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Sirene e Kore

Giacomo Maria Prati

Kore è la figura archetipale fondamentale per poter capire le Sirene, la matrice di


ruolo attorno alla quale vengono alla luce le sirene. Per semplificare è necessario
prima complicare! Kore nasce già complicata perché è figura indeterminata e
ambigua: ragazza e dea, fanciulla e sposa, gioca come una bambina con i fiori e
diventa regina dei regni invisibili, scompare e ritorna sposa e signora. Kore è una
figura di passaggio, rituale, iniziatica e le sirene sono componenti di questa sua
essenziale dimensione. Per questo non si potrà capire del tutto sia Kore che le sirene,
perché abbiamo perso l’aspetto rituale dei Misteri. Possiamo portare alla luce alcuni
aspetti, rimasti sottotraccia. Intrecciarne altri. Le sirene sono e resteranno sempre le
“ragazze di Kore”, figlie di Oceano. La funzione sirenica resta se stessa anche dopo il
“trauma” del rapimento di Kore. Si vuole dire che anche se nel racconto mitico si può
parlare di una “colpa” originale delle sirene nel loro comportamento rispetto al
rapimento di Kore, cioè non averlo impedito, oppure averla derisa, nonostante questo
sussiste una continuità in termini di processo iniziatico fra le fanciulle pre-sireniche e
le fanciulle sirene. L’ambiguità delle sirene è la stessa ambiguità di Eleusi i cui
Misteri mescolano aspetti drammatici con momenti comici, tratti conoscibili da
azioni segrete o non esprimibili verbalmente, la stessa incertezza ontologica
dell’Asino d’oro dove Lucio si trova a “procedere al buio fra dei superiori e dei
inferiori”. Possiamo schematizzare quattro aree sireniche: la conoscenza, l’eros, i
mondi sotterranei ed invisibili dell’oltre morte, e l’armonia (canto, musica, voce,
stelle, regni celesti) Come si vede questa quadripartizione ha un valore limitato in
quanto di tratta di dimensioni intimamente interconnesse e che possono essere
riportate ad unità organica e capite un poco solo all’interno di un contesto rituale che
veda Kore e le “sirene” congiunte, sia prima che dopo il rapimento. La prima
domanda è semplice ma ineludibile: è Kore che inizia le ragazze o sono le fanciulle
che iniziano Kore? Quale delle due è già divinizzata? O Kore è semplicemente un
“eletta” fra pari e tutte diventeranno un giorno Kore quando giungerà il loro turno?
Alcuni aspetti restano comuni a Kore e alle sirene: il “giocare” con i fiori
raccogliendoli, allusione probabile alla preparazione di corone per un sacrificio e/o
alla raccolta per l’estrazione di essenze droganti, il locus amoenus da età dell’oro,
l’affetto per certi fiori simbolici ed iniziatici, sacrificali, come il giacinto, il narciso e
il croco (amato anche da Artemide), inferi, come la viola, afroditici come la rosa. Il
nome stesso di Kore è ambiguo: fanciulla e territorio, come una terra incolta,
feconda, incontaminata come l’apemosyne ricordato da Calasso per Telfusa. E’ un
nome che presenta anche un incertezza diacronica in quanto viene utilizzato anche
per le Erinni e le Graie. Il carattere “di soglia” proprio di Kore le viene già
dall’origine: Demetra fecondata da un Zeus in forma di serpente. Demetra è la
maschera più recente della Madre Terra e solo un serpente, figlio della Terra e figura
ctonia, può fecondarla. Un serpente ritornerà nel racconto di quella nuova Kore che
sarà Euridice. Inseguita da Aristeo, maestro del miele, offerta sacrificale per Kore,
sarà morsicata da un serpente e per quella via andrà nell’Ade. Kore nel prato
incontaminato, Kore scomparsa, Kore che ritorna sposa e regina, ricca e sapiente. E’
una e ternaria come saranno le sue amiche sirene. Anche se rapita nel complesso della
visione Kore e le sue sirene, che l’accompagnano ritualmente nel passaggio dalla
fanciullezza alla maturità, sono comunque delle “strane ninfe”. Potremmo definirle
delle “ninfe che non fuggono” e la cui trasformazione non è irreversibile, non le priva
del ruolo precedente, ma sembra aggiungersi alla potenzialità che possedevano già
all’origine. Questo perché si tratta di un rito nuziale e nel rito tutto torna a possedere
un senso, come un cerchio attorno ad un centro: Kore ragazza/fiore, Kore che danza,
Kore-pupilla al centro dello sguardo, Kore che si bagna ritualmente e diventa tutt’uno
