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TOSCANELLO IN MUSICA
DI MESSER PIERO ARON FIORENTINO DEL ORDINE HIEROSOLIMITANO
ET CANONICO IN RIMINI, NUOVAMENTE STAMPATO CON L'AGGIUNTA DA
LUI FATTA ET CON DILIGENTIA CORRETTO.
Ad totius Italiae iuventae de Petri Aron egregii musici laudibus Io. Gazoldi epig.
Si vis scire modum generosa iuventa candendi
Petrus Aron clarus musicus arte docet.
Edocet ut coelum numeris moveatur, & alta
Organa pulsentur, voceque faxa movet.
Attrahit hic sylvas, labentia flumina sistit,
Threiicius vates cedere iure potest.
Non è alcun dubbio, gentilissimo mio Signore, che di gran parte di beni et de' mali che
gli huomini sentono, e principi ne siano cagione, et questo a noi le antiche et le moderne
historie apertamente lo manifestano. Né punto è dalla ragione lontano darsi l'huomo a
credere che quelli, che hanno imperio sopra gli altri, possano molte cose operare, sì in
utile come etiamdio in danno di molti, assai più agevolmente che qualunche altro
privato. Et questo, sì come in altre cose apertamente si dimostra, così in ciascuna
facoltà di ingegno, perciò che noi vediamo in ogni tempo di quelle virtù essere stati gli
huomini più studiosi, delle quali e principi più si sono dilettati, perciò che ciascuno
più volentieri in esse si è affaticato per piacere al prencipe dal quale sperava alle sue
fatiche premio alcuno, della qual cosa, per non dare a vostra signoria essempi antichi,
perciò che forse harebbono minore forza, uno solo mi basterà adducere de' nostri tempi:
Leone X pontefice, il quale, benché fussi di molte virtù ornato et studioso, non di meno
di niuna si è più dilettato et niuna hebbe più favorita et essaltata che la musica. Donde è
proceduto che sotto il suo pontificato, molti si sono affaticati, ciascuno secondo le lor
forze, di far profitto in essa, per gli ampi premii che alle loro fatiche vedevano essere
proposti, tra gli quali io sono stato uno, il quale in tenue fortuna nato, ricercando per
alcuna honesta [s1529: page 4]via di sostentare la mia tenuità, negli studii di musica mi
sono non poco affaticato, se non così felicemente come harrei voluto, almeno quanto
l'ingegno et la industria mia ha potuto, et harrei al tutto disperato il premio alle fatiche
mie per la importuna morte di Leone, se Vostra Signoria non mi si fussi offerta unico
presidio alla afflitta mia fortuna, laquale quantunque di potere a Leone non sia pari, non
però è in alcuna virtù a quello inferiore, né in studio di favoreggiare qualunque
di virtù non sia spogliato, ilche sempre hebbe dimostrato nutrendo, favoreggiando et
exaltando in ogni tempo valenti huomini et prencipalmente musici. Io adunque, come
colui che in Vostra Signoria ha posto ogni speme delle fatiche sue, et in niuna cosa mi
risparmierò, se mi sarà prestato occasione di dimostrare a Vostra Signoria quanto a gli
commodi di quella sia pronto, et hora nel mandare in luce di queste mie compositioni, le
ho voluto dimostrare. Fo adunque a Vostra Signoria presente di questo mio libretto, il
quale, come alla grandezza di Vostra Signoria non sia convenevole, non di meno et al
piccolo potere mio et alla gentillezza di quella non molto si disconviene. Resti
contenta Vostra Signoria, che essendo io suo, et anchora le cose mie (quali si sieno) sue
et siano, et si chiamino.
AL MOLTO REVERENDO ET MAGNIFICO MONSIGNORE SEBASTIANO
MICHELE, GENTILHUOMO VENETIANO, CAVALIERE
HIEROSOLIMITANO ET PRIORE DI S. GIOVANNI DAL TEMPIO
DIGNISSIMO, PIERO ARON FIORENTINO.
Non è alcun dubbio, osservandissimo Signor mio, che di gran parte de' beni & de'
mali che gli huomini provano, i principi per lo più ne sono cagione, ilche le antiche & le
moderne historie apertamente ci manifestano. Né punto è da la ragione lontano questa
credenza, che coloro che hanno imperio sopra gli altri, molte cose possano adoperare,
così in utile, come etiandio in danno di molti, assai più agevolmente che qualunque altro
privato. Et questo sì come in altre cose si vede, così apertamente si dimostra in ciascuna
facoltà d'ingegno, percioché noi vediamo che gli huomini in ogni tempo sono stati di
quelle virtù più studiosi, de le quali i principi si sono più dilettati, percioché ciascuno
più volentieri in esse si è affaticato per piacere al principe, dal quale ha sperato a le sue
fatiche alcun premio, de laqual cosa, per non dare a V. Signoria essempi antichi, i quali
forse sarebbono di minor forza, solo uno mi basterà adducerne de' nostri tempi, cioè
Leone Papa Decimo, il quale, ben che fosse di molte virtù studioso &
ornato, nondimeno di niuna più si dilettò & niuna più ne favorì & essaltò, che la musica.
Donde è proceduto che sotto il suo pontificato, molti si sono industriati, ciascuno
secondo le forze sue, di far profitto in essa, per gli ampi premii che a le loro fatiche
vedevano essere proposti. Tra' quali io sono stato uno, il quale in debole fortuna nato,
desiderando per alcuna honesta via di sostentare la mia debolezza ne gli studii
della musica, mi sono non poco affaticato, se non così felicemente come harei voluto,
almeno quanto l'ingegno & la industria mia ha potuto; & ben mi sarei disperato affatto
del premio delle mie fatiche per la importuna morte di quel magnanimo &
liberalissimo pontefice, se V. Signoria non mi si fosse offerta unico presidio & sostegno
a la mia afflitta fortuna, la quale, quantunque di potere sia di gran lunga disuguale a
Leone, non è però in alcuna virtù a quello inferiore, né in istudio di favoreggiare
chiunque non sia del tutto privo di virtù, il che sempre, quanto il suo grado sostiene, ha
mostrato con l'opere, non solamente favoreggiando, ma nutrendo & essaltando in ogni
tempo valenti huomini, & principalemente musici. Io adunque, come colui, che in V.
Signoria ho posto ogni speranza delle fatiche mie, essendo hora per mandare in luce
questo mio libretto, a lei ho voluto indirizzarlo & donarlo; & come che io conosca assai
bene, che egli alla grandezza di V. S. poco si confà; nondimeno parmi che & al piccolo
poter mio, & a la gentilezza di quella non molto si disconvenga, & che essendo io suo,
non sia fuori di ragione che anchora le cose mie (quali elle si sieno) sue & siano, & si
chiamino perpetuamente.
[s1523: page 5][s1529: page 5][s1539: page 3][s1562: page 3]
CAPITOLI DEL PRIMO LIBRO.
Quanto sia il valore delle note nel modo maggiore perfetto et imperfetto, modo minor
Cap. X.
perfetto et imperfetto.
Del valore di ciascheduna nota nel modo maggior perfetto posto con il segno Cap. XI.
sequente, .
Valore del modo maggior perfetto nel tempo imperfetto et prolatione perfetta, come
Cap. XII.
qui, .
Valore del modo maggiore perfetto nel segno del tempo perfetto et prolatione imperfetta, come
Cap. XVII.
qui, .
Valore del modo maggior perfetto nel segno del tempo et prolatione imperfetta, come
Cap. XXII.
qui, .
Della intelligenza del modo maggior perfetto et modo minore et tempo per varii segni . Cap. XXVII.
[s1523: page 6][s1529: page 6]Della cognitione del modo minor perfetto et imperfetto, tempo et Cap.
prolatione, per varii segni. XXVIII.
Come la lunga nel tempo perfetto non si può dire imperfetta. Cap. XXXI.
Cap.
Delle note alterate et sua intelligenza.
XXXIII.
Cap.
Cognitione della maxima et lunga di color pieno.
XXXIIII.
Cap.
Della figura semibreve piena.
XXXVI.
Cap.
Che cosa sia syncopa.
XXXVII.
Cap.
Cognitione et modo di cantar segni contra a segni necessarii.
XXXVIII.
Cap.
Come li cantori habbiano a numerare li canti.
XXXIX.
[s1523: page 7]Se la consonanza o concordanza è necessaria al principio del canto. Cap. XVII.
[s1529: page 7]Della terminatione o vorrai dire cadenza ordinata nel soprano. Cap. XVIII.
Modo di comporre psalmi et Magnificat. principii, mezi, et fini de' tuoni Cap. XIX.
Del modo del comporre il contrabasso et alto dopo il tenore et canto, precetto primo.
Cap. XXI.
Divisione del monachordo per tuoni et semituoni naturali et accidentali. Cap. XXXX.
For further information on this woodcut, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 86.
LIBRO PRIMO.
LAUDE DELLA MUSICA. CAP. I.
Molti excellenti scrittori antichi et moderni hanno raccolte le lode della musica et con
buona cura a que' che succeder devranno raccomandate, fra' quali anche io nell'altra
opera mia de Institutione harmonica diedi opera che non si tacesse, per la qual cosa, se
hora altro non ne parlassi, molto bene potrei essere iscusato per quel detto de' causidici,
che vieta essercitare la cosa essercitata. Non dimeno, perciò che in sino a qui non è stato
detto (che io sappia) salvo in greco et in latino, ho tolta questa nuova fatica,
pensando che niuna scusa mi sia buona se al presente non referisco brievemente alcune
cose in commendatione et ornamento di simile scienza, delle quali io faccia partecipi
quelli che più della lingua nostra materna hanno cognitione. Farollo adunque volentieri,
aggiungendovi qualche cosa che forse da ognuno non è stata detta. Di tutte l'arti che
liberali si chiamano, ritruovo la musica di nobilità, di valore et di pregio
eccellentissima, et primieramente nobilissima la dirò per essere lei fra l'altre discipline
non solo alla contemplatione utile (sì come Boetio afferma), ma anchora allo operare di
grandissimi effetti necessaria, donde aviene che se la prudenza, perciò che ricerca
la verità, et giustitia, perciò che l'essequisce, sono celebrate, questa che del l'una et
del'altra fa l'effetto, tutte scienze che solamente contemplano et tutte l'altre arti che
solamente operano vence di autorità et di chiarezza. Appresso, per essere antiquissima,
tanto di honore le si può dare quanto ad alcuna altra scienza, perciò che non solo a'
tempi di Troiani, iquali senza dubbio sono antiquissimi, era in pregio, sì come per
Homero nel l'Iliade et nel l'Odissea si comprende, ma per lo adietro di tre età che
successivamente succedettero in stima grande ritrovossi: per la prima in Orpheo, per
l'altra in Amphione et per la terza in Harmonia, moglie di Cadmo. Harmonia tanto seppe
ben sonar la piva che non mancano autori, li quali dicono quella concordanza di
differenti voci, che noi chiamamo harmonia, da lei haver pigliato il nome. Amphione al
dolce [s1523: page 10]suono della sua lyra edificò le mura [s1529: page 10]di Thebe, et
inventore della musica et figliuolo di Giove fu reputato. Orpheo et di un dio, cioè di
Apolline, et di una dea, cioè di Calliope, principe delle Muse, si credette esser nato, non
per altro, se non che nell'età de' padri di que' duchi et signori, che a Troia per la rapina
d'Helena fecero guerra, hebbe la melodia del suono et del canto così piena et perfetta,
che non solo hebbe forza di muover le genti humane, che con ragione si governano, ma
le fiere et gli uccegli, anchora che manchino di ogni ragionevole discorso, ma gli arbori
et sassi, l'aque et li venti, che ragione non hanno né sentimento, ma esso inferno, ove
non è redentione; in tanta stima venne che gli iddii immortali et celesti godevano d'esser
celebrati col suo canto. Et Baccho sdegnato, che da lui per dimenticanza senza laude fu
lasciato, quando ridomandò la moglie Eurydice a Plutone, cantava in honore di tutti gli
iddii, nel monte Pangeo gli mandò contra le sue Bacchanti, le quali con grande infamia
di tal divinità indegnamente tutto il lacerorno, benché dopo la morte non li mancasse
l'autorità, perciò che la lyra a Giove et ad Apolline fra le stelle fu riposta. All'altre parti,
raccolte dalle Muse, fu data honorata sepoltura. La testa, che dal monte nel mare gittata,
et dal l'onde all'isola di Metelina regittata da gli habitatori era stata sepolta, si tiene che
fusse cagione, che per tal beneficio divenissero tutti ingegnosissimi all'arte della musica.
