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TOSCANELLO IN MUSICA
DI MESSER PIERO ARON FIORENTINO DEL ORDINE HIEROSOLIMITANO
ET CANONICO IN RIMINI, NUOVAMENTE STAMPATO CON L'AGGIUNTA DA
LUI FATTA ET CON DILIGENTIA CORRETTO.
Ad totius Italiae iuventae de Petri Aron egregii musici laudibus Io. Gazoldi epig.
Si vis scire modum generosa iuventa candendi
Petrus Aron clarus musicus arte docet.
Edocet ut coelum numeris moveatur, & alta
Organa pulsentur, voceque faxa movet.
Attrahit hic sylvas, labentia flumina sistit,
Threiicius vates cedere iure potest.

CON PRIVILEGIO Desiderio Ventura da Moro [s1523: page 2]


Andrea Gritti, per gratia di Dio, duse 'Duse' i.e. 'doge'. di Vinegia &c., a tutti magistrati,
uno per uno, di questa nostra città, et alli rettori di tutte le terre et luoghi nostri, et a
qualunque ufficiali et sudditi nostri, et a tutti glialtri alli quali queste nostre lettere
perveneranno, volemo esser noto, che hoggi nel consiglio nostro di pregati è stato presa
parte del tenore infrascritto, cioè l'anderà parte che per autorità di questo consiglio sia
concesso a Don Piero Aaron, musico, di poter fare stampare una opera nuova dal lui
composta, che si chiama il Thoschanello, con condition che alcuno altro fra termino di
anni diece prossimi non possa quella stampare, sì in questa nostra città di Vinegia, come
in qualunque altra città, terra over luogo della S. nostra, né etiamdio altrove stampare
portare et vendere nelle predette città, terre et luoghi della prefata S. nostra, sotto pena
di perdere le opere et di pagare ducati diece per ciascuna opera stampata overo venduta
contra la presente concessione, un terzo della qual pena sia dello accusator, un terzo del
nostro arsenal et l'altro terzo di lui, D. Piero; et la essecutione della presente
concessione sia commessa alli patroni nostri del arsenal; per la qual cosa, per
autorità del predetto consiglio, commandiamo a voi tutti et a ciascun di voi, alli quali
questa nostra essecution può appartenere, che osserviate et facciate osservarsi
pienamente questa nostra gratia da ognun, come che si conviene a voi et tutti gli altri
nostri fideli essequire et fare essequire, mentre dura il spatio di diece anni predetti. Date
nel nostro palazzo ducale, il dì terzo di luglio, nella indittione undecima M D XXIII.
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AL REVERENDO ET MAGNIFICO MONSIGNORE SEBASTIANO MICHELE,
PATRITIO VENETO, CAVALLIERE HIEROSOLYMITANO ET PRIORE DI SAN
GIOVANNI DAL TEMPIO DIGNISSIMO, PIERO AARON FIORENTINO,
CANONICO RIMINESE. For further information on this preface, see Bonnie J. Blackburn, Edward E.
Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 81 sqq.

Non è alcun dubbio, gentilissimo mio Signore, che di gran parte di beni et de' mali che
gli huomini sentono, e principi ne siano cagione, et questo a noi le antiche et le moderne
historie apertamente lo manifestano. Né punto è dalla ragione lontano darsi l'huomo a
credere che quelli, che hanno imperio sopra gli altri, possano molte cose operare, sì in
utile come etiamdio in danno di molti, assai più agevolmente che qualunche altro
privato. Et questo, sì come in altre cose apertamente si dimostra, così in ciascuna
facoltà di ingegno, perciò che noi vediamo in ogni tempo di quelle virtù essere stati gli
huomini più studiosi, delle quali e principi più si sono dilettati, perciò che ciascuno
più volentieri in esse si è affaticato per piacere al prencipe dal quale sperava alle sue
fatiche premio alcuno, della qual cosa, per non dare a vostra signoria essempi antichi,
perciò che forse harebbono minore forza, uno solo mi basterà adducere de' nostri tempi:
Leone X pontefice, il quale, benché fussi di molte virtù ornato et studioso, non di meno
di niuna si è più dilettato et niuna hebbe più favorita et essaltata che la musica. Donde è
proceduto che sotto il suo pontificato, molti si sono affaticati, ciascuno secondo le lor
forze, di far profitto in essa, per gli ampi premii che alle loro fatiche vedevano essere
proposti, tra gli quali io sono stato uno, il quale in tenue fortuna nato, ricercando per
alcuna honesta [s1529: page 4]via di sostentare la mia tenuità, negli studii di musica mi
sono non poco affaticato, se non così felicemente come harrei voluto, almeno quanto
l'ingegno et la industria mia ha potuto, et harrei al tutto disperato il premio alle fatiche
mie per la importuna morte di Leone, se Vostra Signoria non mi si fussi offerta unico
presidio alla afflitta mia fortuna, laquale quantunque di potere a Leone non sia pari, non
però è in alcuna virtù a quello inferiore, né in studio di favoreggiare qualunque
di virtù non sia spogliato, ilche sempre hebbe dimostrato nutrendo, favoreggiando et
exaltando in ogni tempo valenti huomini et prencipalmente musici. Io adunque, come
colui che in Vostra Signoria ha posto ogni speme delle fatiche sue, et in niuna cosa mi
risparmierò, se mi sarà prestato occasione di dimostrare a Vostra Signoria quanto a gli
commodi di quella sia pronto, et hora nel mandare in luce di queste mie compositioni, le
ho voluto dimostrare. Fo adunque a Vostra Signoria presente di questo mio libretto, il
quale, come alla grandezza di Vostra Signoria non sia convenevole, non di meno et al
piccolo potere mio et alla gentillezza di quella non molto si disconviene. Resti
contenta Vostra Signoria, che essendo io suo, et anchora le cose mie (quali si sieno) sue
et siano, et si chiamino.
AL MOLTO REVERENDO ET MAGNIFICO MONSIGNORE SEBASTIANO
MICHELE, GENTILHUOMO VENETIANO, CAVALIERE
HIEROSOLIMITANO ET PRIORE DI S. GIOVANNI DAL TEMPIO
DIGNISSIMO, PIERO ARON FIORENTINO.

Non è alcun dubbio, osservandissimo Signor mio, che di gran parte de' beni & de'
mali che gli huomini provano, i principi per lo più ne sono cagione, ilche le antiche & le
moderne historie apertamente ci manifestano. Né punto è da la ragione lontano questa
credenza, che coloro che hanno imperio sopra gli altri, molte cose possano adoperare,
così in utile, come etiandio in danno di molti, assai più agevolmente che qualunque altro
privato. Et questo sì come in altre cose si vede, così apertamente si dimostra in ciascuna
facoltà d'ingegno, percioché noi vediamo che gli huomini in ogni tempo sono stati di
quelle virtù più studiosi, de le quali i principi si sono più dilettati, percioché ciascuno
più volentieri in esse si è affaticato per piacere al principe, dal quale ha sperato a le sue
fatiche alcun premio, de laqual cosa, per non dare a V. Signoria essempi antichi, i quali
forse sarebbono di minor forza, solo uno mi basterà adducerne de' nostri tempi, cioè
Leone Papa Decimo, il quale, ben che fosse di molte virtù studioso &
ornato, nondimeno di niuna più si dilettò & niuna più ne favorì & essaltò, che la musica.
Donde è proceduto che sotto il suo pontificato, molti si sono industriati, ciascuno
secondo le forze sue, di far profitto in essa, per gli ampi premii che a le loro fatiche
vedevano essere proposti. Tra' quali io sono stato uno, il quale in debole fortuna nato,
desiderando per alcuna honesta via di sostentare la mia debolezza ne gli studii
della musica, mi sono non poco affaticato, se non così felicemente come harei voluto,
almeno quanto l'ingegno & la industria mia ha potuto; & ben mi sarei disperato affatto
del premio delle mie fatiche per la importuna morte di quel magnanimo &
liberalissimo pontefice, se V. Signoria non mi si fosse offerta unico presidio & sostegno
a la mia afflitta fortuna, la quale, quantunque di potere sia di gran lunga disuguale a
Leone, non è però in alcuna virtù a quello inferiore, né in istudio di favoreggiare
chiunque non sia del tutto privo di virtù, il che sempre, quanto il suo grado sostiene, ha
mostrato con l'opere, non solamente favoreggiando, ma nutrendo & essaltando in ogni
tempo valenti huomini, & principalemente musici. Io adunque, come colui, che in V.
Signoria ho posto ogni speranza delle fatiche mie, essendo hora per mandare in luce
questo mio libretto, a lei ho voluto indirizzarlo & donarlo; & come che io conosca assai
bene, che egli alla grandezza di V. S. poco si confà; nondimeno parmi che & al piccolo
poter mio, & a la gentilezza di quella non molto si disconvenga, & che essendo io suo,
non sia fuori di ragione che anchora le cose mie (quali elle si sieno) sue & siano, & si
chiamino perpetuamente.
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CAPITOLI DEL PRIMO LIBRO.

Laude della musica. Cap. I.

Delli inventori della musica. Cap. II.

Diffinitione et derivatione della musica. Cap. III.

Della musica mondana, humana et istromentale. Cap. IIII.

Cognitione di voci et suoni et varii istromenti. Cap. V.

Della intelligenza del modo. Cap. VI.

Cognitione del modo minor perfetto. Cap. VII.

Che cosa sia tempo. Cap. VIII.

Che cosa sia prolatione. Cap. IX.

Quanto sia il valore delle note nel modo maggiore perfetto et imperfetto, modo minor
Cap. X.
perfetto et imperfetto.

Del valore di ciascheduna nota nel modo maggior perfetto posto con il segno Cap. XI.
sequente, .

Valore del modo maggior perfetto nel tempo imperfetto et prolatione perfetta, come

Cap. XII.

qui, .

Per il secondo segno del maggior perfetto. Cap. XIII.

Per il modo maggiore imperfetto. Cap. XIIII.

Per il modo minor perfetto. Cap. XV.

Per il modo minore imperfetto. Cap. XVI.

Valore del modo maggiore perfetto nel segno del tempo perfetto et prolatione imperfetta, come
Cap. XVII.
qui, .

Per il secondo segno del modo maggior perfetto. Cap. XVIII.

Per il modo maggiore imperfetto. Cap. XIX.

Per il modo minor perfetto. Cap. XX.

Per il modo minore imperfetto. Cap. XXI.

Valore del modo maggior perfetto nel segno del tempo et prolatione imperfetta, come

Cap. XXII.

qui, .

Per il secondo segno del modo maggior perfetto. Cap. XXIII.

Per il modo maggiore imperfetto. Cap. XXIIII.

Per il modo minore perfetto. Cap. XXV.

Per il modo minore imperfetto. Cap. XXVI.

Della intelligenza del modo maggior perfetto et modo minore et tempo per varii segni . Cap. XXVII.

[s1523: page 6][s1529: page 6]Della cognitione del modo minor perfetto et imperfetto, tempo et Cap.
prolatione, per varii segni. XXVIII.

Come siano intese le note over figure perfette. Cap. XXIX.

Dimostratione delle note imperfette. Cap. XXX.

Come la lunga nel tempo perfetto non si può dire imperfetta. Cap. XXXI.

Della cognitione et natura del punto. Cap. XXXII.

Cap.
Delle note alterate et sua intelligenza.
XXXIII.

Cap.
Cognitione della maxima et lunga di color pieno.
XXXIIII.

Della figura breve piena. Cap. XXXV.

Cap.
Della figura semibreve piena.
XXXVI.

Cap.
Che cosa sia syncopa.
XXXVII.

Cap.
Cognitione et modo di cantar segni contra a segni necessarii.
XXXVIII.

Cap.
Come li cantori habbiano a numerare li canti.
XXXIX.

Delle note in legatura. Cap. XXXX.

CAPITOLI DEL SECONDO LIBRO.

Che cosa sia tuono. Cap. I.

Del semituono minore et maggiore. Cap. II.

Del ditono. Cap. III.

Del semiditono. Cap. IIII.

Del tritono. Cap. V.

Del dia tessaron. Cap. VI.

Del dia pente. Cap. VII.

Del hexachordo maggiore. Cap. VIII.


Del hexachordo minore. Cap. IX.

Del dia pason. Cap. X.

Del genere chromatico. Cap. XI.

Del genere enarmonico. Cap. XII.

Dichiaratione del contrapunto. Cap. XIII.

Delle consonanze perfette. Cap. XIIII.

Delle concordanze imperfette in contrapunto usate. Cap. XV.

Come il compositore debbe dare principio al suo canto. Cap. XVI.

[s1523: page 7]Se la consonanza o concordanza è necessaria al principio del canto. Cap. XVII.

[s1529: page 7]Della terminatione o vorrai dire cadenza ordinata nel soprano. Cap. XVIII.

Modo di comporre psalmi et Magnificat. principii, mezi, et fini de' tuoni Cap. XIX.

Della natura del diesis. Cap. XX.

Del modo del comporre il contrabasso et alto dopo il tenore et canto, precetto primo.
Cap. XXI.

Precetto secondo. Cap. XXII.

Precetto terzo. Cap. XXIII.

Precetto quarto. Cap. XXIIII.

Precetto quinto. Cap. XXV.

Precetto sesto. Cap. XXVI.

Precetto settimo. Cap. XXVII.

Precetto ottavo. Cap. XXVIII.

Precetto nono. Cap. XXIX.

Precetto decimo. Cap. XXX.

Ordine di comporre a più di quatro voci. Cap. XXXI.

Che cosa sia proportione. Cap. XXXII.

Del superparticolare genere. Cap. XXXIII.


Del superpartiente genere. Cap. XXXIIII.

Del molteplice superparticolare genere. Cap. XXXV.

Del molteplice superpartiente genere. Cap. XXXVI.

Della proportionalità arithmetica. Cap. XXXVII.

Della geometrica proportionalità. Cap. XXXVIII.

Della armonica proportionalità. Cap. XXXIX.

Divisione del monachordo per tuoni et semituoni naturali et accidentali. Cap. XXXX.

Della partecipatione et modo d'accordar l'istromento. Cap. XXXXI.


[s1523: page 8][s1529: page 8][s1539: page 4][s1562: page 4]

For further information on this woodcut, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 86.

[s1523: page 9][s1529: page 9][s1539: page 5][s1562: page 5]

LIBRO PRIMO.
LAUDE DELLA MUSICA. CAP. I.
Molti excellenti scrittori antichi et moderni hanno raccolte le lode della musica et con
buona cura a que' che succeder devranno raccomandate, fra' quali anche io nell'altra
opera mia de Institutione harmonica diedi opera che non si tacesse, per la qual cosa, se
hora altro non ne parlassi, molto bene potrei essere iscusato per quel detto de' causidici,
che vieta essercitare la cosa essercitata. Non dimeno, perciò che in sino a qui non è stato
detto (che io sappia) salvo in greco et in latino, ho tolta questa nuova fatica,
pensando che niuna scusa mi sia buona se al presente non referisco brievemente alcune
cose in commendatione et ornamento di simile scienza, delle quali io faccia partecipi
quelli che più della lingua nostra materna hanno cognitione. Farollo adunque volentieri,
aggiungendovi qualche cosa che forse da ognuno non è stata detta. Di tutte l'arti che
liberali si chiamano, ritruovo la musica di nobilità, di valore et di pregio
eccellentissima, et primieramente nobilissima la dirò per essere lei fra l'altre discipline
non solo alla contemplatione utile (sì come Boetio afferma), ma anchora allo operare di
grandissimi effetti necessaria, donde aviene che se la prudenza, perciò che ricerca
la verità, et giustitia, perciò che l'essequisce, sono celebrate, questa che del l'una et
del'altra fa l'effetto, tutte scienze che solamente contemplano et tutte l'altre arti che
solamente operano vence di autorità et di chiarezza. Appresso, per essere antiquissima,
tanto di honore le si può dare quanto ad alcuna altra scienza, perciò che non solo a'
tempi di Troiani, iquali senza dubbio sono antiquissimi, era in pregio, sì come per
Homero nel l'Iliade et nel l'Odissea si comprende, ma per lo adietro di tre età che
successivamente succedettero in stima grande ritrovossi: per la prima in Orpheo, per
l'altra in Amphione et per la terza in Harmonia, moglie di Cadmo. Harmonia tanto seppe
ben sonar la piva che non mancano autori, li quali dicono quella concordanza di
differenti voci, che noi chiamamo harmonia, da lei haver pigliato il nome. Amphione al
dolce [s1523: page 10]suono della sua lyra edificò le mura [s1529: page 10]di Thebe, et
inventore della musica et figliuolo di Giove fu reputato. Orpheo et di un dio, cioè di
Apolline, et di una dea, cioè di Calliope, principe delle Muse, si credette esser nato, non
per altro, se non che nell'età de' padri di que' duchi et signori, che a Troia per la rapina
d'Helena fecero guerra, hebbe la melodia del suono et del canto così piena et perfetta,
che non solo hebbe forza di muover le genti humane, che con ragione si governano, ma
le fiere et gli uccegli, anchora che manchino di ogni ragionevole discorso, ma gli arbori
et sassi, l'aque et li venti, che ragione non hanno né sentimento, ma esso inferno, ove
non è redentione; in tanta stima venne che gli iddii immortali et celesti godevano d'esser
celebrati col suo canto. Et Baccho sdegnato, che da lui per dimenticanza senza laude fu
lasciato, quando ridomandò la moglie Eurydice a Plutone, cantava in honore di tutti gli
iddii, nel monte Pangeo gli mandò contra le sue Bacchanti, le quali con grande infamia
di tal divinità indegnamente tutto il lacerorno, benché dopo la morte non li mancasse
l'autorità, perciò che la lyra a Giove et ad Apolline fra le stelle fu riposta. All'altre parti,
raccolte dalle Muse, fu data honorata sepoltura. La testa, che dal monte nel mare gittata,
et dal l'onde all'isola di Metelina regittata da gli habitatori era stata sepolta, si tiene che
fusse cagione, che per tal beneficio divenissero tutti ingegnosissimi all'arte della musica.
Ma che bisogna mostrare la antichità nella persona di alcuno? Timagene, greco autore,
afferma che di tutti gli studii litterali la musica è antiquissima. Da molto è la musica in
due modi, per dilettatione grande, et per utilità incredibile che da lei nasce. Che sia
dilettevole et gioconda, assai chiaro argomento ne fanno tanto i Romani quanto i [s1562:
page 6]Greci, appresso i quali negli conviti si portava la lyra, con la quale si cantavano
le virtù et glorie de gli huomini forti, secondo la quale usanza Ioppa da Virgilio,
Teutrante da Silio [s1539: page 6]Italico, Appolline con le Muse et Phemio et Demodoco
da Homero, Chirone et Orpheo da l'autore de Gli Argonautici, et altri da altrui sono
introdotti nelle cene a sonare et cantare. Et Themistocle Atheniese, per ciò che già la
recusò, fu biasimato per indotto. Per lo contrario, Epaminonda Thebano riportò gran
laude, per ciò che sapeva di cithara et accordava bene le voci al suono. Vediamo
anchora molte volte che gli animi afflitti et mal contenti, se da qualche musicale
soavità in qualche modo non si recreassero, agevolmente inanzi il tempo
mancarebbeno, di che ben parla l'ingegnoso Ovidio nel quarto delle
sue Mestitie:Se vitio [s1523: page 11]alcuno (dice) sarà nelle mie opere, iscusalo
appresso te, o lettore, il suo tempo. Io era in essilio et cercava [s1529: page 11]riposo et
non fama, a cioché la mente non fusse sempre intenta alle sue calamità.Et quanto
seguita lungamente, per le qual cose appare, che non hanno mal parere quelli che
pensano la musica a noi per dono dalla natura essere stata conceduta, a ciò che meglio si
possino tolerare et durare gli affanni di questa travagliata vita. Non di meno di più sano
giuditio sia, chi la crede esser grata alle menti humane perciò che in essa riconoscono il
lor principio, affirmando Platone nel Timeo che l'anima nostra è composta di numeri
musicali, come anchora li Pythagorici affermano che 'l mondo è composto di ragione
musicale, del quale l'huomo sia imagine, et per tanto venga detto microcosmo, che
suona in nostra commune lingua "piccolo mondo". Ove risguardando i Romani,
haveano costume di celebrare l'essequie de' morti con suoni di trombe et altri stormenti,
i quali però funerali addimandavano, non per altra ragione, se non che pensavano le
anime nella loro origine, cioè nel cielo ritornare, al quale per mezzo del l'harmonia
facile fusse il transito. Et per simil cagione nel celebrar de gl'hymenei nottiali usavono
pur suoni per auspicio della creatione del l'anime, del quale effetto le nozze sono
mezzano istromento. Prendi la confermatione nelli piccoli fanciulli. Non parlano
anchora, non intendono chi parla; sono di quel puro intelletto da niuna impressione
segnati, il quale il Philosopho assomiglia ad una tavola rasa, ove nulla sia scritto. Non di
meno, quando piangono, se per caso odono qualche voce soave, tantosto s'acchetano et
stansi consolati; quando sono ben cheti et allegri, se aspro suono loro offende gli
orecchi, subito a stridere et star sconsolati. Perché? Perciò che se ben alcuna altra
cognitione non è in loro, non manca però la natura, che di similitudine s'allegra et
abhorrisce il contrario. Alla fine anchora gli animali irrationali mirabilmente si
dillettano in musica, parte in udirla, come cervi, delphini, elephanti et gran parte di
augelli, parte in essercitarla, come cygni et lusignuoli. Segue all'infinito piacere et
diletto che della musica nasce, una inestimabile utilità che all'animo et al corpo
s'estende. Et che sia utile a l'animo, potrei adducere in mezzo molti essempi, come di
Empedocle, che mutata una modulatione, temperò l'ira di un furioso giovane
tauromenitano ebrio, incitato dal suono phrygio a volere ardere la casa ove una sua
amica col rivale era rinchiusa: col sostituito spondeo lo placò et a miglior mente lo
ridusse; come tutti gli Pythagorici, e quali commoveano et acchetavano gli [s1523: page
12]animi et a' buoni costumi colla musica gl'indirizzavano, et allor imitatione
Theophrasto, che a tor via le passioni del l'animo commandava apporsi le pive. Ma fra'
molti [s1529: page 12]memorabili essempi di uno del popolo di Arcadia mi voglio
contentare, del qual Polybio, gravissimo historico, è autore:(dice egli) la musica essere
utile a tutti gli huomini, ma a gli Arcadici necessaria, sì per le continue fatiche di quella
gente in lavorare i campi, et durezza et asprezza di vita, sì per la austerità di costumi,
che gli sopraviene per il freddo et malvagità del aere, al quale per necessità simili siamo
prodotti, perciò da principio gli lor fanciulli da pueritia s'usavano nelli canti de gl'hynni
peani, co' quali secondo l'usanza della patria solevano lodare i genii, heroi et iddii. Poi,
instrutti nelle discipline di Philosseno et Timotheo, facevano giuochi annuali in honor
del dio padre Baccho con balli et canti. Ifanciugli facevano giuochi chiamati puerili, i
giovani giovenili. Tutta la lor vita al fine è conversa in tali canzoni, non tanto che si
diletteno di udire modulationi, quanto per essercitarsi insieme cantando. Oltra di ciò, se
un huomo non sa qualche cosa nell'altre arti, non gli è vergogna, ma che uno huomo non
sappia la musica, non è possibile, perché è necessario impararla, et confessare di non la
sapere si tiene per cosa vituperosissima. Ultimamente e giovanetti ogn'anno spettacoli et
giuochi alli suoi cittadini fanno nelli theatri con balli et canti. Così prima gli Arcadici
introdussero tutte le cose dette di sopra, di poi gli [s1539: page 7]communi conventi, et
moltissimi sacrificii, ne' quali si congregavano maschi et femine; in ultimo gli chori di
damigelle et fanciulli, le quali cose tutte fecero a questo fine, accioché quello, che era
duro per natura ne gli animi loro, per consuetudine si mitigasse et venissi piacevole. Ma
li Cynethesi in spacio di tempo havendo cominciato a sprezzar questa usanza, la quale a
loro, più che ad altri, era necessaria, come habitanti nella più fredda parte di
Arcadia, [s1562: page 7]voltati a cupidità et ambitione, in breve vennero in tanta fierezza,
che in niuna città di Grecia si faceano maggior sceleratezze o più frequente crudeltà. Et
per tal perversità tutti gli altri popoli di Arcadia havevano in odio la vita et costumi
loro.Tanto et più recita Polybio nel quarto delle sue Historie dintorno l'immenso
frutto che dalla musica al popolo arcadico venne, contra la falsa openione di Ephoro,
che nel proemio del l'Historie diceva la musica essere stata trovata ad ingannare et
beffare gli huomini. Et a questa musica disciplina de gli Arcadici havere havuto
riguardo Virgilio, si giudica dalli dotti quando nell'Egloga Galla dice:Voi Arcadi
cantarete alli vostri monti, [s1523: page 13]Arcadi soli dotti a cantare.Che sia giovevole
& salutifera all'infirmità corporali, queste memorie in fra l'altre noi habbiamo.
Xenocrate con organiche modulationi liberava i spiritati. [s1529: page 13]Asclepiade col
canto delle trombe a' sordissimi l'audito, con altra symphonia a' phrenetichi la mente
restituiva. Thaleta Candiotto colla soavità della cithara la pestilenza da Misithrà
discacciò, et Terpandro il partiale tumulto ne remosse. Ismenia Thebano col canto della
piva a più Beotici sanò le sciatiche, la qual cosa se ad alcun pare impossibile, legga
Aulo Gellio nel quinto delle Notti attiche et intenderà la ragione perché può essere, per
modo che parerà meno miracoloso, se Timotheo con modulatione
concitò Alessandro Magno a prender l'arme in mano, come fusse presente il nimico che
a morte lo sfidasse; et concitato che l'hebbe, immantenente con altro tuono molle et
quieto lo placò. Et più credibile sia se il citharizzante Davit (come si ha nel
sacro Vecchio Istromento) 'Istromento' i.e. 'Testamento'. , il re Saul si recreava dal furor della
pazzia, dal qual spesso era occupato. Aggiunge che secondo Vitruvio, l'architettore
senza musica non sarà perfetto, la qual precipuamente è efficace alle temperature di
baliste, catapulte, scorpioni et machine hydrauliche; secondo Hierophilo et Erasistrato,
il medico, per li polsi, che a comparatione di numeri si considerano. Et secondo Platone
la musica è necessaria all'huomo civile da lui detto politico. Da Platone non discorda
Aristotele, il qual nelli Politici libri è autore la musica essere collocata tra li studii
liberali, la qual insieme con le lettere et con la lotta li giovanetti alli tempi antichi
usavano imparare. Et se vogliamo (dice il medesimo) vivere in quiete, dobbiamo havere
con noi la musica, la quale è di natural piacere, procedente da cose giocondissime, per il
che et Museo dolcissima la disse essere alli mortali. Il grammatico senza musica non
può esser compiuto, bisognandoli (come testimonia Quintiliano) che sappia cantare
i versi a tempo et misura, di che la musica è maestra. Et quel che del grammatico si
dice, sia detto del poeta, sia detto del oratore. Essendo li numeri antichi mal composti et
quasi rustichi, la poetica (dice Censorino) uscì fuora più affettata et più modulata, quasi
una legittima musica, la quale con metrica modulatione polisse l'asprezza et il tutto
facessi bello. Ma sopra tutti, quelli poeti abbracciaro li rhythmi et numeri musichi et
piedi, che lyrici furo cognominati, perché li loro versi attamente si cantavano alla
lyra, de' quali tanta fu la copia, tanto fu il numero appresso li antichi, che Cicerone
niega dovergli bastare il tempo a leggere tutti li poeti lyrici, anchora che l'età gli fussi
duplicata. De' piedi et numeri che segue l'oratore, Diomede et [s1523: page 14]Probo,
grammatici, et Cicerone nell'Oratore, et altri copiosamente ne trattano, appresso quelli
il studioso lettore ne potrà leggere. Noi solo questo toccheremo, che Gaio Graccho,
chiarissimo [s1529: page 14]oratore de' suoi tempi, quando orava al popolo, teneva un
musico dopo le spalle, che con una fistola occultamente gli dava i modi della pronontia,
hora remessi, hora concitati. Ma che più parole? Che più essempi? Il sopra citato
Quintiliano afferma che la musica dà la perfettione a tutte l'altre sue sorelle
dottissime, et niuno può essere perfetto in qual vuoi del l'arti senza musica. Et Isidoro
conferma che niuno può essere senza musica, né ancho cosa alcuna. Et questo basti per
il valor della musica. Sarebbe anchora da dire del pregio, et in che riputatione et stima è
stata di continuo, sì privata, sì publicamente, tanto in guerra, quanto in
pace. Et veramente se in parte alcuna la musica è degna di laude, in questa è
dignissima, per modo che non se ne [s1539: page 8]potria predicare tanto che più non ne
restasse. Non di meno, perché per le parti di sopra tocche si può molto bene
conoscere che in ogni secolo da persone eccellenti d'imperio over di sapienza, appresso
ogni popolo et natione honorata si truova sommamente et appregiata, non
m'estenderò più in lungo; et sì come si scrive Pythagora dal piè solo haver
già raccolto quanta fusse la grandezza di tutto il corpo di Hercole, così lascierò io, che
ogni svegliato ingegno, se ben non è dotto in greco o latino, non però né dalle
Muse né dalle gratie alieno, da una piccolissima particella in altro proposito mostrata
faccia giudicio di tutto il resto. Et sapendo che la musica è nobilissima per antiquità et
per operatione, et potentissima per diletto et per utile, pensesi certo che anchora
honoratissima sia. Et per tanto grandi honori, grandi privilegii, grandi dimostrationi
sempre habbia recevuto, li quali io non dichiaro, né tengo che per humana voce si
possino mai dichiarare appieno; et solo le sacre Muse che il reverendo nome gli han
dato, a tanto ufficio dover essere sufficienti riputo.
[s1562: page 8]

DELLI INVENTORI DELLA MUSICA. CA. II.