con la sorgente da cui riemerge attorniata dal coro delle amiche fanciulle, Kore
terribile perché terribile è la vendetta per chi interrompe il rito come fù per Atteone
che vide la dea nuda. Kore è Persefone, l’assassina di Perse. Kore è Ecate, suo
doppio, figlia del titano Perse. Kore è Maia, a cui si sacrificano maiali, come fanno
Circe ed Eumeo, e apporta la fioritura di maggio. Kore entra nei regni invisibili
tramite una caverna, fumosa e ricca, che ricorda quella della pleiade Maia, madre di
Hermes e quella delle ninfe di Itaca. Nel Cratilo le sirene sono a loro volta “sedotte”
da Ade quale depositario di sapienza e di eloquenza. La filosofia trionfa solo nel
regno del “disincarnato”, dove le passioni tacciono. Kore è la Signora cretese degli
animali. Kore tesse e tessendo ordina il cielo, suo peplo. In questo Kore si confonde
con Ananke, ed è matrice delle tre Moire. In Claudiano Kore tesse l’origine delle
cose e all’origine c’è sempre il serpentino Oceano di cui sono figlie le sirene sue
compagne. Per precisione Kore in Claudiano Kore tesse l’oro delle stelle e la porpora
che arrossa le acque. Un richiamo ad Adone? Kore è figlia di Stige quindi è
guardiana del cosmo e dei suoi confini e della sua tripartizione fra Ade, Poseidone e
Zeus, cioè fra l’abisso dell’oltremorte, l’abisso del mare e l’abisso del cielo. In un
salmo il cielo è paragonato all’Oceano. Per Porfirio Persefone significa “nutrire le
colombe” che poi lascerà ad Afrodite. Chi la rapisce? Il rapitore ha sempre qualcosa
di simile alla rapita. Ade è Adone, è Adonai il Signore dai molti nomi che accoglie
tutti nell’abisso dell’Invisibile. Ade è anche Hermes e Dioniso, il dio di Nisa e nella
pianura di Nisa scompare Kore dopo aver avvistato uno straordinario narciso dalle
cento corolle. Nel suo profumo cielo, terra e mare, i tre regni divisi fra i figli di
Kronos sembrano riunirsi nel comune incanto. Sembra l’estasi floreale di certe
raffigurazioni cretesi dove donne dalla gonna a campana, come un calice rovesciato,
ondeggiano fra fiori branditi o aleggianti. Papaveri da oppio? Un narciso che nella
sua centuplicità sembra un’ecatombe floreale. Cercando di strapparlo si apre la terra e
il suo rapitore splendente di oro la invola. Ma Kore è anche sorgente azzurra. La
nuova Ciane scorga appena viene rapita. Sono acquei i cavalli di Ade? La sorgente di
Kore è vorticosa come una danza, vorticosa come sarà quell’acqua ninfica che rapirà
nuzialmente Yla. L’acqua di questa ninfica sorgente viene associata nelle Dionisiache
(VI,128-154I) alla visione della nudità femminile e a ai doni di nozze. Si sta
alludendo certamente ad un rito di investitura nuziale/regale. La fonte ha lo stesso
nome della principale compagna di Kore secondo Claudiano. Kore secondo Diodoro
decide di “restare ragazza”, come Artemide e Atena. Questo il suo potere sovrano:
spezzare le classi di età, restare al di sopra dei riti di passaggiofin quanto nume
iniziatore. “Restare ragazze”, cioè vivere fuori dalla società, in un mondo di fiori,
sorgenti, canti e danze. Kore, Atena, Afrodite cosa fanno? Preparano il peplo per
Zeus, come Penelope prepara il sudario per Laerte, cioè intessono il destino, la trama
del cosmo. Le sirene sono figure anche erotiche. Nell’Inno a Demetra le figlie di
Oceano vengono descritte “dal florido seno”, “ bathykolpois”. Fiori e seno, come a
Creta. Nel papiro Barolinensis i nomi delle Oceanine sono tutti “nomi parlanti”:
Leucippe, la bianca cavalla, Fanera, la splendente, Elettra, la brillante, Iante la viola,
Melobosi, il canto, Tyche, la fatale, Ociroe, rapida corrente, dallo “sguardo
sbocciante”, Criseide, la dorata, Inaneira, che sana, Acaste, Ademte, l’indomata,
Rodope, rosea, Pluto, la ricca, Calipso, la nascosta, Stige, Urania, Galaxaura, fonte
bianca come latte, detta figlia del narciso. Nomi di fiori e di luce, nomi che alludono
all’iniziazione, come Elettra, nume dell’isola di Samotracia. L’acqua e la vegetazione
sono presenti ad Eleusi. Pausania e Filico scostano leggermente il velo che occulta
Eleusi parlandoci di acque marine che delimitano il sacro luogo e che restano sacre a
Kore e i cui pesci possono essere pescati solo dai sacerdoti e raccontando alcuni