Ma che bisogna mostrare la antichità nella persona di alcuno? Timagene, greco autore,
afferma che di tutti gli studii litterali la musica è antiquissima. Da molto è la musica in
due modi, per dilettatione grande, et per utilità incredibile che da lei nasce. Che sia
dilettevole et gioconda, assai chiaro argomento ne fanno tanto i Romani quanto i [s1562:
page 6]Greci, appresso i quali negli conviti si portava la lyra, con la quale si cantavano
le virtù et glorie de gli huomini forti, secondo la quale usanza Ioppa da Virgilio,
Teutrante da Silio [s1539: page 6]Italico, Appolline con le Muse et Phemio et Demodoco
da Homero, Chirone et Orpheo da l'autore de Gli Argonautici, et altri da altrui sono
introdotti nelle cene a sonare et cantare. Et Themistocle Atheniese, per ciò che già la
recusò, fu biasimato per indotto. Per lo contrario, Epaminonda Thebano riportò gran
laude, per ciò che sapeva di cithara et accordava bene le voci al suono. Vediamo
anchora molte volte che gli animi afflitti et mal contenti, se da qualche musicale
soavità in qualche modo non si recreassero, agevolmente inanzi il tempo
mancarebbeno, di che ben parla l'ingegnoso Ovidio nel quarto delle
sue Mestitie:Se vitio [s1523: page 11]alcuno (dice) sarà nelle mie opere, iscusalo
appresso te, o lettore, il suo tempo. Io era in essilio et cercava [s1529: page 11]riposo et
non fama, a cioché la mente non fusse sempre intenta alle sue calamità.Et quanto
seguita lungamente, per le qual cose appare, che non hanno mal parere quelli che
pensano la musica a noi per dono dalla natura essere stata conceduta, a ciò che meglio si
possino tolerare et durare gli affanni di questa travagliata vita. Non di meno di più sano
giuditio sia, chi la crede esser grata alle menti humane perciò che in essa riconoscono il
lor principio, affirmando Platone nel Timeo che l'anima nostra è composta di numeri
musicali, come anchora li Pythagorici affermano che 'l mondo è composto di ragione
musicale, del quale l'huomo sia imagine, et per tanto venga detto microcosmo, che
suona in nostra commune lingua "piccolo mondo". Ove risguardando i Romani,
haveano costume di celebrare l'essequie de' morti con suoni di trombe et altri stormenti,
i quali però funerali addimandavano, non per altra ragione, se non che pensavano le
anime nella loro origine, cioè nel cielo ritornare, al quale per mezzo del l'harmonia
facile fusse il transito. Et per simil cagione nel celebrar de gl'hymenei nottiali usavono
pur suoni per auspicio della creatione del l'anime, del quale effetto le nozze sono
mezzano istromento. Prendi la confermatione nelli piccoli fanciulli. Non parlano
anchora, non intendono chi parla; sono di quel puro intelletto da niuna impressione
segnati, il quale il Philosopho assomiglia ad una tavola rasa, ove nulla sia scritto. Non di
meno, quando piangono, se per caso odono qualche voce soave, tantosto s'acchetano et
stansi consolati; quando sono ben cheti et allegri, se aspro suono loro offende gli
orecchi, subito a stridere et star sconsolati. Perché? Perciò che se ben alcuna altra
cognitione non è in loro, non manca però la natura, che di similitudine s'allegra et
abhorrisce il contrario. Alla fine anchora gli animali irrationali mirabilmente si
dillettano in musica, parte in udirla, come cervi, delphini, elephanti et gran parte di
augelli, parte in essercitarla, come cygni et lusignuoli. Segue all'infinito piacere et
diletto che della musica nasce, una inestimabile utilità che all'animo et al corpo
s'estende. Et che sia utile a l'animo, potrei adducere in mezzo molti essempi, come di
Empedocle, che mutata una modulatione, temperò l'ira di un furioso giovane
tauromenitano ebrio, incitato dal suono phrygio a volere ardere la casa ove una sua
amica col rivale era rinchiusa: col sostituito spondeo lo placò et a miglior mente lo
ridusse; come tutti gli Pythagorici, e quali commoveano et acchetavano gli [s1523: page
12]animi et a' buoni costumi colla musica gl'indirizzavano, et allor imitatione
Theophrasto, che a tor via le passioni del l'animo commandava apporsi le pive. Ma fra'
molti [s1529: page 12]memorabili essempi di uno del popolo di Arcadia mi voglio
contentare, del qual Polybio, gravissimo historico, è autore:(dice egli) la musica essere
utile a tutti gli huomini, ma a gli Arcadici necessaria, sì per le continue fatiche di quella
gente in lavorare i campi, et durezza et asprezza di vita, sì per la austerità di costumi,
che gli sopraviene per il freddo et malvagità del aere, al quale per necessità simili siamo
prodotti, perciò da principio gli lor fanciulli da pueritia s'usavano nelli canti de gl'hynni
peani, co' quali secondo l'usanza della patria solevano lodare i genii, heroi et iddii. Poi,
instrutti nelle discipline di Philosseno et Timotheo, facevano giuochi annuali in honor
del dio padre Baccho con balli et canti. Ifanciugli facevano giuochi chiamati puerili, i
giovani giovenili. Tutta la lor vita al fine è conversa in tali canzoni, non tanto che si
diletteno di udire modulationi, quanto per essercitarsi insieme cantando. Oltra di ciò, se
un huomo non sa qualche cosa nell'altre arti, non gli è vergogna, ma che uno huomo non
sappia la musica, non è possibile, perché è necessario impararla, et confessare di non la
sapere si tiene per cosa vituperosissima. Ultimamente e giovanetti ogn'anno spettacoli et
giuochi alli suoi cittadini fanno nelli theatri con balli et canti. Così prima gli Arcadici
introdussero tutte le cose dette di sopra, di poi gli [s1539: page 7]communi conventi, et
moltissimi sacrificii, ne' quali si congregavano maschi et femine; in ultimo gli chori di
damigelle et fanciulli, le quali cose tutte fecero a questo fine, accioché quello, che era
duro per natura ne gli animi loro, per consuetudine si mitigasse et venissi piacevole. Ma
li Cynethesi in spacio di tempo havendo cominciato a sprezzar questa usanza, la quale a
loro, più che ad altri, era necessaria, come habitanti nella più fredda parte di
Arcadia, [s1562: page 7]voltati a cupidità et ambitione, in breve vennero in tanta fierezza,
che in niuna città di Grecia si faceano maggior sceleratezze o più frequente crudeltà. Et
per tal perversità tutti gli altri popoli di Arcadia havevano in odio la vita et costumi
loro.Tanto et più recita Polybio nel quarto delle sue Historie dintorno l'immenso
frutto che dalla musica al popolo arcadico venne, contra la falsa openione di Ephoro,
che nel proemio del l'Historie diceva la musica essere stata trovata ad ingannare et
beffare gli huomini. Et a questa musica disciplina de gli Arcadici havere havuto
riguardo Virgilio, si giudica dalli dotti quando nell'Egloga Galla dice:Voi Arcadi
cantarete alli vostri monti, [s1523: page 13]Arcadi soli dotti a cantare.Che sia giovevole
& salutifera all'infirmità corporali, queste memorie in fra l'altre noi habbiamo.
Xenocrate con organiche modulationi liberava i spiritati. [s1529: page 13]Asclepiade col
canto delle trombe a' sordissimi l'audito, con altra symphonia a' phrenetichi la mente
restituiva. Thaleta Candiotto colla soavità della cithara la pestilenza da Misithrà
discacciò, et Terpandro il partiale tumulto ne remosse. Ismenia Thebano col canto della
piva a più Beotici sanò le sciatiche, la qual cosa se ad alcun pare impossibile, legga
Aulo Gellio nel quinto delle Notti attiche et intenderà la ragione perché può essere, per
modo che parerà meno miracoloso, se Timotheo con modulatione
concitò Alessandro Magno a prender l'arme in mano, come fusse presente il nimico che
a morte lo sfidasse; et concitato che l'hebbe, immantenente con altro tuono molle et
quieto lo placò. Et più credibile sia se il citharizzante Davit (come si ha nel
sacro Vecchio Istromento) 'Istromento' i.e. 'Testamento'. , il re Saul si recreava dal furor della
pazzia, dal qual spesso era occupato. Aggiunge che secondo Vitruvio, l'architettore
senza musica non sarà perfetto, la qual precipuamente è efficace alle temperature di
baliste, catapulte, scorpioni et machine hydrauliche; secondo Hierophilo et Erasistrato,
il medico, per li polsi, che a comparatione di numeri si considerano. Et secondo Platone
la musica è necessaria all'huomo civile da lui detto politico. Da Platone non discorda
Aristotele, il qual nelli Politici libri è autore la musica essere collocata tra li studii
liberali, la qual insieme con le lettere et con la lotta li giovanetti alli tempi antichi
usavano imparare. Et se vogliamo (dice il medesimo) vivere in quiete, dobbiamo havere
con noi la musica, la quale è di natural piacere, procedente da cose giocondissime, per il
che et Museo dolcissima la disse essere alli mortali. Il grammatico senza musica non
può esser compiuto, bisognandoli (come testimonia Quintiliano) che sappia cantare
i versi a tempo et misura, di che la musica è maestra. Et quel che del grammatico si
dice, sia detto del poeta, sia detto del oratore. Essendo li numeri antichi mal composti et
quasi rustichi, la poetica (dice Censorino) uscì fuora più affettata et più modulata, quasi
una legittima musica, la quale con metrica modulatione polisse l'asprezza et il tutto
facessi bello. Ma sopra tutti, quelli poeti abbracciaro li rhythmi et numeri musichi et
piedi, che lyrici furo cognominati, perché li loro versi attamente si cantavano alla
lyra, de' quali tanta fu la copia, tanto fu il numero appresso li antichi, che Cicerone
niega dovergli bastare il tempo a leggere tutti li poeti lyrici, anchora che l'età gli fussi
duplicata. De' piedi et numeri che segue l'oratore, Diomede et [s1523: page 14]Probo,
grammatici, et Cicerone nell'Oratore, et altri copiosamente ne trattano, appresso quelli
il studioso lettore ne potrà leggere. Noi solo questo toccheremo, che Gaio Graccho,
chiarissimo [s1529: page 14]oratore de' suoi tempi, quando orava al popolo, teneva un
musico dopo le spalle, che con una fistola occultamente gli dava i modi della pronontia,
hora remessi, hora concitati. Ma che più parole? Che più essempi? Il sopra citato
Quintiliano afferma che la musica dà la perfettione a tutte l'altre sue sorelle
dottissime, et niuno può essere perfetto in qual vuoi del l'arti senza musica. Et Isidoro
conferma che niuno può essere senza musica, né ancho cosa alcuna. Et questo basti per
il valor della musica. Sarebbe anchora da dire del pregio, et in che riputatione et stima è
stata di continuo, sì privata, sì publicamente, tanto in guerra, quanto in
pace. Et veramente se in parte alcuna la musica è degna di laude, in questa è
dignissima, per modo che non se ne [s1539: page 8]potria predicare tanto che più non ne
restasse. Non di meno, perché per le parti di sopra tocche si può molto bene
conoscere che in ogni secolo da persone eccellenti d'imperio over di sapienza, appresso
ogni popolo et natione honorata si truova sommamente et appregiata, non
m'estenderò più in lungo; et sì come si scrive Pythagora dal piè solo haver
già raccolto quanta fusse la grandezza di tutto il corpo di Hercole, così lascierò io, che
ogni svegliato ingegno, se ben non è dotto in greco o latino, non però né dalle
Muse né dalle gratie alieno, da una piccolissima particella in altro proposito mostrata
faccia giudicio di tutto il resto. Et sapendo che la musica è nobilissima per antiquità et
per operatione, et potentissima per diletto et per utile, pensesi certo che anchora
honoratissima sia. Et per tanto grandi honori, grandi privilegii, grandi dimostrationi
sempre habbia recevuto, li quali io non dichiaro, né tengo che per humana voce si
possino mai dichiarare appieno; et solo le sacre Muse che il reverendo nome gli han
dato, a tanto ufficio dover essere sufficienti riputo.