Amphion Thebano (secondo Plinio) fu trovatore della musica. Heraclide (come afferma
Plutarcho nel libro ove egli raccoglie li antichi musichi et primi inventori di tal arte)
dice più chiaro che Amphion primo ritrovò il canto et la poesia della cithara, come
quello che dal padre Giove fu instrutto, nel qual tempo medesmo Lino di Nigroponte
compose le [s1529: page 15]lamentationi et li pianti in verso. Anthe di
Anthedone, città di Boetia, compose li hynni, [s1523: page 15]Pierio di Pieria gli poemati
di Muse. Ma Philammone Delphico (siegue el medesmo) diede fuora le modulate
cantiche al nascimento di Latona, di Diana et di Apolline, et costituì li chori circa il
tempio delphico. Ma sopra tutti il canto di Thamyra Thracio fu canoro et assettato,
et venne di tanta eccellenza che non dubitò (come li poeti ne sono autori) issidare le
Muse a contrasto. Costui medesmo mandò in luce la guerra de' Titani fatta contra li dei,
composta in verso. Et Demodoco da Corfù, vecchio musico, celebrò la ruina di Troia et
le nozze di Venere et di Volcano in opera poetica. Phemio Ithacese cantò in verso la
tornata da Troia de' Greci sotto Agamennone duca. Et certo il dire delli racontati
poemati non fu senza metro over certo numero; ma qual fu di Stesichoro et delli
altri vecchi poeti, li quali composero le canzone postovi le modulationi. Soccessero
dopo costoro altri senza numero che l'accrebbero et ornarono, chi di leggi, chi di
istromenti, chi d'una cosa, chi de l'altra, laqual cosa sarebbe troppo lungo a recontare.
Pythagora in fine fu diligente inquisitore, et messe insieme le consonanze della musica,
et quello che altri temerariamente voleano pendere dal dubbioso et infidele arbitrio de
gli orecchi, a certo et fermo giuditio della mente ridusse, tolta la pruova dalli martelli de'
fabbri et da l'estentione delle chorde. Vogliono altri che questa inventione non fussi
d'huomo mortale, ma dono di Apolline, ornato di tutte le vertù et scienze, della qual
cosa dicono farne testimonio Alceo in uno hynno, et a confermatione essere nell'isola di
Delo una statua di Apolline consacrato in tale habito, che nella dextra tenga l'arco, nella
sinistra le Gratie, delle quali ciascuna tene qualche istromento musico, una la lyra, l'altra
le pive, quella che è in mezzo la fistola aggiunta alla bocca. Sono alcuni che a Mercurio
l'attribuiscono. Chameleone Pontico (se credemo ad Atheneo nel nono) disse
l'inventione della musica essere venuta in consideratione a gli antichi per gli augelli
cantanti nelle solitudini, et alloro imitatione esser stato preso il stato musicale,
allegando l'autorità di Alcmane, poeta lyrico, che parla di sé medesmo in questo
senso:Compose anchora Alcmane et ritrovò la modulatione, mettendo insieme il
modulato nome delle perdici.Non dimeno noi, sì come habbiamo
il Testamento Vecchio per fondamento della christiana nostra vera fede ,
così anchora habbiamlo in questa, et crediamo esser la verità quel che dice Moyse
nel Genesi, che Tubal fu trovatore della scienza musica, il qual fu della stirpe di Cain
nanzi il diluvio.[s1523: page 16][s1529: page 16]

DIFFINITIONE ET DERIVATIONE DELLA


MUSICA. CAP. III.
Dovendo (secondo Cicerone nel primo degli Ufficii) ciascuna institutione, la qual con
ragione sopra qualche cosa si prende, procedere dalla diffinitione, accioché meglio
s'intenda che cosa sia quella della qual si tratta, et havendo io a trattar della prattica
di [s1539: page 9]cantare et comporre canti in musica, mi piace in questo luoco prima
diffinire che cosa sia musica, et poi dimostrare perché così sia nominata. Adunque
la musica è scienza, la qual dimostra il modo di rettamente cantare et con soave
modo pronuntiare This mistake reappears in the Compendiolo, book 2, chapter 2. . Si chiama musica da
musa, che fra l'altre sue significationi significa canto, come in quel verso di Virgilio:Noi
diremo la musa di Damone et d'Alphesibeo pastori.Si potrebbe anchora dire dalle Muse,
per una di due cause, o vero perché le Muse seguitorno Dionysio, figliuolo di Giove et
di Proserpina, dandogli (come testifica Diodoro nel quinto) delettatione con la
suavità del lor canto, nel qual erano dottissime, come anchora in tutte l'altre ottime
arti, o vero perché (sì come si legge nel primo de l'Iliade di Homero) cantavano alla
mensa di Giove. Aggiunge l'altra causa, la qual è più vera. Musica è detta dalle Muse,
perché per il numero novenario di tali dee, li antichi theologi volsero denotarsi li
concenti delle otto sphere celesti, et una maxima concordanza, la qual si fa di tutti gli
altri concenti, che fu chiamata harmonia. Da musa dunque over dalle Muse è detta
la musica et non da altrove, come si hanno imaginato alcuni poco diligenti inquisitori di
tal originatione, li quali da quello fonte han scritto derivarsi la musica, dal qual
più presto questo nome Musa si deriva. Tale è l'essentia della musica, come è detto, et
indi è nominata. Qui di sotto diremo in quante parti si divida, riputando alla diffinitione
dover seguir la divisione. La ragione è in pronto, per che (come dice Porphyrio) il
genere è primo che le sue specie.
[s1562: page 9]

DELLA MUSICA MONDANA, HUMANA ET


ISTROMENTALE. CAP. IIII.
Tre sono le sorti della musica: mondana, humana et istromentale. Delle prime due non è
nostra consideratione, perché appertengono più presto al theorico che al prattico, et per
tanto quivi brevemente [s1523: page 17][s1529: page 17]saranno essaminate, lassando che
chi le vuole più amplamente intendere, legga li autori latini et grechi che di quelle con
somma copia hanno trattato. Della terza, circa la quale consiste la nostra intentione,
più a lungo parlaremo. Musica mondana. La musica mondana secondo Platone è quella, la
quale è causata per la revolutione delli corpi et circoli celesti, delli quali, per lo
lor veloce movimento, non può essere che non nasca suono, et nascendo suono,
perché essi circoli hanno proportione insieme, non può essere anchora che non nasca
harmonia, la quale dalli antichi è chiamata mondana. Di questa musica parla M. Tullio
nel libro che è intitolato del Sogno di Scipione, imperò che essendo esso Scipione fra
quelli corpi celesti, così dice:Quale è questo così grande et così soave suono che empie
li orecchi miei?E' manifesta cosa che non parla di altro suono, se non di quello, dal qual
è causata questa musica della qual hora parliamo. Questo medesimo conferma Boetio
nel primo della sua Musica, dicendo:Come può essere, che una così grande
machina come è quella di cieli, tacitamente et senza suono si muova?Ma perché havemo
detto che essi circoli hanno proportione insieme, è da notare che le proportioni loro sono
di tuono over di semituono, per modo che dal primo et più basso, ch'è della luna, al
supremo et più alto, che è delle stelle fisse, viene ad essere una proportione di ottava
consonanza, et fra li intermedii è proportione di terza, di quarta, di quinta et di
sesta. E' anchora da sapere che quanto li circoli et pianeti sono più bassi et più propinqui
alla luna, più grave suono causano, et quanto sono più alti et più appropinquano al cielo
supremo, più acutamente risuonano. Musica Humana. La musica humana è quella che
risulta per la congiuntione dell'anima et del corpo nostro insieme, imperò che alli
sapienti non par cosa verisimile che il corpo et l'anima tanto bene insieme si accordino a
far le lor solite operationi, che sono mirabili, et che tra loro non sia proportione
alcuna; onde per questo essendo necessario confessar che tra il corpo et l'anima sia
proportione. Bisogna anchora dire che tra loro sia non aperta ma occulta harmonia et
musica, la quale quanto dura, tanto sta l'anima nostra al suo corpo congiunta, ma come
si dissolve, è guasta questa musica, & subito viene la morte, cioè la separatione
dell'anima et del corpo. Per questo credevano gli antichi, quando alcuno era
amazzato over annegato, l'anima sua non potere mai andar al luoco suo diputato, per fin
che non era compito il numero musicale con il qual era dal nascimento al suo corpo
stata congiunta, onde disse Virg. nel vi:Compirò il numero et tornerommi alle
tenebre.[s1523: page 18] Musica Istromentale. La musica istromentale è quella che solo da gli
istromenti nasce, et di questa specialmente habbiamo noi atrattar. Ma è da [s1529: page
18]sapere che li istromenti sono di due maniere. Alcuni sono naturali, alcuni [s1539: page
10]artificiali. Quegli naturali sono come in questi tre versi appare:Nove son glistromenti
naturali: gola, lingua, palato, et quatro denti, et dui labri al parlar insieme equali.Di
questi istromenti nascono le voci et li suoni causativi delle consonanze et della musica,
la quale è chiamata vocale, et è di molto più precio che tutte l'altre musiche, imperò che
la voce humana avanza tutte l'altre voci. Gli istromenti artificiali sono di più sorti, ma
generalmente si truovano esser triplici, cioè da chorde et da fiato et da battimento
solo. Gli istromenti da chorde sono arpichordi, clavichordi, monochordi, liuti, cithare,
lyre, harpe, dolcemeli et altri simili. Gli istromenti da fiato sono organi, pifferi, flauti,
trombe, corni et altri simili. Gli istromenti da battimento solo sono come tamburi,
cymbali, sistri, crotali et altri simili. Hora, havendo così dichiarato queste tre sorti di
musica, cioè della mondana, humana et istromentale, quanto alla cognitione della
prattica pare necessario, da qui inanzi cominciaremo trattare delle cose pertinenti alla
cognitione de' varii istromenti.
COGNITIONE DI VOCI ET SUONI ET VARII
ISTROMENTI. CAP. V. This chapter essentially consists of a translation of
Isidore of Seville's section 'De musica'. See Anne-Emmanuelle Ceulemans, "Instruments real and
imaginary: Aaron's interpretation of Isidore and an illustrated copy of the Toscanello", Early Music
History 21 (2002), 1-35.

Ad ogni suono, il quale è materia delle cantilene, è manifesto la natura essere triforme. La prima è harmon
composta di canti delle voci; la seconda organica, la qual consiste di fiato; la terza rhythmica, la qual ricev
percussione delli diti, imperò che dalla voce si manda il suono, come per le fauci, cioè per la bocca, over p
la tromba et piva, over per impulso, come per cythara, over per qualche altra cosa, la qual percotendola è s
harmonica si appartiene a comedie, tragedie over chori, overo a tutti quelli, li quali cantano con la prima vo
percosso dal [s1562: page 10]spirito, dal qual son chiamate verba, cioè le parole. Propriamente la voce è de
animali irrationali, non propriamente il suono si dimanda voce, come in quel luoco:La voce della tromba fe
altrove:Le voci rotte nel lito.Il suono si domanda voce imperò che questo è il proprio, comeGli scolgi del l
suonano.Harmonia è modulatione di voci over coattatione di più suoni. symphonia coiè consonanza Symphonia è
modulatione di grave et acuto, di suoni concordanti, o nella voce, o nel fiato. Per questa symphonia certam
19]la voce più acuta o più grave si concordano per tal modo, che ciascuno, il quale si discorda da [s1529: pa
offende il senso dello auditore, della quale è contraria la Dyasphonia, disonanza dyasphonia, cioè la voce discre
dissonante. euphonia. Euphonia è suavità di voce; questa appresso altri autori si domanda melos. Diastema. Di
di voce di dui over più suoni, imperò che la differentia della harmonia è quantità, la qual consiste nello acc
della voce, le generationi della quale li musici hanno diviso in quindeci parti, delle quali il primo si doman
l'ultimo si domanda hypodorio, di tutti gravissimo. Canto è inflexione di voce, ma il suono è diretto et il su
canto. Arsis, et Thesis. Arsis è elevatione di voce. Thesis è positione di voce. Soavi voci sono sottili et spesse,
acute. Voci di più sorte cioè.

Perspicue.
cieca.

sottile. Vinola.

Pingue. Perfetta,

Acuta. alta,

Dura. soave, et

Aspra. chiara.
Voci perspicue sono quelle le quali più da lunge sono tirate, per tal modo che incontinente empiono, come
trombe. Voci sottili sono quelle nelle quali non è spirito, come sono le voci delli fanciulli over donne o inf
nelle chorde, le quali per essere sottilissime, rendono voce sottile et tenue. Voci pingui et grasse sono quell
spirito esce fuora, come è la voce de gli huomini. Voce acuta sottile et alta, come vediamo nelle chorde. Vo
la quale violentemente manda fuora li suoni, come il suono de gli troni et delle ancugini, qualunque volta c
percuote nel duro ferro. Voce aspera et rauca è quella, la quale si disparge per minuti et dissimili polsi. Vo
quale subito che è mandata fuora, s'accheta et tace soffocata, et più da lunge non si produce, come è manife
terra cotta. Voce vinnola molle et flexibile. E' detta vinnola a vino, cioè a cicinno, quasi il ricciuolo mollem
perfetta alta, soave et chiara; alta, acciò che in soblime sia sofficiente; soave, acciò che li animi delli audien
accarezzi; chiara, acciò che empia gli orecchi. Se di queste alcun mancherà, non sarà detta perfetta voce. L
divisione organica è in quelle cose, le quali sono compite di spirito reflante in suono delle voci che sono an
trombe, calami organi, et altri simili istromenti.
Organo Organo è vocabulo generale di tutti li vasi musici al quale si pone li mantaci, costituito nella Santa M

honore dello onnipotente Iddio et della Sua Madre gloriosa. La Tromba di Girollamo tromba pr
gli Tyrrheni, cioè dagli Toscani, come Virgilio dice:Il suono della toscana tromba mugghiava per l'aere.Si
nelle battaglie, ma in tutti li dì festivi, per [s1539: page 11]la chiarezza delle laudi et della allegrezza. Per ciò
dice:Cantate nel principio del mese colla tromba nel dì nobile della vostra [s1523: page 20]solennità,perché
agli Giudei che in principio della luna nuova sonassino con la tromba, la qual cosa fanno anchora fin qui.

Le Pive pive forno [s1529: page 20]ritrovate in Phrygia. Queste lungo tempo si usavano
sepolture de gli morti, et incontinente se usorno ne gli sacrificii de' gentili. Tibia Tibie sono state nominate
tibie, cioè de gli ossi del stinco di cervi o di grue si facevano. Di poi abusive così cominciorno ad essere ch
al presente, benché non si facciano di quegli ossi; non di meno resta il nome, et di qui è derivato tibicen, ci

suona la tibia. sampogna, o Calamo Calamo è canna, la qual ha li spatii fra' nodi minuti, lunghi et dritti, il q
concavo, né havendo punto di charta, né di carne, è utilissimo (come scrive Plinio) alle sampogne, et perciò

greco syringa, che fistula Hieronimi. fistola significa in latino. Fu la sampogna invention di Pan,
qual non potendo goder viva l'amata nympha Syringa, essendo quella (come canta Ovidio) mutata in canne
in compagnia, sette calami dispari colla cera aggiunse, et syringa dalla nympha, cioè sampogna, chiamolla
in musica è specie di symphonia, et è una generatione di legno fragile, del quale si compongono anchora le
tibie. Pandura Pandura secondo Giulio Polluce è istromento trichordo ritrovato dalli popoli di Assyria. Marti
libro di Musica l'attribuisce al dio Pan. Choro

Choro secondo san Girolamo è istromento musico di semplice pelle composto con due canne di ferro, per l
manda il fiato dentro, per l'altra esce fuora la voce. La terza, chiamata rithmica, è quella laquale appartiene
polsi, alla quale si danno le specie varie, cioè cithare, psalterii, tamburo, sistro, acettabuli di rame et di arge
istromenti, li quali con rigore metallico percossi rispondono con soavità. Tubal secondo gli Hebrei fu inven
et del psalterio. Secondo la openione de gli Greci, l'uso della Cythara per la quale è intesa l'Arpa
cithara fu ritrovato d'Apolline. La forma della cithara da principio fu simile al petto
humano, dal quale così come la voce procede, così da quella procede il canto, et per
questa [s1562: page 11]cagione è stata domandata cithara, perché il petto secondo la
lingua dorica si domanda cithara. Sono state più specie di cithare, come psalterii, lyre,
barbyti, phenici et pettidi, et quelle le quali sono dette indice sono sonate insieme da
dui. Anchora sono alcune altre di forma quadrata o triangolare Psalterium decachordum

. Il numero delle chorde è moltiplicato et la generatione è


commutata. L'antica cithara era di chorde sette, come Virgilio dice:sette differenze
di voci,et imperò dice differenti, per che niuna chorda rende simile suono alla
chorda vicina. Per tanto dice set[s1523: page 21]te chorde, over perché sette chorde
adempiono tutta la voce, overo perché il cielo suona col movimento de' sette pianeti.
Chorde sono dette a corde, per che così come [s1529: page 21]il polso del cuore è nel
petto, così il polso della chorda è nella cithara. Mercurio fu il primo inventore delle

chorde, et fu il primo che strinse il suono nelle chorde et nervi. Psalterio Psalterio,
il quale dal volgo si domanda cantico, è nominato da psallo, cioè canto, perché alla voce

di quello il choro consonando risponde. La Lyra lyra si chiama secondo


alcuni apò tu lirin, cioè dalla varietà delle voci, perché fa diversi suoni. Secondo altri è
detta da lyrin, cioè cantare. Li latini la chiamano fidicula over fide, perché tanto
consuonano tra sé le chorde di quella, quanto ben si accordano gli huomini tra i quali è
fede. La lyra prima fu trovata da Mercurio in questo modo. Ritornando il Nilo dentro
dalle sue rive, et havendo lasciato varii animali nelli campi, lasciò anchora una
testuggine, la quale essendo putrefatta et li nervi suoi rimasti distesi tra il corio,
percossa da Mercurio dette il suono, a similitudine della quale Mercurio fece la lyra et

dettela ad Orpheo. Timpanum Jheronimi Tympano Tympano, cioè il tamburo, è


pelle over corio disteso et appiccato a legno, et è mezza parte di symphonia. Tympano è
detto da typto, cioè percuoto, perché la symphonia si percuote con una

bacchetta. Cymbalo de Hieronimo Cymbali et acettabuli sono alcuni istromenti, li


quali percossi insieme si toccano et fanno suono. Sono detti
cymbali perché con balematia insieme si percuotono. Così li Greci dicono cymbali
ballematia. Sistro Sistro è nominato da sio, cioè commuovo. E' sonaglio di
rame per una stretta lama del quale, retorta a modo di cintura, alcune girelle trapassate
per mezzo, ogni volta che le braccia lo scrollano, rendono uno suono stridolo. Pensano
alcuni che non sia diverso dal cymbalo che le fanciulle a Firenze usano negli loro

balli. Era usitato negli sacrificii d'Isis, dea degli Egittii.


Tintinabuli Tintinabulo anchora è [s1539: page 12]istromento di rame col quale la gente a
hora di lavare era chiamata al bagno. Fu detto dal suono che fa "tin tin", onde tintinnire
è verbo che pertiene al suono di tutti li metalli, et fa conto che era come la

campanella che chiama il popolo alla chiesia. Et perché parlando del Tamburo
tamburo, havem fatto mentione della symphonia, quella non è sorte di organo, come
alcuni Latini malamente pensano, ma un choro che cantano insieme in laude d'Iddio, et
questo si significa per il vocabolo, perché symphonia quid sit. symphonia si exprime in
latino consonanza, derivata da syn, cioè insieme, et phoni, voce. Nondimeno al tempo
nostro dal volgo Symphonia symphonia si domanda un legno cavo da tutte due le parti,
con una pelle distesa, la qual li musici percuotono di qua et di là con le bacchette, et si
fa in quella dalla concordanza del grave et dello acuto soavissimo canto. Aliud Psalterium

Decachordum [s1523: page 22][s1529: page 22]

DELLA INTELLIGENZA DEL MODO. CAP.


VI. Aaron's conception of the modes is discussed in a correspondence between Giovanni del Lago
and Pietro Aaron, dated 1539-1540. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 712-727.

Havendo di sopra raccolte assai convenevolmente alcune lode della musica, & quanto sia nobile et efficace
parti (per non esser troppo lungo) lascierò, ché ognuno da sé stesso considere quanto pregio et honore gli s
con quella brevità sia stata possibile traccorsi li suoi inventori, et a che tempo sia stata ritrovata, oltra ciò a
sue parti, dobbiamo hora sapere che la presente opera nostra ha il suo fondamento sopra la musica harmon
mi par ridire quegli primi principii che da noi nel primo de l'Institutione harmonica in latino son stati dichi
dunque et presupponendo, che coloro dalli quali serà letto il nostro Thoscanello, ché così ho voluto farle il
della terra patria & nativa, non habbiano bisogno di tal intelligenza, le altre parti et precetti dichiararò che
l'harmonica scienza più utili et alla prattica nostra saranno necessarii. Ma conciosia che in tutti li canti misu
modo, tempo et prolatione, volendo conoscere quello che li detti importino, necessaria cosa è sapere la diff
ciascuno, cominciando dal primo. Dico il Modo modo essere una certa quantità di lunghe et brevi considera
maxima et lunga, secondo la divisione ternaria et binaria. Ma perché sotto questa diffinitione si comprendo
delle quali l'una è maggiore di quantità che l'altra, però si divide il modo in maggiore et minore. Il modo m
serà quando nelli canti si ritruova la maxima valere 3 lunghe, dal qual numero anchora detto modo serà chi
questo valore si dimostra et discrive con le virgole over pause insieme poste, lequali occupano tre spatii ov

le quali pause o virgole, ovunque seranno preposte, notificano la maxima valere tre lunghe, le qua
essere del valore di tre brevi et di due, come per le pause appare. Modo maggiore perfetto.

L'imperfetto modo maggiore è considerato anchora esso nella figura maxima, et è quando detta figura è di
lunghe; et questo si conosce per la privatione delle sopradette pause, overo quando si troveranno duplicate

quali occupeno tre spatii o ver dui, come qui Modo maggiore imperfetto.

questo però non di necessità, ma secondo l'occorrenza delle compositioni, non essendo
congiunto il modo minore perfetto con il maggiore imperfetto, della qual congiuntione
più inanzi si parlerà.[s1529: page 23]

COGNITIONE DEL MODO MINORE perfetto.


CAP. VII.
Perché la intelligenza del modo maggior perfetto et imperfetto è stato dichiarata, non è
meno da sapere la cognitione appartinente al modo minor perfetto et
imperfetto, percioché si considera tal modo nella figura lun[s1523: page 23]ga, come il
maggiore nella maxima. Diremo adunque il modo minore essere quella
quantità costituita nella predetta lunga di tre brevi over di dui; se di tre, serà detto modo

minor perfetto, et se di dui, imperfetto Modo minore perfetto Modo minore imperfetto

. Et nota che li musici hanno ordinato che tal modo resti nel esser suo,
avenga che le brevi contenute in quello fussino di quantità variate, sì come più apieno di
poi si dichiarirà. Et perché anchora non sia dubbio quando detto modo minore sia
perfetto o imperfetto, si hanno a considerare le pause over virgole di sopra figurate, cioè
se quelle occupano dui o tre spatii, però che occupando tre spatii, dimostrano il modo
minore perfetto, et se dui, il minore imperfetto. Questo medesimo modo si usita dalli
compositori dimostrare alcuna volta con una sola pausa di lunga di tre spatii, come qui.

Per tanto, ritrovando detta pausa delli tre spatii, farai il medesimo giuditio circa la
perfettione di detto modo minore.
[s1539: page 13]

CHE COSA SIA TEMPO. CAP. VIII.


Il tempo è una certa quantità di semibrevi considerata nella figura breve, dalla qual
breve duplicata et triplicata ne resulta quello che dicemo modo minore imperfetto et
modo minore perfetto. Onde drittamente potremo dire il modo minor non esser altro,
che duplicatione over triplicatione di brevi. Anchora habbiamo per la moltiplicatione
della lunga quella figura da noi chiamata maxima, nella qual maxima è costituito et
ordinato il modo maggiore perfetto et imperfetto, come di sopra è detto. Essendo
adunque il tempo sopradetto costituito di due semibrevi, è detto tempo imperfetto, il
qual appresso li compositori si suole mostrare con il presente

segno, , a dinotare che ogni tempo over breve habbia a


essere numerata imperfetta, overo di quantità di semibrevi due, come è detto. Ma il
tempo [s1529: page 24]che si considera esser perfetto è quando la breve consiste del
numero di tre semibrevi, la qual quantità et numero si descrive con il sequente

segno, , per la qual cosa sarà differente di una mezza


parte della breve over tempo binario. Et perché alcuni dicono che la semibreve aggiunta
alla breve del tempo perfetto è parte terza di essa breve, si risponde che no, perché il
tempo (come è detto) per sua natura fu costituito di valimento di due semibrevi.
Essendo adunque tal quantità stabile et ferma, ne segue che l'augumento di quella
semibreve non è la terza parte del tempo, ma solo la mezza di essa breve, quando tal
nota sia aggiunta. Ma quando tal breve o tempo per sé si dimostra perfetto, allhora la
semibreve sarà connumerata et chiamata parte terza di quella breve o tempo. Per tanto
dico che la semibreve aggiunta alla figura breve imperfetta è mezza parte et non terza, et

quella inchiusa nella perfetta breve è parte terza della sua quantità. punto mezza

parte della breve per causa del tempo imperfetto. punto 3a parte della breve per causa del tempo perfetto.

[s1523: page 24]

CHE COSA SIA PROLATIONE. CAP. IX.


La prolatione è una quantità di minime considerata et applicata alla figura
semibreve, perché diviso et diminuto il tempo nelle parti sue propinque, haremo la
prolatione perfetta et imperfetta, la quale da gli autori et compositori alcuna volta è
chiamata maggiore et minore, et è dimostrata con segno circolare over semicircolare

con un punto in mezzo, come qui,

, . Havendo adunque li detti deputato et ordinato due sorti


di prolatione, cioè perfetta et imperfetta, overo maggiore et minore, è da sapere che
dove detto punto sarà messo nella figura circolare o semicircolare, quella esser detta
prolation [s1562: page 13]maggiore over perfetta, nella quale prolatione si troverà la
semibreve di quantità et numero di tre minime, imperò che mancando il punto nelli
sopradetti segni, resterà diminuta, et sol binaria, come nelli

sequenti, , . Prolatione

perfetta o vero maggiore Prolatione imperfetta o vero minore Per


tanto si può conchiudere che sì come per le pause di sopra dimostrate ne risulta il modo,
et per il circolo et semicircolo il tempo, così per il punto la prolatione perfetta, come per
la sequente figura si dimostra.[s1529: page 25]

[s1523: page 25][s1539: page 14]Et perché io considero esser cosa utile al prattico cantore
non solo havere notitia delli modi per sé soli, ma anchora accompagnati con il segno del
tempo et prolatione, per tal rispetto mi affatico per coloro, li quali forse non hanno
questa prontezza, con quella facilità che a me sarà possibile, discriverrò et dimostrerò la
cognitione di tal valore, imperò che prima da noi saran posti li segni delli modi per
sé soli di sopra dichiarati, et quanto sia il valore delle sue note perfette et imperfette. Da

poi si poneranno li quatro segni ordinarii, come qui,

, ,

, , congiunti a ciascuna pausa overo virgole inditiale, per li


quali facilmente si harà notitia di quello che necessariamente debbe ogni prattico esser
capace. Et perché alcuno dubiterà, se ritrovandosi un canto nel principio del qual non
fussi segno di tempo o prolatione, ma solo le pause dimostranti li modi, se tal canto sia
senza ragione composto, si risponde che no, perché le pause delli modi predetti faranno
dui effetti varii in questo canto. Prima dimostrano la quantità et valore delle note, di poi
sono in taciturnità numerate. Onde trovando in una cantilena le pause del modo
maggiore et minore perfetto, non solo saranno in quello le maxime et lunghe perfette,
ma anchora si haranno a numerare dette pause, et così de glialtri. Ma quando fussino
accompagnate con li segni inanzi detti, et precedendo tal pause li segni, haranno forza
solo di dimostrare il valore di dette figure in esso canto.[s1529: page 26]

Quanto sia il valore delle note nel modo


maggiore perfetto et imperfetto, modo
minor perfetto et imperfetto. CAP. X. Parts of this
chapter are criticised in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 19 September 1523. See
Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
Musicians (Oxford, 1991), p. 262-263.

Volendo adunque il cantore conoscere la valuta delle figure di uno canto qual fussi
senza segno di tempo o prolatione, ma che havesse le pause che dimostrassino il modo

maggior & minore perfetto come qui, ogni maxima è perfetta, et valerà tre
lunghe, 9 brevi over tempi, semibrevi 18 et minime 36.
 Così la lunga valerà tre brevi, 6 semi. et minime 12.
 La breve valerà 2 semibrevi et minime 4.[s1562: page 14]
 La semibreve valerà 2 minime.
Et questa quantità si vede, perché qua resta ogni tempo et prolatione imperfetta.
§ Anchora volendo sapere la valuta delle note del modo maggior perfetto semplice qual

si conosce per le tre virgole over pause insieme messe di dui spacii, come qui,
avertisca che in esso modo la maxima valerà 3 lunghe, brevi 6, semibrevi 12.[s1523:
page 26]
 Così la lunga valerà 2 brevi, 4 semibrevi et minime 8.
 La breve valerà 2 semibrevi, 4 minime et semiminime 8.
 La semibreve valerà 2 minime et 4 semiminime.
§ Nel modo maggiore imperfetto, la maxima valerà 2 lunghe, 6 brevi, 12 semibrevi et

minime 24, come qui.


 La lunga valerà 3 brevi, semibrevi 6 et minime 12.
 La breve valerà 2 semibrevi et minime 4.
 La semibreve valerà 2 minime et 4 semiminime.

§ Nel modo minor perfetto, la maxima valerà 2 lunghe, brevi 6, semibrevi 12 et

minime 24, come qui.


 Così la lunga valerà 3 brevi, semibrevi 6, minime 12.
 La breve valerà 2 semibrevi, minime 4.
 La semibreve valerà minime 2.
§ Nel modo minore imperfetto, la maxima valerà 2 lunghe, brevi 4, semibrevi 8 et
minime 16.
 Così la lunga valerà 2 brevi, semibrevi 4, minime 8.[s1529: page 27]
 La breve valerà 2 semibrevi et minime 4.
 La semibreve valerà 2 minime et 4 semiminime.
Et così procedendo harai cognitione delli modi senza segno di tempo et prolatione.
[s1562: page 15]

§ Del valore di ciascheduna nota nel modo


maggior perfetto inanzi posto il sequente

segno, . CAP. XI.


[s1539: page 15]La maxima valerà 3 lunghe, brevi 9, semibrevi 27 et minime 81; per la
prima figura seguente
 Tre lunghe, perché il modo maggiore è perfetto;
 Nove brevi, perché ciascuna lunga val 3 tempi;
 Ventisette semibrevi, perché ciascuna breve ne val 3;
 Ottanta et una minima, perché ciascuna semibreve val 3 minime;
per il qual ordine facilmente si harà notitia di tali canti. Et nota che nelli sequenti
intendemo sempre il sopradetto segno. per la 2a figura seguente.

§ La maxima nella seconda figura del modo maggior perfetto valerà 3 lunghe, la
lunga 2 brevi, la breve 3 semibrevi, la semibreve minime 3;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 due brevi, perché la lungha è imperfetta;
 tre semibrevi, perché la breve è perfetta;[s1523: page 27]
 tre minime, perché la semibreve è perfetta.
per la 3a figura.

§ La maxima del modo maggiore imperfetto vale 2 lunghe,


brevi 6, semibrevi 18, minime 54;
 due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
 sei brevi, perché la lunga val 3 brevi;
 deciotto semibrevi, perché la breve val 3 semibrevi;
 cinquanta quatro minime, perché la semibreve val 3 minime.
per la 4a figura.
§ La maxima del modo minor perfetto vale 2 lunghe, bre. 6, semib. 18, mi. 54;
 due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
 sei brevi, perché la lungha ne val 3;
 semibrevi 18, perché la breve è perfetta;
 minime 54, perché la semibreve ne val 3.
per la quinta.

[s1529: page 28]§ La maxima del modo minore imperfetto, over secondo il volgo detto
per mezzo, val due lunghe, brevi 4, semibrevi 12, minime 36;
 due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
 brevi 4, perché la lunga è imperfetta;
 semibrevi 12, perché le brevi son perfette;
 minime 36, perché le semibrevi son perfette, come la figura dimostra.

PRIMA DIMOSTRATIONE.

[s1523: page 28][s1539: page 16]

[s1562: page 16]

VALORE DEL MODO MAGGIOR PERFETTO


NEL TEMPO IMPERFETTO ET PROLATION

PERFETTA, COME QUI, .


CAP. XII.
La maxima del segno sopradetto vale 3 lunghe, brevi ix, semibrevi xviii, minime liiii;
 tre lunghe, per essere la maxima perfetta;
 brevi 9, per che la lunga è perfetta;
 semibrevi 18, perché la breve val 2 semibrevi;
 minime 54, perché la semibreve val 3 minime.

[s1529: page 29]

PER IL SECONDO MODO DEL MAGGIOR


PERFETTO. CAP. XIII.
La maxima val 3 lunghe, brevi 6, semibrevi 12, minime 36;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 brevi 6, perché la lunga è imperfetta;
 semibrevi 12, perché la breve è imperfetta;
 minime 36, perché la semibreve è perfetta.

PER IL MODO MAGGIORE IMPERFETTO.


CAP. XIIII.
La maxima del modo maggiore imperfetto val 2 lunghe, brevi 6, semibrevi 12,
minime 36;
 due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
 brevi 6, per essere perfetta la sua lunga;
 semibrevi 12, per essere imperfetta la sua breve;
 minime 36, perché le semibrevi son perfette.

PER IL MODO MINORE PERFETTO. CAP.


XV.
La maxima del modo minor perfetto val 2 lunghe, brevi 6, semibrevi 12, minime 36;
 due lunghe, per essere imperfetta la sua maxima;
 brevi sei, per essere la sua lunga perfetta;
 semibrevi 12, per esser la sua breve non perfetta;
 minime xxxvi, perché la semibreve è perfetta.

PER IL MODO MINORE IMPERFETTO. CAP.


XVI.
La maxima nel modo minore imperfetto val due lunghe, brevi 4, semibrevi 8,
minime 24;
 due lunghe, respetto alla maxima imperfetta;
 brevi 4, respetto alla lunga imperfetta;
 semibrevi 8, cagione del tempo imperfetto;
 minime 24, perché la semibreve è perfetta, come nella figure appare.
[s1523: page 29][s1529: page 30]
SECONDA DIMOSTRATIONE.
[s1539: page 17][s1562: page 17]

VALORE DEL MODO MAGGIOR PERFETTO


NEL SEGNO DEL TEMPO PERFETTO et
prolatione imperfetta, come

qui, . Cap. XVII.


Nel segno di sopra nominato, la maxima valerà 3 lunghe,
brevi 9, semibrevi 27, minime 54;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 brevi 9, perché la lunga ne val 3;
 semibrevi 27, perché la breve è perfetta;
 minime 54, perché la semibreve ne val due minime.

[s1529: page 31]

PER IL SECONDO SEGNO DEL MODO


MAGGIOR PERFETTO. CAP. XVIII.
La maxima del secondo modo maggior perfetto valerà 3 lunghe, brevi 6, semibrevi 18,
minime 36;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 breve 6, perché la lunga val due brevi;
 semibrevi 18, perché la breve ne val 3;
 minime 36, perché la semibreve è imperfetta.
[s1523: page 30]

PER IL MODO MAGGIOR IMPERFETTO.


CAP. XIX.
La maxima del modo maggior imperfetto valerà 2 lunghe, brevi 6,
semibrevi 18, minime 36;
 due lunghe, per esser la sua maxima imperfetta;
 brevi 6, perché la lunga val 3 tempi;
 semibre. 18, perché la breve è perfetta;
 minime xxxvi, perché la semibreve val 2 minime.

PER IL MODO MINORE PERFETTO. CA. XX.


La maxima del modo minor perfetto valerà 2 lunghe, brevi 6, semibreve 18, minime 36;
 due lunghe, per essere la maxima imperfetta;
 brevi 6, perché la lunga ne val 3;
 semibrevi 18, perché il tempo è perfetto;
 minime 36, perché la semibreve è imperfetta.

PER IL MODO MINORE IMPERFETTO. CAP.


XXI.
La maxima del modo minore imperfetto val 2 lunghe, brevi 4, semibrevi 12, minime 24;
 due lunghe, per essere ogni maxima imperfetta;
 brevi 4, per essere ogni lunga imperfetta;
 semib. 12, perché la bre. val 3 semi.;
 minime 24, perché la semibreve val 2 minime.
[s1529: page 32]

TERZA DIMOSTRATIONE.

[s1523: page 31][s1539: page 18]


[s1562: page 18]

VALORE DEL MODO MAGGIOR PERFETTO


NEL SEGNO DEL TEMPO ET PROLATIONE

IMPERFETTA, COME QUI, .


CAP. XXII.
La maxima nel sopradetto segno valerà 3 lunghe, brevi 9, semibrevi 18, minime 36;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 brevi 9, perché la lunga ne val 3;
 semibrevi 18, perché la breve è imperfetta;
 minime 36, perché la semibreve non è perfetta.

PER IL SECONDO SEGNO DEL MODO


MAGGIOR PERFETTO. CAP. XXIII.
La maxima del segno sopradetto valerà 3 lunghe, brevi 6., semibrevi 12, minime 24;
 tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
 brevi 6, per che la lunga è imperfetta;
 semibrevi 12, perché li tempi sono imperfetti;
 minime 24, perché la semibreve è imperfetta.

[s1529: page 33]

PER IL MODO MAGGIOR IMPERFETTO.


