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di A. M. C.
http://www.esoteria.org/welcome1.htm
Il mito racconta come ad Enna Plutone rapì Kore alla madre Demetra,
e come questa elargì agli uomini il dono del grano istituendo i misteri eleusini.
Sede di un culto alla Grande Madre, Enna fu luogo già in epoca preellenica di riti
antichissimi e di pratiche iniziatiche legate ai cicli agrari
Enna è una piccola città arroccata su un monte alto circa mille metri, posto proprio al
centro della Sicilia, tanto che fu definita da Cicerone e Diodoro Siculo l' onfalòs (cioè
l'ombelico) dell'isola.
La città è oggi il capoluogo di provincia più alto d'Italia e conta circa 30.000 abitanti.
La fondazione di Enna si perde nella notte dei tempi, l'origine stessa del nome pare
risalire addirittura ai Sicani (Ovidio, Metamorfosi; Claudiano, De raptu Proserpinae) e
cioè a circa tremilacinquecento anni orsono.
Fu molto famosa nell'antichità per il culto di Demetra e Kore (le romane Cerere e
Proserpina) e per il ratto di quest'ultima da parte del dio degli Inferi Ade (Plutone).
Il centro di questo antichissimo culto è la cosiddetta Rocca di Cerere, un enorme
roccione di calcare bianco che guarda direttamente verso l'Etna dominando le vallate
circostanti.
Nell'inno omerico "a Demetra", la dea, giunta dal re Celeo ad Eleusi, resta immobile e
triste finché lambe con i suoi motteggi la induce al riso. Nell'inno sono usati due verbi
che esprimono entrambi il significato di ridere o sorridere, meidao e gelao: il secondo
indica anche il brillare, il risplendere come ad alludere ad una luminosità; anche qui è
presente un tipo di iniziazione legata al passaggio dal lutto di Demetra allo status di
beatitudine acquisita con il riso. Si tratta di un cambiamento interiore che altro non è
se non un'iniziazione ad una dimensione di letizia, di liberazione. Anche in questo caso
il culmine della liturgia consisteva nello svelamento della spiga che allude al volto
stesso della divinità in tutto il suo splendore luminoso. Nell'inno "a Demetra", prima
che la dea sorrida, rimane in atteggiamento taciturno e addolorato (vv. 197-202): "Là
ella sedeva e con le mani si tendeva il velo sul volto;/ e per lungo tempo, tacita e piena
di tristezza, stava immobile sul seggio/ né ad alcuno rivolgeva parola o gesto,/ ma
senza sorridere, e senza gustare cibo o bevanda,/ sedeva, struggendosi per il
rimpianto della figlia dalla vita sottile".
Non è improbabile che la rappresentazione di Demetra in lutto sia la negazione alla
vista di qualcosa che non può essere conosciuta dai non iniziati e che in un secondo
momento viene disvelata come conoscenza suprema; vi è appunto il riferimento al velo
che copre il volto della dea che non proferisce parola chiusa nel suo dolore. Se dunque
le Thesmoforie celebrate in Sicilia, ed in questo caso ad Enna, avevano carattere
agrario-misterico, questo veniva a coincidere con il riferimento del seme sotterrato in
attesa della sua maturazione. Il passaggio dallo stato di seme a quello di germoglio,
che avviene sottoterra, non è altro che la dimensione di angoscia e di lutto della dea
madre che si nasconde alla vista dei profani velandosi, è il momento del seme che giace
nella terra in attesa di rivivere ad opera di una metamorfosi, il cambiamento da seme
a germoglio è il momento del risveglio, della rinascita, del ritorno alla vita,
dell'iniziazione compiuta verso un progressivo cammino in direzione della verità. Il riso
luminoso della dea sprigiona la beatitudine all'iniziando che deve superare aspre prove
prima del raggiungimento della luce.
Certamente tutto questo avveniva attraverso rituali stereotipati e tramandati, tutti
legati alla simbologia agraria quali i cereali in genere (grano, orzo) ed ai componenti
del cereale (il chicco, la spiga, i semi), agli elementi naturali (l’acqua, il fuoco, la terra),
agli animali e agli attrezzi che concorrono alla pratica agricola (il toro, l’aratro, il
maialino come segno di abbondanza e prosperità): a questi si dovevano aggiungere i
simboli della fecondità della donna quale l’organo sessuale femminile variamente
rappresentato.
Nei misteri eleusini l'iniziato abbandonava uno stato precedente di oscurità per
passare ad uno stadio successivo di conoscenza e di appagamento spirituale. I mystai
erano appunto gli iniziati, coloro che stavano per conoscere la luce, potevano avere
accesso a certe parti del cerimoniale dal quale erano esclusi i profani. Più
precisamente i mystai erano quelli che venivano iniziati per la prima volta; invece gli
epòptai erano quelli che "hanno visto" (da orao, "vedere") e che sono dunque a parte
dei segreti misterici. Gli iniziati non potevano rivelare ciò che avevano visto, si
trattava di un segreto irripetibile, tanto che in genere non veniva mai citata quale era
stata l'azione sacra legata al rituale misterico o le parole dette o ciò che era oggetto
della rivelazione ultima.
Tutto ciò che si sa sui misteri viene dedotto dai tardi scrittori cristiani i quali ne
hanno in parte filtrato e manipolato la vera essenza, tuttavia essi rimangono una fonte
preziosa d’informazione per quanto riguarda il rituale ed i cosiddetti segreti esoterici.
Si è già detto che il verbo muo significa "tenere la bocca chiusa", nel senso di
mantenere un segreto oppure nel senso di stare in silenzio durante la cerimonia; può
darsi che ci si attenga ad entrambi i significati, ma in ogni caso il vincolo del segreto è
una costante per tutti gli scrittori greci i quali tacciono sui misteri o ne parlano in
modo generico, senza mai scendere nei dettagli per quanto riguarda i passaggi della
cerimonia iniziatica. Lo scopo primario delle iniziazioni misteriche altro non era se non
la sicurezza del divenire eterno per un eterno ritorno. La certezza per l'individuo di
una vita oltre la morte, e quindi di una rinascita, fa sì che da una fase naturalistico-
agraria, si passi ad una fase escatologica in cui la morte non fosse solo la cessazione di
tutto, ma un morriento di passaggio per una rinascita successiva. La sensazione
provata al momento sublime della visione nel culmine del cerimoniale era un'esperienza
tale che gli iniziati erano indotti a non rivelare mai ciò che avevano visto o sentito. Se
ad Enna il culto di Demetra e Kore era così vivo e sentito, è indubbio che anche i
misteri dovevano avere una forte valenza. La presenza di Persefone, dea degli Inferi,
associata strettamente a quella della madre, fa pensare che coesistessero le
iniziazioni di carattere mistico agrario e quelle di tipo più direttamente collegate al
mondo dell'Ade, ma in ogni caso si tratta di una simbiosi perché si allude allo stesso
modello culturale e allo stesso archetipo: la Grande Madre che genera, sovrintende al
ciclo vitale stagionale e al mondo intero come dea della luce e delle tenebre. La terra
Madre è colei che procrea dal suo grembo ed è colei che accoglie nel suo grembo la
morte per iniziare nuovamente un ciclo di vita.