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RUE DES BOUTIQUES OBSCURES, MODIANO

L'opera è intarsiata di un riuscitissimo gioco di ricordi. Il romanzo di Modiano concerne le vicende vissute da un
gruppo di ragazzi durante il periodo dell'Occupazione tedesca di Parigi e della Francia, il tutto a partire dalla
ricerca (avvenuta a guerra ormai conclusa) da parte del protagonista, vittima di amnesia, di notizie inerenti al
suo passato e alla sua vita in quel periodo di puro terrore. L'opera si apre in medias res e la vicenda si sviluppa
attraverso numerosi flashback, spesso legati a ricordi confusi del protagonista; l'ambiente entro cui si muovono i
personaggi è principalmente la Parigi del secondo Novecento, descritta con dovizia di particolari sia per quel che
concerne i suoi aspetti quotidiani che in merito alle sue realtà più nascoste ed oscure. Tra i 47 capitoli di cui il
romanzo è composto, se ne inseriscono spesso alcuni di lunghezza ridotta, dedicati interamente a documenti
inerenti alla biografia dei personaggi, a numeri di telefono, a indirizzi o, talvolta, anche a brevi soliloqui del
protagonista-narratore circa ricordi tanto fugaci quanto nebbiosi. Come tutti i romanzi di Modiano, Via delle
Botteghe Oscure presenta una conclusione sospesa, dovuta al fatto che la riflessione autobiografica su di sé
(inseribile all'interno del discorso sull'Io tipico del Novecento) che l'autore attua all'interno delle proprie opere
risulta pressoché infinita.

« Gente strana, che al passaggio lascia solo una scia di nebbia che prontamente svanisce. Con Hutte
chiacchieravo spesso di questi esseri di cui le orme si perdono. Nascono un bel giorno dal nulla e al nulla
ritornano dopo un fugace brillio. Reginette di bellezza, gigolos, farfalle. La maggior parte, anche da vivi, non
avevano più consistenza di un vapore destinato a non condensarsi mai. »

“Via delle Botteghe Oscure” è il sesto romanzo di Patrick Modiano, Premio Nobel per la letteratura del 2014: si
tratta di un vero e proprio romanzo della memoria, da intendersi nel senso autobiografico del termine, dal
momento che (come quasi tutte le opere dell'autore) esso travalica la dimensione di impersonalità tipica di
questo genere letterario per lasciare spazio a una sorta di rievocazione della vita e del passato dello stesso
Modiano (in maniera comunque mai diretta, ma velata dall'alone di mistero che si cela dietro gli pseudonimi dei
vari personaggi). Ambientata nella Parigi del 1965, l'opera si sviluppa mediante numerosi flashback (spesso non
annunciati), che trasportano il racconto in una dimensione quasi atemporale, dal momento che in essa riescono
a coesistere in maniera asistematica presente e passato. Anche lo spazio tende a variare in maniera inaspettata
all'interno del testo, ma sempre con una dinamica più precisa e meno atipica.

TRAMA
Il romanzo racconta le vicende dal punto di vista del protagonista-narratore, chiamato con lo pseudonimo di Guy
Roland, un uomo di cui nessuno sa nulla, né lui stesso né tanto meno i lettori, a causa di un'amnesia che lo ha
colpito all'incirca 10-15 anni prima del 1965: questi lavora da circa 10 anni presso l'agenzia investigativa di
Costantino Von Hutte, colui che tempo prima gli aveva fornito la nuova identità temporanea e che ora, essendo
in procinto di andare in pensione, ha deciso di lasciargli il suo ufficio come base d'appoggio per le ricerche in
merito al suo passato. Fin dal secondo capitolo, Modiano è riuscito a rendere partecipi i lettori all'interno del suo
romanzo, attraverso una serie di espedienti che possono essere definiti come la sua firma stilistica: egli, infatti,
ha creato un'opera che in pochissime pagine (201) contiene un vero e proprio labirinto di informazioni, di storie,
di vite intrecciatesi tra loro al punto da non poter essere più scisse. La struttura labirintica dell'opera è infatti il
marchio di fabbrica di Via delle Botteghe Oscure. Durante la ricerca del proprio passato, Guy ritrova (a volte
anche grazie a personaggi marginali) particolari tanto utili quanto all'apparenza insignificanti: spesso, infatti, le
vere e proprie svolte del suo investigare partono dalle fotografie, alcune delle quali non ritraggono neppure lui.