aspetti rituali che riaggregano attorno a Kore elementi che possiamo considerare
sirenici. Questi aspetti, narrati da Filico, sono precisi nella loro enigmaticità: una
processione di adepti che hanno digiunato “vicino all’onda del mare”, acque sorgive
sacre e regali che donano come un investitura e che si originano dalle lacrime di
Kore, l’uso di dionisiache torce di pino, l’invocazione della “ persuasione”
(dimensione sirenica) connessa alle ninfe e alle kariti (cioè alle sirene di Kore),
l’accenno a donne che “sciamano” come api, e la descrizione di un gesto rituale
significativo: il coprire di foglie “la dea” con gli ultimi rami rimasti sulla terra (il
pino?) Dalle foglie alle squame? Abbiamo statue di divinità femminili sumeriche
dalle vesti decorate “a foglia”. Digiuno, acque e pesci sacri, corse, riti femminili
notturni propiziatori e iniziatici: forse già ad Eleusi abbiamo la via immaginifica che
ha condotto le sirene a trasformarsi da sacre fanciulle/fiore e fanciulle/sorgenti a
donne/uccello e donne/pesci. Se per gli antichi greci non c’èra problema a
visualizzare il sotterraneo Ade in senso volatile e a paragonare le
ninfe/fanciulle/menadi alle api, non sembrerà più strano questa traslazione aria/acqua.
Gli uccelli aleggiano su Demetra e Kore fin dall’inizio. Demetra cerca Kore come un
uccello e i cavalli di Helios e di Ade vengono paragonati ad uccelli. Helios steso
giustifica il rapimento di Ade. Le Muse e le Kariti rallegrano Demetra scacciando la
tristezza con tamburelli e flauti, strumenti con cui saranno dipinte le sirene nei vasi. Il
rapimento di Kore diventa archetipo per i successivi sacri e rituali rapimenti: Zeus
che rapisce Europa, Teseo Elena fanciulla, i Dioscuri le Leucippidi, Dioniso riporta
alla luce Semele, Orfeo Euridice. L’Hermes con ali e carro dagli aerei cavalli che
riporta Kore alla luce è il medesimo che sotto il nome di Ade/Adone l’ha rapita con
alato carro e a l’ha posseduta. Kore è l’archetipo della prostituta sacra che inizia
l’adepto e reca fortuna e presagi. Atenagora ci insegna che l’unione di Zeus
serpentino con Demetra è allusa dal caduceo mentre Adone con il rito della sua effige
gettato con i fiori nell’acqua in attesa del suo ritorno, come veniva celebrato in Siria e
Fenicia sulla falsariga del culto di Osiride, ci richiama l’aspetto erotico e dominatore
di Kore la quale viene posseduta da Zeus, Ade e Adone, quindi si rivela figura
cosmica e rituale che ha commercio con tutti gli elementi fondamentali del cosmo. La
medesima universale ampiezza la trasmetterà alle sirene. Chi viene generato da Kore?
Le Eumenidi, cioè le Erinni, Dioniso Zagreo che nasce cornuto con Acheloo e
Oceano, e nove misteriosi esseri, che nel numero ricordano le Muse o le Sirene
celesti di Platone, secondo la narrazione di Proclo il quale le definisce: creatrici di
fiori e abbiamo visto quanto siano importanti i fiori per le figlie di Oceano compagne
di Kore, tanto che ne recano il nome in più casi. Lo stesso autore ci mostra una
Demetra che incita Kore a salire sul talamo di Apollo. Kore è la nutrice divina, la
generatrice di nuovi dei. L’habitat di Kore è il buio di una caverna difesa da dragoni.
Polluce si svela l’identità dionisiaca delle feste siciliane di Kore: è una “theogamia” e
un “Antesteria”. Serve quindi Hermes per capire i riti che gravitano attorno a Kore,
con i suoi crateri estatici e animici e con gli spiriti che escono ed entrano dall’Ade
tramite questi recipienti pieni di vino. Claudiano ci descrive la ricchezza del nuovo
regno di Kore: prati fioriti, nuove stelle, il sole elisio, aurea stirpe. Sembra un
antimondo, un mondo degli antipodi, australe, edenico. Il ruolo di Kore regina è un
ruolo di giudizio sulle anime e le terribili Moire sono sue ancelle. Le sirene si
comprendono all’interno di questi riti ierogamici, orgiastici, estatici. Kore è regina
dei tre regni di Kronos, vergine e prostituta, regina e iniziatrice, nutrice e
sacerdotesssa. Ovidio la chiama “regina dei due regni”, ma la sua sede superna resta
indeterminata, come quella delle Sirene. L’Ade l’unica certezza. Gli attributi di Kore
sono illuminanti: lo specchio, il ramo fiorito, la spiga, il melograno, il papavero, la
ruota quadripartita, la torcia. Kore tesse e quindi il suo pettine passa poi alle sirene.