[s1562: page 8]
Ad ogni suono, il quale è materia delle cantilene, è manifesto la natura essere triforme. La prima è harmon
composta di canti delle voci; la seconda organica, la qual consiste di fiato; la terza rhythmica, la qual ricev
percussione delli diti, imperò che dalla voce si manda il suono, come per le fauci, cioè per la bocca, over p
la tromba et piva, over per impulso, come per cythara, over per qualche altra cosa, la qual percotendola è s
harmonica si appartiene a comedie, tragedie over chori, overo a tutti quelli, li quali cantano con la prima vo
percosso dal [s1562: page 10]spirito, dal qual son chiamate verba, cioè le parole. Propriamente la voce è de
animali irrationali, non propriamente il suono si dimanda voce, come in quel luoco:La voce della tromba fe
altrove:Le voci rotte nel lito.Il suono si domanda voce imperò che questo è il proprio, comeGli scolgi del l
suonano.Harmonia è modulatione di voci over coattatione di più suoni. symphonia coiè consonanza Symphonia è
modulatione di grave et acuto, di suoni concordanti, o nella voce, o nel fiato. Per questa symphonia certam
19]la voce più acuta o più grave si concordano per tal modo, che ciascuno, il quale si discorda da [s1529: pa
offende il senso dello auditore, della quale è contraria la Dyasphonia, disonanza dyasphonia, cioè la voce discre
dissonante. euphonia. Euphonia è suavità di voce; questa appresso altri autori si domanda melos. Diastema. Di
di voce di dui over più suoni, imperò che la differentia della harmonia è quantità, la qual consiste nello acc
della voce, le generationi della quale li musici hanno diviso in quindeci parti, delle quali il primo si doman
l'ultimo si domanda hypodorio, di tutti gravissimo. Canto è inflexione di voce, ma il suono è diretto et il su
canto. Arsis, et Thesis. Arsis è elevatione di voce. Thesis è positione di voce. Soavi voci sono sottili et spesse,
acute. Voci di più sorte cioè.
Perspicue.
cieca.
sottile. Vinola.
Pingue. Perfetta,
Acuta. alta,
Dura. soave, et
Aspra. chiara.
Voci perspicue sono quelle le quali più da lunge sono tirate, per tal modo che incontinente empiono, come
trombe. Voci sottili sono quelle nelle quali non è spirito, come sono le voci delli fanciulli over donne o inf
nelle chorde, le quali per essere sottilissime, rendono voce sottile et tenue. Voci pingui et grasse sono quell
spirito esce fuora, come è la voce de gli huomini. Voce acuta sottile et alta, come vediamo nelle chorde. Vo
la quale violentemente manda fuora li suoni, come il suono de gli troni et delle ancugini, qualunque volta c
percuote nel duro ferro. Voce aspera et rauca è quella, la quale si disparge per minuti et dissimili polsi. Vo
quale subito che è mandata fuora, s'accheta et tace soffocata, et più da lunge non si produce, come è manife
terra cotta. Voce vinnola molle et flexibile. E' detta vinnola a vino, cioè a cicinno, quasi il ricciuolo mollem
perfetta alta, soave et chiara; alta, acciò che in soblime sia sofficiente; soave, acciò che li animi delli audien
accarezzi; chiara, acciò che empia gli orecchi. Se di queste alcun mancherà, non sarà detta perfetta voce. L
divisione organica è in quelle cose, le quali sono compite di spirito reflante in suono delle voci che sono an
trombe, calami organi, et altri simili istromenti.
Organo Organo è vocabulo generale di tutti li vasi musici al quale si pone li mantaci, costituito nella Santa M
honore dello onnipotente Iddio et della Sua Madre gloriosa. La Tromba di Girollamo tromba pr
gli Tyrrheni, cioè dagli Toscani, come Virgilio dice:Il suono della toscana tromba mugghiava per l'aere.Si
nelle battaglie, ma in tutti li dì festivi, per [s1539: page 11]la chiarezza delle laudi et della allegrezza. Per ciò
dice:Cantate nel principio del mese colla tromba nel dì nobile della vostra [s1523: page 20]solennità,perché
agli Giudei che in principio della luna nuova sonassino con la tromba, la qual cosa fanno anchora fin qui.
Le Pive pive forno [s1529: page 20]ritrovate in Phrygia. Queste lungo tempo si usavano
sepolture de gli morti, et incontinente se usorno ne gli sacrificii de' gentili. Tibia Tibie sono state nominate
tibie, cioè de gli ossi del stinco di cervi o di grue si facevano. Di poi abusive così cominciorno ad essere ch
al presente, benché non si facciano di quegli ossi; non di meno resta il nome, et di qui è derivato tibicen, ci
suona la tibia. sampogna, o Calamo Calamo è canna, la qual ha li spatii fra' nodi minuti, lunghi et dritti, il q
concavo, né havendo punto di charta, né di carne, è utilissimo (come scrive Plinio) alle sampogne, et perciò
greco syringa, che fistula Hieronimi. fistola significa in latino. Fu la sampogna invention di Pan,
qual non potendo goder viva l'amata nympha Syringa, essendo quella (come canta Ovidio) mutata in canne
in compagnia, sette calami dispari colla cera aggiunse, et syringa dalla nympha, cioè sampogna, chiamolla
in musica è specie di symphonia, et è una generatione di legno fragile, del quale si compongono anchora le
tibie. Pandura Pandura secondo Giulio Polluce è istromento trichordo ritrovato dalli popoli di Assyria. Marti
libro di Musica l'attribuisce al dio Pan. Choro
Choro secondo san Girolamo è istromento musico di semplice pelle composto con due canne di ferro, per l
manda il fiato dentro, per l'altra esce fuora la voce. La terza, chiamata rithmica, è quella laquale appartiene
polsi, alla quale si danno le specie varie, cioè cithare, psalterii, tamburo, sistro, acettabuli di rame et di arge
istromenti, li quali con rigore metallico percossi rispondono con soavità. Tubal secondo gli Hebrei fu inven
et del psalterio. Secondo la openione de gli Greci, l'uso della Cythara per la quale è intesa l'Arpa
cithara fu ritrovato d'Apolline. La forma della cithara da principio fu simile al petto
humano, dal quale così come la voce procede, così da quella procede il canto, et per
questa [s1562: page 11]cagione è stata domandata cithara, perché il petto secondo la
lingua dorica si domanda cithara. Sono state più specie di cithare, come psalterii, lyre,
barbyti, phenici et pettidi, et quelle le quali sono dette indice sono sonate insieme da
dui. Anchora sono alcune altre di forma quadrata o triangolare Psalterium decachordum
chorde, et fu il primo che strinse il suono nelle chorde et nervi. Psalterio Psalterio,
il quale dal volgo si domanda cantico, è nominato da psallo, cioè canto, perché alla voce
campanella che chiama il popolo alla chiesia. Et perché parlando del Tamburo
tamburo, havem fatto mentione della symphonia, quella non è sorte di organo, come
alcuni Latini malamente pensano, ma un choro che cantano insieme in laude d'Iddio, et
questo si significa per il vocabolo, perché symphonia quid sit. symphonia si exprime in
latino consonanza, derivata da syn, cioè insieme, et phoni, voce. Nondimeno al tempo
nostro dal volgo Symphonia symphonia si domanda un legno cavo da tutte due le parti,
con una pelle distesa, la qual li musici percuotono di qua et di là con le bacchette, et si
fa in quella dalla concordanza del grave et dello acuto soavissimo canto. Aliud Psalterium
Havendo di sopra raccolte assai convenevolmente alcune lode della musica, & quanto sia nobile et efficace
parti (per non esser troppo lungo) lascierò, ché ognuno da sé stesso considere quanto pregio et honore gli s
con quella brevità sia stata possibile traccorsi li suoi inventori, et a che tempo sia stata ritrovata, oltra ciò a
sue parti, dobbiamo hora sapere che la presente opera nostra ha il suo fondamento sopra la musica harmon
mi par ridire quegli primi principii che da noi nel primo de l'Institutione harmonica in latino son stati dichi
dunque et presupponendo, che coloro dalli quali serà letto il nostro Thoscanello, ché così ho voluto farle il
della terra patria & nativa, non habbiano bisogno di tal intelligenza, le altre parti et precetti dichiararò che
l'harmonica scienza più utili et alla prattica nostra saranno necessarii. Ma conciosia che in tutti li canti misu
modo, tempo et prolatione, volendo conoscere quello che li detti importino, necessaria cosa è sapere la diff
ciascuno, cominciando dal primo. Dico il Modo modo essere una certa quantità di lunghe et brevi considera
maxima et lunga, secondo la divisione ternaria et binaria. Ma perché sotto questa diffinitione si comprendo
delle quali l'una è maggiore di quantità che l'altra, però si divide il modo in maggiore et minore. Il modo m
serà quando nelli canti si ritruova la maxima valere 3 lunghe, dal qual numero anchora detto modo serà chi
questo valore si dimostra et discrive con le virgole over pause insieme poste, lequali occupano tre spatii ov
le quali pause o virgole, ovunque seranno preposte, notificano la maxima valere tre lunghe, le qua
essere del valore di tre brevi et di due, come per le pause appare. Modo maggiore perfetto.
L'imperfetto modo maggiore è considerato anchora esso nella figura maxima, et è quando detta figura è di
lunghe; et questo si conosce per la privatione delle sopradette pause, overo quando si troveranno duplicate
quali occupeno tre spatii o ver dui, come qui Modo maggiore imperfetto.
questo però non di necessità, ma secondo l'occorrenza delle compositioni, non essendo
congiunto il modo minore perfetto con il maggiore imperfetto, della qual congiuntione
più inanzi si parlerà.[s1529: page 23]
minor perfetto, et se di dui, imperfetto Modo minore perfetto Modo minore imperfetto
. Et nota che li musici hanno ordinato che tal modo resti nel esser suo,
avenga che le brevi contenute in quello fussino di quantità variate, sì come più apieno di
poi si dichiarirà. Et perché anchora non sia dubbio quando detto modo minore sia
perfetto o imperfetto, si hanno a considerare le pause over virgole di sopra figurate, cioè
se quelle occupano dui o tre spatii, però che occupando tre spatii, dimostrano il modo
minore perfetto, et se dui, il minore imperfetto. Questo medesimo modo si usita dalli
compositori dimostrare alcuna volta con una sola pausa di lunga di tre spatii, come qui.
Per tanto, ritrovando detta pausa delli tre spatii, farai il medesimo giuditio circa la
perfettione di detto modo minore.