Nel corso del racconto, Guy scopre di essere stato a lungo legato con Freddie Howard de Luz, e il tutto avviene
grazie al ritrovamento (in mezzo ad alcune fotografie) di un'immagine che sembrava ritrarre proprio il
protagonista accanto a Gay Orlow, anch'ella sua grande amica e moglie di Freddie. Il vero fulcro della sua ricerca
e del suo stesso passato, però, ha inizio nel momento in cui Guy viene a conoscenza di essere stato a lungo
legato a una donna: Denise Coudreuse. Ritrovando lei (seppur mai di persona), il protagonista riesce anche a
conoscere il suo vero nome, o meglio a trovare due sue possibili identità: Pedro McEvoy o Jimmy Pedro Stern.
Ma lui quale dei due è di preciso? Non si scoprirà neppure alla fine del romanzo.

In quest'atmosfera di dubbio, ansia e continua ricerca, il protagonista riesce pian piano a ricordare ogni cosa, a
far tornare alla memoria anche i più piccoli particolari in merito a ciò che lui stesso era stato in quel passato che
gli era fino ad allora sembrato così distante: infatti, grazie ad un nuovo incontro casuale con un personaggio, il
fantino André Wildmer (suo amico di vecchia data e ex dipendente del nonno di Freddie), verso la fine dell'opera
il narratore viene informato di una parte di ciò che gli era successo una decina di anni prima, e andando a
scavare nella memoria tutto gli si fa chiaro. Intorno al 1940, lui, Denise e i loro amici (Freddie, Gay e André)
erano partiti da Parigi e avevano raggiunto Megève con dei falsi passaporti domenicani per sfuggire
all'Occupazione tedesca della Francia e, dopo un periodo di stallo nella cittadina dell'Alta Savoia, lui e Denise
erano stati convinti da Oleg de Wréde e Bob Besson a passare illegalmente il confine con la Svizzera (dietro un
lauto pagamento): quello, però, sarebbe stata l'inizio della fine, oltre che la causa dell'amnesia del protagonista.
Una volta giunti abbastanza lontani sia da Megéve che dal confine con la Svizzera, infatti, i due malfattori si
erano fatti pagare e poi avevano fatto in modo di dividere i due amanti, per poi abbandonarli in due luoghi
diversi: da quel momento in avanti il protagonista e Denise non si sarebbero mai più rivisti.

Alla fine del romanzo, Modiano fa un altro salto temporale e spaziale: troviamo, infatti, il protagonista a Padipi
(vicino a Bora Bora, in Polinesia), sulle tracce di Freddie che ha, ormai, cambiato nome. Non trovandolo dove
aveva sperato ma sicuro che l'amico sia ancora vivo, il narratore prende una decisione: andrà a Roma, in Via
delle Botteghe Oscure 2, dove il presunto sé stesso Pedro McEvoy avrebbe vissuto per alcuni anni, nel tentativo
di rimettere a posto gli ultimi tasselli del puzzle che era diventata la sua vita. Il romanzo si conclude così, con un
“finale senza finale”, con un pensiero scaturito nel protagonista al ricordo di una delle prime fotografie di Gay
Orlow che aveva ritrovato all'inizio del suo percorso attraverso la memoria: in quell'immagine Gay era bambina,
piangeva, e allora il nostro Pedro McEvoy Stern inizia a pensare che “le nostre vite non sono forse così rapide a
dissolversi nella sera come quel dispiacere infantile?”. Quasi nessuno dei romanzi di Modiano ha un vero e
proprio finale, dal momento che lo stesso autore cerca costantemente di attuare all'interno delle sue opere una
vera e propria indagine introspettiva e psicologica della propria persona che, in quanto tale, non potrà mai avere
fine.

