale forza di potere delle donne allinterno dei partiti, e della loro capacit di entrare nelle trattative. Le donne hanno scelto di candidarsi come squadra: non ci sono state cordate, uno dei rari endorsement palesi stato quello di Antonio Panzeri per Carmela Rozza, entrambi sindacalisti (ed la candidata che ha ottenuto pi preferenze): le associazioni, lo stesso movimento scaturito dalla manifestazione di se non ora quando, non hanno canalizzato le preferenze. In una battaglia pi serrata, la riduzione da 60 a 48 consiglieri, nel partito maggiore le donne hanno patito di pi: in ordine di preferenza ben quindici sono in fondo alla lista, diversamente dal 2006. C una responsabilit evidente nel comporre le liste, quando e a chi ci si rivolge, cos come anche nelle modalit di sostegno alle candidature, visto che la rappresentanza si costruisce con la preferenza. Si valorizzi ancora la cifra dellunit e si faccia seguito allimpegno pre7

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so: lopportunit di costruire un coordinamento delle elette (comune e zone) tra le forze di maggioranza che funzioni davvero, loccasione per condurre politiche di governo, con una azione fattiva concertata e puntuale sulle tematiche al femminile. Ma necessario allargare il tavolo alle diverse anime della citt, perch c una domanda di rappresentanza che va al di l dei risultati e(1) PD Carmela Rozza, Marilisa DAmico, Paola Bocci, Maria Grazia Guida, Anna De Censi SEL Ines P. Quartieri, Daniela Benelli MILANO CIVICA X PISAPIA Anna Scavuzzo, Elisabetta Strada SINISTRA PER PISAPIA Anita Sonego

lettorali: creare un luogo istituzionale che raccolga le voci delle diverse associazioni presenti in citt che guardano alle problematiche del territorio con "occhi di donna", punto di raccordo con le elette per dare voce alla presenza, alla soggettivit, alla competenza, e all'autorevolezza delle donne. A Bergamo questo luogo c gi, dal 1996: si chiama Consiglio delle donne con funzioni propositive e consultive (2)

sulla organizzazione sociale e politica della citt. Sta alle donne di Milano costruirne uno tutto per s.

* per semplificazione nel cd (centrodestra) si considerano comprese le elette del Movimento 5 stelle e del Nuovo Polo

zona 1 zona 2 zona 3 zona 4 zona 5 zona 6 zona 7 zona 8 zona 9

tot 13 7 8 8 4 5 10 4 4 63

2006 cs 8 1 6 4 2 2 6 2 4 35

cd 5 6 2 4 2 3 4 2 0 28

tot 10 11 14 13 12 10 11 3 8 92

2011 cs 5 8 11 9 10 9 9 2 8 71

cd* 5 3 3 4 2 1 2 1 0 21

REFERENDUM CITTADINI. ANCORA UNA OCCASIONE Marco Cappato*


C' una caratteristica comune tra la campagna elettorale di Pisapia e quella per i 5 referendum per l'ambiente a Milano: la concretezza degli obiettivi, lontani da ideologie. La trasformazione ecologica della citt, del modo di spostarsi e di abitare, la sfida dalla quale dipende la qualit della vita dei cittadini milanesi. Una sfida il cui esito non affidato a scontri tra fazioni partitiche, ma alla concreta volont e capacit di perseguire l'interesse generale invece degli interessi di pochi. I 5 referendum comunali, in votazione il 12-13 giugno in concomitanza con i referendum nazionali, rappresentano la grande occasione per realizzare una Citt eco-sostenibile attraverso 5 proposte concrete, avanzate da un Comitato trasversale insieme a 24.000 cittadini firmatari: estendere e cambiare Ecopass per poter investire sulla mobilit sostenibile e il trasporto pubblico; raddoppiare gli alberi e aumentare il verde; garantire la conservazione del Parco Expo dopo il 2015; scegliere il risparmio energetico e le fonti rinnovabili; riaprire i Navigli sen.22 III 8 giugno 2011 polti. Nell'insieme, i cittadini potranno far entrare Milano nella rete mondiale della citt che investono sul proprio futuro invece di consumarlo. Pisapia ha messo al centro del programma i beni comuni. Insieme alla legalit, al mercato e alla cultura, l'ambiente un bene comune per eccellenza. Ma chi ritenesse a questo punto superfluo coinvolgere di nuovo i milanesi a pochi giorni da voto amministrativo mostrerebbe di non avere compreso la natura di quella campagna arancione, fondata proprio sul coinvolgimento popolare come metodo. Quella stessa energia rinnovabile della partecipazione oggi indispensabile anche a Pisapia per superare resistenze che non potranno non manifestarsi sul piano delle politiche cittadine. Nel Paese dell'arbitrariet pluridecennale del potere e della disinformazione, la politica ostaggio di corporazioni e clientele costitutivamente incapaci di farsi carico dell'interesse generale, per non parlare della presa crescente della criminalit organizzata anche nel Nord Italia, e in particolare degli appetiti su Expo e sul Piano di governo del territorio. In questo contesto, Pisapia ha dalla sua parte un patrimonio iniziale di speranza e di novit, accumulato anche grazie alla libert dimostrata nei confronti delle burocrazia partitiche. Se a ci si aggiunger una indicazione cittadina a favore della priorit ecologica, con la scelta antidemagogica e anti-populista di farsi carico dei costi e degli investimenti necessari per realizzarlo, la spinta di rinnovamento venuta dal voto amministrativo ne uscir ulteriormente rafforzata. Personalmente ritengo che ci non sia solo nell'interesse di uno schieramento, visto che le politiche ambientaliste sono salite in cima all'agenda di tantissime amministrazioni europee di centrodestra. Anche l'amministrazione Moratti con l'Assessore Croci aveva caratterizzato la prima fase da una valorizzazione di progetti innovativi sul piano ambientale, con il varo di Ecopass, delle bici pubbliche e delle auto pubbliche. Sono state poi le resistenze dei 8

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partiti a impedire l'evoluzione di quei progetti, in assenza di quel coinvolgimento dell'opinione pubblica che abbiamo dovuto poi realizzare noi dando vita al Comitato referendario Milanosmuove, con lo stesso Croci insieme a Fedrighini, Montalbetti, Pagliarini e tantissimi altri, inclusi i

leader delle principali associazioni ambientaliste milanesi. Se il quorum del 30% dei votanti sar superato e se prevarranno i s, le istituzioni milanesi saranno aiutate a occuparsi del lungo periodo, lanciando un segnale ai tanti imprenditori capaci di investire sull'innovazione ambientale. Il vento che

sta cambiando potr ancora meglio portare aria (e politica) pi pulita.

*Segretario del Comitato Milanosmuove

PARTECIPAZIONE NON SOLO SPOIL SYSTEM Pier Vito Antoniazzi


Nellenfasi del vento che cambia si data giusta rilevanza al tema partecipazione. Si sottolineato il ruolo delle donne, dei giovani, del popolo del web, dei comitati, delle liste civiche Si fatta anche unapologia del metodo dellascolto, come il segreto del successo di Pisapia. E subito si aperto un dibattito sui criteri che il nuovo sindaco debba adottare nelle scelte per il ponte di comando della giunta e delle aziende a partecipazione comunale. Certo la competenza e la credibilit. Ma poi deve sentire i partiti oppure scegliere dalla societ civile? Mi pare una falsa contrapposizione. Nessuno (n lassociazionismo n i partiti) pu garantire che le persone scelte opereranno sempre efficacemente e per il bene comune. Pu essere di auspicio il loro curriculum ma poi il vero controllo viene dallopinione pubblica e dalle scelte istituzionali e dindirizzo. Questa forse una caratteristica della sinistra rispetto alla destra italiana: non c un uomo solo al comando c sempre una massa critica (a volte sin eccessiva!) che accompagna loperato dei leader. In questo senso hanno assunto un ruolo speciale persino i comici (forse perch osano, a differenza dei politici) e in particolare oggi mi pare centrale Crozza (che ha gi battezzato Veltroni e Bersani e si avvia a seguire da vicino Pisapia). Mi pare francamente che la sfida ambrosiana del centro-sinistra e della partecipazione sia ben pi ampia del sostituire e occupare con nuovo personale i posti di governo. Se la governance rimane egualmente dirigista e gli indirizzi condizionati solo dalla rendita economicafinanziaria non si aprir nessuna nuova fase partecipativa. Daltra parte, scorrendo il programma del candidato Sindaco alcuni nodi sono individuati nei loro termini generali e chiedono oggi di essere sviluppati in modo coerente, soprattutto precisando le modalit concrete attraverso cui la partecipazione della societ civile riesce ad accompagnare lazione dellamministrazione, cos da divenire prassi consolidata e abitudine del governare. Mi limito solo a indicare, in ordine sparso, una prima scaletta dei temi/sfide su cui potrebbe giocarsi una rivoluzione gentile milanese (ripromettendomi di seguirli e svilupparli anche da arcipelago uno per uno nei prossimi mesi). 1) Nelle aziende di servizi municipali va introdotta una doppia governance, ovvero non deve avere voce solo la propriet (comune e azionisti) ma anche gli utenti clienti che, anche aldil delle pur lodevoli associazioni dei consumatori, devono poter avere un organo di controllo; 2) Sullurbanistica la partecipazione devessere istituzionale e preventiva sui grandi progetti (anche qui non ci devono essere solo gli interessi delle propriet ma anche quelli dei cittadini); 3) Sul welfare occorre concertazione e sussidiariet. Nella welfare Community pubblico e privato cooperano sia nella definizione degli obiettivi sia nella loro realizzazione. Al Comune poi certo tocca il compito di fissare regole e procedure di controllo, al tempo stesso favorendo le risposte dal basso del privato sociale, del no-profit, dellautogestione; 4) Sul decentramento occorre una scelta chiara. Gestione pi vicina al territorio con deleghe e poteri decentrati. Ascolto e partecipazione permanente che favorisca la sicurezza, lintegrazione, leducazione civica (a partire dai pi piccoli e dalle scuole). Consigli di Zona che non siano cinghie di trasmissione della volont politica comunale, ma luoghi dove si formano responsabilmente autonomie politiche e sociali. Sono solo quattro titoli ma ci sarebbe materia sufficiente a introdurre veri cambiamenti nella politica italiana e a fare di Milano quel Laboratorio anticipatore di cui si torna a parlare. E questo francamente il sogno per cui la Fabbrichetta e Arcipelagomilano si battono da tempo. Molto meno ci interessa il valzer delle poltrone.