CAP. XXIIII.
La maxima del modo maggior imperfetto valerà 2 lunghe, brevi 6, semibrevi 12,
minime 24;
 due lunghe, perché la maxima non è perfetta;
 brevi 6, perché la lunga è perfetta;
 semibrevi 12, per esser il suo tempo imperfetto;
 minime 24, perché la semibreve è imperfetta.
PER IL MODO MINOR PERFETTO. CAP.
XXV.
La maxima del modo minor perfetto valerà 2 lunghe, breve 6, semibrevi 12, minime 24;
 due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
 brevi 6, perché la lunga ne val 3;
 semibrevi 12, perché la breve è imperfetta;
 minime 24, perché la semibreve è imperfetta.

PER IL MODO MINORE IMPERFETTO. CAP.


XXVI.
La maxima del modo minore imperfetto valerà 2 lunghe, brevi 4, semibrevi 8,
minime 16;
 due lunghe, perché la maxima è imparfetta;
 brevi 4, perché la lunga ne val 2;
 semibrevi 8, perché la breve è imperfetta;
 minime 16, perché la semibreve val 2, come per la figura è chiaro.
[s1523: page 32][s1529: page 34]

QUARTA DIMOSTRATIONE.
[s1539: page 19][s1562: page 19]

DELLA INTELLIGENZA DEL MODO


MAGGIOR PERFETTO ET
IMPERFETTO, modo minore et tempo,
per varii segni dimostrato. CAP. XXVII. For further
information on the conception of the modes favoured by the Ancients, see also a letter written by Aaron
to Giovanni Del Lago, dated 7 October 1539, in Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A.
Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 715-725.

Poi che noi habbiamo dimostrato la cognitione del modo, tempo et prolatione secondo li
moderni, parmi cosa conveniente dimostrare alcuni altri modi et segni dissimili
occorrenti al prattico secondo l'uso delli antichi, imperò che alcuno di questi anchora si
ritruova, per la qual cosa il primo è da notare, che per il circolo et semicircolo dinanzi
posto a due cifre numerali, li antichi musichi intendevano il modo maggiore, poi per la
prima cifra il modo minore et per la seconda il tempo, come

qui, 33. Modo maggiore perfetto modo minore perfetto Tempo


perfetto Il perfetto veramente si conosceva dallo imperfetto per il circolo, qual è
figura [s1529: page 35]perfetta, et l'imperfetto per il semicircolo; et così per la cifra
ternaria la perfettione et per la binaria la imperfettione. Per tanto il sopradetto si dirà
segno di modo maggior perfetto per rispetto del circolo, et per la prima cifra di modo
minor perfetto, et per la seconda di tempo anchor perfetto. Così ritrovando il
semicircolo, harà natura del modo maggiore [s1523: page 33]imperfetto, per esser forma
imperfetta; et se di poi seguirà la binaria cifra, modo minore imperfetto. Et se nel
l'ultimo il simile troverai, sarà indicio di tempo imperfetto, come li presenti

dimostrano, 22 Modo maggiore


imperfetto 22 minore imperfetto tempo

imperfetto . 31. modo maggiore imperfetto minore perfetto tempo


imperfetto Anchora se sarà prima la ternaria cifra, diremo modo minore

perfetto, 32, et se sarà ultima, tempo perfetto, come


qui, 23. Modo maggiore imperfetto minore imperfetto tempo

perfetto 23 Ma se sarà la prima et la seconda cifra ternaria,

haremo modo minor perfetto et tempo perfetto, come qui,


33 Modo maggiore imperfetto minore perfetto tempo perfetto. 33 . Se
anchora sarà la prima et seconda cifra binaria, sarà modo minore imperfetto et tempo

imperfetto, come qui, 22. Modo maggiore imperfetto minore

imperfetto tempo imperfetto 22Et perché tal ordine dalli nostri


compositori non è usitato, più di questo non mi extenderò.

DELLA COGNITIONE DEL MODO MINOR


PERFETTO ET IMPERFETTO, TEMPO ET
PROLATIONE, PER VARII SEGNI. CAP.
XXVIII.
Nella parte superiore habbiamo dimostrato et narrato la intelligenza del modo maggiore,
minore et tempo per le cifre ternarie et binarie, et perché alcuni hanno anchora
dimostrato il modo minore con il circolo et semicircolo, et il tempo per le medesime
cifre, voglio in qualche parte sodisfare a coloro, li quali forse haranno piacere di cotale
intelligenza. Hanno adunque a sapere, che li circoli et semicircoli congiunti et inanzi
posti con una cifra sola, essendo della cifra diminuti, muteranno il modo di maggiore in
minore, cioè che il circolo o semicircolo resta in luoco della prima cifra ternaria over
binaria, le qual di sopra prima dimostravano modo minore perfetto et
imperfetto. mancando la prima cifra, manca il modo maggiore, e resta solo il minore, et il tempo. Per tanto,
nota che il circolo inanzi posto ad una cifra sola ternaria sarà modo minor perfetto, et la

cifra tempo perfetto, come qui, 3. Et quando tal circolo


sarà con la binaria, diremo modo minor perfetto et tempo imperfetto, come

qui, 2. Se anchora sarà trovato il semicircolo con la cifra


ternaria, dimostrerà lo imperfetto minore modo nel tempo perfetto, come
qui, 3, et con la binaria, modo minore imperfetto et tempo

imperfetto, come qui, 2. Oltra di questo, [s1529: page


36]volendo elli segnare la prolation perfetta, lo augumentano di uno punto in mezzo del
circolo o semicircolo, come nelli seguenti segni

si vede: 3,
2, 3, 2, li quali al presente
poco si usano. Non dimeno il tutto sia in tuo arbitrio.[s1523: page 34]

COME SIANO INTESE LE NOTE OVER


FIGURE PERFETTE. CAP. XXVIIII .
Facilmente da alcuni si potrebbe in quello, che di sopra della perfettione habbiamo
parlato, dubitare, se nelli essempii dimostrati, la maxima del modo maggior perfetto è
sempre perfetta, la lunga nel minore, et la breve nel tempo, et similmente la semibreve
nella prolatione. Et perché qui tu possi sanamente intendere, avertirai che detta maxima,
lunga, breve et semibreve non sempre son perfette, ma in arbitrio del compositore. Noi
adunque ordineremo essere tre modi per li quali harai notitia in che modo tal note a te
saran ternarie. Et prima quando tu truovi una maxima nel modo maggior perfetto inanzi
di una altra maxima, o sia essa seconda maxima vacua o piena, sempre la prima
sarà perfetta. Il simile harai della lunga nel maggior modo imperfetto et minore
perfetto, così la breve nel tempo perfetto, et della semibreve nella prolation perfetta, per

la qual cosa si conferma la antica regola dalli musici data, cioè che una nota
simile inanzi a una altra a sé [s1539: page 20]simile mai non può essere
imperfetta, intendendo quelli la similitudine non secondo il colore, ma secondo la
forma, benché alcuni impropriamente rompano tal regola, ponendo inanzi due simili una
minor con il punto inanzi posto, pensando che detto punto habbia forza di imperficere
tal prima nota. Ma quanto siano lontani [s1562: page 20]dalla verità et dalla commune
openione delli antichi musichi, questo lo dimostrano, però che sela imperfettione ha
luoco in tutte le minori figure, non havendo la perfettione osservata in le simili, sarebbe
da meno che detta imperfettione. Et in questa similitudine s'inchiudono anchora le
pause, le quali saranno nel secondo modo per noi inanzi detto, perché trovando la
maxima davanti alle tre pause dimostrative il modo maggior perfetto, o siano pause di
tre tempi o dui, per esser dette pause la quantità et valore d'una figura maxima, restano
simili a essa figura, et per consequente detta maxima è perfetta. Così la lunga del modo
minor perfetto appresso la pausa delli tre tempi, o dui, sempre
sarà perfetta, benché alcuni a questo siano contrarii, cioè che essa lunga nanzi la pausa
delli dui tempi nel modo minor perfetto antedetto [s1529: page 37]non sempre sia
perfetta, per molte cause quali (per non essere prolisso) lascieremo. This sentence seems to be
a response to a criticism contained in a letter sent to Aaron by Giovanni Spataro, dated February 1523. See Bonnie
J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford,
Nondimeno quello che a te più piace osserverai. Adunque la breve et
1991), p. 245.
semibreve del tempo perfetto et prolation perfetta nanzi la sua simile figura o sia pausa
a sé equale [s1523: page 35]sempre sarà perfetta. Il terzo modo è che ogni maxima di
esso modo maggior perfetto, havendo appresso a sé un punto, tal punto è la
reintegratione et augumento di una parte terza, laquale reintegratione dimostra che essa
maxima è di quantità perfetta over di tre lunghe, come fu detto di sopra. Onde questo
medesimo si concede alla lunga del modo minor perfetto, et il simile alla breve et
semibreve del tempo et prolation perfetta, come manifesta la figura presente, nella quale
non s'è havuto riguardo al numero delle note negre, ma solo alla brevità, come
examinando vederai.

DIMOSTRATIONE DELLE NOTE PERFETTE.

DELLE NOTE IMPERFETTE. CAP. XXX.


La imperfettione delle note è una astrattione di una terza parte contenuta in essa
figura; et questa imperfetta figura cade nella maxima, lunga, breve et semibreve, le qual
figure possono imperficere una maggiore, et da una minore essere imperfette, sì dalla
parte dinanzi come di poi, excettuando però la figura maxima, la quale può essere
imperfetta da diverse figure, et essa non può imperficere altra figura, perché dinanzi a
sé non ha nota over figura di maggior quantità nella quale ella si possa riducere come
parte terza, come commanda la universal regola, cioè che ogni nota che imperfice una
altra, bisogna sia minore di quella imperfettibile, come la lunga che imperfice la
maxima; la breve, la lunga; la semibreve, la breve; et la minima, la semibreve. La
maxima adunque può essere imperfetta da una lunga, [s1529: page 38]come da parte sua
propinqua, et da una breve, da una semibreve et da una minima nella prolatione
perfetta, come parti dependenti l'una da l'altra, over di tanto suo valore, come
dimostrano alcuni canti antichi. La lunga anchora può essere imperfetta da una breve,
semibreve et minima in essa prolation perfetta; il simile la breve da una semibreve et
minima nella pro[s1523: page 36]lation perfetta. La semibreve solo dalla sua terza parte,
quale è la minima, può essere imperfetta. Da altra figura mai non è concesso. La
imperfettione è considerata in tre modi principali: primamente quando si truova una
figura perfettibile separata dalla sua simile et congiunta con alcuna minore, et questa
separatione si fa in dui modi, cioè dalla parte dinanzi overo dalla parte di poi, o vuoi
dire dalla minore antecedente o sussequente; il secondo è perli punti posti appresso le
figure perfettibili; il terzo modo per causa del colore, cioè negrezza. Trovasi anchora
detta imperfettione non [s1539: page 21]solo quando dopo dette figure seguano le
minori, ma anchora quando sono poste avanti le pause over note maggiori di sé, che
dallo antecedente minore vengono ad essere diminute overo imperfette, come dichiara la
sequente figura.
IMPERFETTIONE DELLE NOTE.
[s1562: page 21]

COME LA LUNGA NEL TEMPO PERFETTO


NON SI PUO' DIRE IMPERFETTA. CAP.
XXXI.
Forse che alcuni credono che la lunga del tempo perfetto, diminuta da qualche parte, sia
domandata imperfetta, imperò che essendo formata di due brevi, resta in quantità di sei
semibrevi, laqual quantità senaria quelli dicono esser perfetta, et che anchora genera
il valore di tre brevi del tempo imperfetto, alla qual consideratione io veramente son
contrario, perché se [s1529: page 39]vogliono numerare le parti remote et remotissime
per le parti propinque, ritroveranno tutta la perfettione et
imperfettione variata, perché trovando una lunga del modo minore et tempo perfetto,
laqual contiene tre brevi, volendo pigliare le parti et quantità remote, sarà il numero di
nove semibrevi, quale è la quantità di brevi quatro et mezza del tempo imperfetto, et per
tal causa sarà detta lunga più che perfetta o superflua. Similmente haranno di una breve
posta nel segno della prolation perfetta et tempo imperfetto, la qual vale due semibrevi
contenenti sei minime, et perché sei minime fanno la quantità di una breve
perfetta, [s1523: page 37]segueria che tal breve fussi domandata perfetta. Questo anchora
sarebbe di una breve del tempo perfetto et prolatione perfetta, la quale è di numero di 9
minime, che si potrebbe domandare una lunga et una minima di questi

segni: , . Anchora accaderia


della breve posta in questo segno, , la
quale dimostra numero di due semibrevi, le quali sono numero di 6 minime, che essa
anchora si potesse dire breve perfetta, perché sei minime fanno la quantità di tre
semibrevi nella prolatione imperfetta, et in molti altri modi si potria dimostrare, delli
quali ne nascerebbe assai inconvenienti, ma solo si considerano le parti propinque a

generare il perfetto numero et lo imperfetto, consideratione buona. del che


diremo la lunga di sopra da noi assonta, quando a lei sarà tolto alcuna parte, lunga
diminuta et non imperfetta, perché cosa alcuna non si debbe dire esser imperfetta, se
prima non è stata in lei perfettione.

DELLA COGNITIONE ET NATURA DEL


PUNTO. CAP. XXXII. Much of this chapter is taken from a letter written by
Giovanni Spataro to Aaron, dated 7 March 1521, published in Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky,
Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 232-236.

Il punto quantunque sia di forma in apparenza minima, in potenza è grande, del quale
non si può dare in musica risoluta et ferma quantità né valore, imperò che essendo
avanti o di poi posto alle figure cantabili, et perché in dette figure è differenza, ha
diverso significato di forma et quantità. Onde tal punto di necessità bisogna che
dimostre varii effetti, perché essendo dopo la massima aggionto, gli accresce la
quantità di quella di mezza parte, laquale è una lunga, et alla lunga una breve, et alla
breve una semibreve, et alla semibreve una minima. Per tanto (come è detto) esso punto
ha di natura varie quantità, ma una sola forma et segno. Et per tal causa nasce che 'l
detto punto si chiama hor di perfettione, hor di divisione et hor di augumentatione. Il
punto di perfettione è quello, il quale è posto apresso le note sottoposte al [s1529: page
40]segno di perfettione, come la breve del tempo perfetto, overo appresso di una
maxima o lunga del maggior modo et minor perfetto, o di una semibreve di prolatione
perfetta, come appare al cap. della perfettione di sopra detto, sì che il punto posto dopo
la breve del tempo perfetto sarà chiamato Punto di perfettione punto di perfettione, come
qui, perché numerando queste alla breve, si dice due, et alla sequente
semibreve una, che fanno insieme giunte tre, ma numerando questo alla breve, non
si dirà due et al punto una, ma si nomina essa breve con il punto, dicendo tre, come se
fusse una breve la quale senza alcuno segno [s1539: page 22]accidentale per sé fusse
intera et perfetta, come qui. Per tanto esso punto è detto di
perfettione, perché dimostra che tal figura dal compositore è preservata intera et
perfetta, perché senza il punto forse sarebbe da una sequente semibreve fatta imperfetta,
come comanda il precetto della imperfettione. Sogliono alcuni intendere tal punto essere
il valimento di una semi[s1523: page 38] breve cantabile, et forse anchor si pensano che
siano cantabili li punti dopo tal note, a li quali si risponde che se tal punto fusse inteso

essere una semibreve, come qui, la breve restaria perfetta et la seconda


semibreve non sarebbe alterata, come si dimostrerà nel sequente cap., perché resteria in

tal processo et figura. Ma dico che quel punto in tale essempio è superfluo,
essendo dallui posto per punto di perfettione, perché il punto della perfettione è quello,
il quale senza tal punto, la nota alla quale esso punto è di poi posto resta imperfetta. Per
tanto, se in tal figura sarà levato quel punto, la breve resterà così perfetta senza punto,
come si faccia col punto. Dico adunque che il punto della perfettione non è
quantità né parte del tempo, ma solamente è segno, acciò che il cantore comprenda che
la nota che ha il punto dopo sé è conservata dalla imperfettione. Et per tal causa la
seconda semibreve sarà in questo essempio alterata, et non in questo.
Adunque tal punto mai non è cantato, né anchora è valore di semib., ma (come ho detto)
sta come segno dimostrante la [s1562: page 22]perfettione alla breve, la quale forse saria
diminuta et imperfetta di una semibreve sequente, o suo valore. La consideratione
del Punto de la divisione punto della divisione si manifesta nelle compositioni del modo
maggiore et minor perfetto, anchora nel tempo et prolatione perfetta, perché trovandosi
il modo, tempo et prolatione diminuti della sua terza parte, et bisognando il favore a tale
reintegratione, è stato necessario havere stabilito tal segno a riducere la quantità ternaria
secondo la natura et forma delle note. Et perché il punto molte volte varia nella sua
divisione, ti avertisco che il punto di sopra detto dopo la sua divisione
può imperficere et alterare, perché [s1529: page 41]trovando la presente figuratione,

questo punto viene a generare dui effetti: prima divide, da poi


imperfice, perché non si trovando il punto fra le due semib., verebbe ad essere la prima
breve di quantità perfetta, et per consequente la seconda semibreve sarebbe alterata, non
essendo tal punto di divisione. Suole anchora alcune volte operare divisione et
alteratione (come è detto) in questo modo, ma non essendo punto infra loro,
la prima breve resterà intiera et perfetta, come qui, perché si vede dopo la
prima breve un tempo intiero et perfetto diviso in parti propinque, per il qual modo è
manifesto che la prima breve è perfetta; della qual dimostratione il punto della divisione
può essere chiamato di imperfettione et di alteratione, come si comprende. Per tanto, se
nel modo maggior perfetto infra due lunghe troverai punto, diremo punto di
divisione; se infra due brevi nel modo minor perfetto, punto di divisione; se infra due
semibrevi del tempo perfetto, il simile; così anchora nella prolation perfetta infra due
minime. Ultimamente il punto di augmentatione è sem[s1523: page 39]pre mai quello,
che è posto dopo ciascuna nota del modo, tempo et prolatione imperfetta, come la
sequente figura dimostra.

DELLE NOTE ALTERATE Et sua


intelligenza. CA. XXXIII.
Alteratione nella musica è una duplicatione secondo la forma della figura alterabile,
cioè se è una lunga, sarà cantata per due lunghe, et se è breve, per due brevi; se è una
semibreve, per due semibre. et se una minima, per due minime. Se la lunga sarà formata
di tre tempi over brevi, et che tali brevi siano imperfette, saranno di quantità di sei
semibrevi. Onde alterata, tal lunga [s1539: page 23]valerà 12 semibrevi; et se le brevi di
questa lunga saranno ternarie over [s1529: page 42]perfette, dette brevi saranno la
quantità di 9 semib., et alterata essa lunga, sarà di quantità di semib. 18. Et sappi che le
figure over note alterabili sono 4, cioè lunga, breve, semib. et minima. La breve
adunque alterata, se sarà perfetta, harà quantità et valore di tre semibre., & alterata
resterà di sei. Ma se tal breve sarà imperfetta, harà il valore di due semib., et alterata,
di 4. Et se sarà semibreve di prolatione perfetta, haremo la quantità di tre minime, et
alterata, saranno sei. Se sarà imperfetta et alterata, sarà di 4 minime, lequale alterationi
sempre vengono in dispositione et quantità perfetta. Hora per non manchare della
intention nostra circa la facilità, considera un precetto, che ogni nota laquale nelli segni
è ordinata perfetta, sempre la sua figura propinqua è quella alla quale è assegnata
l'alteratione in questo modo, cioè che essendo la maxima nel modo maggior perfetto
di valuta di tre lunghe, senza alcun dubio si domanda perfetta. La nota alterabile sarà la
lunga, perché la longa è dopo la maxima. Similmente la breve è dapoi la lunga et la
semib. dopo la breve et la minima dapoi la semi. Per tanto (sì come habbiam detto)
essendo la maxima perfetta, la lunga sarà alterata; et se essa lunga sarà anchor perfetta,
per consequente la breve sarà alterata; et se la breve, la semibreve; et se la semib., la
minima. Seguendo adunque la necessità di tal alteratione, è di bisogno dimostrare in che
modo tal note over figure debbiano o possono alterare. Et prima avertisce che ritrovando
due lunghe in mezzo a due maxime, o suo valore, senza punto alcuno , sempre
altererà overo duplicherà la seconda lunga, come qui,

. Ma se il punto sarà tra le


due lunghe, come qui, .

, non sarà più alcuna alteratione. Medesimamente,


se [s1562: page 23]saranno tre lunghe in mezzo di due maxime, et che il punto si
interponga tra la prima et seconda lunga, come qui,

. , la terza
lunga sarà alterata. Ma non havendo il sopra detto punto, quelle tre lunghe resteranno
nel suo proprio valore. Et anchora la prima maxima sarà perfetta, se inanzi da altra nota
non sarà impedita. Così la maxima seconda potria restar perfetta, se dopo lei non
seguisse altra nota minore di sé, come qui,

. Similmente tal modo di


alteratione seguirà, se tra due o più maxime saranno 5 lunghe, come
qui,

, sarà necessario che la


quinta lunga sia alterata, per esser diminuto il modo maggiore di una lunga. Non altera
adunque la lunga per altro, se non per reintegratione et compimento di detto modo
maggior perfetto; la breve, per adempire il ternario numero [s1529: page 43]del modo
minor perfetto; la semibreve, per consequire la numerosità ternaria del tempo
perfetto; et la minima altera per perficere la divisione della prolatione perfetta; del che
da tutti li musici è concesso che la seconda o vero ultima, et non la prima figura minore
debbia alterare, perché ogni perfettione in tutte le cose è concessa nella fine et non nel
principio. Et nota che il punto, il quale è tra la prima et seconda lunga del l'essempio
posto di sopra, fa dui effetti. Il primo è che fa imperfetta la sua antecedente maxima
dalla lunga sequente; l'altro, fa imperfetta la seconda maxima dalla lunga precedente. Et
questo anchora intenderai delle brevi et semibrevi et minime, dato che li fussino poste
pause dinanzi in luoco di note, come nella sequente figura appare, ma non per
l'opposito, però che le pause et note di color pieno mai non possono essere alterate.
[s1523: page 41][s1539: page 24]

COGNITIONE DELLA MAXIMA ET LUNGA


DI COLORE PIENO. CAP. XXXIIII. This chapter is criticised
in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 19 September 1523. See Bonnie J. Blackburn,
Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p.
263-266.

La natura et quantità delle figure over note negre è che ciascheduna figura composta di
numero ternario, essendo di color pieno, resta diminuta di quantità di una terza
parte, come sarà della maxima del modo maggior perfetto et della lunga del modo minor
perfetto, della breve del tempo perfetto et della semibreve di prolation perfetta, dalle
quali figure, per cagione del colore, sarà extratto dalla loro quantità una terza parte
secondo la forma [s1529: page 44]et valore di esse note, come è della maxima nel modo
maggior perfetto, qual vale tre lunghe, ma se essa è fatta negra, perderà una lunga. Et
essendo tali lunghe di tre tempi perfetti formata, sarà di quantità di semibrevi 27. Per
tanto, diminuta della sua terza parte, ne resterà 18 semibrevi. Ma se sarà formata di tre
tempi imperfetti, non vagliono più di deciotto semibrevi, et essendo diminuta del terzo,
chiaro è che ne resta solamente dodeci. Questo anchor nella lunga del minor modo
perfetto debbi considerare, la quale essendo composta di tre brevi
perfette, vale 9 semibrevi, et perdendo per la negreza il terzo, resta in semibrevi 6. Et
non essendo la breve ternaria, valerà 6 semibrevi, et per il colore perdendo il terzo, resta
in 4 semibrevi. Ma nota che tal diminutione della terza parte nelle note negre non solo si
truova quando la maxima vale 3 lunge et la lunga 3 brevi, ma anchora nelli segni che

dimostrano tal figure essere imperfette, come qui, , nel


qual segno la maxima et lunga possono esser divise in tre parti equali, cioè la maxima
in 12 semibrevi di tempo perfetto et la lunga in sei; così in questo
anchora, , nel quale si può trovare divisa la maxima in tre
parti equali, cioè in minime 24, et la lunga in minime 12. Togliendo adunque nel primo
segno il terzo de la maxima, resta in semibre. 8, et la lunga in 4; et nel secondo,
diminuta del terzo, la maxima resta in minime 16 et la lunga in minime 8, come qui

appare. semibrevi. minime. Libro 2o capitolo xi Franchino

nella Practicaa Libro secondo captitolo 6 et in Angelicum opus dice la metà Anchora ti avertisco che

ritrovando tal note di color pieno sotto li segni sequenti,


, , nelli quali la maxima è formata di semibrevi
8, perché tal quantità di [s1562: page 24]otto non è divisibile in tre parti equali, è
necessario che tal note o figure, trovandosi nelli antedetti segni di color piene, siano
sesqualterate, overo perdino il quarto, come nelli sequenti capitoli vederai.[s1523: page
42]

DELLA FIGURA BREVE PIENA. CAP.


XXXV. Parts of this chapter are criticised in two letters written by Giovanni Spataro to Aaron,
dated 1 and 6 November 1523. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 273-276 and 280-283.

Ritrovasi nelli canti figurati la breve piena in cinque modi, cioè nel modo minor
perfetto, tempo perfetto, tempo imperfetto, prolatione perfetta et in sesqualtera
proportione. Et prima nel modo minor perfetto, quando troverrai le brevi negre
accompagnate con le lunghe negre di detto modo, le quali brevi non perdono parte
alcuna, per essere in tal luogo [s1529: page 45]di natura imperfette, ma sono
così descritte per reintegrare la quantità del minor modo perfetto, qual mancheria nella
dimostratione delle lunghe negre, le quali figure non son concedute doversi trovare
senza numero finito, sì nel modo come nel tempo et anchora ne la prolatione. Adunque
è di bisogno che tali brevi siano connumerate alle lunghe overo per sé sole in
quantità senaria, la qual quantità genera il modo perfetto. Et questo simile operano tali
brevi nel modo maggior perfetto secondo la sua forma. Il secondo modo è che ogni
breve negra sotto il tempo perfetto è diminuta di una terza parte, quale è una
semibreve, et questo per essere essa breve formata di numero ternario. Et così tutte le
semibrevi negre appresso esse brevi sono nella quantità, come se fussino vacue, ma solo

stanno in augumento del numero perfetto, come di sopra habbiam detto. Il


terzo modo è quando nel tempo imperfetto et prolatione imperfetta tu troverai una sol
breve negra. Tal breve negra perde una sua quarta parte, quale è una minima, et tanto
resta, come se fusse una semibreve con un punto, o vuoi dire una semibreve et una
minima. Il quarto modo è quando truovi nel tempo imperfetto et prolatione perfetta una
breve negra, et perché essa breve bianca è composta di sei minime, essendo negra, perde
la terza sua parte, perché sei minime sono in tre parti equali divisibili. Et per
consequente tal figura et forma di colore pieno dimostra che le sue due semibrevi in tal
corpo formate restano diminute della sua terza parte, per la negrezza apparente. Il
quinto et ultimo modo è quando tu truovi nel tempo imperfetto et prolation imperfetta
alcune brevi negre, senza alcun dubio saranno sesqualterate, cioè tre di esse brevi negre
nella battuta di due brevi bianche, come di poi al capitolo della sesqualtera intenderai.
[s1539: page 25]

DELLA FIGURA SEMIBREVE PIENA. CAP.


XXXVI. Parts of this chapter are criticised in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated
8 November 1523. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence
of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 286-287.

Anchora troviamo la semibreve piena dimostrarsi in cinque modi, nelli quali


nascono varie quantità. Et prima nel modo minore perfetto, nel tempo perfetto, nel
tempo imperfetto, nella prolatione perfetta et nella [s1523: page 43]sesqualtera
proportione. Nel modo minor perfetto, le semibrevi negre non perdono parte alcuna, ma
sol si fanno per compagnia delle brevi et alcuna volta delle lunghe, per perficere la
quantità del modo perfetto. Et questo simile sarà nel modo maggiore
perfetto. Alcuna volta anchora son messe per schivare la alteratione, quando il modo è
sotto posto al segno del tempo perfetto. Così la lunga, breve et minima son fatte negre
per cagione di essa alteratione. [s1529: page 46]Il secondo modo è quando sotto il tempo
perfetto saranno semibrevi negre, et che tali semibrevi siano dinanzi et dopo una breve
negra. Allhora dette semibrevi non perdono parte alcuna del suo valore, ma solo
adempiono la quantità ternaria del suo tempo. Et questo similmente opera quando due
semibrevi negre sono dopo una lunga negra in detto tempo perfetto. Il terzo modo
è quando la semibreve negra si ritruova nel tempo imperfetto et prolatione
imperfetta. Avertirai che essa semibreve si dimostra in tre modi varii, et per
consequente apparono tre quantità diverse, la prima et seconda in questo

modo. La prima chiaramente si vede


essere di quantità di una minima col punto, la seconda di una minima perché la breve
dinanzi a lei è di valore di una semibreve et minima. La sequente semibreve adunque è
di valore di una sola minima, benché alcuni dicono che tal figure debbono essere
sesqualterate, ma poco importa da un modo all'altro, perché la quantità di esse note sono
sottoposte al servitio di un tempo. Per tanto piglia quello che a te piace, per che tutto
torna a un solo fine. Ma ritrovando prima la semibreve dinanzi la breve, come qui,
senza dubio sarà sottoposto tal quantità al servitio sesqualtero, ma per non essere tal
modo troppo consueto, et il più delle volte trovarsi nella figura sopradetta dalli
compositori osservata, altro di questo non dirò. Il quarto modo si ritruova nella prolation
perfetta et tempo imperfetto, la qual per essere di natura et valore di tre minime, essendo
negra, resta diminuta di una minima, quale è sua terza parte, pure che siano più di una o
due insieme di tal colore, o veramente accompagnate con minime negre, come qui,

This example is unclear, both in the 1523 edition and in the revised version of the later editions.
The 1539 edition, held at the Bibliothèque Nationale in Paris, contains a corrected manuscript example which reads

as follows. ma ritrovando tali note in questo modo, la semibreve negra resta


di valore et quantità di una minima col punto, per la qual cosa volendo sanamente
conoscere tal differenza, a te sarà necessario avertire come et in che numero sono
figurate. [s1562: page 25]Il quinto modo sarà che quando troverai tre semibrevi negre nel
tempo et prolatione imperfetta, dette semibrevi debbono sesqualterare, come è detto
delle brevi nel capitolo di sopra.[s1523: page 44]

CHE COSA SIA SYNCOPA. CAP. XXXVII.


La syncopa nelle compositioni del canto figurato è una certa trasportatione di una figura
minore alla sua simile o vero equivalente, et questo aviene quando alcuna figura è posta
dinanzi a una sua maggiore, overo a più, [s1529: page 47]alle quali ragionevolmente non
si possa accompagnare. Et è concesso sì nel numero perfetto come nell'imperfetto. Et
tanto può essere syncopata et trasportata una pausa inanzi una nota, o più, quanto una
figura cantabile, et tal pausa non si intende più che quella di semibreve et minima. Ma
quelli che syncoperanno la semibreve dopo la pausa di breve o di lunga, et una minima
dopo la pausa di breve, sono ripresi dalla commune opinione delli musichi per la
difficile pronontiatione. Però quelli che syncoperanno la semibreve nanzi la figura
breve o lunga osserveranno il precetto regulare, perché cantare et tacere sono
contrarii, dalla quale contrarietà nasce che il syncopare che fa la nota oltra la maggiore
cantabile è arbitrario, et il syncopare che fa la cantabile figura oltra la pausa
maggiore non è conceduto, ma è subietto al precetto musicale. Adunque se la semibre.
et altre simili saranno syncopate oltra la cantabile breve, tale processo non
sarà incommodo, perché procede con modulatione di harmonico concento, il quale
concento harmonico dà la commistione amena che dalli suoni nasce. Ma quando la
predetta semibreve cantabile è syncopata oltra la pausa breve o lunga, perché il tacere
non può producere harmonico effetto, allhora non è [s1539: page 26]lecito, perché è stato

compreso dalli ottimi musichi antichi che questo transito, et altri simili,
cantando la breve, non è poco faticoso. Et perché tal pausa di breve (come ho detto)
nulla circa la harmonia importa, hanno costituito et per precetto regulare ordinato che a
maggiore dichiaratione et facilità, tal pausa sia in due pause di semibrevi divisa, non
parimente poste, come qui per il qual modo sarà compreso et con
facilità cantato, perché chiaramente apparerà che la prima semibreve et la prima pausa
di semibreve empiono uno tempo, et che la seconda pausa di semibreve colla sequente

cantabile semibreve reintegrano uno altro tempo. Ma essendo posto come qui,
tale syncopa sarà superflua et frustratoria, et come termine da sophista et litigioso
inteso, perché qui appare la integrità del tempo unita, et non è, imperò che la misura di
esso tempo divide la pausa in due parti, la quale, perché (come ho detto) non frutta
altro che taciturnità et non harmonia, la musical diligenza, per tenere ordine et facilità in
cantando, non vuole che sia produtta integra, ma sia in [s1523: page 45]due pause di
semibrevi, non in una sola riga ma in diverse discritte. Per tanto si considera che la nota
syncopata non debbe ritrovare la pausa maggiore di sé, ma debbe trovare la figura
cantabile. Et per tal causa diremo essere una syncopa in nota et una in misura, come di
sopra è manifesto.
[s1529: page 48]

COGNITIONE ET MODO DI CANTAR


SEGNO CONTRA A SEGNO NECESSARII.
CAP. XXXVIII.
Benché nella prima opera da me composta habbia trattato la natura et valuta delle figure
di segni contra a' segni, a me non rincresce anchora nella presente con più facilità tal via

dimostrare. Et prima nota che questo segno, , comparato


a questo, , non ha alcuna differenza, ma son simili nella
battuta, et nel circolo puntato harai le brevi perfette et le semibrevi, et nell'altro le

semibrevi solo. Ma questo, , contra a

questo, , sarà di una altra natura, cioè che


questo, , farà ogni sua minima equale in quantità di una

semibreve di questo, , pur osservando sempre la


perfettione et alteratione occorrente a' detti segni. Anchora

questo, , comparato a
questo, , è simile a quello di sopra, excettuando la

perfettione del tempo et della prolatione. Di poi questo,

, comparato con questo, , harai nella battuta della breve di


questo, , una sol minima del precedente.