[s1539: page 13]
quella inchiusa nella perfetta breve è parte terza della sua quantità. punto mezza
parte della breve per causa del tempo imperfetto. punto 3a parte della breve per causa del tempo perfetto.
sequenti, , . Prolatione
[s1523: page 25][s1539: page 14]Et perché io considero esser cosa utile al prattico cantore
non solo havere notitia delli modi per sé soli, ma anchora accompagnati con il segno del
tempo et prolatione, per tal rispetto mi affatico per coloro, li quali forse non hanno
questa prontezza, con quella facilità che a me sarà possibile, discriverrò et dimostrerò la
cognitione di tal valore, imperò che prima da noi saran posti li segni delli modi per
sé soli di sopra dichiarati, et quanto sia il valore delle sue note perfette et imperfette. Da
, ,
Volendo adunque il cantore conoscere la valuta delle figure di uno canto qual fussi
senza segno di tempo o prolatione, ma che havesse le pause che dimostrassino il modo
maggior & minore perfetto come qui, ogni maxima è perfetta, et valerà tre
lunghe, 9 brevi over tempi, semibrevi 18 et minime 36.
Così la lunga valerà tre brevi, 6 semi. et minime 12.
La breve valerà 2 semibrevi et minime 4.[s1562: page 14]
La semibreve valerà 2 minime.
Et questa quantità si vede, perché qua resta ogni tempo et prolatione imperfetta.
§ Anchora volendo sapere la valuta delle note del modo maggior perfetto semplice qual
si conosce per le tre virgole over pause insieme messe di dui spacii, come qui,
avertisca che in esso modo la maxima valerà 3 lunghe, brevi 6, semibrevi 12.[s1523:
page 26]
Così la lunga valerà 2 brevi, 4 semibrevi et minime 8.
La breve valerà 2 semibrevi, 4 minime et semiminime 8.
La semibreve valerà 2 minime et 4 semiminime.
§ Nel modo maggiore imperfetto, la maxima valerà 2 lunghe, 6 brevi, 12 semibrevi et
§ La maxima nella seconda figura del modo maggior perfetto valerà 3 lunghe, la
lunga 2 brevi, la breve 3 semibrevi, la semibreve minime 3;
tre lunghe, perché la maxima è perfetta;
due brevi, perché la lungha è imperfetta;
tre semibrevi, perché la breve è perfetta;[s1523: page 27]
tre minime, perché la semibreve è perfetta.
per la 3a figura.
[s1529: page 28]§ La maxima del modo minore imperfetto, over secondo il volgo detto
per mezzo, val due lunghe, brevi 4, semibrevi 12, minime 36;
due lunghe, perché la maxima è imperfetta;
brevi 4, perché la lunga è imperfetta;
semibrevi 12, perché le brevi son perfette;
minime 36, perché le semibrevi son perfette, come la figura dimostra.
PRIMA DIMOSTRATIONE.
TERZA DIMOSTRATIONE.
QUARTA DIMOSTRATIONE.
[s1539: page 19][s1562: page 19]
Poi che noi habbiamo dimostrato la cognitione del modo, tempo et prolatione secondo li
moderni, parmi cosa conveniente dimostrare alcuni altri modi et segni dissimili
occorrenti al prattico secondo l'uso delli antichi, imperò che alcuno di questi anchora si
ritruova, per la qual cosa il primo è da notare, che per il circolo et semicircolo dinanzi
posto a due cifre numerali, li antichi musichi intendevano il modo maggiore, poi per la
prima cifra il modo minore et per la seconda il tempo, come
si vede: 3,
2, 3, 2, li quali al presente
poco si usano. Non dimeno il tutto sia in tuo arbitrio.[s1523: page 34]
la qual cosa si conferma la antica regola dalli musici data, cioè che una nota
simile inanzi a una altra a sé [s1539: page 20]simile mai non può essere
imperfetta, intendendo quelli la similitudine non secondo il colore, ma secondo la
forma, benché alcuni impropriamente rompano tal regola, ponendo inanzi due simili una
minor con il punto inanzi posto, pensando che detto punto habbia forza di imperficere
tal prima nota. Ma quanto siano lontani [s1562: page 20]dalla verità et dalla commune
openione delli antichi musichi, questo lo dimostrano, però che sela imperfettione ha
luoco in tutte le minori figure, non havendo la perfettione osservata in le simili, sarebbe
da meno che detta imperfettione. Et in questa similitudine s'inchiudono anchora le
pause, le quali saranno nel secondo modo per noi inanzi detto, perché trovando la
maxima davanti alle tre pause dimostrative il modo maggior perfetto, o siano pause di
tre tempi o dui, per esser dette pause la quantità et valore d'una figura maxima, restano
simili a essa figura, et per consequente detta maxima è perfetta. Così la lunga del modo
minor perfetto appresso la pausa delli tre tempi, o dui, sempre
sarà perfetta, benché alcuni a questo siano contrarii, cioè che essa lunga nanzi la pausa
delli dui tempi nel modo minor perfetto antedetto [s1529: page 37]non sempre sia
perfetta, per molte cause quali (per non essere prolisso) lascieremo. This sentence seems to be
a response to a criticism contained in a letter sent to Aaron by Giovanni Spataro, dated February 1523. See Bonnie
J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford,
Nondimeno quello che a te più piace osserverai. Adunque la breve et
1991), p. 245.
semibreve del tempo perfetto et prolation perfetta nanzi la sua simile figura o sia pausa
a sé equale [s1523: page 35]sempre sarà perfetta. Il terzo modo è che ogni maxima di
esso modo maggior perfetto, havendo appresso a sé un punto, tal punto è la
reintegratione et augumento di una parte terza, laquale reintegratione dimostra che essa
maxima è di quantità perfetta over di tre lunghe, come fu detto di sopra. Onde questo
medesimo si concede alla lunga del modo minor perfetto, et il simile alla breve et
semibreve del tempo et prolation perfetta, come manifesta la figura presente, nella quale
non s'è havuto riguardo al numero delle note negre, ma solo alla brevità, come
examinando vederai.
Il punto quantunque sia di forma in apparenza minima, in potenza è grande, del quale
non si può dare in musica risoluta et ferma quantità né valore, imperò che essendo
avanti o di poi posto alle figure cantabili, et perché in dette figure è differenza, ha
diverso significato di forma et quantità. Onde tal punto di necessità bisogna che
dimostre varii effetti, perché essendo dopo la massima aggionto, gli accresce la
quantità di quella di mezza parte, laquale è una lunga, et alla lunga una breve, et alla
breve una semibreve, et alla semibreve una minima. Per tanto (come è detto) esso punto
ha di natura varie quantità, ma una sola forma et segno. Et per tal causa nasce che 'l
detto punto si chiama hor di perfettione, hor di divisione et hor di augumentatione. Il
punto di perfettione è quello, il quale è posto apresso le note sottoposte al [s1529: page
40]segno di perfettione, come la breve del tempo perfetto, overo appresso di una
maxima o lunga del maggior modo et minor perfetto, o di una semibreve di prolatione
perfetta, come appare al cap. della perfettione di sopra detto, sì che il punto posto dopo
la breve del tempo perfetto sarà chiamato Punto di perfettione punto di perfettione, come
qui, perché numerando queste alla breve, si dice due, et alla sequente
semibreve una, che fanno insieme giunte tre, ma numerando questo alla breve, non
si dirà due et al punto una, ma si nomina essa breve con il punto, dicendo tre, come se
fusse una breve la quale senza alcuno segno [s1539: page 22]accidentale per sé fusse
intera et perfetta, come qui. Per tanto esso punto è detto di
perfettione, perché dimostra che tal figura dal compositore è preservata intera et
perfetta, perché senza il punto forse sarebbe da una sequente semibreve fatta imperfetta,
come comanda il precetto della imperfettione. Sogliono alcuni intendere tal punto essere
il valimento di una semi[s1523: page 38] breve cantabile, et forse anchor si pensano che
siano cantabili li punti dopo tal note, a li quali si risponde che se tal punto fusse inteso
tal processo et figura. Ma dico che quel punto in tale essempio è superfluo,
essendo dallui posto per punto di perfettione, perché il punto della perfettione è quello,
il quale senza tal punto, la nota alla quale esso punto è di poi posto resta imperfetta. Per
tanto, se in tal figura sarà levato quel punto, la breve resterà così perfetta senza punto,
come si faccia col punto. Dico adunque che il punto della perfettione non è
quantità né parte del tempo, ma solamente è segno, acciò che il cantore comprenda che
la nota che ha il punto dopo sé è conservata dalla imperfettione. Et per tal causa la
seconda semibreve sarà in questo essempio alterata, et non in questo.
Adunque tal punto mai non è cantato, né anchora è valore di semib., ma (come ho detto)
sta come segno dimostrante la [s1562: page 22]perfettione alla breve, la quale forse saria
diminuta et imperfetta di una semibreve sequente, o suo valore. La consideratione
del Punto de la divisione punto della divisione si manifesta nelle compositioni del modo
maggiore et minor perfetto, anchora nel tempo et prolatione perfetta, perché trovandosi
il modo, tempo et prolatione diminuti della sua terza parte, et bisognando il favore a tale
reintegratione, è stato necessario havere stabilito tal segno a riducere la quantità ternaria
secondo la natura et forma delle note. Et perché il punto molte volte varia nella sua
divisione, ti avertisco che il punto di sopra detto dopo la sua divisione
può imperficere et alterare, perché [s1529: page 41]trovando la presente figuratione,
. , la terza
lunga sarà alterata. Ma non havendo il sopra detto punto, quelle tre lunghe resteranno
nel suo proprio valore. Et anchora la prima maxima sarà perfetta, se inanzi da altra nota
non sarà impedita. Così la maxima seconda potria restar perfetta, se dopo lei non
seguisse altra nota minore di sé, come qui,
La natura et quantità delle figure over note negre è che ciascheduna figura composta di
numero ternario, essendo di color pieno, resta diminuta di quantità di una terza
parte, come sarà della maxima del modo maggior perfetto et della lunga del modo minor
perfetto, della breve del tempo perfetto et della semibreve di prolation perfetta, dalle
quali figure, per cagione del colore, sarà extratto dalla loro quantità una terza parte
secondo la forma [s1529: page 44]et valore di esse note, come è della maxima nel modo
maggior perfetto, qual vale tre lunghe, ma se essa è fatta negra, perderà una lunga. Et
essendo tali lunghe di tre tempi perfetti formata, sarà di quantità di semibrevi 27. Per
tanto, diminuta della sua terza parte, ne resterà 18 semibrevi. Ma se sarà formata di tre
tempi imperfetti, non vagliono più di deciotto semibrevi, et essendo diminuta del terzo,
chiaro è che ne resta solamente dodeci. Questo anchor nella lunga del minor modo
perfetto debbi considerare, la quale essendo composta di tre brevi
perfette, vale 9 semibrevi, et perdendo per la negreza il terzo, resta in semibrevi 6. Et
non essendo la breve ternaria, valerà 6 semibrevi, et per il colore perdendo il terzo, resta
in 4 semibrevi. Ma nota che tal diminutione della terza parte nelle note negre non solo si
truova quando la maxima vale 3 lunge et la lunga 3 brevi, ma anchora nelli segni che
nella Practicaa Libro secondo captitolo 6 et in Angelicum opus dice la metà Anchora ti avertisco che
Ritrovasi nelli canti figurati la breve piena in cinque modi, cioè nel modo minor
perfetto, tempo perfetto, tempo imperfetto, prolatione perfetta et in sesqualtera
proportione. Et prima nel modo minor perfetto, quando troverrai le brevi negre
accompagnate con le lunghe negre di detto modo, le quali brevi non perdono parte
alcuna, per essere in tal luogo [s1529: page 45]di natura imperfette, ma sono
così descritte per reintegrare la quantità del minor modo perfetto, qual mancheria nella
dimostratione delle lunghe negre, le quali figure non son concedute doversi trovare
senza numero finito, sì nel modo come nel tempo et anchora ne la prolatione. Adunque
è di bisogno che tali brevi siano connumerate alle lunghe overo per sé sole in
quantità senaria, la qual quantità genera il modo perfetto. Et questo simile operano tali
brevi nel modo maggior perfetto secondo la sua forma. Il secondo modo è che ogni
breve negra sotto il tempo perfetto è diminuta di una terza parte, quale è una
semibreve, et questo per essere essa breve formata di numero ternario. Et così tutte le
semibrevi negre appresso esse brevi sono nella quantità, come se fussino vacue, ma solo
This example is unclear, both in the 1523 edition and in the revised version of the later editions.