PISAPIA SINDACO: E ADESSO QUALE EXPO? Emilio Battisti


Il fatto che Letizia Moratti, nel prendere atto della sua sconfitta, abbia dichiarato di voler porre in campo il capitale di fiducia che ritiene di aver raccolto negli anni scorsi per metterlo, bont sua, a disposizione di Milano e del Paese, ci autorizza a dubitare che abbia intenzione di dimettersi da commissario straordinario nominato da Berlusconi per Expo n.22 III 8 giugno 2011 2015. Anche se Roberto Formigoni, proprio il giorno dopo le elezioni comunali, ha formalizzato la costituzione della Arexpo Spa, la societ a capitale pubblico prevalente che ha il compito di acquistare i terreni di Cabassi e della Fiera e di gestirne la valorizzazione, non sembra che la vittoria di Giuliano Pisapia possa portare ipso facto a superare la situazione di inefficienza, causa dei grandi ritardi, e che la manifestazione del 2015 possa finalmente diventare quella grande opportunit per la citt, per la Lombardia e per il Paese che anche il nuovo sindaco auspica. E sebbene il presidente della regione si sia pubblicamente augurato di poter collaborare al meglio con Pi9

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sapia, e Stefano Boeri abbia prontamente dato la disponibilit della nuova amministrazione, la situazione si presenta certamente molto complicata. Letizia Moratti, forte del suo ruolo di commissario straordinario, non eviter certamente di fare di tutto per condizionare, con i suoi poteri straordinari, i rapporti che si instaureranno tra Formigoni e Pisapia, e la situazione resa ancora pi cruciale dallurgenza con cui devono essere prese decisioni determinanti per portare al BIE, il prossimo 14 giugno, gli atti che dimostrino lavvenuta acquisizione delle aree per poter cominciare a realizzare concretamente le opere necessarie. Figuratevi che per questa prossima scadenza cera il pericolo che fosse ancora solo la Moratti a rappresentare Milano, perch Pisapia, che avr pieni poteri solo dal 20 giugno, data nella quale Consiglio e Giunta saranno finalmente insediati, pareva non avesse la possibilit di parteciparvi. Intanto il tempo a disposizione si ridotto a meno di quattro anni, e gi da parecchi mesi gli agronomi responsabili dellorto planetario hanno avvertito che non sar pi possibile mettere a dimora e far crescere adeguatamente le essenze arboree per ricreare i differenti biotipi del pianeta nelle grandi serre. I finanziamenti per realizzare il sito dellExpo, che nel dossier di candidatura erano di tre miliardi e mezzo, realisticamente ridimensionati a un miliardo e ottocento milioni in occasione della presentazione del masterplan della Consulta Architettonica, si sono ulteriormente ridotti a un miliardo e settecento milioni di euro e due giorni fa Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo 2015 Spa, succeduto ormai da quasi un anno a Lucio Stanca, intervistato da Report ha dichiarato che non si disporr di pi di un miliardo e mezzo di euro. Inoltre Guido Podest sta cercando di ridurre ulteriormente la gi esigua quota di partecipazione della Provincia di Milano, se non di rinunciare del tutto a farne parte. A meno che possa andare in porto lipotesi di baratto, approvato a larga maggioranza, in cui si prefigura lingresso della Provincia in Arexpo in cambio della cessione alla Regione delle sue quote della SEA. Infine, sempre Giuseppe Sala ha recentemente dichiarato che gli orti non si riesce proprio a venderli ai paesi partecipanti e che quindi bisogna rinunciare allorto planetario e dedicarsi alle tecnologie, e ci temo che possa n.22 III 8 giugno 2011

significare, con buona pace di Carlin Petrini, dare soprattutto spazio alle multinazionali del cibo e alle colture transgeniche Del resto, nella presentazione che lo stesso Sala aveva fatto in occasione dellultima manifestazione organizzata al Teatro Dal Verme per tentare di tirare la volata a Letizia Moratti, lo scenario dei padiglioni al posto degli orti si era gi presentato in tutta evidenza, e non si era fatto pi alcun cenno a quei progetti - la via dacqua con le cascine e la via di terra con il percorso della conoscenza - che avrebbero potuto coinvolgere, anche se marginalmente, la citt e il territorio. C da domandarsi quale convenienza abbia Pisapia e la nuova amministrazione comunale a farsi coinvolgere e rendersi responsabile e complice della gestione di una situazione tanto compromessa. Laspirazione, del tutto comprensibile, di Stefano Boeri a rilanciare il suo progetto di Expo per cercare di evitare che si trasformi in un supermercato dei cibi e dei prodotti locali sembra una battaglia veramente ardua, sia perch non c pi tempo per ricalibrare il programma, sia perch gli impegni nel frattempo assunti nei confronti dei paesi che hanno gi aderito non potranno essere ridefiniti. Tuttavia, il suo rinnovato impegno potr forse evitare che la manifestazione degeneri in una kermesse gastronomica senza alcun contenuto riferito al tema che resta comunque di grande interesse. Considerando le poche risorse a disposizione e le inevitabili dispute tra le varie componenti politiche e non (Regione, Provincia, BIE, Governo, Fiera, Tremonti, Moratti, Cabassi, Expo 2015 Spa, Arexpo Spa), il modo per salvare la manifestazione non sembra poter dipendere da quel poco che si potr fare per qualificare lExpo ufficiale che verr realizzata nel sito in prossimit della Fiera di Rho-Pero. Lunica questione sulla quale il Comune di Milano pu avere una reale competenza semmai quello delle aree che la Arexpo Spa ha il compito di acquisire e gestire fino alla loro discussa valorizzazione dopo la manifestazione, sia perch anche il Comune fa parte della citata societ, sia perch tali aree appartengono, seppure in modesta parte, al territorio comunale sul quale in grado di esercitare tutte le prerogative urbanistiche e amministrative. Ma anche su questo terreno Pisapia non avr vita facile. Basta riflettere su quali complicit hanno reso pos-

sibile alla Moratti di approvare in extremis il progetto di Cascina Merlata un attimo prima dello scadere del suo mandato, con la motivazione che tale intervento rappresenterebbe, anche se ci non per niente vero, la porta dingresso allExpo, ed oltretutto accertato che non potr essere ultimato per la sua inaugurazione. Rispetto al ginepraio descritto, vale allora la pena di considerare bene su cosa impegnarsi. A mio parere si potranno ottenere risultati ben pi consistenti e significativi realizzando, in analogia a quanto avviene ogni anno con il Fuori Salone in occasione del Salone del Mobile, una grande Fuori Expo diffusa e sostenibile cui Giuliano Pisapia ha fatto esplicito riferimento sia durante le primarie, sia nella successiva vittoriosa campagna elettorale. Naturalmente bisogna tener presente che mentre il Fuori Salone dura sei giorni e al termine di ogni edizione tutto pu essere facilmente smontato e tornare come prima, lExpo dovr durare sei mesi e richieder ben altre risorse e impegno organizzativo e sar soprattutto necessario che ogni intervento programmato abbia il suo business plan, sia autosufficiente e dotato di fattibilit economica, oltre che sostenibile in termini energetici, ambientali e sociali. Solo cos leredit che sar lasciata ai territori dopo lExpo non sar negativa e pesante come si verificato nei casi di Hannover e Siviglia, citt che non sono riuscite a recuperare le aree che hanno ospitato la manifestazione ancora oggi occupate da padiglioni abbandonati e in rovina. Per portare avanti il Fuori Expo come iniziativa indipendente e libera non serve il placet dellExpo ufficiale. E sicuramente meglio seguire lesempio del Fuori Salone che riuscito, del tutto autonomamente a coinvolgere la citt e a suscitare linteresse dei designers emergenti, attirando a Milano i giovani del mondo intero. Al fine di dare unadeguata attuazione al tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, certamente di grande interesse, questa la soluzione pi idonea per rinnovare concretamente la formula ormai superata e obsoleta delle Esposizioni universali di cui quella di Shangai dovrebbe essere stata la pi imponente ma anche lultima. E anche se il BIE ha preteso che la manifestazione del 2015 sia organizzata in uno specifico sito, resta comunque la possibilit di realizzare un grande Fuori Expo, che sar 10

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certamente a sostegno della manifestazione ufficiale e in grado di favorirne il successo. Ci consentir non soltanto di mostrare ai visitatori qualcosa di sensazionale, come si cercato di fare in tutte le precedenti Esposizioni niversali cosa che oggi, nellera di Internet, non ha pi molto senso -, ma offrir anche la concreta possibilit, soprattutto ai giovani, di sperimentare per la durata della loro visita un tipo di vita nel segno della sostenibilit in tutti i suoi aspetti: dallo spostarsi tra le varie sedi dellExpo diffuse nei territori, allospitalit, al divertimento, allo sport, alla cultura. E soprattutto di nutrirsi con cibi biologici dei vari Paesi dimostrando come sia possibile evitare gli sprechi e sfamare veramente lumanit senza annientare la natura e distruggere il pianeta. Proprio in questa esperienza altamente formativa offerta ai visitatori, consister il rinnovamento della formula dellEsposizione universale che Milano potrebbe inaugurare nel 2015 come Expo Diffusa e Sostenibile che sappia porsi i seguenti obiettivi fondamentali: * contribuire al successo di Expo 2015 creando una complessa sinergia tra la manifestazione ufficiale e linsieme delle iniziative che potranno essere messe in atto nei territori; * sfruttare tutte le opportunit e le risorse di cui i territori gi dispongono, che nelloccasione potranno essere utilmente valorizzate;

* favorire la conversione alla sostenibilit di molte realt che non avrebbero altre possibilit di perseguirla e attuarla; * lasciare una eredit positiva, rappresentata dallinsieme degli interventi che si realizzeranno, tenendo conto non solo dellutilizzazione che se ne potr fare in occasione della manifestazione, ma anche successivamente, a favore dei territori interessati; * configurare quella che potremmo definire la armatura della futura metropoli sostenibile che potr rappresentare linnesco di un processo di adeguamento dellintera realt territoriale alle buone pratiche della sostenibilit in tutte le possibili applicazioni. Il pericolo che lExpo si riduca a una kermesse gastronomica senzaltro incombente ma, di l dai buoni propositi, il modo migliore per salvaguardarne e promuoverne i contenuti proprio quello di legarla ai territori, che restano gli unici veri depositari delle tradizioni, della cultura materiale e dei saperi che hanno prodotto le nostre eccellenze agroalimentari che, assieme agli straordinari paesaggi che fanno loro da sfondo, si pongono in stretto rapporto con larte e la cultura che fanno del nostro Paese un caso unico. Giuliano Pisapia deve dimostrare di essere il vero sindaco del capoluogo regionale, assumendo quale scenario di riferimento larea metropolitana che investe ormai lintera