Così questo, , con questo

comparato, 2, farà il simile di quel di sopra, L'


dimostra il modo minore perfetto, et la cifera 2 il tempo. ma

solamente avertirai in questo segno, 2, che le lunghe son

perfette et le brevi imperfette. Ma questo, , con


questo, , o vero con questo

altro, , sarà dissimile nella battuta, cioè che ogni minima

di questo, , sarà in quantità di una semib. delli dui


sequenti, , . Di poi

questo, , con questo, ,


farà nella battuta ciascuna minima del primo in quantità di una breve del secondo, et

anchora di questo, 2. Et se
questo, , sarà comparato con

questo, , sarà simile nella battuta, benché dissimile sia


nella [s1562: page 26]perfettione del tempo. Ma di

questi, , saranno
duplicate le note, cioè che questo, , harà ogni sua

semibre. nella battuta di due semibr. di questo, . Da poi

in questo, , con questo,


2, Tempo di Quadrupla saranno le semibre. del primo in

quantità et battuta di quatro semibrevi del sequente, 2.


Anchor in questo, , con

questo, 2, saranno le note sue duplicate, perché due


semibrevi di questo, 2, vanno nella battuta di una di

questo, . Questi,
, , saranno dissimili nella battuta, cioè che di

questo, , sarà cantata una semibreve in quantità et spacio

di una breve di questo, . In


questo, , con questo, 2,
saranno le figure moltiplicate in quadro, cioè che ogni lunga di

questo, 2, sarà in quantità di una [s1523: page

46]semibreve dello apparente . Anchora


questo, , con questo, ,

saranno nella battuta dissimili, perché in questo, ,

passerà ogni breve in quantità di una semibreve di questo,


. Questo, 2, con questo, ,
farà ogni sua semibreve in quantità di una lunga [s1529: page 49]del precedente.

Questo, , con questo, 2,


farà di ogni sua breve una battuta, la quale passerà in quantità di due brevi di
questo, 2. Questo, 2, con

questo, , son simili in misura. Sogliono anchora li

compositori dimostrare questo segno, , nel quale ogni sua nota resta diminuta della
sua mezza parte comparato a questo, , come essaminando

troverai nelli canti. Alcuni altri hanno dimostrato tal segno, , comparato a

questo, , essere ogni due brevi di questo, , in

quantità di tre semibrevi di questo, , et in [s1539:


page 27]molti altri modi, come fare si potrebbe. Ma perché alcuni confabulando dicono
qual sia la cagione, che li compositori nostri antichi et moderni hanno osservato nelli
segni di sopra mostrati il valore alle note con varii modi et misure, facendo la differenza
del circolo al semicircolo comparato solamente nella breve, laqual resta di quantità di

tre semibrevi nel presente segno, , et di due in

questo, , et ogni altra figura cantabile resta in una equal


misura, di poi considerando dicono che in questi segni medesimi puntati in mezzo,

fanno che in questo, , ogni sua minima resta


nel valore et misura di una semibreve di questo, , la qual
differenza viene per forza di quel punto - et così non pare, che sia da esser tal modo
concesso - la cagione di qui viene. Se fra li dui segni

presenti, , , non si fa
differenza di altro che dalla breve perfetta alla imperfetta, et ogni altra sua nota sia con
equal misura pronontiata et connumerata, per consequente resta che qua non habbia ad
essere alcuna differenza, excetto della semibreve qual viene perfetta per vigore del
punto, et la breve viene augumentata delle tre minime, come

qui, , . Ma più dubbiosi


restano nelli sequenti, cioè che in questo segno, , sia ogni

sua semib. dupplichera comparato a questo, . Et

ritrovando di poi che questo segno, , comparato a


questo, , resti ciascuna minima di

questo, , nella quantità et misura di una breve di

questo, , qua la ragione et la intelligenza alloro manca et


quasi non sanno che dire. Si risponde che se da Iosquino et da Obreth è stato usitato
ponere la misura nella minima in questi segni,

, , credo che dalloro tale cosa sia più presto stata fatta per
autorità che per ragione alcuna, imperò che li loro predecessori et maestri, come
Busnois, Ocheghen et Duffai, et altri assai, alli quali, per essere alli tempi loro stati
huomini famosi, hanno prestato grande fede, et per tanto hanno sequitato tal modo, il
quale modo, cioè di dare la misura [s1523: page 47]nella minima, non è
da vituperare, perché Bartholomeo Rami dice che tal modo di dare la misura nella
minima delli segni puntati è stato (come ho detto) osservato da Ocheghen, Busnois et
Duffai, et da Giovanni di Monte, suo precettore, et anchora da altri huomini in questa
facoltà famosissimi. Et aggiunge il [s1529: page 50]medesimo Bartholomeo Rami che
questo si può ragionevolmente fare, perché Busnois et li altri prenominati, liquali erano
huomini magni in questa facoltà, si fondavano nella antiquità, cioè in mathematica
ragione, la qual tratta di continua et discreta quantità, della qual quantità sì come la
discreta, la qual tratta di numeri, augumenta in crescendo, così la continua in dividendo
minuisce. Adunque, così come li antiqui ponevano la retta misura nella breve et lunga,
et alcuna volta nella maxima, laqual lunga et maxima nascono dalla breve molte volte
presa, così noi, dividendo il tempo overo la breve in parti, poteremo ponere essa misura
non solo nella breve, ma anchora nella semibre. et nella minima, le quali son figure che
dividono il tempo overo la breve in parti, la qual divisione dimostra che la continua
quantità non è di minor efficacia in canto misurato, che sia la discreta. Per tanto,
così come li antichi hanno usato dare alcuna volta la misura nella lungha et nella
maxima, le quali son figure che nascono dalla aggregatione del tempo, così per tal
ragione essa misura (dice) che si potrà locare nella semib. et nella minima, le quali son
considerate come parti del tempo. Ma circa quello che di sopra s'è opposto, cioè che
sì come tra questi segni, , ,
non cade altra differenza circa la battuta, ma sì nella quantità della breve, che anchora in

questi, , , non dovesse


essere altra differenza che solo della semib., et similmente tra

questi, , , si responde che


quegli che vorranno tendere a questo troveranno che nella musica misurata uno solo
segno basterà, perché ciascuno delli altri, come son
questi, ,

, , si potrebbono exemplare et pronontiare sotto

questo, , perché altro non sarà una breve perfetta di questo


segno, , che una lunga et una mini. di

questo, . , o vero

così , o vero
così . . , et
in molti altri modi li quali possono accadere. [s1562: page 27]Similmente altro non

sarà una semibreve perfetta di questo segno, , che una

semibreve di questo posta così, , .,


, et il simile accaderà di altri segni predetti, per la
qual cosa appareria che li nostri antichi si sarebbono in vano
affaticati, perché harrebbono dimostrato per molti segni quello, che per uno solo segno
si può dimostrare et intendere. Onde si debbe credere che dalloro tali segni son stati
intesi come per la sentenza del predetto Bartholomeo è dimostrato, dove egli dice che

dalli antichi in questi segni,

, , la misura [s1523: page 48]era posta nella semibreve, et


che in tal segni la breve valeva tre misure. Et dice che in
questi, , , similmente la
misura era [s1539: page 28]locata sopra la semibre. et che la breve valeva due misure. Et
dice che per tal modo la misura alcuna volta restava divisa in tre minime, come in questi

segni accade, , , et

alcuna volta in due, come per questi segni,


, , era dimostrato. [s1529: page 51]Et dice che questo tale
ordine era frequentemente osservato et che secondo la antica exercitatione, le

semibrevi et le minime di questi dui segni,

, , erano intese equali in quantità et pronontiatione, et


affirma che le minime et semibrevi di questi dui,

, , erano intra loro equali. Ma da noi et esso non è


affermato che una semibreve perfetta di ciascun di questi

segni, , , sia equale alla


semibreve di questi, , ,

perché (come egli testifica) se in questi dui,

, , una semibreve perfetta over tre minime over sei


semiminime erano cantate per la perfetta misura, il qual modo di cantare era chiamato
dalli antichi Cantare per maggiore. cantare per maggiore -et anchora tal modo di cantare è
frequentato dalli contrapuntanti nelle capelle delli signori, maximamente quando sopra
canto piano fanno contrapunto - et perché tal modo di cantare (come pruovano li canti
antichi) era molto grato ad essi antichi, quasi tutti li loro concenti et harmonice
compositioni erano di tali segni puntati exercitati, per la qual cosa si esistima che da
Busnois fusse trovato quel canto chiamato L'ome armé, notato con il segno puntato, et
che dallui fussi tolto il tenore, et perché esso era brieve, che dallui, per haver campo
più largo senza mutar segno, fussi trasmutata la misura, la qual cadeva sopra la perfetta
semibre., nella minima, la qual cosa a lui che era grande huomo et ottimo musico non fu
attribuita ad errore. Anchora il simile ad Ocheghen et altri antichi, et ad Obreth et a
Iosquino non sarà vituperio haver sequito le vestigie delli suoi predecessori. Ma a
coloro li quali poneranno la misura nella semibreve in questi

segni, , , sarà non


poco vituperio, perché harriano addotto in luce quello che mai non fu pensato da alcuno

dotto. Per tanto conchiudemo che in tali segni puntati cade la misura nella
minima quando in uno canto solo fusse una sola partita di esso canto, come il
tenore. Ma se tutte le parti del canto saranno per segno puntato segnate, si tenerà altro
ordine, perché allhora per una misura over battuta passerà una semibreve perfetta overo
tre minime, come da Ocheghen è stato osservato in una parte del Patrem della
sua Messa di L'ome armé.

COME LI CANTORI HANNO A NUMERARE


LI CANTI CAP. XXXVIIII.
[s1523: page 49]Perché molte volte il cantore harrà piacere d'intendere come si debbiano
numerare li canti, bisogna che primamente consideri il segno sotto al quale il canto è
composto, imperò che essendo li segni differenti di [s1529: page 52]forma, per
consequente il numerare sarà variato, et perché in ciascun canto conviene che si
ritruovi modo, tempo & prolatione, come nel principio fu detto, essendo un canto di
modo maggior perfetto, è necessario che in tutto il suo discorso gli sia la quantità di
detto modo, la quale è il numero di tre lunghe; similmente nel modo minor perfetto, di
tre brevi; nel tempo perfetto, di tre semibrevi; et nella prolation perfetta, di tre
minime; per la qual cosa, non si trovando la quantità predetta, sarà da noi attribuito
grandissimo errore a quelli, che 'l contrario usano. Et se ' detti canti mancheranno di
segni overo saranno sottoposti a' segni di imperfettione, debbiono havere in sé il numero
binario nelle parti alle quali essi saranno sottoposti, et non come molti canti liquali sono
segnati di tempo imperfetto, non dimeno manchano della binaria numeratione delle
semibr. Oltra di questo debbi savere che dato che le figure da esser numerate siano
di valuta ternaria o binaria, questo non importa, perché basta che nel modo maggiore gli
sia il numero o quantità sua principale, che sono le lunghe, et così nel minore le brevi,
nel tempo le semib. et nella prolatione le minime. Ma quando fussino composti dui o
più segni, allhora potrai considerare la numeratione di ciascuno per sé stesso, come per
essempio s'el fusse un canto di tempo et prolation perfetta. In questa tale potrai
numerare le semib. per rispetto del tempo, ma anchora le minime, havendo rispetto alla
prolatione. Et così da te stesso di ogni altra occorrenza potrai far giudicio,
aggiungendovi la debita diligenza, la qual più che ogni altra arte o libro può operare
nell'intelletto di quelli che desiderano acquistare tal virtù.
[s1539: page 29][s1562: page 28]

DELLE NOTE IN LEGATURA. CAP. XXXX.


Così come dalli poeti et dotti humanisti è stato ritrovato le lettere di forma variate et
differenti di nome, così li musichi hanno ordinato le figure over note dissimile l'una
dall'altra, cioè di nome et forma, la quale si domanda nota quadrata et nota obliqua.

Quadrata è detta per la sua forma, come qui, obliqua rispetto alla lunghezza sua,

come la presente dimostra, del che avertirai che nelle quadrate note, ogni quadrato
dimostra un corpo di una sola nota, ma la figura obliqua è di contrario effetto, cioè che
d'ogni corpo apparente il principio et l'extremo suo fanno due note, come esse fussino
distinte et separate. Legatura quel che sia Et non è altro la legatura che una certa quantità di
note semplici in sé raccolte, per la qual cosa è stato [s1523: page 50]necessario che
sia variato il nome et la sua forma, imperò che è ordinato [s1529: page 53]4 figure over
note potersi colligare, le quali sono maxima, lunga, breve et semibr., o siano ascendenti,
o discendenti. La ligatura adunque ascendente è quella, nella quale la seconda nota
sopra avanza et è superiore alla prima, dato che sia con virgola o senza virgola, come
qui, ma la discendente ligatura è quella, nella quale la seconda nota appare

inferiore alla prima, come qui, se bene ascendono o discendono, con virgola o
senza virgola, di contraria quantità et nome, perché trovando più figure, o note oblique,
o quadre, senza virgola ascendenti, se esse fussino ben mille, sempre saranno brevi, et
per il contrario, la prima et ultima saranno lunghe di forma quadra. Ma perché sempre in
questo mio Thoscanello mi sono affaticato con modi facili, per li quali a te non sia di
fastidio, non voglio meno operare nel presente capi. la dimostratione et prattica
necessaria a questo. Et prima nota nota che ogni virgola ascendente dalla parte sinistra,
ataccata alla nota quadra et obliqua, sempre dimostra la prima et seconda nota
semibreve, o sia ascendente, o discendente. Ma quelle del mezzo, oblique et quadre,
senza alcun dubbio saranno brevi, salvo che l'ultima discendente quadra, la
quale è lunga. Et se la virgola apparirà dal canto sinistro discendente con due note sole,
la prima sarà breve et la seconda lunga. Ma se saranno più di due, la prima et la seconda
saranno brevi, et se ascenderanno tutte, con virgola o senza virgola, saranno brevi. Di
poi, se la virgola sarà dal canto destro discendente o ascendente, questo non manca che
sarà maxima overo lunga. Oltra di ciò si truova anchora la presente figura, della quale
secondo la generale opinione si dice che la prima è lunga et la seconda breve, ma
ascendente come qui, si dice breve et breve, della qual consideratione si adduce in
contrario, perché tali figure discendenti et ascendenti come qui, non si dicono
altro che brevi, et le sequenti come qui, semibrevi, per la qual cosa si
risponde che nel primo essempio di sopra mostrato, per il fondamento delle presenti,
esse figure debbono essere simili di nome et quantità, imperò che non variando le dette
dinanzi ascendenti et discendenti, esse non debbono anchora esser variate. Non di meno
quello che a te piace osserverai. Ultimamente nel principio della figura sequente sono
alcune note in mezzo con la virgola appresso di alcuni chiamate lunghe, nelle quali
appare un punto in ultimo della sua virgola, et perché sono alcuni altri di contraria
opinione, , io ti pongo l'uno et l'altro essempio, fa' come a te piace.[s1523: page
51][s1529: page 54][s1539: page 30][s1562: page 29]

COLIGATIO NOTULARUM
[s1523: page 52]
[s1523: page 53][s1529: page 55][s1539: page 31][s1562: page 30]

SECONDO.
Se dolce et cara è la cognitione di tutte le cose, quella certamente debbe essere
soavissima et accettissima, la quale ne fa intendere con ragione la più dilettevole di tutte
l'altre arti et scienze che siano, per la qual cosa, havendo io (come penso) col divino
aiuto atteso et osservato già il mezzo della mia promessa, non posso fare che non
m'allegri et goda fra di me del mio porger mano (il che sia detto senza arroganza) a
qualche amatore di virtù, per modo che hoggimai colle santissime Muse et duca di loro,
Apolline, non dico in tutto da sé stesso, ma certo assai più leggiermente et con minor
fatica che prima potranno conversare. Là onde, fatti partecipi della musica et harmonica
facoltà, gratia et dono veramente celeste et divino, grati et di animo magno tal volta di
me ricordarsi et bene pregarmi non si sdegneranno; et avenga che io, come huomo atto
ad errare (ché solo la divina maiestà è senza errore) m'inganni et (dove assai habbia
promesso) poco attenda, non dimeno, per che con gran zelo et ardore di giovare alli
studiosi questa fatica ho presa, mi giova di darmi ad intendere che al manco per quel
buon volere, se non per l'effetto, li candidi lettori mi ameranno. Per tanto, non mi
essendo rincresciuta la fatica del antecedente libro, né quella del seguente mi sarà per
rincrescere, a te anchora, studioso lettore, non rincresca leggere questo con
attentione, del quale non minore utilità trarrai ch'abbi fatto del primo, anzi (per dire
il vero) molto maggiore et di più soblime effetto, perché in quello il modo di cantare hai
inteso, in questo quanto appartiene al modo di comporre sei per intendere, fra' quali
modi, cioè di cantare et comporre, quella comparatione potemo fare che fece
Themistocle, chiarissimo imperatore atheniese, fra Homero et Achille, facendo simile
Achille ad un vincitore di giuochi olympici, Homero ad un trombetta che le sue vittorie
predicasse, secondo il quale essempio potemo dire noi, che 'l comporre sia maggiore che
'l cantare, come che è maggior opera far la cosa, che publicarla, le quali cose espedite, a
questa nostra opera colla tua buona gratia daremo il desiato fine.[s1523: page 54][s1529:
page 56]

CHE COSA SIA TUONO. CAP. I.


Tuono è uno spatio di due voci o suoni, discritto da Gamma ut ad A re et da A re

a mi, overo secondo li Greci da proslambanomenos a hypate hypaton, le


quali chorde rispondono appresso di noi queste syllabe, ut-re & re-mi, così in
ascendere come in discendere, secondo l'ordine naturale, et è diviso in due parti
differenti, delle quali l'una sarà maggiore et l'altra minore. La parte maggiore è detta
da' Greci Apotome parte maggiore del tuono apotome, qual non importa altro che semituono
maggiore. La minor parte è chiamata Lima parte minore lima, che tanto è come semituono
minore, la qual divisione resta stabile in tutti li seguenti tuoni. Il terzo luoco dove è
causato il tuono è da parhypate hypaton a licanos hypaton, cioè da C fa ut a D sol re,
con queste note, fa-sol et sol-fa. Il quarto tuono nasce da lichanos hypaton a hypate
meson, cioè D sol re et E la mi, con queste voci, re-mi et mi-re. Il quinto tuono appare
da parhypate meson a lichanos meson, cioè da F fa ut a G sol re ut, così dicendo, fa-
sol et sol-fa, ut-re et re-ut, in ascendere et discendere. Il sesto tuono cade da lichanos
meson a mese, cioè G sol re ut et A la mi re, dicendo sol-la et la-sol, re-mi et mi-re, ut-
re et re-ut. Il settimo tuono si considera da mese a paramese, cioè A la mi

re et mi, con queste note, re-mi et mi-re. L'ottavo tuono è da trite


synemmenon a paranete synemmenon, cioè fa et C sol fa ut, con queste note, fa-sol et
sol-fa. Il nono tuono si ritruova da trite diezeugmenon a paranete diezeugmenon, cioè C
sol fa ut et D la sol re, con queste syllabe, fa-sol et sol- fa, ut-re et re-ut. Il decimo tuono
è dimostrato da paranete diezeugmenon a nete diezeugmenon, cioè D la sol re et E la
mi, così dicendo, sol-la et la-sol, re- mi et mi-re. L'undecimo tuono è da trite
hyperboleon a paranete hyperboleon, cioè da F fa ut et G sol re ut, con queste note, fa-
sol et sol-fa, ut-re et re-ut. Il duodecimo tuono è da paranete hyperboleon a nete
hyperboleon, cioè da G sol re ut ad A la mi re, con tal processo, sol-la et la-sol, re-mi et

mi-re, ut-re et re-ut. Il terzodecimo tuono è da nete hyperboleon a mi, cioè


A la mi re et fa mi, con queste note, re-mi et mi-re. Il quarto decimo tuono

nasce dal fa di fa [s1539: page 32]mi a C sol fa, dicendo fa-sol & sol-fa; il
quintodecimo tuono da C sol fa a D la sol con tal discorso, fa-sol et sol-fa o vero sol-
la et la-sol. Il decimo sesto et ultimo tuono è da D la sol ad E la, con queste note, sol-
la et la-sol, come nella figura diatonica più facilmente intenderai, il qual tuono cade
nella proportione sesquiottava posta in questi numeri, otto a nove, overo altri
simili.[s1523: page 55][s1529: page 57][s1562: page 31]

DEL SEMITUONO MINORE ET MAGGIORE.


CAP. II.
Il semituono minore è una distanza di due voci, il quale è detto da semis, che significa
in questo luogo imperfetto et non mezzo, imperò che esso tuono (come di sopra è detto)
è formato di dui semituoni non equali. Ritrovasi adunque intra hypate hypaton et
parhypate hypaton, cioè mi et C fa ut, in questo modo, mi-fa et fa-mi,
così in ascendere come in discendere. Il secondo semituono si ritruova tra hypate
meson et parhypate meson, cioè E la mi et F fa ut, così dicendo anchora mi-fa et fa-mi.
Il terzo semituono è da mese a trite synemmenon, cioè A la mi re et fa. Il quarto da

paramese a trite diezeugmenon, cioè mi et C sol fa ut. Il quinto è da nete


diezeugmenon a trite hyperboleon cioè E la mi & F fa ut. Il sesto da nete hyperboleon,
cioè A la mi re, et fa. Il settimo et ultimo semituono nasce tra mi et C sol
fa. Restano dui semituoni differenti da questi, secondo il genere diatonico chiamati

maggiori, apparenti tra la syllaba fa et mi della positione chiamata fa mi, la


qual voce mi è più acuta di essa voce fa di detto semituono maggiore, il quale supera di
uno coma il minore semituono. Per tanto il minore semituono cade nella proportione
256 et 243, il qual numero 256 sopravanza 13 al numero 243.

DEL DITONO. CAP. III.


Ditono propriamente si può chiamare una compositione di dui tuoni, per ciò è detto
da dis, che vuol dire due volte, et da tuono, a dichiarare che contiene dui tuoni, la qual
distanza o vero compositione si considera in diece luochi varii. Onde il primo sarà da
Gamma ut a hypate hypaton, cioè mi, il secondo da parhypate hypaton a
hypate meson, cioè C fa ut et E la mi, il terzo da parhypate meson a mese, che significa
F fa ut et A la mi re, il quarto da lichanos meson a paramese, cioè G sol re

ut et mi, il quinto da trite synemmenon a nete synemmenon, cioè fa et D la


sol re, il sesto da trite diezeugmenon a nete diezeugmenon, cioè C sol fa ut et E la mi, il
settimo da trite hyperboleon a nete hyperboleon, cioè F fa ut et A la mi re, l'ottavo da G
sol re ut et mi, il nono da fa a D la sol, il decimo et ultimo da C sol fa ad E
la. Et perché tal discorso genera dui nomi et forme varie, in questo modo, ut-mi et fa-la,
tali nomi et forme non saranno dette due specie, dato che siano in [s1529: page 58]varii
luochi ordinati et differenti di nomi, perché non è intra loro semituono mediato
alcuno, et per questa cagion non si dirà che siano due specie, ma per sé solo, imperò che
li semituoni son quelli che fanno variare le specie, come sequendo intenderai. Per tanto
tal ditono cade nella proportione 81 et 64, nella quale il numero 81 avanza il numero 64
la quantità presente, cioè 17.[s1523: page 56]

Dimostratione del ditono.

DEL SEMIDITONO. CAP. IIII.


Il semiditono è una compositione di tre voci, le quali in sé contengono uno tuono et uno
semituono minore, come si vede da proslambanomenos a parhypate hypaton, cioè
Are et C fa ut, et anchora da hypate hypaton a lichanos hypaton, e quali
significano mi et [s1539: page 33]D sol re. Et così examinando tal discorso,
ritroverai due specie differenti di nome et compositione, in questo modo, re-fa et mi-
sol, dove chiaro si vede essere differenti di detto nome et compositione rispetto alli
semituoni, che hanno varii luochi. Il semiditono è detto imperfetto ditono et non mezzo,
imperò che semis in questo luoco non significa mezzo, ma imperfetto. Il semituono
della prima specie è nel secondo intervallo et il secondo semituono nel primo resta, et da
alcuni sono chiamati terza minore, cadente nella proportione 32 a
27. Similmente procedendo si ritruova da lichanos hypaton a parhypate meson, cioè D
sol re et F fa ut, et da hypate meson a lichanos meson, che significano E la mi et G sol
re ut, come la figura ti dimostra.

Dimostratione del semiditono.

[s1523: page 57][s1529: page 59]

[s1562: page 32]

DEL TRITONO. CAP. V.


Tritono secondo il proprio suo nome è detto essere una compositione di tre tuoni, li
quali naturalmente nascono da parhypate meson a paramese, cioè F fa
ut et fa mi, in questo modo, fa-sol-re-mi. Così anchora da trite

hyperboleon, qual è F fa ut acuto, a fa mi secondo il simile troverai. Non


dimeno, perché esso tritono è cosa dura et aspra, è stato di bisogno che sempre mai sia
mitigato et indolcito con la figura o segno sequente, , quando il canto non passerà il
luogo di detto fa mi, et questo intendi così in ascendere come in
discendere. Ma ritornato al primo suo luoco, subito tal figura o segno debbe essere
rimossa. Appare detto tritono naturalmente et accidentalmente in sette luochi della
mano, delli quali li dui sopradetti sono naturali. Il primo adunque accidentale nasce

dalla positione hypate hypaton, cioè mi, a quella di hypate meson, quale è
E la mi grave, essendo in esso hypate hypaton il segno di molle, nel quale sarà mutata la
syllaba o voce mi nella syllaba fa, et per consequente la voce mi di E la mi o vero
hypate meson sarà mutata nella voce fa, quello che di sopra è stato detto. Et questo
sempre nelli sequenti intenderai, perché dicendo fa in hypate meson, chiamato E la mi
grave, et discorrendo insino al luoco mese, chiamato A la mi re, è di bisogno porre in
esso mese il segno di molle; così anchora da trite synemmenon, quale è fa acuto, a nete
diezeugmenon, chiamato E la mi secondo, nel quale la sua nota è mutata nella voce fa.
Similmente sarà da nete diezeugmenon a nete hyperboleon, cioè A la mi re sopracuto, et
da fa ultimo insino ad E la, come nella sequente figura secondo che nella mano si
contiene troverai. Cade il tritono nella proportione 729 et 512.
Dimostratione del tritono.

DEL DIATESSARON. CAP. VI.


Dia tessaron è una compositione di dui tuoni et uno semituono minore. Et è detto a dia,
che significa per, et tessara, quatro. Et è propriamente [s1529: page 60]una congiuntione
di quatro voci ne laquale si contengono [s1523: page 58]tre diverse figure overo specie,
la prima harrà principio in proslambanomenos, quale è A re, la fine in lichanos hypaton,
cioè D sol re, con queste note, re-mi-fa-sol, procedendo per tuono et semiditono, o vero
per semiditono et tuono. Per tanto ogni consonanza sempre harrà meno una specie che
non sono le sue voci, o sia quinta, ottava, o qual vuole essere. eccetto la 6a qualle ne ha 3.

Et in qualunque luoco troverai tal discorso, sempre sarà la prima


figura o specie del dia [s1539: page 34]tessaron detto. La seconda figura harrà principio

da hypate hypaton a hypate meson, cioè mi et E la mi, con queste note, mi-
fa-sol-la, differente dalla prima forma di nome et compositione, perché procede per
semituono, tuono et tuono, overo per semiditono et tuono. Et similmente questa sarà
chiamata in ogni luoco seconda specie del dia tessaron. La terza et ultima figura harrà
principio da parhypate hypaton a parhypate meson, cioè C fa ut et F fa ut, con queste
syllabe, ut-re-mi-fa, procedendo per tuono, tuono et semituono minore, overo per
ditono et semituono, differente dalla prima et seconda specie, perciò che il primo
dia tessaron ha il semituono nel secondo intervallo, il secondo nel primo; il terzo nel
l'ultimo , come la sequente figura. Cade il dia tessaron nella proportione sesquiterza
presente, 4/3.[s1562: page 33]
Dimostratione del dia tessaron.

DEL DIA PENTE. CAP. VII.


La consonanza dia pente è una compositione di cinque suoni o vero voci, le quali in
sé contengono tre tuoni et uno semituono minore. Detta è da dia, che significa per,
et pente, cinque. Ha in sé quatro specie differenti, in questo modo, cioè re-mi-fa-sol-la,
mi-fa-sol-re-mi, fa-sol-re-mi-fa & ut-re-mi-fa-sol. La prima specie adunque
sarà formata della prima del dia tessaron con uno tuono superiore, il qual principio sarà
lichanos hypaton, quale è D sol re, et il suo fine a mese, cioè A la mi re, procedendo per
tuono, semituono, tuono et tuono, per il qual modo sempre harrai la prima specie di esso
dia pente. La specie seconda è ordinata dalla seconda del dia tessaron, aggiunto un
tuono, et il suo principio sarà in hypate meson, cioè E la mi, et il suo fine in

paramese, [s1529: page 61]quale è mi acuto, ascendendo per


semituono [s1523: page 59]minore et tre tuoni. La terza specie si considera da parhypate
meson a trite diezeugmenon, che sono F fa ut et C sol fa ut, formata della terza specie
del dia tessaron, conversa in tritono, et uno semituono minore. La quarta et ultima
specie si manifesta da lichanos meson a paranete diezeugmenon, cioè G sol re ut et D la
sol re, formata de la terza figura del dia tessaron et uno tuono superiore, laqual procede
per tuono, tuono, semituono et tuono. Cade il dia pente nella proportione sequente detta
sesqualtera, cioè 3 a 2.

Dimostratione del dia pente.


Alla sopradetta dimostratione si oppongono alcuni in contrario, la qual quistione,
benché sia leggiera et frivola, non dimeno qui di sotto intendo chiarirla per cagione de'
nuovi scholari di questa leggiadra et melliflua disciplina, se per caso fussino mai
tentati come una volta fui io, agevolmente si habbiano a risolvere, sanza che, per esser
la varietà condimento del diletto, il continovar di simili dimostrationi meno spiacevole
per cotal diverticolo da' lettori potrà sentirsi. Dico adunque primieramente che tante
sono le specie del dia pente, quanto sono le specie della sesqualtera dalla quale nasce il
dia pente; et così, la sesqualtera essendo solo una et non più, sequiterà che la specie del
dia pente sia una sola, il qual modo di arguire pare che habbia qualche verità, perché è
sottile materia da discutere, ma tale argomento è però da sophista, perché appare et non
è. questo aviene perché essi comparano la natura del dia pente considerato dal musico
alla natura della sesqualtera considerata dallo arithmetico. Il musico dice che il dia pente
è compositione di cinque voci et lo arithmetico dice che la sesqualtera è, quando il
maggiore [s1539: page 35]termine contiene in sé una volta tutto il minore con la sua
medietà. Et per tal modo il musico et lo arithmetico in questo sono
differenti, perché dato che la sesqualtera, dallo arithmetico considerata in extremità,
habbia in suono natura di dia pente, non dimeno non sarà mediata, cioè che non sarà
composta di cinque numeri et di quatro proportioni (come al dia pente si conviene), le
quali han cinque suoni et quatro intervalli. Sarà adunque necessario che il musico
consideri tale sesqualtera [s1523: page 60]havere intra li suoi extremi [s1529: page
62]cinque numeri et quatro proportioni, perciò che il dia pente theoricamente
considerato è aggregato di tre tuoni et uno minore semituono; bisognerà che la
sesqualtera dal musico considerata inchiuda nelli suoi extremi tre sesquiottave et una
proportione cadente in questi termini, 256 a 243, nella quale (come a Boetio piace) cade
il minore semituono. Ma perché (come habbiamo nel monachordo) procedendo da
ciascuna delle quatro lettere finali al suo quinto luoco, cioè D-E-F-G-A, E-F-G-A-

, F-G-A- -C et G-A- -C-D, gli termini medii locati


tra li extremi della predetta sesqualtera overo dia pente dal musico exercitata sono in
quatro modi differenti variati, però il musico, senza mutare li extremi, dice che esso
dia pente ha quatro varietà, come appare nel cap. 3 del quarto libro della Musica di
Boetio, dove in tal luoco troveranno delle tre specie del dia tessaron, delle quatro del
dia pente et delle sette [s1562: page 34]del dia pason, le quali varietà da Boetio nel luogo
preallegato sono chiamate specie, le quali nascono perché il semituono, il quale è
dissimile dalli altri tre intervalli, hora cade nel secondo intervallo, hora nel primo, hora
nel quarto et hora nel terzo. Et perché le predette quatro varietà siano meglio intese et
conosciute, li musici hanno loro assegnato ordine, cioè prima, seconda, terza et quarta, il
quale ordine nasce dalla sua locatione, cioè quella che prima è ritrovata, overo nasce
prima nel monachordo, è detta prima; di poi seconda, terza et quarta. Onde tal ordine è
osservato da tutti li dotti musici, et per tal modo tali quatro varietà overo specie di
dia pente, o di sesqualtera, nascono dalla variatione che fanno li medii in quatro modi
fra li extremi, et non dal minuire et accrescere li extremi, li quali sono sempre
immutabili dia pente overo sesqualtere, et non come li predetti, li quali senza
consideratione et fondamento intendono. Così seguitando dicono che per adempire et
perficere quelli quatro autentici tuoni, è stato necessario che siano aiutati da quelli
quatro intervalli di quella unità o sola specie di dia pente. Qui dimostrano essere
inavertenti, per che per formare li quatro tuoni autentici, non si togliono una sola volta li
quatro intervalli di uno solo dia pente, ma tali intervalli si togliono differentemente
quatro volte, come di sopra è stato essemplato da D grave a G acuto. Et per tal modo
alla forma delli quatro tuoni autentici convengono 16 intervalli di dia pente, come
nel Trattato nostro delli tuoni habbiamo dimostrato, per che solamente li quatro
intervalli del dia pente non possono dare la forma, se non ad uno solo tuono. Et per tal
modo non si farebbono quatro tuoni differenti, ma sarebbe [s1523: page 61]solo uno. Che
questo sia il vero, si vede apertamente, in che [s1529: page 63]ciascheduno tuono si fa di
otto suoni, chiamati dia pason, produtta dalla dupla proportione, la qual dupla solo è
una et non molte. Adunque, secondo la openione di essi, tante specie di dia pason overo
tuoni saranno, quante sono le specie della dupla, et per consequente non potranno essere
quatro tuoni autentici, ma solo ne sarà uno, la qual sentenza da noi non è conceduta.