The 1539 edition, held at the Bibliothèque Nationale in Paris, contains a corrected manuscript example which reads
compreso dalli ottimi musichi antichi che questo transito, et altri simili,
cantando la breve, non è poco faticoso. Et perché tal pausa di breve (come ho detto)
nulla circa la harmonia importa, hanno costituito et per precetto regulare ordinato che a
maggiore dichiaratione et facilità, tal pausa sia in due pause di semibrevi divisa, non
parimente poste, come qui per il qual modo sarà compreso et con
facilità cantato, perché chiaramente apparerà che la prima semibreve et la prima pausa
di semibreve empiono uno tempo, et che la seconda pausa di semibreve colla sequente
cantabile semibreve reintegrano uno altro tempo. Ma essendo posto come qui,
tale syncopa sarà superflua et frustratoria, et come termine da sophista et litigioso
inteso, perché qui appare la integrità del tempo unita, et non è, imperò che la misura di
esso tempo divide la pausa in due parti, la quale, perché (come ho detto) non frutta
altro che taciturnità et non harmonia, la musical diligenza, per tenere ordine et facilità in
cantando, non vuole che sia produtta integra, ma sia in [s1523: page 45]due pause di
semibrevi, non in una sola riga ma in diverse discritte. Per tanto si considera che la nota
syncopata non debbe ritrovare la pausa maggiore di sé, ma debbe trovare la figura
cantabile. Et per tal causa diremo essere una syncopa in nota et una in misura, come di
sopra è manifesto.
[s1529: page 48]
questo, , comparato a
questo, , è simile a quello di sopra, excettuando la
anchora di questo, 2. Et se
questo, , sarà comparato con
questi, , saranno
duplicate le note, cioè che questo, , harà ogni sua
questo, . Questi,
, , saranno dissimili nella battuta, cioè che di
compositori dimostrare questo segno, , nel quale ogni sua nota resta diminuta della
sua mezza parte comparato a questo, , come essaminando
troverai nelli canti. Alcuni altri hanno dimostrato tal segno, , comparato a
presenti, , , non si fa
differenza di altro che dalla breve perfetta alla imperfetta, et ogni altra sua nota sia con
equal misura pronontiata et connumerata, per consequente resta che qua non habbia ad
essere alcuna differenza, excetto della semibreve qual viene perfetta per vigore del
punto, et la breve viene augumentata delle tre minime, come
, , credo che dalloro tale cosa sia più presto stata fatta per
autorità che per ragione alcuna, imperò che li loro predecessori et maestri, come
Busnois, Ocheghen et Duffai, et altri assai, alli quali, per essere alli tempi loro stati
huomini famosi, hanno prestato grande fede, et per tanto hanno sequitato tal modo, il
quale modo, cioè di dare la misura [s1523: page 47]nella minima, non è
da vituperare, perché Bartholomeo Rami dice che tal modo di dare la misura nella
minima delli segni puntati è stato (come ho detto) osservato da Ocheghen, Busnois et
Duffai, et da Giovanni di Monte, suo precettore, et anchora da altri huomini in questa
facoltà famosissimi. Et aggiunge il [s1529: page 50]medesimo Bartholomeo Rami che
questo si può ragionevolmente fare, perché Busnois et li altri prenominati, liquali erano
huomini magni in questa facoltà, si fondavano nella antiquità, cioè in mathematica
ragione, la qual tratta di continua et discreta quantità, della qual quantità sì come la
discreta, la qual tratta di numeri, augumenta in crescendo, così la continua in dividendo
minuisce. Adunque, così come li antiqui ponevano la retta misura nella breve et lunga,
et alcuna volta nella maxima, laqual lunga et maxima nascono dalla breve molte volte
presa, così noi, dividendo il tempo overo la breve in parti, poteremo ponere essa misura
non solo nella breve, ma anchora nella semibre. et nella minima, le quali son figure che
dividono il tempo overo la breve in parti, la qual divisione dimostra che la continua
quantità non è di minor efficacia in canto misurato, che sia la discreta. Per tanto,
così come li antichi hanno usato dare alcuna volta la misura nella lungha et nella
maxima, le quali son figure che nascono dalla aggregatione del tempo, così per tal
ragione essa misura (dice) che si potrà locare nella semib. et nella minima, le quali son
considerate come parti del tempo. Ma circa quello che di sopra s'è opposto, cioè che
sì come tra questi segni, , ,
non cade altra differenza circa la battuta, ma sì nella quantità della breve, che anchora in
questo, . , o vero
così , o vero
così . . , et
in molti altri modi li quali possono accadere. [s1562: page 27]Similmente altro non
segni accade, , , et
dotto. Per tanto conchiudemo che in tali segni puntati cade la misura nella
minima quando in uno canto solo fusse una sola partita di esso canto, come il
tenore. Ma se tutte le parti del canto saranno per segno puntato segnate, si tenerà altro
ordine, perché allhora per una misura over battuta passerà una semibreve perfetta overo
tre minime, come da Ocheghen è stato osservato in una parte del Patrem della
sua Messa di L'ome armé.
Quadrata è detta per la sua forma, come qui, obliqua rispetto alla lunghezza sua,
come la presente dimostra, del che avertirai che nelle quadrate note, ogni quadrato
dimostra un corpo di una sola nota, ma la figura obliqua è di contrario effetto, cioè che
d'ogni corpo apparente il principio et l'extremo suo fanno due note, come esse fussino
distinte et separate. Legatura quel che sia Et non è altro la legatura che una certa quantità di
note semplici in sé raccolte, per la qual cosa è stato [s1523: page 50]necessario che
sia variato il nome et la sua forma, imperò che è ordinato [s1529: page 53]4 figure over
note potersi colligare, le quali sono maxima, lunga, breve et semibr., o siano ascendenti,
o discendenti. La ligatura adunque ascendente è quella, nella quale la seconda nota
sopra avanza et è superiore alla prima, dato che sia con virgola o senza virgola, come
qui, ma la discendente ligatura è quella, nella quale la seconda nota appare
inferiore alla prima, come qui, se bene ascendono o discendono, con virgola o
senza virgola, di contraria quantità et nome, perché trovando più figure, o note oblique,
o quadre, senza virgola ascendenti, se esse fussino ben mille, sempre saranno brevi, et
per il contrario, la prima et ultima saranno lunghe di forma quadra. Ma perché sempre in
questo mio Thoscanello mi sono affaticato con modi facili, per li quali a te non sia di
fastidio, non voglio meno operare nel presente capi. la dimostratione et prattica
necessaria a questo. Et prima nota nota che ogni virgola ascendente dalla parte sinistra,
ataccata alla nota quadra et obliqua, sempre dimostra la prima et seconda nota
semibreve, o sia ascendente, o discendente. Ma quelle del mezzo, oblique et quadre,
senza alcun dubbio saranno brevi, salvo che l'ultima discendente quadra, la
quale è lunga. Et se la virgola apparirà dal canto sinistro discendente con due note sole,
la prima sarà breve et la seconda lunga. Ma se saranno più di due, la prima et la seconda
saranno brevi, et se ascenderanno tutte, con virgola o senza virgola, saranno brevi. Di
poi, se la virgola sarà dal canto destro discendente o ascendente, questo non manca che
sarà maxima overo lunga. Oltra di ciò si truova anchora la presente figura, della quale
secondo la generale opinione si dice che la prima è lunga et la seconda breve, ma
ascendente come qui, si dice breve et breve, della qual consideratione si adduce in
contrario, perché tali figure discendenti et ascendenti come qui, non si dicono
altro che brevi, et le sequenti come qui, semibrevi, per la qual cosa si
risponde che nel primo essempio di sopra mostrato, per il fondamento delle presenti,
esse figure debbono essere simili di nome et quantità, imperò che non variando le dette
dinanzi ascendenti et discendenti, esse non debbono anchora esser variate. Non di meno
quello che a te piace osserverai. Ultimamente nel principio della figura sequente sono
alcune note in mezzo con la virgola appresso di alcuni chiamate lunghe, nelle quali
appare un punto in ultimo della sua virgola, et perché sono alcuni altri di contraria
opinione, , io ti pongo l'uno et l'altro essempio, fa' come a te piace.[s1523: page
51][s1529: page 54][s1539: page 30][s1562: page 29]
COLIGATIO NOTULARUM
[s1523: page 52]
[s1523: page 53][s1529: page 55][s1539: page 31][s1562: page 30]
SECONDO.
Se dolce et cara è la cognitione di tutte le cose, quella certamente debbe essere
soavissima et accettissima, la quale ne fa intendere con ragione la più dilettevole di tutte
l'altre arti et scienze che siano, per la qual cosa, havendo io (come penso) col divino
aiuto atteso et osservato già il mezzo della mia promessa, non posso fare che non
m'allegri et goda fra di me del mio porger mano (il che sia detto senza arroganza) a
qualche amatore di virtù, per modo che hoggimai colle santissime Muse et duca di loro,
Apolline, non dico in tutto da sé stesso, ma certo assai più leggiermente et con minor
fatica che prima potranno conversare. Là onde, fatti partecipi della musica et harmonica
facoltà, gratia et dono veramente celeste et divino, grati et di animo magno tal volta di
me ricordarsi et bene pregarmi non si sdegneranno; et avenga che io, come huomo atto
ad errare (ché solo la divina maiestà è senza errore) m'inganni et (dove assai habbia
promesso) poco attenda, non dimeno, per che con gran zelo et ardore di giovare alli
studiosi questa fatica ho presa, mi giova di darmi ad intendere che al manco per quel
buon volere, se non per l'effetto, li candidi lettori mi ameranno. Per tanto, non mi
essendo rincresciuta la fatica del antecedente libro, né quella del seguente mi sarà per
rincrescere, a te anchora, studioso lettore, non rincresca leggere questo con
attentione, del quale non minore utilità trarrai ch'abbi fatto del primo, anzi (per dire
il vero) molto maggiore et di più soblime effetto, perché in quello il modo di cantare hai
inteso, in questo quanto appartiene al modo di comporre sei per intendere, fra' quali
modi, cioè di cantare et comporre, quella comparatione potemo fare che fece
Themistocle, chiarissimo imperatore atheniese, fra Homero et Achille, facendo simile
Achille ad un vincitore di giuochi olympici, Homero ad un trombetta che le sue vittorie
predicasse, secondo il quale essempio potemo dire noi, che 'l comporre sia maggiore che
'l cantare, come che è maggior opera far la cosa, che publicarla, le quali cose espedite, a
questa nostra opera colla tua buona gratia daremo il desiato fine.[s1523: page 54][s1529:
page 56]
nasce dal fa di fa [s1539: page 32]mi a C sol fa, dicendo fa-sol & sol-fa; il
quintodecimo tuono da C sol fa a D la sol con tal discorso, fa-sol et sol-fa o vero sol-
la et la-sol. Il decimo sesto et ultimo tuono è da D la sol ad E la, con queste note, sol-
la et la-sol, come nella figura diatonica più facilmente intenderai, il qual tuono cade
nella proportione sesquiottava posta in questi numeri, otto a nove, overo altri
simili.[s1523: page 55][s1529: page 57][s1562: page 31]
dalla positione hypate hypaton, cioè mi, a quella di hypate meson, quale è
E la mi grave, essendo in esso hypate hypaton il segno di molle, nel quale sarà mutata la
syllaba o voce mi nella syllaba fa, et per consequente la voce mi di E la mi o vero
hypate meson sarà mutata nella voce fa, quello che di sopra è stato detto. Et questo
sempre nelli sequenti intenderai, perché dicendo fa in hypate meson, chiamato E la mi
grave, et discorrendo insino al luoco mese, chiamato A la mi re, è di bisogno porre in
esso mese il segno di molle; così anchora da trite synemmenon, quale è fa acuto, a nete
diezeugmenon, chiamato E la mi secondo, nel quale la sua nota è mutata nella voce fa.