Lombardia, cogliendo loccasione dellExpo anche per rimodulare il Piano di Governo del Territorio, adeguandolo alla scala dei problemi che la citt deve affrontare a prescindere e superando i suoi angusti limiti amministrativi. Il Fuori Expo gli consentir di utilizzare loccasione per realizzare un grande esperimento di governo metropolitano promuovendo e realizzando una serie dinterventi coordinati con gli altri comuni, le amministrazioni provinciali e la Regione, coinvolgendo i territori e tutte le componenti sociali che vi operano, dalle universit e centri di ricerca alle scuole, alle associazioni professionali e imprenditoriali, al volontariato, alle parrocchie, ai comitati civici, alle minoranze etniche e ai sindacati. In questo nuovo scenario dellExpo Diffusa e Sostenibile del 2015 proprio le organizzazioni dei lavoratori potrebbero proporsi, per fronteggiare le nuove emergenze sociali e del lavoro a scala planetaria, di rinnovare limpegno che le vide protagoniste centocinquanta anni fa, durante lEsposizione universale di Londra del 1862, quando le delegazioni operaie francesi inviate da Napoleone III posero le basi, assieme agli operai inglesi, della costituzione dellAssociazione Internazionale dei Lavoratori.

UN ESTREMISTA MODERATO A MILANO Antonio Duva


Estremisti moderati. Cos, con questo ossimoro efficace, intreccio di speranze e vigile spirito critico, Mario Pannunzio chiedeva nellItalia del 44, che si comportassero i leader della sinistra. Di questo oggi avrebbe soprattutto bisogno Milano: un estremista moderato per rimuovere le macerie del post-Moratti. Giuliano Pisapia ne ha le doti e sta dimostrando la voglia di esserlo. Di macerie, del resto, dovr rimuoverne parecchie. Siamo lunica citt senza addizionale Irpef e nessuna nuova tassa; niente tasse di soggiorno; biglietti del tram senza aumenti; tariffa dellacqua pi bassa dItalia, aveva proclamato la Moratti scrivendo in aprile a tutti i milanesi per sollecitare altri cinque anni da Sindaco. Si era purtroppo dimenticata di aggiungere che tanto bengodi oltre ad essere n.22 III 8 giugno 2011 stato ottenuto smantellando o logorando il tessuto del welfare locale, un tempo vanto della tradizione civica ambrosiana poggiava su una situazione di bilancio pessima. Questa situazione era stata, in verit, pi volte denunciata dalle forze che negli scorsi anni sono state allopposizione a Palazzo Marino. Poi dalla relazione diffusa il 31 maggio dai Revisori dei Conti del Comune erano giunti consistenti elementi a sostegno di questa valutazione: un documento pieno di dati e di allarmati richiami che, nel frastuono della campagna elettorale, era stato colto in tutta la sua portata esplosiva solo da un ristretto numero di esperti, come Marco Vitale. Ma ora proprio con questi dati che dovr confrontarsi la nuova Amministrazione e si tratter, facile prevederlo, di un confronto assai duro. Dei 48 milioni di utile, dichiarati dalla Moratti in occasione delle consegne al nuovo Sindaco, non sembra trovarsi riscontro effettivo, mentre in modo ben pi certo si delinea un saldo in rosso potenzialmente di 65 milioni di euro e un andamento assai negativo delle entrate che potr rendere problematico per Palazzo Marino il rispetto del patto di stabilit. Uneredit, insomma, pesante ben pi delle peggiori aspettative. Senza contare la cattiva condizione di un apparato burocratico a lungo trascurato (e considerato dalla destra un impaccio piuttosto che una risorsa) e le tante incognite legate alla galassia delle aziende controllate dal Comune, sottoposte ormai da anni a una stile di gestione nel quale merito e rigore amministrativo trovavano sempre pi difficolt a farsi valere. 11

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Per i vincitori del voto di maggio si profila insomma una strada stretta e impervia. Come affrontarla nel modo pi efficace? Pisapia, oltre indicare con nettezza come valori di riferimento antifascismo e Costituzione, ha posto in cima alla sua agenda tre priorit: dignit del lavoro, impegno per le periferie e citt metropolitana, discontinuit. Sono direttrici cruciali per la svolta che Milano attende e appropriate per caratterizzare il nuovo governo cittadino. E saranno il banco di prova pi eloquente del rapporto fra il Sindaco e la sua maggioranza. Questultimo un tema sul quale, durante la lunga campagna elettorale, Pisapia ha espresso con chiarezza le sue intenzioni: ci si deve ora aspettare che esse non troveranno ostacoli per tradursi in fatti concreti. Il modello a cui si ispira il nuovo Sindaco quello della democrazia decidente: molto ascolto e dialogo, ma poi scelte precise sulle quali la parola finale spetta al primo cittadino. E una responsabilit che Pisapia pu assumersi perch forte della sua indipendenza dai partiti e

del patrimonio di fiducia che gli ha affidato la citt; pu contare, inoltre, su un grado di coesione del centrosinistra milanese, mai in passato cos alto. Da qui si pu partire con il piede giusto per un percorso che sar comunque arduo. Un elemento positivo dato dalle nuove norme che impongono, con il limite dei 12 assessori, un governo snello. Questo andr integrato da figure, oltre al city-manager, di diretto riferimento del Sindaco e tali da coadiuvarlo in funzioni importanti. Pisapia intende dotarsi di un delegato alle relazioni con il sistema delle imprese e con il sindacato. Potrebbe essere anche utile per dare forza al decentramento costruire un rapporto diretto con i Presidenti delle zone che, riuniti assieme periodicamente, potrebbero diventare un prezioso organismo di consulenza (senza spese!) per il Sindaco. Un segnale innovativo potrebbe venire anche dalla costituzione, sul modello di quanto progettato a Torino da Piero Fassino, di un Comitato di indirizzo strategico nel quale chiamare (naturalmente a titolo assolutamente gratuito) personalit

indipendenti e significative della citt. Uno strumento utile ma anche un modo, simbolicamente evidente, per ribadire che solo attraverso un incontro virtuoso fra forze politiche e societ civile pu avviarsi per Milano un rinnovamento autentico. Ma per ottenere un simile risultato decisiva anche la discontinuit con il passato. Non invettive o gesti vuotamente retorici che rischierebbero di essere solo controproducenti (Pisapia lha colto subito in occasione dellultima apparizione di Nichi Vendola in piazza del Duomo). Piuttosto scelte rigorose e meditate suggerite al nuovo Sindaco dalla competenza giuridica e dalla sensibilit politica delle quali ha mostrato di essere largamente in possesso. Sollecitare dal nuovo Consiglio Comunale una delibera di revoca, in parziale autotutela, della delibera di approvazione del Piano Generale del Territorio - ipotesi prospettata da giuristi autorevoli come Ezio Antonini e Achille Cutrera potrebbe, per esempio, segnalare che a Milano il vento davvero cambiato.

Scrive Sergio Murelli a Jacopo Gardella


In merito al degrado della piazza in oggetto voglio segnalarvi lo stato vergognosamente pietoso dellinterno della chiesa che contiene opere darte di grande valore. Sono molto affezionato a questo luogo dove quasi 50 anni fa mi soffermavo nel mio tragitto verso scuola: sono ritornato alcuni anni fa e sono stato avvicinato dal vecchio parroco, dimesso e piagnucolante, che mi decantava i quadri avvolti nella semioscurit lamentando che non ci sono i soldi n per la luce, n per le pulizie e tocca affittare delle camerette della sacrestia a studenti per raggranellare quattro spiccioli. Reagisco abbastanza indignato chiedendo che fa la Curia e quello sveste subito i panni del don Abbondio per aggredirmi con una reprimenda sul dovere dei cittadini a provvedere ai bisogni della parrocchia, compresa la cura delle opere darte. A questo dovere sono sicuro che molti privati, io per primo, non si sottrarrebbero se stimolati a farlo: invece non mi risulta alcuna iniziativa e rimane limmagine del vecchio prete che impreca contro i giovani che la fanno facile!

Scrive Stefano Riva a Franco DAlfonso


Sono un consigliere di zona 8 della passata e della presente legislatura, eletto cinque anni fa con la Lista Ferrante, e ora con S.E.L. Nell'articolo "Milano Civica per Pisapia: la storia di un caso", credo che per correttezza avreste potuto mettere in relazione il risultato di Milano Civica con quello ben pi alto ottenuto dalla Lista Ferrante nel 2006, sia in zona sia in comune (se non ricordo male allora fu il 7,5% con 4 consiglieri comunali). Peraltro Milano Civica il nome che abbiamo utilizzato in questi ultimi anni noi superstiti della Lista Ferrante, quindi per gli elettori meno attenti potrebbe esserci stato un voto di continuit. Non per sminuire il risultato dell'attuale lista civica (a cui vanno le mie sincere congratulazioni!!), ma credo che cinque anni fa, considerata anche la sconfitta di Ferrante, il risultato fosse ancor pi sorprendente. Aggiungo che, per esperienza, il fatto di aver creato una lista in meno di 45 giorni non sia necessariamente positivo: la lista Ferrante fu creata in pi di 45 giorni, ma la difficolt di coesistenza tra le diverse anime immediatamente venuta fuori e ce la siamo trascinata a fatica per cinque anni, soprattutto noi consiglieri di zona, abbandonati a noi stessi....

Scrive Mauro Borromeo a Luca Beltrami Gadola

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Le virgolette poste nel titolo La salita "del" carro del vincitore, hanno attirato la mia attenzione "ottuagenaria" in quanto mi sarei, forse maliziosamente, aspettato un ragionamento centrato alla salita "sul" carro. Ma Lei, saggiamente dedica la prima parte del

Suo scritto al "del" con considerazioni ben condivisibili per passare agli "ardui nodi" da dipanare per le salite "sul" carro, ovvero la squadra assessorile, ma non solo se pensiamo al vasto e frastagliato "arcipelago" (perdoni l'uso del termine) delle poltrone finora ag-

gregate ai poteri "particolari" pi che alla tutela della polis e dell'interesse generale. Auguriamoci che i Suoi consigli siano ascoltati, superando il momento esaltante e rifuggendo contagi "carismatici".