DEL HEXACHORDO MAGGIORE. CAP. VIII.


Hexacordo è detto da hex, che significa sei, et chorda, perché è di sei voci, il quale è
formato di quatro tuoni et uno minor semituono, chiamato volgarmente sesta
maggiore. Naturalmente si ritruova secondo l'ordine diatonico nove volte vario, con tre
accidentali, per il qual ordine si comprende che solo tre ne restano, perciò che
discorri come a te piace, sempre troverai ut-re-mi-fa-sol-la, re-mi-fa-sol-re-mi, & fa-sol-
re- mi-fa-sol, dil che ragionevolmente potremo dire li sopradetti exachordi replicati,
sì naturali come accidentali, perché è manifesto che da Gama ut ad E la mi grave è
tanto quanto da C fa ut ad A la mi re acuto, sì di nome come di compositione, et come è
da G sol re ut grave ad E la mi acuto, et da C sol fa ut ad A la mi re secondo, nelli quali
per esser variati li semituoni, per consequente il nome è differente, come nel [s1539:
page 36]primo hexachordo appare il semituono nel terzo intervallo, il secondo nel
secondo et nel quarto al terzo intervallo si oppone, come dimostra la seguente figura.
L'exachordo cade nella proportione 27 et 16.

Dimostratione del hexacordo maggiore.

DEL HEXACHORDO MINORE. CAP. VIIII.


Hexachordo overo sesta minore è quello, il quale è considerato per la compositione di
tre tuoni et dui semituoni minori, imperò che esso hexachordo resta diminuto dal sopra
detto la quantità di uno semituono maggiore, come dimostrano le seguenti syllabe, re-
mi-fa-re-mi- [s1523: page 62]fa, [s1529: page 64]le quali nascono dalla positione di A re
insino ad F fa ut grave, et tali hexachordi naturalmente sei volte nella mano si
ritruovano, delli quali ne havemo il primo da detto A re ad F fa ut, overo da
proslambanomenos a parhypate meson, il secondo da hypate hypaton a lichanos meson,
cioè mi et G sol re ut, il terzo da hypate meson a trite diezeugmenon, che
sono E la mi et C sol fa ut, il quarto da mese a trite hyperboleon, cioè A la mi re et F fa

ut acuto, il quinto da paramese a paranete hyperboleon, liquali sono mi


acuto et G sol re ut sopracuto, il sesto et ultimo da nete diezeugmenon, cioè E la mi
acuto, a C sol fa, delli quali tre ne restano differenti di nome et compositione, come
qui, re-mi-fa-re-mi-fa, mi-fa-re-mi-fa-sol et mi-fa-sol-re-mi-fa. Per tanto il primo è
diverso dal secondo et terzo per causa del semituono, il qual si dimostra nel secondo
intervallo. Il secondo dal primo et terzo è incontrario, perché il semituono resta in grave
nel primo intervallo. Così il terzo dal primo et secondo non concorda, perché il
semituono nasce in acuto all'ultimo intervallo, per la qual cosa li seguenti saranno detti
anchor replicati, perché son simili di nome et compositione, come per li quatro
accidentali si comprende per il segno di molle posto in fa mi, delli quali il
primo harrà principio in lichanos hypaton, qual è D sol re, la fine [s1562: page 35]in trite
synemmenon, cioè fa acuto, con questi nomi, re-mi-fa-re-mi-fa. Il secondo harrà
principio da hypate meson a trite diezeugmenon, cioè E la mi grave et C sol fa ut, come
qui, mi- fa-re-mi-fa-sol. Il terzo et quarto il simile nelle sue ottave troverai. Cade
l'hexachordo minore in questi numeri, 128 et 81.

Dimostratione del hexacordo minore.

DEL DIA PASON. CAP. X.


Dia pason è una congiuntione overo consonanza di otto suoni, li quali in sé contengono
secondo il genere diatonico cinque tuoni et dui minori semituoni. Diapason d'onde è
così detta Detta è a dia, che notifica per, et passa, tutto, quasi una compositione di tutte
le voci, la quale si forma del dia tessaron et dia pente. Et perché in esso dia tessaron et
dia pente sono ordinate sette specie, per [s1529: page 65]conseguente sette specie harrà il
detto dia pason, delle quali la pri[s1523: page 63]ma harrà principio da
proslambanomenos a mese, cioè A re et A la mi re, fatta della prima specie del
dia tessaron et prima dia pente, imperò che essendo in lei il semituono vario, resta dalla
seconda, terza, quarta, quinta et sesta et settima figura differente, come per lo essempio
chiaro si vedrà. La seconda specie harrà principio da hypate hypaton a paramese,
cioè mi in grave et mi in acuto, fatta della seconda figura del
dia tessaron et seconda dia pente, dissimile dalla prima, terza, quarta, quinta, sesta et
settima. La terza specie harrà principio da parhypate hypaton ad trite diezeugmenon,
cioè C fa ut et C sol [s1539: page 37]fa ut, fatta dalla terza figura del dia tessaron et terza
dia pente, et per il semituono diverso resta dalla prima, seconda, quarta, quinta, sesta et
settima variata. La quarta specie harrà principio da lichanos hypaton a paranete
diezeugmenon, cioè D sol re et D la sol re, fatta della prima figura del dia pente et prima
dia tessaron, diversa dalla prima, seconda, terza, quinta, sesta et settima. La quinta
specie harrà principio da hypate meson a nete diezeugmenon, cioè E la mi grave et E la
mi acuto, fatta della seconda figura del dia pente et seconda dia tessaron, dissimile dalla
prima, seconda, terza, quarta, sesta et settima dimostratione. La sesta specie harrà
principio da parhypate meson a trite hyperboleon, cioè F fa ut grave et F fa ut acuto,
fatta della terza figura del dia pente et terza dia tessaron, diversa dalla prima, seconda,
terza, quarta, quinta et settima. La settima specie harrà principio da lichanos meson a
paranete hyperboleon, cioè G sol re ut grave et G sol re ut secondo, fatta della quarta
figura del dia pente et prima dia tessaron, dissimile dalla prima, seconda, terza, quarta,
quinta et sesta dimostratione, come si manifesta nel seguente essempio.

Dimostratione del dia pason.


[s1523: page 64][s1529: page 66]Perché manifesta cosa è, che li essempi assai
più muovono che le parole, non senza ragione habbiamo qui di sotto posta la seguenta
figura diatonica, nella quale chiaramente comprenderai tutto quello, che è detto di
sopra; et oltra di ciò io ho aggiunto due figure del genere chromatico et enarmonico, le
quali, benché in tutto non siano necessarie a chi solo della prattica si diletta, non dimeno
non saranno anchora in tutto fuora di proposito a quelli che più oltra cercassino di
sapere. Sarà l'officio tuo, benigno lettore, non incolparmi, se facendo io professione di
prattica, una volta o due a qualche particella di theorica la mano harrò distesa, laqual
cosa, per che rarissime volte da me fatta troverai, per cotale rarità potrai interpretare che
non mai l'habbia fatta, come si legge di Crasso, il qual, per che solo una volta fu veduto
ridere, non mai haver riso si dice et crede.[s1523: page 65][s1529: page 67][s1539: page
38][s1562: page 36]

Dimostratione del genere diatonico.


[s1523: page 66][s1529: page 68][s1539: page 39][s1562: page 37]Havendo manifestamente
mostrato nella precedente figura ciascuna consonanza diatonica, è necessario sapere che
nel genere diatonico, ciascuno delli tetrachordi di esso genere procedono per semituono
minore, tuono et tuono, come in queste syllabe, mi-fa-sol-la, il qual tetrachordo harrà
principio in hypate hypaton et la fine in hypate meson, che altro non
significano che mi et E la mi. Onde in questo genere diatonico il
tetrachordo sempre è formato di tre intervalli, come di sopra è manifesto, imperò che da

hypate hypaton a parhypate hypaton, cioè da mi a C fa ut, è il suo primo


intervallo, nel quale cadeil semituono minore; et tra C fa ut et D sol re, o vero parhypate
hypaton et lichanos hypaton, è uno tuono; et da lichanos hypaton ad hypate meson, cioè
D sol re et E la mi, il simile appare. Detto è diatonico propriamente da dia, che significa
per, et tonus, tuono, perché in questo genere sono frequentati li tuoni. Et nota che in
questo tetrachordo, la proportione dell'intervallo più grave resta minore delle due altre
costituite in esso tetrachordo, per essere il semituono ordinato nelle parti gravi. Per tanto
l'intervallo grave sarà minore delli dui superiori. Et in tutte le modulationi, ogni
tetrachordo harrà quatro suoni, o vero dui tuoni et uno minor semituono, benché nel
chromatico et enarmonico genere siano dissimili et varii. Il primo modo over processo
del canto diatonico sarà per semituono, tuono et tuono, et per contrario per tuono,
tuono et semituono, come in queste syllabe, mi-fa-sol-la et la-sol-fa-mi, il qual discorso
diremo il primo nell'ordine delli tetrachordi. Il secondo modo procederà per dui tuoni et
uno semituono, come qui, ut-re-mi-fa, del quale sarà il secondo ordine del tetrachordo.
Il terzo modo over processo passerà per tuono, semituono et tuono, in questo modo, re-
mi-fa-sol, chiamato terzo ordine del tetrachordo. Et così più inanzi procedendo con li
medesimi quatro suoni, altro non accaderà che tre dispositioni di tetrachordi nel simile
processo replicate, lequali solamente son differenti del semituono, come anchor appare
nel dia tessaron di sopra nominato, nel quale la prima specie dalli musici è ordinata da
proslambanomenos a lichanos hypaton, laqual hora in questo ordine delli tetrachordi
resta terza, come appare in re-mi-fa-sol. Et quella che era seconda nelle specie del
dia tessaron è fatta prima, come qui, mi-fa-sol-la. Et così quella che nel dia tessaron era
terza, nelli tetrachordi appare seconda, come qui, ut-re-mi-fa; il qual concento over
diatonico genere dalli musici con gran veneratione è osservato, per esser
più accommodato nel pronontiare.[s1523: page 67][s1529: page 69]

DEL GENERE CHROMATICO. CAP. XI.


Il genere chromatico è un trammutar di tetrachordi per varii intermedii, differenti dal
diatonico genere, perché procede per semituono minore et semituono maggiore et
anchora per tre semituoni, delli quali uno è maggiore, cioè apotome, et dui minori, che
giunti insieme fanno un semiditono. Cromatico d'onde è detto Detto è chromatico
genere da chroma, greca voce che in latino significa colore. Di qui potemo dire il
chromatico variato dal diatonico di colore, cioè compositione. Essendo adunque diviso
il tuono nel genere diatonico in dui semituoni inequali, cioè maggiore et minore, il terzo
semituono composto nel chromatico resta in mezzo del l'apotome et minor semituono.
Per tanto in questo genere chromatico, ogni tetrachordo si considera esser una
compositione di quatro suoni, ma non di intervalli simili quali si dimostrano nel
diatonico genere, imperò che (come di sopra è detto) il diatonico genere procede per
semituono, tuono et tuono con queste note, mi- fa-sol-la, et il chromatico per semituono
minore et semituono maggiore et trihemituono, non rimovendo li extremi del l'uno et
del l'altro, per la qual cosa diremo che da hypate hypaton a parhypate hypaton nel
chromatico nasce il semituono minore, sì come anchora nel genere diatonico si
comprende, ma da parhypate hypaton a lichanos hypaton chromatico uno semituono
maggiore, et da lichanos hypaton a hypate meson un semiditono overo trihemituonio.
Ma questo genere dalli antichi musichi è stato riprovato et abbandonato per la difficile
pronontiatione. Non dimeno da noi (se alcuno lo disiasse) si dimostra per la seguente
figura.[s1523: page 68][s1529: page 70][s1539: page 40][s1562: page 38]
Dimostratione del genere chromatico.

[s1523: page 69][s1529: page 71][s1539: page 41][s1562: page 39]

DEL GENERE ENARMONICO. CAP. XII.


Dicesi da Aristoxeno che Olympo fu riputato da' musichi trovatore del genere
enarmonico, essendo inanzi esso ogni cosa diatonico et chromatico, et pensavano che
non si trovassi altro genere che li sopradetti. Exercitandosi Olympo nel diatonico, et
spesso trasportando il modulo alla parhypate diatona, partendosi hora dalla paramese,
hora dalla mese, et trapassando il diatono, avertì la bellezza et convenienza delle
modulationi procedente dal canto di quelle voci, et così maravigliatosi della
congiuntione constante di ragione laquale li Greci chiamano systema, et abbracciatolo
fece questo genere nel tuono dorio, il qual genere non tocca quelle cose, che sono
proprie del diatono et quelle del chromatico, né anchora quelle della harmonia. Et tali
erano le prime parti delli enarmonii, per quanto da Plutarcho nella sua Musica è
confermato. enarmonico Significa enarmonico atto et bello, perché è manifesto secondo il
detto autore, fra glialtri generi questo contenere in sé la cognitione del l'atto &
temperamento delle voci, il qual temperamento i Greci chiamano hermosmeno degli
intervalli, delli systemati, di tuoni et delle mutationi di essi systemati. Per tanto questo
enarmonico genere, non rimovendo li extremi, cioè hypate hypaton et hypate meson,
assai sarà dissimile dal diatonico et chromatico, imperò che nel diatonico genere da
hypate hypaton a parhypate hypaton è stato distanza del semituono minore, et nel
chromatico il simile. In questo ultimo genere procede per la quantità di uno diesis da
hypate hypaton a parhypate hypaton, prima et seconda chorda, et dalla seconda et terza
il medesimo intervallo, et nel diatonico procede per tuono et nel chromatico per
semituono maggiore, ma da lichanos hypaton a hypate meson, terza et quarta chorda del
enarmonico genere, è solo una distanza di uno ditono, nel diatonico un tuono, et nel
chromatico un semiditono. Di questi tre generi dui dalli antichi son stati abbandonati,
cioè chromatico et enarmonico, et solo il diatonico da loro è frequentato, il quale in
pronontiatione non ha minore consonanza del semituono minore. Ma nel enarmonico, il
diesis per il poco suo intervallo suono non ha che sia con agevolezza prononciato et
naturalmente comprendere si possa. Per tanto cotal genere, per la sua difficultà, non è
uso. Così anchora il chromatico è rilasciato.[s1523: page 70][s1529: page 72][s1539: page
42][s1562: page 40]
Dimostratione del genere enarmonico.

[s1523: page 71][s1529: page 73][s1539: page 43][s1562: page 41]

DICHIARATIONE DEL CONTRAPUNTO.


CAP. XIII.
Ispediti li tre generi diatonico, chromatico et enarmonico con le loro figure, verremo
alla dottrina del contrapunto, per il quale il canto semplice, di sua natura giocondissimo,
arteficiosamente in più modi variato molto più giocondo et soave diviene, et infinita
dolcezza a gli audienti parturisce. Contrapunto chiamiamo un modo contenente in
sé diverse variationi di suoni cantabili con certa ragione di proportioni et misura di
tempo. Dicesi contrapunto quasi punto contra punto, cioè nota contra nota,
perché contra poste le note una all'altra, nasce una harmonica concordanza de gli ultimi
suoni che insieme si correspondono. Le sue consonanze saranno unisono, terza
maggiore, terza minore, quarta, quinta, sesta maggiore et sesta minore, le quali in questo
modo anchor sono chiamate: unisono, ditono, semiditono, dia tessaron, dia pente,
hexachordo maggior et hexachordo minore, & semplici consonanze son chiamate,
perché non son da altre derivate, delle quali nascono le composite overo replicate, cioè
ottava, decima, undecima, duodecima, terza decima, quinta decima, decima settima,
decima nona, vigesima et vigesima seconda, et in infinito, se tanto colla voce si potesse
cantare o con istromento sonare. Adunque il dia pason overo ottava, per esser derivata
dall'unisono, sarà a esso di natura simile, la decima alla terza, la undecima a la quarta, la
duodecima alla quinta, la terza decima alla sesta, la quinta decima all'ottava et unisono,
la decima settima alla decima et terza, la decima ottava a la undecima & quarta, la
decima nona alla duodecima et quinta, la vigesima alla terza decima et sesta,
la vigesima seconda alla quinta decima, ottava et unisono, alle quali sarà conceduto
simil natura et modo, quale hanno le semplici over prime consonanze. La consonanza
(come a Boetio piace nella Musica sua al cap. 3 in fine) si diffinisce essere concordia
di voci tra sé dissimili insieme ridotta, la qual bisogna sia pronontiata in suono. Onde
remosso tal suono, la consonanza non è. Il suono sanza il percuotere delle voci o d'altro
istromento far non si può. La percussione anchora in niun modo far non si può se non
precede il movimento, come afferma Boetio nel capi. preallegato delle voci et degli
elementi musicali, dicendo:La consonanza, la qual regge tutta la modulatione della
musica, non si può far sanza suono; il suono non si rende senza certo battimento; il
battimento non [s1529: page 74]può esser per modo alcuno (come è di sopra detto) se
non precede il movimento.Sono alcune altre differenze dintorno al suono, percussione et
moto da Boetio addotte, ma per non venire al proposito nostro, le taceremo.

DELLE CONSONANZE PERFETTE. CAP.


XIIII.
Nel precedente capitolo è stato dichiarato le consonanze al contrapunto ordinate. Nel
presente dimostreremo quante siano le perfette, sono adunque le perfette consonanze
unisono, ottava, quinta decima et vigesima seconda, quinta, duodecima et decima
nona, de le quali non si concede nel contrapunto più de una da poi l'altra di medesima
natura comporre, come alcuni a sé hanno attribuito licenza arbitraria di due perfette
consonanze, et prencipalmente due quinte insieme ascendenti o discendenti, laqual
openione da noi per il consentimento musicale non è conceduta, imperò che essendo di
uno medesimo genere, in contrapunto non sono in uso, come al capitolo duodecimo del
terzo libro nostro de Institutione harmonica fu dimostrato. Contro l'openione d'alcuni Et
così per conseguente quelli, li quali anchora poneranno in uso due quinte l'una dopo
l'altra, dato che una sia perfetta et una imperfetta, secondo il parer nostro incorrono in
errore, perché nella divisione diatonica non si patisce tal specie diminuta, benché li
organisti nel suo accordare le voci al quanto del suo proprio ne togliono. Ma più di
leggieri essi sono tolerati per la partecipatione dell'altre consonanze. Adunque la quinta,
ottava, duodecima, quinta decima, decima nona et vigesima seconda, per essere
consonanze dette perfette, più di una dopo l'altra insieme ascendenti et discendenti di
uno medesimo genere in contrapunto non si debbono patire, come la figura dimostra. Et
il simile dell'unisono intenderai, benché non sia consonanza, ma principio di esse
consonanze.[s1523: page 73][s1529: page 75][s1539: page 44][s1562: page 42]

Dimostratione delle consonanze perfette.


[s1523: page 74][s1529: page 76][s1539: page 45][s1562: page 43]

Due o più quinte, due ottave, due duodecime, due quinte decime et altre simili
incontrapunto sono tolerate, stando ferme in riga o in spatio, et in qualunche figura che

a te piace, come qui.


Due consonanze perfette una dopo l'altra di uno genere et natura medesima
ascendendo et discendendo per contrario movimento, o siano quinte, ottave o altre
simile, in contrapunto si concedono, come la presente figura dimostra.

Due, tre o più consonanze perfette diverse una dopo l'altra insieme ascendenti o
discendenti possono in contrapunto tener luoco, come la quinta dapoi l'unisono overo
dapoi l'ottava, et l'ottava dopo la quinta, così il simile la duodecima dopo l'ottava, et in
altri medesimi modi, senza altra nota in mezzo. Come di sopra è detto, due quinte,
unisoni, ottave, duodecime et quinte decime sanza trammezzar di consonanze imperfette
non si debbono fare. Così anchora avertirai che mi contra al fa overo il fa contra al mi in
consonanza perfetta nel contrapunto non è conceduto doversi fare. Et ogni consonanza
che per te sarà pensata, fa' che inanzi ad essa consonanza preceda la più propinqua che
si truova, come la terza minore nanzi l'unisono et la terza maggiore nanzi la quinta,

così la sesta maggiore nanzi l'ottava; et così discorrendo per il medesimo modo
intenderai.[s1523: page 75][s1529: page 77]
DELLE CONCORDANZE IMPERFETTE IN
CONTRAPUNTO USATE. CAP. XV.
Le concordanze imperfette nel contrapunto sono diverse et dissimili dalle perfette
consonanze, perciò che (come di sopra è stato detto) più di una dopo l'altra consimile
movimento in un medesimo genere non è arbitrario, ma nelle terze, seste, maggiori et
minori, detto arbitrio è conceduto. Tre o più terze et seste una dopo l'altra
ascendenti o discendenti potrai porre. Et così intenderai delle derivate da esse overo
replicate potersi il simile in qualunche compositione che a te piacerà usare.
Possono essere anchora dette concordanze più di una o due poste in una riga o come ate
piace, dato che fussino maxime, lunghe, brevi, semib. et minime, come nella sequente

figura si vede. [s1523:


page 76][s1529: page 78]
[s1539: page 46][s1562: page 44]

COME IL COMPOSITORE POSSI DARE


PRENCIPIO AL SUO CANTO. CAP. XVI.
La imaginatione di molti compositori fu che prima il canto si dovesse fabricare, da poi il
tenore, et dopo esso tenore il contrabasso. Et questo avenne perché mancorno del
l'ordine et cognitione di quello che si richiede nel far del contralto. Et però facevano
assai inconvenienti nelle loro compositioni, perché bisognava per lo incommodo che vi
ponessino unisoni, pause, salti ascendenti et discendenti difficili al cantore overo
pronontiante, in modo che detti canti restavano con poca soavità et
harmonia, perché facendo prima il canto over soprano, di poi il tenore, quando è fatto
detto tenore, manca alcuna volta il luoco al contrabasso, et fatto detto contrabasso, assai
note del contralto non hanno luoco, per laqual cosa considerando solamente parte per
parte, cioè quando si fa il tenore, se tu attendi solo ad accordare esso tenore, et così il
simile del contrabasso, conviene che ciascuna parte delli luochi concordanti patisca.
Onde li moderni in questo meglio hanno considerato, come è manifesto per le
compositioni da essi a quatro, a cinque, a sei et a più voci fatte, delle quali ciascuna
tiene luoco commodo, facile et grato, perché considerano insieme tutte le parti, et non
secondo come di sopra è detto. Et se a te piace componere prima il canto,
tenore o contrabasso, tal modo et regola a te resti arbitraria, come da alcuni al presente
si osserva, che molte fiate danno principio al contrabasso, alcuna volta al tenore et
alcuna volta al contralto. Ma perché questo a te sarebbe nel principio mal agevole et
incommodo, a parte per parte cominciarai. Non dimeno di poi che nella prattica sarai
alquanto essercitato, seguirai l'ordine et modo inanzi detto.

SE LA CONSONANZA O CONCORDANZA
E' NECESSARIA AL PRINCIPIO DEL
CANTO. CAP. XVII. This chapter is discussed in a letter written by Giovanni
Spataro to Aaron, dated 6 May 1523. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 103 and 291-296.

Considerano alcuni che il principio di ciascun canto debbia essere cominciato per
consonanza perfetta, non dimeno dico tal regola è al tuo beneplacito perché la quinta,
ottava, duodecima, quinta decima et altre simili, dato che in sé habbiano soavità
grandissima, sono a compiacenza del compositore circa al suo principio, ma nella fine
non già, [s1523: page 77]per che in ogni cosa [s1529: page 79]secondo il Philosopho la
perfettione è attribuita al fine, & non al principio. Adunque detto principio per
consonanza perfetta sarà arbitrario, et la fine necessaria. Anchora li antichi musichi,
dando l'unisono al tenore col canto, seguitavano la terza, dopo la quinta, dopo la quinta
la sesta, dopo la sesta l'ottava, dopo l'ottava la decima, et così in lungo andamento
procedevano. Et per il contrario il simil modo osservavano, cioè dalla decima in ottava,
dall'ottava nella sesta, dalla sesta in quinta, dalla quinta in terza et dalla terza
all'unisono, per il qual ordine facevano il suo concento overo harmonico canto. Et
perché manifestamente tal modo non si osserva dalli moderni, da noi sarà conceduto
libero arbitrio potersi fare dopo l'unisono la quinta, et dopo la terza la sesta overo ottava,
et dopo l'ottava la quinta, et (come a te piacerà) farai mutatione, perché si vede che
molti più begli et grati canti in questo modo son composti che non si fa in quello antico
ordine, nel quale l'huomo più stretto si ritruova. Et avertisci alli canti diminuti che
sempre la prima nota et ultima in uno discorso diminuto vuole esser concordante, et li
mezzi diversi alquanto con dissonanze, come il discorso naturale comporta, nel quale
per la velocità che in sé hanno le voci diminuite, essendo in essa alcune dissonanze, non
sono incommode allo udito del cantore. Et questo è il modo et ordine al presente
osservato, come essaminando li canti delli moderni potrai facilmente il tutto intendere.

DELLA TERMINATIONE O VUOI DIRE


CADENZA ORDINATA NEL SOPRANO.
CAP. XVIII.
Et perché alcuna volta li compositori non avertiscono alla natura et compositione delli
canti, voglio che brevemente conosca gli inconvenienti nelli quali gran numero di loro
inconsideratamente incorrono. Et prima è necessario che il compositore, volendo
comporre un canto del primo o secondo tuono, considere la forma di esso primo et
secondo tuono, perciò che essendo li tuoni o canti di varie specie composti, ne
seguita che in essi bisogna che si ritruovi varie cadenze o terminationi. Et perché il
primo et secondo tuono è formato di re-la et re-sol, prima specie del dia pente et
dia tessaron, le terminationi del soprano saranno principalmente in D la sol re, F fa ut, G
sol re ut, & A la mi re & del secondo in A la mi re primo, C sol fa ut, D la sol re, F fa
ut, G sol [s1529: page 80]re ut & A la mi re secondo, ma essendo incontrario il canto non
sarebbe grato, ma fuora di ogni sua intonatione, come si vede in alcune compositioni
con poco fondamento fatte. Così il terzo et quarto tuono, per esser composto di mi-mi et
mi-la, seconda specie del dia pente et dia tessaron, le sue cadenze saranno in E la

mi, F fa ut, G sol re ut, A la mi re, fa mi & C sol fa, & del quarto in C sol
fa, D la sol re, E la mi, F fa ut, G sol re ut & A la mi re. Il quinto et sesto tuono sarà
formato di fa-fa et ut-fa, terza specie del dia pente et dia tessaron. Le sue cadenze
saranno in F fa ut, A la mi re, & C sol fa, il sesto in C sol fa ut, D la sol re, F fa ut, A la
mi re & C sol fa. Il settimo et ottavo tuono, per esser formato di ut-sol, quarta specie del
dia pente, et re-sol, prima del dia tessaron, le sue cadenze sono in G sol re ut, A la
mire, C sol fa & D la sol, l'ottavo in C sol fa ut, D la sol re, F fa ut & G sol re ut, per la
qual cosa, essaminando li sopradetti modi, faccio giudicio che in breve tempo arriverai
alla intelligenza della retta compositione. Et tutte le cadenze dette si dichiareranno nella
figura seguente ne la quale manca la positione di fa mi, cagione & colpa de
lo intagliatore.[s1562: page 45]

Le quali cadenze secondo la intentione del compositore si fanno di quantità maggiore, et


sempre mai si oppone la settima dissonanza nanzi la sesta precedente l'ottava, pur che
non siano semplicemente composte, ma simili alle seguenti , come qui.[s1529: page 81]

[s1523: page 79]


MODO DI COMPORRE
PSALMI ET MAGNIFICAT. CAP. XVIIII. This chapter
is discussed in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J.
Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
Musicians (Oxford, 1991), p. 300-301.

Il principio, mezzo et fine qual si dà ad uno psalmo è conceduto alli compositori per
regola necessaria et non volontaria, secondo la consuetudine gregoriana, et questo
anchora aviene nelli Magnificat, perciò che havendo l'organo o il choro a rispondere,
bisogna che in essi psalmi et Magnificat sia il principio, mezzo et fine stabile, fermo et
ordinario. Per tanto avertirai che il primo tuono harrà il principio in F fa ut, il mezzo in
A la mi re et il suo fine in D sol re. Il secondo tuono harrà principio in C fa ut, il mezzo
in F fa ut et il suo fine in D sol re. Il terzo tuono harrà principio in G sol re ut, il mezzo
in C sol fa ut et il suo fine in A la mi re. Il quarto tuono harrà principio in A la mi re, il
mezzo nel simile luoco et il suo fine in E la mi. Il quinto tuono harrà il principio in F fa
ut, il mezzo in C sol fa ut, il suo fine in A la mi re. Il sesto tuono harrà principio in F fa
ut, il mezzo in A la mi re et il suo fine in F fa ut. Il settimo tuono harrà principio in C
sol fa ut, il mezzo in E la mi, il suo fine in C sol fa ut. Il tuono ottavo harrà principio in
G sol re ut, il mezzo in C sol fa ut et il suo fine in G sol re ut, & in molti altri modi
secondo le differenze di seculorum. This variation from the 1523 edition can be traced to a letter written
by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A.
Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 300, note 5. [s1539: page 48]

INTONATIONE DI TUTTI LI TUONI.

[s1523: page 80][s1529: page 82]

DELLA NATURA DEL DIESIS. CAP. XX. This


chapter is discussed in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J.
Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
Musicians (Oxford, 1991), p. 301-305.

Perché li compositori non solo hanno a considerare la naturale congiuntione delli


discorsi musicali, ma anchora la accidentale, cioè quando siano li suoni da essere
reintegrati o diminuti secondo la dispositione delle compositioni, però è stato necessario
stabilire una figura o segno, per il qual si possi al cantore dimostrare qual sia la nota
augumentata o diminuta, il qual segno per generale uso è chiamato diesis, et è figurato
in questo modo, , perché appresso li theorici diesis è domandato la
mezza parte di uno semituono minore, benché in prattica operi maggiore quantità, come
per li essempi intenderai. Et acciò che in questo non resti dubbioso, [s1562: page
46]sappi che questo segno diversamente par che sia di natura contrario, perché nello
ascenso accresce et nel discenso diminuisce, come sarà nel seguente discorso da E la mi
acuto a G sol re ut secondo con queste syllabe, mi-sol, con il qual sol sarà il tenore in
terza di sotto, et il contrabasso per una decima minore, per la qual congiuntione nascerà
non grata harmonia, , del che è necessario segnare sotto a quella syllaba sol del
sopradetto soprano la figura diesis, acciò che quella decima minore del contrabasso,
quale era alquanto dissonante, per essere diminuta di uno semituono maggiore, essendo
sollevata al luoco suo, si senta più soave, benché tal segno appresso li dotti et prattichi
cantori manco è di bisogno, ma sol si pone perché forse il mal prattico et non
intelligente cantore non darebbe pronontia perfetta a tal positione over
syllaba, perché essendo naturalemente dal mi et sol un semiditono, senza quel segno
esso cantore non canterebbe altro che il suo proprio, se già l'orecchio non gli dessi
aiuto, come si vede in alcuni che questo molto bene fanno. Anchora è necessario detto
diesis in questa discensione, cioè A la mi re et G sol re ut, seconde positioni, con queste
note, la-sol, nel qual discorso si farrà il tenore in C sol fa ut sesta col soprano nella
prima syllaba, nella seconda in terza, come qui, fa-la, et il contrabasso sarà in F fa ut
grave, quinta col tenore & dapoi in ottava, & decima minore col soprano , nella qual
congiuntione sarà il simile inconveniente del primo essempio, et per questo è di
bisogno che anchora sia segnato il diesis sotto la medesima syllaba sol del soprano, nelli
quali dui essempi conoscerai che il diesis (sì come di sopra ho detto) ha diversa natura,
cioè nel primo essempio nella ascensione augumenta la quantità di uno semituono
maggiore, et nel secondo nel discendendo disminuisce la medesima quantità. [s1523:
page 81]Così il simile in altri luochi di quella natura et compositione [s1529: page
83]intenderai, perché non sempre sotto a dette syllabe gli accade tal figura, perciò che
alcuna volta il compositore varia le consonanze, come sarebbe se esso facesse in quel
luoco proprio una quinta, duodecima o quintadecima, nelle quali sentiresti discordia
grande. Per tanto nelli sopradetti luochi è necessario tal crescimento et
levamento, massimamente in brevi, semibrevi et coronate, come qui di sotto è figurato.

DEL MODO DEL COMPORRE IL


CONTRABASSO ET CONTRALTO DOPO IL
TENORE ET CANTO. PRECETTO PRIMO
CAP. XXI. This chapter is discussed in a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated
23 May 1524. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of
Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 305.

La cognitione et ordine di comporre il contrabasso et contralto dopo il canto et tenore


è che tu debbia considerare et essaminare la parte del tenore; et secondo la [s1539: page
49]consonanza che farà detto tenore, osserverai li precetti infrascritti, cioè quando il
tenore sarà nel l'unisono col canto, poni il tuo contrabasso in quinta sotto del tenore et il
tuo alto in terza o in ottava et (s'el ti piace) in decima di sopra al basso, & quello che
sarà a te più al proposito. Et nota che sempre tu debbi accommodare le parti senza
discorsi incommodi al cantore, et unire le consonanze più prossime l'una al'altra che sia
possibile. Et questo è dato per primo precetto. Anchora se tu darai al basso una ottava di
sotto al tenore, poni il tuo alto in terza o quinta o decima o pur duodecima sopra del
contrabasso. Così se tu darai al basso una decima col tenore, poni il tuo alto in
terza o quinta o in ottava et (s'el t'è commodo) una duodecima sopra al basso. Anchora
se tu darai al basso una duodecima di sotto al tenore, poni il tuo alto in terza o quinta et
(s'el ti piace) in ottava o in decima. Così se tu darai al basso una quinta decima, poni il
tuo alto sopra in terza o quinta o in ottava et (se più commodo sarà) in decima et
duodecima.[s1523: page 82][s1529: page 84]

PRECETTO SECONDO. CAP. XXII.