Similmente sarà da nete diezeugmenon a nete hyperboleon, cioè A la mi re sopracuto, et
da fa ultimo insino ad E la, come nella sequente figura secondo che nella mano si
contiene troverai. Cade il tritono nella proportione 729 et 512.
Dimostratione del tritono.
da hypate hypaton a hypate meson, cioè mi et E la mi, con queste note, mi-
fa-sol-la, differente dalla prima forma di nome et compositione, perché procede per
semituono, tuono et tuono, overo per semiditono et tuono. Et similmente questa sarà
chiamata in ogni luoco seconda specie del dia tessaron. La terza et ultima figura harrà
principio da parhypate hypaton a parhypate meson, cioè C fa ut et F fa ut, con queste
syllabe, ut-re-mi-fa, procedendo per tuono, tuono et semituono minore, overo per
ditono et semituono, differente dalla prima et seconda specie, perciò che il primo
dia tessaron ha il semituono nel secondo intervallo, il secondo nel primo; il terzo nel
l'ultimo , come la sequente figura. Cade il dia tessaron nella proportione sesquiterza
presente, 4/3.[s1562: page 33]
Dimostratione del dia tessaron.
Due o più quinte, due ottave, due duodecime, due quinte decime et altre simili
incontrapunto sono tolerate, stando ferme in riga o in spatio, et in qualunche figura che
Due, tre o più consonanze perfette diverse una dopo l'altra insieme ascendenti o
discendenti possono in contrapunto tener luoco, come la quinta dapoi l'unisono overo
dapoi l'ottava, et l'ottava dopo la quinta, così il simile la duodecima dopo l'ottava, et in
altri medesimi modi, senza altra nota in mezzo. Come di sopra è detto, due quinte,
unisoni, ottave, duodecime et quinte decime sanza trammezzar di consonanze imperfette
non si debbono fare. Così anchora avertirai che mi contra al fa overo il fa contra al mi in
consonanza perfetta nel contrapunto non è conceduto doversi fare. Et ogni consonanza
che per te sarà pensata, fa' che inanzi ad essa consonanza preceda la più propinqua che
si truova, come la terza minore nanzi l'unisono et la terza maggiore nanzi la quinta,
così la sesta maggiore nanzi l'ottava; et così discorrendo per il medesimo modo
intenderai.[s1523: page 75][s1529: page 77]
DELLE CONCORDANZE IMPERFETTE IN
CONTRAPUNTO USATE. CAP. XV.
Le concordanze imperfette nel contrapunto sono diverse et dissimili dalle perfette
consonanze, perciò che (come di sopra è stato detto) più di una dopo l'altra consimile
movimento in un medesimo genere non è arbitrario, ma nelle terze, seste, maggiori et
minori, detto arbitrio è conceduto. Tre o più terze et seste una dopo l'altra
ascendenti o discendenti potrai porre. Et così intenderai delle derivate da esse overo
replicate potersi il simile in qualunche compositione che a te piacerà usare.
Possono essere anchora dette concordanze più di una o due poste in una riga o come ate
piace, dato che fussino maxime, lunghe, brevi, semib. et minime, come nella sequente
SE LA CONSONANZA O CONCORDANZA
E' NECESSARIA AL PRINCIPIO DEL
CANTO. CAP. XVII. This chapter is discussed in a letter written by Giovanni
Spataro to Aaron, dated 6 May 1523. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A
Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 103 and 291-296.
Considerano alcuni che il principio di ciascun canto debbia essere cominciato per
consonanza perfetta, non dimeno dico tal regola è al tuo beneplacito perché la quinta,
ottava, duodecima, quinta decima et altre simili, dato che in sé habbiano soavità
grandissima, sono a compiacenza del compositore circa al suo principio, ma nella fine
non già, [s1523: page 77]per che in ogni cosa [s1529: page 79]secondo il Philosopho la
perfettione è attribuita al fine, & non al principio. Adunque detto principio per
consonanza perfetta sarà arbitrario, et la fine necessaria. Anchora li antichi musichi,
dando l'unisono al tenore col canto, seguitavano la terza, dopo la quinta, dopo la quinta
la sesta, dopo la sesta l'ottava, dopo l'ottava la decima, et così in lungo andamento
procedevano. Et per il contrario il simil modo osservavano, cioè dalla decima in ottava,
dall'ottava nella sesta, dalla sesta in quinta, dalla quinta in terza et dalla terza
all'unisono, per il qual ordine facevano il suo concento overo harmonico canto. Et
perché manifestamente tal modo non si osserva dalli moderni, da noi sarà conceduto
libero arbitrio potersi fare dopo l'unisono la quinta, et dopo la terza la sesta overo ottava,
et dopo l'ottava la quinta, et (come a te piacerà) farai mutatione, perché si vede che
molti più begli et grati canti in questo modo son composti che non si fa in quello antico
ordine, nel quale l'huomo più stretto si ritruova. Et avertisci alli canti diminuti che
sempre la prima nota et ultima in uno discorso diminuto vuole esser concordante, et li
mezzi diversi alquanto con dissonanze, come il discorso naturale comporta, nel quale
per la velocità che in sé hanno le voci diminuite, essendo in essa alcune dissonanze, non
sono incommode allo udito del cantore. Et questo è il modo et ordine al presente
osservato, come essaminando li canti delli moderni potrai facilmente il tutto intendere.
mi, F fa ut, G sol re ut, A la mi re, fa mi & C sol fa, & del quarto in C sol
fa, D la sol re, E la mi, F fa ut, G sol re ut & A la mi re. Il quinto et sesto tuono sarà
formato di fa-fa et ut-fa, terza specie del dia pente et dia tessaron. Le sue cadenze
saranno in F fa ut, A la mi re, & C sol fa, il sesto in C sol fa ut, D la sol re, F fa ut, A la
mi re & C sol fa. Il settimo et ottavo tuono, per esser formato di ut-sol, quarta specie del
dia pente, et re-sol, prima del dia tessaron, le sue cadenze sono in G sol re ut, A la
mire, C sol fa & D la sol, l'ottavo in C sol fa ut, D la sol re, F fa ut & G sol re ut, per la
qual cosa, essaminando li sopradetti modi, faccio giudicio che in breve tempo arriverai
alla intelligenza della retta compositione. Et tutte le cadenze dette si dichiareranno nella
figura seguente ne la quale manca la positione di fa mi, cagione & colpa de
lo intagliatore.[s1562: page 45]
Il principio, mezzo et fine qual si dà ad uno psalmo è conceduto alli compositori per
regola necessaria et non volontaria, secondo la consuetudine gregoriana, et questo
anchora aviene nelli Magnificat, perciò che havendo l'organo o il choro a rispondere,
bisogna che in essi psalmi et Magnificat sia il principio, mezzo et fine stabile, fermo et
ordinario. Per tanto avertirai che il primo tuono harrà il principio in F fa ut, il mezzo in
A la mi re et il suo fine in D sol re. Il secondo tuono harrà principio in C fa ut, il mezzo
in F fa ut et il suo fine in D sol re. Il terzo tuono harrà principio in G sol re ut, il mezzo
in C sol fa ut et il suo fine in A la mi re. Il quarto tuono harrà principio in A la mi re, il
mezzo nel simile luoco et il suo fine in E la mi. Il quinto tuono harrà il principio in F fa
ut, il mezzo in C sol fa ut, il suo fine in A la mi re. Il sesto tuono harrà principio in F fa
ut, il mezzo in A la mi re et il suo fine in F fa ut. Il settimo tuono harrà principio in C
sol fa ut, il mezzo in E la mi, il suo fine in C sol fa ut. Il tuono ottavo harrà principio in
G sol re ut, il mezzo in C sol fa ut et il suo fine in G sol re ut, & in molti altri modi
secondo le differenze di seculorum. This variation from the 1523 edition can be traced to a letter written
by Giovanni Spataro to Aaron, dated 23 May 1524. See Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A.
Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 300, note 5. [s1539: page 48]
sesquiterza si ritruova nelli canti così segnata, , quando il tempo è perfetto. Tempo di
DELLA PROPORTIONALITA'
ARITHMETICA. CAP. XXXVII.
La proportionalità arithmetica è uno raccoglimento di due o tre o più proportioni
insieme comparate, perché (come a Boetio piace) di congiunte proportioni si fa la
proportionalità. Essendo adunque la proportionalità raccolta di proportioni, tal
proportionalità non mai si può formare con meno di tre termini, come nelli presenti
numeri, 1, 2, 3, nelli quali (se rettamente consideri) da due proportioni è generata la
proportionalità, laqual proportionalità è nelli termini superiori in questo modo, cioè che
il binario numero alla unità comparato è in proportione differente di unità. Così il
ternario al binario il simile contiene. Proportionalità Arithmetica. Questa proportionalità si
chiama arithmetica, però che in queste proportioni è equalità delle differenze,
perché tanto è la differenza da 3 a 2 quanto è da 2 a 1, et all'incontro da 1 a 2, sì come è
da 2 a 3, per la qual cosa appare nelli seguenti numeri, cioè 2, 3, 4, essere anchora
proportionalità arithmetica, nella quale sono le differenze equali et le proportioni
inequali, perché tanto supera il termino tre il dui, quanto supera il 4 il 3, dove
ciascheduno termino minore è superato di una unità dal maggiore. Le proportioni
adunque sono inequali, perché comparato 2 a 1, fa la proportione dupla, et per il
contrario sottodupla. Ma comparato 3 a 2, fa proportione sesqualtera, et per il contrario
sottosesqualtera. Et così comparato il termino 4 al 3, conduce la proportione sesquiterza,
et per il contrario sottosesquiterza.[s1523: page 96]
DELLA GEOMETRICA
PROPORTIONALITA'. CAP. XXXVIII.
Hora seguita la Proportionalità Geometrica geometrica proportionalità, nella quale sempre si
dimostrano le proportioni equali, come sono 1, 2, 4, 8, overo in tripla [s1529: page
98]proportione come 1, 3, 9, 27, overo in dupla, o come a te piace, quale nelli numeri
molteplici ha costituita la sua estensione. Et che sia la verità, nel primo essempio,
comparato il termino 2 a 1, nasce la proportione dupla, la quale è simile a quella che
dimostra il numero ottonario comparato al quaternario, et all'incontro sì come 1 a 2
genera sottodupla proportione, così anchora resta 4 a 8, et per consequente 4 a 1 come 8
a 2. Oltra questo si dimostra le differenze non [s1562: page 54]essere equali, sì come era
nella arithmetica medietà, ché comparando 2 a 1, il termino maggiore sopravanza il
minore di una unità, ma comparando 4 a 2, resta superiore il termino 4 di due unità del
suo minore 2, et così 8 a 4 supera il termino 4 di quatro unità. Il simile seguendo nella
tripla et quadrupla proportione saranno le differenze inequali, ma le proportioni equali,
come essaminando si comprende.