ANALISI
 La figura della donna
Un tema fondamentale all'interno della produzione di Modiano concerne la figure femminili dei suoi romanzi:
complice il pessimo rapporto con la madre attrice (che, una volta che il padre li ha abbandonati, ha preferito
andare in tour a far carriera anziché badare al figlioletto) e, al contempo, anche il punto di riferimento
rappresentato dalla moglie (la cui presenza ha cambiato radicalmente l'esistenza dell'autore, facendo sì che
mettesse la testa a posto e abbandonasse tutte le scorribande cui era abituato fin dalla più tenera età), le figure
femminili rappresentano un cardine del pensiero di Modiano. Nel caso specifico di “Via delle Botteghe Oscure”,
si alternano numerose figure di donne, ma la più importante rimane una: Denise Yvette Coudreuse, amante del
protagonista e presenza quasi “velata” all'interno del racconto. Fino a un certo momento, il narratore non
ricorda nulla di lei, neppure osservando le fotografie che li ritraggono insieme o in cui si trova lei sola: solo nel
momento in cui la nebbia dei suoi ricordi inizia a dipanarsi lui riesce a visualizzare lei, la loro vita insieme, il suo
sorriso, i suoi occhi chiari in cui si è perso già al loro primo incontro. In lei si riversano componenti
autobiografiche provenienti sia dalla madre che dalla moglie di Modiano: infatti, come per la madre nella vita
dell'autore, il protagonista riesce a tastare concretamente l'assenza di questa donna nella sua vita, la sua
lontananza nel tempo e nello spazio, la facilità con cui il suo ricordo si sbiadisce all'interno della memoria. Al
contempo, però, Denise rappresenta anche l'amore incondizionato, la spensieratezza, la gioia che persiste anche
all'interno delle disavventure e dei dispiaceri: come la moglie di Modiano è stata per lui un faro il mezzo alla
tempesta emotiva che aveva condizionato la sua vita prima di incontrarla, così Denise è la luce in fondo al tunnel
che il protagonista sta vivendo a causa dell'Occupazione nazista, della guerra e del periodo di terrore che essa ha
rappresentato in Francia e in tutta Europa.
 La figura della madre
All'interno di questo romanzo, la figura della madre di Modiano risulta presente in maniera quasi impercettibile,
dal momento che (all'infuori di alcuni aspetti del personaggio di Denise che ne richiamano il suo lato di donna
quasi totalmente assente nella vita del figlio) ella non viene veramente citata all'interno dell'opera, bensì
richiamata dall'autore mediante un particolare che, ad una prima lettura, potrebbe sembrare insignificante. La
donna, infatti, tra le varie relazioni di cui si ha memoria, ne avrebbe anche intrapresa una con il gangster Lucky
Luciano, che nel romanzo viene citato come partner temporaneo della giovane Gay Orlow. Traendo le dovute
conclusioni, dunque, si può ipotizzare che una parte della figura della madre di Modiano riviva all'interno del
romanzo nella Gay Orlow del periodo americano. Quest'ultima infatti, ballerina di professione, quando si trovava
in America ebbe, nel giro di pochi anni, tre vere e proprie relazioni: anzitutto quella con il primo marito, Waldo
Blunt, priva di alcun sentimento e puramente di convenienza, la seconda con il suddetto Lucky Luciano e poi
quella con Freddie Howard de Luz, compagno di vita del protagonista che sarebbe poi diventato il suo vero
amore. Allo stesso modo, anche la madre di Modiano, soprattutto grazie alla sua vita da attrice ed ai conseguenti
viaggi in giro per il mondo, ebbe modo di intraprendere varie relazioni con altrettanti uomini, spesso molto
diversi gli uni dagli altri: in questo modo, però, la donna si perse buona parte della vita del figlio, che
probabilmente non gli ha mai perdonato tale assenza.
 La figura del padre
Tenendo conto di come Modiano abbia sempre avuto un rapporto fortemente problematico con la figura del
padre (un ebreo antiquario di Salonicco che aveva abbandonato lui e sua madre per un'altra donna) e di come
tale conflittualità sia sempre emersa all'interno della sua produzione letteraria, possiamo notare come in questo
romanzo un corrispettivo letterario della figura paterna di Modiano compaia in un unico episodio e solamente
come accenno: egli, infatti, cita il padre del protagonista (anch'egli nativo di Salonicco, a indicare
l'autobiograficità di questo personaggio in particolare) solamente nel momento in cui parla del Collegio di Louiza
e d'Albany, dove questo si recava nei loro giorni di libertà a prendere Guy/Pedro e Freddie con la sua
automobile. Questa scarsa attenzione riservata a una figura così importante sia per la vita che per la produzione
di Modiano può solamente stare a indicare il momento dell'abbandono della figura paterna e le sue
conseguenze sulla vita dell'autore: come per Guy/Pedro, per Modiano del padre non rimane che un alone velato