Se tu darai al tenore una terza di sotto al canto, poni il tuo basso una terza sotto del
tenore et il tuo alto in ottava o vuoi decima sopra del basso. Anchora se tu darai al basso
una ottava sotto del tenore, poni il tuo alto in terza o quinta di sopra al basso. Et se tu
darai al basso una decima di sotto al tenore, poni il tuo alto in terza o quinta, et
piacendoti in ottava sopra del basso.

PRECETTO TERZO. CAP. XXIII.


Se tu darai al tenore una quarta inferiore al canto, poni il tuo basso in quinta di sotto al
tenore et il tuo alto in terza o decima di sopra al basso. Et se detto basso sarà in terza
sotto del tenore, poni il tuo alto sotto dal basso una altra terza, perché la quarta
consonanza poco è grata sanza la quinta di sotto.

PRECETTO QUARTO. CAP. XXIIII.


Se tu darai al tenore una quinta sotto del canto, poni il tuo basso in terza sopra del
tenore et il tuo alto una sesta o pure ottava sopra del basso. Et così se tu darai al basso
una ottava sotto di esso tenore, poni il tuo alto in terza o quinta, et quando ti piace,
decima di sopra al basso.

PRECETTO QUINTO. CAP. XXV.


Se tu darai al tenore una sesta sotto del canto, poni il tuo basso in quinta sotto del
tenore et il tuo alto in terza o duodecima sopra al detto basso, . Così se tu darai al basso
una terza sopra del [s1562: page 47]tenore, poni il tuo alto in quinta sotto del basso et
(s'el ti piace) in sesta superiore al basso. Anchora se tu darai al basso una terza sotto del
tenore, poni il tuo alto in quinta sopra del basso.

PRECETTO SESTO. CAP. XXVI.


Se tu darai al tenore una ottava sotto del canto, poni il tuo basso in quinta sotto del
tenore et il tuo alto in ottava sopra del basso, o pure in terza sopra di esso basso (et s'el ti
piace) decima. Et se tu darai al basso una terza sopra del tenore, poni il tuo alto in quinta
sotto del basso, et anchor [s1523: page 83]terza sopra di detto basso. Così se tu darai al
basso una quinta sopra del tenore, poni [s1529: page 85]il tuo alto sotto una terza del
contrabasso et (quando più commodo ti sia) la sesta userai sopra di esso contrabasso.
Anchora se tu darai al basso l'unisono col tenore, poni il tuo alto in terza sotto del
tenore, overo di sopra, benché non sia harmonia grata; ma migliore è la
quinta o decima (s'el ti piace) duodecima, intendendo ciascheduna di dette esser di sopra
il contrabasso et tenore.

PRECETTO SETTIMO. CAP XXVII.


Se tu darai al tenore una decima inferiore al canto, poni il tuo basso sotto del tenore una
terza et di poi l'alto in quinta o in ottava et (se meglio ti viene) decima di sopra al basso,
che tutte renderanno grato concento. Così se tu darai al basso una terza sopra del tenore,
poni il tuo alto in quinta sotto del contrabasso, o pure in quinta sopra del tenore et (s'el ti
piace) in sesta sopra di esso basso, la qual congiuntione è alquanto dura per quella
terza che fa il tenore col contrabasso, ma migliore harmonia sarà la quinta sopra del
tenore, non mutando luogo al soprano et contralto. Anchora se tu darai al contrabasso
una ottava sopra del tenore, poni il tuo alto in quarta sotto del contrabasso et (s'el ti
pare) sesta o decima sotto a detto contrabasso, le quali non hanno concento soave, come
sarà anchora se tu darai una sesta al basso sopra del tenore, per il quale [s1539: page
50]ordine bisognerà che il contralto sia posto di necessità una terza sopra del
contrabasso, o vero una quarta di sotto, modo et ordine duro et poco grato. Non dimeno
essendo astretti dalla necessità, tal precetto resta arbitrario.

PRECETTO OTTAVO. CAP. XXVIII.


Se tu darai al tenore la undecima col canto, poni il tuo basso una quinta sotto del
tenore et il tuo alto in ottava sopra del contrabasso, o pure in decima o duodecima, over
secondo il tuo piacer in terza sotto al tenore. Anchora se tu darai al basso la terza sotto
del tenore, poni il tuo alto in sesta o pure ottava et (s'el ti piace) in decima sopra del
basso, delle quali poca soavità harrai. Ma (come di sopra è detto) non potendo havere
più commodo luoco, sarai iscusato.

PRECETTO NONO. CAP. XXVIIII.


Se tu darai al tenore una duodecima inferiore al canto, poni il tuo basso in quinta sopra
del tenore, et il tuo alto in quarta o sesta sopra del [s1529: page 86]basso [s1523: page
84]et (se tu vuoi) in terza sotto ad esso basso. Così se tu darai al basso una ottava, poni il
tuo alto in sesta o quarta sotto del basso, et (essendoti più a grado) in terza sopra del
basso. Anchora se tu darai al basso una terza sopra del tenore, poni il tuo alto in terza
sopra del basso et (s'el ti piace) in sesta o pure ottava .

PRECETTO DECIMO. CAP. XXX.


Se tu darai al tenore una terza decima inferiore al canto, poni il tuo basso in quinta sotto
del tenore, ma l'alto sopra del basso una terza o pure ottava, et (se miglior sarà)
decima o duodecima. Ma se tu darai al basso una terza sotto del tenore, poni il tuo alto
in quinta o pure ottava sopra del basso, et (se più ti consuona) in decima o duodecima.
Et così se tu darai al basso una terza sopra del tenore, poni il tuo alto in quarta o pur
sesta sopra del basso et (s'el ti pare) ottava anchor di sopra. Anchora ponendo al basso la
sesta sopra del tenore, porrai il tuo alto in quarta sotto del basso, o pure in terza o quinta
di sopra al basso, luochi al quanto con poca harmonia, la qual cosa aviene perché la
terza decima manca della quinta di sotto, come la sesta il simile desidera. Molti altri
precetti si potrebbono adducere, non dimeno havendo chiariti li sopradetti, facil cosa a
te sarà intendere quelli che da noi son lasciati. Per tanto nella figura seguente di grado in
grado tutto l'ordine di sopra detto, per figure numerali, ciaschedune consonanze del
tenore, contrabasso et contralto con il soprano accordate si mostreranno. Et perché a te
non paressi confusione, nota che il contralto ha molto più numeri et consonanze che non
ha il basso et tenore. Per tanto avertisci che quelle sono tutte sotto poste al tenore et
contrabasso, per la qual cosa piglia una di quelle che a te più piace et sia
commodo, perché ciascuna rende soave concento. Onde la prima casella del tenore è
comparata a quelle cinque del contrabasso, et anchora a quelle del contralto, in questo
modo, cioè la prima casella del contrabasso, quale è il numero presente, 5, scontra con
quella prima del contralto, qual sono li sequenti numeri, 3, 8, 10, et così la seconda,
terza, quarta et quinta con la seconda, terza, quarta et quinta del sopradetto contralto. Et
quella consonanza che farà il contrabasso col tenore, guarda in qual casella si truova, et
così piglia quella medesima del contralto, cioè qual numero di essa a te piace, di mano
in mano insino al fine, come manifestamente si comprende.[s1523: page 85][s1529: page
87][s1539: page 51][s1562: page 48]
Tavola del contrapunto.

[s1523: page 86][s1529: page 88]

ORDINE DI COMPORRE A PIU' DI QUATRO


VOCI. CAP. XXXI.
Quando a te piace comporre a più di quatro voci, sappi che se tu t'imaginerai di
aggiungere una quinta parte, bisogna, volendo che detta quinta parte sia un secondo
soprano, [s1539: page 52]avertisci di scambiare li luochi del l'uno et del l'altro, in modo
che tu non passi l'altezza et la bassezza se non [s1562: page 49]tanto, quanto il primo
soprano discorre, acciò che tu non disturbi alcuna delle parti basse. Et fa' che sia sempre
propinquo al primo soprano, come li buoni compositori alcuna volta fanno, che talmente
accommodano dui soprani che paiono un solo, et non per altro questo aviene, se non per
gran diligenza in essi usata. Et non bisogna che tu fuggi la quarta, avenga che possa
essere di sotto et di sopra dal l'uno al'altro. Et nelle diminutioni le dissonanze solamente
nelli mezzi son concedute, come al capi. 17 è stato detto. Così il simile intenderai,
quando uno o più tenori o contralti saranno aggiunti, sempre però osservando le regole
date con quello facile modo, che a te sarà possibile. Per tanto questa consideratione
della consonanza quarta è chiamata arbitraria al soprano, tenore et contralto, perché si
può di sotto a ciascuno dargli la sua quinta, come commanda il terzo precetto al cap.
23, ma non così accade nelli contrabassi, perché essi contrabassi, volendo discorrere per
una consonanza dia tessaron, sarebbe in quelli grandissima discordia, mancando sotto la
quinta o terza, le quali non si troverebbeno se non gli fussi un terzo contrabasso. Non si
trovando adunque tal voce terza, intendi questo per dui soli bassi, li quali bisogna che
sempre discorrano con consonanze grate, come è manifesto in tali compositioni, per la
qual cosa voglio che sanamente tu intenda, perché le regole di sopra a te dette
assai volte mancheranno di quello che sarà di bisogno, imperò che volendo aggiungere
una parte quinta, sesta o settima ad uno canto di quatro voci, molti inconvenienti
facilmente si troveranno. Et questo nasce quando il compositore non ha considerato
più di quatro voci, perché non lascia luoco che sia commodo a l'altre parti. Adunque,
quando tu penserai comporre un canto a cinque, sei o più voci, fa' che tu t'accorga di
non fare un parte, che prima non consideri se tutto il resto può havere commodo
luoco, accioché non incappi in pause, unisoni et inconvenienti, come è manifesto
nel capitolo 16 di questo libro secondo.[s1523: page 87][s1529: page 89]

CHE COSA SIA PROPORTIONE. CAP.


XXXII.
Perché la forza de' numeri è prima che la musica, come si può per una semplicissima
ragione intendere, essendo essa modulation musica annotata per nome di numeri, come
dia tessaron, dia pente et dia pason, le quali sono state nominate dalli nomi del
antecedente numero, resta che parliamo delle proportioni che di questi numeri si
compongono, dalle quali risulta l'harmonica soavità. Ma senza lungo circuito di
parole veniamo alli precetti, massimamente ché buona parte delli miei antecessori, che
prima han scritto dell'arte musica, in questa parte abondantemente han sodisfatto con
lunghi et dotti proemii, dimostrando la grandezza et eccellenza de' numeri et
proportioni, liquali io non intendo seguitare per obbedire al precetto Oratio d'Oratio
dicente:Ciò che tu commandi, sarai breve, accioché li animi docili intendino presto le
cose dette, et fidelmente le conservino, perché niuna cosa supervacua si ritiene dal petto
pieno.Diremo adunque che la proportione prima et principalmente si ritruova nella
quantità, o sia continova, o sia discreta, cioè quando essa si diffinisce per habitudine di
due quantità di uno medesimo genere, le quali habitudini si hanno a
considerare secondo che una di dette quantità è maggiore et minore, overo equale et
inequale al'altra, per la qual cosa diremo Proportione quello che sia proportione, quando due
quantità d'un medesimo genere l'una a l'altra insieme sono comparate con certa et
determinata habitudine, cioè che debbia essere fra' dui extremi, o sieno equali, o siano
inequali, come appare in questi numeri, 3 a 2, 2 a 3, 4 a 3, 5 a 4 et 2 a 2, 3 a 3, 4 a 4
etc., per la qual cosa si notifica che tutte le quantità bisogna sieno equali overo inequali,
sì che è necessario si faccia comparatione alcuna volta dall'una equale al'altra, laqual
comparatione genera una specie detta proportione rationale di equalità, la qual non cade
in proposito al musico, et però di questa non ne parleremo. Ma facendo comparatione di
inequale numero, ne nasce la seconda specie, detta proportione rationale di inequalità,
della quale si ordina cinque generi così chiamati: Cinque generi di Proportioni molteplice,
superparticolare, superpartiente, molteplice superparticolare et molteplice
superpartiente. Et di questi generi li tre primi sono chiamati semplici et li dui seguenti
composti. Onde venendo al proposito nostro, diremo del genere primo, chiamato
molteplice, qual serà quando il maggior numero harrà in sé il minore più volte, come in
questi numeri si contiene, 2 a 1, 3 a 1, 4 a 1. Ma se il numero maggiore harrà apunto
due volte il minore, come qui, 2 a 1, diremo proportione dupla, perché 2 contiene uno
due volte. Et se harrà il [s1539: page 53]numero maggiore tre volte apunto in sé il
minore, come qui, 3 a 1, diremo [s1529: page 90]proportione tripla, perché 3, maggior
termino, contiene tre volte il minore, quale è uno. [s1523: page 88]Et così se il maggior
numero contenessi quatro volte in sé il minore, come qui, 4 a 1, tale comparatione è
detta proportione quadrupla, perché in esso termino maggiore, qual è 4, se gli ritruova
quatro volte apunto il minore, qual è uno, et così nelle altre simili intenderai. La specie
prima del genere molteplice sarà chiamata dupla, la seconda tripla, la terza quadrupla, la
quarta quincupla, et tal processo sarà infinito. Per tanto avertirai che da noi non sarà
dimostrato in essempio altro che le proportioni usitate, necessarie et cantabili, per che
quello che in ragione harmonica non sarà divisibile, né in quantità riducibile da noi non
sarà per essempio addotto, perché allo impossibile nessuno è tenuto, et secondariamente
per essere questo in lungo stato addotto dal venerando molto Don Franchino Gafurio, li
essempi del quale (quanto attiene [s1562: page 50]alla prattica) sono stati quasi
frustratorii. Per tanto, volendo tu la dupla nelli canti componere, dui modi a tal
dimostratione da noi saran conceduti, il primo per cifre numerali et il secondo per
semicircoli tagliati et non tagliati, come nel cap. delli segni contro a' segni ti
ho mostrato. Volendo adunque mostrare una dupla nella tua compositione per cifre
numerali, poni la presente cifra 2 appresso 1 inferiore , come qui 2/1; se una tripla,
così 3/1; se una quadrupla, così 4/1; et in tutto questo genere così procederai. Ma
nota che tal comparatione è intesa in figure cantabili, cioè in questo modo: due lunghe
contro a una, due brevi contra ad una, due semibr. contro a una, . Et così a te sarà tal
precetto libero. Nel secondo modo, la dupla (come ho detto) sarà da te dimostrata col
semicircolo in questa forma, cioè quando un tuo canto sarà in questo

segno, , et che di poi ne segua il


presente, . Dico che dove tu davi la battuta tua nella

semibreve in questo segno, , debbi cantare le tue note

seguendo questo, , per il doppio più presto, cioè dove che


passava una semibreve in una misura di questo, , voglio

che passi una misura di una breve di questo, . Et in questo


modo formerai et osserverai il modo della proportione dupla, passando due semibrevi
nel termine di una, et così dell'altre figure. La tripla et quadrupla anchora si dimostrano
colli proprii sui numeri, osservando quello che nella dupla si contiene, cioè che
passeranno tre semibrevi, brevi o lunghe nello intervallo di una sola; la quadrupla
passerà quatro semibrevi contro a una, le qual semibrevi veniranno in forma et quantità
di quatro semiminime, delle qual proportioni in questo genere secondo la divisione
cantabile altro in luce da noi non sarà [s1529: page 91]messo, per esser questi più facili al
pronontiante, li essempii delli quali dopo il genere superparticolare seguente da noi
saranno dimostrati. Onde, parendo a te rimuovere et distruggere tal modo et misura
delle pre[s1523: page 89]dette proportioni, è di bisogno segnare le cifre al contrario, cioè
quel numero, che prima era maggiore, sia il minore, et quello che era minore, sia
maggiore, come per li presenti s'intende, 1/2, 1/3, 1/4, per la qual prima figura sarà
chiamato sottodupla proportione, per il secondo sottotripla et per il terzo sotto
quadrupla. Puoi anchora rimuovere dallo intento proportionato la misura con il segno
antecedente, cioè che (come ate non pare che sia in tal dispositione proportionabile)
metti dopo la tua proportione il segno, quale era inanzi, et così sarà distrutta la tua
proportione tante volte, quante a te parerà, insino che si ritruovi altra forma o segno.
DEL SUPERPARTICOLARE GENERE. CAP.
XXXIII.
Il genere superparticulare è quando dui numeri sono insieme comparati, delli quali il
maggiore habbia in sé tutto il minore et di poi alcuna parte di più, et se harrà di più la
mezza parte, si chiamerà sesqualtera proportione; se una parte terza, si
chiamerà proportione sesquiterza; se la quarta parte, sesquiquarta; se la quinta,
sesquiquinta; et così con questi nomi in infinito & in infinito anchora la forma di tal
genere superparticolare procederà. Del superparticolare genere (secondo che a Boetio
piace) la moltitudine è infinita. Per tanto, comparati li presenti numeri, 3 a 2, 6 a 4, ne
risulta la proportione sopradetta sesqualtera, perché il termino maggiore, quale è 3, ha in
sé una volta il minore, quale è 2, di poi una unità, quale è parte mezza del
numero 2. Così dimostra il senario numero comparato al numero 4, nel quale è una volta
il 4; di poi avanza due unità al senario numero. Et così (come piacerà a te) con questo
modo et ordine in infinito procederai, del qual processo sempre ne risulterà la
proportione sesqualtera, overo hemiolia, benché alcuni facciano imaginatione che sia
differenza et non equivalenza tra la hemiolia et sesqualtera, la qual consideratione da
noi è riputato erronea et falsa, perché tanto significa sesqualtera in potenza quanto
hemiolia, quantunque li [s1539: page 54]vocaboli siano in nome
differenti; ma in vertù non sono, perché tanto opera uno quanto l'altro, del che alcuni
presumono, che la proportione sesqualtera addotta dalli compositori nelli canti misurati
con figure overo note di colore pieno sia chiamata hemiolia, per esser consueto scriversi
senza segno di cifra alcuna, L'hemiolea si scrive senza segno di cifra: poro la piena ma quella
apparente di color vacuo, havendo le cifre ordinarie, [s1529: page 92]chiamano
sesqualtera. Per tanto intenderai che l'una et l'altra hanno un medesimo significato et
effetto, ma per sodisfarti, se non in tutto, in parte, non voglio né intendo per conto
alcuno trapassar inanzi, se prima alcune cose necessarie et utili non dica. [s1523: page
90]Et prima, perché qua nasce alcun viluppo, da me intenderai che molti sono che
intendono et vogliono, nella proportione sesqualtera comparata sotto il segno del tempo
imperfetto, esser le brevi perfette et le alterationi delle semibrevi, dicendo che li antichi
ponevano il presente segno, 3, per il segno del tempo perfetto, come

qui, . Et alcuni altri dicono che non può essere


sesqualtera senza perfettione. Altri veramente dicono che tale effetto non può essere
creato da tal ragione, imperoché la breve è stata ordinata et costituita dalli musici
perfetta sotto al segno della circolare figura, come qui,
. Per tanto, rimosso tal segno, intendono non doversi osservare perfettione di brevi,
né alteratione alcuna, perché se tal cifra 3 fa lo effetto di perfettione, in vano è stato il

presente segno dalli musici trovato. Non dimeno qua


faremo conclusione che qui al proposito sarà. Quando a te piace componere una
sesqualtera dopo il segno semicircolare tagliato, [s1562: page 51]avertirai ponere la

predetta sesqualtera con il presente segno 3/2 la


sesqualtera deve essere accompagnata con il tempo 3/2, nel quale
ragionevolmente si troveranno le brevi perfette et semib. alterate. Ma se in principio del

tuo canto si ponerà tal segno, , et dopo alquante note tu


formerai una sesqualtera, fa' che tal canto sia terminato in quantità senaria, aciò che si
possa coniungere la battuta delle brevi col termine et misura sesqualterata, perché tu
sai che questo segno, , quanto alla battuta debbe esser

simile al presente, , et qui alcuna volta li compositori


inconsideratamente mancano. Sono alcuni altri che inanzi pongono in principio del suo

canto il segno seguente, , nel qual segno è diputato


ciascuna semibreve passare per una misura, et con poca avertenza adducono la
sesqualtera proportione con brevi et semibrevi, nel qual ordine et forma accadono tre
effetti: dui contrarii et uno difficile al pronontiante over cantore. Per il primo, havendo
data la misura nella semibreve et volendo creare la sesqualtera, ne risulta
tripla, perché prima passava per una battuta una semibreve, di poi ne passa tre. Per il
secondo effetto contrario aviene che se pur tu vuoi creare la sesqualtera proportione, a te
è dibisogno mutarti dalla prima misura, quale era una semibreve per battuta, et entrare

nella misura qual si conviene a questo segno, , & è errore,


perché tutte le proportioni drittamente si riferiscono al l'antecedente segno. Il terzo
effetto di difficoltà è, ché ben puoi creare la sesqualtera proportione nelle figure et
forma medesima sanza rimuovere la misura del segno in questo modo, facendo che
ciascuna nota sia syncopata, la qual proportione resulterà che tutte le note resteranno
dupplicate, per la qual cosa ne sarà la giusta [s1529: page 93]et vera
sesqualtera. Ma perché questo modo [s1523: page 91]poco è usitato, avertirai, quando

sotto tal segno, , tu penserai formare una sesqualtera,


fa' le tue note di semibrevi et minime accompagnate, et non di brevi et semibrevi, nel
qual processo veranno in battuta tre minime contra una semibreve, quale è
sesqualtera. Et così non incorrerai in tali errori da noi di sopra dimostrati. Per tanto
ciascuna sesqualtera formata sotto la battuta di una breve è di bisogno segnarsi con
brevi et semibrevi vacue o piene. Ma quella che si ritruova nella battuta di
semibrevi o minime, fa' che la sua forma si mostri di semibrevi et minime. Così a te sia
manifesto della semibreve sesqualterata nella prolatione perfetta et imperfetta. Hora
diremo della seconda specie del superparticolare genere, quale è la sesquiterza, la qual
proportione è quando il termino maggiore contiene in sé una volta tutto il minore et una
parte terza, come appare nelli presenti numeri, 4 a 3, nella qual comparatione
manifestamente si vede che il numero maggiore, quale è 4, ha in sé il minore una volta,
quale è 3, et anchora una unità, quale è parte terza del 3. Et se farai comparatione dal
numero ottonario al senario, sarà il simile, perché nello ottonario numero si contiene
una sol volta il senario, et due unità che sono terza parte del senario numero. Et
così seguendo per le medesime comparationi, sarà il simile in quantità infinita,
osservando che ciascun termino minore sia dal suo maggiore superato di una parte terza.
Così la sesquiquarta sarà quando il termino maggiore contenerà in sé il minore et una
quarta parte, come qui, 5 a 4, la sesquiquinta uno quinto, come 6 a 5, et questo in tutte le
altre parti del genere superparticolare è necessario trovarsi, perciò volendo formare
tal [s1539: page 55]proportione nelli tuoi canti, harrai dui modi, il primo in questa forma,
4/3 over 8/6, le quali comparationi sono intese quatro note nello intervallo di tre, et
anchora otto note nel termino di sei. Per tanto è a te di bisogno (se farai comparatione
di sesquiterza) torre a ciascheduna nota la sua quarta parte, come saranno quatro lunghe
contra tre, le quali quatro lunghe del modo minore imperfetto, tempo et prolatione
imperfetta, sono di quantità di semibrevi quatro per ciascheduna, et comparate nella
sesquiterza, resta di numero tre ciascuna lunga, che sono in tutto 12 semibrevi, che
fanno la quantità delle tre lunghe a sé comparate. Così anchora se saranno brevi,
ciascuna breve resta di una semibreve et minima. Et per conseguente le semibrevi
restano di una minima et semiminima per ciascheduna. Anchora apresso alcuni tal

sesquiterza si ritruova nelli canti così segnata, , quando il tempo è perfetto. Tempo di

dupla Ma quando tal segno è nella quantità


binaria, vogliono allhora li compositori che sia inteso [s1529: page 94]per una
proportione dupla, come [s1523: page 92]dimostra il fine del Patrem della Messa del
l'Omearmé di Iosquino. Aaron is referring to Josquin's Missa L'homme armé sexti toni. Et oltra questo
se il medesimo farai in tutte le comparationi seguenti, sanza alcuno impedimento le
specie del superparticolare troverai, come 7 a 6, 8 a 7, le quali (volendo nelli canti
usare) sono in tuo arbitrio. Non dimeno (come di sopra habbiamo detto), per non havere
divisione equale, diremo non doversi nelli canti nostri esercitarsi, non derogando ad altri
il suo volere, osserverete quanto la figura mostra.[s1562: page 52]
93][s1529: page 95][s1539: page 56]

DEL SUPERPARTIENTE GENERE. CAP.


XXXIIII.
Havendo di sopra dimostrato le due prime comparationi del molteplice et
superparticolare genere, et quanto in essi si contenga, hora conviene dimostrare della
superpartiente habitudine, la quale si genera quando un numero all'altro è comparato, et
che il maggiore tiene in sé tutto il minore, et oltra il minore alcune parti, cioè dui,
tre overo quatro, o tanto quanto essa habitudine porterà, come nelli presenti numeri
appare, 5 a 3, 7 a 4, 9 a 5, 11 a 6. Onde considerato il primo termino, cioè 5 a 3, sarà
detto proportione superbipartiente terza, perché 5, numero maggiore, ha in sé il suo
minore, il quale è 3, et anchora di più due unità, qual sono due terze parti di
esso 3. Facendo da poi comparatione tra il numero 7 al numero 4, perché il
numero 7 sopravanza il minor suo 4 di tre unità, che son tre quarti, sarà chiamata
supertripartiente quarta. Così anchora nel novenario numero al 5 comparato faremo la
proportione chiamata superquadripartiente quinta, perché in esso novenario termine è
tutto il numero 5 et quatro unità, che sono quatro quinti di esso numero minore. Et
comparando il quarto termino, cioè 11, a 6, si formerà la proportione detta
superquincupartiente sesta, perché si comprende il numero maggiore, quale è 11, havere
in sé tutto il minore, et cinque sesti del suo minore. Et così altri ad altri comparati sarà
creato il superpartiente modo, delli quali da noi non saranno addotti essempi in figure
cantabili, perché (come habbiam detto) non hanno nella harmonica compositione parte
in parti equali divise.

DEL MOLTEPLICE SUPERPARTICOLARE


GENERE. CAP. XXXV.
Tre quantità semplici et primi generis di sopra da noi son stati dichiarati, dui altri
compositi è di bisogno considerare, chiamati molteplice superparticolare et molteplice
superpartiente, del qual molteplice superparticolare la diffinitione è tale. Quando un
numero maggiore è comparato ad uno minore et che in esso maggiore sia il suo minore
più di una volta, et anchora di più alcune altre [s1562: page 53]parti, o siano mezze, terze,
quarte o quinte, in questo consiste il molteplice superparticolare genere, come li presenti
numeri dichiarano, 5 a 2, 7 a 3, 9 a 4, 11 a 5. Dicesi adunque che quello [s1523: page
94]numero maggiore, che in sé harrà due volte il minore et di poi una parte mezza del
suo termino minore, debbe esser [s1529: page 96]detto dupla sesqualtera proportione,
come 5 a 2. Ma quelli che haranno di più una terza parte, sarà chiamata dupla
sesquiterza, come qui, 7 a 3; et quegli che haranno la parte quarta, dupla sesquiquarta,
come 9 a 4; et quegli che haranno un quinto, dupla sesquiquinta, così, 11 a 5; et di mano
in mano. Et se il numero maggiore contenerà in sé il suo minore tre volte et una mezza
parte, terza o quarta, si dice tripla sesqualtera, tripla sesquiterza se harrà di più un terzo,
tripla sesquiquarta, come appare nelli presenti numeri, 7 a 2, 10 a 3, 13 a 4, imperò che
nel termino 7 si considera tre volte il 2 et una unità, parte mezza del termino minore.
superato dal maggiore . Così essendo comparato 10 a 3, il tre è superato dal suo termino
maggiore, quale è 10, tre volte et di una unità, quale è sua parte terza. Onde è detta tripla
sesquiterza. La tripla sesquiquarta si domanda in questi numeri, 13 a 4, perché in esso
numero maggiore si extende tre volte il minore, et di poi la quarta sua parte. Così in
infinito , et infinite le sue specie nascono quando li numeri o termini maggiori alli
minori son comparati. Ma all'incontro si aggiunge la prepositione sub, dicendo subtripla
sesqualtera, subtripla sesquiterza, subtripla sesquiquarta. Li altri anchora in questo
modo si intenderanno.

DEL MOLTEPLICE SUPERPARTIENTE


GENERE. CAP. XXXVI.
Il molteplice superpartiente genere è quando si comparano duoi numeri, delli quali il
numero maggiore contenga il minore più di una volta, et oltra due, tre, o più parti di
esso numero minore secondo la figura del numero superpartiente, le quali parti in questo
genere non saranno due medietà, né due quarte, né due seste (come nel superiore
fu detto), ma due terze, due quinte, over due settime dissimili dalla consequenza prima,
come manifestano li seguenti numeri, 8 a 3, 12 a 5, 16 a 7. Per tanto comparato 8 a 3,
diremo proportione dupla superbipartiente terza, perché il termino maggiore, quale è
8, contiene in sé tutto il minore due volte, di poi due unità, che sono due parti terze del
suo minore, quale è 3. Comparando il termino 12 col seguente 5, farai proportione dupla
superbipartiente quinta, perché in esso numero maggiore, quale è 12, si comprende
due volte tutto il suo mino[s1523: page 95]re, quale è 5, et anchora gli sopravanzano due
unità, che sono due parti quinte di esso numero minore. Se anchora farai comparatione
dal numero presente 16 al suo seguente 7, ritroverai [s1529: page 97]la proportione
chiamata dupla superbipartiente settima, perché il numero 16 [s1539: page 57]contiene il
seguente 7 due volte et due parti settime di esso termino minore, le quali habitudini
sono in arbitrio del compositore, ma per non essere necessarie né usitate per la
indivisibile misura, non adducemo figura alcuna altro che esse cifre. Di questo
pensamo et credemo havere a sofficienza detto per haver raccolti li membri utili et
più necessarii, acioché gli animi gentili restino facili nella utilità. Ma per esser a tutti in
qualche parte universale, et perché forse alcuni haranno desiderio intendere che cosa sia
proportionalità, dato che di questo il prattico poco se ne vaglia, non dimeno si
ponerà sotto brevità, acioché ad ognuno io sodisfacia.

DELLA PROPORTIONALITA'
ARITHMETICA. CAP. XXXVII.
La proportionalità arithmetica è uno raccoglimento di due o tre o più proportioni
insieme comparate, perché (come a Boetio piace) di congiunte proportioni si fa la
proportionalità. Essendo adunque la proportionalità raccolta di proportioni, tal
proportionalità non mai si può formare con meno di tre termini, come nelli presenti
numeri, 1, 2, 3, nelli quali (se rettamente consideri) da due proportioni è generata la
proportionalità, laqual proportionalità è nelli termini superiori in questo modo, cioè che
il binario numero alla unità comparato è in proportione differente di unità. Così il
ternario al binario il simile contiene. Proportionalità Arithmetica. Questa proportionalità si
chiama arithmetica, però che in queste proportioni è equalità delle differenze,
perché tanto è la differenza da 3 a 2 quanto è da 2 a 1, et all'incontro da 1 a 2, sì come è
da 2 a 3, per la qual cosa appare nelli seguenti numeri, cioè 2, 3, 4, essere anchora
proportionalità arithmetica, nella quale sono le differenze equali et le proportioni
inequali, perché tanto supera il termino tre il dui, quanto supera il 4 il 3, dove
ciascheduno termino minore è superato di una unità dal maggiore. Le proportioni
adunque sono inequali, perché comparato 2 a 1, fa la proportione dupla, et per il
contrario sottodupla. Ma comparato 3 a 2, fa proportione sesqualtera, et per il contrario
sottosesqualtera. Et così comparato il termino 4 al 3, conduce la proportione sesquiterza,
et per il contrario sottosesquiterza.[s1523: page 96]

DELLA GEOMETRICA
PROPORTIONALITA'. CAP. XXXVIII.
Hora seguita la Proportionalità Geometrica geometrica proportionalità, nella quale sempre si
dimostrano le proportioni equali, come sono 1, 2, 4, 8, overo in tripla [s1529: page
98]proportione come 1, 3, 9, 27, overo in dupla, o come a te piace, quale nelli numeri
molteplici ha costituita la sua estensione. Et che sia la verità, nel primo essempio,
comparato il termino 2 a 1, nasce la proportione dupla, la quale è simile a quella che
dimostra il numero ottonario comparato al quaternario, et all'incontro sì come 1 a 2
genera sottodupla proportione, così anchora resta 4 a 8, et per consequente 4 a 1 come 8
a 2. Oltra questo si dimostra le differenze non [s1562: page 54]essere equali, sì come era
nella arithmetica medietà, ché comparando 2 a 1, il termino maggiore sopravanza il
minore di una unità, ma comparando 4 a 2, resta superiore il termino 4 di due unità del
suo minore 2, et così 8 a 4 supera il termino 4 di quatro unità. Il simile seguendo nella
tripla et quadrupla proportione saranno le differenze inequali, ma le proportioni equali,
come essaminando si comprende.

DELLA HARMONICA PROPORTIONALITA'.