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Pianisti in doppia coppia
I giornali li avevano annunciati, ma non si era capito bene se come fenomeno antropologico o come evento musicale, fatto sta che la curiosit ha preso il sopravvento e abbiamo voluto andare a capire di che si trattava. Immaginate dunque qualche sera fa, al Conservatorio per le Serate Musicali, un concerto eseguito da un gruppo di quattro giovanissimi pianisti composto da due coppie di gemelli omozigoti per cui due a due identici: i due fratelli De Stefano - venticinquenni calabresi, piccoli di statura, stessi occhiali, stessa chioma nera corvina e le due sorelle Tatievskaya, ventitreenni, russe, piccoline anche loro, ma biondissime e molto carine. Le cronache dicono che si sono conosciuti a un concorso in nord Europa (ovviamente per pianisti in coppia) e si sono innamorati fra loro, simmetricamente, cos da diventare due coppie anchesse gemelle, perfettamente confondibili fra loro! Il primo tempo del concerto (Brahms e Liszt) ha visto protagonisti i due De Stefano, su due pianoforti, con le partner che voltavano loro le pagine; nella seconda parte (Smetana e Tchaikowskij) i due pianoforti sono stati suonati ciascuno a quattro mani e pi precisamente i due ragazzi su uno e le due ragazze (che nel frattempo avevano cambiato dabito, passando dal corto al lungo e trasformandosi in dive) sullaltro. Sarebbe ovviamente serio parlare della musica che hanno eseguito e dellinterpretazione che ne hanno dato, ma per pi di una ragione non facile. Cominciamo dal programma, che vedeva un unico brano scritto espressamente per due pianoforti a otto mani (la Sonata in mi minore di Smetana) mentre tutti gli altri pezzi erano trascrizioni poco n.22 III 8 giugno 2011 felici di opere con tuttaltre origini, la cui riduzione al pianoforte per quattro o per otto mani, come sempre discutibile, risultata assai poco godibile. Poi diciamo degli esecutori (pi brillanti le ragazze, i ragazzi un po acerbi, forse intimiditi, forse in difficolt per la presenza delle fidanzate) che nellinsieme non hanno dato prova di grande maturit musicale a dispetto dei diversi premi vinti e dei rispettabilissimi curricula. Ne parliamo dunque non tanto per analizzare i contenuti musicali del concerto, quanto per dirvi lo sconcerto (ci si perdoni il gioco di parole) nellassistere a uno spettacolo che aveva nel sottofondo qualcosa del circo; ma - cos come al circo si finisce per provare simpatia per i leggendari mimi e i fantastici acrobati anche in questo caso si sentiva molta tenerezza nel vedere e nellascoltare questi ragazzi di cui era evidente sia limpegno che la fierezza. Non si poteva fare a meno di riflettere su quelle quattro adolescenze consumate nello studio e sacrificate per inseguire un improbabile successo, ma anche sulla perversa attrazione esercitata dalla quella stravagante situazione. Neppure si poteva fare a meno di immaginare, sia pur vergognandosene, quei curiosi innamoramenti tanto intimamente mescolati alla professione e cos spettacolarmente esibiti; mentre tutto ci, ovviamente, nuoceva non poco al godimento della musica, era fuorviante, distraente, in fondo fastidioso. Un fastidio che, sommandosi alla modestia della esecuzione, ci ha spinto a lasciare la sala - confessiamolo, un po villanamente - senza attendere la conclusione del concerto. Ma anche la musica che abbiamo ascoltato era deludente! La Sonata in fa minore di Brahms ha una storia molto complicata: scritta inizialmente per Quartetto darchi, si era rivelata molto fragile, tanto che fu riscritta dallo stesso autore come Sonata per due pianoforti, ma purtroppo con scarsissimo successo (persino lamata Clara, vedova di Schumann, non laveva affatto apprezzata). Cos fu ancora ripensata, scritta nuovamente e finalmente diventata quel Quintetto per pianoforte e archi grande capolavoro che oggi conosciamo ed amiamo. Dunque quella musica che abbiamo nelle orecchie nella sua versione finale - con i cinque strumenti che dialogano fra loro ritornando ciclicamente sul famosissimo tema e variandolo di continuo, con grande ricchezza di timbri e di molteplice qualit emotiva - ci viene proposta nella sua sfortunata edizione precedente, monocolore e sbiadita, totalmente priva di fascino. Che senso ha? Ho proprio limpressione, cari ragazzi, che convenga sia per voi che per noi dividervi professionalmente e cercare ciascuno la propria strada di concertista, solo o in complessi da camera, senza dover fare salti mortali alla ricerca di improbabili repertori che tengano insieme le vostre otto mani! Capiamo bene che suonare tutti e quattro insieme possa divertirvi, ed anche che possiate attrarre la curiosit del pubblico, ma state attenti perch correte il rischio di sembrare delle scimmiette ammaestrate! Musica per una settimana * gioved 9, venerd 10 e domenica 12, allAuditorium, lorchestra Verdi diretta da Xian Zhang conclude la stagione con un programma

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tutto americano: due Concerti per clarinetto e orchestra (uno di Aaron Copland, laltro di Artie Shaw, clarinetto Martin Frst) e le Danze Sinfoniche della West Side Story di Leonard Bernstein incorniciate da due capolavori di George Gershwin: Un americano a Parigi e Porgy and Bess, questultimo ridotto in una Synphonic Picture da Robert Russel Bennet * gioved 9, sabato 11 e luned 13 alla Scala Romeo et Juliette di Charles Gounod, diretto da Yannick

Nzet-Sguin, prodotto dal Festival di Salisburgo * domenica 12, marted 14 e mercoled 15, sempre alla Scala, lorchestra Filarmonica diretta da Nicola Luisotti esegue il primo Concerto per pianoforte e orchestra opera 23 in si bemolle maggiore di Tchaikowskij (al pianoforte Alexander Toradze) e la quinta Sinfonia di Prokofev opera 100 in si bemolle maggiore * domenica 12, alle 20,30 in via Brera 28 (al Museo astronomico -

Orto botanico) un concerto diretto da Vanni Moretto con quattro Sinfonie settecentesche: due di William Herschel (n. 12 e n. 24), una di Wenzel Pichl (la Uranie in mi bemolle maggiore) e una (la Merkur, anchessa in mi bemolle maggiore) di Franz Josef Haydn * luned 13 al Conservatorio per le Serate Musicali, concerto del pianista Mikhail Lidsky in un programma interamente dedicato a musiche di Ferenc Liszt

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Doppio Kapoor a Milano
Sono tre gli appuntamenti che lItalia dedica questanno ad Anish Kapoor, artista concettuale anglo-indiano. Due di questi sono a Milano, e si preannunciano gi essere le mostre pi visitate dellestate. Il primo alla Rotonda della Besana, dove sono esposte sette opere a creare una mini antologica; il secondo "Dirty Corner", installazione site-specific creata apposta per la Fabbrica del Vapore di via Procaccini. Entrambe curate da Demetrio Paparoni e Gianni Mercurio, con la collaborazione di MADEINART, gli stessi nomi che hanno curato anche la retrospettiva di Oursler al Pac. Una mostra di grande impatto visivo, quella della Besana, con opere fatte di metallo e cera, realizzate negli ultimi dieci anni e che sono presentate in Italia per la prima volta. Opere di grande impatto s, ma dal significato non subito comprensibile. Kapoor un artista che si muove attraverso lo spazio e la materia, in una continua sperimentazione e compenetrazione tra i due, interagendo con lambiente circostante per cercare di generare sensazioni, spaesamenti percettivi, che porteranno a ognuno, diversi, magari insospettabili significati, come spiega lartista stesso. Ecco perch non tutto lineare, come si pu capire guardando le sculture in acciaio C-Curve (2007), Non Object (Door) 2008, Non Object (Plane) del 2010, ed altre che provocano nello spettatore una percezione alterata dello spazio. Figure capovolte, deformate, modificate a seconda della prospettiva da cui si guarda, un forte senso di straniamento che porta quasi a perdere l'equilibrio. Queste solo alcune delle sensazioni che lo spettatore, a seconda dellet e della sensibilit, potrebbe provare davanti a questi enormi specchi metallici. Ma non c solo il metallo tra i materiali di Kapoor. Al centro della Rotonda troneggia lenorme My Red Homeland, 2003, monumentale installazione formata da cera rossa (il famoso rosso Kapoor), disposta in un immenso contenitore circolare e composta da un braccio metallico connesso a un motore idraulico che gira sopra un asse centrale, spingendo e schiacciando la cera, in un lentissimo e silenzioso scambio tra creazione e distruzione. Unopera, come spiegano i curatori, che non potrebbe esistere senza la presenza indissolubile della cera e del braccio metallico, in una sorta di positivo e negativo (il braccio che buca la cera), e di cui la mente dello spettatore comunque in grado di ricostruirne la totalit originaria. Il lavoro di Kapoor parte sempre da una spiritualit tutta indiana che si caratterizza per una tensione mistica verso la leggerezza e il vuoto, verso limmaterialit, intesi come luoghi primari della creazione. Ecco perch gli altri due interessanti appuntamenti hanno sempre a che fare con queste tematiche: Dirty Corner, presso la Fabbrica del Vapore, un immenso tunnel in acciaio di 60 metri e alto 8, allinterno dei quali i visitatori potranno entrare, e Ascension, esposta nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, in occasione della 54 Biennale di Venezia. Opera gi proposta in Brasile e a Pechino ma che per loccasione prende nuovo significato. Uninstallazione site-specific che materializza una colonna di fumo da una base circolare posta in corrispondenza dellincrocio fra transetto e navata della maestosa Basilica e che sale fino alla cupola. ANISH KAPOOR - Rotonda di via Besana fino al 9 ottobre Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 fino all11 dicembre Orari: lun 14.30 19.30. Mar-dom 9.30-19.30. Giov e sab 9.30-22.30. Costi: 6 per ciascuna sede, 10 per entrambe le sedi.