tra i ricordi della sua infanzia, e probabilmente il dolore conseguente al suo abbandono e l'odio che lui stesso
prova nei confronti di questo padre assente e senza cuore si sono riversati qui nella figura del padre del
protagonista, cancellato nella memoria di quest'ultimo da un'amnesia devastante.
 La dimensione del tempo e dello spazio
All'interno del romanzo “Via delle Botteghe Oscure”, Patrick Modiano è riuscito a far coesistere presente e
passato, attraverso procedimenti narrativi peculiari ed alquanto significativi. Tipico di tutta la sua produzione
letteraria, il recupero del passato e della dimensione del ricordo risulta essere una delle costanti narrative che
più caratterizzano la personalità artistica dell'autore: egli, infatti, rivivendo in chiave autobiografica le proprie
opere, pare aver sempre teso a riproporre il problema (fondamentale per la sua vita) della ricerca di una
continuità tra presente e passato, della riscoperta e di una sorta di riflessione su sé stessi attraverso quello che si
è stati in un tempo ormai lontano nella memoria. All'interno dell'opera i passaggi temporali dal presente al
passato o dal passato al presente non sono mai preannunciati: passando da un capitolo all'altro, il protagonista-
narratore non si preoccupa di avvisare il lettore che il tempo del racconto è variato, bensì passa con estrema
naturalezza dalla ricerca presente di fonti sul passato al passato stesso, attraverso flashback tanto suggestivi
quanto misteriosi, fonti spesso più di dubbi che di certezze. Al contempo, anche i luoghi variano senza un
effettivo filo conduttore, in quanto strettamente legati al tempo ed ai suoi mutamenti repentini: è possibile,
quindi, trovarsi in un capitolo all'interno del quale il protagonista si trova in un quartiere parigino del 1965 per
poi passare al successivo in cui lo stesso narratore sta ricordando una parte del viaggio a Megève avvenuta una
decina di anni prima. Questa suggestiva e del tutto peculiare dimensione spazio-tempo tipica dei romanzi di
Modiano non è altro che la firma dell'autore, il quale riesce brillantemente in ogni sua opera a spostarsi da un
luogo ad un altro, a passare da un determinato periodo ad un altro con una maestria tale che non gli si sarebbe
potuto negare il Premio Nobel per la letteratura, di cui è stato insignito nel 2014.
Chi è Guy Roland? Modiano non ce lo dice e non può dircelo nemmeno il protagonista stesso. Guy lavora a Parigi
come investigatore privato, ma il suo passato è un mistero. Indaga sulle vite altrui, ma la sua esistenza è stata
spezzata in due dieci o quindici anni prima da un’amnesia le cui cause restano oscure. Guy non è che una
silhouette dal nome inventato, invisibile tra gli uomini, come il suo mestiere esige.
Je ne suis rien. Rien qu’une silhouette claire, ce soir-là à la terrasse d’un café. (p.11)
Fino al 1965, Guy ha vissuto nell’oblio, forse timoroso di riaprire il vaso di Pandora del proprio passato. Quando
Hutte, il suo capo, va in pensione e chiude l’agenzia, si ritrova solo con se stesso e deve prendere una decisione:
continuare a fingere o riprendere il sentiero interrotto anni prima. Comincia così una ricerca labirintica, che non
è semplice indagine poliziesca, ma esistenziale. Guy non ha che pochi elementi a disposizione: un nome, una
sensazione, qualche luogo, volti sbiaditi, una vecchia canzone. Sono passati tanti anni, forse molte persone sono
morte e non potranno più parlare.
La vera domanda, però, è un’altra. Per Guy non si tratta solo di trovare gli indizi e dargli un senso, ma soprattutto
di capire se vuole andare fino in fondo. Ha esitato a lungo e la nuova vita non pare dispiacergli: occuparsi degli
altri è un buon modo per non occuparsi di sé stessi. L’oblio è un buon anestetico, che forse ha cancellato una
perdita legata non solo alle vicende personali di Guy, ma a quel grande trauma collettivo che fu la Seconda
Guerra Mondiale. Tutto sommato, però, Guy non ha scelta. Ha vagato come un fantasma troppo a lungo e rischia
di scomparire, inghiottito da quei vicoli, tra cui cerca la propria ombra.
Lungi dal chiarire le cose, la ricerca sembra infittire i misteri e moltiplicare le piste. É tutto un gioco di ricordi, di
amici di amici, di tali che abitavano in una casa in cui abitava un tale, di nomi stranieri e strampalati che evocano
sensazioni di dejà-vu. Nemmeno le fotografie possono aiutare. In ogni foto di cui entra in possesso, Guy cerca il
sé stesso di quindici o vent’anni prima, ma vede solo persone sorridenti e spensierate. Ogni volto nasconde una
promessa e Guy cerca le somiglianze, in un disperato processo di auto persuasione che lo spinga a dire:
“Quest’uomo sono io quindici anni fa”. Non è un’intuizione, ma una narrazione che si fa e disfa passo dopo
passo. Non ci sono fatti, solo interpretazioni.