CAP. XXXIX.
La proportionalità harmonica è quella che discorda et è contraria alla arithmetica et
geometrica, cioè che non ha medesime differenze né equal proportione, come
sono 3, 4, 6, il qual 6 comparato al quaternario supera esso quaternario della sua terza
parte, cioè 2. Et comparato il quaternario al ternario numero, esso numero maggiore
sopravanza il minore della sua quarta parte, che è uno. Considerando anchora in questi
numeri, 2, 3, 6, il senario al ternario comparato, esso senario supera di una mezza parte,
et il ternario numero, quale è tre unità, comparato il ternario al binario, esso ternario
supera il binario della sua terza parte, quale è una unità, per la qual cosa né le
differenze, né le proportioni sono equali, imperoché in questa proportione, quale
è 3, 4, 6, il maggior termine, cioè il senario, al ternario comparato, risulta la proportione
dupla. Ma comparato esso senario al termino quaternario, si considera la sesqualtera
proportione. Et così il quatro al tre comparato farà sesquiterza proportione. Per tanto
(così come è detto) tal proportionalità ha contraria proprietà dalle due superiori medietà,
perché nella arithmetica nelli minori termini era maggior proportione, nelli maggiori,
minore. Ma in questa nelli maggiori termini sarà maggiore proportione, et nelli minori,
minore, come li seguenti numeri dimostrano: 3, 4, 6; 3 a 4 comparati fanno
sottosesquiterza, 6 a 4, sesqualtera, nella quale comparatione maggiore è la sesqualtera
della sesquiterza.[s1523: page 97][s1529: page 99][s1523: page 98][s1529: page 100][s1523:
page 99][s1529: page 101][s1539: page 58]

DIVISIONE DEL MONACHORDO PER


TUONI ET SEMITUONI NATURALI ET
ACCIDENTALI. CAP. XXXX. Much of this chapter is taken from an
anonymous letter copied by Aaron, published in Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A.
Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 929-934. See also Commentary,
ibid., p. 937-940.

Pervenuto al fine della promessa opera, è accaduto a me, come tal volta si vede accadere
alli naviganti, li quali havendo raccolte le vele per intrare in porto, sopragiunti in un
subito da qualche altro vento, son sforzati ritirarsi in dietro, et qua et là volteggiando
discorrere, perciò che volendo riposar dalla finita impresa, né mancandomi altro che
renderne gratie a Iddio et far mia iscusa appresso i lettori se in parte alcuna (come
huomo) havessi mancato, son stato assaltato da nuovo pensiero, che poscia che le cose
pertinentissime alla musical prattica con quella theorica, sanza la qual quasi non si può
fare, ho dimostrato, sarà ben fatto a dimostrare la divisione del monachordo per tuoni et
semituoni naturali et accidentali, insieme con la partecipatione et modo d'accordarlo,
rendendomi certo dovere essere grato a tutti i sonatori et studiosi dell'istromento che
non son provetti, attento che altri che l'han prima trattato, sì come dottissimamente ne
han scritto, così senza grandissima difficoltà anchora dalli ben scientiati non possono
essere intesi. A contemplatione adunque sì di me proprio che (come lasciò scritto Livio)
l'animo inquieto si pasce di opera, sì di ciascuna gentil persona che sia per pigliarne
dilettatione, dico così, che nello istromento organico secondo il commune ordine si
ritruovano voci naturali di numero 29, chiamati dall'universale uso tasti bianchi, et
accidentali di numero 18, dette tasti negri overo semituoni, per il qual ordine da noi sarà
diviso tasto per tasto, dimostrando ciascheduno intervallo del l'uno al l'altro,
così accidentali come naturali. Et nota che tale istromento è stato di bisogno che trapassi
il numero delle venti chorde consuete et ordinate nella man nostra, accioché li sonatori
più facilmente si possino essercitare et accommodare alli intenti loro, per che mancando
delle predette voci o tasti, forse sarebbono alquantodistur[s1523: page 100] bati et
impediti, per la qual cosa diremo che il primo tasto over luoco di detto istromento è
collocato di sotto a Gamma ut l'intervallo di uno tuono, nel quale sarà detto la
syllaba o voce fa, per [s1529: page 102]concordare con quella di F fa ut, quale è distante
per uno dia pason, . Ma dalla prima chorda nostra chiamata Gamma ut a quella dalli
Greci chiamata proslambanomenos, quale è A re apresso di noi, sarà sola distanza et
intervallo di una voce simile alla prima, chiamata tuono. Così sarà anchora da

proslambanomenos a hypate hypaton, cioè A re et mi. Ma


da mi et C fa ut, o vuoi hypate hypaton et parhypate hypaton, sarà un
semituono minore, . Et perché da proslambanomenos a hypate hypaton si dimostra un
tasto negro in mezzo, sappi che tal tasto da quello bianco posto in proslambanomenos è
una distanza di semituono minore, et da quello di hypate hypaton un semituono

maggiore, come chiaramente puoi vedere per la quinta apparente da mi a F


fa ut, o vuoi [s1562: page 55]da hypate hypaton a parhypate meson, la quale è composta
di dui tuoni et dui semituoni minori, del che resta diminuta uno apotome detto
semituono maggiore. Per tanto è stato di bisogno a tale reintegratione et perfettione
stabilire il detto tasto negro, acciò che esso dia pente over quinta sia soave et grata allo
udito. Dal quarto luogo, chiamato parhypate hypaton overo C fa ut, a lichanos hypaton,
chiamato D sol re, sarà uno intervallo di tuono, fra li quali parhypate hypaton et
lichanos hypaton nasce il tasto negro in mezzo, per il quale resta diviso parhypate
hypaton da lichanos hypaton in dui semituoni, uno maggiore et uno minore, delli quali il
maggiore sarà da C fa ut al tasto negro; et dal tasto negro al bianco seguente, qual è D
sol re, sarà il semituono minore, come si vede da A re et C fa ut, quale è terza minore; et
bisognando essa reintegrare et augumentare alla quantità maggiore, sarà necessario
accrescere uno semituono maggiore, qual sarà propriamente quella distanza che è da C
fa ut al tasto negro. Da lichanos hypaton a hypate meson, cioè D sol re et E la mi (come
hai nel passato inteso), cade il tuono, et da detto D sol re al tasto negro cade un
semituono al quanto maggiore del suo bisogno, Following the anonymous author on whom he bases
this chapter, Aaron is describing a tempered interval. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A.
Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 930, note 2. per il quale non si

può dare favore né augumentatione alla terza minore qual cade da mi a D


sol re, volendo che sia maggiore, sì come in tutti li altri tuoni divisi si conviene, come la
experienza del l'uno et del l'altro gli dimostra. Volendo adunque in tal luogo detto
formare la terza maggiore, è di bisogno che quel tal semituono o tasto negro sopra della
chorda o voce D sol re sia al quanto sbassato, [s1539: page 59]dal quale sbassamento
sono impedite et guaste le quinte et ottave corrispon[s1523: page 101]denti al detto
semituono o tasto negro, della qual cosa nascerebbe grande inconveniente più di quello,
che prima era. Questo si truova in tali positioni, cioè tra D sol re et E la mi, et nelle
ottave et quintedecime, perché lo acuto et sopracuto corrispondono al grave, qual è suo
primo nascimento. Et non per altro tali inconvenienti in questi luochi accadono, se non
per cagione [s1529: page 103]delli organisti, li quali più tosto vogliono accommodare il

C fa ut della terza minore che il mi della maggiore, perché mi


da essi poco è operato, et per tal modo manca che quella terza minore dinanzi detta non
si può fare maggiore sanza tagliare il tasto di sopra detto negro, acciò che una parte di
esso renda la voce più bassa che la prima. Et così sarà aiutata et reintegrata la terza di
quel semituono maggiore che allei manca. Et discorrendo col tasto negro al luoco di E la
mi o pure hypate meson, harrai la quantità del semituono maggiore, il quale perfice la
quinta over dia pente posta dal detto E la mi a fa acuto, diminuta et imperfetta. Da
hypate meson a parhypate meson, cioè E la mi et F fa ut, naturalmente cade il semituon
minore, nelli quali non si conviene altra divisione di semituoni o tasti negri. Ma da
parhypate meson a lichanos meson, chiamati F fa ut et G sol re ut, cade naturalmente il
tuono diviso in dui semituoni per il tasto negro in mezzo posto, il quale sarà distante da
F fa ut un semituono maggiore, col quale si accresce la sesta minore in maggiore posta
da A re a F fa ut grave, volendo ritrovare la sua ottava. Ma da esso tasto negro al bianco
posto in lichanos meson, quale è G sol re ut, cade il semituono minore, come si vede da
lichanos hypaton a lichanos meson, dicendo ut in lichanos hypaton, chiamato D sol re,
in sino al fa di lichanos meson, chiamato G sol re ut. Da G sol re ut ad A la mi re,
chiamato mese, similmente cade un tuono, nelli quali anchora si truova il
semituono o vero tasto negro, dal qual tasto negro alla positione di lichanos meson, cioè
G sol re ut, cade il semituono maggiore, perché da hypate hypaton a lichanos meson,

quali sono mi et G sol re ut, è una distanza di sesta minore, et aggiungendo


al detto tasto negro, si augumenta del presente semituon maggiore et di minor sesta resta
maggiore. Da esso semituono o tasto negro in sino ad A la mi re, chiamato mese, cade
la quantità del minor semituono, come facilmente vedrai, dicendo ut in E la mi grave et
il re al quarto tasto negro, la voce mi al quinto tasto negro, che son dui tuoni, et il
semituono minore seguita da esso quinto tasto negro al seguente bianco, quale è A la mi
re, la qual compositione et discorso genera un dia tessaron. Da mese et paramese, This
error stems from the anonymous letter from which Aaron copied most of this chapter. See Bonnie J. Blackburn,
Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p.
931. quali sono A la mi re et mi acuto, cade il tuono naturale diviso dal
tasto negro, il qual tasto ne[s1523: page 102] gro sarà distante da mese, cioè A la mi re,
l'intervallo di uno semituono minore. Ma da esso tasto negro al luoco di

detto mi acuto cade il semituono maggiore, come chiaramente tutti gli


autori in tal luogo dimostrano, massimamente quando delle mutationi parlano. Da
paramese a trite diezeugmenon, che sono mi acuto et C sol fa ut, cade
naturalmente il minor semituono, nelli quali intervalli non è mezzo alcuno. Da trite
diezeugmenon a [s1529: page 104]paranete diezeugmenon, cioè C sol fa ut et D la sol re,
cade un tuono naturale diviso dal tasto negro, il qual tasto negro è sopra di C sol fa ut la
quantità del semituono maggiore, et da esso tasto negro al sequente bianco, chiamato
paranete diezeugmenon, cade il semituono minore. Il maggiore semituono detto è in
quel luoco per cagione della sesta minore, formata da E la mi a C sol fa ut. Volendo
adunque farla maggiore, è dibisogno toccare il sopradetto tasto. Et (come è detto) da
esso tasto negro a quello di D la sol re, altro non è che semituono
minore, perché formando il dia tessaron terzo, quale è ut-fa, non troverai se non un
semituono minore nel l'ultimo intervallo, dicendo ut in A la mi re, re

in fa mi, mi al settimo tasto negro, qual son dui tuoni. Il semituono per
consequente sarà da detto settimo tasto negro al bianco sequente, che è D la sol re. Da
paranete diezeugmenon a nete diezeugmenon, cioè D la sol re et E la mi, cade un tuono
naturale, [s1562: page 56]diviso dal semituono over tasto negro, il quale tasto negro sarà
distante di altezza quanto fu quello (se ben ti ricordi) che fu da mi et D sol

re perché si vede manifestamente, dicendo il fa di fa mi posto al sesto tasto


negro in sino all'ottavo negro, sarà un dia tessaron, del quale verrà fa-mi, semituono
minore, da detto ottavo tasto negro allo antecedente bianco, et dal sequente bianco sarà
la quantità del semituon maggiore, come alla dichiaratione delli tasti negri per sé soli
comparati l'uno all'altro si comprenderà. Da nete diezeugmenon a trite hyperboleon,
detti E la mi et F fa ut, cade il semituono [s1539: page 60]minore senza altra divisione
infra di loro. Ma da trite hyperboleon, detto F fa ut, a paranete hyperboleon, chiamato G
sol re ut secondo, cade naturalmente l'intervallo di uno tuono, li quali positioni sono
trammezzate dal semituono over tasto negro, il qual semituono sarà distante da trite
hyperboleon la quantità del semituono maggiore, come per la sesta cadente da mese,
detto A la mi re primo, a quella positione detta trite hyperboleon, cioè F fa ut, la qual
sesta naturalmente si dimostra minore. Per tanto bisognando, col detto tasto negro si
augumenta al luoco della maggiore, et così la terza minore qual cade da D la sol re a
quella di F fa ut secondo si augumenta in maggiore, il quale augumento è anchora al
proposito alla decima minore ca[s1523: page 103]dente da lichanos hypaton a trite
hyperboleon, cioè D sol re et F fa ut acuto. Essendo adunque il semituono maggiore in
detto luoco, di necessità resta il suo minore semituono dal tasto negro al seguente
bianco, chiamato paranete hyperboleon, cioè G sol re ut. Da paranete hyperboleon a
nete hyperboleon, cioè G sol re ut et A la mi re, naturalmente cade il tuono, nel quale si
dimostra il semituono in mezzo, over tasto negro, & è distante per uno [s1529: page
105]intervallo superiore da paranete hyperboleon di uno semituono maggiore, il qual

semituono augumenta la sesta cadente da mi acuto a G sol re ut secondo et


la terza posta da nete diezeugmenon, detto E la mi acuto, a paranete hyperboleon,
chiamato G sol re ut secondo, et così la decima cadente da hypate meson a paranete
hyperboleon, detti E la mi grave et G sol re ut acuto. Segue adunque che il semituono
minore sarà da nete hyperboleon, detto A la mi re, al tasto negro di sopra ordinato,
perché volendo formare il dia pason da poi la sesta, et essendo in quel luoco minore, per
osservare il precetto, convien che sia tocco il predetto tasto negro. Da nete hyperboleon,

quale è A la mi re, a mi terzo naturalmente cade il tuono, nel quale nasce il


semituono over tasto negro, dal qual tasto negro a nete hyperboleon cade il semituono
minore, et nello ascenso cade il maggiore, perché trovandosi secondo il discorso
accidentale la quinta imperfetta da detto mi sopra detto al fa, quale è di
sopra alla positione di E la, la quale volendo che sia intiera et perfetta, bisogna che sia
reintegrata da quel semituono over tasto negro di sopra detto, sì come fu nello

antecedente mi acuto. Seguendo più inanzi alla positione di C sol fa, sanza
alcun dubbio naturalmente cade il semituono minore da mi sopracuto al fa
di C sol fa, fra li quali non si ritruova mezzo alcuno. Da C sol fa a D la sol similmente
cade lo intervallo del tuono, nel qual si vede diviso dal semituono over tasto negro, del
che diremo che sarà da C sol fa al seguente semituono negro la quantità di uno
semituono maggiore et dal seguente tasto bianco quella del minore. Che sia maggiore il
semituono detto, si vede per la sesta minore che nasce da nete diezeugmenon, detto E la
mi, alla positione di C sol fa, et così per la terza minore formata da nete hyperboleon,
quale è A la mi re, a C sol fa. E' necessario il tasto negro, come ha di bisogno anchor la
decima inferiore a esso tasto negro, che sanza quello resterebbe minore. Da D la sol ad
E la, ultima positione, cade il tuono diviso per il suo tasto negro, distante dal detto E
la la quantità del semituono dinanzi detto, cadente tra lichanos hypaton ad hypate
meson, et da paranete diezeugme[s1523: page 104] non a nete diezeugmenon. Et da esso
tasto negro alla position detta E la cade il maggior semituono, et tal positione rettamente
si può chiamare quello che nella ottava inferiore risponde, qual si domanda E la mi
replicato, perché passando sopra di E la, bisogna rinovare ciascuna positione et luoco
con quella dimostratione, ordine et modo che fu fatto le prime, gravi, et quelle che erano
nello acuto et sopracuto. Il simile nelle sequenti troverai, seguendo l'ordine
un'altra volta sopra di E la mi secondo che nella mano si truova [s1529: page
106]ordinato. Adunque diremo che da E la al seguente tasto non cade altro che il
semituono minore, come manifestamente si vede, sanza altra divisione di semituono o
tasto negro. Ma dal seguente F fa ut replicato insino a G sol re ut cade un tuono, il quale
anchora resta diviso dal tasto negro, ilqual tasto negro è d'intervallo superiore al tasto
bianco inanzi posto di quantità di uno semituono maggiore, come si dimostrano in tali
positioni dinanzi dette, et come la experienza più chiaro dimostra. Et il contrario dalla
parte di sopra aviene, perché da esso tasto negro al superiore bianco non è altro che il
semituono minore. Dal terzo G sol re ut replicato ad A la mi re, altro non è che quantità
di tuono, nel qual si mostra il semituono negro distante da detto G sol re ut per uno
semituono maggiore, così come nel grave fu chiarito. Et dalla parte di [s1539: page
61]sopra da detto semituono negro al tasto bianco cade il semituon minore. Da A la mi
re a mi replicato senza alcun dubbio cade la quantità d'un tuono, ma da
detto A la mi re al tasto negro che è in mezzo cade il semituono minore, et dal seguente

il maggiore. [s1562: page 57]Da mi detto al tasto seguente non altro


cade del semituon minore, ma dal seguente replicato luoco, chiamato C sol fa ut, a D la
sol re, non cade altro che la quantità di un tuono diviso dal semituono negro, il qual
semituono negro resta distante dal bianco dinanzi posto per quantità del semituono
maggiore, et dal seguente bianco resta minore. Di poi, seguendo a D la sol re replicato
al tasto seguente E la mi, altro non è che la quantità di un tuono, diviso anchora dal
semituono negro, il qual semituono è superiore al primo tasto bianco dinanzi a sé posto
la quantità del semituono o intervallo, qual si ritruova per le ottave inferiori a essa
positione. Ma dal seguente tasto bianco al detto negro è solo distanza del
semituon maggiore. Così nelli seguenti il simile si truova, considerando all'universal
modo, perché ne sono alcuni altri che sono di maggiore numero di voci, chiamati
istromenti doppi, la qual consideratione et intelligenza di esse chorde over tasti aggiunti
sarà intesa per la compositione et ordine di sopra mostrato, perché secondo che le
positio[s1523: page 105]ni dinanzi dette hanno havuto ordine, così le chorde aggiunte et
accresciute dalla parte grave over di sotto saranno corispondenti alle parti
acute. Ma quelle che nel superiore saranno messe concorderanno con quello che in
nanzi è stato detto. Ma hora intenderai che dalla prima chorda o voce o semituono,
o vuoi tasto negro nello istromento da noi ordinato, al secondo seguente negro, sarà
distanza di un tuono et semituono maggiore, qual fanno la compositione d'un
semiditono et comma, perché da esso semituon negro al sequente secondo, detti
accidentali, resta in mezzo il naturale minore semituono, come dal terzo al quarto,
sesto et settimo, ottavo et nono, [s1529: page 107]undecimo et duodecimo,
terzodecimo et quarto decimo, sesto decimo et decimo settimo il medesimo intervallo
troverai. Per tanto dal detto secondo semituon negro al terzo seguente harrai la quantità
del tuono alquanto maggiore. Aaron is describing a tempered interval between C sharp and E flat. Dal
terzo in nanzi detto al quarto occorrente accidentale è la distanza del semiditono quasi
superfluo, et dal quarto al quinto il tuono si vede. Dal quinto al sesto cadono dui
semituoni minori. Ma da detto sesto al settimo seguente cade un tuono col semituon
maggiore; dal settimo al l'ottavo il tuono alquanto superato. Ma dall'ottavo al nono
risponde uno intervallo di trihemituono. Il nono et decimo son distanti d'uno intervallo
del semituon maggiore et minore, come è stato del quarto et quinto semituono negro.
Dal decimo all'undecimo è la distanza che fu dal quinto al sesto per dui semituoni
minori. L'undecimo et duodecimo harrà distanza del tuono et semituon maggiore, come
anchora giace tra il sesto et settimo. Dal duodecimo al terzo decimo è quello che sol
si vede tra 'l settimo et ottavo. Et seguitando dal terzo decimo al quarto decimo seguente
si troveranno tre semituoni, sì come fu l'ottavo et nono tasto. Il quarto decimo et quinto
decimo tasto negro son rispondenti di quello che fu tra 'l nono tasto et decimo, qual fu il
tuono. Ma dal quinto decimo et decimo sesto è la distanza che fu tra 'l decimo et
undecimo di dui semituoni minori. Così più inanzi passando dal sesto decimo al decimo
settimo, harrai la quantità che fu tra l'undecimo et duodecimo, et anchor sesto et settimo,
quale è il tuono et semituon maggiore. Et dal decimo settimo al decimo ottavo, ultimo
semituono, sarà sol quello che dal duo decimo et terzo decimo, settimo et ottavo
nacque, qual fu la quantità del tuono alquanto maggiore, delli quali comparati l'uno al
l'altro poca soavità si sente, excetto che dal secondo et quinto gli cade la consonanza
dia pente; et il simile dal terzo al sesto si comprende. Anchora dal [s1523: page
106]quarto et settimo il dia pente nasce, dal settimo et decimo unaltro dia pente. Dal
primo al sesto il dia pason nasce, et dal secondo al settimo il simile troverai. Così dal
terzo al l'ottavo sarà, come dal quarto al nono si comprende solo essere un dia pason.
Dall'ottavo al l'undecimo nasce la quinta, come dal nono al duodecimo si vede. Ma dal
l'ottavo al terzo decimo è un dia pason, come dal nono al quarto decimo
si vede. Così sarà dal decimo al quintodecimo anchora, et il medesimo dal l'undecimo et
decimo sesto harrai. Dal duodecimo al quintodecimo la quinta harrai, come dal terzo
decimo al decimo sesto si vede. Dal duodecimo al decimo settimo un dia pason, come
dal terzo decimo et ultimo si vede. Dal quarto decimo et decimo settimo la quinta, come
dimostra il quinto decimo a l'ultimo semituon detto. Et questo a te basti per la divisione
et dichiaratione del monachordo.
[s1529: page 108][s1539: page 62]

DELLA PARTECIPATIONE ET MODO


D'ACORDARE L'ISTROMENTO. CAP.
XXXXI. Much of this chapter is taken from an anonymous letter copied by Aaron, published in
Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
Musicians (Oxford, 1991), p. 929-934 (especially p. 933-934). See also Commentary, ibid., p. 937-940.
For further information on Aaron's temperament, see Mark Lindley, "Early 16th Century Keyboard
Temperaments", in Musica Disciplina, 28 (1974), p. 139-144.

Sequita che con quella facilità che a me sarà possibile, brevemente expedisca quanto sia
necessario al sonatore dintorno la partecipatione et unione delle voci, perché molti si
truovono che con niuna o pochissima ragione et minor prattica a tale essercitio siano
atti. Adunque avertirai che in tre parti faremo il nostro accordo et partecipatione,
perché volendo tu che non sai - accordare et partecipare il tuo istromento - bisogna che
prima tu consideri la chorda over positione chiamata C fa ut, con quella intonatione che
a te piacerà. Et quando sarai deliberato, piglia l'ottava sopra a C fa ut et fa' che sempre
sia [s1562: page 58]bene unita. Di poi la terza maggiore di sopra, quale è E la mi, vuole
essere sonora et giusta, cioè unita al suo possibile, et fatto questo, piglia la quinta in
mezzo, cioè G sol re ut, et fa' che sia al quanto un poco scarsa. Così seguiterai all'altra
quinta sopra, quale è D la sol re, di simile accordo et natura medesima quale è stato G
sol re ut detto. Di poi accorda D sol re, ottava a D la sol re, et seguitando piglia la sua
quinta sopra di D sol re, formata nel luoco di A la mi re, la qual bisogna mancare tanto
da E la mi, quanto da D sol re, cioè che sia tanto equale da una quanto dall'altra, le quali
son tutte quinte che non si tirano al segno della perfettione, mancando dal canto di
sopra, sì che le [s1523: page 107]quinte di sopra da detto C fa ut, D sol re et E la mi,

quali sono G sol re ut, A la mi re, fa mi, sempre discadono et mancano


della sua perfettione. Per il secondo ordine et modo è che sempre a te bisogna sopra la
chorda di C sol fa ut, quale è unita et giusta, accordare F fa ut, quinta di sotto, la qual
bisogna essere all'opposito delle altre dette di sopra, cioè che sia partecipata et alzato
tanto che passi alquanto del perfetto, et di qui nasce la partecipatione et accordo giusto
et buono, per la qual partecipatione restano spuntate overo diminute le terze et seste. Et
così accorderai il semituono di fa mi sotto di F fa ut et quello di E la mi

sotto fa mi, il quale è quinta, con quel medesimo ordine et modo che
accordasti F fa ut con C sol fa ut. Il terzo et ultimo modo avertirai di accordare li
semituoni maggiori tra le sue terze, come è il semituono di C fa ut, toccando A re. Lo
accorderai insieme con E la mi quinta, tanto che resti in mezzo terza maggiore con A
re et minore con E la mi. Et così da D sol re ad A la mi re, la terza in mezzo è il
semituono di F fa ut, cioè il simile che fu la passata. Et così sequendo in sino al fine del
tuo istromento, ciascuna ottava accorderai, della qual consideratione ne nasce la vera
partecipatione delle voci.

Finis.[s1529: page 109]

AGGIUNTA DEL TOSCANELLO, A


COMPLACENZA DE GLI AMICI FATTA. A detailed
analysis of this Aggiunta is given in Margaret Bent, "Accidentals, Counterpoint and Notation in
Aaron's Aggiunta to the Toscanello in Musica", Journal of Musicology XII/3 (1994), p. 306-344.
Si muove, fra alcuni de la musica desiderosi, dubbii & disputationi circa la figura
del molle & diesis, utrum se de necessità gli compositori sono constretti a segnare, ne
gli canti da loro composti, dette figure, cioè molle & diesis, overamente se il cantore è
tenuto a dovere intendere & cognosere lo incognito secreto di tutti gli luoghi dove tal
figure o segni bisogneranno. Io che sempre fui & sono amatore di coloro, gli quali si
dilettono sapere la vera intelligenza, & più di quegli che di tal ragione non mancano,
con quella brevità che a me sarà possibile, delibero trattarne alcune cosette, non
dispiacevole veramente a te, desideroso, benché alcuni altri dicono che el segno

del molle & duro, overamente rotondo & quadro, sono segni appartenenti
a' nuovi scolari, gli quali non hanno ragione alcuna. Si risponde che tal modo solo si
intende a la mitigatione & temperamento del tritono, al quale, benché non sia apparente
el molle, appresso ogni dotto & non dotto, per ordinaria & spetial regola da gli musichi
constituita, sarà inteso sempre non esser tal durezza tollerata, la qual naturalmente nasce

da parhypate meson & trite synemenon, chiamati F fa ut grave & mi acuto,


tanto ne lo ascendere quanto nel discendere; & per questa cagione fu aggiunto il segno
del molle, il quale appresso gli Greci, secondo la oppinione di Guidone Aretino, è
chiamato menon, cioè una figura accidentale, & come dice esso Guidone, quello che è
accidentale non è proprio. Seguita adunque che quella cosa che non è propria, manco è
naturale, per la quale autorità & ragione concludo che sempre debbe essere mollificato,
temperato & annullato, sia come si vuole, o ascendenti, o discendenti, nota per

nota, o per saltum, non ritornando al F overamente al . Così il simile ne gli


luoghi dove non naturali si ritroverranno, come è stato dimostrato nel capitolo vigesimo
del primo libro de Institutione harmonica, & [s1539: page 63]questo hanno osservato
molti compositori, gli quali, benché tal segno da loro sia [s1529: page 110]stato inteso,
non dimeno hanno advertito a la inadvertenza del cantore, la quale facilmente
nascerebbe. Onde, per tal cagione hanno in luce messo & in apparenza dimostrato la
presente figura , come Giovanni Motone nel motetto Nos qui vivimus, a la terza parte
sopra il versoDominus memor fuit nostri,così anchora nel controbasso al fine de la
seconda riga sopra le paroleplacuisti Regina Iesu Christo, From Mouton's motet Beata Dei
genitrix. See Margaret Bent, "Accidentals, Counterpoint and Notation in Aaron's Aggiunta to the Toscanello in
Musica", Journal of Musicology XII/3 (1994), p. 326. &
similmente nel motetto chiamato Benedicta
es celorum Regina, al fine de la terza riga sopra le paroleAve gratia plena.Ha anchora
questo medesimo segnato nel motetto chiamato Congregate sunt, al fine de la seconda
riga del canto sopra la parolaignoramus,& nel motetto sopra detto Nos qui vivimus, nel
controalto a mezzo la terza riga de la prima parte, sopra la parolaretrorsum.Iosquino
anchora lui questo conferma, come si vede nel motetto Memor esto, nel quale ha
segnato il molle a la prima riga, in fine nel controalto de la prima parte, sopra le
paroleHaec me consolata est in humilitate mea,per ascenso solamente. Et nel Patrem
omnipotentem de la Messa di Gaudeamus, a mezzo la seconda riga del controbasso, è
anchora segnato el molle per il tritono ascendente, & al fine de la terza è segnato per lo
ascendere & discendere. Così al principio de la quarta riga, a la seconda parte del sopra
detto Patrem, è manifesto el molle per lo ascendere. Et nel Pleni sunt coeli similmente
si vede; così il medesimo nel primo Kyrie, al fine del canto. Al primo Kyrie anchora de
la Messa Super [s1562: page 59]voces musicales, a la prima riga del controalto, & al
principio del Sanctus si vede la figura detta segnata. In La sol fa re mi, sopra le paroleEt
homo factus est,per discendere è segnato al tritono el molle a la parte del controalto.
Antonio di Fevin, nel motetto Benedictus Dominus Deus meus, sopra le paroledeposuisti
adversarios meos,in sei luoghi rispetto al tritono lo ha segnato, & al principio de la
seconda parte in altri dui luoghi. Lhéritier, al fine de la seconda riga del motetto Dum
complerentur, sopra le paroledabat eloqui illis,similemente lo ha dimostrato, & al
principio de la quarta riga,si feceritis,per un salto si comprende. Ultimamente,
Carpentras, nel motetto Bonitatem fecisti, ne la prima parte del tenore, per uno altro
salto, sopra le paroleut discam,& gradatim al fine de la seconda si truova tal
figura segnata, & per molti altri compositori moderni & antichi esaminando si
cognosce. Ma perché io a te ho mostrato che sempre questi tre tuoni, continuati l'uno
dapoi l'altro debbono essere mollificati & temperati, pur che non tochino la quinta
chorda, per due ragioni la nostra regola bisognerà patire. La prima sarà per necessità &
commodità, & la seconda per ragione intesa. Volendo adunque procedere da F grave

insino a acuto, & subito dapoi per un salto de uno dia pente discendere,
sarà dibisogno che 'l cantore alhora commetta & pronuntii quella durezza del nominato
tritono, per la [s1529: page 111]commodità di quello intervallo overamente voce posta
nel luogo di hypate meson, chiamato E la mi, perché volendo satisfare al miglior
commodo, è forza a lui preterire la regola. Onde, osservando il precetto, accaderebbe
grandissima incommodità con differenti processi, come sarebbe dicendo fa

nel mi acuto, con ilqual fa non mai rettamente discenderà al vero suono di
quella voce mi, come si vede nel terzoAgnus Deidi Clama ne cesses, al fine del
controbasso, la presente figura da Iosquino composta. Et similmente
troverrai nel soprano de la Messa di La sol fa re mi, sopra le paroleTu solus

altissimusdel canto, come qui. Nel Patrem omnipotentem,


medesimamente anchora troverrai un simile processo, sopra le parole& sepultus

est,come qui. Dico che a forza tu sei astretto eleggere fra' dui mali il
manco incommodo, de gli quali sarà il dire del proprio mi di

detto B acuto. Averti il Tritono, et il Diapente imperfetto. Quantunque sia manco


errore a commetere un dia pente imperfetto, che non è a commettere un tritono, pur non
dimeno si concede in tali discorsi non commodi al cantore. Ritrovasi anchora ne le
compositioni uno altro modo di tritono non mitigato né temperato da la ragione di esso ,
sì come gli precedenti da la necessità concessi, gli quali solamente discendendo la sua
natura mutano; & ben che nel pronuntiare paiano tritoni non mitigati, per quella
risonanza de la naturale voce o syllaba mi, non dimeno sono da la parte inferiore
sospesi, tanto che restano di quella quantità che si ricerca a uno perfetto dia tessaron,

come qui, perché, essendo da la ragione del contrapunto ordinato che


quella semibreve ultima sia, per causa di una sesta che nel tenore apparirà, come
richiedono le naturali cadenze, sospesa & accidentalmente pronuntiata, non è bisogno
che la [s1539: page 64]seconda semibreve sia dal molle soccorsa né aiutata. La ragione è
che da quella voce, overo semibreve, posta nel luogo di mi sopracuto, a la
sopra detta semibreve ultima, è la distantia del suo dia tessaron. Ma se volessimo
cantare secondo che gli altri tritoni appetiscono, ne resulterebbe non quantità di
dia tessaron, ma una spetie di uno sol tuono, con duoi semituoni minori, come qui.

Pertanto dico che in questo modo, non sarebbe la spetie del tritono
convertita nel dia tessaron, né dittono, né manco semidittono, né altra spetie secondo il
genere diatonico da la universale schola dimostrante. Onde, se per aventura tu ritrovassi
che 'l compositore havessi una altra intentione sopra di quella nota fa ultima,
bisognerebbe bene alhora ti mutassi di proposito, massimamente [s1529: page
112]volendo detto compositore dare una ottava sopra del suo fine, come qui.