Le allucinazioni video di Tony Oursler


Gi dai primi passi dentro latrio del PAC ci si rende conto fin da subito che quella che stiamo per vedere non una mostra come tutte le altre. Sibili, suoni, voci, parole urlate da angoli remoti trasportano immediatamente in una dimensione spaesante e un po inquietante. Se poi la mostra in questione una retrospettiva su Tony Oursler, allora possiamo aspettarci davvero di tutto. Open obscura una rassegna che raccoglie opere importanti di Oursler, artista americano e pioniere della video art su supporti non

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convenzionali: non solo video ma anche sculture e agglomerati di oggetti, sui quali vengono proiettati video e filmati in loop. Ecco perch stato definito lideatore della video scultura, anche se, bene dirlo, le sue ricerche sono gi andate oltre questo mezzo. Sculture informi, occhi giganti che galleggiano nellaria ospitando bulbi oculari che ci fissano, a volte inquieti a volte interrogativi, palpebre che sbattono, pupille dilatate dalla luce, attorno alle quali il visitatore non pu far altro che muoversi un po a disagio. Le installazioni di Oursler sono un mix di allucinazioni e incubi, come le facce colorate e distorte, tutte bocche e occhi, che sibilano e mandano messaggi a volte incomprensibili. Una sorta di tumoripustole da cui distogliamo volentieri lo sguardo. Ma attenzione. Oursler ci mostra tutta la finzione di questa realt, non solo quella della mostra, ma anche quella in cui viviamo. I proiettori so-

no ben visibili, per terra o sulle pareti, per ribadire linganno a cui siamo sottoposti sempre, nellarte e nellera del digitale e della massificazione dellinformazione, di cui siamo un po tutti vittime e attori inconsapevoli. I suoi mostri dalle mille facce, a volte tristi, a volte arrabbiati, sono nati da uno studio che Oursler ha cominciato fin dal 1992, quando ha iniziato a studiare la schizofrenia, con un'attenzione particolare verso gli sdoppiamenti di personalit (il Multiple Personality Disorder), verso i disturbi compulsivi e le dipendenze (e infatti sono esposte le sue enormi sigarette che non si esauriscono mai). Oltre agli enormi occhi, a sagome impossibili su cui sono proiettate immagini di fiori, donne, attori dal volto dipinto che declamano monologhi, muri che si costruiscono e poi esplodono, assolutamente interessanti sono i Peak, la nuova serie fatta da microsculture che accostano oggetti diversi, in una sorta di

teatrino, su cui sono proiettate immagini che danno movimento (e molto appeal) allinsieme. Unaltra novit anche Valley, il progetto virtuale che Oursler ha realizzato per lAdobe Virtual Museum (The Valley, 2010 visibile su http://www.adobemuseum.com). Attraverso alcune postazioni multimediali il pubblico ha la possibilit di interagire con la mostra digitale con cui lartista ha inaugurato il museo virtuale di Adobe, giocando con alcune applicazioni. Concludono il tutto dei video di performance registrate dallartista newyorkese, che vedono la partecipazione di gente comune e di un inedito, e molto divertente, David Bowie.

Tony Oursler. Open Obscura PAC-fino al 12 giugno - Orari: lun 14.30-19.30, mar, mer, ven, sab e dom dalle ore 9.30 alle 19.30. Giov 9.30 - 22.30 - Costo: 7,00 intero , 5,00 ridotto.

Ritorna Brera mai vista


Dopo tre anni di assenza riprende liniziativa Brera mai vista, unoccasione unica per vedere dal vivo, nelle sale della sempre affascinante Pinacoteca di Brera, dipinti poco noti, generalmente conservati nei depositi della Pinacoteca per problemi di spazio, ma che prendono vita attraverso speciali esposizioni incentrate su di essi. Importante anche la presentazione che di questi dipinti viene fatta: studiosi e storici dellarte si mettono in prima linea per studiarli, analizzarli e presentarli al grande pubblico. Ma questanno c una novit. Lopera in questione non da sempre un bene di Brera, bens un nuovo acquisto. E la piccola ma preziosa tavola della Madonna con il Bambino, datata 1445 circa, attribuita al Maestro di Pratovecchio. Una tavola presumibilmente creata per la devozione privata, visto il piccolo formato, e che mostra una giovane Madonna dallo sguardo rassegnato, intenta a scrutare lavvenire, che sa essere gi carico di dolore. La madre e il Bambino, nellatto di benedire, sono racchiusi in una sorta di nicchia coperta da quello che sembra essere un motivo damascato. La tavola un dipinto poco noto, non solo per il pubblico ma anche per gli esperti, e che fu studiato e fotografato gi da Roberto Longhi, che dedic anche un saggio per ricostruire le vicende del misterioso pittore. Un artista fino a poco tempo fa anonimo, conosciuto appunto come Maestro di Pratovecchio, ma a cui recentemente si potuto dare un nome: Giovanni di Francesco del Cervelliera. Non un illustre sconosciuto per, ma un collaboratore artistico di Filippo Lippi, tra gli anni 1440-1442. E che sia proprio di quegli anni evidente guardando il suo disegno, attento al rigore prospettico tipico fiorentino, ma anche interessato ai colori luminosi e cangianti che compaiono nelle vesti della Madonna. Riprendendo in questo sia il pi noto Filippo Lippi, con i suoi personaggi inquieti, che i colori di Domenico Veneziano. La somiglianza con lo sfondo damascato della sua Madonna Berenson davvero notevole. Gli stessi espedienti e artifici formali che hanno ispirato anche altri artisti, presenti nella raccolta della Pinacoteca: Giovanni Boccati, Giovanni Angelo di Antonio, Fra Carnevale e naturalmente Piero della Francesca, allievo di Domenico Veneziano. Prima di essere esposta la tavola ha subito anche un restauro conservativo, ma che non ha alterato i tratti e la storia del dipinto, fattore importante per ricostruirne le vicende e non cancellare quelli che sono i segni del tempo della storia dellarte. Ecco dunque che la piccola tavola potr essere unutile scusa per rivedere la Pinacoteca, integrando anche questo dipinto nel percorso storico e cronologico che la Pinacoteca propone.

Brera mai vista. La Madonna con il Bambino del Maestro di Pratovecchio - Pinacoteca di Brera, sala XXXI, fino all11 settembre - Orari: 8.30 -19.15 da marted a domenica - Costo: intero euro 9, ridotto euro 6.50.

Lanello debole che spezza la catena


Termina con la mostra L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla, lultimo quarto di Terre Vulnerabili, progetto curato da Chiara Bertola presso n.22 III 8 giugno 2011 lHangarBicocca, contrassegnato dal tema della vulnerabilit. Quattro le mostre che si sono succedute e integrate luna allaltra, per un totale di nove mesi, divise in quattro fasi come quelle lunari, e che hanno raccolto ben trentuno artisti internazionali e altrettante opere che sono via via cresciute, evolute, cambiate,

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modificate e si sono adattate agli spazi dellHangar. Lultima mostra, inaugurata il 5 maggio, vede la presenza di quattro nuovi artisti, gli ultimi in ordine cronologico che sono stati inseriti nel progetto: Roman Ondk, Pascale Marthine Tayou, Nari Ward e litaliano Alberto Tadiello. Il titolo della quarta fase, L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla, forse la dichiarazione pi significativa rispetto allo scopo del progetto. La vulnerabilit anche forza. Bisogna assecondarla e accettarla, farla diventare il punto di forza. Le catene rappresentano anche una struttura dinamica - dice Chiara Bertola - che conduce alla produzione di forme e di lavoro; allinterno del ciclo (o del processo) rappresentato da una catena, esiste sempre un anello debole (non allineato) che alla fine pu rivelarsi come il pi forte perch rompe uno schema di comportamenti prevedibili diventando cos il pi creativo. Lanello "difettoso" interrompe un ingranaggio e rompe dunque la normale successione delle azioni. Ecco il significato di questa nuova fase, tutta in divenire, che presenta quattro nuovi interessanti lavori. Lartista slovacco Ondk, presenta Resistance, un video nel quale a un gruppo di persone stato chiesto di recarsi a un evento pubblico presso il quale essi si mescolano nella folla con i lacci delle proprie scarpe slacciati. In questa opera lartista da una parte lavora sul rituale dellopening, dallaltro crea una condizione straniante in chi guarda il video, ab-

bandonato e incerto sulla corretta interpretazione. Pascale Marthine Tayou, camerunese, costruisce nel CUBO Plastic bag una spettacolare installazione con un grande cono rovesciato interamente costituito da diecimila sacchetti di plastica biodegradabili di cinque tonalit diverse. Una prima versione dellopera era gi stata esposta nel 2010 in Australia, in questa sede stata appositamente rivisitata e viene presentata per la prima volta in Italia. Gi dal titolo si pu intuire il materiale favorito di Tayou, il sacchetto di plastica, un oggetto assolutamente banale e anonimo, accessorio della quotidianit, che diventa simbolo della crescente globalizzazione, del consumismo, ma anche simbolo del nomadismo che sempre pi caratterizza luomo moderno, una sorta di vagabondo che trascina nei sacchetti i pezzi importanti della sua vita. Con un risvolto assolutamente nuovo: oggi che i sacchetti di plastica sono banditi dal commercio, entrano di diritto a far parte dei materiali usati per larte. E presente anche Nari Ward, giamaicano ma newyorkese di adozione, artista che usa come veicolo darte i materiali di riciclo della vita moderna e industriale, spesso raccolti direttamente nel suo quartiere, Harlem, ai quali d nuova funzione e significato, usandoli per affrontare temi sociali come la povert, limmigrazione e la questione razziale. Per Terre Vulnerabili ha realizzato Soul soil, un grande contenitore ovale dove sono intrappolati e dal quale fuoriescono resti di oggetti

abbandonati, materiali di recupero, parti in ceramica di sanitari e alcuni dei vestiti usati provenienti dallinstallazione di Christian Boltanski, Personnes, esposta allHangar lo scorso anno, sfuggiti allo smantellamento di fine settembre 2010, interpretando cos, in linea anche con la sua poetica, uno dei temi portanti di Terre Vulnerabili. Lultimo artista presente litaliano Alberto Tadiello, con il suo Senza titolo (Adunchi), una installazione di tubi di ferro, lamiere, dadi e bulloni su una colonna aggettante e spigolosa. Il significato pi che mai legato al tema della vulnerabilit e della precariet. Cos lartista stesso, spiega la sua opera: Un grumo di forze. Di aggettanza, di torsione, di urto, di trazione, di spinta. Di isolamento, di deformazione, di dissipazione, di accoppiamento, di riunione, di separazione. solo metallo, ferro. Tagliato, smussato, graffiato, bucato, piegato, imbullonato. Si affaccia. Pesa, pende, gravita. E il momento di tirare le somme e vedere queste quattro fasi al completo, per comprendere a pieno cosa sia oggi la vulnerabilit secondo questi artisti ma soprattutto per vedere quanto questi progetti siano davvero definitivi. Lo sono? Terre Vulnerabili 4/4 L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla Hangar Bicocca Fino al 17 luglio. Orario: tutti i giorni dalle 11.00 alle 19.00, gioved dalle 14.30 fino alle 22.00, luned chiuso Ingresso: intero 8 euro, ridotto 6 euro