L’identità non è solo un conoscersi nel tempo in maniera coerente, ma anche e soprattutto un essere
riconosciuti dagli altri. La risposta può venire forse dall’alterità, ma Guy non può esporsi troppo. La sua deve
restare una ricerca in incognito, perché ogni speranza rivelata rischierebbe di influenzare i suoi interlocutori e
indurre falsi ricordi. Il tempo (e forse la guerra) ha imbrigliato le immagini, ogni parola potrebbe creare una
narrazione ad hoc, coerente e verosimile, ma pur sempre falsa.
Ad ogni ipotesi, Guy associa una storia possibile, una vita diversa che potrebbe o avrebbe voluto vivere. Il suo è
un piccolo vagabondaggio, fatto di volti mai banali. I personaggi che incontra si lasciano andare alla nostalgia,
raccontando a loro volta storie drammatiche, in un rinvio infinito di vite umane stroncate troppo presto dalla
morte o uccise dalla routine. Il romanzo, pur caratterizzato da una certa malinconia, assume così a tratti toni
stranianti. Quello di Guy diventa un viaggio nell’assurdo: c’è chi, come lui, vive senza memoria e c’è chi, invece, è
intrappolato nei ricordi e non riesce più a vivere.
Unica costante, nella babele delle storie e delle vite, una presenza femminile, un amore decisivo che potrebbe
essere la chiave di volta dell’intera vicenda. O forse no. Guy è condannato a seguire questa costante come un
orizzonte irraggiungibile. Quand’anche il vecchio amore fosse evocato, con i suoi tumulti e passioni, l’identità di
Guy potrebbe ancora restare celata. Che cos’è, d’altronde, l’identità? Una serie di azioni nel tempo? Un’integrità
psico-fisica? Un volto che emerge nella scia di un profumo? Manca, e forse mancherà per sempre, il pezzo
centrale del puzzle.
Hutte répétait qu’au fond, nous sommes tous des « hommes plages » et que « le sable – je cite ces propres
termes – ne garde que quelques secondes l’empreinte de nos pas. (p.72)
Cosa resta allora se siamo tutti “uomini-spiagge”, destinati a una ricerca vana delle nostre tracce nel passato?
Restano le rues des boutiques obscures, quegli edifici e quelle vie che, contrariamente alle esistenze umane,
continuano nascondere imperterrite i misteri dei passanti tra i loro solidi anfratti.

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