Pervenuto al fine della promessa opera, è accaduto a me, come tal volta si vede accadere
alli naviganti, li quali havendo raccolte le vele per intrare in porto, sopragiunti in un
subito da qualche altro vento, son sforzati ritirarsi in dietro, et qua et là volteggiando
discorrere, perciò che volendo riposar dalla finita impresa, né mancandomi altro che
renderne gratie a Iddio et far mia iscusa appresso i lettori se in parte alcuna (come
huomo) havessi mancato, son stato assaltato da nuovo pensiero, che poscia che le cose
pertinentissime alla musical prattica con quella theorica, sanza la qual quasi non si può
fare, ho dimostrato, sarà ben fatto a dimostrare la divisione del monachordo per tuoni et
semituoni naturali et accidentali, insieme con la partecipatione et modo d'accordarlo,
rendendomi certo dovere essere grato a tutti i sonatori et studiosi dell'istromento che
non son provetti, attento che altri che l'han prima trattato, sì come dottissimamente ne
han scritto, così senza grandissima difficoltà anchora dalli ben scientiati non possono
essere intesi. A contemplatione adunque sì di me proprio che (come lasciò scritto Livio)
l'animo inquieto si pasce di opera, sì di ciascuna gentil persona che sia per pigliarne
dilettatione, dico così, che nello istromento organico secondo il commune ordine si
ritruovano voci naturali di numero 29, chiamati dall'universale uso tasti bianchi, et
accidentali di numero 18, dette tasti negri overo semituoni, per il qual ordine da noi sarà
diviso tasto per tasto, dimostrando ciascheduno intervallo del l'uno al l'altro,
così accidentali come naturali. Et nota che tale istromento è stato di bisogno che trapassi
il numero delle venti chorde consuete et ordinate nella man nostra, accioché li sonatori
più facilmente si possino essercitare et accommodare alli intenti loro, per che mancando
delle predette voci o tasti, forse sarebbono alquantodistur[s1523: page 100] bati et
impediti, per la qual cosa diremo che il primo tasto over luoco di detto istromento è
collocato di sotto a Gamma ut l'intervallo di uno tuono, nel quale sarà detto la
syllaba o voce fa, per [s1529: page 102]concordare con quella di F fa ut, quale è distante
per uno dia pason, . Ma dalla prima chorda nostra chiamata Gamma ut a quella dalli
Greci chiamata proslambanomenos, quale è A re apresso di noi, sarà sola distanza et
intervallo di una voce simile alla prima, chiamata tuono. Così sarà anchora da
in fa mi, mi al settimo tasto negro, qual son dui tuoni. Il semituono per
consequente sarà da detto settimo tasto negro al bianco sequente, che è D la sol re. Da
paranete diezeugmenon a nete diezeugmenon, cioè D la sol re et E la mi, cade un tuono
naturale, [s1562: page 56]diviso dal semituono over tasto negro, il quale tasto negro sarà
distante di altezza quanto fu quello (se ben ti ricordi) che fu da mi et D sol
antecedente mi acuto. Seguendo più inanzi alla positione di C sol fa, sanza
alcun dubbio naturalmente cade il semituono minore da mi sopracuto al fa
di C sol fa, fra li quali non si ritruova mezzo alcuno. Da C sol fa a D la sol similmente
cade lo intervallo del tuono, nel qual si vede diviso dal semituono over tasto negro, del
che diremo che sarà da C sol fa al seguente semituono negro la quantità di uno
semituono maggiore et dal seguente tasto bianco quella del minore. Che sia maggiore il
semituono detto, si vede per la sesta minore che nasce da nete diezeugmenon, detto E la
mi, alla positione di C sol fa, et così per la terza minore formata da nete hyperboleon,
quale è A la mi re, a C sol fa. E' necessario il tasto negro, come ha di bisogno anchor la
decima inferiore a esso tasto negro, che sanza quello resterebbe minore. Da D la sol ad
E la, ultima positione, cade il tuono diviso per il suo tasto negro, distante dal detto E
la la quantità del semituono dinanzi detto, cadente tra lichanos hypaton ad hypate
meson, et da paranete diezeugme[s1523: page 104] non a nete diezeugmenon. Et da esso
tasto negro alla position detta E la cade il maggior semituono, et tal positione rettamente
si può chiamare quello che nella ottava inferiore risponde, qual si domanda E la mi
replicato, perché passando sopra di E la, bisogna rinovare ciascuna positione et luoco
con quella dimostratione, ordine et modo che fu fatto le prime, gravi, et quelle che erano
nello acuto et sopracuto. Il simile nelle sequenti troverai, seguendo l'ordine
un'altra volta sopra di E la mi secondo che nella mano si truova [s1529: page
106]ordinato. Adunque diremo che da E la al seguente tasto non cade altro che il
semituono minore, come manifestamente si vede, sanza altra divisione di semituono o
tasto negro. Ma dal seguente F fa ut replicato insino a G sol re ut cade un tuono, il quale
anchora resta diviso dal tasto negro, ilqual tasto negro è d'intervallo superiore al tasto
bianco inanzi posto di quantità di uno semituono maggiore, come si dimostrano in tali
positioni dinanzi dette, et come la experienza più chiaro dimostra. Et il contrario dalla
parte di sopra aviene, perché da esso tasto negro al superiore bianco non è altro che il
semituono minore. Dal terzo G sol re ut replicato ad A la mi re, altro non è che quantità
di tuono, nel qual si mostra il semituono negro distante da detto G sol re ut per uno
semituono maggiore, così come nel grave fu chiarito. Et dalla parte di [s1539: page
61]sopra da detto semituono negro al tasto bianco cade il semituon minore. Da A la mi
re a mi replicato senza alcun dubbio cade la quantità d'un tuono, ma da
detto A la mi re al tasto negro che è in mezzo cade il semituono minore, et dal seguente
Sequita che con quella facilità che a me sarà possibile, brevemente expedisca quanto sia
necessario al sonatore dintorno la partecipatione et unione delle voci, perché molti si
truovono che con niuna o pochissima ragione et minor prattica a tale essercitio siano
atti. Adunque avertirai che in tre parti faremo il nostro accordo et partecipatione,
perché volendo tu che non sai - accordare et partecipare il tuo istromento - bisogna che
prima tu consideri la chorda over positione chiamata C fa ut, con quella intonatione che
a te piacerà. Et quando sarai deliberato, piglia l'ottava sopra a C fa ut et fa' che sempre
sia [s1562: page 58]bene unita. Di poi la terza maggiore di sopra, quale è E la mi, vuole
essere sonora et giusta, cioè unita al suo possibile, et fatto questo, piglia la quinta in
mezzo, cioè G sol re ut, et fa' che sia al quanto un poco scarsa. Così seguiterai all'altra
quinta sopra, quale è D la sol re, di simile accordo et natura medesima quale è stato G
sol re ut detto. Di poi accorda D sol re, ottava a D la sol re, et seguitando piglia la sua
quinta sopra di D sol re, formata nel luoco di A la mi re, la qual bisogna mancare tanto
da E la mi, quanto da D sol re, cioè che sia tanto equale da una quanto dall'altra, le quali
son tutte quinte che non si tirano al segno della perfettione, mancando dal canto di
sopra, sì che le [s1523: page 107]quinte di sopra da detto C fa ut, D sol re et E la mi,
sotto fa mi, il quale è quinta, con quel medesimo ordine et modo che
accordasti F fa ut con C sol fa ut. Il terzo et ultimo modo avertirai di accordare li
semituoni maggiori tra le sue terze, come è il semituono di C fa ut, toccando A re. Lo
accorderai insieme con E la mi quinta, tanto che resti in mezzo terza maggiore con A
re et minore con E la mi. Et così da D sol re ad A la mi re, la terza in mezzo è il
semituono di F fa ut, cioè il simile che fu la passata. Et così sequendo in sino al fine del
tuo istromento, ciascuna ottava accorderai, della qual consideratione ne nasce la vera
partecipatione delle voci.
del molle & duro, overamente rotondo & quadro, sono segni appartenenti
a' nuovi scolari, gli quali non hanno ragione alcuna. Si risponde che tal modo solo si
intende a la mitigatione & temperamento del tritono, al quale, benché non sia apparente
el molle, appresso ogni dotto & non dotto, per ordinaria & spetial regola da gli musichi
constituita, sarà inteso sempre non esser tal durezza tollerata, la qual naturalmente nasce
insino a acuto, & subito dapoi per un salto de uno dia pente discendere,
sarà dibisogno che 'l cantore alhora commetta & pronuntii quella durezza del nominato
tritono, per la [s1529: page 111]commodità di quello intervallo overamente voce posta
nel luogo di hypate meson, chiamato E la mi, perché volendo satisfare al miglior
commodo, è forza a lui preterire la regola. Onde, osservando il precetto, accaderebbe
grandissima incommodità con differenti processi, come sarebbe dicendo fa
nel mi acuto, con ilqual fa non mai rettamente discenderà al vero suono di
quella voce mi, come si vede nel terzoAgnus Deidi Clama ne cesses, al fine del
controbasso, la presente figura da Iosquino composta. Et similmente
troverrai nel soprano de la Messa di La sol fa re mi, sopra le paroleTu solus
est,come qui. Dico che a forza tu sei astretto eleggere fra' dui mali il
manco incommodo, de gli quali sarà il dire del proprio mi di
Pertanto dico che in questo modo, non sarebbe la spetie del tritono
convertita nel dia tessaron, né dittono, né manco semidittono, né altra spetie secondo il
genere diatonico da la universale schola dimostrante. Onde, se per aventura tu ritrovassi
che 'l compositore havessi una altra intentione sopra di quella nota fa ultima,
bisognerebbe bene alhora ti mutassi di proposito, massimamente [s1529: page
112]volendo detto compositore dare una ottava sopra del suo fine, come qui.
acuto, ilquale segno presente The ensuing argument and music example given by
Aaron are taken almost word for word from a letter sent to him by Giovanni Spataro, dated 23 May 1524. See
Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance
è stato chiamato da Bartholomeo Rami, musico
Musicians (Oxford, 1991), p. 301-302.
dignissimo, veramente da ogni dotto venerato, segno di b quadro, & da frate
Giovanni Ottobi è stato chiamato segno di b quadro iacente; & questo, , da
spatio ne la riga & de la riga al spatio, come qui & altri simili, sempre
convertirà il spatio naturale del semituono nel tuono. Per tanto, operando questo segno
come fa el b quadrato retto preditto, dico che ditto segno sarà più ragionevolmente
chiamato b quadro, che diesis, perché dicendo diesis, lo effetto & il nome non hanno
insieme conrispondenza, ma sì bene essendo chiamato quadro.
62] ne la quale lo
intento del compositore non ha considerato che quella ultima longa overamente
intervallo ultimo, habbia a essere sospeso overo disminuito, perché non appare segno
dimostrante alcuna sospensione, come è compreso per la figura; ma volendo sospendere
detto intervallo ultimo, sarebbe ottava imperfetta col basso, & non unisono col
controalto. Ma quando sarà proposito a tal sospenso, lo segnerà, come seguitando
si vede.[s1539: page 67]
spetie, & pur volendo passare con la intentione tua per il detto mi, segna
anchora a tutte le altri parti la figura , & senza errore alcuno, ogni processo &
consonanze si troveranno concorde & sonore insieme, dove primieramente alcuni
discordavano.
Per tanto, havendo noi concluso le sopra dette dubitationi, mi ho pensato, ne la
presente aggiunta nostra, ricogliere & dichiarire senza altro nuovo trattato, al
buon volere di alcuni amici nostri, qual sia l'ordine & vero modo constituito a la
intelligenza di ciascheduno Kyrie, Gloria in excelsis Deo, Patrem
omnipotentem cardinalesco, Sanctus, & Agnus Dei, aggiungendo anchora Te Deum
laudamus, non preterendo l'ordine gregoriano, a qual maniera o tuono siano giudicati
nel santo ecclesiastico canto fermo. Così dirò.
§ Da ogni dotto musico generalmente è stato ordinato & da loro concesso, che ogni nota
finale di tutti gli canti ecclesiastici sia ferma regola a la intelligenza di ciascheduno
tuono, dil che non altrimenti debbono essere giudicati [s1562: page 63]gli sopradetti, &
perché in essi alcuni versi mediati non conrispondono al suo proprio fine, &
sollazzando vanno in altri luoghi, non far giuditio che tal processi restino sospesi, ma
sol son membri de la sua forma propria, la qual compositione sarà intesa per il suo
ultimo fine & non per altri mezzi, conciosia che il primo & secondo tuono regularmente
ha un sol fine, ma per haver varii principii, tal versi mediati aquistono inordinate [s1539:
page 68]terminationi, & similmente per gli varii saeculorum & confinalità de' suoi
dia penti. Diremo adunque, pigliando gli Kyrie leyson di quel più honorato & degno
giorno, chiamato dies Domini, gli quali sono del primo & perfetto tuono. Onde
la Chiesa qua non ha voluto ritirarsi dal suo proprio & natural processo, perché essendo
tal giorno dedicato a Iddio, tal tuono anchora si conviene, per esser più de gli altri suoi
autentici degno; & questo medesimo troverrai ne la solennità de la
gloriosa Vergine Maria, con quella de gli apostoli, overamente di solennità maggiore.