Al Museo del Novecento larte scende in piazza


Il Museo del Novecento ha da poco inaugurato la sua prima mostra temporanea, intitolata Fuori! Arte e spazio urbano 1968-1976. La mostra, curata da Silvia Bignami e Alessandra Pioselli, allestita al piano terra del museo, uno spazio piccolo e raccolto ma forse, c da dirlo, non troppo funzionale per questa mostra, fatta da video, filmati, pannelli e grandi fotografie. Il tema tra i pi interessanti: far luce su un periodo particolare della vita politica, artistica e sociale italiana, quella manciata danni che va dalle contestazioni giovanili del 68 fino al decennio successivo. Momento sociale importante ma non solo, anche larte e gli artisti giocarono un ruolo cruciale nel risveglio delle coscienze popolari. Sono gli anni in cui larte si n.22 III 8 giugno 2011 allontana da musei, gallerie e luoghi tradizionalmente deputati alla fruizione, per uscire fuori, appunto, in strada, per coinvolgere il pubblico e il mondo reale. Performance, azioni, installazioni, poco importa il medium, limportante era la riappropriazione del tessuto urbano cittadino e il farlo insieme al pubblico. Per capire la vicenda artistica di quegli anni, la mostra ne ripercorre alcune tappe significate, quali Arte povera + azioni povere (Amalfi, 1968; a cura di Germano Celant); Campo Urbano (Como, 1969; a cura di Luciano Caramel); il Festival del Nouveau Ralisme (Milano, 1970; a cura di Pierre Restany); Volterra 73 (Volterra, 1973; a cura di Enrico Crispolti), ma anche la Biennale di Venezia del 1976. Per spiegare queste azioni e performance cos effimere sono stati usati video, filmati restaurati, registrazioni sonore, fotografie e manifesti, le armi di quella rivoluzione artistica che tanta importanza ebbe nel risvegliare pensieri e passioni. Ecco allora in mostra le fotografie di Ugo Mulas per Campo Urbano; i gonfiabili di Franco Mazzucchelli allestiti fuori dai cancelli dellAlfa Romeo di Milano (1971); i lenzuoli di Giuliano Mauri alla Palazzina Liberty di Milano contro la guerra in Vietnam (1976); le azioni incomprese sul territorio fatte da Ugo La Pietra e le prime ricerche sulla comunicazione, rivolte agli studenti, del Laboratorio di Comunicazione Militante. E ancora le pratiche di progettazione partecipata di Riccardo Dalisi

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a Napoli, per creare asili nei rioni disagiati; le fotografie della gente qualunque di Franco Vaccari; la passeggiata con la sfera di Michelangelo Pistoletto, riproposta dal film di Ugo Nespolo (1968/69); le interviste di Maurizio Nannucci, fatte di una sola parola ai passanti (Firenze, 1976). Ma anche le indimenticabili e scioccanti performance di Rotella, Restany e Niki de Sainte Phalle, durante il Festival del Nouveau Realisme a Milano, con il banchetto funebre, una sorta di macabra ultima cena per decretare la fine del gruppo, fatta dai membri del gruppo stesso; i monumenti impacchettati di Christo; le espansioni gommose di Cesar in Galleria Vittorio Emanuele e il monumento fallico di Tinguely. Tutto visibile attraverso filmati, do-

cumenti preziosi di momenti ormai perduti. Insomma una carrellata di artisti e azioni che hanno profondamente influenzato larte di oggi e che idealmente completano il percorso espositivo del Museo del Novecento, che si conclude allincirca agli anni Sessanta, con lavori pensati per superare il limite tradizionale del quadro o della scultura: dagli ambienti programmati e cinetici allarte povera alla pittura analitica. In contemporanea, il Museo ospita anche altre due esposizioni: una sala dedicata alla famiglia Carpi e ai suoi maggiori esponenti, Aldo e Pinin; allultimo piano invece sar possibile studiare una selezione di disegni e ceramiche di Alessandro Mendini, provenienti dalla collezione di Casa Boschi-Di Stefano.

Per concludere, nellultima vetrata dello spazio mostre stato allestito un white cube, dove dal 15 aprile al 30 giugno sar esposta Nice ball, opera di Paola Pivi. Una composizione fatta di sedie di design in miniatura che, illuminate dallinterno, proiettano sulle pareti giochi di ombra. Seguiranno poi a rotazione anche unopera darte, un oggetto di design e una fotografia.

Fuori! Arte e spazio urbano 19681976 - Museo del Novecento - fino al 4 settembre. Lun 14.30-19.30; mar, mer, ven e dom 9.30-19.30; giov e sab 9.30-22.30 Biglietto intero 5 euro, ridotto 3 euro.

Tra sale, segni e memorie storiche. Paladino a Milano


Maschere, croci, volti, rami, legno, pittogrammi, teste, elmi, simboli dal sapore alchemico. Tutto questo Mimmo Paladino, tutto questo ci che il visitatore potr vedere nella mostra appena inaugurata presso il piano nobile di Palazzo Reale. Curata da Flavio Arensi, la personale prende in esame oltre trentanni di attivit dellartista campano, attraverso un nucleo di oltre 50 opere, tra cui 30 dipinti, sculture e installazioni. Una mostra creata con la collaborazione dello stesso Paladino, che ha scelto personalmente i lavori secondo lui fondamentali per ricreare la sua lunga carriera artistica. Paladino infatti nasce come artista concettuale, tra gli anni 60 e 70, per poi arrivare a far parte di quel gruppo di artisti che Achille Bonito Oliva, presentandoli alla Biennale di Venezia del 1980, defin Transavanguardia. Un mondo, quello di Paladino, fatto da segni e simboli ancestrali, magici, legati indissolubilmente alle memorie culturali del territorio, soprattutto campano e beneventano, che porta con s memorie primitive e longobarde che diventano quasi archetipi. Unaccumulazione di reperti storici e di modelli egizi, romani, etruschi, ma anche di reperti mnemonici, di tracce che diventano sostrato per la fantasia dellartista, liberando una potenza creativa che a volte non si riesce a decifrare. Larte non un fatto di superficie fine a se stesso, n di abbandono viscerale ad atteggiamenti poetici. Larte sempre indagine sul linguaggio, cos dichiara lartista in n.22 III 8 giugno 2011 una recente intervista. Questa, daltra parte, lottica con cui lavora Paladino: contrario a dare chiavi di letture univoche e universali, spesso non definisce un significato preciso n un titolo per le sue opere, lasciando spazio alla libera interpretazione del singolo. Opere misteriose ed essenziali, figure frontali e ieratiche, colori presi dalla terra o inaspettatamente accesi. Ecco allora che in questo percorso storico ci accoglie il grande Rosso silenzioso, dal quale spuntano facce scavate come maschere, o la testareliquario di San Gennaro, custodita in una elaborata e geometrica teca e circondata tutto intorno da scarpe di bronzo appese al muro, sostenute da piccoli passerotti. Quasi fossero dei voti fatti al santo. Uno dei pezzi forti dellesposizione quello che allora fu il rivoluzionario Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro, 1977, una stanza bianca decorata con segni dipinti di nero, croci, teste e numeri. Unici oggetti di arredamento una sedia di legno e un quadro figurativo appeso alla parete. Fra le sale pi affascinanti senza dubbio quella dedicata allinstallazione dei Dormienti, trentadue sculture rannicchiate a terra, in posizione fetale, immerse nella penombra e circondate dalle musiche di David Monacchi, il giovane compositore marchigiano che Paladino ha voluto coinvolgere per questa collaborazione artistica. Le musiche, intitolate Notte in mutazione, ricordano i rumori della foresta, grilli, animali sibilanti, voli di uccelli notturni, che accompagnano il sonno di questi inquietanti dormienti fatti di legno, pietra e altri materiali poveri. Sporchi e rovinati, coperti da pezzi di vasi e tegole, polverosi e ruvidi, mantengono unespressione serena durante il loro sonno eterno, cos somiglianti ai corpi pietrificati di Pompei, ma anche cos lontani, come tiene a precisare lartista, che smentisce in modo assoluto ogni riferimento o affinit. La mostra non si esaurisce per allinterno di Palazzo Reale, ma inizia, anzi, dalla piazzetta, con la monumentale Montagna di sale, dalla quale fuoriescono venti cavalli (riprendendo integralmente o per sezione la statua di un cavallo di quasi 4 metri di altezza), riedizione di unaltra Montagna di sale, esposta a Napoli in piazza del Plebiscito nel 1985. Unistallazione che ben si adatta a dialogare con unaltra opera fondamentale, il Neon di Fontana che troneggia dallalto del Museo del Novecento. Ma non finisce qui. Nel cortile interno di Palazzo Reale sono posizionati quattro scudi di cinque metri di diametro ciascuno in terracotta, incisi con i segni e i simboli tipici di Paladino ma in versione tridimensionale. Il percorso si conclude idealmente nellOttagono della Galleria Vittorio Emanuele, in cui esposto un aeroplano a grandezza naturale della Piaggio Aero, la cui livrea stata dipinta dallartista campano ma milanese di adozione.