Quello che di profondo si predica delle Ninfe si può predicare delle Sirene. Non so se
Roberto Calasso se ne sia accorto ma molto di ciò che scrive nel suo raffinatissimo
saggio “La follia che viene dalle Ninfe” sembra riguardare le Sirene. L’immagine di
tre ninfe che immergono Yla nell’acqua facendolo scomparire ci evoca infatti le
Sirene nel loro manifestarsi quali Ninfe acquee che emergono da un abisso umido per
far preda dei viandanti. Erano così sacrificati gli uomini che interferivano con riti
notturni di iniziazione erotica di cui le Sirene erano le invasate celebranti? Artemis è
il nome di una Sirene in quanto è il nome di una delle compagne di Persefone e
Artemide fa dilaniare il dissacratore Atteone, reo di aver “visto” il bagno di Artemide
con le sue compagne ninfe. Zampe di cane ha la quasi Sirena Scilla e il cane è il
guardiano dell’Ade giocando lo stesso ruolo proprio delle Sirene. Come Telfusa le
Sirene sono potenze ibride, umide ed oracolari, che ingannano per difendersi e
conservare un potere sacro fragile alle incursioni esterne. Le Sirene presentano tre
“movimenti” fondamentali: il tuffo da alte scogliere, il riemergere dalle acque e lo
stare “stese” su di un prato fiorito. Secondo un racconto mitico una delle Sirene aveva
corpo per metà di cavallo, segno marino ed acqueo connesso anche con le fonti, e i
satiri/sileni, ricorda Graves, erano in origine centauri, uomini mascherati da cavallo
che danzavano alla luna piena. Artemide ama le grida acute, Hermes fischia, le Muse
urlano. Sembrano echi di invasati riti notturni, forse quei riti ritenuti necessari per
preparare le nobili fanciulle al matrimonio e ad un matrimonio fecondo e riuscito.
Come Telfusa le Sirene celano la loro ira sotto parole mielose e rappresentano un
oracolo enigmatico, una prova pericolosa, come la Sfinge per Edipo. Come le Trie
una Sirena secondo una versione del racconto “ suona con una tibia” e questa
immagine primitiva e cruda evoca i dadi ossei e gli astragali delle Trie quali più
antiche profetesse. Come per le menadi e come per le ninfe di Delfi, Pytho e
Delphine, due come sono due all’origine le Sirene, il rapporto fra eros ed oracolo è
formalizzato, e così garantito, da Dioniso, il più antico nume olimpico connesso con
Delfi nei mesi invernali, i mesi “sirenici” dell’occultamento di Persefone. Uno dei
nomi delle Sirene è Telete, lo stesso nome della figlia che la ninfa Aura ha con
Dioniso la quale la possiede mentre dorme ebbra di vino. Nome che ricompare negli
affreschi dei Misteri di Pompei. Leucippe, la cavalla candida, è il nome di un’altra
Sirena. La parte in ombra delle Ninfe viene illuminata dalle Sirene e accade pure ciò
in senso contrario. Se “ayin” in ebraico significa “occhio”, l’emblema dipinto sulla
vela della nave di Odisseo, l’occhio serpentino e marino di Athena, l’occhio del
serpente/fonte, allora Odisseo è lui stesso l’eroe che mutua dal mostro serpentino il
suo carisma di sapienza in quanto viene chiamato dalle Sirene: “ poliain”, che si
potrebbe quindi tradurre anche come “dai molti occhi”, come il primo Argo, mostro
pastorale, quindi connesso con le sorgenti, dall’ontologia e dall’immagine indefinita e
che viene ucciso con una pietra e una spada ricurva, lunare, dall’altro nume tutelare
di Odisseo: Hermes, nume sirenico in quanto seduce con il canto e il suono e poi
uccide improvvisamente. Non era l’Argo un oracolo viaggiante che parlava tramite il
suono del legno? Se il luogo sacro di Telfusa è “ apemon” cioè verginalmente
indenne, come non vedere un analogo segno nel nome della ninfa licia Apemosyne,
posseduta da Hermes dopo averla fatta scivolare su umide pelli? Inganno e umidità.
Ancora l’aura serpentina e ninfica delle Sirene ritorna e avvolge le atmosfere del
racconto.

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