DE LE DOMENICHE SEMIDUPPLICATE.
La presente Gloria in excelsis Deo non ha voluto separarsi dal suo principal tuono, ma
essere sotto posta a la medesima terminatione, nascendo al ombra del secondo tuono,
quale è principio de gli suoi plagali, onde [s1529: page 119]essa Gloria in
excelsis Deo poco ne gli mezzi si travaglia. Non è per altro che per un
solo seculorum che da lui nasce. Termina adunque il versoBenedicimus tene la chorda
parhypate hypaton, chiamata C fa ut, laqual terminatione non è per cagione di
alcun saeculorum, né confinalità di dia penti, ma per la forza del principio a lui in quella
chorda concesso, come dimostra lo introito del sabbato primo de lo advento, Veni &
ostende nobis Domine, & lo introito da poi la quarta domenica di quadragesima,
detto Sitientes venite ad aquas. Da poi il versoGlorificamus te,ha terminato ne la
positione hypate meson, chiamato E la mi. Questo viene medesimamente per cagione
del principio, come dimostra lo offertorio del primo giorno di quadragesima, Exaltabo
te Domine, con la irregulare terminatione, & l'antiphona Domine Deus rex
omnipotens da poi la quarta domenica del mese di settenbre, de la qual cosa
discorrendo, ogni altro verso regolarmente al suo natural fine, si cognosce. Ma tal
principio di E la mi pochissime volte in questo tuono si ritruova.
DEL SANCTUS DOMINICALE.
Questo chiaramente si cognosce per il fine, & per lo ascenso & discenso, non essere
altrimenti che del sesto tuono perfetto, nel qual processo il secondoSanctustermina ne la
chorda parhypate hypaton, detto C fa ut, laqual terminatione nasce da la libertà del suo
principio, & tanto più per essere detto luogo finalità del suo dia tessaron, come
lo introito Quasi modo geniti &c., il quale è ne la ottava de la Pasqua, & lo offertorio
ultimo nanzi la sesta de la Ascensione, detto Confitebor Domino nimis in ore meo.
Questi per il principio aquistono la irregulare terminatione. Seguitando
alSanctus Dominus, Deus sabbaoth,lui finisce regularmente, & alcuni altri ne la
positione & chorda lichanos meson, detto G sol re ut, la qual si vede nel presente
concento, Tradiderunt me in manus impiorum, primo risponso del terzo notturno de la
sesta feria ne la settimana santa, per il che pochissimi di questi in tal luogo se ne
truova; & tutto il resto al suo buon fine si riduce.
[s1529: page 120]
DE GLI AGNUS DEI DOMENICALI.
Non ha nel sopra anotato essempio la Chiesa in questa solemne festa, voluto eleggere
alcuno altro tuono, ma esser simile a gli passati Kyrie. Onde a maggior forza
s'è introdutto & appoggiato, con il suo proprio compagno, quale è primo plagale, &
secondo chiamato, come per il processo suo chiar si vede, del qual ilChriste leysonha la
sua fine ne la positione mese, chiamato A la mi re, & detto fine nasce dal saeculorum,
da la confinalità, da la irregularità, & similmente dal principio. Dal saeculorum? Come
ne le differenze sue si comprehende. Da la confinalità? Perché da D sol re comincia il
dia pente, & il confine arriva al detto luogo. Da la irregularità? Perché il primo &
secondo in ditta chorda nasce. Et dal principio? Come gli presenti introiti, Sapientiam
sanctorum narrent populi & Salus autem iustorum, nel comune di più martiri si
truovano.
[s1529: page 121]
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.
Questa laudabile & santa Gloria, per il suo fine & commodati processi, è ordinata sotto
la forma del settimo tuono, ne laquale molti & molti versi hanno la fine ne la positione
paranete diezeugmenon, detto D la sol re, non per altro, se non per cagione
del saeculorum, confinalità & principio. Del saeculorum, chiaro si vede ne le antiphone.
Per la confinalità? Per la ragione di sopra detta lo dimostra. Ma per il principio? Come
gli canti presenti, cioè Aqua sapientiae potavit eos, introito de la terza feria da poi la
Resurrettione di Iesu Christo, salvatore nostro, & Signa eos qui in me credunt, offertorio
di più martiri, secondo il comune ordine, con la antiphona Veni sponsa Christi & molte
altre, le quali narrar non voglio.
DEL SANCTUS.
Nel secondo & terzoSanctusè solamente una equal terminatione, ne la chorda trite
diezeugmenon, chiamata C sol fa ut, & perché esso canto è quinto tuono, detta
terminatione è in quel luogo terminata, per il saeculorum, per la confinalità & per il
principio. Per il saeculorum? Perché il quinto tuono ha due differenze, de lequali una
termina in A la mi re, l'altra in ditta positione C sol fa ut. Per la confinalità? Perché il
principio del dia pente è in F fa ut. Per il principio? Come appare ne gli presenti
canti: Ecce Deus adiuvat me, introito de la domenica nona dapoi la Pentecoste, & Deus
in loco sancto suo, de la domenica undecima, & il graduale Anima nostra sicut passer,
ne la festa comune di più martiri. Onde, per non essere differenza ne gli Agnus Dei, ma
equale & regulare terminatione, non mi estenderò in dichiaratione alcuna.
[s1529: page 122]
DEL GIORNO DE GLI APPOSTOLI, OVERAMENTE
DE LE FESTE DOPPIE MINORI.
La honorata solemnità de gli appostoli non si discorda né separa da la natura & forma,
circa il principio, de la domenical festa, & gloriosa Vergine Maria, le quali sono state
regularmente primo tuono, per la ragione di sopra prima detta, & come la figura ti
dimostra.
Questa regulare & natural fine, sola nel primoKyriesi cognosce, conciò sia che il
terzo & quarto[s1539: page 70]Kyrienon conrispondono regularmente al suo proprio
fine, ma dove la irregularità & confinalità si truova, & per la differenza del saeculorum
amen. Queste ragioni nel passato chiare sono. Resta solamente dimostrare per il fine gli
seguenti canti: Scio cui credidi & certus sum, introito de la festa di San Paulo appostolo,
& Meditatio cordis mei, ne la sesta feria da poi la quarta domenica in quadragesima.
[s1562: page 65]
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.
La manifesta forma & compositione dichiara essere naturalmente del quarto tuono,
sì per il fine come per lo ascenso & discenso, dilche non si trovando ne gli suoi mezzi
terminatione alcuna irregulare, lasceremo il resto secondo l'ordine dato a la
cognitione & intelligenza di tutti gli tropi, o vuoi dire tuoni.
[s1529: page 123]
DE LE FESTE SEMPLICE SOLEMNE, ET INFRA
TUTTE LE OTTAVE.
La sopra scritta Gloria ha il suo fine ne la positione di lichanos meson, chiamato G sol
re ut, & chiaro si vede, per la sua forma, settimo & ottavo tuono, ne la
qualeDomine Deus rex coelestisha terminato in paramese, chiamato mi
acuto;Domine Deus Agnus Dei,in trite diezeugmenon, detto C sol fa ut; &Qui tollis
peccata mundi suscipe deprecationem nostram,in paranete diezeugmenon,
chiamato D la sol re. Per il primoDomine Deus rex coelestis,la terminatione è per la
licenza del saeculorum, qual termina in quel luogo, & per il principio concesso al sopra
ditto tuono, come dimostra l'antiphona al Magnificat infra l'ottava de la Resurrettione,
chiamata Tulerunt Dominum meum, & Exortum est in tenebris, al vespro de la Natività.
La terminatione delDomine Deus Agnus Deinon è per altro, se non per il
principio, ilquale è nel secondo risponso di Santo Giovanni, appostolo &
evangelista, Hic est discipulus, & Omnes de sabba venient, nel secondo notturno ne
la vigilia de la Ephyfania. Ma la fine delQui tollis peccata mundiper tre cause
finisce [s1539: page 71]in D la sol re: la prima per la differenza del saeculorum, la
seconda per la confinalità et la terza per il fine, come gli presente canti: Veni Domine &
noli tardare, primo risponso del terzo notturno de la terza domenica del
Advento, & Ecce sacerdos magnus, con molti altri simili.
Il Sanctus & Agnus Dei appropriati a la di sopra scritta messa, per non essere in loro
alcuna incognita differenza, sia dal comune ordine il resto giudicato.
[s1562: page 66]
DE LE FESTE MAGGIORE, MEZZE DOPPIE.
[s1529: page 125]Il processo di tutti gli Kyrie regularmente dichiara la forma del
settimo & ottavo tuono, nel quale il penultimoKyrieha il suo fine in paranete
diezeugmenon, chiamato D la sol re, laqual terminatione, come per il passato fu detto, è
per la confinalità, principio, & saeculorum. Che sia per il principio, facilmente più volte
il troverrai, per ilche non metteremo altro essempio.
DE LA GLORIA IN EXCELSIS DEO.
La Gloria in excelsis Deo de gli ante detti Kyrie ha la sua forma del primo, ma
superfluo tuono, & perché in essa anchora è pocha differenza, come gli versiLaudamus
te,Benedicimus te&Adoramus te,per l'ordine da noi di sopra detto senza altra nostra
dichiaratione a te la rimettemo, con tutto il resto, ilqual irregularmente troverrai.
Chiaro si vede che il precedente Patrem omnipotentem non è de altro tuono, che del
primo perfetto, nel qual discorso alcuni versi terminano in nete diezeugmenon, detto E
la mi, & in trite hyperboleon & mese, chiamati F fa ut & A la mi re. La terminatione
adunque di E la mi, per cagione del principio, in tal luogo è ordinata, come
lo introito Exclamaverunt ad te Domine di Santo Phylippo & Iacopo. Quella di F fa ut,
per il principio, per il saeculorum & per la intonatione è constituita. Per il principio,
come si vede ne gli presenti introiti, cioè Et enim sederunt principes, introito di Santo
Stephano, & Misereris omnium Domine, del primo dì de la quadragesima, & Ego autem
cum iustitia, ne la feria sesta de la seconda domenica di quadragesima. Per
il saeculorum? Secondo che le differenze dimostrono, & come anchora per la sua
intonatione. Quella di A la mi re? Per molti essempi da noi di sopra dati, agevolmente
per il saeculorum, per la confinalità, per il principio & fine irregulare, la sua intelligenza
troverrai.
[s1529: page 126]
DEL TE DEUM LAUDAMUS.
El presente hymno da noi di sopra scritto secondo la forma de' tuoni si cognosce essere
del quarto tuono imperfetto, sì per il fine come per lo ascenso & discenso, & sue
spetie; & havendo alcuni versi la sua terminatione ne le chorde hypate meson, parhypate
meson, lichanos meson et mese, detti E la mi, F fa ut, G sol re ut & A la mi re, la fine di
E la mi è regularmente terminata; quella di F fa ut, per il saeculorum & principio. Per il
principio? Come gli presenti canti: Omnis terra adoret te Deus, introito de la seconda
domenica de la Ephyfania, & Salus populi ego sum, de la terza domenica de la
quadragesima, ne la quinta feria. Per il saeculorum? Come ne
lo Antiphonario si vede. La seguente fine di G sol re ut è per il principio & saeculorum.
Per il principio? Come lo introito Accipite iocunditatem gloriae vestrae, de la terza feria
infra la ottava de la Pentecoste, & Semel iuravi in sancto meo, post comunione de gli
confessori maggiori. Per il saeculorum? Come dimostrano le antiphone domenicale,
cioè Sit nomen Domini, & In mandatis eius volet nimis. De la terminatione di A la mi re,
per le ragioni & essempi di sopra mostrati, con facile modo ogni altra simile intenderai.