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Mimmo Paladino Palazzo Reale 7 aprile 10 luglio 2011; orari: marted, mercoled, venerd, domenica h

9.30 19.30. luned h 14.30 19.30. Gioved e sabato h 9.30

22.30; costi: 9,00 intero, 7,50 ridotto

La formazione giovanile di Caravaggio tra Venezia e la Lombardia


Ritorno a Milano in grande stile di Vittorio Sgarbi, che firma una mostra, Gli occhi di Caravaggio, presso il Museo Diocesano, tutta da vedere e che non mancher di catalizzare lattenzione del grande pubblico. Gi linaugurazione stata un grande evento, che ha visto protagonisti anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, arrivato da Roma appositamente, e il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Certo, dopo i nuovi tagli alla cultura appare buffo che certe autorit partecipino alle inaugurazioni di mostre e musei, ma questa lItalia. I nomi della mostra sono di gran richiamo, Caravaggio appunto, ma anche quello dello stesso Sgarbi che, si sa, nel bene e nel male fa sempre parlare di s. E bene per fare fin da subito alcune precisazioni su che cos questa mostra e su cosa si deve aspettare il visitatore, visto che questa non una delle tante mostre su Caravaggio che si sono fatte in Italia fino ad oggi, ma ha un altro scopo. Per spiegare al meglio di cosa tratta questa mostra, bene concentrasi, pi che sul titolo, sul sottotitolo: Gli anni della formazione tra Venezia e Milano. Perch questo lobiettivo dellesposizione, ricostruire il possibile itinerario svolto dal Merisi nella sua giovinezza, prima di trasferirsi a Roma nel 1592-93 circa. Se di sicuro si sa che il Caravaggio fu allievo di Simone Peterzano per quattro anni, dal 1584 al 1588, poco si sa di quegli anni e di quelli, totalmente avvolti nel buio, che precedettero il suo viaggio nella capitale. La mostra, con le sue sessanta opere, crea un percorso geografico che ricrea i possibili viaggi fatti dal Merisi, come disse gi nel 1929 Roberto Longhi: non si pretende di segnare itinerari precisi ai suoi viaggi (o siano pure vagabondaggi) di apprendista; ma non si potrebbe porli mai in altra zona da quella che da Caravaggio porta a Bergamo, vicinissima; a Brescia e a Cremona, non distanti; e di l a Lodi e a Milano. Gi ai tempi dei suoi Quesiti caravaggeschi, il Longhi, pur credendolo ancora nativo del borgo di Caravaggio, tracci quellideale itinerario di citt e pittori che rappresentarono davvero gli albori della pittura del giovane Michelangelo Merisi. Ecco allora che proprio su queste citt si concentrano le cinque sezioni della mostra: Venezia, Cremona, Brescia, Bergamo e Milano. Al loro interno possibile ammirare capolavori preziosi di Tiziano, Giorgione, Tintoretto, Lorenzo Lotto e Jacopo da Bassano, maestri veneti dalle incredibili abilit coloristiche e tonali; nella sezione di Cremona sono raccolti i diretti precedenti per i notturni e le pose caravaggesche, ovvero le enormi pale di Antonio e Vincenzo Campi; nella sezione di Brescia non possono mancare Savoldo e il Moretto, cos come nella rivale Bergamo spadroneggiano i ritratti di Giovan Battista Moroni. E a Milano poi che troviamo i maestri pi diretti del Merisi, come Simone Peterzano e altri artisti che probabilmente conobbe e da cui prese lattenzione per la natura e la realt: il Figino, Fede Galizia, Lomazzo, Giovanni Agostino da Lodi. Questi i nomi importanti che conducono il visitatore a capire come sono nate, tra le altre, anche due opere di Caravaggio presenti in mostra: la Flagellazione di Cristo (1607-08), del Museo di Capodimonte, opera matura, posta accanto alle monumentali tele dei fratelli Campi (non si potr non riconoscere gli stessi artifici); e la giovanile Medusa Murtola, seconda versione di quella pi famosa Medusa esposta agli Uffizi. Anche una terza opera era prevista e indicata (dai giornali) come punto centrale della mostra: Il riposo dalla fuga in Egitto della galleria Doria Pamphilj di Roma, eseguita nei primi anni romani. Al momento, per motivi tecnici, il quadro non ancora per esposto in mostra. Lo si attende con impazienza ma da sottolineare come la presenza o meno di quellopera non alteri il senso di unesposizione che per la prima volta mette in luce le origini davvero lombarde del Caravaggio, mettendo fianco a fianco opere di pittori lombardi e veneti che il Merisi vide e di cui serb memoria per tutta la sua breve, ma assolutamente rivoluzionaria, esistenza.

Gli occhi di Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano. Museo Diocesano. Dal 10 marzo al 3 luglio. Orari: 10-18. Chiuso luned. Intero: euro 12. Ridotto: euro 10.

Il lascito dei Clark: gli impressionisti e un museo raro


Milano torna ad ospitare, a dieci anni di distanza dallultima volta, una vecchia passione, gli Impressionisti. E Palazzo Reale a presentare la prima tappa di un tour mondiale, che, partito da Williamstown, Massachusset, arriver a toccare tante citt importanti. 73 capolavori della collezione americana dello Sterling and Francine Clark Art Institute saranno esposti da qui a giugno per permettere anche al pubblico milanese di osservare opere importanti di maestri dellImpressionismo come Monet, Manet, Sisley, Pissarro, Renoir, Degas, Caillebotte, Berthe Morisot e Mary Cassat (uniche due donne del movimento), e altri ancora. Impressionisti ma non solo. Lesposizione comprende anche opere di artisti accademici dell800, quali William-Adolphe Bouguereau, Jean-Lon Grme e Alfred Stevens, ma anche i pittori della cosiddetta Scuola di Barbizon, diretta precedente dellImpressionismo, con nomi quali Corot, Rousseau e Millet. Una carrellata che ci porta per a conoscere anche alcune importanti opere di maestri del postimpressionismo, come Gauguin, con le contadine bretoni, Bonnard, con le sue ragazze colorate a campiture piatte, Daumier e, infine, il genio di Toulouse-Lautrec con i suoi ritratti pensosi e assorti. Una mostra varia e variegata, divisa in 10 sezioni tematiche che analizzano i principali temi trattati dagli Impressionisti: la luce, limpressione, la natura, il mare, il corpo, la citt e la campagna, i viaggi, i volti, i piaceri e la societ. Il percorso espositivo riunisce dunque i capola-

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vori dei pi grandi artisti francesi che, nelle loro varie evoluzioni e declinazioni, dal realismo, allimpressionismo al post-impressionismo, si sono confrontati con queste tematiche rivoluzionando il concetto di pittura e il ruolo dellarte nella societ borghese dellepoca. Societ con cui tutti gli artisti esposti si sono dovuti scontrare, spesso nel vero senso del termine. La mostra propone quindi un percorso gradevole, una piacevole passeggiata da fare attraverso le sale, rimirando opere che ottennero successi strepitosi al Salon francese, luogo deputato per esporre opere di pittura accademica; ma anche opere, alcune davvero notevoli, che non furono nemmeno prese in considerazione ai tempi, e anzi furono assolutamente incomprese e schernite. Opere che, in realt, portarono ad una rivoluzione totale dellarte e del modo di dipingere, per tecnica e soggetti. Certo la mostra non brilla per avere capolavori a livello assoluto, ma questo facilmente spiegabile raccontando la storia e il carattere di chi questa collezione mise insieme. Robert Sterling Clark fu uno di quei personaggi fuori dalla norma, allora come oggi. Nato nel 1877 da una famiglia americana ricchissima (il nonno fu socio in affari di quel Singer delle macchine per cucire), eredit una fortuna da parte di padre e di madre, e questo gli permise di vivere una vita agiata e lontana dalle preoccupazioni pi banali. Spirito indomito, allergico alle formalit

della sua famiglia, organizz una spedizione di studio a cavallo nella Cina e ne scrisse un libro. Visti i rapporti tesi con uno dei fratelli, decise di sfuggire allambiente borghese di New York trasferendosi a Parigi. Tappa fondamentale questa, che gli permise, oltre che di iniziare a collezionare arte, anche di conoscere una graziosa attrice della Comdie-Franaise, Francine Clary, con la quale inizi uno straordinario percorso di vita, e che spos nel 1919. Gi dagli anni 10 Clark inizi a interessarsi e a comprare opere darte, per lo pi dipinti, dei grandi maestri del Rinascimento italiano come Piero della Francesca e Ghirlandaio. Poi la sua passione sindirizz, quasi per caso, verso gli Impressionisti, conosciuti attraverso mercanti darte suoi amici. Uomo che non amava le luci della ribalta, Sterling inizi la sua attivit di collezionista quasi nellombra, scegliendo opere s di grandi autori, ma che soprattutto colpivano e affascinavano lui e la moglie. Una scelta istintuale, lontana dalle logiche di mercato o dalle mode. E fu cos che nel 1913 arriv a comprare il suo primo Renoir, primo appunto, di oltre 30 quadri del maestro francese, che divenne il suo preferito in assoluto e di cui am circondarsi esponendo queste opere nelle sue varie case. Se gi dal 1913 aveva pensato ad organizzare un suo museo privato, solo a 70 anni Sterling arriv a decidere di crearne uno suo per davvero.

Dopo una vita trascorsa tra New York, Parigi e la casa di famiglia dei Clark a Cooperstown, la coppia decise di creare un nuovo edificio in stile classico a Williamstown, Massachusset. Unala di questo palazzo, inaugurato nel 1955, divenne la loro casa, finch la morte non colse Sterling a poco pi di un anno dalla creazione di questo museo. Un lascito importante, quello di Robert e Francine, fatto da unincredibile collezione di dipinti ma anche di oggetti dargento, porcellane, libri antichi, stampe e disegni. Listituto fu corredato anche da una generosa donazione e da unintelligente e liberale statuto che ha permesso allistituzione di non essere solo un museo, ma anche un centro di ricerche di fama mondiale, promotore di attivit e stanziamenti a favore dellarte e delle persone che di arte si occupano. Quello stesso statuto permette che, anche oggi, la collezione venga accresciuta e integrata da nuovi acquisti, fatti sempre pensando a quei criteri di scelta che usavano Sterling e Francine e che hanno permesso lacquisto di nove nuove opere presenti in questa mostra.