Così il simile di tutte


le altre consonanze perfette intenderai, & osservando questa regola, alhora sarà di
necessità cantare quella semibreve puntata per la chiave del rotondo, il qual processo si
convertirà ne la spetie terza del dia tessaron, come comanda la generale scienza. Ma
ritrovando il sopra detto tritono nel presente modo, dico che senza
dubbio per causa del tritono ascendente congiunto col discendente, patirà & dal
suo ordine rimosso sarà, per cagione del primo moto, che ascendente si oppone, dil che
non osservando la comune regola, se incorrerebbe in maggiore errore, concludendo
adunque che ogni natura di tritono, o sia naturale, o accidentale, o torni, o non ritorni al
primo suo luogo, sia in che modo che a te piace, dico che il cantore ogni volta debbe
mollificarlo, temperarlo & annullarlo, o sia il segno del molle, o non sia, eccettuando la
forza de lo incommodo, con le ragioni di sopra mostrate.
[s1562: page 60] Se uno è obligato intendere il segreto del Compositore Hora si risponde se il cantore è
ubbligato, overamente può, cantando uno canto non da lui più visto, cognoscere o
intendere l'intento & secreto del compositore da lui pensato al primo moto. Si conclude
che no, se bene fussi quello che celebrò la musica, benché alcuni il contrario
pensono. Allegando la ragione, dicono che ogni compositore fanno giuditio che gli loro
canti habbino a essere intesi da gli dotti & buoni pratichi, per uno audito presto &
repentino, massimamente quando occorreranno quinte, ottave, duodecime & quinte
decime imperfette. Dico che a questo solo ne è maestro Iddio, & tale intelligenza
muta sola appartiene a Lui, & non a huomo mortale, perché sarà impossibile a ogni
dotto & pratico poter sentire in uno subito una quinta, ottava, duodecima o
quintadecima imperfetta, che non commetta primamente lo errore di qualche poco di
dissonanza. Vero è che più presto sarà sentito da uno che da l'altro. Pur non dimeno non
sarà huomo che in questo non incappi, de laqual cosa dico che coloro, gli quali non
segneranno il segno del molle, dove naturalmente altro si vede, commetteranno non
poco errore, perchéPropositum in mente retentum, nihil operatur,sì come hanno
dimostrato alcuni degni compositori ne gli suoi canti, fra gli quali uno è Iosquino, dove
lui segna la figura in fine del controbasso nel motetto Memor esto, per una quinta del
tenor che naturalemente è imperfetta, la qual quinta [s1529: page 113]si comprende sopra
le parolespem dedisti.Et nel motetto Praeter rerum, ne la proportione sesqualtera a la
parte del controbasso, in fine di esso motetto, sopra le paroletua puerperia,ha
medesimamente segnato in E lami el molle, dove procede per uno ordine proprio &
naturale, per il quale, se lui non havessi havuto advertenza, pochi cantori harebbono
inteso il suo intento, il quale ha dimostrato per la figura , laquale batte sopra una quinta
in quel luogo del controalto. Nel motetto anchora Ave nobilissima, nel secondo
controbasso, al fine de la seconda riga, sopra le paroleab omnibus malis &
fraudibus,detto Iosquino in E la mi, per una quinta imperfetta che farebbe in quel luogo
el secondo controalto, ha segnato detto molle. Anchora nel motetto chiamato Virgo
salutiferi, Iosquino ha dimostrato con la figura come in detto E la mi del basso si
pronunzi fa, per cagione di uno dia pason posto ne la prima parte del controalto, in fine
de la seconda riga, sopra le parolebenigna maris.Ultimamente in una sua messa
chiamata [s1539: page 65]L'omme armé super voces musicales, nel controbasso a mezzo
del primo Kyrie, ha segnato in mi grave el molle, per cagione di uno
dia pente che era imperfetto con il tenore, & più a l'ultimo Kyrie dapoi otto tempi, per
una duodecima & quintadecima, lequali erano imperfette con esso controbasso. Et per
maggiore autorità & confirmatione di questo, vedemo anchora la oppenione di molti
altri degni compositori, come Giovanni Motone, dove si vede detto molle nel principio

di Gaude Barbara, ne la parte del controbasso, de la positione di mi acuto,


laquale veniva per quinta imperfetta con il suo tenore. Così il simile ne la seconda parte,
sopra le parole& velata nobili,& in Nos qui vivimus, sopra le
parolebenedicimus Domino,nel controbasso è segnato il molle in mi
grave, nelqual luogo era prima quinta imperfetta con il tenore. Seguita anchora a questa
confirmatione Antonio di Fevin, ne la seconda parte di Benedictus Dominus Deus meus,
nel controbasso si vede per una breve puntata el molle, per cagione di una quinta, quale
era imperfetta, sopra le parolein voce exultationis.Ma per più chiarezza ti voglio
adducere Richafort, il quale non tanto considera a le quinte, ottave, duodecime &
quintedecime, quanto anchora a osservare la sesta maggiore nanzi la ottava, come
dimostra il suo motetto Miseremini mei, This is a misattribution. The motet was actually composed by
Jean Mouton. See Howard Mayer Brown, "Jean Mouton", The New Grove Dictionary of Music and Musicians, ed.
by Stanley Sadie (London, 1980), vol. 12, p. 659. sopra le parolequare me persequimini,laquale
sesta appare nel controbasso con il controalto, & perché era minore, ha voluto segnare la
figura . Constanzo Festa similmente lo dimostra in dui luoghi nel suo canto For
seulement, al principio del controbasso; Longheval, sopra le paroleDivinitas custodiat
nos, From Longueval's motet Benedicat nos imperialis maiestatis. See Margaret Bent, "Accidentals, Counterpoint
and Notation in Aaron's Aggiunta to the Toscanello in Musica", Journal of Musicology XII/3 (1994), p. 332. per
una quinta che faceva il tenore & basso imperfetta. Verdeloth anchora mette detta figura
nel mi grave a la parte del controbasso primo, al motetto Ave Virgo
gratiosa, per cagione di una quinta del controalto nel principio di esso motetto, qual si
mostrava imperfetta. [s1529: page 114]Piero de Larue, in una canzona chiamata Il est
bien, quasi nel principio a la parte del controbasso, sopra una breve, ha segnato el molle

in mi acuto, per il dia pente imperfetto ne la parte del suo controalto.


Lhérithier, sopra le paroleomnia ossa meadel suo motetto Miserere
mei Deus, similemente nel controbasso ha segnato il presente segno nel mi
grave, per uno dia pente imperfetto qual faceva il controalto. Constanzo Festa il simile
ha segnato nel suo motetto Ecce Deus salvator meus, nel controbasso, sopra le
parolefiducialiter agam,de gli quali, per esser moderni, forse non presterrai a loro
indubitata fede. Ma io, che questo infra di me ho considerato, voglio per
più chiarezza & satisfattione tua adducere alcuni altri al proposito nostro antichi, come
Orto, Alessandro Agricola, Pierazzon de Larue, Iapart, Compère, Isach & Obreth. Orto
adunque, per una quinta che fa il tenore con il controalto in una Ave maria, sopra le
paroleDominus tecum,ha voluto dimostrare il molle nel suo tenore. Et sappi che tutti gli
sopradetti canti & compositori, a uno per uno, gli troverrai nel libro chiamato di Cento
canti stampati per ordine, & qua mi sono alquanto affaticato, aciò che tu più facilmente
ti possi ridurre alfine di questa intelligenza. Seguita anchora Alesssandro Agricola a la
medesima confirmatione, nel canto C'est mal charche, nel principio del controbasso, per
una quinta imperfetta del suo controalto. Dapoi Pierazzon de Larue, sopra del canto Por
quoy, ha segnato in A re el per una quinta col tenore imperfetta, a mezzo la prima riga
del [s1562: page 61]contro basso. Iapart nel suo canto, I.e. Hélas qu'il est à mon gré. See Cristle
Collins Judd, "Reading Aron Reading Petrucci: The Music Examples of the Trattato della natura et cognitione di
in principio de la seconda parte nel
tutti gli tuoni (1525)", Early Music History 14 (1995), p. 147.
controbasso, pone la detta figura , per una duodecima del canto & una quinta del suo
controalto. Compère medesimamente nel canto suo Nous sommes, a mezzo la seconda
riga del contrabasso, pone la figura detta per una quinta imperfetta, quale era col tenore.
Isach anchora segna per la medesima cagione, a mezzo la prima riga del controbasso,
un molle nel canto chiamato He logeron nous. Obreth anchora al suo canto
chiamato Tandernaken, al principio de la seconda riga del controbasso, per il tenore lo
segna, qual sarebbe quinta imperfetta, & in molti altri luoghi, come esaminando si
comprende, a gli quali porremo fine. Ma sì come Iddio a noi ha insegnato & dipinto
dinanzi a gli ochi nostri la via de la salvatione & anchora de la dannatione, per la quale
cognoscemo il bene dal male, ché forse senza questa facilmente haressimo potuto
incorrere sempre al male operare, o al bene, overamente alcuna volta al bene & quando
al male, essendo adunque la via buona & cattiva, a lui è stato necessario ordinare gli
suoi precetti & modi, per gli quali habbiamo a cognoscere il ben vivere da quello che è
contrario. Et più si vede in alcuni viaggi, dove si truovono varii segnali, & questo per
essergli più strade da potere camminare; onde, [s1529: page 115]aciò che quegli che non
sanno per quel paese andare, possino rettamente pigliare il buon camino, dove non
essendo segno alcuno, senza dubbio potrebbono pigliare la cativa via, alfin de
laquale nascerebbe un fiume, dove [s1539: page 66]bisognando passarlo, facilmente si
potrebbono arenare, o per il manco male tornare indrieto; Il Musico è obligato segnare il suo
intento. pertanto il musico overo compositore è ubbligato segnare lo intento suo, aciò che
il cantore non incorrà in quello che dal detto compositore non fu mai pensato. Concludo
adunque come ho detto, che tal segno è così conveniente a gli dotti, come a gli indotti,
& dico che il cantore non è tenuto nel primo moto cantare le note ne gli luoghi dove tal
segno può accadere, se tal segno non appare, perché potrebbe errare, imperò che
può stare, & non può stare. Per tanto debbe apparere al tempo opportuno, & quando non
bisogna, non si debbe in luce adducere. The two preceding sentences are taken almost word for word
from a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J. Blackburn, Edward E.
Et questo si
Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 305.
intende ne gli concenti non provisti, cioè non prima cantati overamente considerati. This
sentence is taken almost word for word from a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See
Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
Havendo di sopra a sufficienza dimostrato circa il segno
Musicians (Oxford, 1991), p. 305.
del molle, & venendo al proposito retrattare qualche particula de la figura

apparente , dato che in nanzi al vigesimo capitolo del secondo libro ne


sia alquanto parlato, non dimeno più diffusamente ne la presente agiunta, a coloro che
più di questo si delettono, si esponerà. Havendo io ricercato brevità, facilità nel sopra
detto Toscanello nostro, mi sono più tosto in tal capitolo acommodato secondo il vulgo,
che altrimenti. Ma hora, perché più si ricerca la vera intelligenza, ti advertisco, quando
da me è stato detto queste parole, nel sopra detto capitolo:Però è stato necessario
stabilire una figura o segno, per ilquale si habbia a dimostrare al cantore qual sia la nota
augumentata o diminuta, ilqual segno per generale uso è chiamato diesis,non intendere
peroché nessuna nota cresca di valore, né diminuisca per forza di quel segno, ma
solamente sano modo intendi, che tal segno dimostra lo augumento & diminutione del
spatio overo intervallo, perché questo segno non acresce,
né disminuisce la nota oltra al suo valore, ma bene acresce & disminuisce il spatio &
intervallo tra nota & nota apparente in quanto a la imaginatione & operatione, ma non in
quanto a la sua apparente locatione. The end of this sentence and the beginning of the next one are
copied word for word from a letter written by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J.
Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991),
p. 301.Et questo adviene perché il spatio reale & naturale, considerato mediante la
apparenza del segno preditto, resta permutato, come di tuono in semituono & di
semituono in tuono, & così de' altri simili. Ma la nota ne la sua temporale
quantità cantata non mai mediante tal segno cresce né discresce intra il suono grave &

acuto, ilquale segno presente The ensuing argument and music example given by
Aaron are taken almost word for word from a letter sent to him by Giovanni Spataro, dated 23 May 1524. See
Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
è stato chiamato da Bartholomeo Rami, musico
Musicians (Oxford, 1991), p. 301-302.
dignissimo, veramente da ogni dotto venerato, segno di b quadro, & da frate
Giovanni Ottobi è stato chiamato segno di b quadro iacente; & questo, , da

lui è stato chiamato segno di b quadro retto, b quadro


iacente b quadro retto gli quali nomi son più rettamente considerati, [s1529:

page 116]che non è chiamare tal segno diesis, perché il nome è


più consequente al suo effetto, come procedendo da mese a trite synemenon, cade
intervallo di semituono, & dapoi ascendendo da la preditta chorda mese ad paramese, al
qual pratico si atribuisce il quadrato, el si procede per intervallo di tuono, el quale
paramese resta distante da trite synemenon per semituono maggiore intenso.
Così accaderà di questo segno , che essendo al canto ascendente dal

spatio ne la riga & de la riga al spatio, come qui & altri simili, sempre
convertirà il spatio naturale del semituono nel tuono. Per tanto, operando questo segno
come fa el b quadrato retto preditto, dico che ditto segno sarà più ragionevolmente
chiamato b quadro, che diesis, perché dicendo diesis, lo effetto & il nome non hanno
insieme conrispondenza, ma sì bene essendo chiamato quadro.

§ Quale obbligo o necessità sia al compositore


attribuita, per rimuovere ogni pericolo & causa del
cantore ne la quale potessi incorrere
El ditto compositore è obbligato a dover segnare tal figura per gli varii intenti & modi
occorrenti al libero nostro contrapunto, come appare nel sopra detto capitolo vigesimo
nominato del secondo libro & sì come appare ne la presente dimostratione,[s1562: page

62] ne la quale lo
intento del compositore non ha considerato che quella ultima longa overamente
intervallo ultimo, habbia a essere sospeso overo disminuito, perché non appare segno
dimostrante alcuna sospensione, come è compreso per la figura; ma volendo sospendere
detto intervallo ultimo, sarebbe ottava imperfetta col basso, & non unisono col
controalto. Ma quando sarà proposito a tal sospenso, lo segnerà, come seguitando
si vede.[s1539: page 67]

[s1529: page 117]Et


perché lo intento suo è stato di rimuovere la prima harmonia, benché sia simile processo
con il primo, a lui è stato dibisogno con il segno presente advertire el cantore de la
seconda sua consideratione, aciò non pensassi al primo modo da lui dimostrato, come
acaderà se tal discorso troverrai.

Ma hora attendi di non mi appropriare di contrario alcuno in me stesso, considerando


che da me è stato concluso rationabilmente, al nominato sopradetto xx capitolo, che la
figura diesis non si ricerca appresso gli dotti & pratichi cantori, imperò che il dotto &
pratico cantore facilissimamente cognoscerà, con l'intelletto & ottimo suo orechio un
certo procedere a dovere cadere propriamente a quella nota sospesa o non sospesa,
esaminata per il compositore, laqual notitia sarà a lui tanto familiare, per essere stato
continuo ne lo esercitio cantabile, che habbia preso tal habito che poco gli nocerà, non
ritrovando il segno di sopra allegato, il quale habito & continuo esercitio non
potrà aiutare, né manco dar notitia al mal pratico & non intelligente cantore, de laqual
cosa è necessario al compositore, per questa cagione, segnarlo al tempo & luogo dove
necessario sarà. Si oppone anchora a la inadvertenza di alcuni compositori, gli quali
senza altra consideratione, in una parte sola del suo concento adducono in luce la figura
del molle, massimamente ne la parte grave. Dico che tal licenza è denegata & non
concessa, né manco in consideratione è al vero musico. Onde, volendo ristringersi al
suo concetto & male pensamento, non altrimenti credono essere scusati sol per il

procedere molte volte a la chorda del mi grave, il quale risponde un


dia pente con il tenore imperfetto, laqual consideratione è frustratoria & vana, perché ne
risulta & nasce dui inconvenienti. Il primo è che ciascheduna spetie vien permutata
& variata dal suo naturale, come sarà da Gamma ut a D sol re, & quello che dittono si
mostra, in terza minore o semidittono si truova, come discorrendo dal D sol re

al mi si vede, & similmente da mi al Gamma ut, le quali


risoneranno re-la, la-fa & fa-re (& prima erono ut-sol, sol-mi & mi-ut), spetie contrarie
a tutte le altre occorrenti nel soprano, tenore & controalto; & questo è usitato più da loro
ne gli canti del settimo overo ottavo tuono. Per tanto, il secondo inconveniente sarà che
le ottave & quinte decime non conrisponderanno insieme giuste, sì che a te è dibisogno
prima consi[s1529: page 118]derare di conseguire lo effetto con i processi simili &

spetie, & pur volendo passare con la intentione tua per il detto mi, segna
anchora a tutte le altri parti la figura , & senza errore alcuno, ogni processo &
consonanze si troveranno concorde & sonore insieme, dove primieramente alcuni
discordavano.
Per tanto, havendo noi concluso le sopra dette dubitationi, mi ho pensato, ne la
presente aggiunta nostra, ricogliere & dichiarire senza altro nuovo trattato, al
buon volere di alcuni amici nostri, qual sia l'ordine & vero modo constituito a la
intelligenza di ciascheduno Kyrie, Gloria in excelsis Deo, Patrem
omnipotentem cardinalesco, Sanctus, & Agnus Dei, aggiungendo anchora Te Deum
laudamus, non preterendo l'ordine gregoriano, a qual maniera o tuono siano giudicati
nel santo ecclesiastico canto fermo. Così dirò.
§ Da ogni dotto musico generalmente è stato ordinato & da loro concesso, che ogni nota
finale di tutti gli canti ecclesiastici sia ferma regola a la intelligenza di ciascheduno
tuono, dil che non altrimenti debbono essere giudicati [s1562: page 63]gli sopradetti, &
perché in essi alcuni versi mediati non conrispondono al suo proprio fine, &
sollazzando vanno in altri luoghi, non far giuditio che tal processi restino sospesi, ma
sol son membri de la sua forma propria, la qual compositione sarà intesa per il suo
ultimo fine & non per altri mezzi, conciosia che il primo & secondo tuono regularmente
ha un sol fine, ma per haver varii principii, tal versi mediati aquistono inordinate [s1539:
page 68]terminationi, & similmente per gli varii saeculorum & confinalità de' suoi
dia penti. Diremo adunque, pigliando gli Kyrie leyson di quel più honorato & degno
giorno, chiamato dies Domini, gli quali sono del primo & perfetto tuono. Onde
la Chiesa qua non ha voluto ritirarsi dal suo proprio & natural processo, perché essendo
tal giorno dedicato a Iddio, tal tuono anchora si conviene, per esser più de gli altri suoi
autentici degno; & questo medesimo troverrai ne la solennità de la
gloriosa Vergine Maria, con quella de gli apostoli, overamente di solennità maggiore.
DE LE DOMENICHE SEMIDUPPLICATE.
La presente Gloria in excelsis Deo non ha voluto separarsi dal suo principal tuono, ma
essere sotto posta a la medesima terminatione, nascendo al ombra del secondo tuono,
quale è principio de gli suoi plagali, onde [s1529: page 119]essa Gloria in
excelsis Deo poco ne gli mezzi si travaglia. Non è per altro che per un
solo seculorum che da lui nasce. Termina adunque il versoBenedicimus tene la chorda
parhypate hypaton, chiamata C fa ut, laqual terminatione non è per cagione di
alcun saeculorum, né confinalità di dia penti, ma per la forza del principio a lui in quella
chorda concesso, come dimostra lo introito del sabbato primo de lo advento, Veni &
ostende nobis Domine, & lo introito da poi la quarta domenica di quadragesima,
detto Sitientes venite ad aquas. Da poi il versoGlorificamus te,ha terminato ne la
positione hypate meson, chiamato E la mi. Questo viene medesimamente per cagione
del principio, come dimostra lo offertorio del primo giorno di quadragesima, Exaltabo
te Domine, con la irregulare terminatione, & l'antiphona Domine Deus rex
omnipotens da poi la quarta domenica del mese di settenbre, de la qual cosa
discorrendo, ogni altro verso regolarmente al suo natural fine, si cognosce. Ma tal
principio di E la mi pochissime volte in questo tuono si ritruova.
DEL SANCTUS DOMINICALE.

Questo chiaramente si cognosce per il fine, & per lo ascenso & discenso, non essere
altrimenti che del sesto tuono perfetto, nel qual processo il secondoSanctustermina ne la
chorda parhypate hypaton, detto C fa ut, laqual terminatione nasce da la libertà del suo
principio, & tanto più per essere detto luogo finalità del suo dia tessaron, come
lo introito Quasi modo geniti &c., il quale è ne la ottava de la Pasqua, & lo offertorio
ultimo nanzi la sesta de la Ascensione, detto Confitebor Domino nimis in ore meo.
Questi per il principio aquistono la irregulare terminatione. Seguitando
alSanctus Dominus, Deus sabbaoth,lui finisce regularmente, & alcuni altri ne la
positione & chorda lichanos meson, detto G sol re ut, la qual si vede nel presente
concento, Tradiderunt me in manus impiorum, primo risponso del terzo notturno de la
sesta feria ne la settimana santa, per il che pochissimi di questi in tal luogo se ne
truova; & tutto il resto al suo buon fine si riduce.
[s1529: page 120]
DE GLI AGNUS DEI DOMENICALI.

La presente dichiaratione veramente non ha in contrario cosa alcuna, per la quale si


cognosca essere permutato il suo proprio & regulare ordine, ma con processi
convenienti & atti a la forma & natura del secondo tuono, come per la fine, ascenso &
discenso ciascuno dimostra il suo vero modo, per il quale esaminando, tu sarai certo.

DEL GIORNO DE LA VERGINE MARIA.


Havendo di sopra noi dichiarato & dimostrato la intelligenza & ordine de la messa
domenicale secondo la consuetudine ecclesiasticha, è dibisogno al presente dichiarire il
sussequente giorno, chiamato dies Virginis Mariae, con il medemo modo che nel
passato si contiene; & prima[s1539: page 69][s1562: page 64]
DEL KYRIE LEISON.

Non ha nel sopra anotato essempio la Chiesa in questa solemne festa, voluto eleggere
alcuno altro tuono, ma esser simile a gli passati Kyrie. Onde a maggior forza
s'è introdutto & appoggiato, con il suo proprio compagno, quale è primo plagale, &
secondo chiamato, come per il processo suo chiar si vede, del qual ilChriste leysonha la
sua fine ne la positione mese, chiamato A la mi re, & detto fine nasce dal saeculorum,
da la confinalità, da la irregularità, & similmente dal principio. Dal saeculorum? Come
ne le differenze sue si comprehende. Da la confinalità? Perché da D sol re comincia il
dia pente, & il confine arriva al detto luogo. Da la irregularità? Perché il primo &
secondo in ditta chorda nasce. Et dal principio? Come gli presenti introiti, Sapientiam
sanctorum narrent populi & Salus autem iustorum, nel comune di più martiri si
truovano.
[s1529: page 121]
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.

Questa laudabile & santa Gloria, per il suo fine & commodati processi, è ordinata sotto
la forma del settimo tuono, ne laquale molti & molti versi hanno la fine ne la positione
paranete diezeugmenon, detto D la sol re, non per altro, se non per cagione
del saeculorum, confinalità & principio. Del saeculorum, chiaro si vede ne le antiphone.
Per la confinalità? Per la ragione di sopra detta lo dimostra. Ma per il principio? Come
gli canti presenti, cioè Aqua sapientiae potavit eos, introito de la terza feria da poi la
Resurrettione di Iesu Christo, salvatore nostro, & Signa eos qui in me credunt, offertorio
di più martiri, secondo il comune ordine, con la antiphona Veni sponsa Christi & molte
altre, le quali narrar non voglio.
DEL SANCTUS.

Nel secondo & terzoSanctusè solamente una equal terminatione, ne la chorda trite
diezeugmenon, chiamata C sol fa ut, & perché esso canto è quinto tuono, detta
terminatione è in quel luogo terminata, per il saeculorum, per la confinalità & per il
principio. Per il saeculorum? Perché il quinto tuono ha due differenze, de lequali una
termina in A la mi re, l'altra in ditta positione C sol fa ut. Per la confinalità? Perché il
principio del dia pente è in F fa ut. Per il principio? Come appare ne gli presenti
canti: Ecce Deus adiuvat me, introito de la domenica nona dapoi la Pentecoste, & Deus
in loco sancto suo, de la domenica undecima, & il graduale Anima nostra sicut passer,
ne la festa comune di più martiri. Onde, per non essere differenza ne gli Agnus Dei, ma
equale & regulare terminatione, non mi estenderò in dichiaratione alcuna.
[s1529: page 122]
DEL GIORNO DE GLI APPOSTOLI, OVERAMENTE
DE LE FESTE DOPPIE MINORI.
La honorata solemnità de gli appostoli non si discorda né separa da la natura & forma,
circa il principio, de la domenical festa, & gloriosa Vergine Maria, le quali sono state
regularmente primo tuono, per la ragione di sopra prima detta, & come la figura ti
dimostra.

Questa regulare & natural fine, sola nel primoKyriesi cognosce, conciò sia che il
terzo & quarto[s1539: page 70]Kyrienon conrispondono regularmente al suo proprio
fine, ma dove la irregularità & confinalità si truova, & per la differenza del saeculorum
amen. Queste ragioni nel passato chiare sono. Resta solamente dimostrare per il fine gli
seguenti canti: Scio cui credidi & certus sum, introito de la festa di San Paulo appostolo,
& Meditatio cordis mei, ne la sesta feria da poi la quarta domenica in quadragesima.
[s1562: page 65]
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.

La manifesta forma & compositione dichiara essere naturalmente del quarto tuono,
sì per il fine come per lo ascenso & discenso, dilche non si trovando ne gli suoi mezzi
terminatione alcuna irregulare, lasceremo il resto secondo l'ordine dato a la
cognitione & intelligenza di tutti gli tropi, o vuoi dire tuoni.
[s1529: page 123]
DE LE FESTE SEMPLICE SOLEMNE, ET INFRA
TUTTE LE OTTAVE.

La terminatione over fine de la sopra scritta Gloria ha naturalmente la forma del


secondo autentico overamente terzo tuono, & perché essa è mediata da più irregulare
terminationi, comeLaudamus te,Benedicimus te&Gratias agimus tibi,Laudamus teha il
suo fine ne la chorda mese, detto A la mi re;Benedicimus te,ne la chorda paramese,
chiamato mi acuto; &Gratias agimus tibi,in lichanos meson, detto G sol re

ut. La terminatione adunque di fa mi non è per causa di principio


alcuno, perché tal tuono non ha principio in detto luogo, ma per cagione de la
confinalità, laqual procede da E la mi a quella chorda di fa mi. La fine
antecedente di A la mi re è per il saeculorum & non per il principio. Ma quella di G sol
re ut, non tanto per il saeculorum, quanto anchora per gli principii suoi, come gli
presenti canti: Timete Dominum, omnes sancti eius, introito del comune ne le feste di
più martiri, & Loquetur Dominus pacem.
DEL SANCTUS.

La presente figuratione ne lo ecclesiastico Graduale ha il suo fine ne la positione di D


sol re, & secondo lo ascenso & discenso è giudicato del secondo tuono. Dato che sia il
secondoSanctusconstituito & terminato ne la positione mese, concesso è stato ad esso
tuono ditta terminatione, non per il principio, ma per la confinalità, ne la qual chorda
termina irregularmente il secondo & primo tuono, & per la differenza del saeculorum
amen. Onde per essere gli Agnus Dei regularmente terminati, lasceremo questaa la
comune intelligenza.
[s1529: page 124]
DE LE FESTE MAGGIORE DOPPIE.

La sopra scritta Gloria ha il suo fine ne la positione di lichanos meson, chiamato G sol
re ut, & chiaro si vede, per la sua forma, settimo & ottavo tuono, ne la
qualeDomine Deus rex coelestisha terminato in paramese, chiamato mi
acuto;Domine Deus Agnus Dei,in trite diezeugmenon, detto C sol fa ut; &Qui tollis
peccata mundi suscipe deprecationem nostram,in paranete diezeugmenon,
chiamato D la sol re. Per il primoDomine Deus rex coelestis,la terminatione è per la
licenza del saeculorum, qual termina in quel luogo, & per il principio concesso al sopra
ditto tuono, come dimostra l'antiphona al Magnificat infra l'ottava de la Resurrettione,
chiamata Tulerunt Dominum meum, & Exortum est in tenebris, al vespro de la Natività.
La terminatione delDomine Deus Agnus Deinon è per altro, se non per il
principio, ilquale è nel secondo risponso di Santo Giovanni, appostolo &
evangelista, Hic est discipulus, & Omnes de sabba venient, nel secondo notturno ne
la vigilia de la Ephyfania. Ma la fine delQui tollis peccata mundiper tre cause
finisce [s1539: page 71]in D la sol re: la prima per la differenza del saeculorum, la
seconda per la confinalità et la terza per il fine, come gli presente canti: Veni Domine &
noli tardare, primo risponso del terzo notturno de la terza domenica del
Advento, & Ecce sacerdos magnus, con molti altri simili.
Il Sanctus & Agnus Dei appropriati a la di sopra scritta messa, per non essere in loro
alcuna incognita differenza, sia dal comune ordine il resto giudicato.
[s1562: page 66]
DE LE FESTE MAGGIORE, MEZZE DOPPIE.

[s1529: page 125]Il processo di tutti gli Kyrie regularmente dichiara la forma del
settimo & ottavo tuono, nel quale il penultimoKyrieha il suo fine in paranete
diezeugmenon, chiamato D la sol re, laqual terminatione, come per il passato fu detto, è
per la confinalità, principio, & saeculorum. Che sia per il principio, facilmente più volte
il troverrai, per ilche non metteremo altro essempio.
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.

La Gloria in excelsis Deo de gli ante detti Kyrie ha la sua forma del primo, ma
superfluo tuono, & perché in essa anchora è pocha differenza, come gli versiLaudamus
te,Benedicimus te&Adoramus te,per l'ordine da noi di sopra detto senza altra nostra
dichiaratione a te la rimettemo, con tutto il resto, ilqual irregularmente troverrai.

DEL PATREM OMNIPOTENTEM CHIAMATO


CARDINALESCO.

Chiaro si vede che il precedente Patrem omnipotentem non è de altro tuono, che del
primo perfetto, nel qual discorso alcuni versi terminano in nete diezeugmenon, detto E
la mi, & in trite hyperboleon & mese, chiamati F fa ut & A la mi re. La terminatione
adunque di E la mi, per cagione del principio, in tal luogo è ordinata, come
lo introito Exclamaverunt ad te Domine di Santo Phylippo & Iacopo. Quella di F fa ut,
per il principio, per il saeculorum & per la intonatione è constituita. Per il principio,
come si vede ne gli presenti introiti, cioè Et enim sederunt principes, introito di Santo
Stephano, & Misereris omnium Domine, del primo dì de la quadragesima, & Ego autem
cum iustitia, ne la feria sesta de la seconda domenica di quadragesima. Per
il saeculorum? Secondo che le differenze dimostrono, & come anchora per la sua
intonatione. Quella di A la mi re? Per molti essempi da noi di sopra dati, agevolmente
per il saeculorum, per la confinalità, per il principio & fine irregulare, la sua intelligenza
troverrai.
[s1529: page 126]
DEL TE DEUM LAUDAMUS.

El presente hymno da noi di sopra scritto secondo la forma de' tuoni si cognosce essere
del quarto tuono imperfetto, sì per il fine come per lo ascenso & discenso, & sue
spetie; & havendo alcuni versi la sua terminatione ne le chorde hypate meson, parhypate
meson, lichanos meson et mese, detti E la mi, F fa ut, G sol re ut & A la mi re, la fine di
E la mi è regularmente terminata; quella di F fa ut, per il saeculorum & principio. Per il
principio? Come gli presenti canti: Omnis terra adoret te Deus, introito de la seconda
domenica de la Ephyfania, & Salus populi ego sum, de la terza domenica de la
quadragesima, ne la quinta feria. Per il saeculorum? Come ne
lo Antiphonario si vede. La seguente fine di G sol re ut è per il principio & saeculorum.
Per il principio? Come lo introito Accipite iocunditatem gloriae vestrae, de la terza feria
infra la ottava de la Pentecoste, & Semel iuravi in sancto meo, post comunione de gli
confessori maggiori. Per il saeculorum? Come dimostrano le antiphone domenicale,
cioè Sit nomen Domini, & In mandatis eius volet nimis. De la terminatione di A la mi re,
per le ragioni & essempi di sopra mostrati, con facile modo ogni altra simile intenderai.

FINE.[s1539: page 72][s1562: page 67]


Stampato in Vinegia per maestro Bernardino & maestro Matheo de' Vitali
venitiani el dì v Iulii mille cinquecento xxix. A Iddio la gratia. Registro. a A B C D
E F G H I K L M N O.[s1529: page 127]
Questi sono precetti, li quali io non senza tolerabile ragione ho giudicati esser
commodi et bastanti a quelli che di lettere latine mancano per intrar nel lodatissimo
collegio delli musici, li quali precetti con quello stile che mi ha concesso il mio
debole et rozzo ingegno ho servato, et dalle questioni et disputationi troppo alte et
oscure mi sono astenuto. Et delle cose pertinenti alla prattica sì di cantare, come di
comporre canti, niente ho lasciato che necessario mi sia paruto, con tal
temperamento che (se 'l parer non m'inganna) né la brevità partorisce oscurità, né la
lunghezza superfluità. Due cagioni mi spensero all'impresa et dell'altra opera in latino et
di questa in volgare. Una è che secondo Platone non semo nati per noi soli, ma parte di
noi si prende la patria, parte padre et madre, parte gli amici; l'altra, che secondo
Sallustio non dovemo passar la vita con silentio. Se io haverò consequito l'intento, nol
so bene, et quando bene lo sapessi, non ardirei adirlo. Questo solo senza alcuna
dubitatione dirò, che tu, humanissimo lettore, anchora che li miei doni sian piccoli et
bassi, non pigli colla sinistra quello che io t'offerisco colla dextra. Et come che
gentilissimo ti spero, se errore alcuno (che Dio voglia siano pochi) troverai nel
mio Thoscanello, come a me [s1523: page 108]non è stato grave durar questa fatica affin
di bene et utile commune, così a te non sia molesto pigliar il tutto in buona parte et
darmi perdono, dignandoti colla tua prudenza sovenire al mio defetto, al quale, come
che huomo, può essere accaduto che falli, ma certo non mai piacque perseverar ostinato
nel fallo, tenendo sempre Socrate et Platone per amico, ma per maggior amico la verità.

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