Gli impressionisti. I capolavori della Clark Collection. Palazzo Reale 2 marzo 19 giugno 2011 Orari: lun. 14.30 - 19.30. Mar, mer, ven e dom 9.30 -19.30. Giov e sab 9.30 - 22.30 Biglietti: Intero 9,00. Ridotto 7,50

La commedia delle arti di Savinio


Prima settimana di apertura per una mostra affascinante quanto complessa. Protagonista il grande dilettante, come amava definirsi lui, Alberto Savinio, al secolo Andrea De Chirico. Fratello proprio di quel De Chirico, Giorgio, che fu per certi versi pi famoso di lui ma anche diversissimo, e proprio questo gli fece decidere di assumere il nome darte di Savinio. La mostra vuol essere unantologica a tutto campo sullarte saviniana, la pi grande mai fatta da trentanni a questa parte. Cento e pi opere esposte, dipinti ma non solo, divise in cinque sezioni tematiche: mito, letteratura, architettura, oggetti e scenografie. S, perch Savinio fu un artista a tutto tondo, di quelli eclettici che forse al giorno doggi non esistono pi. Scrittore, pittore, compositore, drammaturgo, scenografo e regista teatrale. Scopo della mostra proprio il ripercorrere tutte le attivit a cui si interess nel corso della vita, analizzando temi e modi del suo linguaggio. La mostra, curata da Vincenzo Trione (lo stesso curatore dellepica mostra di Dal chiusa un mese fa), propone un incipit e una fine di percorso molto particolari. La voce di Toni Servillo, infatti, accoglie il visitatore nella prima e nellultima sala, declamando a gran voce testi e pensieri di Savinio. Perch solo con le parole di Savinio si pu capire larte e il Savinio-pensiero. Non sproloqui di critici, esperti ecc., ma parole vere, autentiche del maestro, che tanto lasci scritto e che tanto si prodig affinch la sua arte fosse spiegata per ci che era veramente. Difficile inquadrare Savinio a priori, in qualche corrente artistica predefinita. Certo, conobbe i Surrealisti, certo suo fratello fu esponente di spicco della Metafisica. Ma Savinio elabor una poetica tutta sua, non convenzionale neanche per queste correnti di rottura. Apollinaire, amico dei De Chirico ed estimatore dellopera di Savinio, disse di lui che era grande come i geni del Rinascimento toscano. Nato in Grecia, rimase profondamente influenzato dalla cultura classica di quella terra, tanto che dipinse a pi riprese miti classici ed eroi, fino a identificarsi con Hermes, il pi misterioso e ambiguo dio dellOlimpo. Per Savinio la pittura deve essere antinaturalistica, non deve mai assomigliare alla realt, deve essere un mezzo per guardare oltre. E operazione mentale, concettuale, esercizio della mente. Limportante lidea, ed per questo che ogni medium pu essere valido: pittura, disegni, teatro, paro-

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le. I riferimenti culturali sono tanti, dalla monumentalit della pittura italiana degli anni 20 e 30, alla rivista Valori Plastici, allarchitettura razionalista, ma presente anche il mondo dellinfanzia, con le famose Isole dei giocattoli, mausolei riferiti a un tempo e a un periodo scomparsi per sempre; i miti greci, la letteratura, con omaggi allamico Apollinaire; lossessione per le aperture, finestre che mettono in scena, tea-

tralmente, potremmo dire, i soggetti dipinti; e ancora donne e uomini in abiti e interni borghesi, omaggio ai suoi familiari, ma con la faccia di galli, pellicani, struzzi e anatre, creature mutanti di un altro mondo. Concludono questo surreale percorso oggetti, abiti, mosaici e decorazioni create da Savinio nelle sue sperimentazioni, per terminare con la bellissima sezione teatrale in cui sono esposti disegni, bozzetti e ma-

quette dei suoi spettacoli, di cui fu spesso regista e drammaturgo. Io sono un pittore oltre la pittura, disse. Oggi non possiamo che dargli ragione. Alberto Savinio. La commedia dellarte Palazzo Reale. Fino al 12 giugno. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; giov. e sab. 9.3022.30. Biglietti: intero 9 euro, ridotto 7,5 euro.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Cirkus Columbia


di Danis Tanovic [Bosnia-Herzegovina, Francia, UK, Germania, Slovenia, Belgio, Serbia, 2010, 113] con Miki Manojlovic, Boris Ler, Mira Furlan, Jelena Stupljanin
Ma come fa chi ha ascoltato questa musica a rimanere cattivo? Georg Dreyman (Sebastian Koch) lancia nel vuoto questa domanda carica di dolore e frustrazione. Lo scrittore e drammaturgo seduto al pianoforte e sta eseguendo la Sonata per uomini buoni di Beethoven, regalo di Albert Jerska, amico e collega che si appena tolto la vita. Il partito a capo della DDR lo aveva gi ucciso con lemissione del divieto di lavoro. Nulla resta di un regista, per stessa ammissione di Jerska, a cui viene tolta la possibilit di dirigere unopera. Dreyman , al contrario, un artista rispettoso delle direttive del partito e immune alle mutilazioni artistiche che il potere ha operato su molti suoi colleghi. Mai potrebbe immaginare che la Stasi abbia installato delle cimici nel suo appartamento e che il capitano Gerd Wiesler (Ulrich Mhe) sia seduto, proprio come un normale pubblico a un concerto, rapito dallascolto di queste note sublimi. Wiesler, agente freddo e impenetrabile, fino a quel momento asservito ciecamente alle dinamiche del potere a capo della DDR, vede sgretolarsi il blocco di marmo delle proprie sicurezze dal coinvolgimento sempre pi intimo e profondo nella vita dello scrittore e della sua compagna, lattrice Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck). Gli anni di rigido e costante indottrinamento sono stati cancellati dalla carica emozionale profusa dalla poesia e dallempatia che scaturiscono dalle vite dei due artisti e dal fondamentale apporto della musica di Beethoven e delle poesie di Bertolt Brecht. Florian Henckel von Donnersmarck, regista di Le vite degli altri, risponde alla domanda posta da Dreyman attraverso il lento ma commovente risveglio di coscienza del protagonista. Le magistrali metamorfosi espressive di Ulrich Muhe ci manifestano la reale impossibilit a rimanere cattivi dopo lascolto di una cos sublime manifestazione delle potenzialit umane. Purtroppo le persone non cambiano molto facilmente, succede solo nelle commedie. Con queste parole il feroce ministro Bruno Hempf giustifica lirreversibilit delle pene inflitte agli artisti da parte del partito. Il film, premiato con lOscar come migliore opera straniera nel 2007, contraddice incontestabilmente le parole del dirigente politico inumano e spietato con un percorso di conversione che non pu non portarci a sperare che presto si possa sentire sia a Milano che in Italia una sonata per uomini buoni che induca a un risveglio irreversibile delle coscienze intorpidite. Marco Santarpia

In sala: Cinema Roma - Seregno

Biutiful
di Alejandro Gonzlez Irritu [Messico, Spagna, 2010, 148] con: Javier Bardem, Maricel Alvarez, Hanaa Bouchaib, Guillermo Estrella, Eduard Fernndez
Pap, pap, pap, con queste tre parole sussurrate da Ana (Hanaa Bouchaib) inizia Biutiful [Messico, Spagna, 2010, 148] di Alejandro Gonzlez Irritu. La bimba stringe la mano di Uxbal (Javier Bardem) suo padre - mentre lui, lentamente, sospira gli ultimi momenti di vita. Uxbal sente il richiamo della figlia, lo ascolta affievolirsi adagio, fino a perdersi in un sogno. Una visione. Ora in una foresta innevata, sorride con quelluomo che mai ha avuto la fortuna di vedere: suo padre. Questo Biutiful di Irritu: la perdita, la sofferenza, il padre. Uxbal non mai riuscito a conoscere suo pap, scappato in Messico dalla Spagna di Franco e mai pi ritornato. brutto non avere il pap, dice Mateo (Guillermo Estrella) figlio di Uxbal quando il padre gli racconta la sua storia. lancinante per Uxbal sapere di dover dare questa delusione al figlio, da l a poco. Ha un cancro. Pochi mesi separano Uxbal da una morte inesorabile. Irritu questa volta scrive una storia lineare. Non c Guillermo Arriaga come sceneggiatore, a differenza degli altri lavori del regista, e Biutiful procede sulla strada di Uxbal. Non ci sono storie parallele destinate a incrociarsi, ma solo Uxbal e la sua vita. La macchina da presa addosso a Bardem: lo segue, lo scruta da vicino; penetra nella sua pelle fino a raggiungerne lanima.

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Lattore bravo. Merita il premio ricevuto a Cannes, conferma il livello raggiunto nei film precedenti (penso a Non un paese per vecchi, Vicky Cristina Barcelona). Ma, stavolta regge il peso della storia sulle sue spalle. E la storia cruda. Un pugno dritto allo stomaco per noi in sala. Molti hanno detto e scritto che Irritu si facilmente appellato alle emozioni forti. vero. Un uomo col cancro che fa da intermediario tra malavita cinese e africana, una moglie alcolizzata e mezza troia, due figli cresciuti nella Barcellona-male, la dote di parlare con laldil utilizzata per racimolare qualche soldo. vero, un appello alle emozioni. Ma riesce.

Riesce a farti entrare nelle piaghe di Uxbal, a farti patire le sue sofferenze. Irritu usa il suo cinema per farci assaggiare un mondo altro. E ci riesce. Come si scrive biutiful?, domanda Ana al padre. Biutiful qualcosa che Uxbal non riesce a dare ai suoi figli; un futuro scritto, inesorabile, su cui Uxbal non ha alcun potere. Homo faber fortunae suae, seguendo una locuzione latina, ma Uxbal non artefice del proprio destino. Il suo corpo degenera, i suoi bimbi non avranno pi un padre. Sembrava scorrere su una linea Biutiful ma, forse, girava attorno a un cerchio. Siamo di nuovo qui, dove eravamo allinizio: pap, pap,

pap, con queste tre parole sussurrate da Ana finisce Biutiful. La bimba stringe la mano di Uxbal suo padre - mentre lui, lentamente, sospira gli ultimi momenti di vita. Uxbal sente il richiamo della figlia, lo ascolta affievolirsi adagio, fino a perdersi in un sogno. Una visione. Ora in una foresta innevata, sorride con quelluomo che mai ha avuto la fortuna di vedere: suo padre. Paolo Schipani In sala: Anteo Spazio Cinema Gioved 9 giugno rassegna Rivediamoli

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BRUNO TABACCI: STO CON PISAPIA http://www.youtube.com/watch?v=gFT_4Vmi_I8

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